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COMITATO NAZIONALE ALLENATORI SETTORE FIGURA CORSO ALLENATORI 3° LIVELLO FIGURA 2014 CRITERI PER LA COSTRUZIONE DEL PROGRAMMA DI GARA DI UN ATLETA/COPPIA/SQUADRA DI ALTO LIVELLO Gabriele Minchio

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COMITATO NAZIONALE ALLENATORI SETTORE FIGURA

CORSO ALLENATORI 3° LIVELLO FIGURA 2014

CRITERI PER LA COSTRUZIONE DEL

PROGRAMMA DI GARA DI UN

ATLETA/COPPIA/SQUADRA DI ALTO LIVELLO

Gabriele Minchio

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A Carlo, il mio primo maestro…

La scelta di un giovane dipende dalla sua inclinazione, ma anche dalla

fortuna di incontrare un grande maestro.

Rita Levi-Montalcini, La clessidra della vita

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INDICE

CAPITOLO UNO: LA SCELTA MUSICALE 4

1.1 La selezione della musica 4

1.2 La costruzione di un archivio musicale 8

1.3 L‟organizzazione della scelta musicale 10

1.4 L‟idea del programma 14

CAPITOLO DUE: LA CREAZIONE DI UN PROGRAMMA 16

2.1 Il grafico del programma nello spazio e nel tempo 16

2.2 Le transizioni 18

2.3 Skating skill 20

2.4 La tattica del montaggio 21

CAPITOLO TRE: LA COREOGRAFIA 23

3.1 Off-ice: danza 23

3.2 Il ruolo del coreografo 25

3.3 Il costume 31

CAPITOLO 4: LA MESSA IN SCENA 33

4.1 Il fattore fatica 33

4.2 Metodologia dell‟allenamento del programma 34

4.3 L‟allenamento mentale 38

Conclusioni 44

Allegati 46

Bibliografia e fonti esterne 51

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CAPITOLO UNO

LA SCELTA MUSICALE

1.1 La selezione della musica

La selezione della musica è una decisione molto personale. Se l‟atleta non la sente adatta alla

propria personalità, qualsiasi coreografia verrà proposta, il risultato non sarà mai soddisfacente.

Una conoscenza basilare della musica rende più semplice la selezione del brano per i programmi di

gara. Capire i cambi ritmici all‟interno del proprio programma predispone alle sottigliezze dei

movimenti che migliorano l‟interpretazione del pezzo. Se ascoltando una musica l‟atleta riesce ad

individuare le varie dinamiche e le qualità che soggiacciono ad essa riuscirà più facilmente a

trasferirle al proprio modo di pattinare.

Sfortunatamente non tutti nascono con un orecchio musicale. Alcuni pattinatori cresciuti nella mia

scuola, oggi di buon livello, avevano difficoltà a tenere il tempo musicale e sembravano quasi non

riconoscere le battute o le frasi musicali. Questo tipo di atleti vanno educati e con perseveranza

l‟esperienza mi dice che tutti possono imparare…se noi offriamo gli strumenti corretti!

Non vuole essere una battuta: correva l‟anno 1996 quando iniziai ad interessarmi a quello che oggi

si chiama pattinaggio sincronizzato, una volta precision skating. A stagione inoltrata, durante un

allenamento improntato sul programma di gara, contavo come al solito il tempo della musica

mentre montavo dei nuovi passi all‟interno del programma, quando una bambina alzò la mano: “ma

perché conti fino a otto ogni volta che proviamo il programma?”. La reazione immediata fu un

misto di nervosismo e sconforto, ma poi, tornando a casa, capii che l‟errore era mio. Io sapevo

perché contavo, ma probabilmente non tutte capivano perché lo stavo facendo. Non avevo dato gli

strumenti.

L‟allenamento musicale è un importante aspetto per lo sviluppo di un pattinatore sensibile ed

espressivo. La conoscenza delle singole note, delle battute e del fraseggio musicale facilita l‟atleta a

coordinare il tutto in un‟espressione corporea. Questo fa una grande differenza in un programma di

gara e provoca un effetto impattante sullo stile del pattinatore.

Nella città dove lavoro attualmente, a Trento, c‟è un‟alta sensibilità per la musica e molti dei miei

atleti hanno studiato o studiano uno strumento musicale. Ma quando non siamo fortunati dobbiamo

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spiegare alcuni concetti fondamentali per poter far capire, apprezzare ed infine selezionare assieme

a loro un brano musicale.

Riassumo brevemente il significato di alcuni parametri musicali che possono tornare utili se

espressi in modo appropriato nei programmi di gara:

La frase musicale: è un‟unità, un raggruppamento di motivi o nuclei melodici di senso musicale

compiuto. Nella sintassi può essere paragonata ad una frase all‟interno di un discorso.

Il metro: può essere considerato come il polso, il battito del cuore della musica. È una struttura

basata sulla ricorrenza periodica di elementi accentuativi.

Il ritmo: è lo schema in cui suddividiamo il tempo musicale. È definito come una successione di

accenti che alcuni suoni hanno rispetto ad altri nell‟ambito di un brano. La sequenza degli accenti di

un brano musicale tende a ripetersi ad intervalli regolari ed è questa ripetizione che da il ritmo del

brano.

La melodia: è una catena musicale la cui struttura genera un organismo musicale di senso compiuto.

La proprietà della melodia è di essere facilmente individuabile all‟interno del tessuto compositivo.

Al di là delle definizioni è utile proporre alcune esercitazioni pratiche agli atleti per capire di cosa si

sta parlando:

Per determinare il metro di un brano, propongo un esercizio banale ma efficace: consiglio di

ascoltare attentamente la musica e di provare a battere il tempo con i piedi, marciando sul posto, per

una breve sezione musicale alla volta. Faccio riascoltare più volte il pezzo fino a quando riescono a

cogliere il tempo. Poi sposto l‟attenzione sugli accenti, le note più forti o più alte delle altre. Faccio

battere con le mani l‟accento e spingo l‟attenzione su ogni quanto avviene. Se gli accenti sono su

ogni seconda nota la musica sarà in 2/2, 2/4, 2/8; se gli accenti sono sulla terza la musica sarà in

3/2, 3/4, 3/8; sulla quarta 4/2, 4/4, 4/8. Esistono altri metri più complicati ma per una conoscenza

base della musica credo che questi siano sufficienti. Se abituiamo gli atleti più giovani all‟ascolto

della musica posso garantire che da grandi diventeranno “atleti musicali”.

Il lavoro base è quindi già stato fatto e se ne raccoglieranno i frutti proprio nel momento in cui ne

avremo/avranno più bisogno. Ma per un atleta/squadra che si affaccia alle categorie I.S.U. oltre alla

conoscenza delle basi della musica, sarebbe auspicabile anche una minima cultura musicale. Il

rischio al quale si va incontro, altrimenti, è la richiesta di musiche derivata solo da programmi che

hanno visto pattinare dai loro idoli del pattinaggio, con conseguente scimmiottatura di programmi

già eseguiti normalmente da atleti molto più esperti e preparati di loro. Oggi è molto facile per un

pattinatore diventare prevedibile e scontato nei propri programmi. Si sta perdendo l‟individualità.

Bisogna veramente lavorare duro per raggiungere l‟originalità ed essere unici. Le persone creative

mettono a disposizione quello che sono e quello che hanno imparato attraverso le proprie esperienze

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per creare nuove idee. Il nostro compito di allenatori è offrire tutti gli strumenti necessari affinché

loro possano ripescare dalle loro esperienze quello di cui necessitano nel momento del bisogno.

Tutto può servire per migliorarsi, frequentare lezioni di balletto, spettacoli teatrali, mostre d‟arte,

guardare video di atleti di alto livello. Ma sono quelli che sono differenti che verranno ricordati.

Quando pensiamo che un programma di gara sia buono? Quando è un programma che non si

dimentica facilmente, perché unico.

Ecco allora che per atleti d‟élite è fondamentale la conoscenza della musica per poter esprimere

pareri costruttivi sulla scelta del brano da pattinare. L‟atleta dovrà trasformare il ritmo in un azione

fisica, quindi è importante conoscere il conteggio per sapere su quale conteggio un azione deve

avvenire, o la melodia da seguire.

Ogni musica regala sensazioni e l‟atleta deve essere educato a coglierle, viverle per poi trasferirle a

chi lo guarda.

Per permettere che questo accada dobbiamo educarli sin da piccoli. A tal proposito propongo alcune

iniziative che abbiamo avviato, nel corso degli anni, nella pista di Trento. Ogni domenica sera

riserviamo un paio d‟ore alla simulazione di gara, nell‟ultimo capitolo ritornerò sull‟argomento.

Durante queste ore, circa una volta ogni due mesi, in base alla programmazione delle gare, abbiamo

deciso di introdurre degli eventi speciali. Dimentichiamo quindi i programmi di gara, i salti, i livelli,

i punti che possiamo mettere nel nostro “carrello” eseguendo difficoltà tecniche e lasciamo libero

spazio all‟individualità artistica di ognuno dei nostri atleti. A volte chiediamo di improvvisare su

una musica scelta da noi e fatta ascoltare cinque minuti prima di entrare in pista, a volte chiediamo

di portare un brano scelto da loro e di interpretarlo, a volte diamo un tema che ognuno a suo modo

presenterà in pista. Sono momenti leggeri ma di estrema utilità. Spesso mi è capitato di proporre

una musica per la stagione successiva proprio prendendo spunto da quello che vedevo durante

questi eventi speciali. Altre volte vedevo, soprattutto negli atleti più giovani, quello che avrebbero

voluto diventare ma che non erano ancora in grado di essere.

Trovo fondamentale tenere presente un unico parametro per la scelta della musica di un atleta

d‟élite: l‟atleta

Per atleta intendo chi abbiamo davanti, che persona è, come è fatta fisicamente, qual è il suo

carattere, come si muove, quale musica “sente”, quali sono i suoi punti di forza, le sue abilità

tecniche, espressive e fisiche. Dobbiamo quindi conoscere l‟atleta. Il lavoro è molto più semplice se

è un atleta che abbiamo seguito sin da piccolo. Non ricordo di aver avuto grandi discussioni sulla

scelta musicale con gli atleti senior seguiti nella mia scuola. Questo perché si è creata una sinergia

tale che ciò che proponevo era quello che loro si aspettavano o meglio era quello che aspettavano,

una sfida. Nel corso degli anni, per ognuno di loro, ho cercato di proporre un percorso musicale

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formativo fino ad arrivare alla categoria senior dove hanno potuto esprimere al massimo le proprie

attitudini. È mia opinione che, nonostante si possa capire la tipologia di musica che valorizzerebbe

un atleta, ogni tanto sia utile porre delle sfide per poter migliorare ed arricchire il loro percorso. Se

mi guardo indietro, in effetti alcune scelte musicali dei miei atleti sono state molto azzardate. Mi

vengono in mente due esempi su tutti: un‟atleta junior vicecampionessa italiana che, nonostante la

giovane età, avrebbe affrontato nella stagione seguente la categoria senior. Dovevamo scegliere un

nuovo programma corto. Il suo programma corto era stato Otonal di Raul Di Blasio, lo strumento

era il pianoforte, la musica romantica, orecchiabile anche se forse troppo conosciuta. Il programma

lungo era tratto dalla raffinata colonna sonora del film Lezioni di piano di Michael Nyman.

Avevamo rappresentato in modo convincente una parte di Caterina, puntando sulla sua dolcezza,

eleganza e leggerezza. Ma mancava qualcosa della sua personalità che volevo uscisse fuori. È mia

abitudine chiedere ad alcuni giudici un‟opinione sugli atleti che seguo. Su Caterina quella stagione

avevo ricevuto molti complimenti ma la critica ricorrente era che fosse un po‟ fredda, chiusa, poco

espressiva. Le ho proposto Black magic woman nella versione di Carlo Santana! Mi divertiva e al

tempo stesso incuriosiva l‟idea di questa giovane “magica donna” (vestita in nero) che si affacciava

alla categoria senior con una nuova veste Blues/rock. Volevo metterle davanti un ostacolo per farle

capire quanto alto poteva saltare per poterlo superare e giocare la carta dell‟effetto sorpresa sui

giudici.

Il secondo esempio riguarda un atleta maschio con un percorso particolare, ancora in evoluzione.

La caratteristica di questo atleta, iniziata l‟attività agonistica, è stata di essere un grande lavoratore

determinato a raggiungere, a piccoli passi, i suoi obiettivi. Fino alla categoria junior rimane

nell‟ombra, poi inizia a meritarsi l‟attenzione che cercava, vince dei titoli italiani, inizia a

partecipare a gare internazionali, ai grand prix junior, e diventa uno dei giovani atleti di interesse

nazionale. È un buon interprete, diventerà un ottimo interprete. Consulto anche per lui il parere dei

giudici. Il consiglio è di migliorare le linee del corpo, allungarlo, renderlo più elegante. Sono

d‟accordo. È il secondo anno che gareggia in categoria senior, l‟anno precedente ha sfiorato il podio

ai campionati italiani. Gli serve una sfida per fare il salto di qualità. Cerco ispirazione ascoltando

molta musica classica, chiedo consiglio ad esperti e giudici, poi all‟improvviso entra nella mia testa

una visione, un programma che avevo amato, uno di quelli che si definiscono unici. Peter Barna su

musiche di Paganini. Paganini più violino uguale eleganza e stile, mi dico: ci sono, la sfida è partita.

Riprenderò nel terzo capitolo questo esempio per spiegare l‟importanza del coreografo e il lavoro

che necessitano scelte di questo tipo per essere vincenti.

Nella carriera di un‟atleta ritengo ci siano dei momenti giusti per trasformare i punti deboli in punti

di forza, per questo sottopongo delle sfide ai miei atleti. Ho realizzato che le sfide fortificano e

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ampliano la gamma delle loro capacità espressive. Una volta raggiunta una certa maturità artistica,

la proposta dei programmi, pur diversi uno dall‟altro, asseconderà le migliori abilità dell‟atleta per

esaltare al massimo le sue performance.

La situazione cambia se l‟atleta al quale devo proporre una musica non è un mio atleta. Capita che

alcuni colleghi mi chiedano una collaborazione o che arrivi un atleta nuovo a lavorare con me. In

questo caso la prima cosa da fare è informarsi. Internet è un ottimo strumento. Si possono trovare

facilmente su you tube i programmi delle precedenti stagioni o si può chiedere direttamente

all‟allenatore o all‟atleta di portare dei video per conoscere meglio le caratteristiche dell‟atleta.

Se si lavora per altri colleghi è buona abitudine comunicare il più possibile con loro per capire se ci

sono necessità particolari riguardo alla scelta del programma.

Su qualsiasi scelta si vada a finire, l‟importante è che la musica susciti qualcosa dentro l‟atleta che

gli permetta di relazionarsi ad essa. Quello che un atleta prova ascoltandola si tradurrà in

un‟interpretazione personale, unica. L‟obiettivo è di credere nella scelta fatta e amare la propria

musica nella speranza che anche gli altri l‟apprezzino. In effetti sarebbe un errore sottovalutare che

la scelta musicale deve convincere anche i giudici e il pubblico. Ognuno di noi ha il suo personale

modo di vivere, ascoltare e sentire la musica ed emozionarsi attraverso di essa. La maggior parte dei

giudici ha un‟età maggiore rispetto a quella degli atleti, e non è detto che possano capire la stessa

tipologia di musica che piace ai ragazzi. Anche per questo è importante la mediazione

dell‟esperienza degli allenatori. Non succede che i giudici abbassino il punteggio dei components

perché non apprezzano la musica scelta, ma quando la musica è famigliare o si confà ai loro gusti, li

si mette in condizione di capire più facilmente il programma proposto.

1.2 La costruzione di un archivio musicale

Di grande beneficio per la selezione della musica dei programmi di gara è la creazione sul computer

di una cartella di riferimento per la musica. Ogni volta che sento qualcosa che mi piace, salvo

nell‟hard disk il nome del brano e del compositore. Generalmente quando trovo una particolare

affinità con un compositore anche altri suoi brani vengono aggiunti nella cartella. Allo stesso modo

quando vedo un programma su ghiaccio che mi regala buone vibrazioni perché funziona il modo in

cui il pattinatore si connette con la musica, lo cerco su you tube e lo salvo nella cartella

“programmi”. Avere la possibilità di analizzare la costruzione dei programmi che mi hanno colpito

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è un aiuto importante nel processo coreografico. Con il passare degli anni ho creato una libreria

dalla quale posso attingere nei momenti di bisogno.

Catalogare la musica rende più semplice trovare il pezzo che stiamo cercando. Il consiglio è di

classificare le musiche per categoria così da avere cartelle specifiche nel momento del bisogno. Per

esempio creare una cartella per tutta la musica classica, o distinguere le cartelle per compositore o

balletto. Si può procedere nello stesso modo con tutte le categorie, jazz, disco, musicals, ecc.. In

qualsiasi modo si decida di catalogare l‟importante è avere un sistema che funzioni.

Nella mia libreria musicale ho inserito, anno dopo anno, anche tutte le musiche dei programmi di

gara dei miei atleti. È importante annotare tutte le informazioni possibili: nome dell‟atleta, categoria

di appartenenza, tipo di programma, titolo e durata delle varie sezioni musicali scelte. Il risultato

dovrebbe essere una cosa del genere:

Cartella programmi 2007-2008

Nome e Cognome, cat. Junior, short program , time 2‟48‟‟

-West Side Story, Leonard Bernstein, traccia 10 medley: “I feel pretty” 0:00-0:54

-West Side Story, Leonard Bernstein, traccia 10 medley: “ Maria” 0:55-1:32

-Brodway Favorites, Boston Pop Orchestra, traccia 8: “America” 1:03-2:18

Con questa organizzazione è semplice recuperare dei tagli che possono ritornare utili per la

costruzione di nuovi programmi.

Ci sono buoni e cattivi metodi per selezionare della musica.

Di seguito indico alcune metodologie da evitare; spesso si è tentati di intraprendere la strada più

semplice, ma il risultato sarà molto probabilmente un completo disastro per il nostro atleta:

- copiare musiche già tagliate da altri colleghi

- accettare qualsiasi tipo di musica il nostro atleta proponga

- chiedere ai genitori di trovare una musica per il loro figlio (spesso non serve chiedere)

- consigliare al nostro atleta la stessa musica che ha pattinato il campione del mondo l‟anno prima

- mettere una musica usata l‟anno precedente da un altro nostro atleta

Tutto ciò che è fatto bene richiede tempo, è poco professionale cercare questo tipo di scorciatoie.

La selezione musicale è un processo altamente personale. Non è solo importante per il risultato

della performance, ma anche essenziale per il progresso e lo sviluppo del nostro atleta. La musica

dovrebbe stimolare, sfidare, sedurre ed esaltare il pattinatore. Dovrebbe adattarsi allo stile del

nostro atleta ma allo stesso tempo differenziarsi quel tanto da permettere di essere creativi. Un

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pattinatore lento può essere incoraggiato ad andare più veloce, quello energico ad essere più

aggraziato, quello timido ad aggiungere più personalità.

All‟interno del nostro archivio musicale un‟ulteriore divisione per cartelle potrebbe essere quindi

quella di brani lenti, sentimentali, spiritosi, veloci o qualsiasi indicazione che permetta di trovare

velocemente quello che cerchiamo.

1.3 L‟organizzazione della scelta musicale

Una volta selezionata la musica, prima di andare a montare il programma sul ghiaccio, inizia il

processo che prevede il taglio o l‟assemblaggio a computer dei diversi brani per arrivare al tempo

richiesto dal regolamento.

Per tagliare o assemblare quello che vogliamo diventi un buon programma di gara è utile seguire

alcuni parametri.

Il primo è di usare la durata corretta dei programmi secondo il regolamento I.S.U.1: in un

programma corto senior attualmente possiamo arrivare al massimo a 2 minuti e 50 secondi, ma

volendo può essere più corto. La durata del programma lungo è di 4 minuti per le donne e di 4.30

per gli uomini e per le squadre di sincronizzato. Nel programma lungo sono permessi 10 secondi in

più o in meno rispetto al tempo stabilito. Alcuni impianti suonano un po‟ più rapidi o più lenti e in

gara non conta la durata che la musica segna sul nostro impianto di casa. Consiglio di non tagliare

la musica troppo a ridosso dei limiti imposti per non incorrere in detrazioni (time violation). Il

tempo del cronometro dovrebbe partire quando l‟atleta inizia a muoversi, ma per esperienza

personale meglio non rischiare di prendere penalità facendo rimanere fermo l‟atleta quando la

musica è partita. Ci sono gare dove l‟organizzazione non è eccelsa e il cronometrista fa partire la

registrazione del tempo quando parte la musica.

Il secondo parametro è di costruire una musica che enfatizzi i punti di forza dell‟atleta: una musica

potente richiede un atleta potente. Non aspettiamoci che un pattinatore possa interpretare in modo

soddisfacente una musica inappropriata al suo stile di pattinata. All‟interno della musica dovrebbero

essere incorporate alcune variazioni, ma bisogna fare attenzione che nella selezione sia dato

maggior peso/durata a ciò che l‟atleta è in grado di pattinare al meglio.

Il terzo parametro è la creazione di una time chart, che preveda un alternarsi di parti lente e veloci. I

cambi di tempo creano interesse e permettono all‟atleta di dimostrare diverse abilità quali potenza e

1 www.isu.org, Special Regulations and Technical Rules, (single 2014, synchronized 2012).

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capacità artistiche (per esempio lento-veloce-lento-veloce o veloce-lento-veloce o altre

combinazioni). Alcuni allenatori/atleti decidono la tabella dei cambi di tempo e in base a questa

selezionano la musica; altri prendono la decisione durante il processo di selezione in base a quello

che ascoltano. Non c‟è una regola precisa: i programmi che iniziano con una parte lenta possono

tornare a vantaggio dell‟atleta in quanto può rimanere concentrato sugli elementi più difficili, che di

solito si inseriscono in questa parte del programma, senza sentire la pressione della stanchezza. Allo

stesso modo può risultare molto interessante anche il taglio veloce-lento-veloce, che permette di

dare respiro all‟atleta nella parte centrale valorizzando le sue capacità interpretative.

Quando si taglia una musica per un programma, dobbiamo immaginare di poter inserire tutte le

difficoltà tecniche previste dal regolamento. Dobbiamo domandarci se ci sono i giusti spazi per le

trottole, per le sequenze di passi e per i salti. La musica va quindi ascoltata in modo diverso da

quello che faremo per puro piacere.

Il quarto parametro è la creazione e l‟assemblaggio di segmenti musicali facilmente identificabili.

La musica dovrebbe contenere elementi di varietà e contrasto, mantenendo comunque una forma

compatta. È per questo che generalmente la musica necessita di un‟organizzazione, di tagli e di

unioni. È raro trovare in un singolo brano la varietà che cerchiamo per un programma di

pattinaggio. Alcuni dei migliori programmi sono quelli che usano sezioni differenti della stessa

sinfonia, concerto o colonna sonora. L‟adattamento musicale di un brano per i programmi di

pattinaggio prevede quindi la capacità di combinare più parti, siano esse lenti, veloci, potenti o

dolci. Capita di sentire tagli di musiche unite frettolosamente con risultati alquanto tristi. Ci

dovrebbe sempre essere un legame armonioso tra l‟ultima nota di una parte e la prima della

seguente. Anche quando vogliamo o siamo costretti a terminare una sezione con una pausa, uno

stop musicale, dovremmo poi ripartire in modo da creare una transizione armonica verso la sezione

successiva.

Le diverse sezioni dovrebbero essere chiaramente riconoscibili per tutto il programma. La musica è

un importante strumento di memoria per l‟atleta. È di grande aiuto associare ogni frase musicale

con un particolare elemento tecnico. Ciò permette, soprattutto agli atleti meno esperti, di non

confondersi durante gli allenamenti o le gare, e al tempo stesso valorizza la coreografia del

programma. La diversità delle sezioni facilita inoltre la ripresa del programma in caso di

interruzione durante una gara o la ripetizione di una parte durante gli allenamenti ufficiali. Una

musica che rimane simile dall‟inizio alla fine può risultare noiosa ed invita generalmente all‟errore.

Come quinto punto dobbiamo assicurarci che la musica abbia un inizio chiaro, abbastanza da essere

sentito senza problemi dall‟atleta e dai giudici, ma non cosi alto da spaventarli. Generalmente la

cosa migliore è quando il tempo permette un graduale inizio del programma. Se la musica inizia

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molto velocemente e per qualche ragione l‟atleta perde le prime battute diventa poi difficile per lui

recuperare. Se la musica dovesse comunque iniziare bassa o prevedesse una partenza molto rapida

potrebbe aiutare l‟inserimento di un breve beep o click registrato poco prima che la reale musica

cominci.

Come sesto parametro consiglio di evitare un uso eccessivo della dinamica del volume. È corretto

avere cambi di volume all‟interno del programma ma è meglio mantenere limitata la gamma dei

volumi alti e bassi. Spesso alle gare si vedono allenatori che da bordo pista si agitano verso la

cabina della musica per far alzare il volume, oppure scrivono a caratteri cubitali sulla copertina del

cd consegnato di alzare al massimo l‟inizio. Trovo più semplice e professionale regolare i volumi

tramite computer e accertarsi che la musica sia registrata con la migliore qualità possibile, prima

dell‟inizio del periodo agonistico. Generalmente alle gare internazionali il problema della sorpresa

del volume si elimina durante gli allenamenti ufficiali quando si ha già la riprova del suono. Per le

categorie giovanili, dove spesso non c è la possibilità di pattinare gli allenamenti ufficiali, possiamo

andare in cabina musica prima dell‟inizio della gara, o durante una pausa per controllare che tutto

funzioni al meglio. In questo modo eviteremo di vedere allenatori a bordo pista in quella che io

chiamo la “danza tribale del volume”. Consideriamo che se la registrazione non è appropriata

creiamo danno all‟atleta. I nostri gesti (spesso si alzano le braccia) possono essere fraintesi e

creano distrazione. Quando la nostra danza ottiene il risultato ottenuto generalmente gli atleti si

ritrovano con il volume alzato al massimo e puntualmente subentra la parte alta del programma ,

dalla cabina abbassano il volume e quando arriva il momento della musica meno orchestrata e più

tranquilla il suono quasi scompare. Diventa una giostra dove si sale e si scende, alla fine ne usciamo

con il mal di testa.

Il settimo consiglio è di evitare l‟inserimento di lunghe porzioni di silenzio o di parti poco

orchestrate. Il rischio è che il referee possa pensare ci sia un problema con la musica. In questo caso

potrebbe interrompere l‟esecuzione, disturbando la concentrazione dell‟atleta. Anche in questo caso

è difficile che succeda a gare internazionali e in categorie che hanno la possibilità di pattinare i

programmi più volte durante gli allenamenti ufficiali, ma nelle categorie giovanili posso confermare

che in alcuni programmi addirittura la musica è stata fermata prima della fine del programma

perché sembrava fosse finita.

Organizzare una selezione musicale, modificandola, tagliando ed unendo più parti non è una cosa

semplice. Diventa impossibile senza un‟adeguata apparecchiatura. Ricordo con tenerezza gli anni in

cui si usavano le cassette, i nastri che uscivano e si ingarbugliavano nelle rotelle del mangianastri,

le penne che servivano per riavvolgere i nastri finito di provare il programma durante gli

allenamenti.

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Oggi è indispensabile l‟uso del computer. Esistono vari software sul mercato per la manipolazione

audio su computer. Con essi è possibile operare sui semplici attacchi, fino ad arrivare ad operazioni

più complesse. Generalmente le caratteristiche di questi software sono:

- una grafica visuale in tempo reale del brano (tramite barra, forma d‟onda o spettrogramma).

- registrano e riproducono il suono

- supportano la lettura e la scrittura di diversi formati (wave, mp3, windows media audio, etc.).

- modificano il file audio mediante le operazioni taglia, copia, incolla ed elimina.

- modificano e mixano un numero illimitato di tracce

- modificano l‟intonazione senza variazioni di velocità e viceversa

- rimuovono i rumori di fondo

- offrono vari effetti come eco, riproduzione al contrario etc,.

La composizione musicale del programma richiede un buon orecchio, un‟educazione musicale,

pazienza, tempo e cura per il dettaglio. In mancanza di queste caratteristiche ci si può rivolgere a

degli specialisti che per mestiere lavorano nel campo della musica. Il costo del montaggio aumenta

rispetto a quanto verrebbe se auto prodotto, ma se consideriamo i costi per coreografare un

programma, i costi del vestito, la somma delle gare nelle quali si presenta la musica, probabilmente

il costo non diventa poi così eccessivo e ne potrebbe valere la pena.

Se si decide di intraprendere la via dell‟auto produzione è bene sapere che questi software sono tutti

in inglese e che per sfruttare al meglio il software bisogna studiare il linguaggio tecnico utilizzato.

Come si possono regolare correttamente i BPM2 di una canzone se non si conosce il significato di

questa sigla?

Nel web esistono anche dei siti specializzati che raccolgono in librerie musicali i programmi degli

atleti più famosi; si possono ascoltare per prendere qualche spunto su come legare parti diverse

dello stesso brano. Se decidiamo di usare categorie musicali diverse è da considerare l‟importanza

della similitudine nelle dinamiche per avere un buon risultato. Un esempio che mi viene in mente è

2 Auto BPM (Beat Per Minute). Le battute al minuto di un brano rappresentano la divisione metrica di una

partita musicale. In parole semplici, corrispondono a quante volte batti i piedi per terra a tempo mentre le

ascolti, se riprendiamo l‟esempio dell‟esercizio proposto precedentemente. Più alto è il valore BPM più un

brano è veloce. L‟auto BPM porta i due brani che abbiamo deciso di unire allo stesso numero di battute al

minuto senza sforzo.

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il montaggio di un disco della scorsa stagione, il tema era il cigno nero: il programma iniziava con

la versione classica op.20 atto II° del Lago dei Cigni di Ciaikovski per poi, dopo il primo minuto,

seguire con una versione disco-rap del famoso balletto. I generi erano completamente diversi

eppure il montaggio è stato vincente. Per far intuire che non sarebbe stata la classica versione del

lago dei cigni, assieme all‟allenatrice, abbiamo inserito nella parte classica dei sample3con degli

scratch, il rumore tipico che procura la puntina quando graffia i dischi in vinile usati dal dj. Un

piccolo escamotage che ha permesso al programma una soluzione positiva.

Dalla stagione in corso, 2014-2015, l‟I.S.U. ha permesso l‟utilizzo del cantato anche nel singolo e

nelle coppie. Ora tutte e quattro le specialità della figura possono usare musiche cantate. Quando si

inserisce il cantato è importante prestare attenzione a cosa dicono le parole, soprattutto se i pezzi da

tagliare o da assemblare sono vocali. Non vogliamo di certo che il nostro atleta pattini su parole

unite senza senso. Da considerare è anche il tipo di voce che canta per evitare un mix eccessivo di

voci diverse. Cantata o no ciò che conta è esprimere un‟idea chiara e facile da decifrare.

1.4 L‟idea del programma

Ci sono principalmente tre tipologie di programmi:

1) il programma astratto

2) il programma che esprime un concetto

3) il programma che esprime una storia

Il programma astratto non prevede l‟interpretazione di una storia o di un concetto. È semplice

movimento sulla musica. In questo caso pubblico e giudici non sono colpiti da una particolare idea

ma da una coreografia che sottolinea le migliori capacità dell‟atleta. Il parametro usato sarà quello

della musicalità: i movimenti del corpo dovranno seguire le nuances musicali, l‟espressione del

volto esprimere ciò che la melodia suscita mentre l‟animo dell‟atleta si fonderà con le note.

L‟unione atleta-musica suscita comunque nell‟osservatore un certo significato del programma che,

molto probabilmente, rimarrà diverso in ognuno perché molto personale. Un esempio di programma

astratto è lo short program della stagione 2013-2014 di Jeremy Abbot, Lilies of the Valley di Jun

Miyake tratto dalla colonna sonora del film “Pina”. Un film documentario dedicato alla

famosissima coreografa Pina Bausch, fondatrice del Tanztheater (teatro-danza) adottato negli anni

3 Sample (o campione) è un frammento audio in formato digitale, si tratta principalmente di piccole porzioni

di brani musicali, di voci o di altri suoni usati per arricchire quelli della traccia principale.

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‟70 da alcuni coreografi tedeschi per indicare un preciso progetto artistico che intendeva

differenziarsi dal balletto e dalla danza moderna, includendo elementi recitativi, come l‟uso del

gesto teatrale e della parola, con precise finalità drammaturgiche. È evidente che il programma

presentato da Abbot esprime un concetto astratto che permette ad ognuno di noi di immaginare un

significato personale rispetto a quanto presentato.

Il programma di concetto esprime appunto un concetto in relazione alla selezione musicale, dove i

movimenti coreografici sono in stretta aderenza con il concetto scelto. L‟esempio che mi viene in

mente è quello della coppia vice campione olimpica di danza Virtue-Moir. Nella stagione 2013-

2014 hanno proposto una selezione musicale di Alexander Glazunov (Petit Adagio, Waltz in

Concerto n.2). Il concetto con il quale è stato presentato il programma dai commentatori televisivi

era “The Seasons “. Le stagioni volevano rappresentare, a mio parere, le stagioni della loro carriera,

una sorta di summa di tutto il loro percorso agonistico. Su di una musica delicata, impalpabile

hanno voluto offrire un omaggio a loro stessi. Come dire: abbiamo interpretato molti generi,

personaggi, storie, adesso siamo solo noi e la musica, siamo noi i personaggi di una storia che è la

nostra e vi dedichiamo tutto il nostro percorso, le nostre stagioni.

Il programma che esprime una storia prevede la narrazione attraverso la musica ed i movimenti di

un racconto con un inizio ed una fine che si esauriscono all‟interno del programma. Questa

tipologia di programma offre forse la più immediata risposta dell‟audience, sia esso il pubblico o i

giudici, soprattutto se la scelta cade su personaggi o storie popolari. Per atleti di alto livello un

lavoro interessante sarebbe quello di analizzare alcuni tratti caratteristici dei personaggi oppure

quello di studiare nuove letture di storie conosciute. Torna ancora come esempio la coppia Virtue

Moir con la loro interpretazione in chiave moderna della Carmen durante la stagione 2012-2013.

Il pattinaggio come espressione artistica è in continua evoluzione. Le eccellenti doti

tecnico/artistiche di alcuni atleti permettono di intraprendere percorsi molto interessanti,

esprimendo concetti nuovi e studi coreografici al pari di quelli intrapresi da ballerini professionisti.

Non dobbiamo dimenticare che la parte artistica è una delle componenti del programma di gara

soggette alla valutazione ma non è l‟unica. Prima di dedicarsi alla parte coreografica è buona

abitudine inserire con ordine gli elementi tecnici previsti dal regolamento I.S.U.

Il secondo capitolo intende analizzare le metodologie che permettono questo processo.

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CAPITOLO DUE

LA CREAZIONE DEL PROGRAMMA

2.1 Il grafico del programma nello spazio e nel tempo

Il disegno di un programma di gara è basato su uno schema. Quando l‟atleta si muove lungo la

pista, l‟occhio dell‟osservatore percepisce un disegno. Se l‟atleta gira sempre nello stesso verso su

una traiettoria circolare, l‟occhio seguirà quel disegno, e il risultato sarà monotono. Quando si

disegnano dei tracciati è importante coprire tutta la pista usando varietà di aree diverse per i salti, le

trottole e le sequenze di passi. Per rendere interessante il programma l‟atleta dovrebbe pattinare in

tutte le direzioni coprendo l‟intera area del ghiaccio.

Molti allenatori e atleti hanno un senso innato per trovare questo tipo di soluzioni, ma per non

ripetersi nel tempo o fare errori grossolani è meglio seguire un metodo.

Ci sono principalmente due approcci per creare i tracciati dei programmi:

Impostare il programma con i pattini direttamente sul ghiaccio e poi in un secondo momento

disegnare il tracciato su un pezzo di carta per controllare se è ben equilibrato. Poi portare dei

cambiamenti al programma per correggere eventuali errori emersi dal disegno.

Oppure disegnare prima il programma su un pezzo di carta per poi andare a coreografare lo schema

in pista. Personalmente preferisco la seconda soluzione. Il vantaggio principale di disegnare il

programma fuori pista è che si ha la possibilità di utilizzare la musica senza limiti. Durante gli

allenamenti in pista spesso bisogna mettersi in coda per far passare la propria musica. Inoltre nella

tranquillità di casa ci si concentra meglio e si sentono più chiaramente tutte le nuances, le

dinamiche e le articolazioni della musica in oggetto. Si ha il tempo di pensare e modificare la

struttura per valorizzare al meglio gli elementi tecnici attraverso la musica. Si ottimizzano i tempi

arrivando in pista con le idee ben chiare e non si sprecano ore costose di ghiaccio. La preparazione

del disegno del programma non assicura comunque che ciò che programmiamo a casa abbia sempre

un riscontro positivo sul ghiaccio. Può capitare che l‟atleta abbia particolari difficoltà nell‟eseguire

una transizione che a casa ci sembrava perfetta, o che una trottola necessiti di più tempo per essere

eseguita. Insomma il disegno è solo una traccia che aiuta chi monta il programma ad accelerare e

ottimizzare il lavoro.

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Generalmente ascolto attentamente la musica dall‟inizio alla fine più volte fino a quando non mi

faccio un‟idea su quando inserire salti, trottole e passi previsti dal regolamento (nel sincro gli

elementi richiesti). Durante questo processo mi concentro anche sulla tipologia di transizione che

posso inserire tra un elemento e l‟altro, ispirato dalla musica e dalle capacità intrinseche

dell‟atleta/squadra. Con un cronometro segno a parte il tempo previsto per un determinato elemento

e anche il tempo che mi serve dalla fine di un elemento all‟inizio di quello successivo (transition).

Questo mi permette di avere un‟idea di quanto tempo ho per legare gli elementi e quindi il tempo

disponibile per le transizioni. Numero e metto in lista su di una colonna gli elementi assicurandomi

di soddisfare tutte le richieste tecniche, e lascio uno spazio tra di loro per segnare il tempo dedicato

alle transizioni. In questo modo vado a creare una tabella del tempo (time chart) che mi permetterà

di disegnare con più facilità il tracciato del programma evitando errori grossolani:

inizio 16 sec

1) 3Lz 0:17

Transizione 0:17-0:33

2) 3F 0:34

Transizione 0:34-0:46

3) 2A 0:47

Transizione 0:48-0:55

4) CCoSp …

A questo punto prendo i miei fogli con già stampata la superficie rettangolare della pista e inizio a

pensare come distribuire gli elementi. Controllo di aver inserito tutti gli elementi richiesti e cerco di

studiare soluzioni interessanti per distribuirli sul ghiaccio, tenendo presente che il disegno deve

facilitare l‟esecuzione dell‟elemento all‟atleta. In linea di massima, per una corretta distribuzione,

divido la pista in tre parti: balaustra-linea blu, linea blu-linea blu e linea blu-balaustra.

Per il singolo, considerando un programma senior maschile, cerco di inserire in ognuna di queste

parti una trottola, nelle due parti esterne tre salti, nella parte centrale due salti e in base al disegno

delle transizioni mi riservo di decidere il tracciato delle sequenze di passi. Le trottole non vanno

mai messe vicino alla balaustra e al tempo stesso cerco di disporle in modo che non risultino essere

tutte sullo stesso asse. Per quanto riguarda i salti è consigliabile non ripetere lo stesso salto in una

delle tre sezioni della pista e inoltre i salti ripetuti dovrebbero essere presi in modi differenti,

utilizzando inoltre assi differenti. Per esempio un Lutz preso sull‟asse parallelo alla balaustra corta

nella parte nord della pista e uno preso sull‟asse parallelo alla balaustra lunga nella parte sud della

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pista. Dimostrare la capacità di eseguire lo stesso salto con prese diverse favorisce il fattore

sorpresa nel programma, sempre apprezzato dai giudici, e sottolinea l‟abilità di potere utilizzare

diverse direzioni di pattinata.

Lo stesso procedimento si adotta per un programma di sincronizzato. A cambiare sono gli elementi

richiesti. Bisognerà prestare particolare attenzione all‟alternanza di elementi ruotanti (circle, wheel)

con quelli che “pivotano” (block, line), all‟inserimento di una intersection, un pair element, o un

choreographic element sulla giusta frase musicale. In aggiunta all‟alternanza, per ottenere un

risultato credibile e confacente ai regolamenti, la squadra dovrà dimostrare la capacità di alternare il

senso di rotazione degli elementi, variando il senso di pattinata in orario e antiorario. La stessa

divisione della squadra, richiesta da un particolare elemento, dovrebbe creare un continuo cambio di

formazione per rendere interessante il programma. Il passare da una line (dove tutti gli atleti

formano un‟unica linea) ad un pair element (dove gli atleti formano delle coppie) ad una

formazione di no hold (dove gli atleti pattinano in formazione di blocco ma singolarmente) sviluppa

un susseguirsi di diverse forme geometriche che migliorano la resa del programma.

Per ogni pista disegnata sul foglio, prendo in considerazione tre o quattro elementi da inserirvi.

Procedo fino alla fine e paragono i vari disegni per vedere se ho utilizzato una varietà di curve,

direzioni e schemi. Mi assicuro di aver disposto gli elementi in aree differenti. In questo modo sono

sicuro di avere un tracciato chiaro. Solo alla fine, in un riquadro riassuntivo, inserisco tutti gli

elementi numerati e le direzioni usate per legarli per avere l‟effetto finale della distribuzione del

programma.

Lo schema che ne uscirà sarà un insieme di disegni geometrici formato da curve, linee, forme di

otto, angoli, disegni a spirale ecc.. Questa procedura assicura l‟analisi dell‟utilizzo di tutte le

direzioni (pattinaggio avanti, indietro, in senso orario e antiorario, con rotazioni in entrambe le

direzioni) e garantisce quindi anche uno dei parametri richiesti nel giudizio degli skating skill ossia

la multidirectional skating. Probabilmente bisognerà portare delle modifiche una volta che si

proverà a montarlo con i pattini, ma cosi si ha una buona base dalla quale partire.(vedi allegato 1 e

2)

2.2 Le transizioni

Le transizioni (transitions) sono una delle voci dei componenti del programma (components ). Il

termine transition indica tutto ciò che precede e segue un elemento. Sono le connessioni e i

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passaggi tra un elemento e l‟altro all‟interno del programma, nel sincronizzato anche all‟interno

dell‟elemento stesso. Lo scopo delle transizioni è di collegare i diversi elementi tra di loro creando

un flusso di movimenti originali e continui che diano al programma un‟idea di unità. Il senso è che

un atleta prima di affrontare un elemento tecnico non dovrebbe interrompere il flusso del

programma, spezzando l‟idea di unità, esattamente come avviene a teatro nei numeri dei ballerini

professionisti.

Per collegare gli elementi tecnici abbiamo a disposizione una serie di strumenti: footworks, skating

movement, body movement, non listed elements.

I footworks si dividono in turns (three turns, twizzle, bracket, rocker, counter, loop) e steps

(stroking, progressive, chasse, cambio di fili, cross roll, toe steps, small hops, mohawk e choctaw).

Gli skating movements racchiudono movimenti quali la luna, ina bauer, compassi, hydroblading,

charlotte e spirali e possono essere resi più interessanti se intervengono a valorizzarli parti del

corpo quali la testa, le braccia, il torso e le gambe (body movements).

I non listed elements sono rappresentati da tutti quegli elementi che non sono considerati ai fini del

punteggio dal pannello tecnico (mazurkas, walleys, spaccate).

Nella disciplina del sincronizzato rientrano nelle transitions anche i cambi di presa. Da notare

inoltre che per il sincronizzato alcuni di questi strumenti sono attualmente richiesti anche all‟interno

degli elementi e quindi oltre che servire come varianti per le transizioni devono essere utilizzati per

aumentare il livello dell‟elemento stesso. La suddivisione degli strumenti citati non è inoltre

esattamente la stessa tra artistico individuale e sincronizzato anche se la tendenza degli ultimi anni è

quella di unificarli.

La valutazione delle transizioni segue i criteri di qualità, difficoltà, varietà e complessità.

I giudici valutano sempre la qualità, quindi quando si creano delle transizioni dobbiamo accertarci

che quanto proposto sia eseguito perfettamente, ogni dettaglio deve essere curato. Per esempio una

spaccata prima di un salto vale la pena inserirla solamente se le linee del corpo del pattinatore

rispecchiano i requisiti di una bella spaccata.

La difficoltà delle transizioni è abbastanza aleatoria. Va da se che un contro tre sia più difficile di

un tre, o che una boccola sia più difficile di un doppio tre. Ma ci sono passi, becchi e movimenti

semplici che possono essere resi difficili dalla velocità di esecuzione, dall‟inclinazione delle lame

sul ghiaccio o dall‟uso dei body movements. Ecco che un semplice angelo esterno avanti può

risultare difficile quando l‟atleta dimostra una mobilità articolare tale da alzare la gamba libera fino

a raggiungere la posizione di spaccata, magari inclinandosi tanto sul ghiaccio da sfiorarlo con la

mano stringendo il cerchio a spirale.

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La varietà delle transizioni è la combinazione di differenti passi, becchi, body movements, skating

movements e non listed elements. Per varietà non si intende soltanto la varietà degli strumenti ma

anche dell‟utilizzo di diversi piani dello spazio (basso, alto) e del senso di rotazione degli strumenti

usati (orario e antiorario). Mettiamo il caso di avere un atleta molto bravo nelle lune, se inseriamo

continuamente questo movimento all‟interno del programma, la transizione non risponderà più al

criterio di varietà. Al contrario un atleta che dimostra di poter eseguire passi e becchi differenti,

capace di pattinare lune, ine, spirali in diverse direzioni e diversi piedi, soddisferà le richieste del

criterio varietà.

Per complessità si intende la capacità di legare i diversi strumenti delle transizioni uno nell‟altro,

immediatamente prima e dopo gli elementi richiesti. Si creano cosi degli schemi complessi che

portano nuove interessanti soluzioni al programma.

Quando ci accingiamo a costruire il programma sul ghiaccio è importante conoscere bene l‟atleta

che abbiamo davanti e proporre transizioni che lo valorizzino e consentano di affrontare al meglio

gli elementi tecnici previsti. Spesso siamo tentati di inserire transizioni che nel nostro immaginario

potrebbero risultare interessanti e di effetto, ma dobbiamo cercare di essere concreti. Come

abitudine personale, quando noto che ciò che avevo in mente non corrisponde a quello che sta

facendo l‟atleta, ma penso che con l‟allenamento sia possibile inserirlo, lascio una transizione più

facile che occupa lo stesso tempo. Poi spiego ancora all‟atleta l‟effetto di cui ho bisogno per

valorizzare quel passaggio e chiedo di allenarlo per un certo periodo. Se al termine di questo

periodo è migliorato lo inserisco.

A volte il rischio è quello di inserire transizioni che inibiscono le capacità dell‟atleta sia riguardo gli

elementi tecnici, sia riguardo la fluidità del programma. La scorrevolezza del programma dipende

dalla tattica del montaggio e anche dalla qualità del pattinaggio.

2.3 Skating skill

Sono la prima voce dei componenti del programma, riguardano la qualità complessiva del

pattinaggio presentato. I criteri che influenzano il giudizio degli skating skills sono: la capacità di

dimostrare potenza, energia ed accelerazione senza sforzo, la scorrevolezza e la padronanza del

pattinaggio attraverso un‟eccellente tecnica, il saper pattinare per la maggior parte del programma

su un piede, l‟uso multi direzionale della pattinata.

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Il primo criterio è connesso con la forza, l‟energia. Ciò che colpisce la giuria è la capacità di variare

la velocità all‟interno del programma, qualità indispensabile per atleti di alto livello. Quando ci

accingiamo a montare delle transizioni è importante tenere in considerazione che, per valorizzare il

programma, e anche aiutare il nostro atleta dal punto di vista metabolico, devono coesistere

accelerazioni e recuperi. Le accelerazioni devono seguire la frase musicale e avvenire con pochi

passi, cosa possibile se la tecnica di pattinaggio base è solida. I recuperi possono essere studiati in

diversi modi, per esempio con un breve stop arricchito da movimenti del corpo oppure subito dopo

l‟accelerazione mantenendo la velocità con degli skating movements. Risulta essenziale il disegno

delle transizioni che deve permettere di creare grandi curve se la velocità raggiunta è elevata e

curve più strette quando il pattinatore rallenta o riprende a pattinare dopo uno stop. Generalmente

quando un pattinatore deve prendere velocità è utile creare dei disegni a spirale sul ghiaccio o

comunque delle curve più strette che man mano che la velocità aumenta, si allargano. L‟uso degli

incrociati per prendere velocità è considerato banale e poco interessante. Per atleti di alto livello

sarebbe auspicabile usare mezzi differenti, come per esempio i progressive, gli affondi, i cambi di

filo ecc.

Il secondo criterio riguarda la fluidità espressa attraverso un‟apparente semplicità nel pattinare. La

padronanza del pattinaggio è data da un ottimo equilibrio, frutto del controllo del corpo e della lama

sul ghiaccio, che permette di pattinare su fili profondi e di mantenere la velocità durante

l‟esecuzione di passi e becchi. Va da se che chi dimostra di possedere questo requisito ha

sicuramente la padronanza per pattinare su di un piede solo come richiesto dal terzo criterio.

Strettamente legata alle transizioni, come già scritto prima, è la capacità di pattinare in diverse

direzioni (avanti, indietro, in senso orario, antiorario e con rotazioni in entrambi i versi). Quando

disegniamo il programma dobbiamo assicurarci che ci sia equilibrio nelle direzioni usate e che

l‟atleta dimostri di possedere la stessa sicurezza e capacità di accelerazione in tutte le direzioni

scelte.

2.4 La tattica del montaggio

Ordinare la sequenza degli elementi tecnici richiesti dal regolamento è strettamente correlato ad una

strategia di gara. Ogni atleta ha le sue prerogative e quindi sta all‟allenatore formare un programma

che esalti le capacità dell‟atleta. Non esistono schemi per cui un atleta debba eseguire un particolare

elemento prima dell‟altro, ma la scelta di un elemento al posto di un altro può fare la differenza

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durante le competizioni. Attualmente nel singolo i salti inseriti dopo la metà del programma

acquisiscono valore maggiore rispetto al loro base value. Questa regola induce atleti ed allenatori ad

inserire elementi di difficoltà anche nella seconda parte del programma, rendendolo vario ed

interessante. Le combinazioni di tre salti, infatti, sono strategicamente quasi sempre inserite nella

seconda parte del programma. Quando si crea la time chart è utile segnare da quale momento si

passa nella seconda parte del programma per cercare di inserire a ridosso del passaggio elementi

che possano aumentare il punteggio tecnico. Per un programma senior donne, mettiamo di durata

quattro minuti, si cercherà di inserire un salto o una combinazione di salti di elevata difficoltà subito

dopo i primi due minuti. È necessario quindi, già nella prima fase del taglio della musica, avere in

mente almeno in modo approssimativo, quale elemento possa soddisfare quella frase musicale e la

richiesta tecnica del programma.

Generalmente quando si costruisce un programma si hanno delle idee sull‟ordine degli elementi che

solo dopo una prima fase di sperimentazione possono essere confermate o cambiate in base alle

risposte dell‟atleta. Per atleti di alto livello è più semplice decidere la sequenzialità degli elementi

perché dispongono di un bagaglio tecnico e di un‟esperienza tale da permettere di decidere, con una

certa sicurezza, l‟ordine degli elementi già nella prima fase di montaggio. Non a caso se si

esaminano i programmi dei migliori pattinatori al mondo, molto spesso, mantengono nel corso degli

anni lo stesso ordine di elementi. A volte mantengono, almeno per i primi elementi che

tendenzialmente sono i più complessi, addirittura lo stesso disegno e le stesse transizioni con

qualche variazione di braccia. Raggiunta una certa maturità tecnica, l‟atleta trova il proprio ordine.

C‟è chi preferisce iniziare con un elemento per lui facile, perché ha bisogno di sentire dei particolari

movimenti o di “scaldarsi” prima di affrontare salti più difficili. C‟è chi è abituato a togliersi subito

l‟elemento per lui più complicato o a livello metabolico più dispendioso, come per esempio delle

combinazioni di salti tripli o quadrupli. Non c „è una regola , è tutto molto soggettivo e legato alle

capacità dell‟atleta. In linea generale è consigliabile partire e finire il programma con elementi che

colpiscano la giuria in modo favorevole e che permettano all‟atleta di gestire la propria

performance.

Con l‟espressione “tattica del montaggio” intendo l‟utilizzo di strategie che favoriscono la resa

tecnica e artistica del nostro atleta. Per questo è importante capire chi abbiamo davanti per creare

una strategia che deve essere sempre personale e “tagliata su misura”.

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CAPITOLO TRE

LA COREOGRAFIA

Il pattinaggio di figura, essendo uno sport e un‟arte, dovrebbe soddisfare i requisiti dello sport e le

qualità estetiche dell‟arte. La coreografia di un programma di gara risulta essere quindi un

passaggio obbligatorio per atleti di alto livello. La parola coreografia è di origine greca ed è

composta da choreia (danza) e graphè (scrittura). Oggi il significato indica l‟arte di comporre

azioni danzate in armonia con la musica4. La coreografia, essendo strettamente legata alla musica,

si potrebbe anche definire come descrizione della musica attraverso il movimento.

Choreography è uno dei parametri dei componenti del programma. I criteri che lo definiscono sono

riassumibili in tre:

1) Il concetto, la visione, l‟idea del programma

2) Il disegno e la copertura della pista

3) La connessione con la musica

Ho già analizzato nei capitoli precedenti tutti e tre i criteri quindi non mi dilungherò ancora sulla

loro analisi.

Per rispondere al primo criterio l‟atleta deve essere capace di esprimere attraverso i movimenti del

corpo il concetto, l‟idea, l‟emozione, il tema che ha ispirato il suo programma. L‟atleta si erge ad

attore e deve parlare attraverso i movimenti del corpo. La comunicazione funziona se l‟attore

(l‟atleta), sa recitare (creare movimenti). Come bisogna saper recitare per essere un bravo attore,

allo stesso modo bisogna sapersi muovere per comunicare un messaggio che sia chiaro e

decifrabile. Ma quali strumenti dobbiamo offrire ai nostri atleti per imparare o migliorare la loro

capacità di muoversi nello spazio e nel tempo?

3.1 Off-ice: danza

Dal momento che il pattinaggio non ha a che fare solo con dei gesti atletici, ma deve esprimere

anche un aspetto artistico, l‟approccio stilistico diventa importante. Per aiutare i nostri atleti a

4 Cit. Enciclopedia Treccani

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raggiungere un loro stile artistico, le lezioni di danza classica sono di grande beneficio. Eseguire

salti di elevata difficoltà o trottole e passi intricati senza che ci sia una connessione artistica tra

questi elementi non serve a molto. Il programma di gara deve soddisfare sia le richieste tecniche che

quelle artistiche. Le lezioni di danza dovrebbero seguire un metodo scientifico per preparare il

corpo a muoversi nello spazio con stile, coordinazione ed eleganza come richiesto dal componente

Choreography.

Imparare a controllare il proprio baricentro, per esempio, è necessario per l‟equilibrio e il controllo

del corpo. Tenere i glutei in tensione e in linea con il tronco, aiuta i pattinatori ad eseguire qualsiasi

movimento con stile. La posizione delle spalle rilassata ma con la muscolatura della schiena in

tensione esalta le linee delle braccia.

Sono molti gli esercizi specifici che, eseguiti in sala di danza, possono velocizzare e migliorare

l‟apprendimento di movimenti corretti ed eleganti sul ghiaccio. La danza, sia essa classica, ritmica o

artistica, migliora per esempio la mobilità articolare. Una bella luna sul ghiaccio è frutto di gambe

girate nella cavità delle anche. Se non ho un atleta naturalmente predisposto alla rotazione delle

gambe, le lezioni di danza classica svilupperanno e modelleranno i muscoli del corpo in modo tale

da agevolare l‟esecuzione di alcuni movimenti sul ghiaccio.

L‟utilizzo delle caviglie e delle ginocchia è molto importante nel pattinaggio. La danza, tramite

esercizi come per esempio i plie, rafforza le fasce muscolari dei quadricipiti che stabilizzano le

ginocchia. La ripetizione costante dell‟esercizio insegna anche la corretta posizione di allineamento

delle ginocchia con le punta dei piedi. Ginocchia e punta dei piedi dovrebbero “guardare” sempre

nella stessa direzione. Se il ginocchio tende ad inclinarsi all‟interno rispetto ai piedi, sul ghiaccio

questa posizione scorretta si tradurrà in una tendenza a stare sul filo interno, che potrebbe causare

problemi tecnici e fisici all‟atterraggio dei salti. Un buon collaboratore nelle lezioni di danza

corregge questi difetti in tempo per evitare abitudini posturali errate che possono portare ad

infortuni.

Pattinatori che hanno paura o ansia nell‟affrontare i salti di solito esprimono il loro stato emotivo

attraverso un portamento sbagliato: tensione muscolare, spalle alzate e testa bassa. Se queste

posizioni vengono reiterate nel tempo, i muscoli tenderanno a creare un abitudine posturale che

sarà difficilmente correggibile. Probabilmente con la ripetizione dell‟esercizio tecnico sul ghiaccio,

il conseguente rinforzo muscolare e l‟aumento delle capacità coordinative dovuto alle esercitazioni,

la paura che si aveva nell‟affrontare un certo salto andrà diminuendo. Ma sfruttare le lezioni di

danza classica per conoscere la propria struttura corporea e in che modo i muscoli lavorano per

costruire una certa coordinazione, forza e buona postura, è sicuramente la via più breve per

raggiungere in minor tempo i propri obiettivi.

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Studiare danza insegna la disciplina della mente e del corpo. Apprendere ed allenare i passi di danza

aiuta a migliorare la concentrazione per i passi che poi i nostri atleti dovranno imparare sul

ghiaccio. Le lezioni di danza contemporanea, jazz o di altri generi favoriscono l‟apprendimento e

facilitano la capacità di adattamento a diversi stimoli musicali.

L‟insegnamento corretto della danza non aiuta solo a sviluppare le capacità fisiche o la

concentrazione, ma offre anche dei risvolti emozionali. Pensieri espressivi possono tradursi in

movimenti personali ed eleganti. Lavorando continuamente con il ritmo, si impara a muoversi nei

limiti del tempo musicale senza uno sforzo conscio (la capacità di seguire il ritmo è essenziale per

l‟unisono delle squadre di sincronizzato). Questo renderà il nostro atleta ancora più elegante nelle

linee perché seguire il tempo ed eseguire degli elementi usando una certa forza muscolare diventerà

un abitudine. L‟atleta muoverà il corpo in modo istintivo, senza sforzo, per produrre ritmo e

bellezza. Se alleniamo il nostro corpo secondo le regole della danza, saremo dei danzatori anche in

pista.

Un buon metodo di insegnamento dovrebbe soddisfare alcuni parametri: allungare, rafforzare,

definire linee e forme nello spazio, coordinare.

L‟allungamento dei tendini è essenziale per noi pattinatori. I tendini attaccano i muscoli alle ossa,

allungarli aumenta la mobilità delle parti alle quali si attaccano. Ogni pattinatore dovrebbe dedicare

tempo per l‟allungamento muscolare. L‟elasticità e la flessibilità sono aspetti fondamentali nel

pattinaggio.

Tutto ciò che si impara in una lezione di danza può essere riportato sul ghiaccio. Anche se un

movimento fatto in sala non può essere riproposto tecnicamente sul ghiaccio, l‟essenza del

movimento rimane nell‟atleta e può essere riproposta.

Gli esercizi di danza, quando allenati con costanza, producono un corpo coordinato e pronto a

rispondere alle richieste tecniche e artistiche. Quando si ha la padronanza dei principi del

movimento, la si può applicare istantaneamente e senza un pensiero cosciente. Ecco quindi che

costruire un background attraverso la danza permette all‟atleta di attingere da esso per comunicare

in modo potente e personale la propria essenza al pubblico e ai giudici.

3.2 Il ruolo del coreografo

I coreografi che collaborano con i pattinatori costruiscono una serie di movimenti del corpo che

esaltano ed evidenziano le capacità tecniche degli atleti. La coreografia di un programma di gara

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lega i movimenti alla musica scelta. L‟estetica dei movimenti unita alla scelta musicale può

modificare il successo o il fallimento di una tattica di gara. Per questo, per atleti d‟elite, è necessaria

una stretta collaborazione con quello che definirei l‟aiuto regista del pattinaggio di figura.

Obiettivo finale del regista (l‟allenatore) e dell‟aiuto regista (il coreografo) è dirigere l‟attore

(l‟atleta) per esaltare le sue capacità e renderlo credibile al pubblico. Dobbiamo quindi sfruttare la

personalità e lo stile del nostro atleta per creare un programma che segua il suo particolare talento.

Questa visione del concetto di coreografia propone un approccio soggettivo, dove l‟obiettivo è

quello di svelare ed intensificare le qualità positive del pattinatore. Alterare lo stile di un pattinatore

già formato richiederebbe molto tempo, fatica e impegno sia da parte dell‟atleta che da parte del

coreografo.

Un approccio oggettivo alla coreografia prevede che l‟atleta aderisca ad un determinato stile per

comunicare il senso del pezzo scelto. In questo tipo di approccio non è permessa alcuna devianza o

allontanamento al genere e l‟atleta rischia di perdere identità. Generalmente vale la pena

intraprendere un approccio oggettivo alla coreografia per stimolare l‟atleta a migliorare alcuni

aspetti deboli delle sue capacità interpretative. L‟esperienza oggettiva, nell‟età della formazione,

può renderlo più versatile perché viene educato ad esplorare movimenti che in altro modo non

avrebbe provato (come spiegavo nel primo capitolo riguardo alla scelta musicale di Black Magic

Woman per Caterina). Ma se parliamo di atleti d‟elite, senza alcun dubbio l‟approccio soggettivo è

quello che dobbiamo ricercare.

A prescindere dal tipo di approccio, oggettivo o soggettivo, ogni coreografo ha una propria

personalità e un proprio stile. Cercando di approfondire l‟aspetto della coreografia ho trovato

un‟interessante lista che presenta il coreografo attraverso quattro possibili tipologie:

THE DICTATOR enjoys being in charge. Working with this type of choreographer

will not include collaboration or a discussion of ideas. Skaters who need to be directed

and molded would benefit from this approach. A skater who enjoys input in the

creative process might not.

THE VISIONARY. These choreographers sometimes demand seemingly impossible

movement. They can visualize the program they want and can recognize opportunities

for spectacular movement. They consider the skills of the skater as well as look for

idiosyncrasies that can be transformed into fascinating details. They are great people to

work with if the skater enjoys taking risks and being pushed to the limit of his ability.

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THE FACILITATOR. These choreographers have a basic concept but let the skater do

much of the creating. Since free skating performances are about the skater this style can

be a good way to extract a skater‟s unique style.

THE COLLABORATOR. This can be a long, tedious, expensive and sometimes

frustrating process. It involves listening and compromising, respecting other ideas and

letting go of the idea of ownership. No one holds ultimate artistic control. It is a good

process for the skater who wants to have his ideas reflected in the finished product but

not if he needs to get the work done in a hurry.5

Il coreografo “dittatore” non permette alcuna intromissione nel proprio lavoro. Valgono solo le sue

idee e non cerca collaborazione né con l‟atleta né con l‟allenatore. È una tipologia che funziona con

atleti che hanno bisogno di essere diretti e plasmati, generalmente sono atleti giovani o con poca

esperienza.

Il coreografo “visionario” ricerca nuove interessanti, ma spesso difficili, soluzioni coreografiche.

Ha ben in mente come dovrebbe risultare il programma ancora prima di iniziarlo. Conosce le

capacità dell‟atleta che ha davanti e cerca di sfruttarle al massimo per creare movimenti

spettacolari. L‟atleta che collabora con questa tipologia di coreografo deve essere disposto a

raggiungere i limiti delle sue capacità.

Il coreografo “agevole” ha un concetto base del programma ma lascia libertà creativa all‟atleta per

esprimerlo. Questo coreografo agevola l‟espressione stilistica personale dell‟atleta.

Il coreografo “collaboratore” funziona soprattutto con atleti che vogliono che le proprie idee

riguardo al programma risultino evidenti alla fine del processo di costruzione. Il coreografo in

questo caso non mantiene il possesso della conduzione artistica ma, attraverso un lungo processo,

trova un valido compromesso con l‟atleta e con l‟allenatore.

Potremmo ora domandarci quale sia il migliore di questi quattro, ma la risposta sarebbe sempre

guidata dalla propria tendenza personale. Credo che per essere un buon coreografo sia necessario

adattarsi all‟atleta che si ha di fronte. Quindi un buon coreografo dovrebbe possedere le doti di

ognuna di queste categorie ed adattarle alle circostanze. Dopotutto è quello che cerchiamo di fare

anche noi allenatori quando lavoriamo con atleti di età e personalità che spaziano in una gamma

immensa di “colori”.

5 Schrader, Constance: A Sense of Dance: Exploring Your Movement Potential, Champaign, Human Kinetics, 1996.

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Ma a livello pratico come possiamo trovare un buon coreografo? Quali sono le caratteristiche

personali che dobbiamo ricercare?

Innanzitutto i coreografi lavorano nel mondo della danza. Possono essere specializzati in danza

classica, jazz, etnica, o in una delle innumerevoli specialità che la riguardano. I coreografi possono

lavorare per la televisione, nel campo della produzione cinematografica, per la pubblicità, per

audizioni e video musicali. Negli ultimi anni, anche grazie alla popolarità di vari talent televisivi, il

ballo ha suscitato grande interesse tra i giovani e spesso le scuole richiedono coreografi per

manifestazioni alle quali partecipano con delle classi. La maggior parte dei coreografi lavora per

una scuola di ballo o addirittura la dirige. Possiamo quindi rivolgerci a queste strutture per cercare il

nostro coreografo. Una volta individuato, è importante conoscere le sue esperienze formative e

lavorative richiedendo un curriculum che può darci qualche garanzia sul livello di preparazione e

specializzazione.

In linea generale le caratteristiche di un buon coreografo sono:

- la passione per l‟insegnamento

- l‟abilità di creare coreografie innovative e personali

- la responsabilità di prendere a carico un progetto/programma

- la conoscenza e l‟interesse per musiche di diverso stile

Il coreografo insegna a comunicare idee ed emozioni attraverso i movimenti del corpo e le

espressioni della mimica. Per questo deve sapere spiegare e dimostrare la tecnica necessaria agli

atleti. Generalmente è una garanzia di esperienza se il coreografo ha già lavorato con altri atleti o

danzatori. La maggior parte dei coreografi ha un background personale che li ha visti impegnati in

scuole di ballo e in stili di ballo differenti. Più esperienza hanno, più riescono ad attingere da essa

per creare nuovi progetti interpretativi.

Un coreografo preparato dovrebbe possedere inoltre le seguenti competenze:

- cultura musicale

- comprensione dell‟anatomia

- conoscenza delle tendenze sociali e culturali presenti e passate

Per cultura musicale intendo la conoscenza delle basi della musica che permette la lettura degli

elementi musicali quali il tempo, le dinamiche, il ritmo, e tutto quanto trattato nel primo capitolo.

Inoltre per cultura musicale mi riferisco anche alla conoscenza dei diversi generi musicali.

Se il coreografo conosce l‟anatomia del corpo umano, conosce anche le potenzialità che gli atleti

possono esprimere attraverso i suoi movimenti. È di grande aiuto conoscere e spiegare quali fasce

muscolari devono intervenire in un movimento affinché il risultato sia quello desiderato. La tecnica

ha sempre a che fare con la conoscenza e la consapevolezza.

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Il coreografo dovrebbe inoltre possedere intuito per capire quali potrebbero essere le tendenze

stilistiche adatte all‟atleta. Per questo dovrebbe essere una persona interessata alla cultura in tutte le

sue sfumature. Coreografare un musical o un brano tratto da un‟opera teatrale prevede la

conoscenza della trama e del periodo storico in cui è ambientata. Il passo successivo potrebbe

essere quello di reinterpretare una trama o un balletto in chiave moderna, diversa e innovativa. Ma

la reinterpretazione prevede sempre la conoscenza dell‟originale per potersene distaccare attraverso

nuove interpretazioni.

Diventare un coreografo richiede molta disciplina e abilità nel saper lavorare con le persone. La

coreografia di un programma di gara richiede tempo e pazienza. Maggiore è il livello dell‟atleta,

maggiori saranno le ore passate a studiare fino all‟ultimo particolare ogni movimento.

Per esperienza personale è consigliabile che l‟allenatore monti il programma, distribuendo gli

elementi tecnici e le transizioni, e che solo in un secondo momento subentri l‟aiuto del coreografo.

La collaborazione tra allenatore e coreografo è essenziale. Un programma può avere successo se

allenatore, coreografo ed atleta lavorano in sinergia verso la stessa direzione. L‟atleta deve

percepire che lo staff lavora per lui, che c è affiatamento tra i diversi collaboratori. Questa

condizione lo sprona ad allenarsi al meglio, seguendo obiettivi coreografici condivisi. È altrettanto

importante che vengano rispettati i ruoli. I coreografi devono capire che impatto può avere la loro

idea coreografica sugli elementi tecnici e sulla resa a livello fisico del programma; lavorano sullo

sviluppo del portamento, delle linee e delle forme, sull‟equilibrio, la velocità e l‟agilità, ma non è

loro compito insegnare a pattinare, questo spetta all‟allenatore.

Nella mia scuola, a Trento, collaboriamo da anni con un ottimo coreografo, Riccardo Morelli.

Assieme a lui analizziamo le priorità da seguire nel processo coreografico. Tendenzialmente i

programmi vengono montati da me in primavera e lo studio coreografico di Riccardo inizia in tarda

primavera/inizio estate, per dare il tempo necessario agli atleti di acquisire sicurezza tecnica sui

nuovi passaggi impostati. Riccardo segue i nostri atleti per tutto l‟arco della stagione con cadenza

settimanale e quindi il ciclo da programmare è molto lungo. Come scrivevo prima analizziamo

assieme quali sono le priorità sulle quali lavorare per ogni atleta. Una volta raggiunto il primo

obiettivo ci si sposta a quello successivo. È un lungo processo che passo dopo passo pulisce,

arricchisce e perfeziona i programmi. Per atleti che hanno raggiunto una certa maturità e che

richiedono un lavoro ancor più dettagliato e specifico, mi rivolgo inoltre a coreografi esterni e

strettamente legati al genere musicale scelto per il programma. Ho avuto l‟onore di collaborare con

la signora Annamaria Prina, direttrice della scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano dal 1974

al 2006, per una coreografia di un programma senior. Il programma è quello di cui ho parlato nel

primo capitolo. Le musiche erano di Paganini e l‟obiettivo era di rendere più elegante la figura del

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pattinatore che le interpretava. Il lavoro che la signora Prina ha svolto con Saverio è stato molto

interessante e inusuale rispetto a quanto ero abituato a vedere. La coreografa ha voluto vedere dei

filmini dell‟atleta per poi fissare un appuntamento e vedere il programma direttamente in pista. Ha

osservato attentamente Saverio e mentre pattinava mi poneva una domanda dietro l‟altra. Era molto

incuriosita, non conoscendo la disciplina, e aveva bisogno di capire quali fossero le difficoltà

tecniche e i regolamenti. Nelle prime sedute ha lavorato per fissare ogni movimento sulle frasi

musicali, poi è passata a lavorare in sala per migliorare i difetti che le erano apparsi più evidenti.

L‟obiettivo era di migliorare il portamento, cercando soprattutto di rilassare l‟area delle spalle.

Abbiamo invitato la maestra di danza classica che seguiva l‟atleta durante la stagione affinché

potesse prendere spunto dalla tipologia di esercitazioni proposte dalla signora Prina. Questa fase ha

visto impegnato Saverio in un duro lavoro che è durato per circa quattro mesi. Dopo questo periodo

siamo tornati in pista assieme a lei perché voleva assicurarsi che il lavoro svolto in sala avesse

avuto un riscontro nel programma. Saverio aveva lavorato con grande serietà seguendo tutti i

consigli ricevuti. Il risultato iniziava a farsi vedere. Questa esperienza conferma che per avere un

risultato è necessaria una forte dedizione al lavoro. I progressi necessitano tempo ma se non si

demorde e si lavora con costanza i successi non possono tardare ad arrivare. Durante i campionati

assoluti di quella stagione Annamaria è venuta a Milano per vederlo gareggiare e i complimenti che

ha ricevuto da lei lo hanno ripagato di ogni sacrificio. Alcune collaborazioni lasciano il segno e

favoriscono la crescita artistica dell‟atleta. Dopo questa esperienza Saverio ha acquisito una nuova

maturità artistica che sono sicuro potrà tornargli utile anche nel corso delle prossime stagioni,

soprattutto ora che ha scelto di intraprendere una nuova sfida nella specialità della danza su

ghiaccio che, forse ancor più che nel singolo, necessita di queste doti.

Quando un coreografo inizia una collaborazione con un atleta dovrebbe tenere in considerazioni le

seguenti variabili:

- età

- livello di pattinata

- costituzione corporea

- forza

- personalità

- stile naturale e personale

Lo sviluppo del programma è un processo in continua evoluzione. Arriva il momento, quando si

avvicinano le competizioni, nel quale importanti addizioni coreografiche possono risultare nocive

per la buona riuscita del programma in gara. Gli atleti acquisiscono infatti delle abitudini durante la

routine degli allenamenti che se cambiate possono creare problemi a livello di resa tecnica. D‟altro

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canto è importante sviluppare e migliorare il programma durante tutto l‟arco della stagione perché

le capacità individuali, se allenate, migliorano. Piccole variazioni, come il movimento di un braccio

o del corpo, possono essere inserite senza correre il rischio di compromettere la buona riuscita degli

elementi tecnici previsti.

3.3 Il costume

La musica, la coreografia e il costume sono il “fiocco” che lega il “pacchetto regalo” del

programma. Il pacchetto non è completo se manca una buona tecnica di pattinaggio, ma al tempo

stesso una buona tecnica senza la scelta appropriata della musica o priva di un‟idea di programma

creativo e di un costume adatto, risulta poco interessante. Ecco perché allenatori e coreografi

dovrebbero prestare attenzione anche a questi aspetti e fare in modo che l‟atleta presenti il

programma con un costume e un look che rispecchi la musica e l‟idea del programma. Se si pattina

una musica etnica o specifica di un periodo storico sarebbe opportuno uno studio per capire quali

fossero i vestiti e la cultura dell‟epoca. Se la musica è dolce e fluida il costume dovrebbe rispondere

agli stessi parametri.

Il costume deve rispecchiare il tema della musica ma al tempo stesso essere adattato alla fisicità e

allo stile dell‟atleta. Per una donna che tende a tenere le spalle alte è consigliabile una larga

scollatura che allunghi la linea delle spalle e del collo. Adattare il costume alla fisicità aiuta, oltre

che a nascondere qualche difetto, ad evidenziare i pregi. Atlete con una bella schiena potranno

permettersi costumi che la mettono in evidenza. Per atleti di elite, che hanno già un loro stile, è bene

assecondare anche le tendenze stilistiche personali: questo permette all‟atleta di sentirsi a proprio

agio con quello che indossa. Tra l‟altro, uno stile personale pone i giudici in condizione di

memorizzare un particolare atleta con più facilità.

Personalmente ritengo che la semplicità paghi sempre. Un bel taglio o un particolare del costume

rende più di mille lustrini. L‟eleganza è innata. Mi viene in mente Michelle Kwan e lo stile

semplice dei suoi abiti che evidenziava l‟eleganza delle linee e la naturalezza dei suoi movimenti.

Non sono le paillettes che illuminano il pattinatore ma la sua personalità e la propria capacità di

pattinare. Ad ogni modo ognuno ha i propri gusti personali (un capitolo a parte sono i genitori dei

giovani pattinatori, che sembra pensino o sperino che il numero di lustrini possa essere direttamente

proporzionale al numero dei punti si possono prendere in gara).

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Mi piace interessarmi ai costumi degli atleti che seguo; sfoglio molte riviste e ricerco immagini su

internet per ispirarmi. Se la musica è tratta da una colonna sonora di un film osservo che abiti

indossano gli attori o quale particolare potrebbe essere ripreso per rendere l‟idea della storia.

Ricerco una chiave di lettura che non sia banale e che non risulti una mera copiatura di un altro

abito. Al tempo stesso prendo spunto anche da costumi visti durante le gare o da particolari di essi.

Non possedendo doti da sarto, capita di avere delle idee che poi non sono realizzabili: è qui che

interviene il/la costumista. È importante avere un buon rapporto con i costumisti. Sono a tutti gli

effetti dei nostri collaboratori, ci aiutano a presentare al meglio il nostro atleta. Imparare a

conoscerli ci aiuta a capire anche se quello che proponiamo può essere fatto e in che modo. L‟iter

che seguo per i costumi di gara è scandito da diverse tappe: in un primo momento cerco spunti ed

ispirazioni che mi diano un‟idea. Internet è uno strumento utilissimo, attraverso vari motori di

ricerca si trovano immagini di ogni tipo. Poi provo a disegnare uno schizzo del costume e chiedo di

fare la stessa cosa all‟atleta (non tutti sono interessati ad essere coinvolti in questa fase, alcuni atleti

preferiscono solo approvare o meno l‟idea finale). Il passo successivo è di contattare la ditta che

confezionerà il costume. Esistendo diverse ditte specializzate in questo campo si predilige la quella

scelta dall‟atleta. Organizzo un primo incontro durante il quale faccio sentire la musica e chiedo di

disegnare un‟idea prima di mostrare quanto pensato da me e dall‟atleta. Una volta che si hanno di

fronte le varie proposte si analizzano assieme all‟atleta per ricavarne una finale. A questo punto

atleta e costumista pianificano le varie prove che mi vedranno interessato solo nella prova in pista

per controllare che il vestito abbia l‟effetto desiderato, non crei problemi all‟atleta durante

l‟esecuzione del programma (maniche troppo larghe, scollature esagerate o altri possibili disagi) e

soprattutto sia “a norma” rispetto le regole I.S.U.

Arrivati a questo punto, il nostro atleta ha una musica, un programma, una coreografia e un

costume. Sembrerebbe tutto pronto per la “messa in scena”… ma manca l‟allenamento che permetta

al nostro atleta di arrivare preparato agli appuntamenti agonistici. L‟allenamento mentale e fisico

sarà il tema del prossimo capitolo.

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CAPITOLO QUATTRO

LA MESSA IN SCENA

4.1 Il fattore fatica

Pattinare il proprio programma di gara crea affaticamento. La domanda alla quale cercherò di dare

una risposta in questo capitolo è come possiamo allenarlo per contrastare la fatica. La fatica è la

conseguenza dell‟attività fisica e la risultante della mancanza di resistenza ad essa. La resistenza è

la capacità di contrastare l‟affaticamento e di mantenere nel tempo una data intensità di esercizio.

La mancanza di resistenza incide sulla coordinazione muscolare, sulla qualità dei movimenti e la

riuscita degli elementi tecnici all‟interno dei programmi di gara. Al tempo stesso alcune delle

seguenti condizioni ripetute nell‟attività giornaliera di un pattinatore possono produrre

affaticamento: “cattive” linee, movimenti poco efficienti, stress, respirazione sbagliata, inefficienza

del sistema circolatorio, riscaldamenti impropri, insufficiente riposo, alimentazione scorretta.

Analizzo brevemente come allontanarsi da queste abitudini che, se evitate, favoriscono

l‟abbassamento del fattore fatica.

Abitudini posturali sbagliate possono causare lavori muscolari non corretti. Ciò può alterare

l‟equilibrio del corpo e ripercuotersi in altri gruppi muscolari restringendo lo spettro dei movimenti

e causando fatica. Correggere l‟allineamento del corpo è importante non solo per quanto riguarda la

pulizia delle linee e lo stile ma anche per la resistenza ai programmi di gara e la qualità del

pattinaggio in generale. Per esempio nella fase di atterraggio di un salto è necessario mantenere un

corretto allineamento del corpo affinché ci sia un‟ uscita di qualità; errori quali l‟abbassamento del

mento, la schiena eccessivamente inarcata, l‟incurvamento del torace o le braccia che spingono in

modo innaturale dietro le spalle ostacolano la tenuta della gamba libera in una posizione

appropriata. Nell‟atterraggio dei salti bisognerebbe mantenere il torso leggermente inclinato in

avanti rispetto ai fianchi e al ginocchio della gamba che atterra, la spina dorsale dritta e le braccia

aperte ai lati appena sotto le spalle. In questa posizione gli atterraggi possono essere fatti senza

sforzo in modo naturale risultando più artistici e causando meno affaticamento. In un secondo

momento, quando queste posizioni assumeranno linee più naturali si potranno sperimentare nuove

soluzioni coreografiche con variazioni delle braccia o del torso. Molti problemi del fattore fatica

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derivano da movimenti inefficaci che diventano abituali. È importante cambiare queste abitudini per

reindirizzare le proprie energie, soprattutto durante l‟allenamento dei programmi, su obiettivi che

servono a raggiungere performances di successo. Le buone abitudini posturali si sviluppano, come

detto, in sala danza e attraverso la ripetizione corretta di esercizi di pattinata che gli atleti allenano

nella loro routine.

Lo stress può produrre rigidità muscolare che di solito si concentra nella zona delle spalle e del

collo. Approfondirò più avanti da cosa può dipendere lo stress e con quali strumenti si possa

affrontare.

Un pattinatore ha inoltre bisogno di una buona condizione dell‟apparato cardiovascolare per

affrontare i programmi di gara. Il corretto uso della respirazione implica il controllo del diaframma

e dovrebbe coprire una parte importante nell‟allenamento del pattinatore. La respirazione aumenta

durante l‟esercizio fisico. È difficile mantenere un ritmo respiratorio controllato durante il

programma di gara ma la corretta respirazione sviluppa la capacità di controllo e diminuisce il

fattore fatica. È buona abitudine insegnare, durante esercizi di semplice pattinata, ad inspirare

attraverso il naso ed espirare dalla bocca, creando un ritmo respiratorio.

Sane abitudini alimentari diventano uno strumento per evitare lo scadimento di forma, per

aumentare la soglia della fatica e per rendere più rapido il recupero. Un paragone banale ma

efficace che propongo ai miei atleti è che il cibo è come la benzina che mettiamo dentro la

macchina. Innanzitutto per far andare la macchina è fondamentale che ci sia la benzina e inoltre

maggiore è la qualità delle sue componenti, migliori saranno le prestazioni. Un‟ alimentazione

scorretta mette a rischio la possibilità di allenarsi. I sintomi possono essere crampi muscolari, una

diminuzione della forza e dei riflessi, l‟alterazione dello stato psicologico emotivo (fino ad arrivare

a disturbi di anoressia) e l‟alterazione del ciclo ovarico per le donne.

Parte fondamentale dell‟allenamento è il riposo. Nel paragrafo successivo analizzerò come la giusta

alternanza di allenamento e recupero crei modelli di sviluppo efficaci e specifici per arrivare

preparati agli appuntamenti agonistici in calendario.

4.2 Metodologia dell‟allenamento del programma di gara

L‟allenamento del programma di gara prevede un adattamento dell‟organismo a nuovi stimoli.

L‟adattabilità è la capacità dell‟organismo umano di modificare, più o meno stabilmente, il proprio

stato ed il proprio equilibrio funzionale, come risposta a qualsiasi tipo di sollecitazione ambientale.

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L‟organismo infatti risponde ad ogni azione che ne modifichi l‟equilibrio con una reazione che

sposta la iniziale normalità ad un livello più elevato, superiore. Questo concetto viene definito come

capacità di supercompensazione dell‟organismo.

L‟allenamento prevede quindi una modifica delle capacità di prestazione dell‟organismo, attraverso

l‟utilizzo di adeguati carichi di lavoro fisico6. L‟obiettivo di ogni programma di allenamento è di

raggiungere l‟apice della condizione per ottenere la massima prestazione al momento della “gara

obiettivo” della stagione. Tale programmazione risulta già molto complessa e suscettibile di

cambiamenti per una gara (viste le molteplici variabili che possono intervenire), lo diventa ancor di

più se la massima condizione (peaking) deve essere ripetuta in più momenti durante l‟arco della

stagione. Spesso gli atleti di alto livello partecipano a gare di grand prix nella prima parte della

stagione (junior tra agosto ed ottobre, senior tra novembre e dicembre) e poi ai campionati ISU

nella seconda parte della stagione (gennaio,febbraio,marzo). Mantenere al massimo uno stato di

condizione fisica, psicologica e tecnica per un lasso di tempo cosi ampio risulta impossibile.

Caratteristica dello stato di peaking è infatti l‟essere uno stadio provvisorio e instabile. Proprio per

questo motivo è necessaria una periodizzazione dei carichi degli allenamenti. Con periodizzazione

si intende una distribuzione cronologica dei contenuti dell‟allenamento e una pianificazione dei vari

cicli previsti.

Considerando un macrociclo di allenamento della durata di un anno, è consigliabile dividere la

stagione in tre principali periodi:

- periodo preparatorio

- periodo agonistico o competitivo

- periodo di transizione

L‟obiettivo del periodo preparatorio è di gettare le basi sulle quali costruire e sviluppare lo stato di

forma dell‟atleta durante le prestazioni agonistiche. Il periodo preparatorio si divide in due tappe:

fondamentale e speciale (vedi allegato 4). All‟interno dei periodi è necessario pianificare cicli che

individuano alcuni obiettivi intermedi che ci permettono di realizzare quelli più generali fissati per

il macrociclo: questi cicli prendono il nome di mesocicli. La struttura interna dei mesocicli è

caratterizzata dall‟alternanza dei carichi. I parametri che caratterizzano il carico sono quelli del

volume o quantità e dell‟intensità. Per volume si intende il quanto, ossia l‟ammontare del lavoro

effettuato. Per esempio il numero delle sedute di allenamento, il numero di esercizi effettuati, il

numero delle ripetizioni delle diverse esercitazioni. Per intensità si intende il come, ossia il livello

di impegno con il quale si affronta un dato volume. La misura dell‟intensità nel pattinaggio è di

difficile misurazione, può essere riferita ad una modalità di impegno con la quale si affronta il

6 Matteucci, Ercole: Allenamento sportivo: teoria, metodologia, pratica, Utet, 1999

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programma di gara o parti di esso. Pattinare un programma di gara prevede un‟alta concentrazione

e un elevato dispendio energetico e metabolico. Nei periodi di tempo vicini alle competizioni

l‟intensità in genere caratterizza i carichi di lavoro e aumenta notevolmente. Ad ogni modo i

parametri del volume e dell‟intensità sono strettamente collegati. Infatti ogni volume viene svolto

ad una determinata intensità ed ogni intensità è sempre riferita ad un volume particolare.

Nel periodo preparatorio, durante la tappa fondamentale, un primo mesociclo di allenamento è

quello detto di base. In questa fase si adottano i principali carichi per aumentare le capacità

funzionali dell‟organismo e per garantire l‟acquisizione di nuove forme di attività motorie. Si inizia

quindi ad allenare il programma di gara inserendo gli elementi tecnici. Le esercitazioni saranno

caratterizzate da un alto volume e una bassa intensità. Considerando l‟attività agonistica di un atleta

senior del singolo potremmo contestualizzare questa fase nel periodo di fine primavera, inizio

estate. La tipologia di esercitazioni alterna lavori aerobici continui, intervallati e anaerobici misti

intervallati brevi (vedi allegati 3 e 4).

Si parla di lavoro aerobico quando l‟intensità dell‟esercizio corrisponde al passaggio dal

metabolismo esclusivamente aerobico a quello parzialmente anaerobico. Le esercitazioni che

sfruttano il metabolismo aerobico sono quelle degli elementi tecnici. Semplificando molto e

portando il discorso su un piano pratico riguardo all‟allenamento dei programmi di gara si può dire

che: le esercitazioni aerobiche riguardano parti molto brevi dei programmi dove si eseguono un

paio di elementi tecnici o parti più lunghe del programma senza i salti o altre difficoltà tecniche che

richiedono maggior dispendio metabolico.

La soglia anaerobica prevede un‟intensità di esercizio al di sopra della quale l‟intervento del

metabolismo anaerobico lattacido diventa importante ( vedi le percentuali di lattato medio negli

allegati 3 e 4). L‟esercitazione che riguarda l‟utilizzo del metabolismo anaerobico lattacido è

principalmente l‟allenamento dei programmi di gara interi (maggiorati o facilitati) o la ripetizione di

più parti se si affronta un lavoro intervallato.

Quest‟ultimo tipo di lavoro si affronta sempre nel periodo preparatorio, specificatamente nella tappa

speciale durante il periodo estivo, se le gare non sono a ridosso dell‟estate. (vedi allegato 5)

Nel periodo preparatorio è utile creare dei mesocicli di controllo e rettifica che hanno funzione di

preparazione alle competizioni principali. A tal proposito, a partire dalla prossima stagione, mi

piacerebbe proporre alla consulta di artistico (magari organizzandola nella mia città) una gara test

nel periodo estivo. La funzione sarebbe quella di verificare lo stato di preparazione e il valore dei

programmi, soprattutto per gli atleti impegnati nelle gare di grand prix junior. L‟idea mi è venuta in

mente durante dei ritiri sportivi tenuti in Delaware. Negli Stati Uniti infatti organizzano nel periodo

estivo molte gare. La Liberty Summer Competition, che quest‟anno ha cambiato nome in

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Philadelphia Summer Competition, è una gara aperta a tutti gli atleti interessati a verificare il valore

dei propri programmi prima dell‟inizio del calendario I.S.U.. In Italia potrebbe essere un momento

di confronto tecnico soprattutto se inserita a ridosso del seminario I.S.U. che annualmente si svolge

a Francoforte verso la metà di luglio. Generalmente dopo il seminario di Francoforte si chiariscono

diversi dubbi tecnici che riguardano l‟interpretazione delle regole. Potrebbe essere una gara aperta

alle categorie junior e senior individuale e coppie. Per quanto riguarda la disciplina del

sincronizzato sarebbe troppo presto rispetto al calendario agonistico e tra l‟altro la consulta

precedente a quella attuale aveva già previsto una gara test nel mese di novembre. Per quanto

riguarda la danza credo che una gara del genere sia già organizzata in Germania. Per il singolo e le

coppie potrebbe essere una gara aperta anche ad altre nazioni europee, richiamando così tecnici e

atleti in un evento che vedrebbe l‟Italia come paese promotore.

L‟obiettivo, come scrivevo prima, sarebbe di creare una gara utile per la verifica della preparazione

in vista delle competizioni principali previste in calendario. Questo permetterebbe agli allenatori di

introdurre nella programmazione un mesociclo di rettifica in caso si presenti la necessità di

modificare o eliminare alcuni aspetti della preparazione. Per esempio potrebbe essere necessaria

un‟intensificazione delle esercitazioni qualora il programma di gara non andasse bene e dovesse

essere modificato o la resistenza al programma risultasse scarsa. Oppure potrebbe prevedere un

abbassamento dei livelli generali di carico legato ad una già soddisfacente preparazione rispetto al

periodo.

Nel periodo competitivo è consigliabile introdurre dei mesocicli precompetitivi all‟interno della

programmazione. Durante questi cicli è necessario riprodurre le condizioni di gara ossia le

condizioni di riscaldamento fuori e in pista, il sorteggio, il costume e il punteggio. Nel mio club

organizziamo una volta a settimana, la domenica sera, una simulazione di gara. Di lunedì

appendiamo in bacheca la lista dei nomi dei nostri atleti, chi vuole può prenotare il proprio posto.

Se, come allenatori, abbiamo delle esigenze riguardo alla partecipazione, consigliamo gli atleti

interessati a segnarsi. Il mercoledì viene fatto il sorteggio per l‟ordine di discesa in pista. Le

condizioni sono quelle di gara: gli atleti si presentano in pista, eseguono il loro riscaldamento off-

ice, entrano per i sei minuti di riscaldamento, attendono il turno per entrare in pista e il giorno dopo

ricevono la scheda dei risultati tecnici. Ogni atleta raccoglie le schede delle simulazioni per poter

vedere l‟andamento delle loro prestazioni. Per noi allenatori è uno strumento importante per

regolare i contenuti delle programmazioni in base all‟andamento dei risultati. Durante il programma

di gara garantiamo sempre la presenza di due technical specialist. Attualmente a Trento i quattro

allenatori principali per il settore artistico possiedono la qualifica di T.S. nazionale. Il nostro lavoro

è quello di segnare gli elementi e i livelli degli elementi eseguiti e, anche se non sarebbe nostra

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competenza, il G.O.E. degli elementi. Una volta finita la simulazione passiamo alla segretaria i

nostri appunti che vengono inseriti a computer. Quello che gli atleti ricevono è la stessa scheda che

possono leggere alla fine di una gara. Non viene invece calcolato il punteggio dei componenti del

programma. A volte invitiamo anche giudici che possono dare il loro parere sul secondo punteggio

o il nostro coreografo, che pur senza dare punteggi, esprime il suo punto di vista per la parte che lo

riguarda. Spesso la domenica sera diventa un buon momento di ritrovo per lo staff tecnico. Vedere

un programma di gara offre spunti per migliorare il nostro lavoro e spostare l‟interesse su obiettivi

specifici che possono interessare la tecnica, la tattica, la parte coreografica o più prettamente la

condizione fisica. Queste simulazioni, aggiunte agli allenamenti quotidiani, aiutano a garantire

l‟adattamento alle condizioni concrete di gara, nonché il raggiungimento della condizione ottimale

al momento delle “gare obiettivo” durante il periodo competitivo.

I mesocicli competitivi, a seconda della particolarità del tipo di programma, prevedono una parte

introduttiva, una che comprende la gara ed eventualmente una rigenerativa. Se la programmazione

offre un lasso di tempo sufficiente tra una gara e l‟altra, è consigliabile proporre all‟atleta un

allenamento relativamente più leggero e abbastanza diverso nel contenuto al fine di evitare la

monotonia e favorire i processi di recupero. Per esempio ci si può allontanare dall‟allenamento dei

programmi di gara per qualche giorno. Come regola, almeno che non ci sia una gara nei giorni a

seguire, nell‟allenamento seguente una competizione non alleniamo mai il programma. La tendenza

durante il periodo competitivo è quella dell‟alternanza dei carichi. È utile alternare una giornata a

carico elevato ad una di ridotto per favorire la prestazione dell‟atleta, soprattutto in presenza di

carichi di elevata intensità che caratterizzano questo periodo. I modelli di lavoro del periodo

competitivo possono essere molto differenti da atleta ad atleta ma è quasi sempre più vantaggioso

alternare due o tre giorni di lavoro sui programmi a carico elevato ad una giornata a carico ridotto.

Qualsiasi sia l‟alternanza dei carichi programmata, dobbiamo sempre valutare chi abbiamo davanti

e come reagisce agli stimoli che creiamo. Ogni programmazione è suscettibile di cambiamento e noi

allenatori dobbiamo essere vigili per capire se quanto programmato ha un senso con le circostanze

nelle quali il nostro atleta si trova.

4.3 L‟allenamento mentale

Espressioni quali “non regge la gara”, “era troppo agitato”, “non riesce a fare in gara quello che fa

in allenamento” sono all‟ordine del giorno nel nostro campo. È importante capire quali siano le

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ragioni che portano l‟atleta a non rendere al massimo durante le prestazioni. Oltre alle capacità

fisiche, tecniche e tattiche è essenziale allenare anche le capacità mentali implicate nelle

prestazioni. Così come esistono piani d‟allenamento specifici che permettono lo sviluppo graduale

della forza e della velocità, è possibile imparare ad essere calmi e concentrati utilizzando un

programma di allenamento con obiettivi a breve, medio e lungo termine. Gli psicologi dello sport ci

aiutano in questo percorso. Noi allenatori, con il nostro carisma, possiamo influenzare il modo di

essere e di pensare dei nostri atleti ma, come nel caso del coreografo, ad ognuno il proprio ruolo.

L‟uso approssimativo della psicologia crea danno o, nel migliore dei casi, non serve a nulla.

Le capacità mentali implicate nella prestazione sono:

- la motivazione

- il controllo emotivo

- il controllo dei pensieri

- la concentrazione

- l‟immaginazione

La motivazione determina il comportamento individuale dell‟atleta e quindi quello agonistico.

Un‟atleta motivato:

- dimostra un‟elevata persistenza al compito

- fornisce prestazioni di alto livello

- assume con soddisfazione la responsabilità delle proprie azioni

- desidera conoscere i risultati dell‟attività che svolge7

Ma quali sono gli strumenti che possiamo offrire per far sì che un nostro atleta sia motivato? Il

primo passo da compiere è quello di definire quali siano gli obiettivi della stagione agonistica e con

quale tipo di programma si intende raggiungerli. Successivamente l‟atleta dovrebbe definire quanto

è motivato a raggiungere questi obiettivi e se l‟impegno che questi richiedono corrisponde al

proprio bisogno di affermazione. Prefiggersi una meta (goal setting) aumenta la motivazione

intrinseca a conseguirla. Gli obiettivi stabiliti devono essere realistici e specifici. Gli obiettivi

devono sempre riguardare la prestazione e non il risultato. Il risultato non è controllabile perché non

dipende solo dalla prestazione del mio atleta, della quale è e sono responsabile, ma anche da quella

dei suoi avversari. Il successo si raggiunge superando le proprie mete di prestazione piuttosto che

la prestazione degli altri. Per questo è importante affrontare il programma di gara, anche in

allenamento, concentrati e con obiettivi specifici da raggiungere giorno dopo giorno, affinché

7 Cei, Alberto: Mental training, Roma, Pozzi, 1987

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l‟atleta sia motivato ad allenarlo. Un programma allenato difficilmente potrà essere un disastro in

gara, anche se possono intervenire alcuni fattori di disturbo.

Il controllo emotivo prevede la capacità di gestire durante le competizioni “avversari” quali l‟ansia

e lo stress. L‟ansia è una manifestazione psicologica che comprende sintomi di natura fisiologica

(per esempio palpitazioni cardiache, aumento della sudorazione, irregolarità delle funzioni

digestive, secchezza delle fauci); sintomi di natura comportamentale (per esempio immobilità,

rigidità muscolare, difficoltà nei rapporti interpersonali con i compagni e con il tecnico); sintomi di

natura psicologica (per esempio insicurezza, irrequietezza, incapacità a concentrarsi per seguire una

strategia coerente con la situazione agonistica).

Gli atleti di alto livello interpretano queste manifestazioni somatiche dell‟ansia come energia che

circola nel corpo e non come qualcosa di negativo. Non è l‟ansia in se che blocca la prestazione, ma

è come l‟atleta percepisce le manifestazioni ansiose e come indirizza questo tipo di attivazione e di

energia. Affinché un atleta possa dare il meglio di sé c‟è infatti bisogno di un certo livello di

eccitazione (energia psichica - Arousal), al di sopra o al di sotto del quale la sua prestazione subisce

un decremento. Per atleti d‟elite questi processi diventano, tramite l‟esperienza, parte integrante

della routine di gara. Un atleta che ho seguito fino alla categoria senior, durante le gare obiettivo

della stagione, era solito perdere sangue dal naso pochi minuti prima di entrare in pista. Non è il

massimo delle aspirazioni ma il sangue da naso era diventato un sintomo di natura fisica pre gara

che in un certo modo rassicurava l‟atleta sul grado di energia psichica raggiunto. Potremmo

chiamarlo un rituale involontario. Gli atleti attuano spesso dei meccanismi di difesa contro l‟ansia

attraverso dei rituali di gara (volontari in questo caso). Per esempio quando si fanno il segno di

croce, quando battono la balaustra con le mani prima di essere chiamati in pista o quando indossano

durante gli allenamenti ufficiali gli stessi vestiti usati in una gara andata bene.

Lo stress si verifica quando l‟atleta crede di non potercela fare perché ha la percezione di non

riuscire a rispondere, attraverso le proprie capacità, alle richieste ambientali. L‟ambiente non è mai

comunque causa dello stress, è sempre l‟interpretazione negativa dell‟ambiente da parte dell‟atleta

che attiva questo stato. Durante le competizioni questi pensieri negativi possono essere tradotti

come preoccupazioni che nascono quando l‟atleta sente il peso di dover fare qualcosa che gli altri si

aspettano migliore di quello che lui sia in grado di fare; oppure quando l‟atleta spera di pattinare il

programma al meglio ma sente che non accadrà. In questi casi si può agire modificando i tre fattori

che causano lo stress:

- l‟ambiente

- il livello di attivazione

- i pensieri negativi

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L‟ambiente si modifica riducendo le incertezze: so cosa devo fare e come devo farlo. L‟allenatore

può ripassare assieme all‟atleta il programma ricordando, con alcune frasi chiave, i consigli che è

solito dare durante gli allenamenti. Sembra una banalità ma per alcuni atleti è un momento

importante. Mi è capitato la scorsa stagione durante una gara internazionale che un atleta senior mi

chiedesse di parlargli del programma dall‟inizio alla fine aiutandolo a scandire la sua

visualizzazione. Era una cosa che non facevo da anni con lui ma evidentemente in quel momento

era tornata ad essere necessaria.

In momenti di stress, soprattutto durante gare dove si ricercano obiettivi particolari (punteggio

minimo per i mondiali, entrare nella classifica che ti permette di prendere punti per il ranking

internazionale o altri casi) è necessario non sottolineare l‟importanza della gara e non finalizzarla

solo a quell‟obiettivo. In questo modo possiamo ridurre l‟importanza che l‟atleta sente per quella

gara.

Il secondo fattore da modificare è l‟attivazione dello stress. Ci sono molte tecniche che riducono

l‟attivazione e la tensione corporea. Se il nostro atleta ha seguito un percorso formativo con uno

psicologo dello sport potrà recuperare le sue conoscenze e metterle in pratica in questi momenti.

Una delle tecniche usate per il controllo dell‟ansia è l‟attivazione del rilassamento. Lo scopo del

rilassamento è di sviluppare la capacità di autocontrollo dell‟atleta, al fine di ridurre l‟ansia,

permettendo di adottare comportamenti adeguati al compito da svolgere. È una condizione

psicologica che consente all‟organismo di recuperare forza ed energia attraverso l‟induzione di uno

stato di calma generale ed elimina ogni forma inutile di tensione psicofisica.8

La reazione

fisiologica del rilassamento consiste fondamentalmente in un abbassamento generale dell‟intensità

di eccitazione dell‟organismo (attraverso una normalizzazione della sudorazione, della frequenza

respiratoria e cardiaca, del tono della muscolatura scheletrica) creando uno stato di benessere fisico

e psichico.

Il terzo fattore da modificare sono i pensieri negativi. Il controllo dei pensieri è anche la terza

capacità mentale implicata nelle prestazioni sportive. È in stretta relazione con il controllo emotivo,

infatti lo sviluppo di uno aiuta quello dell‟altro. Appena affiorano pensieri negativi la prima cosa da

fare è cercare di arrestarli sostituendoli con pensieri costruttivi. Per esempio: “so che sbaglierò il

triplo lutz” dovrebbe tradursi in “so che eseguirò bene il triplo lutz”. Il passo successivo è quello di

sostituire i pensieri negativi con dei pensieri razionali: “ so cosa devo fare per riuscire ad eseguire

bene il triplo lutz”. Anche il parlare a sé positivamente (self talk) può modificare i pensieri negativi.

Il controllo dei pensieri porta ad avere fiducia in se stessi e aumenta il grado di autostima

dell‟atleta.

8 Cei, Alberto: Mental training, Roma, Pozzi, 1987. Pg 40

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Le prestazioni di alto livello richiedono certamente la massima concentrazione. Essere concentrati

in gara significa essere in grado di poter svolgere un determinato compito nel periodo di tempo

richiesto. Ogni atleta durante i giorni di gara è concentrato, ma la domanda che ci dobbiamo porre

come allenatori è su cosa sia concentrato e verso cosa va la sua attenzione. Atleti di alto livello

mantengono la propria attenzione focalizzata su tutti gli elementi utili alla prestazione ma durante la

loro prestazione:

l‟attenzione è “ come sospesa”, non è diretta sul singolo movimento né su ciò che

sta per accadere. Rappresenta il susseguirsi di movimenti diventati automatici, il

cui armonico svolgimento è atteso dall‟atleta, così come il pianista non segue il

movimento delle sue mani bensì lo svolgimento dell‟intera melodia. (…) In realtà

ciò è frutto di un allenamento molto lungo, durante il quale i movimenti dell‟atleta

sono diventati via via automatici.

In queste condizioni, l‟attenzione, che all‟inizio dell‟apprendimento era

focalizzata sui movimenti da compiere (…) sembra scomparire perché diventa di

un livello superiore. L‟atleta, a questo punto, è concentrato completamente sullo

svolgimento globale della sua prestazione in cui un movimento segue

automaticamente l‟altro.9

Ho voluto citare questo passaggio perché ben descrive quella fase di energia psichica ottimale

definito come stato di flow. L‟atleta ha il controllo della situazione, sente che tutto sta andando per

il verso giusto e affronta le difficoltà tecniche senza stress. L‟atleta, e l‟allenatore, vivono in questo

stato un‟intensa sensazione di benessere. Per favorire lo stato di flow dobbiamo:

- proporre difficoltà tecniche adeguate al livello di abilità dell‟atleta

- lasciare che gli atleti siano completamente assorbiti dalla loro prestazione

- aiutarli a concentrarsi sul presente

- aiutarli a rimanere fisicamente rilassati ma mentalmente all‟erta

- usare tecniche d‟immaginazione per sperimentare nuovamente stati di benessere

L‟immaginazione è l‟ultima, ma non per importanza, capacità mentale che analizzerò. L‟uso delle

immagini mentali costituisce un fattore fondamentale per migliorare la propria prestazione sportiva.

Questo perché l‟immaginazione è un‟immagine motoria di sé in gara che anticipa il modello di

prestazione. Maggiore sarà la precisione con la quale l‟atleta riuscirà a riprodurre visivamente il suo

programma, migliore sarà la preparazione mentale e di tutto il corpo. L‟immaginazione infatti non è

9 Cei, Alberto: Mental training, Roma, Pozzi, 1987. Pg.20

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solo un‟esperienza mentale ma comprende e attiva anche il corpo. Le immagini mentali attivano

specifici circuiti nervosi che consentono il lavoro dell‟apparato muscolare nella direzione

immaginata dall‟atleta. Nel caso in cui un atleta sia troppo rilassato o annoiato, la visualizzazione

del proprio programma è utile per attivare l‟organismo. Nel caso contrario, quando l‟atleta presenta

stati emotivi di ansia, la visualizzazione aiuta a portare l‟attivazione a livelli più bassi.

Esistono differenti modi di vedere mentalmente i propri movimenti. Vedere esternamente è come

immaginare un filmino della propria prestazione; l‟atleta si immagina e si vede mentre esegue il suo

programma. Il passo successivo è quello di immaginare internamente, quando cioè l‟atleta sente

intimamente viva la prestazione nella sua mente. L‟immaginazione interna è tipica di atleti esperti

che hanno consolidato con il tempo tutti gli elementi del loro programma e che possono quindi

sostituire l‟immagine esterna con quella interna.

Le capacità mentali appena elencate non prescindono dal lavoro quotidiano di allenamento. Non è

soltanto nel momento della competizione che un atleta mette in azione le sue componenti

psicologiche ma è senz‟altro la gara il momento in cui il coinvolgimento emotivo è più forte. Nella

routine dell‟allenamento è consigliabile una collaborazione costante con uno psicologo dello sport

per allenare e preparare anche mentalmente il nostro atleta.

.

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CONCLUSIONI

Nel primo capitolo di questo lavoro ho presentato i criteri che generalmente seguo nel processo

della scelta musicale per un programma. La selezione della musica è una decisione molto personale,

è difficile indicare delle regole universali. Tuttavia ho cercato di offrire qualche spunto di

riflessione su quali possano essere le strategie da utilizzare.

Un‟adeguata educazione musicale permette all‟atleta e all‟allenatore di cogliere le sensazioni che

una musica può offrire per poi trasferirle nel programma e regalarle a pubblico e giudici.

La costruzione di un archivio musicale sul proprio computer aiuta l‟allenatore a catalogare brani

che possono tornare utili nel corso degli anni.

Ho cercato inoltre di elencare alcuni parametri ai quali rifarsi durante la fase di assemblaggio della

musica: la durata corretta dei programmi, un assemblaggio musicale che enfatizzi i punti di forza

dell‟atleta/squadra, la creazione di una time chart che permetta una modulazione dei segmenti

musicali all‟interno del programma, una chiara identificabilità dei diversi segmenti e l‟attenzione

alla dinamica del volume. Organizzare una selezione musicale, modificandola, tagliando ed unendo

più parti non è una cosa semplice. È necessaria un‟adeguata apparecchiatura. Ho elencato quali

siano le funzioni dei principali software disponibili sul mercato.

Nel processo di selezione della musica è inoltre importante avere ben in mente che tipo di

programma si vuole costruire. L‟”idea” è la colonna portante del programma. Ho presentato tre

tipologie di programmi: il programma astratto, quello che esprime un concetto e quello che esprime

una storia.

Il secondo capitolo propone alcune tappe necessarie per la costruzione di un programma di gara.

L‟atto creativo dovrebbe essere pianificato e studiato, prima della fase di montaggio in pista,

attraverso il disegno di un grafico del programma nello spazio e nel tempo. Ho proposto (negli

allegati 1 e 2) un esempio di programma di un pattinatore singolo, ma lo stesso procedimento vale

per i programmi di sincronizzato. Successivamente ho analizzato due delle voci dei components che

ritengo debbano essere seguite dall‟allenatore durante la fase del montaggio in pista: transition e

skating skill. In fine ho proposto alcune strategie che favoriscono la resa tecnica e artistica

dell‟atleta/squadra durante l‟esecuzione dei programmi.

Nel terzo capitolo ho cercato di approfondire l‟aspetto coreografico dei programmi. Dopo una breve

parentesi per rimarcare l‟importanza della danza nella nostra disciplina, ho spostato l‟attenzione sul

ruolo del coreografo nel pattinaggio. Spesso ho sentito parlare dell‟esigenza di “inquadrare” i

coreografi all‟interno del C.N.A., settore figura. Ho proposto quindi una visione personale di quali

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caratteristiche si debbano ricercare in un buon coreografo e dove gli allenatori o le associazioni

sportive possano trovare questa figura così indispensabile per gli atleti di alto livello. L‟ultima parte

di questo capitolo è dedicata al costume. Non ci sono molte nozioni tecniche a riguardo, ma ho

cercato di offrire una descrizione di come generalmente organizzo assieme agli atleti la scelta del

costume.

Il quarto capitolo analizza quale tipo di allenamento fisico e mentale sia necessario affinché i nostri

atleti possano presentare al meglio il loro programma durante le competizioni. Mantenere al

massimo uno stato di condizione fisica, psicologica e tecnica per un‟intera stagione è quanto meno

improbabile. Per questo ho proposto un modello generalizzato di periodizzazione dei carichi degli

allenamenti e una pianificazione dei vari cicli previsti all‟interno di una stagione sportiva. Le

conclusioni sono basate su studi redatti nel 2007 dal dott. Tornese e dal prof. Botta.

Ho infine considerato l‟importanza dell‟allenamento mentale per lo sviluppo e la crescita personale

dell‟atleta e delle sue prestazioni, elencando le capacità mentali implicate nelle prestazioni e alcune

tecniche che, con la collaborazione di uno psicologo dello sport, si possono utilizzare per

migliorarle. Citando il famoso tennista Rafael Nadal: “la forza mentale distingue i campioni dai

quasi campioni”.

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