Dante Alighieri Comedia Di Dante Alighieri, Purgatorio 1321

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Letteratura italiana Einaudi L Commedia di Dante Alighieri

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Letteratura italiana

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  • Letteratura italiana Einaudi

    LCommedia

    di Dante Alighieri

  • Letteratura italiana Einaudi

    Edizione di riferimento:I Meridiani, I edizione, Mondadori, Milano 1991Introduzione, cronologia, bibliografia, commento a cura di Anna Maria Chiavacci Leonardi

  • Letteratura italiana EinaudiLetteratura italiana Einaudi

    Purgatorio

    di Dante Alighieri

  • Letteratura italiana Einaudi

    Sommario

    Canto I 1Canto II 30Canto III 52Canto IV 81Canto V 102Canto VI 125Canto VII 152Canto VIII 173Canto IX 194Canto X 220Canto XI 242Canto XII 265Canto XIII 284Canto XIV 305Canto XV 326Canto XVI 345Canto XVII 368

    Canto XVIII 386Canto XIX 409Canto XX 433Canto XXI 459Canto XXII 479Canto XXIII 503Canto XXIV 522Canto XXV 548Canto XXVI 569Canto XXVII 593Canto XXVIII 614Canto XXIX 634Canto XXX 655Canto XXXI 679Canto XXXII 699Canto XXXIII 769

  • 1Letteratura italiana Einaudi

    CANTO I

    [Comincia la seconda parte overo cantica de la Comedia diDante Allaghieri di Firenze, ne la quale parte si purgano licommessi peccati e vizi de quali luomo confesso e pentutocon animo di sodisfazione; e contiene XXXIII canti. Qui sonoquelli che sperano di venire quando che sia a le beati genti.]

    Per correr miglior acque alza le veleomai la navicella del mio ingegno,che lascia dietro a s mar s crudele; 3

    1-3. La poesia di Dante si avvia a cantare un pi sereno argo-mento, lasciando langoscioso mondo infernale.

    1. Per correr...: attacco liberatorio, dove limmagine dellanave che corre leggera sulle acque della nuova cantica gi esprimela nuova condizione dellanimo, di serena fiducia (si vedano i verbicorrere, alzare), di ritrovata libert. Il primo verso, intessuto diconsonanti liquide, significanti leggerezza, d anche il timbro mu-sicale a tutto il canto: si confrontino i pi celebri tra i versi cheseguiranno, 13 e 117, e in genere tutto lordito del linguaggio quiusato.

    miglior acque: la nuova materia, paragonata al mar crudeledellInferno. La stessa metafora torner allinizio del Paradiso (II 1sgg.) accomunando, come qui, la poesia e la realt della vita.

    alza le vele: quasi segno di confidente e sicuro viaggio.2. omai: dopo tanta sofferenza.

    la navicella: la metafora della nave per significare lingegnodel poeta sul mare del suo argomento antico topos della poesiaclassica (si cfr. Properzio, El. III 3, 22: ingenii cymba) ripresopoi da tutta la letteratura medievale. (Si cfr. anche Conv. II, I 1.)Qualit specifica del testo dantesco fare di tali mezzi comuniqualcosa di unico e straordinariamente pertinente al luogo precisoin cui egli li adopera. Di tutte le navi delle antiche letterature, soloquesta infatti rimasta sul vaglio dei secoli. Perch qui essa valelibert che sar il tema di tutta la cantica e perch quel marefigurato si confonde col mare alle cui calme rive approdano i dueviandanti dellinferno. La potenza con cui questo testo stringe in-sieme, in un dettato cos semplice, cos vasti significati, cos pro-

  • Dante - Purgatorio I

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    e canter di quel secondo regnodove lumano spirito si purgae di salire al ciel diventa degno. 6

    Ma qui la morta poes resurga,o sante Muse, poi che vostro sono;

    fondi echi e ricordi (il pelago tempestoso di Inf. I 23 e, a maggiordistanza, il mare dove naufrag unaltra nave, quella di Ulisse), ilvero segreto della sua bellezza.

    4. e canter: si propone qui il tema della nuova cantica (il sec-ondo regno); cantare il verbo tipico usato dagli antichi a questoscopo. Cfr. Aen. I 1 (Arma virumque cano...) e Georg. I 5(hinc: canere incipiam).

    5. si purga: si purifica; il peccato stato gi perdonato, grazieal pentimento. Ma per essere degna di salire a Dio, lanima delluo-mo (lumano spirito) deve purificare nella sofferenza quanto le ri-masto della debolezza terrena, quasi un velo che appanna e offuscala sua limpidezza (cfr. II 122-3). Per lidea cristiana di purgatorio,si veda lIntroduzione al volume.

    7. la morta poes: la poesia che ha cantato finora il regno deimorti, la morta gente; si veda pi oltre laura morta (v. 17). poesper poesia forma usata anche in prosa, ossitona come in genere inomi greci in antico; cfr. Calop al v. 9 e nota a Inf. III 94.

    resurga: quasi la poesia, trattando di costoro, fosse affranta eprostrata a terra. Ora si elevi a pi alta materia, risorgendo comelanimo delluomo. Il verbo esprime il senso profondo di resur-rezione che proprio di tutto questo inizio, quasi una nuova nasci-ta, che tutti gli aspetti del paesaggio, i gesti e le parole del cantosignificheranno.

    8. sante Muse: le prime due terzine propongono il tema; leseconde due contengono linvocazione alle Muse, secondo loschema classico seguito anche nelle altre due cantiche. Ma c unagradazione: nellInferno sinvocano genericamente le Muse; quiCalliope, massima fra di loro; nel Paradiso, oltre alle Muse, Apollostesso. Diverso anche lo sviluppo dato allinvocazione e a tuttolesordio: sei versi nella prima cantica (Inf. II 4-9), dodici in ques-ta, trentasei nellultima (Par. I 1-36).

    vostro: il poeta quasi consacrato alle Muse, perch ad essededica la propria vita; ed esse quindi sono in qualche modo tenutea venire in suo aiuto. Cos Orazio in Carm. III, IV 21-2: Vester,Camenae, vester in arduos / tollor Sabinos.... Ma qui c un ac-cento vivamente personale, che rivela una lunga dedizione; si cfr.

  • Dante - Purgatorio I

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    e qui Caliop alquanto surga, 9seguitando il mio canto con quel suono

    di cui le Piche misere sentirolo colpo tal, che disperar perdono. 12

    Dolce color doriental zaffiro,

    XXIX 37-9: O sacrosante Vergini, se fami, / freddi o vigilie mai pervoi soffersi, / cagion mi sprona chio merc vi chiami.

    9. Calop: la musa dellepica, massima tra tutte, che comecorifea tutte le rappresenta: cfr. Aen. IX 525: Vos, o Calliope,precor, aspirate canenti.... Ma qui Dante fa il suo nome perch fulei a vincere nel canto le Pieridi, secondo il mito narrato da Ovidioe pi oltre citato, con preciso intento, ai vv. 11-2. Se Calliope sialza, come allora, il canto del poeta avr la forza pi che umanache largomento richiede.

    alquanto surga: Dice alquanto perch nella terza cantica tuttasi lever (Buti). surga: si alzi; il verbo citazione voluta da Ovidio:Surgit et immissos hedera collecta capillos / Calliope querulaspraetemptat pollice chordas... (Met. V 338-9).

    10. seguitando: seguendo, accompagnando; cfr. Par. XX 142-3: e come a buon cantor buon citarista / fa seguitar lo guizzo de lacorda... e VIII 17.

    11-2. di cui le Piche...: di cui le Pieridi sentirono cos forte-mente il colpo (cio: udendo cantare Calliope, ne ebbero un talcolpo) che disperarono di essere perdonate (cio non poteronosperare di sottrarsi alla punizione: Momigliano). Le figlie diPierio, re di Tessaglia, superbe della loro bellissima voce, osaronosfidare al canto le stesse Muse, ma furono vinte da Calliope, e perpunizione del loro ardimento trasformate in gazze (piche); cfr.Met. V 294-678. Dante le chiama dal nome della loro punizione,che rivela la loro miseria. Il senso del mito, a cui qui si allude, linsufficienza delle forze umane, sia pure altissime, qualora pre-tendano di essere pari o superiori alla divinit stessa. Per cantare ilnuovo regno, che appartiene al mondo divino, Dante chiede ap-punto laiuto, laccompagnamento, di quel canto sovrumano chevinse un tempo le Pieridi. Con analogo significato, nel I canto delParadiso, sar ricordata la sfida tra Apollo e Marsia.

    13. Dolce color...: questo il primo verso del racconto, la pri-ma cosa visibile del nuovo mondo, dove si aprono gli occhi quasi auna nuova vita. E ritiene un incanto profondo, che sta tutto nella

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    che saccoglieva nel sereno aspettodel mezzo, puro infino al primo giro, 15

    dolcezza di un colore, disteso nel verso senza verbi, senza oggettiche lo determinino, quasi nella sua pura essenza, che dice confor-to, speranza, pace. Dolce la sua qualit, la prima parola della can-tica. E tale dolcezza segner, come vedremo, paesaggio, gesti,suoni e atti dellanimo lungo tutto questo cammino. Come aspro lInferno (I 5), cos il Purgatorio dolce, mite, senza alcuna durez-za. Perch tale lanimo che si rivolto a Dio. La grande intu-izione del poeta, che trasferisce in un solo aggettivo, in un colore,la condizione interiore di colui che ha lasciato linferno per riv-olgere la propria vita al divino, crea questo verso, sul quale ancoraci si sofferma dopo tanti secoli, che non hanno appannato in nullala sua ferma limpidezza.

    orental zaffiro: lo zaffiro pietra preziosa di bel colore azzur-ro che i lapidari, o trattati sulle pietre, riferivano a quello del cielo:puroque simillima coelo troviamo nel De Lapidibus di Marbodo;e Benvenuto: Nihil enim terra parit similius coelo sereno, ipso za-phiro. Lorientale, che veniva dalla Media, era il pi pregiato:ille sed optimus est quem tellus medica gignit continua Marbo-do. E nello stesso testo le propriet attribuite allo zaffiro sembranofortemente richiamare la specifica situazione in cui Dante ne evocail nome: educit carcere vinctos... et vincula tacta resolvit, placa-tumque Deum reddit... ardorem refrigerat interiorem... tollit exoculis sordes.... Tutte parole che potrebbero fare da chiosa aquesto verso che, in realt, sembra produrre gli effetti attribuiti alpotere della pietra.

    14. saccoglieva: si adunava, era raccolto; parafrasando sidiffondeva come alcuni fanno si tradisce il testo, che vuole es-primere proprio il movimento contrario: quella dolcezza si rac-coglieva nel cielo, quasi perch lo sguardo potesse contemplarla(Dante riprender il verbo, non per il colore, ma per un suono, inPar. XIV 122: saccogliea per la croce una melode / che mi rapiva...).

    15. del mezzo: dellaria; mezzo (lat. medium) termine scien-tifico che indicava ci che sta in mezzo tra i sensi e ci che da es-si percepito, elemento che secondo Aristotele necessario ad og-ni sensazione: nella maggior parte dei casi (per la vista, come qui,ma anche per ludito e il odorato) laria, o latmosfera, per le qualiqui posto (cfr. Conv. III, IX 12 e Par. XXVII 74). Si noti come

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    a li occhi miei ricominci diletto,tosto chio usci fuor de laura mortache mavea contristati li occhi e l petto. 18

    Lo bel pianeto che damar conforta

    siano scelti qui termini geometrici, quasi astratti: non cielo, eneppure aria, ma mezzo; e cos giro e non orizzonte. Perchquel dolce color abbia il massimo dellimmaterialit.

    primo giro: lorizzonte, il primo cerchio celeste che locchiovede, e su cui gli altri si misurano (cfr. Antonelli, Studi, pp. 41-2).Gli antichi hanno inteso per lo pi il cielo della luna, il primo deipianeti, ma l non giunge lo sguardo, e in ogni caso qui si vuol direche quella purezza e serenit dazzurro si estendeva per tutta lavolta celeste, che nessuna ombra turbava. I tre aggettivi dellamirabile terzina, dolce sereno puro, si sommano lentamente,qualificando quel cielo a cui locchio fisso, il soave mondo senzaturbamenti, senza angosce, immacolato come nel primo giornodella creazione, che attende luomo uscito dal mondo del male perritornare a Dio.

    16. ricominci diletto: torn a dar diletto (dopo tanto tempoche pi non lo vedevo); diletto vale per piacere, dei sensi e dellan-ima; cos pronunciato, in fine di verso, il termine risuona con parti-colare forza e dolcezza. Il riferimento di questa terzina allultimoverso dellInferno (E quindi uscimmo a riveder le stelle) stretto edevidente; ma la profonda diversit del linguaggio, della sua internaqualit, segna una invalicabile distanza.

    17. usci: uscii. La caduta della -i finale comune in questeforme della prima persona del perfetto (cfr. udi a XX 19; fini a V101 ecc.). Cos si trovano anche perde, trova, e il comunissimo fu(cfr. Parodi, Lingua, p. 255 e Petrocchi I, p. 463).

    de laura morta: quellaria dove non luce, n cielo, n stelle;la memoria torna alla prima entrata nel mondo infernale: sempre inquellaura sanza tempo tinta... (Inf. III 29).

    18. li occhi e l petto: gli occhi, con la sua tetra oscurit; il pet-to, quasi togliendo il respiro. Crediamo si debba prendere anchepetto in senso fisico (non il cuore, come in genere si intende) gi-acch tutto qui si svolge nellambito dellimpressione sensibile (ildolce colore del cielo, il diletto degli occhi), che significa, in modoevidente, quella spirituale, ma che proprio per questo non tolleralintrusione di ci di cui segno.

    19-21. Altra terzina di diffusa serenit, dove tuttavia la calmasovrumana del cielo notturno si avviva di quel riso che gi fa presa-gire lalba.

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    faceva tutto rider loriente,velando i Pesci cherano in sua scorta 21.

    I mi volsi a man destra, e puosi mente

    19. Lo bel pianeto...: Venere, il pianeta che induce allamore(conforta indica linfluenza celeste: cfr. conforta il gelo detto diSaturno in Rime C 7, senso traslato da quello di incitare, es-ortare, che ha molti esempi in antico: Non ci conforterebbe Id-dio tanto a domandare, segli non ci volesse dare: Cavalca, Spec-chio 46). Su questa influenza si veda Conv. II, V 13, dove spiegatoche la gerarchia angelica che muove il cielo di Venere fa lo movi-mento di quello cielo pieno damore, dal quale prende la forma didetto cielo un ardore virtuoso per lo quale le anime di qua giusosaccendono ad amore. stato notato (Raimondi) che Venere ap-pare qui come stella del mattino, o Lucifero, quellastro che tantaimportanza ha nella liturgia cristiana del mattutino: gli inni che sicantano in questa prima ora del giorno segno della resurrezione,e della nuova nascita del cristiano nel battesimo celebrano Lucif-ero come simbolo di Cristo, speranza e luce della vita umana. Cer-to questo valore era presente alla mente del poeta cristiano, cheben conosceva quei testi (si veda linno di Compieta citato a VIII13), ma qui egli lo tace: lamore e la speranza splendono agli occhidelluomo nellaspetto ridente della stella mattutina, che di queivalori nutre la sua suprema bellezza.

    20. faceva tutto rider: ridere e riso sono termini prediletti daDante a esprimere la gioia dello spirito: E che ridere se non unacorruscazione de la dilettazione de lanima, cio uno lume appar-ente di fuori secondo sta dentro? (Conv. III, VIII 11), ed egli li usaanche per le cose inanimate, in quanto riflettono lamore e la gloriadi Dio. Si cfr. Par. XXVII 4-5: Ci chio vedeva mi sembiava un riso/ de luniverso... Si noti lallitterazione: rider lorente, e il ripetersidella dieresi (orental orente), quasi segno fisico di quellinizio diluce.

    21. velando i Pesci: oscurando col suo splendore la costel-lazione dei Pesci che si trovava come sotto a sua guida, cio in con-giunzione con lei. Ci detto a suggerire il prossimo sorgere delsole. I Pesci infatti precedono immediatamente nello ZodiacolAriete, dove si trova il sole nella finzione del viaggio dantesco (siveda lo stesso procedimento, del presentire laurora al veder sorg-ere i Pesci sullorizzonte, in Inf. XI 113). Sul problema di cronolo-gia del viaggio dantesco posto da questa indicazione astronomicasi veda la nota alla fine del canto.

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    a laltro polo, e vidi quattro stellenon viste mai fuor cha la prima gente. 24

    Goder pareva l ciel di lor fiammelle:oh settentrional vedovo sito,

    22. I mi volsi...: il primo gesto qui compiuto, con il quale lafigura umana appare visibile nel solitario paesaggio notturno.

    a man destra: rispetto alloriente dove prima guardava.23. laltro polo: il polo antartico, opposto a quello visibile

    dalle terre abitate: detto altro polo (rispetto al nostro) anche in Inf.XXVI 127, durante il viaggio di Ulisse, che solo fra gli uomini ar-rivato in vista di esso. Si ricordi che la montagna dellEden, sui cuifianchi immaginato il purgatorio, sorge agli antipodi esatti diGerusalemme, che per Dante al centro delle terre abitate (cfr.Inf. XXXIV 112-5 e nota). Su questa collocazione del purgatorio edellEden si veda il commento a Inf. XXVI 133-5 e lIntroduzionea questo canto.

    quattro stelle: queste stelle misteriose, che splendono nel cielomai viste dagli uomini, se non da Adamo ed Eva nel Paradiso ter-restre (la prima gente), hanno uno straordinario incanto. In essetutti gli interpreti hanno riconosciuto le quattro virt cardinali in-fuse (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza), proprie, secondola teologia, della natura umana nella sua perfezione originaria; delresto Dante stesso lo dir a XXXI 106, facendo parlare le quattrovirt apparse nellEden: Noi siam qui ninfe e nel ciel siamo stelle.Esse sono tuttavia, nella finzione, anche vere stelle, come richiedeil contesto, dove il cielo rappresentato nella sua realt naturale:Venere, i Pesci, la prossima aurora, e pi oltre il Carro ormai nonpi visibile (v. 30). Sulla loro possibile identificazione si veda lanota alla fine del canto. In ogni caso, al di l del simbolo, opera inquesti versi la suggestione di quelle luci solitarie, che locchioumano pi non vide dallalba della creazione. Si ripete qui, nellaserenit profonda di questora di speranza, lincanto che in Inf.XXVI agiva in una situazione tragica, su quel pugno di uominidestinati alla morte: Tutte le stelle gi de laltro polo / vedea lanotte... Come vedremo, il richiamo tra le due storie continuo intutto questo primo canto, e oltre, finch dura la sequenza dellarri-vo, quellarrivo che laltro non conobbe.

    26. oh settentronal vedovo sito...: lemisfero boreale, vedovoperch privato di quelle luci, come nella Scrittura detta

  • Dante - Purgatorio I

    8Letteratura italiana Einaudi

    poi che privato se di mirar quelle! 27Comio da loro sguardo fui partito,

    un poco me volgendo a l altro polo,l onde il Carro gi era sparito, 30

    vidi presso di me un veglio solo,

    Gerusalemme: facta est quasi vidua domina gentium (Lam. 1, 1).Il preciso richiamo rivela il senso morale, e drammatico, dellescla-mazione: se le virt possono certamente essere praticate ancoradagli uomini, quella innocenza per la quale essi le ebbero connatu-rate, e in modo perfetto, irrimediabilmente perduta. Ricordiamoqui la differenza teologica richiamata dal Singleton tra le virtinfuse per natura (quelle di Adamo ed Eva) e quelle date per grazia(che sono donate alla persona, ma non pi recuperabili dalla natu-ra in quanto tale). Solo cos si pu intendere il senso di questa es-clamazione, sul piano allegorico oltre che su quello letterale, di pers evidente.

    28. da loro sguardo: dal guardare loro (letteralmente: dallosguardo, vista, di loro, genitivo oggettivo); fui partito: mi fuidistaccato, distolto; quasi se ne separasse a fatica.

    29. laltro polo: questa volta laltro il nostro, altro rispetto aquello che stava guardando.

    30. onde l Carro...: dalla qual parte del cielo lOrsa Maggiore(il Carro) era scesa sotto lorizzonte, era sparita allo sguardo: gi indicazione di luogo, dice cio che i poeti si trovano tanto oltrelequatore, che ormai non si pu pi scorgere lOrsa (cfr. ancoraInf. XXVI 127-9: Tutte le stelle gi de laltro polo / vedea la notte, el nostro tanto basso, / che non surga fuor del marin suolo).

    31. un veglio solo: comincia qui una nuova sequenza narrati-va, che costituisce la parte centrale del canto, dedicata allincontrocon questo vecchio solitario che solo ai vv. 73-5 si sapr essereCatone lUticense, il grande romano che si tolse la vita in Utica pernon cadere sotto la tirannia di Cesare. La sua drammatica vicenda narrata nella Farsaglia, dalla quale soprattutto deriva laconoscenza che ne ebbe Dante. Nei primi trenta versi c soltantoil cielo, il suo dolce colore, gli astri che lo illuminano. Ora compareuna figura umana, comincia un dialogo, la storia delluomo con ilsuo dramma riempie la scena. Allo stesso modo, nella solitaria pi-aggia di Inf. I, apparve lombra dellantico Virgilio, anchegli solo(Quando vidi costui nel gran diserto...).

    Trovare un suicida, e per di pi pagano, a guardia del purga-torio pu suscitare sorpresa. Ma Dante d a quel gesto valore sim-

  • Dante - Purgatorio I

    9Letteratura italiana Einaudi

    degno di tanta reverenza in vista,che pi non dee a padre alcun figliuolo. 33

    Lunga la barba e di pel bianco mistaportava, a suoi capelli simigliante,de quai cadeva al petto doppia lista. 36

    Li raggi de le quattro luci santefregiavan s la sua faccia di lume,

    bolico, come si vedr, e venera in Catone la grande virt morale, alui riconosciuta in grado eminente da tutti gli antichi. La primaidea di questa collocazione viene del resto da Virgilio, che nonpone Catone nel Tartaro fra i suicidi, ma nellEliso, quasi unaspecie di sovraintendente dei buoni (secretosque pios, his dantemiura Catonem: Aen. VIII 670). Ma sul significato della figura diCatone, qui personificazione dellumana virt e della libert, si ve-da lIntroduzione al canto.

    32. reverenza: il sentimento principale che il Catone diDante ispira, e che deriva dalla lunga venerazione che lantichitebbe per lui. La sua austera virt, la sua stoica morte, celebrate daCicerone e da Seneca come esemplari dellumano eroismo, loavvolgono in questi versi di quellaura che fin dalla prima parolaDante esattamente definisce.

    in vista: alla vista, allaspetto.33. alcun figliuolo: la reverenza per eccellenza il sentimento

    che il figlio deve avere verso il padre, immagine terrena di Dio: il-la reverentia fretus quam pius filius debet patri (Mon. III, III 18).

    34. Lunga la barba...: i brevi tratti della descrizione si accor-dano alla reverentia prima suggerita: Dante li toglie da Lucano, mamentre l capelli lunghi e barba incolta erano il mesto segno di lut-to per la patria, con qualcosa di incondito e orrido, qui essi diven-tano nobile segno di aspetto venerando. Si cfr. Phars. II 373-4: in-tonsos rigidam in frontem descendere canos / passus erat,moestamque genis increscere barbam.

    36. doppia lista: i capelli lunghi ricadevano sul petto, ai latidel volto, in due fasce. Quel misto di bianco accresce la reverenza,dovuta allet. Catone in realt non era vecchio quando mor (ave-va circa 47 anni), ma Dante lo fa tale del resto i capelli bianchisono in Lucano perch cos conviene al suo testo.

    37. luci sante: le stelle prima contemplate, che ora son dettesante, rivelando il loro valore simbolico.

    38. fregiavan... di lume: adornavano di luce. Le stelle sono di

  • Dante - Purgatorio I

    10Letteratura italiana Einaudi

    fronte a Catone, che Dante ha visto nel volgersi da esse a laltro po-lo. E illuminano in pieno il suo volto, che risplende come il sole.Qui racchiuso evidentemente un senso allegorico: Catone funellantichit insignito cos altamente delle quattro virt cardinali le massime virt naturali umane come nessun altro; per questoegli fu come un sole nel suo tempo, prefigurando agli uomini laluce stessa di Dio. Questo significato ben spiegato dalla notafrase di Conv. IV, XXVIII 15: E quale uomo terreno pi degno fudi significare Iddio, che Catone? Certo nullo.

    39. come l sol fosse davante: come se davanti a me fosse ilsole. I pi intendono invece: come se il sole (e non le stelle) fossedavanti a lui a illuminarlo. Ma la spiegazione da noi presceltameglio si accorda con il valore dato qui alla figura di Catone (si ve-da la nota precedente), oltre ad essere pi forte e pertinente secon-do la lettera: me lo vedevo davanti come se fosse il sole stesso. Che proprio quello che Catone fu per gli uomini precristiani. Si ri-cordino anche i modelli biblici: et facies eius erat ut sol (Apoc.10, 1); tunc iusti fulgebunt sicut sol in regno Patris eorum(Matth. 13, 43), che tutti conducono alla prima interpretazione.

    40. Chi siete voi...: lattacco di Catone severo; le sue paroleriflettono il suo animo di rigido custode della legge (v. 46). Egliimpersona infatti, in certo modo, la legge morale, di per s austerae senza cedimenti, come anche pi oltre apparir, alle debolezzeterrene. La profonda mente di Dante che fa, come sempre, per-sona viva di ci che una realt dellanimo umano ben conoscela differenza tra la legge che sola fu nota al mondo antico e nefece la nobilt e lamore, quella differenza che emerge dai testipaolini: nunc autem soluti sumus a lege... ita ut serviamus in novi-tate spiritus et non in vetustate litterae (Rom. 7, 6). Con altro lin-guaggio parleranno infatti gli angeli, ministri di paradiso, comeli chiamer Catone, distinguendoli da s.

    contro al cieco fiume: salendo in direzione contraria al corsodel fiume sotterraneo (cieco). Ricordiamo che Dante e Virgiliosono usciti dallinferno seguendo lalveo del piccolo fiume chescende fino al centro della terra, dove confitto Lucifero (Inf.XXXIV 127-34).

    41. fuggita avete...: Catone crede che essi siano due anime di

    chi l vedea come l sol fosse davante. 39Chi siete voi che contro al cieco fiume

    fuggita avete la pregione etterna?,

  • Dante - Purgatorio I

    11Letteratura italiana Einaudi

    dissel, movendo quelle oneste piume. 42Chi vha guidati, o che vi fu lucerna,

    uscendo fuor de la profonda notteche sempre nera fa la valle inferna? 45

    Son le leggi dabisso cos rotte?o mutato in ciel novo consiglio,

    dannati fuggiti dallinferno. Egli li ha visti uscire da quella aperturache non ha altro sbocco se non la pregione etterna. Si noti il vivorealismo di questa domanda, che stabilisce subito un preciso rap-porto umano fra i due pellegrini e quellombra quasi inaccessibilee irreale che il grande vecchio finora appariva.

    42. oneste piume: sono i peli della barba, che si muove al par-lare (onesta, perch d allaspetto gravit e onore). Si tratta dunquedi una persona reale e viva, non di una statua. Sorge il ricordo diun altro vecchio, un altro custode, anchegli severo e canuto: Quin-ci fuor quete le lanose gote / al nocchier de la livida palude... (Inf. III97-8). Il rimando voluto, per stabilire, nella somiglianza, la fortedifferenza fra le due figure poste allentrata dei due regni: entram-bi vecchi, bianchi e severi, ma luno iroso e violento, laltro pervasodallaustera calma del sapiente.

    43. Chi vha guidati...: il senso della domanda che senza unaguida, o una luce, impossibile uscire da quel luogo di profondatenebra. Qualcosa ha dunque sconvolto lordine stabilito, se queidue sono riusciti a passare. Come sempre, Dante traduce in termi-ni di assoluto realismo una situazione del tutto irreale.

    46. Son le leggi...: sono dunque infrante le leggi che regolanola vita infernale? abisso termine scritturale per inferno, come gia Inf. IV 8. Queste leggi dicono che non si pu passare dallunmondo allaltro, perch non c comunicazione tra i due (si cfr. pioltre, v. 89 e nota). Come abbiamo detto sopra, la rottura dellalegge ci che pi colpisce Catone, che di essa il simbolo.

    47. o mutato...: o cambiato in cielo il recente decreto fattoalla morte di Cristo? Come si dir pi oltre, questa legge non es-isteva prima della venuta e della morte di Cristo, perch non cera-no n purgatorio n paradiso. Per questo novo il decreto, perchnon nato con le altre leggi delluniverso. Gli altri modi di inten-dere il verso (prendendo novo per diverso da prima) sono lin-guisticamente insostenibili, in quanto un nuovo, diverso decretonon sarebbe mutato (perch gi lo ), ma sopravvenuto. Per novo

  • Dante - Purgatorio I

    12Letteratura italiana Einaudi

    che, dannati, venite a le mie grotte?. 48Lo duca mio allor mi di di piglio,

    e con parole e con mani e con cennireverenti mi f le gambe e l ciglio. 51

    Poscia rispuose lui: Da me non venni:donna scese del ciel, per li cui prieghi

    con valore di recente si cfr. Inf. XIII 73; Purg. VIII 4; Par. VII72 e pi volte.

    48. a le mie grotte: a queste pareti rocciose, di cui sono il cus-tode. grotta nel senso di roccia anche in Inf. XXI 110 e altrove.Qui nel Purgatorio indica sempre la parete della montagna.

    Appare per la prima volta, nel luogo solitario fin qui nondefinito, la montagna rocciosa che vi sorge. Lentamente Dantedar via via altri elementi del paesaggio (lisola, la spiaggia, ilmare), che si compone cos allo sguardo del lettore come seguendolocchio del pellegrino appena giunto.

    49. mi di di piglio: mi prese con ambo le mani (cfr. Inf.XXIV 24); dice lurgenza della situazione, che come altrove faagire prontamente Virgilio. Con questo vivo intervento, anche Vir-gilio entra sulla scena. E come si vedr, la sua parte in questocanto di grande rilievo.

    50. e con parole...: il polisindeto esprime il veloce sovrappor-si di parole, gesti e cenni (del volto, dello sguardo) perch non siperda tempo.

    51. le gambe: con linginocchiarsi; il ciglio, con linclinare gliocchi.

    52. lui: vale a lui, come pi volte si notato. Da me non venni: non venni da solo, cio con le mie sole

    forze. la stessa frase usata da Dante in Inf. X 61, nella risposta aCavalcante. Ed ha lo stesso significato: non con le forze delluomo,ma con laiuto di Dio, si compie questo viaggio. La parlata di Vir-gilio segue le regole della retorica, e con grande reverenza, unita aquella fine penetrazione psicologica che gli consueta, mira a con-vincere il severo custode. Prima d esauriente ragione della venuta,ricordando in apertura e chiusura il volere celeste (vv. 53, 68) alquale nessuno pu opporsi, poi usa la captatio benevolentiae, ricor-dando a Catone la gloriosa morte, la sua salvezza finale, la sposaamata sulla terra; infine la peroratio, o richiesta conclusiva (Las-ciane andar...) che pur sarebbe superflua, dato il divino interventonel viaggio. Ma in questo schema racchiusa una grande forzaumana di penetrazione; si veda la nota al v. 79.

  • Dante - Purgatorio I

    13Letteratura italiana Einaudi

    de la mia compagnia costui sovvenni. 54Ma da ch tuo voler che pi si spieghi

    di nostra condizion comell vera,esser non puote il mio che a te si nieghi. 57

    Questi non vide mai lultima sera;ma per la sua follia le fu s presso,

    53. donna scese del ciel...: ricorda la scena del Limbo da luistesso narrata nel II canto dellInferno. Queste parole, non a casodette per prime, potrebbero in realt bastare, ma non si putrattare con Catone come con i custodi infernali; a lui dovutaquella cortesia gratuita che sar dora in avanti il segno del nuo-vo mondo in cui si entrati.

    54. sovvenni: soccorsi; in questo solo verso, con parole mis-urate e schive, Virgilio riassume tutta la lunga, difficile, affettuosaopera sua (Torraca).

    55. Ma da ch tuo voler...: ma poich tuo desiderio... Quasia dire: quel che ho detto basterebbe; ma poich tu hai espresso undesiderio, non posso non esaudirlo ( questa la regola osservi-amo dellamore, e non della legge). Catone ha infatti chiesto chiessi siano, e come possano esser state violate le leggi delloltremon-do. Con precisione cortese Virgilio lo informa di tutto.

    56. di nostra condizion...: il genitivo dipende da pi: qual-cosaltro, qualcosa di pi.

    comell vera: comessa veramente, nella realt; lo stessouso dellaggettivo in Rime CXVI 31-5: La nimica figura... / vagadi s medesma andar mi fane / col dovella vera.

    57. il mio: sott. voler: io non posso volere che tale spie-gazione ti sia negata, cio il mio volere non pu essere diverso daltuo.

    58. lultima sera: lultimo giorno della vita. Vale a dire, non sitratta di un morto, ma di un vivo. Il senso tuttavia ambiguo, sin-tende cio insieme di morte del corpo e dellanima (Dante vivo intutti e due i modi), altrimenti non si comprenderebbe il verso suc-cessivo, dove vale solo il secondo significato. Cos ambiguamentegi parl Caronte: E tu che se cost, anima viva... (Inf. III 88). Ilgiocare sul doppio senso procedimento comune nella poesia me-dievale.

    59. ma per la sua follia...: ma fu cos vicino alla morte a causadella sua follia... Si richiama qui il momento in cui Dante rischi diperdersi, quel preciso momento in cui Beatrice si mosse, e mandVirgilio a salvarlo (cfr. Inf. II 107: non vedi tu la morte che l com-

  • Dante - Purgatorio I

    14Letteratura italiana Einaudi

    che molto poco tempo a volger era. 60S comio dissi, fui mandato ad esso

    per lui campare; e non l era altra viache questa per la quale i mi son messo. 63

    Mostrata ho lui tutta la gente ria;e ora intendo mostrar quelli spirtiche purgan s sotto la tua bala. 66

    batte...). La parola follia definisce dunque quel che travi la vita diDante. Se si pensa che ben due volte detto folle il viaggio diUlisse (Inf. XXVI 125 e Par. XXVII 83) richiamato qui alla finedel canto (vv. 131-2), e che anche altrove questa parola usata perindicare la temerariet superba dellanimo (Purg. XII 43; Par. XIX122; ecc.), questo verso ci suggerisce, come pi altri luoghi del po-ema, che quel traviamento fu soprattutto dovuto allorgoglio in-tellettuale, alla presunzione delluomo che, come Ulisse, crede dipotere con le sue sole forze conoscere ci che a Dio solo appar-tiene (si cfr. II 31-3 e III 34 sgg.).

    60. a volger era: doveva trascorrere, cio mancava (sintende,prima che ci arrivasse). Ben poco mancava a che egli si perdessedel tutto. Tutta la frase rievoca vivamente la scena del primo cantodellInferno, dove per poco Dante non precipita per semprenelloscura selva di morte. Si vedano anche le parole di Beatrice inInf. II 64-5: e temo che non sia gi s smarrito, / chio mi sia tardi alsoccorso levata...

    62. lui campare: per salvarlo. Virgilio ripete il verbo che usaBeatrice con lui in Inf. II 68: e con ci cha mestieri al suo campare...Come si vede, tutto il prologo del poema i primi due canti presente in queste poche battute di Virgilio. Allentrata del nuovoregno, torna con forte evidenza la storia personale e drammaticadel viandante protagonista, tutta riepilogata e fatta viva e presente,quasi a misurare da un lato la via percorsa, e dallaltro la grazia chelo attende.

    non li era altra via: tanto in basso era ormai caduto; cos dirBeatrice nellincontro di XXX 136-8: Tanto gi cadde, che tutti ar-gomenti / a la salute sua eran gi corti, / fuor che mostrarli le per-dute genti.

    li: vale vi, ed particella avverbiale atona, come a Inf. XXI-II 54 e XXXIV 9 (per le stesse ragioni l esposte manteniamo, adifferenza del Petrocchi, la forma non accentata che nelledi-zione del 21).

    64. la gente ria: i dannati; altrove, con lo stesso senso antono-mastico, i rei: Inf. III 42 e Purg. VIII 54.

  • Dante - Purgatorio I

    15Letteratura italiana Einaudi

    Comio lho tratto, saria lungo a dirti;de lalto scende virt che maiutaconducerlo a vederti e a udirti. 69

    Or ti piaccia gradir la sua venuta:libert va cercando, ch s cara,come sa chi per lei vita rifiuta. 72

    66. sotto la tua bala: sotto la tua giurisdizione, autorit. bala termine giuridico, comune negli antichi documenti (dar balia,aver balia), per indicare un potere derivato da quello supremo,qual quello del governatore (cfr. Inf. XIX 92). Tale Catone, chegoverna qui per conto di Dio.

    67. lho tratto: lho condotto; cos si esprime Virgilio ancheallinizio e alla fine del suo ministero presso Dante (cfr. Inf. I 114 ePurg. XXVII 130).

    saria lungo: e quindi non lo dir; una scusa, o excusatio,come si diceva in retorica, per ci che si vuole omettere.

    69. conducerlo a vederti...: cio solo con laiuto del cielo hopotuto portarlo fin qui, a vedere e udire te, che significa usciredallinferno e giungere alla salvezza. osservabile una leggera en-fatizzazione nelle parole, sottolineate dallo iato, a vederti e a udirti,quasi a rendere particolare onore a Catone. Ma il severo romanorisponder a questa come alle altre lodi di Virgilio (vv. 75 e 79-80):non c mestier lusinghe... Come sempre, Dante rivela nel dialogola sua sorprendente penetrazione dellanimo umano, contrappo-nendo la cortesia del Mantovano allausterit dellUticense.

    70. gradir: accogliere con benevolenza.71. libert: risuona qui la parola decisiva di tutta questa sce-

    na, non per niente posta in prima sede del verso. Questo, e il suc-cessivo, sono rimasti tra i pi noti e memorabili versi danteschi. Laloro forte scansione ritmica, lintensit emotiva che racchiudono,derivano infatti dal profondo valore che fu per Dante, per tutta lasua vita morale, ci che quella parola significa. Si legga in Mon. I,XII 6: manifestum esse potest quod hec libertas... est maximumdonum humane nature a Deo collatum... quia per ipsum hic felici-tamur ut homines, per ipsum alibi felicitamur ut dii. Dante in-tende qui, per s, la libert dello spirito, che la libert dei figli diDio (Rom. 8, 21). Quella per cui mor Catone fu la libert daltiranno, la libert politica. Ma Dante non esita a identificarle: Tu lsai, ch non ti fu per lei amara... (v. 73). Perch la seconda non al-tro per lui che la figura storica della prima; e Catone, morto per la

  • Dante - Purgatorio I

    16Letteratura italiana Einaudi

    Tu l sai, ch non ti fu per lei amarain Utica la morte, ove lasciastila vesta chal gran d sar s chiara. 75

    libert, ne come la personificazione. Si veda su questo lIntro-duzione al canto.

    s cara...: cos preziosa.72. come sa: come ben sa chi per lei rinuncia al pi prezioso

    dei beni, cio alla vita. Cos Dante scrive di Catone in Mon. II, v15: ... ut mundo libertatis amores accenderet, quanti libertas essetostendit dum e vita liber decedere maluit quam sine libertatemanere in illa. In queste parole, illuminante riscontro dei vv. 71-2, appare chiaramente come Dante considerasse il suicidio diCatone uno dei casi di esempio eroico agli uomini in testimonianzadi un valore primario, ammessi anche dalla teologia, di cui si det-to nella Introduzione al canto.

    73. Tu l sai: il verso precedente non tollerava determinazionistoriche: vale per tutti gli uomini, che in ogni tempo hanno sacrifi-cato la vita alla libert. Ma ora appare la specifica vicenda umana,e la vera grandezza, di colui che qui ascolta, e risalgono dal tempolontano, evocati da Virgilio, i tragici momenti di Utica. solo inquesta terzina storica che Catone, fin qui statuario e simbolico,acquista dimensione duomo; quel nome, Utica, che dun tratto lorivela a noi e lo ricorda a lui stesso, di fatto il nucleo di forza ditutta la frase.

    74. Utica: citt a nord di Cartagine. In quella regione i pom-peiani tentarono una disperata resistenza a Cesare dopo la sconfit-ta di Farsalo, ma furono definitivamente battuti. Catone, che erauno dei condottieri, si tolse la vita in Utica quando cap che tuttoera perduto, dopo aver passato la notte a leggere il Fedone di Pla-tone. Dalla citt della sua morte gli deriv la denominazione diUticense.

    75. la vesta: il corpo; quello stesso che splender di gloria nelgiorno della resurrezione finale. Grande verso, dove allimprovvisosi apre alla vista, lontano ma certissimo, il gran giorno della res-urrezione. Questo giorno sempre presente nel poema, fin dalcanto di Ciacco (Inf. VI 94-9), e sempre torna la figura della veste,o stola, bianca e splendente, come la Scrittura e i padri tramanda-vano (cfr. Par. XXV 92; XXX 129 e altrove). Il forte contrasto traquel corpo sepolto a Utica e quello luminoso e glorioso dellultimogiorno contrasto cos rapidamente sottinteso nella formulazionedel verso ha la densit di significato tipica delle grandi sintesidantesche: quel richiamare da un punto allaltro della storia

  • Dante - Purgatorio I

    17Letteratura italiana Einaudi

    Non son li editti etterni per noi guasti,ch questi vive, e Mins me non lega;ma son del cerchio ove son li occhi casti 78

    di Marzia tua, che n vista ancor ti priega,

    delluomo, e delluniverso, fatti lontani, e farne balenare la connes-sione e il senso, che proprio della pi alta poesia. Con questafrase, si osservato, Dante lascia intendere che, alla fine dei tempi,Catone sar salvato (cfr. pi oltre v. 89 e nota).

    76. li editti etterni: le leggi a cui prima si riferito Catone (v.46); editti appunto una variazione di leggi, come guasti (guastati,cio violati) lo di rotte.

    per noi: compl. di agente; uso normale degli antichi, e pivolte incontrato.

    77. ch questi vive...: se luno vivo, e laltro non dei cerchicustoditi da Minosse, nessuno dei due appartiene al mondo infer-nale propriamente detto, che con Minosse appunto incomincia, edal quale nessuno pu uscire (Inf. V 16-20). Per questo la lorovenuta non rompe la legge dellabisso.

    non lega: non tiene sotto la sua custodia. Il Limbo infatti,dove Virgilio, costituisce il primo cerchio dellinferno, che pre-cede lingresso (lentrata) dove posto Minosse a giudicare i dan-nati e ad assegnare loro il luogo della pena.

    79. di Marzia tua: ultimo ricordo, e ultimo nome (che a Vir-gilio sembra come naturalmente suggerito dal ricordo del primocerchio dellinferno, dove anche lui si trova): la sposa di Catone,che, come racconta Lucano (Phars. II 326-49), fu da lui cedutaallamico Ortensio secondo un costume romano per cui il fatto citato anche da Agostino per contrapporvi il concetto cristiano delmatrimonio indissolubile (De bono coniugali 18) e che dopo lamorte di costui torn al suo primo marito, chiedendogli di ripren-derla con s. Dante nel Convivio (IV, XXVIII 13-9) legge in questavicenda lallegoria dellanima umana (Marzia) che sulla fine dellavita ritorna a Dio (Catone), allegoria della quale peraltro non si trovata menzione fuori dal testo dantesco. Ma di ci qui non ri-masta traccia alcuna; anzi la storia ripresa nel suo valore pi pro-priamente terreno, di quel dolce amore terreno a cui Catone nonpu pi indulgere. Anche questo tacito controcanto alla solenne erigida virt delleroe rivela la profonda umanit di Dante che sem-bra quasi, attraverso le dolci parole del suo Virgilio, voler ridestareci che di flessibile vi era stato, nella sua vicenda storica, nellani-mo delluomo che ha davanti. Utica, Marzia: sono i due poli dram-

  • Dante - Purgatorio I

    18Letteratura italiana Einaudi

    o santo petto, che per tua la tegni:per lo suo amore adunque a noi ti piega. 81

    Lasciane andar per li tuoi sette regni;grazie riporter di te a lei,se desser mentovato l gi degni. 84

    Marzia piacque tanto a li occhi miei

    matici della vita di Catone, tutta risvegliata con questi due soli no-mi. Di qui la grandezza della parlata di Virgilio, cos spesso smi-nuita e avvilita ad accorta adulazione nei commentatori.

    n vista ancor ti priega...: nellatteggiamento, nel sembiante (inci che di lei visibile), sembra ancora pregarti di riprenderla conte (Scartazzini). Per in vista cfr. Vita Nuova XVIII 3: tutte laltrecominciaro ad attendere in vista la mia risponsione.

    80. per tua la tegni: che tu la tenga, la consideri come tua; lapreghiera di Marzia a Catone nella Farsaglia (II 341-4), che cosDante interpreta nel luogo citato del Convivio: Dammi almenochio in questa tanta vita (che mi resta) sia chiamata tua. lattoche pi teneramente dimostra lamore di Marzia, e che difatti allo-ra, come narra Lucano, pieg lanimo di Catone. tegni: ladesinenza in -i della 2a pers. del congiuntivo presente dei verbi in -ere, usata in Firenze nellultimo 200, si ritrova pi volte nel poema(cfr. vadi e dichi a III 115, 117 e note).

    81. a noi ti piega: piegati ad esaudire noi, come allora ti pie-gasti a lei.

    82. li tuoi sette regni: le sette cornici, o balze, che cingono lamontagna del purgatorio, e nelle quali sono suddivise le anime deipenitenti. Cos brevemente si anticipa qualcosa della struttura delnuovo regno, ancora sconosciuto.

    83. grazie riporter...: ringrazier lei del tuo comportamento(di te), di ci che hai fatto per suo amore. immediato il ricordodel simile tratto ugualmente fuori dalla logica delloltremondo del discorso di Beatrice a Virgilio in Inf. II 73-4, dove la donnabeata promette al poeta del Limbo di lodarlo di fronte a Dio. Astretto rigore, come non servono a Catone i ringraziamenti diMarzia, cos non poteva servire a Virgilio esser lodato presso Dio.Ma i due Beatrice e Virgilio vanno al di l del dovuto, nella loroumana sollecitudine, e sono loro ad aver ragione.

    84. mentovato: menzionato, nominato. Umile riserva, dicolui che l gi per sempre relegato.

  • Dante - Purgatorio I

    19Letteratura italiana Einaudi

    mentre chi fu di l, disselli allora,che quante grazie volse da me, fei. 87

    Or che di l dal mal fiume dimora,pi muover non mi pu, per quella leggeche fatta fu quando me nusci fora. 90

    Ma se donna del ciel ti muove e regge,

    85. Marza piacque tanto...: ella mi fu cos cara; si noti lindu-gio di questo primo verso, e la dieresi sul nome, che rivelano comeVirgilio non abbia parlato inutilmente, nonostante quello che sardetto dopo.

    86. di l: in terra, in vita.87. fei: feci; perfetto arcaico gi incontrato (cfr. Inf. XIII

    151; XXIII 30); feci tutto quello che lei mi chiedeva.88. dal mal fiume: dallAcheronte (si cfr. la riva malvagia di

    Inf. III 107). Quel fiume segna come la linea di separazione invali-cabile tra i due mondi. Gli abitanti del Limbo, infatti, anche se nonpuniti fisicamente come gli altri abitanti dellinferno, son pur sem-pre condannati a non uscirne mai (Inf. IV 41-2).

    89. pi muover non mi pu: non pu avere pi alcuna in-fluenza su di me. Si noti la fermezza dellespressione, con la qualeCatone sembra definirsi: nulla pu muoverlo, che non vengadallalto.

    quella legge: la legge che fu fatta quando io uscii da quel luo-go. Si deve dunque intendere che Catone morto prima di Cristo,nel 46, e posto nel Limbo, come Marzia e Virgilio ne usc quan-do Cristo vi discese dopo la sua morte a liberare i giusti delletprecristiana (Inf. IV 52-63). quello infatti il momento in cui perla prima volta ci furono dei salvati (ibid. 63), e quindi fu stabilitalassoluta separazione fra questi e i dannati. Si cfr. Luc. 16, 26: in-ter nos et vos chaos magnum firmatum est. Dante ha dunque im-maginato salvo Catone; come si vedr, non questo il solo caso dipagani giusti salvati nel poema; troveremo in paradiso anche il glo-rioso Traiano, e lumile Rifeo. Nella tradizione cristiana semprestato detto che luomo di retta coscienza tratto in salvo se ig-naro del vangelo di Cristo per speciale grazia di Dio. Ma lo spiri-to eminentemente libero di Dante raccoglie e svolge con partico-lare ardore questo, come altri motivi affini del cristianesimo: tuttaquella linea evangelica e paolina che sta per lo spirito contro la let-tera. Si veda come appassionatamente sostenuto questo principioin Par. XIX 106-11. Se qualcuno dunque pu salvarsi tra i pagani,il primo sar Catone, celebrato da tutti gli antichi come esempio divirt. Per il problema del suicidio, non considerato in questo caso

  • Dante - Purgatorio I

    20Letteratura italiana Einaudi

    come tu di , non c mestier lusinghe:bastisi ben che per lei mi richegge. 93

    Va dunque, e fa che tu costui ricinghedun giunco schietto e che li lavi l viso,s chogne sucidume quindi stinghe; 96

    come peccato, si veda quanto detto nella Introduzione e la notaal v. 71.

    91. Ma se donna del ciel...: questo ci che conta per lui; tut-to il resto, i ricordi della terra, sono soltanto lusinghe per il suo an-imo indomito.

    ti move e regge: ti ha fatto muovere e ti guida (reggere vale quidirigere).

    93. bastisi: sia sufficiente; quasi dica: per lei non mimoverei, ch dei dannati; ma per li celestiali s, ai quali per veracarit sono disposto a compiacere (Buti). Si noti ancora il paral-lelismo, come nella richiesta di Beatrice, cos nella risposta di Vir-gilio in Inf. II 81: pi non t uo chaprirmi il tuo talento. Lusodella forma pronominale (anche a Par. XXXII 76: bastavasi) fre-quente in antico per verbi intransitivi attivi (cfr. restarsi, tacersi),anche impersonali (parersi: a Inf. XXI 58); cfr. ED VI, p. 325 n12; cos il Passavanti, Specchio, p. 391: Bastisi che tu credesti lorouna volta.

    per lei mi richegge: che tu mi richieda in nome di lei. richegge cong. presente della 2a persona: per la forma si veda richeggio a Inf.I 130 e nota; la desinenza in -e (cfr. anche ricinghe e stinghe ai vv.94 e 96), di uso pi antico di quella in -i vista al v. 80, anchessalargamente presente nella Commedia. Per la convivenza dei varitipi di desinenza cfr. III 115 e nota.

    94. Va dunque...: la risposta conclusa, il problema chiuso.Catone d ora i suoi ammaestramenti per il nuovo cammino, as-sumendo il suo ufficio di custode allentrata del regno. Due sono lecose da fare, quasi riti da compiere, ambedue simbolici, come tuttii riti: cingersi del giunco, simbolo dellumilt, e lavare dal viso leimpurit lasciate dallaria infernale, simbolo della purificazionedellanimo. Si veda come Dante ha trasformato i due atti liturgiciin una scena di incantata naturalezza, nel solitario paesaggio mari-no. Come il cielo dellinizio, cos la rugiada e il giunco della fine, inquella prima luce dellalba, sono insieme realt e segno, come difatto erano per lui.

    fa che... ricinghe: imperativo fraseologico (cfr. II 28) ricalcatosul latino (fac ut...); per la desinenza, cfr. v. 93; per la forma dura,come stinghe al v. 96, cfr. pinghe a Inf. XVIII 127 e nota.

  • Dante - Purgatorio I

    21Letteratura italiana Einaudi

    ch non si converria, locchio sorprisodalcuna nebbia, andar dinanzi al primoministro, ch di quei di paradiso. 99

    Questa isoletta intorno ad imo ad imo,

    95. schietto: liscio, diritto (cfr. Inf. XIII 5); perch proprioun giunco, verr detto pi avanti.

    96. sucidume: sudiciume, metatesi consueta (cfr. sucide a Inf.VIII 10): questo velo rimasto sul volto la traccia ancora impressanellanimo del male visto allinferno.

    quindi stinghe: stinga, cio cancelli, di l, cio dal viso. stingereda extinguere; cfr. stinti, cancellati, a XII 122 (si veda Parodi, Lin-gua, p. 230 n. 58).

    97. locchio sorpriso...: con locchio ancora sopraffatto, occu-pato (costrutto ricalcato sullablativo assoluto latino); sorprenderein questo senso si trova anche in Conv. IV, VII 4. La forma in -iso sicilianismo, come miso di Inf. XXVI 54 e ripriso di Purg. IV 126.

    98. dalcuna nebbia: son le tracce della caligine infernale. IlTommaseo ricorda qui un luogo di Stazio, dove si parla di Mercu-rio che risale al cielo: Exsilit ad superos, infernaque nubila vultu /discutit et vivis adflatibus ora serenat (Theb. II 56-7).

    andar dinanzi: comparire davanti, presentarsi.98-9. al primo / ministro...: al primo dei ministri, o officiali

    del paradiso (come si dir a II 30), cio gli angeli. Catone dice ilprimo, perch salendo per la montagna se ne incontrer uno ad og-ni balza. Per questo forse preferibile intendere qui langelo chesta sulla porta dingresso, alla prima cornice, davanti al qualeDante dovr appunto inginocchiarsi per entrare, piuttosto chequello che apparir realmente per primo, nel canto seguente,guidando la nave degli spiriti salvati; quello sar infatti un incontrocasuale e soltanto indiretto.

    99. di quei di paradiso: sembra che con questa determi-nazione Catone distingua s anchegli un ministro, infatti dagli angeli; egli non appartiene dunque al paradiso. Crediamo,con molti altri, che Dante abbia immaginato ma tutto appenaaccennato, con delicatezza estrema, ed quindi inopportuno insis-tervi che Catone sia destinato a restare sullorlo del purgatorio fi-no allultimo giorno (il gran d del v. 75); salvo dunque, ma non an-cora ammesso a godere della visione di Dio. In tal modo eglisconta forse il suo suicidio, cos problematico anche per la grande

  • Dante - Purgatorio I

    22Letteratura italiana Einaudi

    l gi col dove la batte londa,porta di giunchi sovra l molle limo; 102

    nullaltra pianta che facesse frondao indurasse, vi puote aver vita,per cha le percosse non seconda. 105

    Poscia non sia di qua vostra reddita;

    mente di Agostino, come si visto nella Introduzione. La poesiapu infatti risolvere ci che la logica non pu in alcun modo.

    100. Questa isoletta...: per indicare la strada ai due, Catonedescrive con una delicatezza che sorprende sulla sua bocca lariva estrema dellisola. Si veda landamento incantato e leggero delverso. isoletta non propriamente un diminutivo (si cfr. la nota afioretti di Inf. II 127), in quanto la montagna del purgatorio alta eimponente, ma vuole esprimere la condizione solitaria e pura diquel luogo.

    ad imo ad imo: proprio al punto pi basso (imo, lat. imus, for-ma contratta di infimus); per luso della ripetizione si cfr. a randa aranda: proprio sullorlo (Inf. XIV 12); al pi al pi: esattamente alpiede (Inf. XVII 134) ecc.

    101. l gi col...: il verso, fatto di brevi e accentate parole,imita nel suono il leggero battito dellonda sulla riva.

    102. limo: terreno umido, fangoso; qui la spiaggia inumiditadalle onde.

    103. nullaltra...: ecco la ragione per cui il giunco scelto perquesta funzione simbolica: perch semplice e modesto, e si piegaalle percosse, assecondandole, come lumile alle sventure. Sololumilt pu dunque accettare serenamente la punizione che Dioinfligge.

    che facesse fronda: opposto allo schietto del v. 95. Secondo lalettera, la pianta frondosa qui non vivrebbe perch sarebbe spogli-ata, come quella rigida sarebbe spezzata. Simbolicamente, la schi-ettezza indica la semplicit del cuore, le fronde gli orgogliosi e vanipensieri del superbo.

    104. indurasse: si irrigidisse (ai colpi continui dellonda, chefigurano i colpi delle umane avversit). Non si pu non pensareche Dante, in quella fiera pianta che resiste alle percosse del desti-no, vedesse se stesso (cfr. Par. XVII 24). Ma a quella immagine eglivuole qui sostituirne unaltra. Come dice Benvenuto, lautore chefu prima come una quercia alta, dura e nodosa, ora si riveste diumilt. E aggiunge: e veramente il nostro poeta non fu spezzatodalle avversit, ma umilmente e pazientemente sopport lesilio, lapovert, il peso della famiglia e ogni disagio....

    106. vostra reddita: il vostro ritorno; cio, tornando dalla spi-

  • Dante - Purgatorio I

    23Letteratura italiana Einaudi

    lo sol vi mosterr, che surge omai,prendere il monte a pi lieve salita. 108

    Cos spar; e io s mi levaisanza parlare, e tutto mi ritrassial duca mio, e li occhi a lui drizzai. 111

    El cominci: Figliuol, segui i miei passi:volgianci in dietro, ch di qua dichinaquesta pianura a suoi termini bassi. 114

    aggia, non ripassate di qua. Essi devono dirigersi dove la salita pi lieve, pi agevole. E la loro guida sar dora in avanti il solestesso. reddita, da redire, il partic. femminile usato per ilsostantivo, come difesa, contesa, e anche andata e salita.

    107. lo sol vi mosterr...: quasi a dire: non pi io dovr dirviil cammino, ma il sole. Egli infatti solo colui che somiglia alsole, e che indirizza cos gli uomini tale il compito della virt edella legge al vero sole, che Dio. mosterr per mostrer metatesi comune in antico, che si ritrova a XXI 32, e gi in Inf.XXXII 101.

    109. Cos spar: allimprovviso, come era apparso; la sua fun-zione presso di loro terminata. Ma questo misterioso apparire esparire avvolge la grande figura antica di unaura irreale: egli sem-bra provenire come nella realt della creazione dantesca dalmondo del mito, non appartenere a quello reale e concreto, nelquale si muovono, salvo rare eccezioni, tutte le altre personedellaldil dantesco.

    110. sanza parlare: Dante ha finora sempre taciuto; in questaterzina il suo silenzio prende rilievo: egli parla a Virgilio con lattoe lo sguardo, ma non dice parola. Cos dei momenti solenni egravi della vita, di fronte al mistero.

    mi ritrassi: mi avvicinai, mi strinsi; quasi chiedendo un sosteg-no.

    111. drizzai: rivolsi, in una tacita domanda di guida: quasidicessi: eccomi pronto a fare obbedientemente quanto mi si co-mander (Benvenuto).

    112. El cominci: sparito Catone, Virgilio riprende il suo uf-ficio di guida. Comincia qui la terza e ultima parte del canto, che sisvolge sulla spiaggia del mare, riprendendo il tema mattutino esolitario dellinizio.

    113. volgianci in dietro: perch davanti a loro era la salita rip-ida del monte (cfr. v. 108).

  • Dante - Purgatorio I

    24Letteratura italiana Einaudi

    Lalba vinceva lora mattutinache fuggia innanzi, s che di lontanoconobbi il tremolar de la marina. 117

    Noi andavam per lo solingo piano

    dichina: declina, cio scende in leggero pendio (cfr. Inf.XXVIII 75).

    114. a suoi termini bassi: al suo pi basso limite, alla spiag-gia, l dove aveva detto Catone (ad imo ad imo).

    115. Lalba vinceva...: il primo biancore dellalba, salendo aoriente, sospingeva avanti a s, vincendo loscurit, lultima oradella notte (lora mattutina appunto lultima delle ore notturne,secondo lufficio della Chiesa). Altri intende ora per aura, il leg-gero vento del mattino. Ma la prima spiegazione senzaltro la pisicura, perch meglio rende ragione del testo (vinceva, fuggia) e dlimmagine del cielo, e dellanima, che qui si vuole offrire. Essa confortata da un altro testo del Purgatorio stesso, dove le tenebrefuggono davanti agli splendori dellalba (XXVII 109-12). Del restoDante sempre nel poema conta le ore secondo la Chiesa, come erauso comune al suo tempo (cfr. Inf. XXXIV 96; Purg. XV 1; Par.XXX 2), e spesso le personifica: cos lancella sesta di Purg. XII 81.Questo verso chiaro e soave, riportando locchio al cielo mattuti-no, sembra ripetere lapertura della prima sequenza del canto(Dolce color...); ma su quellazzurro sta sorgendo ormai il vittoriosochiarore del giorno.

    116. di lontano: a quel pallido chiarore che sorgeva alles-tremit del cielo, laggi verso oriente.

    117. conobbi il tremolar...: potei distinguere con lo sguardo illeggero tremolio delle onde al primo vento del mattino. Si ri-cordato qui Virgilio, Aen. VII 9: splendet tremulo sub laminepontus e Ovidio, Her. XI 75: mare fit tremulum tenui cum strin-git in aura; ma la realistica finezza dei due testi classici non pumisurarsi con il valore di speranza appena nascente che quel trem-ito rivela nel verso dantesco. Lincanto di questa terzina fatto an-che, come negli antichi, dalla delicatissima scelta dei suoni sem-bra figurare il dilatarsi dellanima alla nuova vita (il nuovo giorno)che si annuncia. Lapparire del mare, finora rimasto nellombra, dforma e spazio al paesaggio, e insieme ne accresce la vaghezza.

    118. Noi andavam...: altra grande terzina, dove nel solitariopaesaggio si muovono le due figure umane, quasi due esuli in cercadel cammino per tornare alla patria. Lo stilema di attacco (Noi an-davam...) si ripeter pi volte nel Purgatorio (cfr. II 10; XV 139;

  • Dante - Purgatorio I

    25Letteratura italiana Einaudi

    comom che torna a la perduta strada,che nfino ad essa li pare ire in vano. 120

    Quando noi fummo l ve la rugiadapugna col sole, per essere in partedove, ad orezza, poco si dirada, 123

    XX 16; ecc.), a richiamare questa essenziale condizione, qui ferma-ta nel suo significato primario.

    solingo: nessuno vi era intorno; lunica presenza umana Catone si dileguata. Sar questo un motivo di tutto il camminopurgatoriale, dove tra una cornice e laltra sempre sottolineata lasolitudine dei due viandanti (si cfr. X 20-1: restammo in su un pi-ano / solingo pi che strade per diserti).

    119. comom che torna...: la perenne figura delluomo sec-ondo il cristianesimo: quia peregrini et hospites sunt super ter-ram (Hebr. 11, 13). Il tema dellesilio sar linea portante di tuttala seconda cantica, che appunto delle tre limmagine della vitasulla terra condotta nella speranza del cielo. Si veda il forte accen-to nostalgico per quella perduta strada (con richiamo a Inf. I 3) chesola conta per luomo, per cui tutti gli altri cammini sembranovani, finch non la trovi.

    121-3. l ve la rugiada...: l dove la rugiada combatte colsole, resiste al sole, per essere in un luogo dove, sotto lo spiraredella brezza marina (orezza, venticello), si dirada, cio si raref,evapora pi lentamente che altrove. Siamo dunque vicini alla rivadove, per la frescura umida della brezza proveniente dal mare, larugiada ancora abbondante. In questi versi il testo del Petrocchioffre una lezione diversa da quella tradizionale. Sulla questionetestuale si veda la nota alla fine del canto. forse opportuno pre-cisare che orezza non significa ombra, o frescura, come alcuni an-notano (tale valore ha in Dante, e ancora in Toscana, la diversaparola rezzo: cfr. Inf. XVII 87 e XXXII 75), ma brezza, venticello(diminutivo di ora), come attestato a Purg. XXIV 150. Fra laltrosu quella spiaggia deserta volta a oriente non pu esserci ombra almattino, n allombra la rugiada potrebbe combattere col sole.

    la rugiada: il valore simbolico della rugiada come segno dellagrazia divina gi nella Scrittura, ed ritrovabile in pi testi notis-simi della liturgia romana; quindi di immediata comprensione peril lettore di allora: Con questo lautore lascia intendere che la ru-giada della divina grazia abbonda l dove gli uomini umiliano iloro cuori davanti a Dio (Benvenuto). Come la stella mattutina,

  • Dante - Purgatorio I

    26Letteratura italiana Einaudi

    ambo le mani in su lerbetta spartesoavemente l mio maestro pose:ondio, che fui accorto di sua arte, 126

    porsi ver lui le guance lagrimose:ivi mi fece tutto discovertoquel color che linferno mi nascose. 129

    Venimmo poi in sul lito diserto,che mai non vide navicar sue acqueomo, che di tornar sia poscia esperto. 132

    Quivi mi cinse s comaltrui piacque:

    della natura stessa il cielo, le stelle, lalba, la rugiada comequel libro di Dio che egli vi leggeva.

    124. sparte: aperte e distese: si cfr. Inf. VI 25.125. soavemente: lavverbio dice il garbo che dov usare con

    cose tanto lievi come la rugiada e lerbetta (DOvidio).126. fui accorto di sua arte: ben compresi ci che egli stava

    facendo, cio lintenzione del suo gesto.lacrime versate nel viaggio infernale, quel velo che Catone ha

    detto di estinguere, cancellare (v. 96). Non lacrime di pentimento,come altri intende, che non sarebbero da togliere, in quanto pro-prie di tutti gli abitanti del purgatorio, come si vedr.

    128. fece... discoverto: rese nuovamente visibile, lavan-do il mio viso con la rugiada.

    129. quel color: il naturale colore del volto, oscurato dalla tor-bida traccia dinferno (il sucidume del v. 96).

    130. lito diserto: il solingo piano del v. 118; la variatio ripro-pone il tema, cos importante in tutto questo canto, della solitudinedelluomo, come nel giorno della creazione, di fronte alla sua nuo-va vita.

    131. che mai non vide...: che non vide mai sulle proprie acqueun uomo che poi fosse stato capace (esperto) di tornare indietro.Perch un uomo ci fu, che arriv in vista di quel lito, ed Ulisse.La scoperta allusione, fatta certa dal richiamo dei termini usati (es-perto / comaltrui piacque), , nella sua sobriet, di grande forzaevocativa: il tragico mito di Inf. XXVI torna, come in un lontanosogno, a dare il senso di questo diverso arrivo. Su quella storiaDante infatti misura la sua vita. E in questo confronto lumile pi-anta di cui egli si fa cingere acquista il suo vero significato.

    133. s comaltrui piacque: evidente il ricalco su Inf. XXVI

  • 27Letteratura italiana Einaudi

    Dante - Purgatorio I

    oh maraviglia! ch qual elli scelselumile pianta, cotal si rinacque

    subitamente l onde lavelse. 136

    XXVI 141. Qui altrui riferito, secondo la lettera, a Catone,ma, come nellaltro verso, lultimo termine di riferimento Diostesso.

    134. qual elli scelse...: quale egli la scelse, cio la colse sceglien-dola tra le altre, tal (cotal) cio del tutto uguale, rinacque... Questomiracoloso rinascere del ramo ripreso dalla scena di Aen. VI 143-4, dove Enea coglie il ramoscello doro per poter entrare nellAde:primo avulso non deficit alter / aureus, et simili frondescit virgametallo; dove riconoscibile lo stesso verbo avellere. Ma Dantevolge il prodigio (anche in Virgilio simbolo di morte e vita, comedel resto in Iob 14, 7 sgg.) al senso di tutta la sua figurazione:lumilt non pu essere vinta; per che delle ferite rinvigorisce,della infermit rinforza, della povert arricchisce, del dannocresce, della morte rinvivisce (Passavanti, Specchio, p. 246).

    136. subitamente l...: verso veloce e improvviso, che vuol ri-trarre anche nel ritmo (si vedano i due accenti consecutivi al di quae al di l della cesura: l nde) quella subitanea rinascita. Questaimmagine chiude il canto, dove narrato, nel modo pi puro e del-icato possibile al linguaggio umano, il misterioso evento del risorg-ere delluomo alla vita dello spirito.

  • Dante - Purgatorio I

    28Letteratura italiana Einaudi

    NOTE INTEGRATIVE

    21. Velando i Pesci. stato osservato che nellaprile del 1300Venere sorgeva dopo il sole, e non prima, essendo congiunta colToro e non con i Pesci, e visibile quindi la sera e non il mattino,mentre la situazione qui descritta corrisponde esattamenteallaprile del 1301. Daltra parte, il riferimento al 1300 troppopreciso, proprio nel canto che segue (vv. 98-9), oltre alle altremolte indicazioni offerte dal poema (cfr. soprattutto Inf. XXI 112-4 e anche I 1 e nota), perch si possa in base a questa osservazionespostare la data del viaggio, che ha una cos rilevante convenienzaideale (lanno del Giubileo) con la storia narrata. Le possibilit, ele ipotesi avanzate, sono due. O che Dante abbia commesso un er-rore indotto, come stato proposto, dallAlmanacco di Profacio(un testo molto diffuso che dava le posizioni di tutti i pianeti dal1300 in poi) di cui ipotizzabile che si servisse, e che effettiva-mente poteva su questo punto trarre in inganno (cfr. Gizzi, As-tronomia, pp. 160-5) o che egli abbia adattato la situazione astro-nomica alla ideale necessit del suo testo; che Venere mattutina siaqui il simbolo dellamore divino ritrovato, il Lucifer degli inni cris-tiani dellaurora, infatti fin troppo evidente. Dante avrebbedunque posto questa condizione del cielo, anche se propria in re-alt di un altro anno del calendario, riferendola al 1300, o meglioallideale anno in cui si compie limmaginata visione. Questa sec-onda ipotesi sembra la pi probabile, in quanto tutto linsieme delracconto com immaginato porta di necessit a una situazione as-tronomica convenzionale, e non rigorosamente scientifica: troppecoincidenze sono richieste (lanno giubilare, i giornidellequinozio, il sole nellAriete, la luna piena, ecc.) per esseretutte realizzate e troppe difficolt di fatto si incontrano a voler sp-iegare scientificamente tutti i passi astronomici del poema. Sivedano su questo le convincenti osservazioni di Buti e Bertagni, inCommento astronomico, pp. 213-22.

    23. Quattro stelle. Di queste stelle si discusso se esse debbanoessere intese come soltanto allegoriche, o anche astronomicamentereali. Sembrando pi probabile la seconda ipotesi, come il con-testo e in generale luso dantesco fanno pensare, si tentato anchedi identificarle. Molti hanno pensato che Dante intenda qui laCroce del Sud, quattro stelle della costellazione del Centauro, notea navigatori e astronomi e segnate sulle antiche carte, anche se allo-ra non stabilite come costellazione a s stante; altri hanno indicatoun diverso gruppo di quattro stelle australi, tutte di prima e secon-da grandezza (Antonelli, Ragionamenti, pp. 22-4). Senza pensaread una precisa identificazione, che non corrisponderebbe al v. 24,si pu ritenere quasi certo che Dante intendesse di vere stelledellaltro emisfero (egli sapeva fra laltro dallAlmagesto che esso

  • Dante - Purgatorio I

    29Letteratura italiana Einaudi

    ospitava otto delle quindici stelle di prima grandezza: cfr. Par. XI-II 4-6), anche se indeterminate; infatti procedimento consuetodel poema usare la realt della natura presa come segno della realtdivina, e il cielo del Purgatorio sempre popolato di astri con unaprecisa identit astronomica. Si obietta che di vere stelle Dantenon avrebbe potuto dire: non viste mai fuor che da Adamo ed Eva.Tutti i navigatori che giungevano oltre lequatore potevano infattiaverle viste, e Dante lo sapeva bene, come appare dal racconto diUlisse (Inf. XXVI 127-8). Ma chiaro che si tratta qui di espres-sione generica e simbolica, che allude al mondo sanza gente, dis-abitato dagli uomini, come dice chiaramente la terzina seguentedove si sottolinea la vedovanza del nostro mondo dalla loro luce;ci che conta e resta nel verso lintatta purit di quelle stelle ig-note alle terre abitate, le stelle di Adamo ed Eva, le perdute virtdellEden.

    121-2. L ve la rugiada / pugna col sole. Il Petrocchi ha cambi-ato in questa terzina la lezione dei precedenti editori (Crusca,Moore, 21, Casella): pugna col sole, e per essere in parte / doveadorezza.... perch la e non si trova in nessun manoscritto dellan-tica tradizione da lui consultato, e daltra parte il verbo adorezzare(spirare di orezza) non esiste fuori di questo luogo. Il Vandelli tut-tavia difese validamente la sua lezione (che gi nel Buti e nelLandino) sostenendone il miglior senso logico e dimostrando cheluso dantesco ammette la forma intera sole soltanto davanti a vo-cale, e davanti a consonante vuole la forma tronca sol (come pertutte le parole piane in -ole -are -ale, ecc.); mentre il neologismoadorezzare (sul tipo di adombrare, annottare, ecc.) non fa cer-to problema per Dante, e gi il Vellutello cos lo spiegava: comedal vento diciamo Venteggia, cos da lora diremo Adorezza. Sipu aggiungere che la locuzione ad orezza, cos senza articolo(come dire a vento, a sole), non delluso italiano, n dantesco. Cisono dunque buoni argomenti per ambedue le proposte, e a noisembra che la lezione tradizionale dia in realt, come pensava ilVandelli, senso migliore. Si vedano sulla questione Vandelli, Per iltesto, pp. 207-44, e Petrocchi ad locum.

  • 30Letteratura italiana Einaudi

    CANTO II

    [Canto secondo, nel quale tratta de la prima qualitade cio di-lettazione di vanitade, nel quale peccato inviluppati sono puni-ti proprio fuori del purgatorio in uno piano, e in persona di co-storo il Casella, uomo di corte.]

    Gi era l sole a lorizzonte giuntolo cui meridian cerchio coverchiaIerusalm col suo pi alto punto; 3

    e la notte, che opposita a lui cerchia,uscia di Gange fuor con le Bilance,che le caggion di man quando soverchia; 6

    1-6. Gi il sole toccava, tramontando, lorizzonte occidentaledel cielo di Gerusalemme (quel cielo il cui meridiano sovrasta alsuo zenith la citt di Gerusalemme) e la notte, che si volge intornoalla terra dalla parte opposta al sole (che opposita a lui cerchia), sor-geva a sua volta dal Gange (cio sullorizzonte orientale di quel cie-lo), trovandosi nella costellazione della Bilancia, o Libra (la notte immaginata come una persona che tiene in mano una bilancia);quella Bilancia che esce dalla notte (le cade di mano) cio non pi una costellazione notturna quando, con lequinozio di au-tunno, la notte comincia a superare nella durata il giorno (quandosoverchia). Infatti in quel momento la Bilancia, visibile per i sei me-si della primavera e dellestate, scompare dal cielo notturno, e inessa entra a sua volta il sole. Per comprendere questa perifrasi, bi-sogna ricordare che per Dante Gerusalemme al centro dellemi-sfero abitato, esteso per 180 di longitudine tra il Gange a oriente eCadice a occidente. Per cui quando il sole tramonta a Cadice, sor-ge la notte dal Gange. Nello stesso momento, al centro dellemisfe-ro opposto, dove si trova ora Dante sulla riva del purgatorio, stasorgendo il sole (vv. 7-9). Siamo dunque verso le sei antimeridiane.Sul valore di questa lunga perifrasi, si veda la nota alla fine del can-to.

    2. coverchia: ricopre, sovrasta.4. cerchia: gira (intorno alla terra).6. caggion: cadono. La forma del presente caggio (cong. caggia,

    ger. caggendo) costruita per analogia con veggio da video, e seg-

  • s che le bianche e le vermiglie guance,l dovi era, de la bella Auroraper troppa etate divenivan rance. 9

    Noi eravam lunghesso mare ancora,come gente che pensa a suo cammino,che va col cuore e col corpo dimora. 12

    Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino,

    Dante - Purgatorio II

    gio da sedeo, come accade in altri verbi in -d- (cfr. richeggio a Inf. I130 e nota).

    soverchia: supera, diviene pi lunga del giorno.7-9. s che le bianche...: cos che il cielo dellaurora, prima bian-

    co, poi rosso vivo (vermiglio), si era fatto col passar del tempo dicolor doro. Il mutamento dei colori da bianco a rosso, da rosso aoro osservato dai poeti cari a Dante (Ovidio, Met. VI 47 sgg.;Lucano, Phars. II 719 sgg.) ma non vi appare, come qui, nella scalacompleta. Osserviamo che rance vale dorate (non arancioni, comealcuni annotano): rancio infatti deriva da aurantium, color doro; sicfr. Inf. XXIII 100: le cappe rance, prima dette dorate (v. 64).

    9.per troppa etate: per let ormai avanzata; cio perch, passa-to alquanto tempo, gi stava per sorgere il sole. Una simile immagi-ne in Virgilio, nel momento in cui Enea, come qui Dante, giungealla riva sospirata: Iamque rubescebat stellis Aurora fugatis(Aen. III 521).

    10. Noi eravam...: riprende il racconto, l dove i due erano rima-sti, lungo (lunghesso) la riva del mare. Lo stesso animo sospeso,dellesule che cerca il cammino del ritorno, riempie questa terzina,costruita a specchio dellaltra di I 118-20: uguale il movimento diattacco, il paragone al secondo verso, la relativa nel terzo, che defi-nisce lo stato dellanimo.

    ancora: dopo aver colto il giunco, ancora l fermi.11-2. che pensa...: che, incerta sulla via, pensa a dove debba an-

    dare, e cos col cuore, col desiderio dellanimo, gi in cammino,mentre col corpo ancora ferma. Si cfr. Vita Nuova XIII 6: mi fa-cea stare quasi come colui che non sa per qual via pigli lo suo cam-mino, e che vuole andare e non sa onde se ne vada.

    13. Ed ecco: e allimprovviso... Attacco consueto per il soprag-giungere di cosa nuova e imprevista (cfr. Inf. I 31; III 82 ecc.).Allanimo incerto e sospeso, a quel desiderio senza mezzi, giungela risposta.

    sorpreso dal mattino: raggiunto dalla prima luce del mattino(al sopraggiungere del mattino). questa la lezione adottata dal

    31Letteratura italiana Einaudi

  • 32Letteratura italiana Einaudi

    Dante - Purgatorio II

    per li grossi vapor Marte rosseggiagi nel ponente sovra l suol marino, 15

    cotal mapparve, sio ancor lo veggia,un lume per lo mar venir s ratto,che l muover suo nessun volar pareggia. 18

    Dal qual comio un poco ebbi ritrattolocchio per domandar lo duca mio,rividil pi lucente e maggior fatto. 21

    Petrocchi (come gi dal Witte), con serie motivazioni. Tuttaviadobbiamo dire che la lezione del 21 e del Casella (gi della Crusca1837, del Lombardi, del Tommaseo): sul presso del mattino, cisembra ancora, per molti aspetti, preferibile. Si veda sulla questio-ne la nota alla fine del canto.

    14. per li grossi vapor...: per i vapori, pi spessi sul mare per larapida evaporazione alla frescura dellalba, il pianeta Marte parepi rosso che di consueto; cfr. Conv. II, xiii 21: Marte dissecca earde le cose, perch lo suo calore simile a quello del fuoco; e que-sto quello per che esso appare affocato di calore, quando pi equando meno, secondo la spessezza e raritade de li vapori che l se-guono.

    15. gi nel ponente...: verso occidente, quindi in posizione op-posta al sole, dai cui raggi investito. Come in lontananza rosseg-gia Marte al mattino, cos appare allo sguardo limprovvisa luce sulmare, segno di risposta allansiosa incertezza dei due esuli sulla ri-va.

    16. cotal: cio cos rosseggiante in lontananza. sio ancor lo veggia: cos possa rivederlo ancora! il se augura-

    tivo gi pi volte incontrato (cfr. Inf. X 94 e altrove) e dice la spe-ranza di esser salvo, cio di essere portato da quello stesso angelo,dopo la sua morte, a quella riva. Lesclamazione vale conferma del-la verit di ci che dice: come vero chio lo vidi, cos possa rive-derlo.

    17-8. s ratto...: cos veloce che nessun volo potrebbe eguagliarein velocit il suo movimento. Quel lume procede dunque pi velo-ce di un uccello in volo (la maggiore velocit che allora si potessevedere sulla terra).

    19. Dal qual: dal qual lume.20. domandar lo duca: cos costruito, domandare vale interroga-

    re, chiedere spiegazioni (in genere seguito da di qualcosa); cfr. Inf.XIV 50 e nota.

    21. fatto: divenuto; in quel breve tempo in cui egli ne ha distoltolo sguardo, tanto procedeva veloce.

  • Dante - Purgatorio II

    33Letteratura italiana Einaudi

    Poi dogne lato ad esso mapparioun non sapeva che bianco, e di sottoa poco a poco un altro a lui usco. 24

    Lo mio maestro ancor non facea motto,mentre che i primi bianchi apparver ali;allor che ben conobbe il galeotto, 27

    grid: Fa, fa che le ginocchia cali.

    22. Poi dogne lato...: lapparizione dellangelo condotta conmagistrale gradazione. Prima un lume rosseggiante in lontananza,come una stella sul mare. Poi, al breve volger dellocchio, apparepi grande e luminoso, ma ancora indistinto. Ed ecco qualcosa dibianco, di cui si vede solo il colore, e non la forma (un non sapevache bianco...), prima ai lati, poi al di sotto di quel lume (che il vol-to stesso dellangelo). Finch si precisa il disegno stesso delle ali, einfine Virgilio riconosce la figura intera dellangelo. Alla straordi-naria precisione con cui descritto il fenomeno fisico, si unisce ladelicata vaghezza di quel sovrapporsi di impressioni (il rosseggiarelontano, il volo veloce, il biancore, le ali, langelo) che trover ri-scontro solo nelle visioni del Paradiso.

    22-4. appario... usco: la pi antica uscita del perfetto dei verbiin -ire (cos seguio, gio), pi tardi troncata. In Dante coesistono ledue forme (NTF, pp. 142-4).

    di sotto: il bianco ai due lati del lume si riveler esser le ali (v.26); questo che appare sotto di esso non pu essere che la biancaveste dellangelo.

    25-6. ancor non facea motto...: ancora Virgilio taceva, finch(mentre che) i primi bianchi visti ai lati del lume apparvero chiara-mente come ali. Anchegli non sicuro, e non vuol parlare finchnon abbia la certezza di quel che vede. Si noti come Dante ritrae ilsuo stare teso e attento, calmo ma pronto, come sempre, allazione.

    27. ben conobbe: riconobbe con certezza (cfr. pi oltre, v. 86). galeotto: nocchiero, colui che conduce la nave. Cos in Inf.

    VIII 17, di Flegias (vedi).28. grid: Virgilio esclama con forza, quasi di slancio. Su questo

    verbo si conclude la tensione della precedente silenziosa attesa. Fa, fa: come davanti a Catone, e gi davanti allangelo com-

    parso nellInferno, a IX 87. Fa che la consueta forma di imperati-vo fraseologico.

  • Dante - Purgatorio II

    34Letteratura italiana Einaudi

    Ecco langel di Dio: piega le mani;omai vedrai di s fatti officiali. 30

    Vedi che sdegna li argomenti umani,s che remo non vuol, n altro veloche lali sue, tra liti s lontani. 33

    Vedi come lha dritte verso l cielo,trattando laere con letterne penne,

    29. Ecco langel di Dio: questo il primo degli angeli che ap-paiono nel Purgatorio dove, come Virgilio subito avverte, la loropresenza sar abituale. In questo gi risplende in modo eminentequello che sar il loro carattere primario: la bellezza, avvolta di lu-ce, e sempre contrassegnata da unaura sovrannaturale. Gli angelisono qui infatti figura della realt divina, che viene incontro alluo-mo ma lo trascende; e anticipano la qualit tipica di tutta la rappre-sentazione del Paradiso.

    30. omai: dora in avanti non saranno pi delle apparizioni ecce-zionali, ma consuete. Tutto il secondo regno infatti, come vedre-mo, presieduto e custodito dagli angeli, che vi prendono quel po-sto che nellInferno hanno i demoni.

    officiali: ministri.31. li argomenti: i mezzi (cfr. Inf. XXXI 55); cio le vele e i remi,

    come detto nei versi seguenti. Ma in questa realt della lettera(langelo fa a meno dei mezzi delluomo) racchiuso uno dei pigrandi temi della Commedia. Con le forze umane non si giunge altermine vero delluomo, a Dio; ci vogliono forze divine. Il ricordodi Ulisse, di quei remi alzati come ali nel folle volo, qui chiara-mente presente. E si ricordi Inf. X 61: Da me stesso non vegno... Suquesta profonda convinzione Dante ha fondato tutta la sua vita, dicui il poema segno.

    32. velo: vela; il latino velum, divenuto femminile per attrazio-ne del plurale neutro vela (come foglia, arma). Anche foglio, in sen-so botanico, si trova in qualche testo duecentesco (Rohlfs M, p.60).

    33. tra liti s lontani: secondo la lettera, langelo va dalla foce delTevere, dove raccoglie le anime, allisola del purgatorio in mezzoalloceano. Ma questi due liti sono ben pi lontani nella realt chesignificano: dalla terra delluomo al mondo di Dio; e laccento e ilritmo del verso ben lo fanno intendere.

    34. dritte: drizzate, alzate. verso l cielo: indicando il luogo do-ve le anime son destinate a giungere (Giuliani).

    35. trattando: agitando, muovendo (il Buti: dibattendo); cinon impedisce che le ali restino rivolte verso lalto come detto nelverso precedente (per questo valore di trattare cfr. XXVIII 68). In-

  • Dante - Purgatorio II

    35Letteratura italiana Einaudi

    che non si mutan come mortal pelo. 36Poi, come pi e pi verso noi venne

    luccel divino, pi chiaro appariva:per che locchio da presso nol sostenne, 39

    ma chinail giuso; e quei sen venne a rivacon un vasello snelletto e leggero,tanto che lacqua nulla ne nghiottiva. 42

    Da poppa stava il celestial nocchiero,tal che faria beato per iscripto;

    tendere penetrando, come alcuni fanno, ci sembra linguistica-mente forzato, tanto pi che qui evidente il paragone con le alidegli uccelli (vv. 36 e 38).

    36. che non si mutan: che non sono soggette a mutamento, co-me le penne degli uccelli, che mutano o cadono. Quelle penne so-no etterne.

    38. luccel divino: divino qualifica luccello come angelo. Cosin Inf. XXII 96 il demonio detto malvagio uccello; luno e laltroinfatti hanno le ali, segno della comune origine.

    chiaro: vale lucente, luminoso ( il senso del lat. clarus), comechiarezza vale luminosit, splendore. un aggettivo che non si tro-va mai nellInferno, se non nellultimo canto, ad indicare il mondodove si uscir (Inf. XXXIV 134).

    39. per che: per la qual cosa (per il suo apparire sempre pi lu-minoso).

    nol sostenne: non pot sostenerne la vista cos da vicino.40. chinail giuso: lo chinai gi, a terra. Locchio mortale si chi-

    na davanti al divino splendore.41. vasello: piccola nave, vascello.

    snelletto e leggero: veloce e senza peso, tanto che sfiorava ap-pena le onde (per snello, veloce, cfr. Inf. VIII 14; XII 76 e XVI 87).La forma in -etto un falso diminutivo, che indica grazia, eleganza(cfr. Inf. II 127 e nota). Il verso condotto con la stessa leggerezzadi quel vascello. evidente il ricordo di quel lieve legno a cui allu-se Caronte (Inf. III 93), e il contrasto con quellaltra barca, equellaltro nocchiero.

    43. Da poppa: a poppa, dove sta il timoniere, e in piedi, lange-lo guida la nave come fa il nocchiero terreno. La prep. da con valo-re di stato in luogo indica da che parte, come a Inf. XXIV 34 o aPurg. III 89; con valore temporale indica la parte del giorno: damattina (Par. XXXI 118); da sera e da mane (Par. XXVII 29).

    44. tal che...: tale nellaspetto, che pareva portare la beatitudine

  • Dante - Purgatorio II

    36Letteratura italiana Einaudi

    e pi di cento spirti entro sediero. 45In exitu Israel de Aegypto

    scritta sul volto. questa la lezione accolta da quasi tutti gli editoriprecedenti il Petrocchi (Crusca, Moore, 21, Casella), che nellEdi-zione Nazionale ne ha preferita unaltra, offerta da altra parte dellatradizione: tal che faria beato pur descripto (cio renderebbe beatosolo a sentirlo descrivere, senza esser visto direttamente), ricono-scendo tuttavia che le due versioni sono equivalenti dal punto divista strettamente ecdotico. Noi abbiamo mantenuto la lezione vul-gata, che ci appare non solo pi bella (perch aggiunge qualcosaallaspetto dellangelo ed invenzione nuova rispetto allaltra, che modo di dire corrente), ma pi logica, in quanto Dante ora vedecon i suoi occhi langelo, e non ha bisogno di pensare a un angelodescritto. Se si pensa poi che qui, in realt, langelo descritto,ci si rende conto che quellimmagine crea una inutile confusione. Ariscontro della prima lezione il Tommaseo e il Torraca citano Ovi-dio: sua quemque deorum / inscribit facies (Met. VI 73-4).

    iscripto: come pi oltre scripto, forma latineggiante, comunenellitaliano antico, usata qui per ottenere la rima con Aegypto(Vandelli). per iscripto modo avverbiale antico, come per minu-to (minutamente), per indiretto (indirettamente) ecc. (si vedaTB a per, n. 24).

    45. pi di cento: come pi di mille di Inf. V 67, vale un numerograndissimo, indeterminato.

    sediero: imperfetto indicativo arcaico per sedeno (forma al-ternata con sedano, per cui vedi Inf. IX 39; XII 29; ecc.); la desi-nenza -ro per -no attestata pi volte nel 200 per le 3e personeplur. dellimperfetto, come nel perfetto si ebbe feceno e fecero, nelfuturo fieno e fiero ecc. (Parodi, Lingua, p. 255; TF XIX); si cfr. po-tiersi di XVIII 140.

    46. In exitu...: Nelluscita di Israele dallEgitto.... il primoversetto del salmo 113, il celebre salmo dellesodo, o uscita del po-polo ebreo dalla schiavit dEgitto. Nella tradizione cristianaquellesodo figura della liberazione dellanima, e di tutta luma-nit, ad opera di Cristo. Proprio questo versetto lesempio di cuiDante si serve nel Convivio per spiegare il concetto di allegoria bi-blica, che si ha quando un fatto storicamente vero significa tuttaviaanche de le superne cose de letternal gloria. Cos di quelleso-do che avvegna essere vero secondo la lettera sia manifesto, nonmeno vero quello che spiritualmente sintende, cio che ne lusci-ta de lanima dal peccato essa sia fatta santa e libera in sua potesta-te (Conv. II, i 7). Questa stessa citazione Dante riprende quando

  • Dante - Purgatorio II

    37Letteratura italiana Einaudi

    cantavan tutti insieme ad una vocecon quanto di quel salmo poscia scripto. 48

    Poi fece il segno lor di santa croce;ondei si gittar tutti in su la piaggia;ed el sen g, come venne, veloce. 51

    gi scriveva il Paradiso, nellEpistola a Cangrande, per illustrare ilduplice senso della sua stessa opera, letterale ed allegorico (Ep.XIII 21). Sintende cos limportanza che questo versetto aveva perlui, con quale forza allusiva risuonassero queste parole, che quistanno scritte, allinizio del Purgatorio come emblema di liberazio-ne.

    47. cantavan...: il primo canto che si ode nel Purgatorio e, co-me si vedr, il primo di una lunga serie. Su tutte le cornici infattirisuoner un canto liturgico tolto dalle preghiere o dai salmi pinoti recitati allora nella chiesa dal clero e dal popolo come richia-mo ai pensieri celesti, alla salvezza ottenuta, allamore divino. Inognuno di essi la parola nota vale come allusione (di solito son cita-te solo due o tre parole, gli inizi appunto, come qui) e il canto, conla sua dolcezza e armonia, vale, come la bellezza della natura, a si-gnificare il divino.

    ad una voce: con una sola, una stessa voce. Questo cantareallunisono dice lunit dei cuori, segno tipico del mondo divino,che trover la sua massima espressione nella terza cantica (cfr. Par.III 79-81).

    48. con quanto...: lo cantavano dunque per intero. Il primo ver-so bastava a richiamarlo tutto ai lettori di quel tempo.

    scripto: grafia derivata dal latino, qui richiesta dalla rima, macomunissima nellantica prosa italiana.

    49. fece il segno...: li benedisse. Il gesto della benedizione fa par-te degli atti liturgici, come i canti e le preghiere, di cui Dante ha co-me rivestito la cantica. Il suo purgatorio corrisponde infatti nellal-dil a quel che nel mondo dei vivi la Chiesa, la comunit deicredenti pellegrina verso la patria. La liturgia, forma visibile dellaChiesa, tiene in questo universo di segni lo stesso posto.

    50. si gittar: si gettarono; dice lansia delle anime di recarsi alluogo della loro purificazione. Lo stesso verbo usato per coloroche salgono nella barca di Caronte (Inf. III 116) sotto lo spronedella divina giustizia.

    51. sen g: se ne and (da gire, andare). La velocit dellangelo che non tollera alcun indugio vuol esprimere la sua pronta e fe-

  • La turba che rimase l, selvaggiaparea del loco, rimirando intornocome colui che nove cose assaggia. 54

    Da tutte parti saettava il giornolo sol, chavea con le saette contedi mezzo l ciel cacciato Capricorno, 57

    dele adesione al suo compito (come meglio sintender pi oltre, aconfronto con lindugiare delle anime). Altri infatti lo attendono alTevere, per essere imbarcati (vv. 103-5).

    52-3. selvaggia /... del loco: ignara, inesperta, come straniera;uso traslato dal senso proprio dellaggettivo, di chi viene in cittdalla campagna (cfr. Inf. VI 65). Cfr. Cino da Pistoia, Lo gran disio41-2: selvaggia, cio strana / dogni piet, di cui siete lontana.Come Dante e Virgilio, anche i nuovi ve