DA GREGORIO DI TOURS A PAOLO DIACONO

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DA GREGORIO DI TOURS A PAOLO DIACONOAuthor(s): Dante BianchiSource: Aevum, Anno 35, Fasc. 1/2 (GENNAIO-APRILE 1961), pp. 150-166Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/20859384 .

Accessed: 15/06/2014 11:44

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DA GREGORIO DI TOURS A PAOLO DIACONO

Se b vero, come h vero, che il nostro sapere, il nostro conoscere si configurano

storicamente, cioe in una successione, nella quale dal piu semplice si trascorre al piu complesso, non apparira del tutto fuori di luogo il titolo da me assegnato alle pagine che seguiranno, poiche a me interessa mettere in luce che Paolo diacono rappresenta un notevole progresso nella concezione della storiografia, rispetto allo storico della eta merovingica, piu elementare e teso a ricordare gli awenimenti delle persone e

dei paesi che meglio conosceva per esservi soggiornato. Anche gli interessi che muo

vono Gregorio sono meno estesi di quelli di Paolo diacono, che rivolge l'occhio alia storia della chiesa, del suo popolo, dell'impero di oriente; quando invece Gregorio si interessa di Tours, di Parigi, della Chiesa cattolica specialmente della citta che lo ebbe vescovo, ultimo di una serie che alia fine della sua cronaca riepiloga, quasi che nelle pagine precedenti non ne avesse trattato piu che a sufficienza. Paolo diacono

ha anche qualche po' di interesse per la cultura laica, quando invece Gregorio ricorda le opere dei vescovi e dei religiosi, cio che e pure notevole, ma univoco, tanto piu che la letteratura religiosa ha un campo limitato, pure essendo utile alia conoscenza de

gli interessi culturali del tempo. Lo stesso Gregorio entra nel novero degli scrittori ecclesiastici per le sue opere minori; ma chi legga con attenzione la sua Historia deve confessare che Pinteresse religioso vi e predominante, seppure non esclusivo. Direi

anche che la compilazione di Gregorio ha meno pretese di quella di Paolo diacono, perche si rivolge piuttosto agli umili che ai dotti, se dobbiamo assegnare valore posi tivo alia sua dichiarazione di scrivere nel latino corrente e sgrammaticato, che lo ren

deva accessibile a tutti, anziche in una lingua dotta e grammaticalmente e sintattica

mente corretta. La sua precisa dichiarazione non ha bisogno di commento e giustifi chera quanti spropositi le varie edizioni critiche o non critiche gli attribuiranno.

Mi si potrebbe obiettare che si tratta di due storici di paesi diversi; pero, rispondo io, di origine germanica ambedue, ma Puno posteriore alPaltro, e l'uno conosciuto

dalPaltro, che se ne valse nella sua Historia Langobardorum. Cosa comune e che le

opere che si vengono a conoscere e che si studiano con vari fini esercitino il loro in

flusso, pertanto ritengo che il precedente da cui Paolo diacono si allontand debba es sere tenuto presente come modello, da cui si poteva trarre qualche notizia, ma non

imitarlo sotto molteplici aspetti, dalla correttezza del dettato alia ricchezza della in

formazione, alia molteplicita degli interessi, all'arricchimento della esposizione ed alia omissione di spunti che trovano scarso rilievo in Paolo, vistoso invece in Gre

gorio: mi riferisco in special modo alia enumerazione di miracoli di cui fa suo pasto lo storico franco in confronto al longobardo.

Chiarito questo punto, un altro mi sembra necessario sviluppare per rendere ac

cettabili le mie opinioni. E verissimo che ogni scrittore deve essere valutato per se

* Cito da Gregoire de Tours, Histoire des Francs, libri I-VI, ediz. Henri Omont, Paris, Picard, 1886; libri VII-X, ediz. Gaston Collon, Paris, 1893. Nelle citazioni la prima cifra, romana, indica il libro, la seconda il capitolo, con cifra romana se appartiene alia prima redazione, con cifra arabica se alia seconda. Per la bibliograna rim an do a Wattenbach-Levison, Deutschlands Geschichtsquellen im

Mittelalter, I Heft, Weimar, 1952, pp. 99-108.

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stesso, cioe assolutamente; ma non e meno vero che un giudizio relativo si puo sem

pre assegnare, quando si sia costretti a compiere un accostamento, il quale potra si risolversi in un duplice ritratto, e pur tuttavia consentira sempre di individuare la personality piu ricca rispetto alia piu povera, la mente piu aperta al confronto della

meno. Anche i prodotti dell'intelletto subiscono un processo evolutivo dal poco al molto, e chi prendesse ad esaminare con quale consapevolezza e ricchezza di metodo

e di informazione si conducono oggi le edizioni rispetto a quello che si faceva qualche decennio fa, dovrebbe riconoscere che la filologia ha compiuto progressi e si e imposta soluzioni di problemi di varia natura che tutti hanno contribuito all'amnamento del metodo e quindi al perfezionamento dei risultati. Si puo fin d'ora affermare che le idee del Pasquali e del Barbi non rappresentano piu il non plus ultra, perche gia si avanzano il Branca e il Contini, oltre ai romanisti.

Cominciamo intanto a dire che la Hist. Lang, e molto meno personale di quella di Gregorio, il quale si compiace di inserire una discreta quantita di awenimenti in cui egh prende parte piu o meno notevole. Ed h anche vero che nel complesso il rac conto di Gregorio presenta la persona e lo stato d'animo dell'autore con un rilievo

che Paolo diacono non acquista mai, mantenendosi piu distaccato dalla materia che

sviluppa, anche perche il periodo in cui egli poteva entrare come personaggio non fu scritto. Se mi si consente una supposizione, direi che molto probabilmente Paolo avrebbe potuto commentare la storia longobarda da Rachi a Desiderio, piuttosto come

uomo che la soffri che come consigliere del re o dei re, sia pure stato notaio, come oggi si direbbe, della corona. Entro mai nel numero dei consiglieri del re? E i re longobardi ricorsero davvero a un consiglio della corona? E in che conto lo tennero, se mai? Pro

blemi ai quali non e cosa agevole dare risposta. Ad ogni modo sul silenzio non si puo costruire nessun ragionamento probante. Invece la passione con cui Gregorio viene

dettando la sua storia e possibile rilevarla in piu d'un punto, dove per esempio si duole che cosi tristi al suo animo di cristiano e di presule si presentino tanti e tanti aweni

menti di una corte, che vide compiere azioni veramente preoccupanti sotto ogni ri

spetto. Si puo anzi affermare che quanto Paolo si dimostra acceso ammiratore ed esal

tatore del suo popolo, almeno per la parte di storia che egli scrisse, e purtroppo manca

la parte relativa a Liutprando, altrettanto invece Gregc. io denuncia le colpe e le man chevolezze della sua gente, o, per meglio dire, dei re in continua discordia, ant ago

nismo, sospetto e tradimento reciproco. Questo e il motivo precipuo per accettare

l'opinione di chi nega Fesistenza di una epica merovingica, quando invece Paolo ci

presenta piu di un punto in cui si rileva un principio di epopea, nato pero quasi morto

(ma che qualche leggenda potesse manifestarsi diro piu avanti). Nonostante quanto ho sopra asserito, non sara possibile negare che l'opera di

Gregorio, proprio perche molto personale diventa un repertorio prezioso, che ci in

troduce talora nei segreti della politica regia ed ecclesiastica, con vivezza e soltanto col dubbio che il racconto sia in tutto e per tutto sincero, e soprattutto spassionato.

Con che animo scrive Gregorio? Nella prefazione osserva che nelle citta della Gal

lia era in piena decadenza lo studio delle lettere e della poesia sicche andavano per dute le notizie di ogni specie, ma piuttosto brutte che belle (di violenze, di spoglia zioni, di tradimenti) che pure meritavano di essere ricordate da qualche peritus dia*

lectica in arte grammaticus, qui haec out stilo prosaico aut metrico depingeret versu, dove non si dovra necessariamente pensare a poemi di tipo cavalleresco. Si accinge a

tale incarico Gregorio, convinto dall'esperienza che philosophantem rhetorem intelle

gunt pauci, loquentem rusticum multi. Osservazione preziosa, perche dimostra che in

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Gallia si era gia molto avanti nel passaggio dalla lingua latina, al volgare, col quale soltanto era possibile essere intesi.

Scopo di Gregorio, da tenere ben presente e di trattare bella regum cum gentibus adversis, martyrum cum paganis, eclesiarum cum hereticis, al quale proposito Grego rio terra fede in tutto il suo lavoro, immettendovi anche varie altre materie, su cui mi fermero. Naturalmente dopo la sua dichiarazione di chieder venia ai lettori si out in litteris out in syllabis grammaticam artem excessero, de qua adpaene sum imbu tus, non faro alcun cenno delle cose, veramente singolari che si leggono nelPopera di Gregorio, il cui latino del resto fu gia materia di amplissima indagine. Conta, se

mai, che Gregorio fa la sua professione di fede cattolica riportando il Credo, quale fu steso dal concilio di Nice^a (I, pp. 4-6).

Per Comprendere da quale animo fosse mosso Gregorio sara da tener presente

qualche sua dichiarazione: nel 1. IV, cap. XXXV: Dolorem ingerit animo ista civilia bella referre; la spogliazione del cadavere di Teodeberto did dolor est, e in V all'inizio: taedit me bellorum civilium diversitdtis, que Francorum gentem et regnum valde pro terunt, memorare. Ricordava san Matteo (24, 8), le guerre civili di Roma, e per con

trapposto i meriti di Clodoveo, quando invece i successori ne erano degeneri: Unum vobis deest, quodpacem non habentes, Dei gratiam indigetis. Quur unus toilet alteri suum?

Quur alie concupiscit alienum? Consigliava che spiritus concupiscat adversus camem, et vitia virlutibus caedanU Qui non parla soltanto Puomo di religione, ma anche uno che vede con sgomento il degenerare di una stirpe e le terribili conseguenze delle di scordie familiari. Al che contribuisce anche Pintroduzione al libro secondo, dove Gre

gorio afferma di volere intessere la sua storia su due fill conduttori: quello della reli

gione e Paltro delle rovine subite dai popoli. Interessa conoscere anche donde Gregorio trasse ispirazione al suo lavoro. La

6ciamo stare la Bibbia, citata ad ogni passo, tanto piu che nella Historia si hanno di

squisizioni teologiche riportate con frequenza e persino una certa prolissita; ma (p. 6) nos scribtorum supra memoratorum exemplaria sequentes, si varra di Eusebio, san

Gerolamo, Vittorino, Orosio (e poteva essere diversamente?), ma anche di Severo, Sidonio e di alcuni altri minori, tra cui Paolino. Nel cap. XXXI del X. fornisce il

catalogo delle opere da lui composte, scritte stilo rusticiori, lasciando tassativamente

espresso che le sue opere restino quali le ha composte, ne si osi mutilarle o correggerle, anche se avessero da capitate in mano a chi conoscesse le arti del trivio e del quadri vio; pur consentendo che se ne potesse trarre materia per comporre poesie, la quale idea non ci deve un'altra volta indurre nella tentazione di credere che in Gregorio si

rinvenga materia epica. Alle altre sue opere, specialmente vite di santi, sono frequenti i rinvii, ma anche (IV, VIII) vi si legge un pensiero di Sallustio; (V, 8) un rinvio a

Fortunato; (X, XXXI) un richiamo a Paolino. Scrittori ecclesiastic^ ma che rivelano una certa cultura in Gregorio, seppure egli sia convinto di scrivere in latino rustico. Pero nonostante i tre libri di Severo su san Martino, ne ritesse una lunga vita, perche lo am6 di amore sviscerato.

Da quanto si e detto potrebbe sembrare che la coltura di Gregorio non si esten desse oltre gli scrittori ecclesiastici, dal momento che anche le sue opere furono sol tanto di materia ecclesiastica; alia quale asserzione si opporrebbe la citazione da Sal lustio. Devo aggiungere che da qualche frase si ricava che Gregorio conobbe anche

Virgilio, il che non deve fare meraviglia, anzi la produrrebbe il contrario, ove si ram menti con quanto favbre e fervore furono lette le opere di Virgilio durante il medio evo, alto e basso. Aggiungefo anChe che Pindugid con cui Gregorio ci presenta i sin

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goli personaggi, procurando di definirli nei pregi e nei difetti risale per lo meno alia Historic Augusta, per tacere proprio di Sallustio.

Che la religione sia alia base ed alia cima del pensiero di Gregorio e possibile confermare in varia maniera. Degli imperatori romani ricorda quelli che esercitarono

le persecuzioni contro i Cristiani; la chiesa (p. 7) inter fluctos et scopulos huius saeculi transiens, nos ab imminentibus malis materno gestamine fovens, pio amplexu ac protec tione defendit. Nella introduzione al III, I: contrappone Ario condannato all'inferno, ad Ilario che gode in paradiso; e recisamente asserisce che Clodoveo, professando la

religione cattolica, pote estendere a tutta la Gallia il suo dominio, quando invece era all'inferno Alarico, eretico e miscredente: infatti: Dominus se vere credentibus, etsi insidiante inimico aliqua perdant, hie centuplicata restituit. Da Orosio, il cui in flusso si osserva molto nei II, I, deriva a Gregorio l'opinione che le vittorie sono frutto delle preghiere e dell'intervento divino, oppure anche di santi uomini. Con siffatta asserzione il merito degli uomini si riduce a ben poco; la potenza di Dio si estende all'infinito. Quando Attila assedia Orleans, Ezio che sopraggiunge (I, pp. 39-40) ot tiene la vittoria per merito del vescovo della citta, e di continuare a vivere a causa delle preghiere che alzava a Dio la moglie in tutte le chiese di Roma. Nei cap. XXVII del 2? 1. Dio ripete il miracolo delle mura di Gerico, facendo crollare quelle di una citta assediata da Clodoveo in eius contemplatione; ed al XXVIII del medesimo 1. si spiega la fortuna di Clodoveo eo quod ambularet recto corde coram eo et faceret quae placita erant in oculis eius. Durante la guerra contro gli Alamanni Clodoveo fu costretto ad abbracciare la religione cattolica, col qual mezzo ottenne che i nemici che stavano vincendo fuggissero, o gli si sottomettessero. Clodoveo (c. XXI-XXII del 2? 1.) al battesimo procedit

novus Constantinus ad lavacrum, oltre che la sua vittoria ricorda

l'imperatore romano al ponte Milvio. E quando nei c. XXXI del 3? 1. Gregorio discorre di un avvelenamento, asserisce che invocando la Trinita, egli renderebbe inoperoso il tosco, ove gli fosse propinato. Nei 1. V c. XXVII si dice che Chilperico ignorava

patrationem victuriarum in manu Dei consistere, che e Orosio schietto schietto. Bastano

questi riferimenti per convincersi quanto sull'animo e sulla mente di Gregorio operasse la religione, la quale pero non gli impedisce di rivelare il marcio della chiesa e degli ecclesiastici, su cui brevemente mi fermefd. Accanto a questo motivo dovro collocare

gli urti tra potere politico ed ecclesiastico, e i miracoli, che troveranno qualche ac

cenno accanto ai prodigi. Naturalmente ci sara anche qualche accenno ai diavoli#

A partire dal primo punto si deve dichiarare che Gregorio non nasconde la ve

rita, e neppure attehua le colpe, siano pure degli ecclesiastici. In VI, XXIX denuncia che a una battaglia prendono parte anche due fratelli, ambedue vescovi, i quali ar mati di scudo e corazza uccisero molti con le loro mani, quod peius est. Su questi due vescovi ritorna in VI, 20 e ivi in XX, ricordandone i vizi, che, oltre al resto, furono

processati per lesa maesta e tradimento, tuttavia riuscirono a evadere dalla prigione in cui erano stati rinchiusi. In VIII, XVIIII, a proposito di un sacerdote ucciso dal

marito della ganza ammonisce i chierici a guardarsi dall'infrangere i sacri canoni. Pero cita anche vescovi provvisti di moglie (e che moglie, cfr.VIII, XXXIX)! In IX, XXXIX si accenna a un altro scandalo per la fuga da un monastero di alquante mo*

nache, ribelli alia badessa, e che non si riesce a ridurre alia ragione. In X, XV accuse ancora contro una badessa. Del resto accuse contro i superiori ecclesiastici sono ricor

date piu di una volta: ne e vittima Gregorio stesso (VII, XXII) ed ancora in V, 48-9. C'e pero qualche ammonimento di Gregorio contro i persecutori degli ecclesistici

(come awiene in V, 36), perche essi sono protetti da Dio e provocano la vendetta divina contro chi li opprime. Non parliamo delle questioni per la nomina dei vescovi,

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o per effetto o sospetto di simonia o perche non rivestiti di ordini religiosi, o per ef fetto di protezioni (cfr. IV, 6-7 e V, II) quando si assegna la carica a un ubriacone, epilettico, crudele; (ivi, 15; VI, 39, e 35; VIII, 39); dove anche si ritorna sulle accuse contro il proprio vescovo da parte dei suoi sacerdoti. Assai peggio cio che in X, XIX si racconta delle falsificazioni del vescovo di Reims Egidio; e X, XXVI. Ci sono anche

religiosi ladri (VI, 43) e in V, CXXIII si parla delle spogliazioni dei monasteri e delle

persecuzioni: fuit tempore illo (di Chilperico) peior in ecclesiis gemitus quam tempore persecutionis Diocleciani; inoltre in X, XII in cui Bertegunda con malizia spoglia il monastero arricchito da sua madre. Poco contano i miracoli contro gli spogliatori dei monasteri (IV, 48). Terminiamo questa succinta rassegna con due episodi: quello del vescovo milanese Epifanio, che fuggito dai Longobardi viene chiuso in carcere

per sospetto di tradimento e in carcere post multa supplicia obiit (VI, XVI) ancorche riconosciuto innocente. L'altro nel medesimo libro, al cap. XXII, riguarda la buffo

nesca fuga del vescovo Egidio, contro cui si scaglia il popolo per ammazzarlo, come

istigatore di una guerra fratricida. Per sua fortuna possedeva un cavallo, con cui

si sottrae alia lapidazione ed alle insolenze della plebaglia. Nessuno dei compagni riusci a tenergli dietro, anche perche la paura fu tanta, che caligam de pede lapsam allegare non curaret. Gregorio qualche volta si diverte.

Notevoli sono gli urti dal potere politico e del religioso. II re Clotario ha paura del vescovo Iniuriosus, che si rifiuta di versare al fisco il terzo delle rendite (IV, II); Gregorio stesso con coraggio si oppone a re Chilperico; Gunteramno investe di rimpro veri alcuni vescovi che gli si erano mostrati avversi, e che erano venuti assumendo

una potenza sotto diversi rispetti preoccupante (VIII, II); ed e ancora lui a cercare di ridurre aU'obbedienza altri vescovi, che si accusano a viccnda (VIII, VII), e in V, XXXII b ancora Gregorio ad opporsi a Chilperico, che intendeva legiferare in pro blemi religiosi.

Siamo ai miracoli, di cui Popera di Gregorio ridonda, dimostrando nell'autore una credulita che in qualche momento diventa sconcertante. Ce n'e per tutti i gusti, come del resto era necessario avvenisse se egli fu autore di libri septem miraculorum.

La verita e che Gregorio non soltanto indulge al meraviglioso ma in esso e di esso

nutre la mente e la fede, con una docilita a credere, la quale h veramente meravigliosa. Delia quasi infinita serie io riporterd alcuni degli esempi tipici, I ladri, o che cre

dano di essere furbi (II, XXVII), o che si illudano di farla franca, sono abitualmente

puniti (III, XII) come succede ad alcuni soldati del re Teodorico, i quali dopo aver

saccheggiato la basilica di san Giuliano, presi spiritu immundo infectis dentibus pro priis se morsibus lacerant anticipando Filippo Argenti. Leone del Poitou resta sordo muto e pazzo (IV, X). Similmente avviene in VII, XXXV. Durante un temporale, per motivi diversi, ma col medesimo risultato in X, XXIX e in III, XXVIII avviene che Pacqua cade a rovesci su coloro che devono scontare qualche colpa, lasciando al

Pasciutto quelli che sono protetti da Dio per intercessione di qualche santo. Note vole III, XXIX dove si assiste a una processione di assediati, fra cui le donne ve stite a lutto, i quali commuovono gli assedianti che abbandonano Pimpresa. Natural

mente c'e l'intervento di san Vincenzo. Alia morte di sanMartino (I, XXXV) ci fu chi udi il canto di chi lo accompagnava in cielo. Questo e il santo di cui Gregorio era piu innamorato, che tanti miracoli aveva compiuto che egli

non pote raccontarli tutti,

que sequi longum putavi (VIII, XVI). In II, XXII cita anche il furto compiuto a danno di Sidonio che rimase senza il fascicolo delle prediche, e tuttavia egli predico quasi fosse stato un

angelo. Frate Cipolla era di statura diversa. Un miracolo mirabolante

procurato da ? fimbriis ? del re in IX, XX; apparizioni in X, XXIV; una risurrezione in VII, I; salvazione in VIII, XIV; e in V, 6 un doppio miracolo: un tale ammalato

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di cataratta aveva riacquistato la vista per grazia divina; pero quando si rivolge a un ebreo la riperde perche quando caelestem accipere meruerit medicinam, terrena non

requirat studia. Completero questa parte con la dichiarazione di Gregorio che nel 1? libro confessa con tutta naturalezza che nel mar Rosso si vedono ancora le carreg

giate delle ruote dei veicoli al seguito di Mose; e aggiungero che egli riteneva che i battezzati senza peccato di carne muoiono all'ora prima, alia terza chi si converte

tardi, alia sesta i lussuriosi.

Fin dal tempo degli storiografi piii antichi esistette Fabitudine di inserire nel

proprio racconto notizia o di prodigi celesti o di alcuni fenomeni strani, come di ani mali anomah venuti alia luce. Questi ultimi casi in Gregorio non esistono; pero, se

negli antichi quei presagi si espiavano, per Gregorio essi sono preannuncio di grossi guai: morti, stragi, cataclismi, rovine, epidemia. Naturalmente devono essere consi

derati un segno premonitore della volonta divina. Non mancano neppure i fenomeni

meteorologici o astronomici, come eclissi, aloni, offuscamenti di sole o di luna; fio riture fuori stagione, battaghe di schiere di locuste, comete, e infine anche sangue da un pane spezzato. Cosi viene presagita la morte di Meroveo (V, XI). Ometto Fin dicazione di tutti i passi, che basta leggere Fopera ad apertura di libro.

In mezzo a tanta bonta divina, che cerca tutti i modi di avvertire i mortali, non

mancano neppure le opere diaboliche. II pensiero della vedova di Teodorico di avve lenare la figlia che era scappata con uno schiavo, ricorrendo al calice da cui si sarebbe

comunicata non est dubium esse a parte diaboli (III, XXXI). In IV, XXVI per isti

gazione diabolica Palladio si trafigge il torace da parte a parte, tuttavia riesce a pro curarsi un'altra ferita della medesima specie, ma prima eum plaga interficere potuit, si non diabolus sustentaculum praebuisset. Ed ecco una amara costatazione in VIII, XII: et licet demoniis credi non debeat, tamen qualis esset sacerdos, de quo hec demon condolens declamabat, apparuit. Ed alia fine (X, XXV) una vittima del diavolo, che comunica ogni genere di buone qualita. II protetto del diavolo finisce per essere uc

ciso, pero in Gallia molti ne seguirono Fesempio, ancorche colui chiamandosi Cristo fosse un Anticristo, e la donna che con lui era stata fosse chiamata, insozzandone

il nome, Maria. Ebbero assai seguito costoro, che erano due emeriti imbroglioni. Piu

aneddoti che storia.

Si ha qualche scarso cenno ad opere magiche: in IV, XXII gli Unni, tornando in Francia magicis artibus instructi, diversas fantasias ostendunt in tal modo accappar randosi la vittoria. In V, VIII Gregorio riconosce falsa esse quae promiserant arioli.

Tra gli altri mezzi che nel medioevo chiarivano il futuro c'erano i sogni. In IV, 33 Sunniulfo da un sogno e informato che i sacerdoti, dopo morti, devono passare su di un ponte, da cui precipitano i cattivi pastori, quando invece i buoni vi transi

tano tranquillamente entrando poi nel palazzo che sorge di fronte (come in san Gre

gorio Magno). In VII, XXII Gregorio ha in sogno un alterco col re Gundramno.Quel sogno ebbe elementi di verita. In VIII, XXXIII una donna, ispirata da san Martino, ha in sogno il presagio di un incendio. Nel 2? cap. del medesimo libro Gregorio ed il re hanno addirittura una visione, che preannuncia la morte del re Chilperico. A que sti racconti possiamo mettere accanto il racconto di I, XXXII, in cui si viene a sa

pere che per ultio divina Fimperatore Valente si ritira durante la sua fuga in una ca

panna, dove muore bruciato. Invece le reliquie di san Martino valgono a salvare dal

Faffogamento e Gregorio e il re alia confluenza della Mosella e del Reno, essendo la nave su cui erano saliti stata in procinto di capovolgersi perche troppo carica.

Se noi conosciamo la teoria delle ? sortes Vergilianae ?, ecco che i testi sacri le offrono alia loro volta in IV, X e V, 48-49.

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156 D. BIANCHI

Altre spigolature si possono venir facendo riguardo alia etiologia, alle vendette, alia generosita, alia intolleranza e indisciplina, alia giustizia, alia boria della nazione od alia denigrazione di altri popoli. Con queste indicazioni porro fine aUa prima parte della mia indagine. Cominciando dall'alto, in VII, XXXIII Gregorio ci informa sulla cerimonia con cui il re vivente sceglieva il suo successore; e in VII, XXXII a quali contrassegni si riconoscevano gli ambasciatori. Assistiamo anche al battibecco fra

il re Gundramno ed alcuni ambasciatori (VII, XIIII) che ribattono irriverentemente e audacemente al re, il quale,ai suoi contradditori che partivanb fa rovesciare addosso stereo equino ed altre simili sozzure, come uso il re Amalarico alia consorte, quando essa si recava, essendo cattolica, a pregare. Troviamo anche discorsi di sovrani al

popolo, e quest'ultimo che prega per il proprio sovrano (IV, XXXVII; VII, IV-VIII in cui il re Gundramno non fa bella figura; e ancora VII, XXXVI) invece in V, VIIII i Sassoni, dopo la sconfitta, detestati sunt, nullum se eorum barbam neque capillum incisurum, nisi prius se de adversariis ulto irent. Abitudine che non fu dei soli Sassoni, e che nei tempi antichi fu caratteristica di chi portava e voleva dimostrare un grave lutto. Tra gli usi mette conto di ricordare il sistema invalso per passare i fiumi, ci tato in III, XV e IV, XXIII. Notevoli, cotesti due passi, perche confermano quanto gia si leggeva in Livio a proposito del passaggio del Rodano da parte delle truppe di

Annibale,che si accoccolavano sugli scudi affidandosi quindi alia corrente. Anche bat tibecchi ci presenta Gregorio, in cui sono implicati anche i re, come s'e visto pure a

proposito delle discotdie fra potere politico e religioso, lamentandosi fra Paltro Chil

perico (V, XXXIII) che i vescovi erano troppo potenti e troppo ricchi. Da unire ai

precedenti, i motivi di intolleranza e di indisciplina. Ecco le lodi di Gregorio al re Gun tramno, esaltato in tutte le lingue, fra cui anche la ebraica, perche aveva dichiarato che non avrebbe ricostruito la sinagoga. 0 regent admirabili prudencia claruml Sic inteltexit dolositatem hereticorum, ut ei penitus non valerent subripire que erant post* modum suggesturi. Rispetto alia indisciplina, bastera affidarsi alia parola di Childe berto, alia fine della spedizione per la conquista della Settimania, che non ebbe sue

cesso. Si puo premettere che ogni qualvolta fu raccolto un esercito, durante la Sua

marcia di trasferimento pagarono per tutti le popolazioni taglieggiate in ogni maniera che si trovavano sul suo cammino. Anche questa volta si era ripetuto lo scandalo, tanto che Gregorio asserisce che memorare perlongum sit tutte le malefatte dell'eser

cito e nella Gallia e a Carcassona. II re addossa l'insuccesso alia cattiva condotta, ma

ribattono i duchi che non esiste piu alcuna disciplina, alcun ordine, alcun rispetto. Contro ogni tentativo di ristabilire la disciplina scoppiano ribellioni. II che non pare da mettere in dubbio, se si pensa a tutti i tradimenti meditati e perpetrati onde e

zeppo il raccohto di Gregorio (III, XIV; III, VIII; III, XXII e XXVII tanto per li mitarci alle segnalazioni di tin solo libro). Con questi le vendette (III, VII), le vio lenze (IX, XXVIII; X, XXXIV), la ferocia (V, XI; IV, XXV), per cui Levieldo uc cide omnes illos qui reges inter enter e consueverant, non relinquens ex eis mingentem ad

parietem, cioe un bimbino; e subivano spaventose torture quelli che contrawenivano ai voleri del re, dimostrando che Galeazzo Visconti sarebbe stato in materia poco piu di un principiante. Adulterii se ne verificavano molti, anche per opera dei re. Sara da leggere (IV, XXXII) la vendetta contro Andarco e i suoi non minus somno

quam vino sepulti, frase virgiliana, la quale vendetta anticipa l'incendio procurato da Margutte alToste derubato. Ancora V, XXIX la regina* ordina che una donna

prestatasi ai passatempi del re Clodoveo absciso sude impositam defigi ante metatum

Chlodovechi, il qual racconto, messo accanto a quello di Romilda, significa che tra le popolazioni del medioevo impalare le donne non era gran motivo di rimpianto. Fermiamoci a questo punto. Questo avveniva alle mogli, ma i mariti? In IV, III si

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DA GRECORIO DI TOURS A PAOLO DIACONO 157

narra che Clotario ebbe tre mogli, di cui la prima, Ingunde, gli fece un discorso, dopo il quale il re ando a trovare la cognata, sorella della regina, prendendola anche in

moglie, della qual cosa furono contenti tutti e tre, perche anche la regina non disap prove). Veramente costei aveva pregato il marito di trovare uno sposo degno per sua

sorella; al ritorno il re ritenne e dichiaro di averla soddisfatta, perche, qual piu adatto marito poteva trovare di lui stesso? Quod tibi displicere non credo. Danno e beffe. An che questa storia avrebbe qualche riscontro con Candaule e Cunincpert con Teo dote, ma la morale e che conviene non indurre in tentazione. Ricordiamo anche (V,

II) il matrimonio tra Meroveo e Brunechilde, biasimato perche contra fas legemque canonicam uxorem patrui accepisset

non senza un precedente, delPimperatore Claudio e di Agrippina. Naturalmente qualche atto di giustizia non manca (III, XXXVI) riguardo alia morte di Partenio, ingordo e afflitto da un difetto fisico per il quale sfia tava in pubblico; a proposito di Caregiselo si avverte (IV, XXXVI) che, dopo i suoi reati, talis fuit vitae exitus, ut non mereretur voluntatem propriam mortem imminente

complere, qui aliorum voluntates sepae distruxerat. II giorno prima di assalire Pecta vus, Roccolenus animam reddidit; et sic superbia tumorque quievit, che non e una brutta

espressione, che anzi fa quasi intervenire Dio a troncare disegni funesti. In VIII, X il cadavere il Clodoveo, assassinato, viene ritrovato in una rete di pescatori! Sentiamo

l'ultima sentenza che pud giovare a conoscere con quali criteri si amministrasse al

lora la giustizia. Riporto una sentenza del re Childeberto: (IX, XXXVIII) Chri stiani sumus; nefas est enim vel criminosus ab eclesia eductus puniri. II diritto di asilo andava oltre la cerchia dei luoghi sacri.

Basteranno poche altre citazioni. Gregorio sentiva la boria del suo popolo. In II, XXVI afferma: Multi ex Galliis habere Francos dominos summo desiderio cupie bant. Al cap. XXVIIII del 1. 1? si rimpiangono i monumenti esistenti in Francia di strutti dagli Alamanni durante la loro invasione; al contrario in II, XXVII cum se cundum consuetudinem Gothi terga vertissent Clodoveo ne riporto la vittoria Domino adiuvante. E in II, XVII si insiste che Gothorum pavere mos est. Sempre sui Goti (III, XXX). Sumpserant Gothi hanc detestabilem consuetudinem, ut, si quis eis de regibus non placuisset, gladio eum adpeterent, et qui libuisset animo, hunc sibi statuerent regem.

Dird da ultimo che il racconto di IX, XXXI, secondo sui i Franchi sono scon fitti dai Goti, perche lasciatisi sorprendere mentre mangiavano imprevidentemente, ha una lunga serie di riscontri antichi e moderni.

* * *

La Historia di Gregorio, si e visto, quanto esalta, quando li esalta, i religiosi, altrettanto e facile a raccogliere critiche e biasimi contro ogni specie di persone, tanto che la parte civile e politica e tutt'altro che esente da biasimi, fino ad addolorare

ripetutamente lo scrittore costretto a vergare pagine in cui non e'e traccia di esalta

zione. E questo e innegabilmente un pregio del narratore, cui la boria nazionale non fa velo, anche se di quando in quando essa si fa avvertire. Lo stesso rilievo deve es sere ripetuto a proposito dei re merovingi, su cui pesa la mano di Gregorio, che non ne tace i gravi difetti. In II, XVII Clodoveo richiede che dal bottino gli venga asse

gnato un orcio. C'e chi protesta e glielo nega, anzi lo spezza. Clodoveo inghiotte, come un piii tardivo re Carlone qualunque. Perd si vendica, durante una rivista alle armi indetta proprio a quel fine, e Poffensore ha tagliato il capo con un pretesto neppure troppo coraggioso, anzi subdolo. Personality contrastante Clodoveo, ammirato da

Gregorio, anche se (II, XXXI) e introdotto a dolersi della sua solitudine, priva di chi potesse aiutarlo, sed hoc non de morte horum (i parenti) condolens, sed dolo dicebat, si forte potuisset adhuc aliquem repperire, ut interficeret. Convertito, prediletto da Dio,

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158 D. BIANCHI

pero anche fornito dei piu. gravi difetti. In III, XVIII Childeberto e Clotario sono

rappresentati nella loro fellonia e ferocia, cui contrasta la regina Crodechildi, la quale e vittima delle sue stesse parole che consentono agli altri due di ucciderle i figli. Beffe da averne orrore. In IV, IX inutilmente Clotario si oppone ai suoi che vogliono com

battere contro i Sassoni, da cui sono in effetto vinti.Tocca a Clotario chiedere la pace: anticipo in Gallia di cid che in Italia capitera a Berengario, che pero agi di testa sua. In IV, XXXIV Sigeberto addormenta con buone parole i parigini, maltrattati dalle

popolazioni d'oltre Reno, che il re non era riuscito a debellare; pero successivamente

multos ex eis lapidibus obrui praecepit. Rauchingus (V, III), si rallegrava delle altrui sofferenze. Fece seppellire vivi due giovani, sorprendendo il sacerdote che li aveva

accolti, dichiarando che non li avrebbe mai separati, neppure in eterno. Mantenne

la parola propagginandoli. Beffe, ma di che genere! II re Gunteramno (V, VIII) in periuriis nimium praeparatus erat, verumtamen

nulli amicorum sacramentum dedit, quod non protinus obruisset. In VI, XXXIII si legge. Chilpericus, Nero nostri temporis et Herodis. Ne sparla senza risparmio, anche delle

poesie, scritte senza tener conto della prosodia, cosa che era gia tradizionale nella poe

sia latina, da Commodiano agli inni cristiani. Rincalza al cap. XXXII del libro pre cedente, dove condanna anche le sue riforme ortografiche. E basti, per aggiungere soltanto che anche sotto il rispetto guerresco i Merovingi non furono eccellenti. Contro

i Goti, si e gia visto, non ebbero alcuna fortuna, anzi subirono ripetuti insuccessi e

sconfitte. Non diversamente avvenne con i Sassoni, cui pure accennai, e con i Bri

tanni: bastera rinviare a IX, XVIII e X, VIII. Rispetto ai Longobardi, sara da di scutere alquanto. Fino ad ora si e percepito piu il silenzio del tradimento, che quello delle armi, ne si e presentato un vero eroe nazionale. Fa una certa eccezione Gun

teramno Bosone (IX, X) che muore eroicamente, tuttavia per tradimento. Un canto

poteva anche essere composto, perche il tradimento puo rendere piu pregevole la

morte, ingiusta, di un eroe. Similmente nel medesimo libro (XII) Ursione, ferito a una gamba e abbattuto, nonostante sia prostrato a terra, vende cara la sua morte.

Anche riguardo a lui, un canto celebrativo sarebbe stato possibile. Talvolta la morte

ha piu splendore di una vittoria, se trovi il poeta che la sappia celebrare.

Vediamo i rapporti con i Longobardi, i quali rapporti abbracciano un assai li mitato periodo di tempo, non procedendo oltre il secolo VI, se la morte di Gregorio awenne nel primo quinquennio dell'ultima decade, e la sua opera fu ultimata intorno

al 591, sicche non si va oltre il regno di Autari, cioe oltre il primo venticinquennio del dominio longobardo in Italia, tutt'altro che esteso a tutta la regione. Nel VI 1.

al cap. XXVIII si cita una spedizione in Italia di Childeberto, cui i Longobardi si sottomettono, facendogli regali e senza combattere. II riferimento e assai vago. Nel

IX 1. ai capp. XX e XXIX si accenna ancora a due spedizioni contro i Longobardi, le quali non ebbero alcun esito, anche perche un potente correttivo e fornito dal cap.

XXV, in cui si racconta che Childeberto incito Pimperatore di Costantinopoli a cac ciare gli invasori dalPItalia, impresa che poi condusse da se Childeberto, pero tanta ibi fuit stragis de Francorum exercitu, ut olim similis non recolatur. A questa si puo credere di piu, perche brucia raccontare le sconfitte. Ed e ancora Childeberto (X, III) a tentare una nuova spedizione contro i Longobardi, per debellarli. Si tratta di venti duchi di cui si tace in buona parte il nome. Brutto segno. La guerra e le spoglia zioni cominciano in Gallia prima che in Italia. I nomi delle localita dove sarebbero avvenuti i combattimenti: Bilicionem, Campis caninis, lo stagno Ceresio fanno assai

dubitare della esattezza della informazione, ancorche sia citato Milano, se quelle localita sono piuttosto svizzere che italiane. I longobardi fuggono lasciando ai nemici il proprio accampamento. Avviene un patto con Pesercito imperiale, che sarebbe

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DA CREGORIO DI TOURS A PAOLO DIACONO 159

arrivato entro tre giorni, comunicando il proprio giungere mediante una colonna al

tissima di fumo. I Galli non la videro neppure al sesto giorno. II re franco si da da fare per avere ragione del nemico, tuttavia la dissenteria abbatte l'esercito. Tornata

con la buona stagione la salute, i franchi non riescono in tre mesi a combinare nulla,

perche i Longobardi si erano rifugiati in localita inaccessibili, e il re a Pavia. Necessity

per i Franchi di tornarsene al qual uopo sono costretti a vendere quanto possede vano per potersi cibare. Aptacharius, cioe Autari, manda un messaggio, ripetendo la sua sudditanza ai Franchi, come avevano fatto i suoi antenati, e proponendo di

vivere in pace, perche i comuni nemici non si rallegrassero. Sopraggiunge anche in

sieme con la Jettera, la notizia della morte di Autari, ottima indicazione per determi nare press'a poco il tempo a cui giunge Gregorio col suo racconto. A parte che la let

tera di Autari non pud essere che falsa, perche non ci si dichiara soggetti a chi non e riuscito ad assoggettare, resta che questa spedizione, da cui galleggiano soltanto i nomi di Odovaldo, Olo e Chedino, non ha nulla di glorioso, anzi si risolve in un insuc cesso, se alia fine gli invasori non hanno neppure piix la possibility di rubare e spogliare, essendo invece costretti a comprare i viveri. Condizione che non si verifica mai con

un esercito vittorioso. Resta percio soltanto un personaggio che poteva in qualche momento suggerire se non ispirare un canto epico: alludo a Mummulo o Eunio.

Di questo personaggio, di non comune fortuna e audacia, la storia e narrata in

parecchi punti, che esamineremo brevemente. II primo accenno a fatti che si riferiscono

ai Longobardi riguarda la leggenda della morte di Alboino, avvelenato da un servo, messosi d'accordo con la regina, di cui non si da il nome, ma che si dice figlia di un re, ucciso da poco tempo da Alboino, odiato per questo dalla sua seconda moglie. Nessun accenno alia ? scala ?, e ridotto il fatto a una notizia di cronaca, tragica, non tutta

via trasformata dalla poesia o almeno da una favola che si avvicini alia leggenda. II racconto sulle gesta di Mummolo o Eunio, figlio di Peonio, segue immediatamente il precedente, nel cap. XXIX del IV 1. Era di Auxerre, figlio del conte di quella zona.

Egli si presenta al re per offrirgli i doni inviatigli dal padre e chiedere la carica paterna che ottiene. Una prima irruzione dei Longobardi e catastrofica per i Borgognoni.

Mummolo in questa circostanza consegue il patriziato. Nella successiva gli invasori

giungono fino quasi ad Embrun, dove Mummolo ne ha ragione, avendoli circondati e mediante l'abbattimento di molte piante reso impraticabili le selve. Si ripete press'a

poco Tinsidia di Arminio a Varo. Pochi sono i fuggitivi, che portassero la nuova della

sciagura in patria. Anche questa, vecchia storia che risale fino ai primi tempi di Roma.

Successivamente Mummolo sconfigge i Sassoni, distruggendoli fino a quando l'oscu

rita impedisce di proseguire nella carneficina. Era anche questa battaglia effetto di una sorpresa. I Sassoni patteggiano il loro ritorno. C'e anche la condizione che essi

tornino ad solatium Francorum, cio che avviene l'anno successivo, con una trasmi

grazione di popolo. Dal territorio del re Gunteramno, saccheggiato, si preparano a

entrare in quello di Sigeberto, se non che al passaggio del Rodano sono affrontati da

Mummolo, che li costringe a compensare i danni arrecati. Alia fine i Sassoni riescono a giungere in Arvernia, dove ingannano la popolazione icorrispondendo nelle com

pere moneta falsa. Fin qui, una vittoria sui Longobardi, una sui Sassoni, e parecchi

patti che con la guerra hanno scarsa attinenza, anche se ne siano originati. Al cap.

XXX del medesimo libro si discorre di tre duchi longobardi che invadono la Gallia,

esemplificazione probante della quasi indipendenza dei duchi dal loro re. Cotesti tre duchi longobardi battono tre vie diverse ed hanno diversa fortuna. Rodano asse

diava Grenoble. L'esercito di Mummolo trovava difficolta a guadare l'lsere; senonche nutu Dei un animale guada il corso d'acqua seguito sui suo esempio dai Franchi che sono affrontati dai Longobardi, avendone il sopravvento. Rodano ferito si ritira

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160 D. BIANCHI

sull'alto dei monti. Si riunisce all'altro duca Zaban, col quale e di nuovo affrontato da Mummolo, che stermina i nemici, di cui pochi ritornano in Italia coi loro duchi. Giunti a Susa, che dipendeva dalTimperatore di Costantinopoli, sono male accolti, e costretti a fuggire perche si presenta loro una falsa lettera di Mummolo che annun ciava di essere li accanto. Altra fuga veloce di Zaban. Non miglior sorte ebbe il terzo duca: Amo, che era riuscito a far preda in Francia, senza riuscire a trasporlarla in

Italia, per Fimpossibilita di vincere l'ostacolo dell'alta neve con tutto quel carico. Di

qualche sconfinamento di duchi longobardi in Francia anche dopo poco tempo dalla discesa in Italia non si pud discorrere come di cosa impossible, pero il racconto di

Gregorio manifesta fin oltre Pevidenza la volonta di celebrare le vittorie dei Franchi; non accuserei Gregorio di menzogna, ma piuttosto gli ambienti di corte, che vollero trasformare in grandi vittorie alcune scaramucce. Ne mi stupirei che la boria di Mum

molo avesse contribuito ad alterare ed ingrandire alcuni fatti d'arme. Centra an

che il meraviglioso nel passaggio del flume da parte di un animale, che insegna la via all'esercito cui tocchera la vittoria, espediente che trova riscontro anche in un altro

passo di Gregorio, ma nelle leggende di ogni specie ha uno sviluppo straordinario. La gesta di Mummolo ha un breve seguito. Sempre all'ordine del suo re Gun

teramno riacquista Tours, e si rivolge verso Pictavis, i cui abitanti oppressit obruit, interemit (IV, XXXI), adempiendo a un giuramento da lui fatto. Questo accenno a Tours ha molto valore, perche Gregorio vi tesse attorno la sua storia piu quasi che attorno a Parigi, sicche e da tenere presente anche questa citta; come luogo in

cui le gesta di Mummolo poterono trovare ingrandimento. Successivamente Pesal

tazione di Mummolo si affloscia: in V, VII lo si vede vincere Desiderio, condottiero dell'esercito di Chilperico; nel VII L, cap. XXVIII, si assiste a un manrovescio da lui assestato al vescovo Magnulfo, la quale azione, da Sciarra Colonna in anticipo, almeno secondo la leggenda, non dovette piacere molto a Gregorio, anche se il vio lento era fra i primi del re Gundoaldo (ivi, XXV IIII). Pero in XXXVI del medesimo libro, quando Gundoaldo e coperto conviciis et improperiis da chi lo assediava, e si

combina una specie di tradimento in cui e implicato anche Mummolo, quest'ultimo richiede al re la restituzione della cintura e della spada. II re presente il tradimento.

Mummolo chiede di aver salva la vita, pero b tradito a sua volta, e viene ucciso (c.

XXXVIIII). L'azione e comandata da Gunteramno, che si impadronisce delle ric chezze di Mummolo, le quali sono in parte donate al popolo indigente, mentre alia vedova dell'ucciso sono lasciati i beni avuti in dote dai parenti all'atto del matri

monio. Poteva svilupparsi una leggenda intorno a Mummolo? Tutto e possibile, poi che la poesia non conosce vie obbligate e da uno spunto e capace di creare anche un

poema, tuttavia nella attivita di Mummolo occorre tenere presenti due momenti:

il primo, di eroe nazionale, finisce a Tours, e troverebbe motivo di canto, che si svolge a vantaggio del reame e del re; ma il secondo b torbido ed awerso al re, con i quali Gregorio era sempre andato d'accordo anche se in qualche momento si era dimo

strato di parere contrario al sovrano, pero quando era in gioco la chiesa, mentre la

sua attivita di vescovo si esercito anche a corte. Ancora: (VI, I) la sinodo di Lione multa de fuga Mummoli ducis tractat, il qual Mummolo si era salvato ad Avignone. Anche in questo caso sono convinto che molte delle leggende si devono a intervento

ecclesiastico, mentre quando questo e awerso, o si tace o si condanna e si finisce in

bocca al diavolo, che b un'altra specie di leggenda, di perseguitato pero, anziche vin

citore. Ometto i racconti relativi ai rapporti di Mummolo con Gundovaldo, proprio

1 Gregorio fu anche consigliere della regina Ingoberga, da lei chiamato a questa carica.

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DA CRECORIO Dl TOURS A PAOLO DIACONO 161

quando il primo e ad Avignone (VI, XVI-XVIII), perche non aggiungerebbero nulla a quanto ho gia esposto.

Abbiamo visto quanto meraviglioso introduce Gregorio nel suo lavoro: meravi

glioso che per lui non e se non semplice realta e verita, poiche si tratta di miracoli

(e se avessi dovuto citarli tutti ci sarebbe voluto un mezzo volume); in compenso e assai parco dei racconti che per noi rivestono carattere leggendario o almeno straordi

nario, perche fuori del comune. In III, XV si narra il gustosissimo pellegrinare di un nipote di san Gregorio, il quale nipote viene fatto schiavo e dopo parecchie pe ripezie riesce a tornare libero, in grazia di un servo, che da san Gregorio alia fine delle avventure sara degnamente ricompensato, con un tratto di terra, oltre che con la

liberta. Racconto di vario tono, anche burlesco e grottesco. Ed anche di Childerico

(I, pp. 49 sg.) si narra la fuga, un patto con un suo servo fedele che dovra fargli co noscere quando potra tornare mediante la meta di una moneta che si sono divisi, e che costituira il segno di riconoscimento. Lo raggiunge Basina, moglie del re di Tu

ringia, che gli genera Clodoveo, e che egli sposa. Nonostante cio, Childerico in luxuria dissolutus coepit filias eorum (Galli) stuprose trahere, il che gli costo il regno. Romanzo di fuga e di amore, e di poca riconoscenza verso chi gli era stato devoto: la moglie. Un racconto edificante si legge in IX, XXVII, dove il duca Amalo viene ferito da una

ragazza che gli veniva trascinata a forza, dal momento che egli se ne era incapric

ciato, ma da cui riceve un colpo di spada, per il quale muore. Per ordine del duca viene liberata, per la pudicizia dimostrata. Racconto davvero meraviglioso, data la

societa. Una variante alia favola della volpe e del lupo nell'ovile, donde riesce ad uscire la sola volpe, e in IV, VI riferita a un serpente entrato in un recipiente di vino, da cui

pote uscire soltanto dopo avere rimesso quanto aveva ingurgitato. In VI, VI la reli

gione si mescola alia guerra. Si e al tempo dei Longobardi. Sant'Ospizio, chiuso e incatenato dentro una torre ne presagisce la venuta, ma non vuole fuggire, e sara

salvo, perche al soldato che lo minacciava con la spada dextera in ipso ictu suspense* diriguit riprendendo la sua posizione normale e mobilita soltanto per intervento di

sant'Ospizio. Qualcosa di analogo in II, XXVII a proposito di san Massenzio. E gia che ci siamo, facciamo un succintissimo accenno a III, XIII dove si racconta la con

quista del castello Involautrum, conquistato perche un prete, ucciso poi sull'altare, aveva offeso san Quinziano. Al nome di Sidonio e annessa la leggenda che due suoi

detrattori, sacerdoti, muoiono l'uno evacuando l'intestino, come Ario, il secondo come

Simone mago, fatto cadere apostoli sancti oratione ab excelsa arce superbiae, che col

tempo si trasformera in un vero e proprio volo. Simone mago e messo in relazione

anche con Nerone. E in II, XXVII troveremo ripetuta la leggenda della cerva che attraversando un fiume in piena, insegna a un esercito il luogo del guado.

Una novella che deve essere riferita anche essa all'antichita si riferisce al ve

scovo Iniuriosus gia citato, il quale con la moglie condusse vita di assoluta castita

e verginita. Scende per prima nel sepolcro la moglie, segue il marito, ma la mattina successiva alia seconda morte le due tombe si trovano riunite scilicet ut, quos tenet

socios caelum, sepulturam hie corporum non separet monumentum, II racconto e in

II, 47. Notevole la reduplicazione della leggenda di santa Cecilia, del marito e cognato, ed anche il motivo della riunione delle tombe, che avra larghissimo sviluppo. In III, XXXI Teodato ordina che la figlia sia uccisa con una ancella in un bagno caldissimo, cio che ricorda la fine della moglie di Costantino il grande. A tutti sono note quante mai leggende si vennero diffondendo sugli imperatori romani, persecutori o no della

religione cristiana. Gregorio le ignora quasi tutte. Valente (II, XXXII) muore bru ciato per ultio divina nella capanna in cui si era rifugiato. Qualcuna riguarda gli im

peratori di Oriente: Tiberio (V, XIII), cui la madre rimprovera lo sperpero delle ric

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162 D. BIANCHI

chezze da lei accumulate, se non che il liberalissimo coi mendichi Tiberio trova un tesoro, che lo compensa di tutto. Analogamente anche Narsete aveva seppellito un

vistoso tesoro, uccidendo chi aveva assistito al seppellimento, alPinfuori di un vec

chio salvatosi con giuramento. II vecchio, morto Narsete, svela il nascondiglio a Ti

berio, che cosi si arricchisce una seconda volta. E Tiberio ancora (V, XXIII) sfugge alPattentato tesogli da Giustiniano, recandosi al circo per loca sancta. Racconti che

poi si diffonderanno fino all'uggia, e che trovano in Gregorio uno dei primi novellieri, perche

o poco o tanto legati alia religione. Da quanto fino a questo punto si e detto, appare chiaro che Gregorio h e non e

amante del favoloso, se non si riferisce in modo particolare alia religione; ed anche si e avuto occasione di rilevare che dove valore e

religione non coincidono, ivi la leg

genda che si sarebbe pure potuta sviluppare non attecchisce, anzi inaridisce. II che dimostra che, mentre egli viene scrivendo anche la storia di Francia, verga quella della religione cattolica, che e il suo vero mondo, di cui si esalta, e sofire, se deve ri portare le colpe dei sacerdoti, quando invece e tanto spregiudicato nel riferire quelle dei re e delle regine. E see vero, come e vero, che da qualche episodio narrato da Gre

gorio poteva derivare un componimento poetico, di varia intonazione, potremmo an

che ricordare (IX, XIX) che, durante una discordia tra i cittadini di Tours, Sicario confessa alPamico Cramsindo di averne ucciso i genitori e usurpate le ricchezze. Cram

sindo, spegne i lumi e spacca il cranio di Sicario. Cotesta ferocia poteva pure ispirare qualcuno. Un altro esempio: (IX, XXXIV) Rigundi si lamenta dei maltrattamenti materni, che culminano in schiaffi e pugni. La madre le presenta una cassa piena di

gioielli, invitando la figlia a prenderne, scusando la propria stanchezza. Perd dato di piglio al coperchio della cassa cerca di ammazzare la figlia, perche super cervicem eius inlisit il coperchio. Le ancelle accorrono e salvano la ragazza. Conobbe il D'An

nunzio il precedente, quando compose la Fiaccola soltto il moggio? E appunto in questa direzione che si deve rintracciare la parte piu specialmente

poetica del racconto di Gregorio, parte che poteva suggerire veri poemi, pero di un

genere speciale, in cui, come nei poemi, verita ed invenzione diventassero mito. Ho

gia accennato, anche se alcuni additamenti ho omessi, alle colpe dei re, che Gregorio non tace, perche a questo proposito e molto veritiero. Se noi dobbiamo ridurre a po che parole il modo di comportarsi dei re, dobbiamo dire, che tradimenti, mancanza

di fede, guerre intestine, agguati, violenze, ferocia sono all'ordine del giorno, e in

compenso poco interesse dello stato, non eccessivo valore, macchinazioni piu che colpi di spada. Per farli diventare eroi di leggenda, occorreva inventare, che essi assai poco fornivano al poeta, se pure se ne fosse trovato uno

disposto ad assumere materia cosi

ingrata per stenderne un poema. Anche la ferocia si presta, ma di Achille; anche il tradimento e Pagguato e il fratricidio e il parricidio, ma piuttosto subito, che perpe trato. O vittima od oppressore, tutto si presta, purche la materia non manchi. Pur

troppo, se si sta alia narrazione di Gregorio, cotesta possibility non esiste, perche ove anche si volessero ammettere le tradizioni, trasfigurazioni, sovrapposizioni popolari, di cui tanto si parld ed a cui non presto alcuna fede, occorrerebbe pur sempre una se

rie di fatti, che consentissero tale sviluppo poetico, essendo motivati non dalla sola malvagita. Vuol dire cioe, il mio ragionamento, che i racconti di Gregorio si sarebbero piii prestati a comporre tragedie che poemi. Le tradizioni mitologiche potevano ispi rare, se i tempi fossero stati adatti a comporre azioni teatrali, atroci. Se a tanto non

si poteva arrivare c'era la possibility di un poema del tipo del Nibelungenlied, dove pure esistono e Sigfrido e Teodorico e altri guerrieri, ma anche le donne. E quelle che per Pappunto fanno spavento nella cronaca di Gregorio, sono le donne, regine e prin cipesse, che con qualche eroina del citato poema o del ciclo del Graal potrebbero stare

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DA CREGORIO DI TOURS A PAOLO DIACONO 163

come in casa propria. Ne accenno i nomi e qualche tram a, seguendo i dieci libri di

Gregorio. Niente da dire sulla moglie di Clodoveo, che per bocca di Gregorio fa una disamina sul paganesimo, sostenendo (II, XX) che i suoi dei furono ? homines ?

colpevoli in Giove di stupri incesti e violenze, mentre Giunone si vanta Iovisque et soror et coniux evidente reminiscenza virgiliana. Ma Amalaberga (III, IV) che induce il marito ad agire contro i fratelli, o la seconda moglie di Sigismondo, avversa al fi

gliastro sicut novercarum mos est? (Ill, V). Deoteria (III, XXII) se la intende siibito col vincitore e invasore della sua citta, cosa piuttosto grave perche aveva marito.

La leggenda di Tarpea, Romilda e altre simili devono essere abbastanza vicine alia storia! Ma Deoteria e anche un Virginio in gonnella, perche fa precipitare in un fiume la bellissima sua figha, per sottrarla alia cupidigia del re. In IV, XVIII la concubina di Guntramno avvelena il figlio della regina Marcatrude. Omettiamo i segreti di al cova, che danno pero origine a tradimenti, di cui abbondano i capp. XIX e XXI

sempre del 3? 1.; non sto invece a rammentare in quanti delitti sia implicata, quando non ne sia la iniziatrice, Fredegunda, belva ferocissima. Si direbbe che questa fiera in gonnella non pensasse ad altro che ad uccidere chi le dava ombra, sacrificando i

disgraziati che essa incaricava di compiere le sue vendette, ma che alia loro volta,

sottoposti a terribili torture e poi a obbrobriose morti, confessavano da chi erano

stati inviati ed a qual fine. Ne meno belva e Gundeberga, i cui delitti pensati e ten tati non sono meno gravi di quelli di Fredegunda, anzi persino piu numerosi, tanto da far pensare come in tempi, in cui la cavalleria non era ancora molto sviluppata nessuno l'abbia voluta spedire all'altro mondo, per liberarne questo, in cui era una

eterna e subdola minaccia. Ricorderd soltanto che (VIII, XXXI), avendo il vescovo Pretestato con non poco coraggio osato rinfacciarle i suoi misfatti, la donna lo fece

uccidere, e contemporaneamente anche un vecchio che la minacciava a parole. Certi

delitti tramandatici da storici di Roma dell'eta imperiale sono bazzecole. fatta ecce zione di Nerone, esteta del male altrui.

Un ultimo riscontro voglio addurre, che non riguarda le donne, e neppure le or

mai solite violenze. In III, VII, e drammatico il discorso che Teodorico tiene ai Galli, nel quale ricorda le violenze subite da loro per opera e la ferocia di Ermenefredo, re di Turingia. Si ha l'impressione che il discorso di Alberto da Giussano nel Carducci abbia un lontano precedente in Gregorio. Le difese campestri di cui si parla in codesto

passo hanno qualche attinenza con le bocche da lupo costruite da Cesare attorno

a Gergovia, seppure si tratti di fosse, in cui cadono i Franchi che ben presto se ne avvedono e se ne guardano. Naturalmente i Turingi finiscono con l'ingombrare a tal

punto il fiume con i loro cadaveri, che gli inseguitori vi passano come sopra un ponte. Alia fine di questa esposizione, in cui non mi proposi di controllare la veridicita

del racconto di Gregorio, ma soltanto di ricercarne e additarne il metodo e gli in

tenti, debbo porre in luce alcune considerazioni, che non mi sembrano del tutto inu

tili o vane.

Che la sua storia fosse ricca di cose tremende confessa Gregorio in II, I. Dichiara:

Prosequentes ordinem temporum, mixtae confusaeque tarn virtutes sanctorum quam

strages gentium memoramus. Non enim inrationabiliter accipi puto, si filicem beatorum vitam inter miserorum memoremus excidia... Ea quae acta sunt Domino iubente disse

rimus. II cattolico ha piena coscienza delle bestiali azioni di cui avra da riempiere la sua storia, dove e riposo il ricordo dei miracoli e delle virtu dei santi, cui tante virtu

taumaturgiche presta Gregorio, che vi crede ciecamente. Ed era questo forse l'unico modo di rendere tollerabile una esistenza tutta all'insegna della piu grave ingiustizia. La confessione di essere un ispirato da Dio acquista valore, non per la dichiarazione in se, ma perche a questo modo anche la sua Historia pud essere collocata accanto a

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164 D. BIANCHI

quella p. es. di Orosio, che era tutta tesa a rivendicare la potenza della religione e la certezza che unica si trovava nella preghiera e in Dio. Pertanto Popera di Gregorio e a sua volta tendenziosa, seppure spregiudicata, poiche non vela i difetti e le colpe degli individui, come non tace le loro opere ingiuste. Se un intento apologetico esiste in questa narrazione, esso riguarda soltanto i beni che si acquistano con la religione sinceramente e candidamente professata, poiche se anche i religiosi ebbero a subire

sopraffazioni e persecuzioni, tuttavia ebbero sempre dalla loro parte, quando erano

santi, Paiuto di Dio, che operava per la loro interposta persona. Contro questo mondo

di pace spirituale anche nelle tribolazioni, la raffigurazione del mondo in cui il giura mento b spergiuro, dominando arroganza e superbia, crudelta ed insidie, veleno e

pugnale. Appare il mondo dei civili grandi e piccoli qualcosa di inorganico, che non si capisce bene come riesca a sussistere e mantenersi, se in esso la scaltrezza predo mina sull'eroismo, e il falso convive col sincero, poiche esiste anche chi si finge re, non essendo figlio di re. Poche le imprese gloriose, che siano o di Bucelleno o di Mum

molo, tuttavia non tali da imporsi alia attenzione del lettore, che alia fine nessuno va esente da gravi colpe.

Storicamente i punti oscuri della conquista e stanziamento dei Franchi in Gallia

rimangono tali, perche le fonti di Gregorio sono quelle latine, sicche egli pud a un certo momento concludere (a p. 46): hanc nobis noticiam de Francis historici reliquere, regi bus non nominatis, nonostante che dalla sua esposizione risulti che egli fu a contatto

con molti re i quali avrebbero pure potuto illuminarlo sulle loro origini, che non sa ranno stati del tutto privi di documenti o almeno di tradizioni orali. Ma anche questo puo essere appunto ingiusto. In fondo si deve riconoscere a Gregorio il merito di non avere falsificato la storia e di avere cominciato a narrare da Merovechus e dal figlio Childericus. Se egli fosse stato tenero di invenzioni, avrebbe potuto darci un romanzo;

invece preferisce la sincerita, che se le lodi ai singoli sono scarse, i biasimi abbondano.

Anche dei primi re rimpiange (a p. 47): sed haec generatio fanaticis semper cultibus visa est obseqium praebuisse, nec prorsus agnovere Deum, adorando invece feticci. An

che qui Gregorio merita elogio, perche avrebbe potuto cercare di nascondere o almeno

tacere la verita; ma si trattava della religione, e la religione egli amava troppo per consentirsi di non darle testimonianza.

Le fonti storiche di Gregorio sono state citate, pero soltanto per il primo periodo della sua storia; invece i modelli lo superano tutti, anche quelli che valgono di meno.

Tra le fonti una notevole importanza hanno quelle orali (p. es. 1?, pp. 38-9; VI, 8; VI, XIII; VII, I; ecc.) oltre a quanto egli stesso riferisce per essere stato o spettatore o attore. Naturalmente coteste relazioni aumentano di mano in mano che ci si avvi

cina al tempo che egli visse; naturalmente fuori di ogni dubbio per i fatti cui assistette. Tutti cotesti fatti si riferiscono alia corte ed alia religione, al popolo soltanto in quanto sia vittima innocente delle altrui violenze; pero desidereremmo una piu minuta espo sizione della condizione degli abitanti della regione, che continuano ad essere vittime delle frequenti epidemie che tribolarono il paese. Ne la storia di Gregorio b immessa nel gioco della politica europea: vi si parla degli Alamanni, dei Goti, dei Sassoni, dei

Longobardi, dell'impero di Oriente, ma soltanto in quanto coteste popolazioni furono in relazione o diplomatica o in guerra con i Franchi, cosicche la Gallia sembra quasi una regione avulsa dalla societa contemporanea, e stante a se, fatta eccezione delle scarse iniziative assunte per estendere, oppure per respingere popoli invasori. Scarse anche le notizie sulla cultura, e fatta eccezione di quelle relative a Chilperico poeta, cui gia accennai, non si citano che lavori di vescovi, riguardanti la religione, seppure sia lecito pensare che i laici letterati a quel tempo non potesser essere in gran numero, e neppure di grande altezza ne letteraria ne poetica, o storica. La dichiarazione di Gre

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DA CREGORIO DI TOURS A PAOLO DIACONO 165

gorio che per essere intesi era necessario parlare in latino volgare e certamente molto

indicativa, pero accenna anche a chi discorreva e logicamente scriveva in latino cor

retto, ai filosofanti, i quali rinunciavano al plauso popolare. II che significa che una certa cultura e una certa persistenza nell'uso delle persone colte del latino corretto

doveva tuttora continuare, anche se le persone non ci sono state tramandate da Gre

gorio. Al quale non si possono poi apporre troppe colpe per avere taciuto fatti che a noi interesserebbero moltissimo, se in ogni tempo la storiografia tramanda i grandi fatti ed omette quelli quotidiani, di non minore importanza, per dare un quadro com

pleto della vita sotto i suoi molteplici aspetti. Se mai, il difetto piu. grave di Gregorio e la credulita, per la quale non si perita

di affermare che Papostolo Giovanni relegato a Patmos ne usci alia morte di Domi ziano, e vecchissimo entro nel sepolcro, destinato a non morire, fino a quando Gesu

non sia tomato per il giudizio universale (I, p. 18). Dante, ma era Dante, pure cat tolico ortodosso, rifiuta la leggenda che s. Giovanni sia salito in cielo anima e corpo. E ancora Gregorio (I, p. 17) racconta che Pilato invio una narrazione a Tiberio: tarn de virtutibus Christi quam de passione vel resurrectione eius. Quae gesta apud nos hodie retenentur scripta. AUudendo evidentemente, e prestandovi fede, alle notizie fanta

stiche degli Ada Pilati, in circolazione fino dal secolo IV. Nel 1? libro manca la proporzione, mancano le notizie generali; manca la prospet

tiva, si procede per salti acrobatici. Meglio si comprende la intenzione di Gregorio quando nella introduzione al secondo libro afferma di avere Pintento di seguire due vie: quella della religione e delle rovine subite dai popoli, seppure questa seconda

parte sia piuttosto monca, come gia dissi. Ed ora ripeto che lo scrupolo di non avere nulla inventato sulla origine dei Merovingi e tutto a onore di Gregorio, che evita an che il favoloso. Come narratore, b necessario osservare la tendenza, che non fu sua

esclusiva, di drammatizzare il racconto, introducendo molti dialoghi, anche se i piu interessanti ed estesi siano quelli che riguardano le discussioni teologiche, cui sovente intervenne lo stesso Gregorio. il vero che Pabitudine di introdurre discorsi e relazioni di discorsi si pud fare risalire molto addietro, e quindi non era senza insigni prece dent, ma e tuttavia notevole questo tentativo di mettere le contraddizioni e oppo sizioni proprio sulle labbra di chi le sostenne, cio che attribuisce alia esposizione dei fatti un ghiotto interesse, anche psicologico. Almeno cosi b per me, che nella storia

vedo soltanto, romanticamente, il dramma di cui sono vittime i popoli, materia inerte

nelle mani dei capi di stato. Certo il litigio, il battibecco, Pinsinuazione hanno un loro

aspro interesse perche si assiste alia malvagia volonta di chi consiglia il male piutto sto che di chi induce al bene, ancorche qualche esempio di quest'ultimo tentativo esista. Cosa diversa invece la discussione teologica in cui prevale la esposizione pacata, ancorche viva delle teorie ortodosse. Per questa parte Gregorio rientra nella tradizione

anteriore e posteriore, senonche ci si presenta il quesito donde Gregorio abbia tratto il materiale di cui si vale riferendo il colloquio altrui. Che qualche fonte orale gli possa essere giovata, b evidente, pero io tendo anche a ritenere che buona parte siano di schietta invenzione, foggiate sugli esempi altrui. Abbellimento, senza dubbio, della

esposizione, destinata alia lettura, se Gregorio uso un latino assai vicino al volgare,

per essere inteso da tutti. Tuttavia molti di cotesti dialoghi dovettero essere piu o meno testualmente riferiti da cortigiani, o individui che bazzicavano nelle corti o nei

vescovadi, essendo il godimento di chi scopre i segreti dei grandi quello di apparire bene informato, propalando cio che altrimenti resterebbe sempre nascosto. Anche i re hanno i consiglieri, e i consiglieri la lingua, per fortuna una sola, ma chi frena i ricami di chi viene a conoscere i segreti delle aule dei grandi? II dialogo giovava al

Pevidenza, come il silenzio alia perpetrazione dei tradimenti, ma il dialogo era in certo

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qual modo l'unico mezzo per spiegare cio che altrimenti sarebbe riuscito, solo appa

rentemente, incomprensibile. II semplicismo medievale e la prima maniera di cer

care di giustificare le azioni, cioe di analisi psicologica, di cui sarebbe cosa agevole additare le manchevolezze, se pero non si trattasse del medioevo. Perche non si vuole

lasciare lo svolgersi e Paggrovigliarsi dei fatti al puro caso, se la Provvidenza ha tanta

parte nel sostenere i giusti e pii, se la preghiera ha virtu taumaturgiche, contro cui

pero parla il trionfo dei violenti sugli inermi, degli oppressori sugli oppressi, ricor dando sconfitte invece di vittorie ,che devono pure trovare la loro giustificazione. Vecchio problema quello della ingiusta fortuna degH ingiusti sui giusti, problema che a Gregorio consente di introdurre come personaggio il diavolo.

Poche righe basteranno a chiarire quanto maggiore consapevolezza sia in Paolo

diacono. La storia dei Longobardi e parte di quella dell'Europa mediterranea; qual che rilievo e dato alia coltura; le condizioni dei vinti non sono obliterate; assai scarsa e la parte lasciata al meraviglioso della religione ed al favoloso in genere, anche se esso non sia del tutto escluso. Infine la lingua e molto meglio trattata, con piu senso

se non di arte, almeno di esattezza grammaticale e sintattica: ma questo avviene

perche il latino e ormai solo una lingua di cultura che si impara nelle scuole. In Paolo

agisce e suggerisce la boria del suo popolo, che egli e della razza dei vincitori di cui va orgoglioso; Gregorio e vescovo, della razza dei conquistatori, ma ai Romani o

romanizzati sottomessi non ha alcuno sguardo ne alcun riferimento. II suo sguardo b rivolto altrove.

Dante Bianchi

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