Corso Triennale per Consulenti Coniugali e...
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Corso Triennale per Consulenti Coniugali e Familiari
Scerne di Pineto (TERAMO)
Tesi 2° anno 2015/2016
ROGERS E IL COUNSELINGNON DIRETTIVO
“L’essenziale è invisibile agli occhi”
Corsista Cinzia Nardinocchi
A Giulia, Cecilia ed Elisa
perché nella loro vita possano crescere
con la libertà di esprimersi e siano capaci
di affrontare ogni difficoltà ascoltando se stesse
e attivando le proprie risorse.
A coloro che mi hanno proposto e sostenuto
in questo cammino di conoscenza..GRAZIE..
che Dio vi doni la libertà e la pace nel cuore.
Dio si rivolse al suo angelo più intelligente e lo interrogò:
“Tu dove mi consigli di nascondermi?”
L’angelo intelligente, sorridendo rispose:
“Nasconditi nel cuore dell’uomo!
E’ l’unico posto dove essi non vanno”.
A.De Mello
La realtà non è altro che la somma
di tutta la consapevolezza
di cui fai esperienza qui e ora.
F.Perls
“In principio tu ti siederai un po’ lontano da me […]
Io ti guarderò con la coda dell’occhio
e tu non dirai nulla.
Le parole sono fonte di malintesi.
Ma un giorno tu potrai sederti un po’ più vicino.”
A.De Saint-Exupéry-Il piccolo principe
INDICE
INTRODUZIONE pag. 2
Capitolo 1 - IL COUNSELING 31.1 Origini del termine 31.2 Definizioni di counseling 31.3 Cenni storici 4
Capitolo 2 - CARL ROGERS 52.1 La figura dello psicoterapeuta americano 52.2 La teoria di Rogers 8
Capitolo 3 - IL COUNSELING NON DIRETTIVO 143.1 Approccio non direttivo o centrato sul cliente
143.2 Il rapporto di counseling non direttivo 163.3 La relazione di aiuto
Capitolo 4 - ABILITA’ E TECNICHE DEL COUNSELING 20 4.1 Il ruolo del counselor non direttivo 20
4.2 L’ascolto attivo 254.3 La riformulazione 26
Capitolo 5 - FASI DEL PROCESSO DI COUNSELING 275.1 Le tappe terapeutiche e il processo di cambiamento5.2 Durata di una terapia
Capitolo 6 - IL COUNSELING: AMBITI E CAMPI DI APPLICAZIONE 316.1 Campi di applicazione 316.2 Counseling di gruppo 326.3 Counseling scolastico 336.4 Counseling socio-sanitario 336.5 Counseling aziendale 356.6 Counseling familiare 35
Capitolo 7 - PRINCIPALI APPROCCI DEL COUNSELING 367.1 Il counseling filosofico 367.2 Il counseling gestaltico 36
Capitolo 8 - DIFFERENZE TRA COUNSELING E ALTRE FORME DI TERAPIA 378.1 Counseling e psicologia 378.2 Counseling e psicoterapia 38
CONCLUSIONI 39
1
INTRODUZIONE
Nei momenti di maggior difficoltà e di sofferenza, mi sono sempre posta questa domanda:
“ciò che provo e sento ha mai importanza per qualcuno?” “Voglio essere libera di essere
me stessa, essere rispettata e sentirmi accettata, senza dover fare sempre quello che fa
piacere agli altri”. Ed ecco che, dopo anni in cui cerco di esporre il mio pensiero per farlo
accettare e farmi comprendere, mi trovo di fronte all’ideologia di Carl Rogers, psicologo e
psicoterapeuta, che aveva basato le sue innovazioni teoriche nel campo terapeutico proprio
sulla considerazione della persona nei suoi sentimenti e come essere degno di fiducia.
Ogni essere umano ha il diritto di sentirsi libero di esprimersi, il diritto di non essere
giudicato e di essere accettato per la sua cultura, la sua etica e i suoi schemi valoriali; inoltre
ogni essere umano ha il dovere di essere disponibile, accettante e rispettoso verso gli altri.
Se ogni persona crescesse con questa ideologia il mondo sarebbe oserei dire “quasi
perfetto”. Purtroppo viviamo in un epoca in cui tutto è direttivo, ad iniziare dai mass-media
fino alla famiglia, e la mente dell’individuo subisce continuamente violenze psicologiche,
violenza subdola che ostacola lo sviluppo e la libertà di crescita dell’IO. Ed ecco che
nell’individuo si crea lo stato di disagio determinato dalle contraddizioni fra desideri
(immagine dell’IO) e concrete possibilità di realizzarli (realtà dell’IO) causati da ostacoli ed
esperienze vissute da cui viene fuori un IO con carenze. Nei momenti più difficili questo
IO entra in crisi (la sua forza vitale subisce una battuta di arresto ed ha bisogno di
opportuni stimoli perché riprenda a poco a poco la sua funzione).
Rogers, sostenitore della psicologia umanistica, ha fondato il counseling non direttivo che
attraverso il rapporto, la relazione d’aiuto e l’ascolto comprensivo dà la possibilità alla
persona di sentirsi considerata ma soprattutto compresa nei suoi sentimenti più profondi, e
ritrovare in sé la forza per affrontare le sue difficoltà e il suo disagio.
Capitolo 1 – IL COUNSELING
2
1.1 Origini del termine
Sentendo pronunciare questa parola molte persone, con una certa perplessità, chiedono:
Che cos’è? Di che cosa si tratta? Come funziona? Perché il counseling? Si tratta di una
disciplina, in Italia poco conosciuta ma molto utilizzata in America, basata sulla relazione
tra due persone in cui si instaura un rapporto comunicativo in un clima empatico.
Il sostantivo counseling deriva dal verbo inglese to counsel, che risale a sua volta dal verbo
latino consulo-ere, traducibile in “consolare”, “confortare”, “venire in aiuto”. La traduzione
di counseling nell’italiano consulenza è controversa in quanto un altro termine, consulting,
ha in inglese il medesimo significato. E’ altresì problematica la sua traduzione con
“consiglio”. La similarità linguistica tra le parole “counseling” e “consiglio” può infatti
trarre in inganno. Secondo Pagani “……uno degli elementi distintivi del counseling
rispetto alla situazione del consiglio è che, nel primo caso, la relazione si svolge con un
esperto ed è finalizzata alla ricerca di una strategia per rendere possibili scelte o modifiche,
nel secondo caso, invece, la relazione è paritaria e consiste nel suggerire”.
Il termine counseling (o anche counselling secondo l’inglese britannico) indica un’attività
professionale che tende ad orientare, sostenere e sviluppare le potenzialità del cliente,
promuovendone atteggiamenti attivi, propositi e stimolando le capacità di scelta.
La prima attestazione dell’uso del termine counseling per indicare un’attività rivolta a
problemi sociali o psicologici risale al 1908 da parte di Frank Parsons nella sua opera
Choosing a vocation (1909). Oggi il termine counseling è spesso utilizzato all’interno delle
professioni psicopedagogiche e in diversi campi e settori in genere.
1.2 Definizioni di Counseling
Diverse sono le definizioni che sono state date al counseling e alla sua funzione nel campo
della relazione di aiuto:
La Società italiana di Counseling (S.I.Co.): “L’intervento di counseling può
essere definito come la possibilità di offrire un orientamento o un sostegno a
3
singoli individui o a gruppi, favorendo lo sviluppo e l’utilizzazione delle potenzialità
del cliente”.
La British Association for counseling (BAC): “Compito del counseling è di dare
al cliente un’opportunità di esplorare, scoprire e chiarire dei modi di vivere più
proficui e tesi ad un maggiore stato di benessere”.
AssoCounseling: “Il counseling professionale è un'attività il cui obiettivo è il
miglioramento della qualità di vita del cliente, sostenendo i suoi punti di forza e le
sue capacità di autodeterminazione. Il counseling offre uno spazio di ascolto e di
riflessione, nel quale esplorare difficoltà relative a processi evolutivi, fasi di
transizione e stati di crisi e rinforzare capacità di scelta o di cambiamento.
E' un intervento che utilizza varie metodologie mutuate da diversi orientamenti
teorici. Si rivolge al singolo, alle famiglie, a gruppi e istituzioni. Il counseling può
essere erogato in vari ambiti, quali privato, sociale, scolastico, sanitario, aziendale”.
1.3 Cenni storici
Negli anni ’50, probabilmente come reazione al dilagare del Comportamentismo e della
Psicoanalisi, comincia a svilupparsi una nuova corrente psicologica che prende il nome di
Psicologia Umanistica, il cui approccio affonda le sue radici nel pensiero esistenzialista (cfr.
Kierkegaard, Nietzsche, Heidegger e Sartre). I suoi sostenitori spostano l’attenzione sulla
dimensione umana della psicologia, sulla vita degli individui e sul significato che ha per essi.
Fino alla prima metà del ventesimo secolo, la psicologia americana era dominata da due
teorie generali della natura umana: quella sperimentale-positivistico-comportamentistica e
quella psicoanalitica. Entrambe operavano una semplificazione dell’essere umano: l’uomo
era considerato nelle sue manifestazioni oggettive, perdeva ogni dimensione di soggettività
quindi rimanevano non considerati i valori, l’intenzionalità, il senso ed il significato della
vita quali elementi fondamentali di una personalità sana e consapevole.
4
Verso la fine degli anni ’50 alcuni psicologi statunitensi, tra cui A.Maslow, C. Rogers, e C.
Moustakas fondarono un’associazione professionale orientata su una psicologia focalizzata
solo su problematiche umane e sulla comprensione della “natura personale dell’esperienza
umana”, la psicologia umanistica, o “Psicologia della terza forza”, che nel 1971 venne
ufficialmente riconosciuta come branca della psicologia dalla American Psychological
Association (APA). La psicologia umanistica è rivolta a comprendere l’essere umano ed
enfatizza una visione fenomenologica dell’esperienza, promuovendo gli aspetti sani e
mettendo in secondo piano quelli patologici. L’ingrediente chiave di questo approccio è
l’incontro tra terapeuta e cliente. Lo scopo è quello di aiutare il cliente a sviluppare una
percezione di sé più forte e sana, anche chiamata “autorealizzazione”, cioè pieno sviluppo
delle proprie potenzialità, vale a dire facilitare il cliente a “diventare ciò che è”.
In questo contesto si inserisce Carl Rogers, psicologo e filosofo americano, considerato
fondatore e padre del counseling e della psicologia umanistica.
Capitolo 2 – CARL ROGERS
2.1 La figura dello psicoterapeuta americano
Carl Rogers? “Un rivoluzionario silenzioso” (“a quiet
revolutionary”), fu così definito in un articolo scritto dal suo ex-
allievo e collega Richard Farson nel libro-intervista di David
Russell. Questa definizione descriveva appropriatamente la vita e l’opera di un uomo
capace di generare profondi cambiamenti nel campo della psicoterapia e, in generale, in
quelli delle relazioni umane.1
Egli nacque nel 1902 ad Illinois ad Oak Park (Chicago) e morì nel 1987 a La Jolla in
California.
_________________________
1 C.Rogers, Terapia centrata sul cliente, a cura L.Lumbelli, Prefazione A.Zucconi,, Un rivoluzionariosilenzioso, Ed. La Meridiana 2007, pag. V
Sin da piccolo dimostrò interesse per lo studio infatti la sua natura solitaria lo portava a
leggere e studiare parecchio, tanto da essere soprannominato “Prof Mooney”, come il
personaggio di un cartone animato che andava ai suoi tempi.
5
Nel 1919 si iscrisse all’Università di Wisconsin studiando agraria, studi che abbandonò per
dedicarsi alla teologia e alla religione. Carl Rogers visse infatti in una famiglia numerosa e
benestante, unita, e con rigidi princìpi morali e religiosi, princìpi che in qualche modo
divennero parte del modo di vivere e pensare anche di Rogers: l’aver fiducia nelle proprie
possibilità, il senso di responsabilità, il rispetto per l’altra persona e del modo di
pensare di ognuno. Da questo, oltre che dagli insegnamenti di un suo catechista, derivò
appunto l’interesse di Rogers per la teologia e la religione. Dopo un soggiorno di 6 mesi in
Cina e in seguito alle riflessioni nate dal contatto con la cultura orientale, poté mettere a
fuoco il suo bisogno di libertà di pensiero e il suo interesse per le scienze psicologiche. Una
volta rientrato in America intraprese gli studi in materie psicopedagogiche. Dopo la laurea,
per oltre un decennio lavorò come psicologo presso alcune istituzioni sociali per la
rieducazione di bambini e ragazzi delinquenti e ritardati e per il sostegno alle loro famiglie.
Il suo scopo principale era essere d’aiuto a queste persone: al tempo stesso sentiva che la
prassi psicologica tradizionale non lo facilitava. Anche confrontandosi con vari insuccessi,
in questo periodo C.Rogers iniziò a mettere a fuoco e a sviluppare quello che sarebbe stato
il suo approccio professionale alla psicoterapia, che mise in atto fattivamente dal 1924.
“Per i primi otto anni fui completamente immerso nell’esercizio di un servizio psicologico pratico, facevo diagnosi ed
indicavo i mezzi di rieducazione per ragazzi delinquenti e ritardati che venivano inviati dai tribunali e dai centri
sociali..; fu un periodo di relativo isolamento professionale, durante il quale mio unico interesse era quello di riuscire
ad aiutare i clienti. Fui costretto a fronteggiare molti insuccessi, e ciò mi costrinse ad imparare. Avevo un solo criterio
per giudicare qualsiasi metodo di trattare con questi bambini e coi loro genitori ed era: “è efficace quello che faccio?”.
Mi rendo conto che cominciai allora a sviluppare i miei punti di vista dall’esperienza di ogni giorno”. C.Rogers
Nel 1924, partendo con un approccio al lavoro (somministrazione test, colloqui, anamnesi)
condotto in un modo piuttosto impersonale cambia poi rotta prediligendo l’ascolto e
ponendosi in una posizione più “umile” rispetto a quella del ruolo dell’esperto in materia.
6
Il 1940 fu l’anno in cui il suo approccio divenne conosciuto e riconosciuto come
innovativo, un approccio secondo il quale l’obiettivo della terapia non è tanto quello di
risolvere il problema ma di aiutare la persona a crescere per fare in modo che da sola
affronti i problemi presenti e quelli che si presenteranno in futuro. In questo suo
approccio, Rogers evidenzia altre caratteristiche quali: il dare maggior importanza
all’aspetto emotivo rispetto a quello intellettivo, il mettere in primo piano il presente, il “qui
ed ora”, rispetto al passato della persona e la particolare importanza rivolta alla relazione
terapeutica, considerata come esperienza di crescita.
Nel suo primo grande lavoro “Counseling and psychotherapy” (1942),
Rogers attacca implicitamente le teorie a priori sulla personalità e, tra
queste, la psicoanalisi. Egli, in effetti, pensa che nessuno occupi una
posizione migliore del soggetto stesso per sapere quali sono i suoi
problemi, e che quello che importa è sapere come questi ha “integrato”
la propria esperienza. Egli preconizza un abbandono di tutti i
preconcetti e il ritorno ingenuo al reale umano.
Nel 1950 pubblicò il volume “Client-centered therapy” (Terapia centrata
sul cliente).
Nel 1969 Rogers, con alcuni colleghi, crea il “Center for the Study of the Person”, punto
d’incontro dei professionisti che in tutto il mondo seguono l’approccio centrato sulla
persona.
Successivamente fondò l’ ”Institute of peace” Istituto per lo studio e la risoluzione dei
conflitti. A Rogers verrà dato il premio Nobel per la pace.
Rogers è anche stato un autore prolifico: pubblicò sedici libri e più di duecento articoli
tradotti nelle lingue principali. Fu anche un innovatore nel comunicare le sue idee ed il suo
lavoro, non solo con la parola stampata ma attraverso centinaia di audio-registrazioni e
perfino attraverso i filmati di sue sedute. Il film Journey into self in cui Carl Rogers e Richard
Farson facilitano un gruppo di incontro ove i partecipanti si confrontano e superano alcuni7
pregiudizi razziali, vinse l’Oscar per i documentari nel 1970. Ma soprattutto Rogers è stato
per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo personalmente e studiare e
lavorare con lui un grande vero maestro: il suo insegnamento è stato sempre di praticare
con l’esempio le sue ferme convinzioni: ogni individuo ha la capacità di indirizzare la
propria vita in un modo che sia allo stesso tempo personalmente soddisfacente e
socialmente costruttivo.2
In un’indagine condotta nel 1982 dall’American Psychologist gli intervistatori, che
appartenevano a varie orientamenti, dichiararono che Rogers era stato lo psicologo che più
aveva influenzato il loro lavoro. 3
2.2 La teoria di Carl RogersTutto ciò che sono è sufficiente
se solo riesco ad esserlo.C.Rogers
“Se una persona si trova in difficoltà, il modo migliore di venirle in aiuto non è quello di dirle esplicitamente cosa
fare, quanto piuttosto di aiutarla a comprendere la situazione e a gestire il problema facendole prendere, da sola e
pienamente, le responsabilità delle proprie scelte e decisioni. Gli individui hanno in se stessi ampie risorse per auto
comprendersi e per modificare il loro concetto di sé” (C.Rogers)
Carl Rogers, al pari di Freud, Jung, Adler, Horney e Sullivan, ha formulato le sue ipotesi
sulla natura umana basandosi sulle osservazioni effettuate durante numerosi anni di lavoro
clinico con i suoi clienti, facendo seguire, alla fase sperimentale ed oggettiva, la sua prima
fase esperienziale, soggettiva ed intuitiva. Attraverso quest’esperienza clinica egli matura la
sua visione della struttura della personalità che pubblicherà nel 1951 nel suo libro “La
terapia centrata sul cliente”.
______________________2 C.Rogers, Terapia centrata sul cliente, a cura L.Lumbelli, Prefazione A.Zucconi,, Un rivoluzionariosilenzioso, La Meridiana Ed. 2007, pag. VII
3 Ibidem, pag. V
La teoria di Carl Rogers intende superare il diffuso pessimismo antropologico a la Freud
“secondo cui l’uomo è un essere fondamentalmente irrazionale i cui impulsi, se non fossero
controllati, condurrebbero alla distruzione sua e degli altri. Il comportamento dell’uomo è
invece squisitamente razionale e si orienta, con una complessità sottile e ordinata, verso le
mete che l’organismo gli propone”. (Rogers 1961)
8
Secondo la visione umanistica e non meccanicistica dell’essere umano, l’uomo è un
organismo degno di fiducia (Rogers 1970). Una visione ottimistica che non si basa, come
per J.J.Rousseau, sulla concezione che l’uomo “nasce buono”, ma sulla fiducia nelle
capacità che ogni persona ha in sé di compiere un cammino costruttivo e realizzante,
purché, naturalmente, siano presenti quelle condizioni che consentano di essere
genuinamente se stessi. Rogers vedeva l’individuo come un tutto (uomo olistico), composto
da complessi processi cognitivi, emotivi, biologici e di altro tipo e in grado di auto-
realizzarsi, sottolineando il ruolo che nella vita dell’individuo hanno il sé e l’autocoscienza.
“Ogni singolo uomo è cosa nuova nel mondo e deve portare a compimento la propria natura in questo mondo”, […]
Ciascuno è tenuto a sviluppare e dar corpo proprio a questa unicità e irripetibilità […]” 4
Rogers sostiene che l’uomo ha in sé grandi risorse e immense potenzialità atte al
miglioramento e al superamento delle proprie difficoltà e disagi; in tutti gli esseri viventi
esiste una tendenza innata alla crescita ed alla propria attualizzazione. Questa teoria è
chiamata “tendenza attualizzante”, e si esprime attraverso la capacità, presente in tutti gli
esseri viventi, di promuovere positivamente le proprie potenzialità verso una direzione di
sviluppo e di crescita. Lo stesso Rogers scrive che il concetto di T.A. è da lui considerato
“come il costrutto motivazionale essenziale della mia teoria sulla personalità e sulla terapia”.
La sua profonda credenza nella presenza di questa tendenza attualizzante in ogni
organismo, e in particolare nell’uomo, viene descritta e chiarita da Rogers attraverso alcuni
importanti esempi, frutto della sua osservazione e del suo vissuto:
_____________________4 M.Buber, Il Cammino dell’uomo, Il cammino particolare, Qiqajon Edizioni 1990, pag.27
" (…) la riserva di patate per l'inverno si trovava in un seminterrato, due o tre metri al di sotto di una
finestrella. Le condizioni erano sfavorevoli, ma le patate cominciavano lo stesso a germogliare - erano dei
germogli pallidi, molto diversi da quelli verdi e sani che spuntano quando le patate sono seminate in
primavera. E tuttavia questi germogli sottili e tristi crescevano fino a raggiungere quasi un metro di
lunghezza nel tentativo di raggiungere la luce lontana della finestrella. Questi germogli erano, nella loro
9
crescita bizzarra e futile, una sorta di espressione disperata della tendenza direzionata che ho descritto".
(Rogers, 1983)
Un altro esempio, fatto per chiarire sempre meglio questa tendenza, è relativo ad un esperienza
fatta da Rogers (1978) osservando il mare:
"Guardandolo col binocolo, mi accorsi che si trattava di una specie di alghe, con un tronco sottile che
terminava con un ciuffo di foglie. Sembrava inevitabile (…) che quella fragile pianta sarebbe stata
completamente schiantata e distrutta dall'onda successiva.(…) quando l'onda era passata la pianta era
ancora lì.(…) In questa piccola alga simile a una palma c'era la tenacia e il progredire della vita, la capacità
di farsi strada in un ambiente incredibilmente ostile e non solo di sopravvivere ma di adattarsi, svilupparsi e
diventare se stessa."
“Sia che parliamo di un’alga marina, o di una quercia, di un verme o di una grande falena notturna, di una
scimmia, o di un uomo, dobbiamo tener presente che la vita è un processo attivo, non passivo. Sia che lo
stimolo derivi dall’interno o dall’esterno, sia che l’ambiente sia favorevole o sfavorevole, è certo che l’organismo
è teso ad assumere comportamenti tali da mantenere, migliorare e riprodurre se stesso”.
La tendenza attualizzante è intesa come l’energia vitale che si trova in qualsiasi organismo
vivente in cui esercita, attraverso un clima favorevole, la specifica funzione di
mantenimento, sviluppo e riproduzione dell’organismo stesso. Anche la psiche umana è
soggetta a questa energia vitale per la quale svolge le funzioni di mantenimento e di
arricchimento.
Per entrare direttamente nelle considerazioni più psicologiche bisogna soffermarsi a
considerare alcune delle parole di Rogers sopra riportate. Egli dice “sia che lo stimolo
derivi dall’interno o dall’esterno”: questo significa che la tendenza attualizzante funziona sia
quando dall’interno della persona ci sono esigenze di migliorare o anche solo di
sopravvivere, sia quando queste esigenze sono dettate dall’esterno e cioè da condizioni
oggettive che spingono verso un miglioramento, uno sviluppo, un arricchimento.
10
Poco più avanti Rogers dice “sia che l’ambiente sia favorevole o sfavorevole”.
Ad esempio una pianta tropicale trova il suo habitat in un paese caldo, con un certo tasso
di umidità, con un terreno adatto alle sue radici e anche una luce e una temperatura che le
permettono di vivere nel migliore dei modi e la sua tendenza attualizzante possa espletare al
meglio le sue funzioni di mantenimento e di sviluppo. Se questa pianta fosse trasportata in
un ambiente o paese nordico, in queste nuove condizioni la tendenza attualizzante
incontrerà seri ostacoli ambientali per mantenere in vita la pianta e difficilmente potrà farla
sviluppare e crescere.
Così anche l’essere umano per svilupparsi, crescere e arricchirsi intellettualmente e
psicologicamente, deve trovare un habitat adatto in cui tutte le espressioni della forza vitale
possono trovare modo di manifestarsi; e per espressioni dell’organismo si intende la
soddisfazione dei bisogni, i suoi rapporti con l’ambiente, la ricerca del benessere, di piacere
e di sicurezza, la capacità di misurarsi con gli ostacoli e di gestire le frustrazioni, la ricerca
della libertà di agire, la spinta all’arricchimento.
Se le condizioni sono favorevoli la tendenza attualizzante si rivela come un processo in
continuo divenire nel quale l’individuo sviluppa il suo naturale potenziale di
autorealizzazione, divenendo una persona sempre più funzionante. Tale processo porterà
l’individuo ad essere libero da costrizioni morali imposte dall’esterno e nello stesso tempo
lo porterà ad incarnare una moralità naturale, ad essere costruttivo verso se stesso e gli altri.
Ma la tendenza attualizzante deve sempre fare i conti con l’ambiente che circonda la
persona e che può permetterle in toto o in parte di esprimersi, o addirittura, impedirglielo.
Gli ostacoli possono essere costituiti da difficoltà di rapporto con genitori troppo severi o
troppo permissivi, o con problemi tra loro, da difficoltà di interazione con altri ambienti
come scuole e oratori, da difficoltà dovute ad una salute precaria, o a un cambiamento di
ambiente, ad esperienze di abbandono, di violenze o di mortificazione. Ostacoli che
11
possono impedire la libertà di espressione dell’IO e quindi determinare un IO con carenze
e difficoltà. Per cui, un IO con carenze, debolezze, indecisioni, può, di fronte a situazioni
dolorose o stressanti, entrare in crisi o in uno stato di disagio o sofferenza.
“Tutti possono volare, […]Non si vive di solo pane. Gli esseri umani possono sollevarsi al di sopra delle bassezze
della vita quotidiana, possono spiegare le ali, lottare per i loro ideali e viverli. Sono gli unici esseri viventi sulla Terra
capaci di ambizione, slanci spirituali, riflessione ed eroismo. Per le sue possibilità, l’essere umano è un’aquila. Ma, e
questo fa parte dell’altra faccia della sua esistenza, può anche precipitare. La caduta segna la crisi.[…] la crisi è
parte imprescindibile della nostra vita […] La crisi è uno stimolante, un mezzo propulsivo, un motore del nostro
sviluppo. E’ la legge del dolore a indurirci e a formarci. […] Quando sopravviene la crisi, ci si rende completamente
isolati […] Il deserto, solitario e implacabilmente ostile, è il luogo dell’incontro dell’uomo con se stesso.[…] Nel
deserto non possiamo sfuggire a noi stessi[…] Nella crisi scopriamo noi stessi nella nostra limitatezza, ma anche
nella nostra capacità di trasformazione: solo chi cambia resta fedele a se stesso […] Le crisi si rivelano come momenti
in cui attuare le riparazioni e i restauri necessari”. 5
Quando una persona si trova in uno stato di disagio o di sofferenza e non è in grado di
utilizzare le proprie risorse, ma soprattutto è in una tale condizione di prostrazione da non
trovare né dentro né fuori di sé la forza sufficiente per reagire, la T.A. sta esercitando la
sola funzione di mantenimento. Lo scopo principale dell’Approccio rogersiano è, quindi,
quello di creare delle condizioni che permettano, appunto, a questa forza di base di agire, in
modo che la Persona possa crescere verso la propria autorealizzazione creando un clima
relazionale adeguato e mettendo in atto opportuni stimoli; la T.A. riprenderà a poco a poco
in pieno la sua funzione di arricchimento e sviluppo.
______________________
5 M.Jung, Il Piccolo principe in noi, Un viaggio di ricerca con Saint-Exupéry, La crisi, Ma.Gi. Edizioni 2002,pag.18-19-20
“[…]l’uomo deve innanzitutto, al di là della farragine di cose senza valore che ingombra la sua vita, raggiungere il
suo sé, deve trovare se stesso, non l’io ovvio dell’individuo egocentrico, ma il sé profondo della persona che vive con il
mondo”. 6
12
La profonda credenza nella T.A. è alla base della teoria rogersiana della personalità
(Client-centered therapy 1950).
Rogers ritiene, quindi, che ci sia in ciascuna persona la forza o energia di riuscire a trovare
in sé le soluzioni ai propri problemi e che questa vien fuori aiutando il soggetto in
questione a prendere coscienza della situazione da affrontare e di se stesso. Non si tratta,
dunque, di dire all’altro in modo esplicito cosa fare bensì aiutare l’altro ad 13auto-
comprendersi, a esplorare esperienze/comportamenti/emozioni; ad avere ben chiaro il
quadro delle scelte, dei possibili cambiamenti personali, delle competenze da acquisire.
Quando Rabbi Bar di Radoschitz supplicò il suo maestro di indicargli “un cammino universale al servizio di Dio”,
così gli rispose: “Non si tratta di dire all’uomo quale cammino deve percorrere: poiché c’è una via in cui si segue Dio
con lo studio e un’altra con la preghiera, una con il digiuno e un’altra mangiando. E’ compito dell’uomo conoscere
bene verso quale cammino lo attrae il proprio cuore e poi scegliere quello con tutte le sue forze” 7
Ad ognuno è dato il compito di trovare la propria strada e di percorrerla fino in fondo. La ricerca di un proprio
cammino non parte da uno stato di sudditanza a principi esterni, ma è appello ad un’autorità interiore. … Non
dobbiamo dipendere da alcunché e da chissà chi, e neppure dobbiamo cercare chissà che cosa, perché ogni cosa che
conta già ci appartiene. 8
Rogers pensa che nessuno occupi una posizione migliore del soggetto stesso per sapere
quali sono i suoi problemi, e che quello che importa è sapere come questi ha integrato la
propria esperienza. La posizione di Rogers si può sintetizzare con la frase “sono una
persona e sono io che scelgo”. Inoltre egli sostiene che, nell’atto del conoscere, la persona
sceglie cosa apprendere e come apprendere. Per Rogers occorre prestare attenzione alla
persona e a ciò che emerge dal suo interno.
_____________________
6 M.Buber, Il Cammino dell’uomo, Il cammino particolare, Qiqajon Edizioni 1990, pag.47
7 Ibidem, pag.25
8 F.Nanetti, Counseling ad orientamento umanistico-esistenziale, Ricominciare da se stessi, Pendragon Ed.2008, pag. 19
Obiettivo base del counseling è proprio il riconoscimento e la valorizzazione della persona
come soggetto, per poterne cogliere il valore: la persona vale, hanno valore le sue
esperienze, le sue aspirazioni, i suoi desideri, le sue sofferenze, le sue contraddizioni.
13
“Iniziando a osservarti, diventerai sempre più capace di guidarti da solo e imparerai a fare a meno della
guida degli altri”.9
La teoria di Rogers è comunemente definita: teoria della “non direttività” o “approccio non
direttivo” da cui nasce il Counseling non direttivo.
Capitolo 3 – IL COUSELING NON DIRETTIVO
3.1 “Approccio non direttivo” o “centrato sul cliente”“Le persone si lasciano convincere più facilmente
dalle ragioni che esse stesse trovano piuttosto che da quelle scaturite dalla mente altrui”
Phylis Bottome
“Sono convinta che l’approccio non direttivo sia uno dei più adatti a costruire un rapporto con l’altro e che
l’apprendimento di questo approccio richieda da parte degli operatori una notevole e continua formazione personale
proprio per modificare alcuni nostri atteggiamenti….Le cosiddette “tecniche” nell’approccio non direttivo
corrispondono, in effetti, ad atteggiamenti, a modi di essere e di proporsi, la cui conquista costituisce forse la maggior
difficoltà di questo apprendimento, che praticamente continua tutta la vita”.1
Ma cosa s’intende per teoria della non direttività o colloquio non direttivo?
Rogers precisa il metodo del colloquio non direttivo nel suo volume Client-centered
therapy. La non direttività è stata spesso fraintesa come “non-interventismo”, completo laissez
faire; per evitare questo controsenso Rogers preferisce parlare di colloquio centrato sul
cliente o centrato sulla persona. Infatti lo stesso Rogers ha preferito adottare il termine
“cliente” (invece di soggetto o paziente o malato o allievo) e “counselor” (invece di
terapeuta o professore o educatore o assistente) per evidenziare l’originalità di questo tipo
di approccio in cui la persona sceglie spontaneamente di farsi aiutare riacquistando
autostima, dignità, autodeterminazione, autonomia, valorizzazione, responsabilizzazione e
trovare in sé la soluzione alle proprie difficoltà.
_____________________9 D.R.Ord, Tutto quello che so sull’amore l’ho imparato da Il Piccolo Principe,Tira fuori le matite colorate,Sperling&Kupfer Ed.2015,pag.42
1 G.Bartholini, La terapia centrata sul rapporto,“Perché terapia centrata sul rapporto”…iGrafismiBoccassiEdit., pag.21Scrive Rogers: E’ così facile curarsi degli altri per ciò che io penso che siano, o vorrei che fossero, o sento che
dovrebbero essere. Curarsi di una persona per quello che è, lasciando cadere le mie aspettative di ciò che essa dovrebbe
essere per me, lasciando cadere il desiderio di modificare questa persona in armonia con le mie esigenze, è la via più
difficile, ma anche la più maturante, verso una relazione intima più soddisfacente”.
14
Nel counseling non direttivo l’esperto del problema diventerebbe la persona stessa che lo
vive e che, crescendo in consapevolezza a sé stessa, riesce con il tempo a superare il suo
disagio presente e quelli futuri; in poche parole diventerebbe autonoma, equilibrata e,
dunque libera.
Si chiama appunto counseling non direttivo proprio per sottolineare che il compito del
counselor è di mettere in grado la persona di entrare in contatto con le sue risorse interiori
e non di dare soluzioni, il che significa aiutare la persona a crescere in armonia, equilibrio
interiore e consapevolezza di sé. Il terapeuta rogersiano durante il colloquio si avvale di
alcune tecniche che nel loro insieme vanno sotto il nome di “tecniche non direttive”.
La non direttività è la modalità pratica con la quale il terapeuta dimostra al cliente sia di
accettarlo positivamente che di comprenderlo empaticamente.
Non direttività significa rispetto della libertà e dell'autodeterminazione del cliente e
contemporaneamente autoeducazione continua del terapeuta, che è in continua crescita,
seppure dolorosa e arricchente.
Non direttività è:
- imparare ad ascoltare senza intervenire con commenti troppo personali, avere un
atteggiamento di interesse aperto, ossia di piena disponibilità, senza alcun pregiudizio o
preconcetto di qualunque tipo;
- avere un atteggiamento di non giudizio che permette di ricevere e di accettare tutto senza
critiche, né colpevolizzazioni, né consigli e basato sul presupposto che non vi sia nulla di
nascosto da cercare o da verificare;
- è anche l’accettazione del cliente e del suo modo di pensare, anche quando esso rivela
un’ideologia o addirittura un’etica contrarie alle nostre; abbandonare cioè gli schemi di
valori personali per immergersi con mente “pulita” in quelli del cliente
- sostenere uno sforzo costante per rimanere obiettivi ed essere oggettivi per immergersi
nella soggettività dell’altro e comprenderlo umanamente, entrare cioè in profonda
15
“empatia” ossia nel suo mondo interiore, facendo il vuoto nella nostra mente e nel nostro
cuore per accogliervi la mente e il cuore dell’altro, per riconoscervi quanto più è possibile la
sofferenza dell’altro.
Il terapeuta non direttivo non dà consigli, non interpreta, non sceglie le mète al posto del
cliente. E’ colui che ha fiducia nelle possibilità del cliente di risolvere le sue difficoltà se
messo nella condizione di liberare le potenzialità che gli sono proprie. Il ruolo del terapeuta
si ispira dunque alla figura socratica della levatrice in quanto è colui che aiuta il cliente a
dare alla luce qualcosa che proviene da lui stesso e non da parametri teorici di riferimento
derivanti dalla sua formazione scientifica e professionale. E’ infatti il cliente stesso l’unico
parametro a cui fare riferimento, l’unico esperto della sua esperienza.
La non direttività crea un particolare tipo di rapporto fra cliente e operatore, nel quale
l’aspetto più importante è costituito da una parità assoluta.
3.2 Il rapporto di counseling non direttivo"Il compito principale della vita di un uomo
è di dare alla luce se stesso". E.Fromm
Il counseling non direttivo, data la sua specificità di saper creare un rapporto, si rivela
particolarmente utile, terapeutico ed anche educativo.
“Per educativo si intende che, attraverso questo tipo di rapporto e di contatto sia l’utente
che l’operatore acquistano una maggior capacità di educare se stessi a qualunque tipo di
rapporto, alla comunicazione, all’introspezione, migliorando così anche alcuni aspetti della
propria vita”.2
_____________________
2 G.Bartholini, La terapia centrata sul rapporto, “Perché terapia centrata sul rapporto”…iGrafismiBoccassiEdit., pag.22.
La terapia è intesa come un incontro tra due esseri umani in crescita; la lezione di umiltà
che arriva da Rogers è valida perché sempre ci ricorda la necessità di calarsi ogni volta nella
relazione sapendo di uscirne trasformati, avendo chiara la relatività delle nostre
convinzioni.
16
Il rapporto di counseling non direttivo viene così definito da Rogers:
“un counseling efficace consiste in un rapporto flessibile, ma ben strutturato, che permette al soggetto di
raggiungere un grado di autocomprensione tale da consentirgli di adottare provvedimenti positivi, alla luce di
questo suo nuovo orientamento”.
Esso si crea attraverso l’incontro tra due persone, ossia attraverso la relazione
interpersonale e il dialogo che, all’interno del processo di aiuto, rappresentano i punti
fondamentali nel processo di crescita e di cambiamento del cliente.
Il counseling rogersiano favorisce l’emergere del soggetto nella sua unicità; il suo strumento
è il colloquio che accompagna la persona nel suo divenire e nel suo riconoscersi e nel poter
accogliere le trasformazioni.
Nel rapporto di counseling non direttivo il professionista rivolge la sua attenzione, la sua
sensibilità umana verso le emozioni e i sentimenti che il cliente manifesta e vive durante il
racconto nella realtà presente; sentimenti che chiedono di essere accettati e compresi.
“Il counselor non guarda la persona con l’occhio di chi raccoglie i fatti ma con l’occhio di
chi vede i fatti carichi di significati, di possibilità. Il counselor guarda i fatti come
espressione della persona e come carichi di significati cui la persona li investe” 3 ; il
counselor lavora con le sue emozioni nel QUI ED ORA (Hic et Nunc) che
costituisce uno degli elementi indispensabili per la creazione di un rapporto; inoltre questo
“hic et nunc” è molto importante perché l’essere capito, o delucidato, nel momento in cui
fa la comunicazione, è l’unica misura che il cliente ha per essere certo del suo rapporto
positivo con il terapeuta.
___________________
3 P.Campagnoli, Professione Counseling, il counselor: aspetti scientifici, applicativi, professionali, Maggioli,Santarcangelo di Romagna (RN), 2011.
Ogni uomo vuole essere capito sul piano dei sentimenti, che sempre apre un vastissimo
canale di comunicazione e rafforza in modo eccezionale la fiducia nel terapeuta. Infatti, il
rapporto si riconosce quando vi è un contatto tra due persone a livello tanto profondo
(scevro da passionalità, possessività, gelosia e predominio sull’altro) da poter intuire i
sentimenti e i pensieri dell’altro.
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“Gli esseri umani hanno potenzialmente a disposizione una gamma formidabile di poteri intuitivi. Siamo davvero
molto più saggi del nostro intelletto”. C.Rogers
Durante la terapia, una delle esperienze che il soggetto compie, e che gli permette poi di
guarire, è data dal fatto che il terapeuta si interessa veramente a lui. L’accettazione positiva
di se stessi, conseguente alla considerazione positiva degli altri, ha, secondo Rogers, un
ulteriore aspetto che riguarda i valori dell’individuo. Molti valori delle persone adulte sono
per Rogers rigidi, perché non provengono da loro stessi, ma sono il frutto dell’adattamento
dell’io alle regole della comunità in cambio dell’amore e della considerazione degli altri. E’
all’interno del rapporto che si concretizza la relazione di aiuto.
3.3 La relazione d’aiuto“Non puoi insegnare qualche cosa ad un uomo.
Puoi solo aiutarlo a scoprirla dentro di sé”Galileo
Sarà pure una visione semplicistica la mia,ma mi pare innegabile che all’origine dei nostri molti guai
ci sia quest’ansia della gente di volere la risposta,invece di cercare chi ha un metodo per arrivare alla risposta”.
(R.P.Feymann, Il senso della vita)
“Con questo termine mi riferisco ad una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere
nell’altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato ed integrato.
L’altro può essere un individuo o un gruppo. In altre parole una relazione d’aiuto potrebbe essere definita come una
situazione in cui uno dei partecipanti cerca di favorire, in una o ambedue le parti, una valorizzazione maggiore delle
risorse personali del soggetto ed una maggiore possibilità di espressione”. (C.Rogers)
Quindi, attraverso la relazione di aiuto, il counseling non direttivo si pone come intervento
teso a promuovere la crescita, la maturità e sviluppo delle risorse personali già presenti in
ogni individuo, ossia aiuta la persona ad acquisire una maggiore conoscenza di sé, a
ripristinare le proprie capacità ed attivare le proprie risorse per affrontare in modo positivo
le varie difficoltà o disagi. Esso si propone come un intervento volto al benessere della
persona; è utile ed importante anche a livello preventivo in quanto intervento rivolto al
disagio, al malessere per evitare che questo possa aggravarsi e trasformarsi in patologia.
La specificità che la distingue dalle altre relazioni umane è l'aspetto metacognitivo: per
competenza d'aiuto si intende infatti la capacità di dare vita ad una relazione umana in
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modo consapevole, controllato ed intenzionale, padroneggiando razionalmente abilità "che
sono un tutt'uno con ciò che si è".4
“Relazionarsi con qualcuno significa mettere da parte le tue idee su come questa persona dovrebbe parlare e
agire e instaurare con lei un dialogo per scoprire chi è veramente e perché è fatta così”.5
La relazione di aiuto altro non è se non un tipo particolare di relazione umana; in se stessa
non possiede alcunché di speciale, nessuna caratteristica che la renda strutturalmente
diversa dal modo solito con cui le persone spontaneamente si rapportano tra loro. “La
relazione di aiuto ha molto in comune con le relazioni di amicizia, con le relazioni familiari,
con le relazioni pastorali. Tutte quante sono dirette ad appagare dei bisogni umani basilari”.
(Brammer, 1973).
L’aiuto non è dunque un “monopolio” delle professioni di aiuto ma viene attivato in varie
altre attività lavorative e non. Ciò che differenzia il professionista d’aiuto è che nella sua
professione deve essere consapevole, controllato e abile ossia deve essere “persona
adeguata”.
“[…] operatori professionali con accentuata formazione teorica non necessariamente sono efficaci quando si trovano a
dare concretamente aiuto; al contrario, operatori professionali, quando formati direttamente su specifiche abilità di
aiuto, possono essere efficaci senza alcun eccesso di teoria alle spalle”. (Egan, 1975)
Chi aiuta (professionista d’aiuto) deve:
essere autentico
mantenere un atteggiamento oggettivo positivo verso il cliente
accettare in modo incondizionato il cliente
______________________4 R.Mucchielli, Apprendere il Counseling, Manuale di autoformazione al colloqui d’aiuto, La relazione diaiuto nel counseling e nel lavoro sociale di Folgheraiter*, Erikson Ed. ristampa 2013, pag.145 D.R.Ord, Tutto quello che so sull’amore l’ho imparato da Il Piccolo Principe,Un monarca universale,Sperling&Kupfer Ed.2015,pag.42
abbandonare ogni atteggiamento valutativo
essere attento al vissuto attuale del cliente
avere capacità di comprensione empatica:
intuire come l’altro si sente, e cosa realmente prova, al di là delle parole
19
capacità di immedesimarsi nell’interlocutore per comprendere il suo punto
di vista, senza assumerlo come proprio, ma mantenendo l’autocontrollo.
Chi viene aiutato (cliente) deve:
riconoscere il problema
richiedere aiuto
avere fiducia nel terapeuta
collaborare al processo di cambiamento.
La relazione d’aiuto, sebbene sia nata, in ambito psichiatrico e clinico, per trattare i disturbi
mentali, è utilizzata anche nei servizi sociali per affrontare difficoltà specifiche della
persona.
Capitolo 4 - ABILITÀ E TECNICHE DEL COUNSELING
4.1 Il ruolo del counselor non direttivo Il counselor non fa “terapia”, non “cura”, ma si prende “cura”......
“Se tu hai bisogno di meChe male c’è ad appoggiarti a me?”
H.Murakami
La possibilità di creare un relazione di aiuto autentica e genuina ma soprattutto efficace è
data dalle capacità del professionista il cui compito non è quello di offrire risposte,
interpretazioni o soluzioni rispetto alle difficoltà del proprio cliente, ma quello di aiutarlo
ad autocomprendersi e a recuperare autonomia e autostima per affrontare il suo disagio, la
sua sofferenza, prendendosi la responsabilità delle sue scelte. In quest’ottica il consulente si
delinea pertanto come un “esperto di comunicazione e relazione in grado di facilitare il percorso di
autoconsapevolezza dell’interlocutore” (Di Fabio 1999).
L’operatore professionale di aiuto, non direttivo, è una persona che, per mestiere deve
ripetutamente porre se stesso come catalizzatore di questo processo di crescita e di
autoconsapevolezza. E’ questo un compito che richiede particolari doti personali umane
(genuinità, disponibilità, sensibilità) e grande maturità, ma anche un’effettiva padronanza di
abilità pratiche molto precise. E’ chiaro che fra doti personali umane e abilità tecniche non
va creata alcuna dicotomia, anzi devono coincidere; la soluzione migliore, in realtà, sarebbe
che “l’uomo giusto usi mezzi giusti”.1 Secondo Rogers, per far sì che una terapia risulti efficace
20
è necessario che si verifichino, attraverso l’ascolto attivo, tre condizioni ossia: la
congruenza, l’accettazione e considerazione positiva incondizionata e l’empatia. L’ordine
con cui Rogers inizialmente presentò le tre condizioni non era questo, in una prima
versione l’empatia aveva il primo posto ma, proprio attraverso la ricerca ed il confronto
con i colleghi, si rese conto che l’empatia correva il rischio di essere tradotta in una tecnica
di ascolto e una tecnica è la cosa più lontana che ci sia dall’Approccio non direttivo o
centrato sulla persona. Rogers comprese che la congruenza del professionista e la sua
capacità di essere non giudicante, completamente aperto all’esperienza dell’altro, capace di
rispettare la persona nella sua diversità, erano due condizioni che precedevano l’empatia e
che, a quest’ultima davano la completezza.
Ma cos’è la congruenza? E l’accettazione positiva incondizionata? E l’empatia?
Congruenza o autenticità: la congruenza o autenticità è la perfetta identità del
professionista fra ciò che dice di essere e ciò che è realmente, ossia essere una persona
vera. Rogers scrive: “In luogo del termine autenticità talvolta ho usato la parola
congruenza. Con questa voglio dire che quando la mia esperienza del momento è
presente alla mia consapevolezza è a sua volta presente alla mia comunicazione, allora
ognuno di questi tre livelli si armonizza ed è congruente. In questi momenti sono
integrato e totale, sono completamente tutt’uno nella maggior parte dei casi,
naturalmente faccio mostra anch’io, come chiunque altro di un certo grado di
incongruenza.
_________________________1 R.Mucchielli, Apprendere il Counseling, Manuale di autoformazione al colloqui d’aiuto, La relazione di aiutonel counseling e nel lavoro sociale di Folgheraiter*, Erikson Ed. ristampa 2013, pag.14
Ho imparato, però, che l’autenticità o genuinità, o congruenza è una base fondamentale
per la migliore delle comunicazioni” (1983). “Mi sono reso conto chiaramente che non produce alcun
frutto, a lungo andare, nei rapporti interpersonali, comportarsi come se si fosse diversi da come si è”.
(C.Rogers)
21
«Il terapeuta sia, nell’ambito della relazione, autentico e ben integrato. Nella relazione, cioè, il terapeuta è
liberamente e profondamente se stesso e la sua esperienza reale è fedelmente rappresentata nella coscienza. Non
assume perciò in nessun caso atteggiamenti di circostanza» (Rogers e Kinget).
Essere congruente significa dare all’altro la possibilità di essere accolti ed ascoltati senza
che i problemi, le proprie esperienze personali, i propri modi di stare al mondo siano
un invisibile filtro che non ci permette di essere dove l’altro è per facilitare il percorso
che l’altro vuole per se stesso. Il processo dell’altro è chiaro solo nel momento in cui è
chiaro a noi stessi.
“Se non sei in contatto con il tuo vero io, sei incapace di lasciarti toccare dalle parole del tuo partner.[…] Non
puoi essere davvero in sintonia con qualcuno se dici solo cose di circostanza. Le relazioni autentiche nascono
soltanto nel momento in cui mostri chi sei davvero e dalla volontà di scoprire chi è lui”.2
Condizione fondamentale per essere autentico nella relazione interpersonale è quella di
conoscere e accettare se stesso, infatti Rogers afferma che lo strumento di lavoro
più importante è la nostra stessa persona.
Perciò il terapeuta rogersiano deve continuare ad affinare se stesso, diventando sempre
più capace di congruenza.
Accettazione e considerazione positiva incondizionata: l’accettazione e
considerazione positiva incondizionata è la capacità del professionista di guardare chi
gli sta davanti senza giudizio, di accoglierlo nel suo pieno diritto di essere se stesso ed
inoltre di considerarlo capace di aiutare se stesso.
L’accettazione non va confusa con l’approvazione, sono cose ben diverse.
_______________________
2 D.R.Ord, Tutto quello che so sull’amore l’ho imparato da Il Piccolo Principe,Il settimo pianeta-La terra,Sperling&Kupfer Ed.2015, pag. 98-99
L’accettazione o considerazione positiva, è una forma di stima o accettazione
incondizionata della persona, è la capacità di separarsi temporaneamente dal proprio
mondo valoriale per immergersi in quello dell’altro. È un concetto pluridimensionale
che rispecchia profondamente la filosofia e le nozioni teoriche di base dell’approccio
rogersiano, ed è pure un «modo di essere» terapeutico, cioè il risultato di un’ottica
22
filosofica e di un atteggiamento psicologico ben metabolizzato ed assimilato all’interno
della persona, che presenta una interconnessione strettissima con l’autenticità e
l’empatia. È la capacità necessaria al terapeuta di accettare il Cliente, senza giudicarlo,
rispettandolo come persona, a prescindere dai suoi comportamenti manifesti.
Per considerazione positiva s’intende un atteggiamento di “calore non possessivo”, di
“cura”.
Quindi è un atteggiamento affettivo del terapeuta nei confronti dell’esperienza del
cliente, che esprime apprezzamento, interesse, accoglienza, fiducia nelle sue potenzialità
e coinvolgimento non possessivo. Il terapeuta dà valore al suo Cliente come persona.
Empatia: l’empatia è la capacità del terapeuta di mettersi nei panni dell’altro, di entrare
in rapporto con l’altro fin nel suo mondo interiore, di comprendere ciò che prova, di
capirne i bisogni mantenendo la consapevolezza di se stessi;
Lo stato di empatia, dell’essere empatico, è il percepire lo schema di riferimento interno di un altro con
accuratezza e con le componenti emozionali e di significato ad esso pertinenti, come se una sola fosse la persona,
ma senza mai perdere di vista questa condizione di “come se”. Significa perciò sentire la ferita o il piacere di
un altro come lui lo sente, e di percepire le cause come lui le percepisce, ma senza mai dimenticarsi che è come se
io fossi ferito o provassi piacere, e così via. Se questa qualità di “come se” manca, allora lo stato è quello
dell’identificazione». (Rogers)
[…] Un modo empatico di essere con un’altra persona ha molte sfaccettature: comporta una sensibilità, istante
dopo istante, verso i mutevoli significati percepiti che fluiscono in quest’altra persona, dalla paura al furore, alla
tenerezza, o confusione, o qualunque altra cosa essa stia sperimentando. Significa vivere temporaneamente nella
vita di un altro, muovendocisi delicatamente, senza emettere giudizi; significa intuire i significati di cui l’altra
persona è scarsamente consapevole, senza però svelare i sentimenti totalmente inconsci, perché ciò sarebbe troppo
minaccioso. Coinvolge la comunicazione delle vostre percezioni del mondo dell’altro, del quale osservate con
sguardo sereno e nuovo quegli elementi che l’altro teme di più». Non la definirei più “uno stato di empatia”,
perché la ritengo più un processo che uno stato. (Rogers)
23
E’ l’empatia che determina il modo migliore per rapportarsi non con una categoria
diagnostica ma con una persona, quella del Cliente che in quel momento mi sta
davanti. E’ importante trattare ogni cliente come un unicum e farsi guidare dall’empatia
nell’essere “Centrati sul Cliente”, nel dargli quello di cui ha bisogno in quel preciso
momento fidandosi del fatto che se si sentirà non minacciato, ma compreso e
accettato completamente come persona, permetterà a se stesso di entrare in contatto
con tutte le parti di sé, anche le più minacciose, per guardarle in compagnia di un altro
essere umano che gli dà il tempo e il sostegno necessario per fare le proprie scelte alla
luce dei suoi reali desideri. È questo che permette il recupero del vero Sé, unica
possibilità che abbiamo come esseri umani di vivere in sintonia con noi stessi.
Lietaer scrive:«Talvolta siamo noi a non permettere all’esperienza dei nostri clienti di dispiegarsi pienamente
per quella che è, a causa delle nostre difficoltà personali. Temi di vita con cui non siamo ancora venuti a patti,
bisogni individuali che interferiscono con la terapia, le nostre vulnerabilità e i nostri “punti ciechi” (blint spots),
a volte ci fanno sentire in pericolo ed incapaci di rispondere con serenità a certi sentimenti del cliente ....Entrare
nel mondo esperienziale di qualcuno che ha valori totalmente differenti dai nostri, accogliere sentimenti di
sconforto e disperazione, empatizzare con esperienze di massima felicità, rispondere in modo non difensivo a
forti sentimenti positivi o negativi del cliente nei nostri confronti: non sono certo cose facili da fare».
Quando si parla delle tre condizioni facilitanti il cambiamento, esse si intendono
applicate ed applicabili ai sentimenti della persona e alla persona in quanto tale , ma
non a tutti i suoi comportamenti.
4.2 L’ascolto attivoL’azione più motivante che una persona
può fare per un’altra è ascoltarlaRoy Moody
Un’abilità fondamentale che il professionista dell’approccio non direttivo deve mettere in
atto durante il colloquio di counseling, è l’ascolto attivo. Per fare in modo che l’altro si apra
24
e ci dia l’opportunità di comprenderlo è necessario dare dimostrazione di saper ascoltare (in
genere la parte interessante di un racconto viene sempre in coda alla conversazione).
Ascoltare non significa stare fermi e non interrompere, è un comportamento proattivo
attraverso cui dimostrare di essere in grado di comprendere l’altro. L’ascolto attivo è tipico
di chi evita i blocchi della comunicazione per favorire l’empatia.
Vediamo quali sono le caratteristiche di questi blocchi:
- atteggiamento indagatore più attento ai particolari di ciò che è accaduto;
- imposizione di soluzioni in base alla propria esperienza. Chi offre facili soluzioni ai
problemi altrui spesso poi si offende se non viene ascoltato;
- frasi consolatorie generaliste che non tengono conto della specificità della situazione;
- espressione di giudizi personali su cosa sia accaduto.
Nella relazione di counseling l’ascolto attivo è di fondamentale importanza perché i clienti
hanno bisogno di sapere che quel che dicono viene ascoltato con rispetto e attenzione.
Qualunque interruzione da parte di un terapeuta viene interpretata dal cliente come una
mancanza di interesse.
L’ascolto attivo comprende abilità di osservare e registrare messaggi non verbali.
Gli aspetti non verbali del comportamento che facilitano un buon ascolto sono:
- mantenere il contatto oculare;
- movimento del capo che indicano incoraggiamento;
- rispecchiare le espressioni mimiche del cliente per mostrare empatia; (ciò è da valutare
in quanto spesso i clienti usano espressioni facciali che non corrispondono o
descrivono il loro stato d’animo);
- assumere una postura calda, aperta, sporgendosi verso il cliente;
- dare un appropriato incoraggiamento verbale quando si verificano pause, sapendo
rispettare anche i momenti di silenzio.
4.3 La riformulazione
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Una tecnica di base del counseling non direttivo è la riformulazione. Si chiama
“riformulazione” un intervento dell’operatore che consiste nel ridire con altre parole, e in
maniera più concisa e chiara, ciò che l’altro ha appena detto. E’ una tecnica messa in atto
dal professionista per intervenire in modo da facilitare un’espressione sempre più completa
da parte del cliente e una formulazione di ciò che ha da dire sempre più chiara.
Attraverso la riformulazione:
- il terapeuta può avere la sicurezza di non introdurre niente di estraneo o di
interpretativo nella comunicazione che ha appena ascoltato; inoltre ha la prova di aver
ascoltato e compreso ciò che gli è stato comunicato.
- il cliente è sicuro, se si riconosce nella riformulazione, di essere sulla buona strada nel
farsi comprendere ed è così portato a esprimersi ulteriormente.
La riformulazione rogersiana comprende procedure principali, ordinate secondo livelli
progressivi di complessità:
La riformulazione riflesso: consiste nel parafrasare o riflettere la comunicazione
ricevuta dal cliente. Si approfitterà del momento in cui il cliente, alla fine di una frase, si
ferma un attimo, così da fare in modo che il soggetto comprenda che il terapeuta ha
capito; non basta solo dare un segno di approvazione dicendo “si” di tanto in tanto.
Non si dovrebbe neppure abusare di questa tecnica per evitare una continua
ripetizione.
La riformulazione riassunto: dopo che il cliente ha portato avanti la conversazione
per un po’ di tempo, di solito emergono elementi formativi che appartengono ad un
unico tema, e spesso è importante evidenziare tale tematizzazione. Il riassunto consiste
nel ricucire insieme diversi elementi che formano un tema e rimandarli al cliente con
un’ampia parafrasi.
La riformulazione chiarificazione: consiste nel fare domande al cliente al solo scopo
di chiarire, delucidare un concetto espresso in maniera confusa.
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La riformulazione rispecchiamento: è una parafrasi focalizzata sul tono emotivo
della comunicazione, anziché sul contenuto cognitivo. E’ utile perché il cliente in
questo modo si sente profondamente capito, viene facilitata l’espressione dei sentimenti
e il cliente viene aiutato nel suo percorso di conoscenza di sé. È il modo attraverso cui
si rimanda all’altro il suo diritto ad esistere e ad essere con tutto quello che l’altro è. Il
sentirsi riconosciuto, ed in diritto di essere ciò che si è, abbassa naturalmente le difese
(è per questo che non si devono mai abbattere le difese, si aspetta che il Cliente si senta
tanto sicuro da poterlo fare). Per procedere sulla strada della terapia, il cliente deve
riappropriarsi dei suoi vissuti. Tutti quei vissuti sono pieni di sentimenti che il terapeuta
deve continuamente essere teso a cogliere per decidere i suoi interventi; tali interventi
saranno sempre lo specchio di quello che il cliente prova in quel momento. Inoltre è in
quell’intervento che il cliente vede riflesso il suo sentimento nel qui ed ora, e spesso è
proprio in quel momento che ne prende coscienza.
Capitolo 5 - FASI DEL PROCESSO DI COUNSELING
5.1 Le tappe terapeutiche e il processo di cambiamento“Il cambiamento è inevitabile,
la crescita personale è una scelta”Bob Proctor
“Ritornare a se stessi, ritrovare il proprio personalissimo cammino per perseguirlo con tutto se stessi ……non c’ècambiamento senza una ricerca dentro se stessi del senso della propria vita”. M.Buber
La terapia di counseling non direttivo è un cammino che procede su una strada ben
individuabile costituito da tappe terapeutiche che seguono un carattere ordinato in cui gli
atteggiamenti del cliente subiscono vari cambiamenti durante le sedute; quindi è possibile
seguire in maniera chiara il processo evolutivo del cliente verso la sua corretta percezione di
sé e delle sue esperienze.
Il cliente e il terapeuta sono uniti da alcune profonde convinzioni; prima di tutto che il
cambiamento è possibile e desiderabile. Questa convinzione rende possibile che entrambi
nutrano speranze per i risultati del loro cammino, il quale sarà tanto più fruttuoso quanto
27
più il cliente ed il terapeuta riusciranno a stabilire una buona alleanza terapeutica. Tale
alleanza sarà contrassegnata dal mutuo rispetto e dalla fiducia.
“Lo scopo non consiste nel risolvere un problema particolare ma nell’aiutare l’individuo a crescere, per poter affrontare
in maniera integrale e costruttiva sia il problema del momento che quelli che incontrerà in seguito.” (Rogers 1942)
Questo rivela che un processo di counseling può anche non portare alla soluzione del
problema o disagio con il quale il cliente si è presentato, ma costituisce invece per il cliente
un apprendimento di come può più adeguatamente funzionare, per risolvere il problema di
mano in mano che percepisce in modo più corretto le proprie esperienze emotive.1
La direzione della seduta è quindi nelle mani del cliente (protagonista), che deve essere
libero di raccontare ciò che vuole, cominciando da dove vuole ed esponendo anche cose
che non sempre possono corrispondere alla realtà; il terapeuta si deve porre quindi nella
condizione di uno strumento, sensibile, preparato, raffinato e pronto all’ascolto empatico.
All’inizio il cliente porta in seduta un tipo di materiale che cambia di mano in mano che
le sedute procedono; cambia nel cliente la maniera di osservare e di parlare di questo
materiale. Quando il cliente giunge alla terapia per la prima volta, espone il problema
come se fosse un momento difficile della sua vita, ma certamente dovuto ad altri o a
circostanze esteriori. Non pensa minimamente di essere in qualche modo implicato
nelle cause che hanno determinato lo stato di disagio attuale.
Appena la sensazione di empatia si consolida, il cliente comincia a spostare la sua
attenzione dai dati oggettivi del suo problema alle proprie personali reazioni e ai dati
_______________________1 G.Bartholini, La terapia centrata sul rapporto, “Le tappe terapeutiche”, …iGrafismiBoccassi Edit., pag.52.
interiori; muta nel cliente il modo di vedere se stesso e quindi di giudicarsi, di giudicare
le proprie relazioni con gli altri e le proprie esperienze.
Egli comincia così ad esplorare il suo Io e a osservarlo, anche se ancora non si rende
conto della relazione che c’è fra il suo modo di essere e ciò che ha creato il disagio.
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La forma ottimale della terapia si ha quando il cliente esplora e parla dei suoi sentimenti
strani, sconosciuti, e si riappropria a poco a poco di vissuti passati. Egli impara così a
conoscere elementi della propria esperienza che in passato erano stati rifiutati alla
coscienza perché troppo minacciosi, troppo dannosi per la struttura del sé. Egli si
accorge di sperimentare momento per momento, nella relazione, i propri sentimenti , in
modo completo e profondo, sino ad essere il proprio timore, la propria ira, la propria
tenerezza o la propria forza. Vivendo questi momenti tanto diversi, in tutti i loro gradi
d’intensità, scopre di aver sperimentato se stesso, di essere tutti questi sentimenti.
Questa fase è lunga e dolorosa ma di solito, dopo questo momento, e se il terapeuta ha
agito in modo corretto (con comprensione e rispetto e senza dare valutazioni, consigli,
interpretazioni, rimanendo imperturbabile alle eventuali provocazioni e richieste di
aiuto) il cliente prende in mano il proprio destino.
Egli vede allora che il proprio comportamento cambia in modo costruttivo, in accordo
con il sé e inizia a valutare i criteri secondo i quali ha vissuto sino a quel momento,
misura le sue forze e le sue sconfitte e valuta la proprie esperienze con criteri nuovi.
Comincia a riprendere fiducia in se stesso di mano in mano che vede la sua realtà, i
suoi limiti, ma anche le sue possibilità. Nell’ambito della terapia non-direttiva ciò che
determina il cambiamento è l’insight. La persona incomincia ad osservarsi con una
mente nuova, percepisce se stesso in maniera diversa come se una luce schiarisse, ad un
tratto, avvenimenti, sentimenti e comportamenti presenti e passati e permettesse di
cogliere legami e nessi mai presi prima di allora in considerazione.
L’insight è raggiunto gradualmente grazie alla creazione, da parte del terapeuta, di un
setting permissivo, non autoritario, nè giudicante. La percezione e la valutazione di ciò
che è avvenuto gli appare come sintomo di progresso. Inizia a esternare alcune
iniziative relative al suo disagio e se ne stupisce.
“All’improvviso, ecco che osserviamo di nuovo con occhi infantili il mondo, le ingiustizie subite, la nostra parte
di responsabilità e soprattutto il nostro potenziale di capacità, che è sorprendentemente grande.[…] Ci
interroghiamo di nuovo sul senso della nostra vita, ci chiediamo per cosa vogliamo essere amati e per cosa vale la
pena di vivere.[…] Con la semplice logica del cuore che possiede il bambino dentro di noi ci interroghiamo sul
29
bene e sul male, sul brutto e sul bello della nostra vita. Piangiamo lacrime infantili. Emergiamo dallo scudo di
aculei che ci siamo costruiti come un’armatura contro la durezza del mondo. Ci denudiamo fino a scoprire la
pelle. Gridiamo di dolore. Separandoci dalla vecchia vita, non più vivibile, rinasciamo”.2
L’ultima fase comprende il congedo e lo sganciamento dal rapporto terapeutico.
Se la terapia ha proceduto secondo queste fasi, difficilmente il cliente avrà in futuro ancora
bisogno di un terapeuta, in quanto egli ha appreso chi è, come dovrà agire, quali sono le sue
possibilità e i suoi limiti; è entrato in un processo irreversibile che lo porterà a divenire
pienamente funzionante.
Viene così descritto da Rogers (1961):“E’ capace di provare e di accettare tutti i propri sentimenti e le
proprie reazioni. Utilizza in modo sempre più completo tutto il proprio organismo per cogliere e comprendere con la
maggiore precisione possibile la situazione esistenziale. Utilizza tutte le informazioni che il sistema nervoso è in grado
di fornirgli, ma riconosce che l’insieme del suo organismo può essere, e spesso è, più saggio della sola coscienza. E’
capace di permettere all’organismo di funzionare liberamente in tutta la sua complessità e di lasciarsi guidare, fra le
molteplici alternative, verso il comportamento che assicurerà la soddisfazione più completa e più autentica dei bisogni
esistenti in un momento determinato. Ha fiducia del proprio organismo e del suo funzionamento, non perché lo creda
infallibile, ma perché essendo completamente aperto alle conseguenze di ogni decisione, può correggere quelle che si
dimostrino inadeguate”.
_________________________
2 M.Jung, Il Piccolo principe in noi, Un viaggio di ricerca con Saint-Exupéry, La crisi, Ma.Gi. Edizioni 2002,pag.23
5.2 Durata di una terapia
Il contatto con un operatore rogersiano, in una terapia di counseling, ha una durata
relativamente breve, ossia dà risultati in tempi molto più brevi rispetto ad altre forme di
terapia. La brevità di un terapia dipende chiaramente dalle abilità umane e capacità tecniche
messe in atto dal professionista e dalla quantità e la qualità di materiale portato dal cliente.
E’ da tener presente che la maggior parte del lavoro su se stesso il cliente la fa nei sette
giorni che separano una seduta dall’altra. Per questo è molto importante mantenere
30
inalterato, per quanto si può, il ritmo settimanale delle sedute; sette giorni è il tempo
sufficiente per permettere un’elaborazione positiva del materiale discusso in seduta.
Il vantaggio ultimo di questa terapia consiste nell’apprendimento da parte del cliente della
capacità di gestire le proprie risorse, per cui difficilmente in altri momenti di crisi avrà
bisogno dell’aiuto del consulente.
Capitolo 6 - IL COUNSELING: AMBITI E CAMPI DI APPLICAZIONE
6.1 Campi di applicazione
Il counseling rappresenta un approccio volto al benessere e all'orientamento dell'individuo
per riuscire a sviluppare consapevolezza delle proprie risorse personali e dell'utilizzo di
queste nell' affrontare processi esistenziali legati alle diverse fasi del ciclo di vita. Proprio
per le sue caratteristiche il counseling e l'uso degli strumenti di counseling è utilizzato
trasversalmente in diversi ambiti e contesti.
Secondo la definizione della S.I.Co.: “L'intervento di Counseling può essere definito come la possibilità di
offrire un orientamento o un sostegno a singoli individui o a gruppi, favorendo lo sviluppo e l'utilizzazione delle
potenzialità del cliente. All'interno di comunità: ospedali, scuole, università, aziende, comunità religiose, l'intervento
di Counseling è mirato da un lato a risolvere nel singolo individuo il conflitto esistenziale o il disagio emotivo che ne
compromettono una espressione piena e creativa, dall'altro può inserirsi come elemento facilitante il dialogo tra la
struttura e il dipendente”.
6.2 Counseling di gruppo
Il counseling di gruppo è un’occasione per mettersi a confronto in gruppo su temi o
problemi. L’obiettivo è quello di prendere consapevolezza delle modalità che vengono
utilizzate nella gestione delle problematiche personali, delle risorse sconosciute al proprio
IO. Il gruppo è una dimensione di straordinaria potenza in quanto consente di vivere
un’esperienza di confronto in una dimensione protetta dove ognuno può rispecchiarsi
nell’altro. Questo rafforza l’autostima e aiuta a ri-scoprire e potenziare competenze e31
caratteristiche personali. Il counseling di gruppo consiste in incontri di gruppi di 5 o 6
persone che insieme riflettono, con attivo coinvolgimento, su un tema di interesse comune.
Il counselor ha solo il compito di affiancare il gruppo e aiutarlo a mettere a fuoco le
problematiche emerse. Si svolgono giochi che aiutano a meditare oppure esercizi corporei,
si possono anche effettuare lavori creativi (pittorici, manuali…). La durata degli incontri è
di 2 ore circa e la cadenza è settimanale; in totale sono 5/6 incontri.
Le tematiche che si possono affrontare:
- Le emozioni: come gestirle
- Come gestire il conflitto
- Potenziare l’assertività: imparare a dire di no
- Lo stress cos’è per me e come imparare a gestirlo
- La genitorialità
- L’autostima come nutrirla e rafforzarla
- La resilienza: allenamenti di raggiungimento di obiettivi
La caratteristica dei gruppi di incontro è quella di: "di consentire un clima di massima libertà dal punto
di vista dell'autoespressione, dell'analisi dei singoli sentimenti e stati d'animo, oltre che della comunicazione
interpersonale. Si dà soprattutto importanza allo sviluppo delle interazioni fra i membri del gruppo, entro un
atmosfera che incoraggi ognuno dei partecipanti a lasciar cadere le proprie difese e stabilire un rapporto franco e diretto
con gli altri." (Rogers, 1973, 351).
6.3 Counseling scolastico
Il counseling scolastico è il counseling applicato all’insegnamento e alla formazione in
ambito scolastico.
L’obiettivo del counseling scolastico è migliorare la qualità della vita scolastica di insegnanti
e alunni e della relazione con i genitori, nell’ottica di un’alleanza educativa.
Questo obiettivo è promosso attraverso lo sviluppo di competenze comunicative e
32
relazionali valide volte ad agevolare relazioni positive ed efficaci tra studenti, insegnanti,
genitori e altre figure educative o professionali.
Gli insegnanti e i genitori attraverso il counseling scolastico possono essere supportati nelle
loro funzioni educative, grazie a strategie di intervento concrete sia in situazioni di disagio,
sia al fine di mantenere e valorizzare le situazioni di benessere e di agio.
Lo scopo è offrire, a insegnanti e genitori, un ambito di ascolto che consenta l’elaborazione
di interventi pedagogici mirati, che fornisca strumenti per capire meglio i bambini e i
ragazzi durante il loro sviluppo e le dinamiche relative sia alla socializzazione che
all'inserimento nel contesto scolastico inteso come luogo di apprendimento e scambio
emotivo. Il counseling scolastico ha la finalità di offrire sostegno agli studenti rispetto alle
difficoltà relazionali con il mondo adulto (genitori e insegnanti) o con il mondo dei pari e di
prevenire disagi gravi agendo in sinergia con una rete inter-istituzionale di strutture cui far
riferimento nei casi in cui le problematiche presentate dal soggetto richiedano interventi
specifici.
6.4 Counseling socio-sanitario
Il counseling è applicabile al mondo sanitario per tre tipi di relazioni.
Innanzitutto per gli operatori che hanno un diretto contatto con il paziente: medici e
infermieri. Con la conoscenza del counseling e delle abilità di counseling, diventa più
visibile il mondo interno del paziente. Per certi versi il counseling è una specializzazione
della conoscenza del mondo interno dell’individuo. Tipicamente nella cultura sanitaria non
c’è molto spazio per questo. Il counseling offre un’opportunità fondamentale per la
gestione degli stati emotivi per l’operatore sanitario, sia medico che infermiere.
Il counseling può aiutare anche nel comunicare una diagnosi e nel come comunicarla.
Sembra una cosa banale, scontata, semplice; in realtà sono documentate patologie che
nascono da trauma psicologico legato alla comunicazione della diagnosi. Quindi è una
faccenda molto più interessante e complessa di quello che può sembrare a prima vista. Le
abilità di counseling oltre che aiutare l’operatore sanitario nella gestione del mondo interno
33
del paziente possono aiutarlo nella gestione del mondo interno personale. Tutto il
personale che è in rapporto con il paziente può sicuramente trovare beneficio per la propria
professione, sia nella funzione di soddisfare maggiormente il paziente sia per avere qualcosa
di vantaggioso per se stessi, perché anche la gestione delle proprie emozioni non è per
niente semplice in ambito professionale. Questo vale per l’ambito sanitario ma non solo.
Poi c’è l’area dirigenziale: capisala e personale delle direzioni sanitarie; e qui rientra il
discorso legato alla gestione di un gruppo.
È un’area che sicuramente il counseling può coprire con le proprie competenze; può
aiutare medici e infermieri anche nella relazione tra di loro, cioè indicare cosa significa
realmente stare all’interno di un gruppo, stare all’interno di un’équipe.
Infine c’è tutto il gruppo di operatori sanitari chiamato front-office , cioè a diretto contatto
con il cliente esterno: sportellisti, centralinisti, etc. È una fascia di operatori che in qualche
modo fanno da intermediari fra la richiesta d’aiuto e il soddisfacimento del bisogno.
Tutti noi abbiamo avuto esperienza con il mondo sanitario. Quando ci rivolgiamo a una
struttura sanitaria come minimo stiamo male personalmente o siamo preoccupati per
qualcun altro che sta male, un nostro caro o un nostro parente. Ed è chiaro come il primo
contatto sia estremamente importante, e come sia importante il modo in cui veniamo
trattati come clienti.
6.5 Counseling aziendale
Il counseling aziendale è un’efficace relazione d’aiuto che mira alla promozione del
benessere della persona, valorizzando le capacità individuali e indirizzando le energie e le
motivazioni dei singoli verso sviluppi coerenti con le esigenze dell’azienda e del mercato.
Gli obiettvi del counseling aziendale sono:
Aumentare il benessere nei contesti lavorativi;
34
Agevolare la comunicazione all’interno dell’azienda;
Far crescere la motivazione al lavoro;
Migliorare la qualità del lavoro in termini di efficacia e di efficienza;
Offrire sostegno in situazioni conflittuali e di disagio;
Ridurre l’assenteismo;
Aumentare la produttività.
6.6 Counseling familiare
Il Counseling Familiare e dell’Età Evolutiva è un intervento che si rivolge a famiglie in
difficoltà che necessitano di un aiuto per gestire e superare il momentaneo periodo di
malessere. L’intervento di counseling può interrompere il perpetuarsi di situazioni di
conflitto e sofferenza, favorendo nella persona e nella famiglia l’acquisizione di modalità
relazionali e comunicative più soddisfacenti ed efficaci. Dal punto di vista teorico fa
riferimento al lavoro di Carl Rogers e alla nozione di centralità del soggetto, considerando
la famiglia come entità soggettiva dotata di una sua unicità. Da un punto di vista applicativo
lavora con i componenti della famiglia in quanto soggetti, ognuno con i suoi bisogni, i suoi
vissuti e le sue potenzialità. La famiglia è non solo vista come composta di persone, o
meglio di soggetti, ma anche come luogo in cui le soggettività si costruiscono, si
relazionano, si plasmano in un’ottica sistemica. Il Counseling Familiare e dell’Età Evolutiva
è un intervento integrato perché sintetizza la componente rogersiana e quella sistemica in
modo fluido e flessibile. È un intervento integrato in quanto si avvale di ricerche che
allargano il quadro teorico di base attraverso riferimenti a lavori appartenenti ad altre
discipline dell’umano come la sociologia e la neurobiologia.
Capitolo 7 - PRINCIPALI APPROCCI DEL COUSELING
7.1 Il counseling filosofico
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Il Counseling a orientamento filosofico è una relazione d'aiuto in cui vengono facilitati e
stimolati, attraverso strumenti filosofici, processi decisionali e chiarificatori in grado di
risolvere e rispondere a specifiche domande dell' esistenza.
Il Counseling Filosofico possiede quindi gli elementi base che caratterizzano il counseling
in generale, e acquisisce specificità nell' utilizzo del metodo filosofico.
Il counselor filosofico è perciò una sorta di facilitatore, di catalizzatore che stimola e
conduce utilizzando le personali risorse del consultante.
Nell' ambito del counseling filosofico grande importanza viene data al rapporto
interpersonale, come fondamentale occasione per fare filosofia. E' nel e dal rapporto che si
sviluppa il discorso filosofico, che risulta perciò ben finalizzato e concreto. E' nel e dal
problema reale che nasce la riflessione filosofica. Non quindi una filosofia fine a se stessa,
che si risolve nella pratica astratta e lontana dalla realtà, bensì un atteggiamento che
consente di agire e di intervenire sulle questioni della vita. "Nessuno di noi abita il mondo, ma
esclusivamente la propria visione del mondo. E non è reperibile un senso della nostra esistenza se prima non
perveniamo a una chiarificazione della nostra visione del mondo, responsabile del nostro modo di pensare e di agire, di
gioire e di soffrire. Questa chiarificazione non è una faccenda di psicoterapia. Chi chiede una consulenza filosofica non
è “malato”, è solo alla ricerca di un senso."(Umberto Galimberti).
7.2 Il counseling gestaltico
Tra gli orientamenti di counseling uno dei più sviluppati e conosciuti insieme a quello
rogersiano è quello della gestalt. I principi di questo orientamento di matrice umanistico-
esistenziale, applicati al counseling, derivano dalla teoria di Perls (1969,1977). Come nella
teoria del counseling centrato sulla persona proposta da Rogers all'interno della teoria della
Gestalt si parte dal presupposto base che l'uomo è un organismo ricco di potenzialità e
capacità creative; questo principio nella teoria gestalt prende il nome di autoregolazione
organistica. Quando l'uomo non riesce a esprimere a pieno queste consapevolezze (perché
non le riconosce in se stesso o perché è bloccato) allora si genera nella persona
l'incongruenza, fonte di disagio e sofferenza. Il counseling ad orientamento gestaltico si
propone di aiutare a migliorare le situazioni relazionali, focalizzando l’attenzione sulla piena
e libera espressione individuale, sullo scambio diretto fra le persone, sullo sviluppo
dell’autenticità, qualità che possono divenire modalità di cui avvalersi nel mondo.
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Nella prospettiva della Gestalt, il counselor ha il compito di accompagnare la persona nel
processo di consapevolezza di sè, sostenendola nel prendere contatto con i propri bisogni
esistenziali, portandola a scoprire e usare le proprie energie presenti ma spesso
misconosciute e ad esplorare e sperimentare per sé nuove possibilità in rapporto alle
situazioni in cui si trova.
Capitolo 8 - DIFFERENZE TRA COUNSELING E ALTRE FORME DI TERAPIA
E’ importante definire il confine fra counseling e psicologia, fra counseling e psicoterapia.
Il counseling non è psicologia e non è psicoterapia come psicologia e psicoterapia non
sono counseling. Si tratta di discipline diverse con ambiti di competenza diversi.
8.1 Counseling e psicologia
La psicologia viene insegnata nelle Università a grandi gruppi di allievi. Il counseling non
viene insegnato, non si può insegnare. Il counseling viene trasmesso mediante corsi di
formazione. Formazione è preparare l’allievo attraverso un percorso rivolto alla persona
nella sua globalità: mentale, affettiva, esperienziale. Non può avvenire in un grande gruppo
ma esclusivamente in piccolo gruppo. Le professioni di counselor e di psicologo sono
dunque diverse perché diverso è il percorso per acquisire il titolo. Per definire la
professione di psicologo possiamo esaminare i programmi delle principali facoltà
universitarie di psicologia nonché norme e indicazioni dell’Ordine Psicologi. Appare che la
componente diagnostica, medica, di stampo cognitivista è un elemento largamente presente
nelle facoltà universitarie e contemplato dall’Ordine fra le mansioni dello psicologo. Il
counseling ha tradizioni culturali diverse. Nasce con Rogers e con l’idea di Rogers di
fondare una disciplina non medica. Nasce da una concezione dell’umano di matrice
fenomenologica. Dunque counseling e psicologia sono discipline diverse perchè diverse
sono le loro tradizioni culturali. La Psicologia per la tradizione culturale che la caratterizza
utilizza i test e considera la diagnosi come momento fondamentale conoscitivo. Il
counselor utilizza strumenti non diagnostici. Non utilizza test. Non possiamo dunque37
confondere le professioni di psicologo e di counselor in quanto le formazioni sono diverse,
i riferimenti culturali sono diversi, diversa è la concezione rispetto alla diagnosi.
8.2 Counseling e psicoterapia
Poiché il counseling si pone come intervento volto al benessere della persona si differenzia,
nella tipicità e specificità dell'intervento, dalla psicoterapia e si pone come professione a sé
stante. Infatti:
- la psicoterapia si occupa di disagio psichico legato ad una dimensione disarmonica della
personalità fino alla patologia più grave;
- il counseling si colloca all'interno di un processo breve che tende a facilitare il cliente
nel risolvere quel tipo di problema o difficoltà che in quel momento particolare della
sua vita sembra disorientarlo.
Operare questa distinzione significa evidenziare che counselor, psicologo, psicoterapeuta
sono professionisti con mansioni circoscritte e chiare. Se gli ambiti sono distinti, questi
professionisti possono collaborare e integrare i loro interventi. L’intervento di counseling,
in alcuni casi, può precedere l’invio allo psicoterapeuta e lo psicoterapeuta può consigliare il
counseling in situazioni di prevenzione, sostegno, formazione in ambito lavorativo.
Potrebbero esistere équipes multiprofessionali dove psicoterapeuta, counselor ed altri
professionisti cooperino in modo integrato per un intervento più qualificato.
CONCLUSIONI
In conclusione il counseling non direttivo secondo il modello rogersiano è:
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- un intervento breve con un numero definito di colloqui ed incontri
- ha obiettivi precisi e circoscritti
- è centrato sul “qui ed ora”
- ha finalità di empowerment vale a dire che aiuta le persone a diventare più capaci di
aiutarsi
- si svolge in un clima facilitante creato dalle tre condizioni necessarie (congruenza –
empatia – accettazione).
Il counseling è un intervento finalizzato a favorire la crescita psicologica della persona per
un miglioramento della qualità della vita. Può integrare il lavoro dell’insegnante,
dell’assistente sociale, del medico, delle strutture ospedaliere, dell’azienda, dei comuni, degli
operatori socio-assistenziali. Si pone nel sociale come cuscinetto fra l’intervento educativo e
quello psicologico o psicoterapico non sovrapponendosi né all’uno né agli altri, ma
affiancandoli con una propria specificità e occupando uno spazio attualmente vuoto.
*** *** *** ***
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introduzione.
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- D.R. ORD, Tutto quello che so sull’amore l’ho imparato da Il piccolo Principe,
Sperling & Kupfer Editori Spa, 2015
- P. EVANS, La Motivazione, Zanichelli ed., Bologna, 1983
- C. CATAPANO, Il lavoro psicoterapeutico di C.Rogers, Ludoterapia: laboratorio di
giochi psicologici per adulti, 7giugno 2009
- G.L. FARFANETTI, L’Approccio rogersiano, modalità e compatibilità, power-point
40
“Se volete ottenere la massima efficacia, dovete soffermarvi più a lungo,
e osservare episodi della giornata. Osservate senza giudicare, o condannare,
o approvare; siate osservatori imparziali. Guardate! Non dovete neppure
porvi le domande che vi ho suggerito. Se questo vi distrae lasciate perdere le domande.
Limitatevi a osservare ……… Allora noterete il cambiamento.
A. De Mello – Istruzioni di volo per aquile e polli
“La continuità ci dà le radici; il cambiamento ci regala i rami,
lasciando a noi la volontà di estenderli e di farli crescere
fino a raggiungere nuove altezze”
P. R.Kezer
QUI ED ORA……..!!!