CONCETTI DI MANAGEMENT...
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CONCETTI DI
MANAGEMENT
INFERMIERISTICO
VALENTINO DACREMA
http://fadinfermieri.blogspot.it
Contenuti:
- L’ORGANIZZAZIONE
- L’ORGANIZZAZIONE DELLA FUNZIONE INFERMIERISTICA
- MODALITA’ DI ORGANIZZAZIONE DELLA FUNZIONE
INFERMEIRISTICA
- APPROPRIATEZZA NELL’IMPIEGO DELLE RISORSE
INFERMIERISTICHE
- L’APPROPRIATEZZA DEGLI INTERVENTI INFERMIERISTICI
- STRUMENTI PER L’ASSISTENZA INFERMIERISTICA
- L’AUDIT CLINICO
- GLOSSARIO
CONCETTI DI
MANAGEMENT INFERMIERISTICO
Con il termine ORGANIZZAZIONE si intende “un complesso di persone e di beni orientato al raggiungimento di
specifiche finalità”.
È anche definita come un “complesso di modalità secondo la quale viene effettuata la divisione del lavoro in
compiti distinti e quindi viene realizzato il coordinamento fra tali compiti”.
Il D. LGS. 502 del 30 dicembre 1992 introduce il termine “azienda” in sanità, oltre ad altre innovazioni:
- Ampliamento degli ambiti territoriali delle Unità sanitarie locali (che da quel momento coincideranno
con le Provincie)
- Aziendalizzazione delle U.S.L., divenute Aziende Pubbliche di Servizi
- Obbligo di pareggio di bilancio per le neonate Aziende
- Introduzione del budget e di altri strumenti per la gestione economica
- Adozione di metodi di verifica della qualità
- Aumento delle responsabilità regionali in merito alla spesa sanitaria
Il compito di coloro che detengono responsabilità organizzative diventa l’utilizzo dei mezzi a disposizione al fine
di erogare la prestazione richiesta senza sprechi, seguendo i seguenti concetti:
- EFFICACIA , intesa come effettivo raggiungimento dell’obiettivo
- EFFICACIA, vista come ottimizzazione del consumo di risorse in funzione del risultato
- APPROPRIATEZZA, intesa come erogazione della giusta prestazione, nel giusto modo, al giusto paziente
- ECONOMICITA’, intesa come efficienza sul piano economico
- QUALITA’, intesa come bontà di un prodotto o servizio
La suddivisione del lavoro e il perseguimento dell’efficienza non riguarda solo gli infermieri dirigenti e
coordinatori ma anche i colleghi dediti all’attività clinica.
Secondo il D.M. 739 del 14 settembre 1994 (profilo professionale) si intende che “l’infermiere, per
l’espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell’opera del personale di supporto”.
Secondo il Codice Deontologico, l’infermiere “contribuisce a rendere eque le scelte allocative, anche attraverso
l’uso ottimale delle risorse. In carenza delle stesse, individua le priorità sulla base di criteri condivisi dalla
comunità professionale”.
Le risorse che il professionista di U.O. gestisce sono sia umane (operatori di supporto) che materiali (i presidi), le
definizioni di efficacia ed efficienza nel lavoro quotidiano dell’infermiere di U.O. sono:
- La capacità di organizzare le attività del turno in modo da conciliare i tempi e le necessità
dell’organizzazione con la soddisfazione dei BAI dei pazienti
- Utilizzo di tecniche infermieristiche basate su prove scientifiche di efficacia che rappresentano la
migliore via per raggiungere l’obiettivo
- Adozione di linee guida che consentano la standardizzazione dei processi e l’impiego ragionato dei
materiali a disposizione, al fine di evitare sprechi che si aggiungerebbero alle già ingenti spese.
Influenza del
contesto esterno
Influenza sul
contesto esterno ELABORAZIONE
L’APPROCCIO SISTEMICO
Tra le correnti di pensiero più diffuse fra gli studiosi di organizzazione rientra la “scuola sistemica”, sviluppata sui
lavori svolti da Von Bertalanffy, i cui concetti fondamentali sono:
- SISTEMA: entità dotata di un contorno ben definito che la distingue dall’ambiente, consentendo una
distinzione tra ciò che è parte del sistema stesso e ciò che gli è estraneo
- SISTEMA APERTO: dicitura che rimanda ai continui scambi tra sistema e ambiente esterno (l’azienda
riceve in ingresso i fattori produttivi, li elabora, genera un prodotto (output) e riceve dall’ambiente un
feedback
- OMEOSTASI: attuazione di meccanismi di adattamento per mantenersi in equilibrio (esempio:
potenziare alcune attività strategicamente più importanti)
- DIFFERENZIAZIONE \ INTEGRAZIONE: l’organizzazione è formata da parti specializzate (direzione
sanitaria, servizio infermieristico …) ma integrate fra loro al fine di raggiungere un obiettivo comune
- VARIETA’ NECESSARIA: vista la moltitudine di scambi con l’ambiente, l’azienda non può rispondere a
tutti gli stimoli esterni con una sola modalità, ma deve disporre di una gamma di risposte differenti
- EQUIFINALITA’: modificare le proprie caratteristiche in modo flessibile per potere raggiungere certi
risultati attraverso percorsi diversi
Ultimo tratto dell’approccio sistemico è l’importanza attribuita all’ambiente, dal quale l’organizzazione non può
prescindere, specie in sede progettuale, se intende raggiungere i propri obiettivi.
INPUT OUTPUT
FATTORI COINVOLTI NEL FUNZIONAMENTO AZIENDALE
SECONDO LA SCUOLA SISTEMICA
INPUT ELABORAZIONE OUTPUT
Tempo Risorse Economiche Ambienti Fisici Tecnologia Numero di operatori Professionalità Stili di Comportamento Domande Popolazione Contesto Politico Contesto Geografico Contesto Economico Valori Sociali Legislazione \ Normativa
Variabili di contesto interno (individuali, sociali, tecniche, istituzionali)
Struttura di Base (divisione
gerarchica, divisione delle funzioni, divisione degli spazi, organico, risorse economiche)
Meccanismi Operativi (criteri di
decisione, valutazione e controllo, sistema informativo, metodi ufficiali di lavoro, criteri di utilizzo delle risorse)
Processi sociali (accettazione,
rifiuto, compensazione, stili di direzione)
Prevenzione Educazione Sociosanitaria Diagnosi Terapia Riabilitazione Lungodegenza Assistenza Alberghiera Sviluppo Organizzativo Sviluppo Professionale
IL PENSIERO DI MINTZBERG
Mintzberg definisce 5 parti fondamentali per la descrizione delle organizzazioni:
- VERTICE STRATEGICO: gestione aziendale a livelli più alti, definisce la mission (lo scopo, la ragion
d’essere dell’azienda) e la vision (i criteri attraverso i quali viene perseguita la mission), ha il compito di
consolidare l’azienda nel mercato. Nelle strutture sanitarie è tipicamente costituito da direzione
generale, sanitarie e amministrativa)
- LINEA INTERMEDIA: trasferisce sul nucleo operativo la vision, prende le decisioni che contribuiscono al
raggiungimento degli obiettivi definiti dalla mission (primari, servizio infermieristico)
- NUCLEO OPERATIVO): figure dedite all’ottenimento dei prodotti e alla fornitura dei servizi (medici,
infermieri, OSS)
- TECNOSTRUTTURA : servizi che influiscono, collaborano all’attività organizzativa, non vengono mai
coinvolti nell’operatività dell’azienda, ne partecipano alla presa di decisioni (comitato etico, tribunale
del malato …)
- STAFF DI SUPPORTO: unità che supportano l’attività aziendale senza influire sulle decisioni (ufficio
legale, marketing, servizio dietetico, mensa)
E’ possibile individuare un sesto elemento, ossia il CLIMA ORGANIZZATIVO E GESTIONALE, che può rivelarsi
determinante nel raggiungimento degli obiettivi
Le parti dell’organizzazione che dipendono dalle altre si definiscono in line rispetto alle strutture superiori,
mentre quelle che operano in collaborazione si dicono in staff.
I CINQUE TIPI DI ORGANIZZAZIONE: IL MODELLO DI MINTZBERG
STRUTTURA
SEMPLICE
BUROCRAZIA
MECCANICA
BUROCRAZIA
PROFESSIONALE
SOLUZIONE
DIVISIONALE ADHOCRAZIA
SI RITROVA IN
Imprese a conduzione familiare
Organizzazioni grandi e mature (grandi alberghi)
Aziende Sanitarie Multinazionali Contesti che non rientrano nei casi precedenti
VERTICE
STRATEGICO
Componente fondamentale (impresa padronale)
Manager ad elevato potere
Articolata Concentrazione del potere nelle mani di pochi
I manager diventano membri effettivi dei gruppi di progetto
LINEA
INTERMEDIA Trascurabile Articolata
Relativamente poco sviluppata
Componente fondamentale
Poco sviluppata
NUCLEO
OPERATIVO
Spesso coincide con il vertice
Esegue lavori codificati, forte componente burocratica
Componente fondamentale
Complesso, formato da sotto organizzazioni articolate
Relativamente poco importante
TECNO
STRUTTURA Assente
Componente fondamentale
Poco sviluppata Poco sviluppata
Fusa in un blocco unico con lo staff, il nucleo e la linea intermedia
STAFF DI
SUPPORTO Assente Sviluppata Molto sviluppata Sviluppato
Componente fondamentale
SISTEMA DI
COORDINA
MENTO
PRINCIPALE
Supervisone diretta
Formalizzazione comportamento
Standardizzazione della capacità
Standardizzazione degli output
Adattamento reciproco
La BUROCRAZIA PROFESSIONALE è la configurazione che meglio descrive le organizzazioni sanitarie. Il nucleo
operativo di un ospedale comprende diverse categorie professionali (medici, infermieri), ognuna delle quali ha
un livello di formazione uniforme al proprio interno, che garantisce la standardizzazione delle capacità.
Oltre al metodo di standardizzazione delle conoscenze, all’interno delle singole U.O. sono distinguibili la
supervisione diretta, utilizzata ad esempio dai coordinatori infermieristici nei confronti degli infermieri e
l’adattamento reciproco che gli operatori attuano nell’arco dei singoli turni; mentre il secondo è basato sulla
semplice comunicazione interpersonale informale, il primo subentra quando la suddivisione del lavoro rende
insufficiente l’adattamento fra i professionisti.
Il comportamento dei professionisti sul lavoro è dettato dalla loro formazione e dai modelli di comportamento
appresi durante l’iter formativo e tramite l’esperienza lavorativa.
Le attività di organizzazione di una burocrazia professionale sono fortemente decentrate in quanto in un’azienda
sanitaria locale, ad esempio, potremmo avere livelli decisionali:
- Verticali (coordinatore infermieristico all’interno dell’UO, il referente dipartimentale e il Servizio
infermieristico)
- Orizzontali (il Servizio Infermieristico del presidio principale e quelli degli ospedali minori, che
dipendono dal primo ma hanno analoghe funzioni gerarchiche)
Le funzioni di supporto sono particolarmente sviluppate in questa configurazione organizzativa. Visto che i
professionisti costano è infatti conveniente sgravarli dalle attività che possono essere formalizzate (magari con
precise procedure operative) per metterli in condizioni tali da poter applicare al massimo gli aspetti disciplinari
della loro attività.
La standardizzazione delle competenze è un meccanismo che segna il passo in diverse circostanze, prime fra
tutte è la necessità di coordinare professionisti e staff di supporto e il bisogno di risolvere i problemi derivanti da
comportamento di eventuali professionisti incompetenti, come quelli che non aggiornano le loro competenze
nel tempo. Nelle organizzazioni sanitarie si cerca di ovviare al problema mediante l’attuazione di programmi
ECM e l’adozione di pratiche supportate da prove di efficacia.
Oltre alle competenze, è possibile standardizzare i processi, cioè pianificare dettagliatamente a tavolino la azioni
da compiere; una visione del lavoro di questo tipo è meccanicistica e trova la sua espressione nella
parcellizzazione delle attività di reparto.
STRUTTURA DELLE AZIENDE UNITA’ SANITARIE LOCALI
Le AUSL incarnano e mantengono il ruolo di primo piano che già la legge 23 dicembre 1978 numero 833
(istituzione del SSN) aveva assegnato alle USL.
Al vertice della struttura si colloca il Direttore Generale (DG), che insieme al collegio sindacale e a quello
direzionale è un “organo aziendale”: è nominato dalla Regione con l’incarico di occuparsi della gestione
aziendale nel suo complesso e il suo contratto non può avere durata inferiore ai tre anni ne superiore ai 5. Suoi
collaboratori sono il Direttore Sanitario (DS) e quello Amministrativo (DA). Le Regioni, all’atto della nomina del
DG assegnano a lui gli obiettivi di salute e di servizi / risorse: all’interno di tali limiti il manager si muoverà in
autonomia.
Il Collegio Sindacale (CS) svolge alcune importanti funzioni all’interno dell’azienda: verifica della regolarità
contrattuale, della corretta amministrazione economica dell’azienda, della regolarità delle registrazioni contabili.
Ha l’obbligo di redigere un rapporto almeno trimestrale indirizzato alla Regione.
Per la gestione delle attività cliniche ogni azienda si avvale di un Collegio di Direzione (CD), il cui compito
consiste nella redazione dei programmi formativi, nella gestione delle attività libero – professionale e nella
valutazione dei risultati ottenuti sul piano clinico ( in base alla legge numero 251 del 2000 partecipano a questo
organo anche i dirigenti del servizio infermieristico).
All’amministrazione dell’azienda partecipano attivamente il DS e il DA, entrambi nominati direttamente dal DG.
Anch’essi hanno un contratto di durata compresa fra i 3 e i 5 anni. Il DS definisce le linee di indirizzo delle
politiche sanitarie aziendali (obiettivi sanitari formulati in base alle caratteristiche del bacino di utenza). Il DA
coordina le strutture aziendali aventi compiti amministrativi (risorse umane, ufficio presenze, ufficio trattamento
economico).
Agli organi direzionali rispondono direttamente i NUCLEI DI VALUTAZIONE interna, composti da dirigenti esperti
interni (più eventuali esterni) cui spetta l’onere di verificare l’efficacia e l’efficienza nella gestione delle risorse
pubbliche, il raggiungimento degli obiettivi aziendali e l’imparzialità dell’amministrazione.
Le AUSL sono, per norma regionale, articolate in DISTRETTI, ossia ambiti territoriali comprendenti circa 60.000
abitanti. Esistono tuttavia eccezioni, a discrezione regionale, nei casi di territori montani o scarsamente abitati).
Le AUSL sono, di norma, costituite da più presidi ospedalieri pubblici, e dispongono di strutture dislocate sul
territorio quali servizi psichiatrici, ginecologici, ADI.
Le Aziende Sanitarie sono organizzate in DIPARTIMENTI (raggruppamenti di U.O. con obiettivi specifici simili o
comuni, anche fisicamente dislocate in presidi diversi), i cui dirigenti sono nominati a tempo indeterminato dalla
DG e sono chiamati a predisporre un piano annuale di attività, programmando l’uso delle risorse negoziate con il
manager.
LE AZIENDE OSPEDALIERE (AO)
Esistono presidi ospedalieri pubblici che non fanno parte delle AUSL: si tratta, ad esempio, di grandi centri di
rilievo nazionale cui la normativa offre la possibilità di costituirsi in AO. Tali strutture hanno personalità giuridica
autonoma e un sistema di gestione analogo a quello delle AUSL (DG, DS, DA). Gli ospedali pubblici non costituiti
in AO continuano a far parte delle AUSL e quindi di un’organizzazione avente scopi non solo terapeutici e
riabilitativi, ma anche preventivi. L’AUSL pertanto offre prestazioni di cui l’AO non si occupa (profilassi,
certificazioni di idoneità sanitaria ecc ..). Per contro, l’AO attua progetti di studio, formazione e ricerca che molte
delle AUSL di medie e piccole dimensioni non realizzano.
OSPEDALI E CLINICHE PRIVATE
Al di fuori della sanità pubblica, la legge concede a privati di creare strutture finalizzate alla cura della salute. Tali
organizzazioni sono vere e proprie imprese, che si differenziano dalle strutture pubbliche per lo scopo principale
che le guida: il profitto. Pur avendo l’obbligo di pareggio di bilancio, infatti, le aziende (AUSL e AO) hanno come
fine primario il soddisfacimento dei bisogni di salute della popolazione, quindi per nessun motivo possono
anteporre il lucro alla tutela della salute pubblica; le imprese, al contrario, perseguono in primo piano il
guadagno.
In termini pratici, l’amministrazione di un’AO non può chiudere un’U.O. perché il suo bilancio è in perdita; la
struttura privata ha la facoltà di farlo.
La normativa vigente permette alle strutture sanitarie private di essere ACCREDITATE e CONVEZIONATE: il primo
concetto è correlato al soddisfacimento da parte della struttura di requisiti minimi di sicurezza e adeguatezza
(fissati dal D. Lgs. 502 / 1992.
Il termine CONVENZIONE si riferisce invece ad un accordo stipulato tra la struttura privata accreditata e il SSN;
esso consente all’organizzazione, al pari di quanto avviene per gli ospedali, di ottenere rimborsi tramite fondi
pubblici. Ciò a fronte dell’utilizzo da parte delle pubbliche aziende di una quota prestabilita dei posti letto della
struttura convenzionata per specifiche tipologie di ricovero (lungodegenze).
La formazione continua degli operatori costituisce in alcune Regione n vincolo per la concessione delle
convenzioni.
GLI IRCCS
Gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico sono strutture che oltre alle normali funzioni ospedaliere
svolgono attività di ricerca e sperimentazione, regolate da apposite normative volte alla tutela dei pazienti.
Questi istituti possono essere di natura sia pubblica che privata.
L’ORGANIZZAZIONE DELLA FUNZIONE INFERMIERISTICA
Nelle moderne organizzazioni sanitarie, come le AUSL, l’A.I. si sviluppa su almeno 3 livelli: da una parte ci sono i
REPARTI DI DEGENZA, dall’altra le prestazioni AMBULATORIALI e DOMICILIARI in continua crescita sia numerica
che tecnologica.
I B.A.I. sono sempre gli stesi ma cambia il modo di affrontarli: è il caso di quelli indotti dalle patologie croniche e
ingravescenti quali le arteriopatie. Un iter classico per un pz affetto da tale patologia può essere
- Diagnostica invasiva e non (con eventuale necessità di day hospital)
- Radiologia interventistica (angiografia)
- Interventi chirurgici (by pass arterioso)
- Follow – up ambulatoriale (talvolta multidisciplinare
Se si considera che il pz arteriopatico è spesso diabetico o forte fumatore e tende a perdere progressivamente
l’autosufficenza motoria, si intuisce la difficoltà insita nel coordinamento delle prestazioni infermieristiche a lui
dedicate. Di qui il bisogno di una struttura articolata su più livelli, senza i quali non sarebbe possibile fronteggiare
le situazioni descritte.
I tre nodi cruciali attraverso cui si snoda la questione sono:
- Il servizio infermieristico
- La dirigenza infermieristica
- Il coordinamento
IL SERVIZIO INFERMIERISTICO
Si definisce SERVIZIO INFERMIERISTICO l’insieme del personale, delle funzioni e delle prestazioni effettuate dal
personale infermieristico ai vari livelli di responsabilità e nei diversi ambiti aziendali. Esso garantisce l’erogazione
dell’A.I. attraverso la gestione delle risorse umane e materiali in tutti gli ambiti nei quali si svolge. Ha la
responsabilità della gestione degli interventi dell’area domestico – alberghiera in quanto funzionali all’A.I. stessa.
La dicitura indica anche gli uffici in cui fisicamente lavora chi, a livello aziendale, dirige le attività infermieristiche,
il quale lavora in line al direttore sanitario e in staff o in line al direttore generale.
La dicitura UFFICIO INFERMIERISTICO è obsoleta, in quanto si riferisce alla struttura al cui vertice era posto il
Capo dei Servizi Sanitari Ausiliari, in base al D.P.R. 27 \ 03 \ 1969. Alla luce delle più recenti normative è
auspicabile il passaggio al modello di SERVIZIO INFERMIERISTICO DIPARTIMENTALE, intendendo con tale
aggettivo una struttura complessa il cui dirigente è coinvolto nella definizione degli obiettivi generali aziendali e
nelle politiche di gestione delle risorse.
Per poter svolgere le proprie funzioni il SI deve possedere due caratteristiche:
- AUTONOMIA, intesa come gestione diretta del servizio da parte di un infermiere
- RICONOSCIMENTO FORMALE da parte dell’azienda
È necessario inoltre che il SI sia suddiviso in aree funzionali e che il suo dirigente attui in toto il processo
direzionale, definito come l’insieme degli aspetti amministrativi e organizzativi nel quadro dei quali vengono
svolte le attività e gli interventi infermieristici formando una rete continua sempre disponibile per il cittadino.
Deve assicurare cure appropriate cure di buona qualità alla collettività, oltre che assicurare agli infermieri facenti
parte di questo servizio, condizioni sociali commisurate alla qualifica, esperienza, funzioni, responsabilità.
La MISSION del SI è l’attività di garantire la risposta ai B.A.I. e alle necessità di natura domestico – alberghiera del
cittadino utente in relazione allo stato di salute.
I compiti del SI sono i seguenti
- Definire le politiche di gestione del personale infermieristico e di supporto, in conformità agli indirizzi
del direttore generale;
- Formula indicatori e standard quali – quantitativi per le prestazioni infermieristiche e attività di
supporto
- Definire gli indici di fabbisogno del personale e la conseguente allocazione alle U.O.
- Attuare la valutazione della qualità delle prestazioni infermieristiche
- Fornire indirizzo e attua la supervisione e la valutazione della qualità dell’attività del personale di
supporto ed i relativi protocolli di lavoro
- Gestire il personale nel rispetto dell’autonomia professionale delle singole posizioni funzionali
- Condurre l’analisi dei bisogni formativi, effettuare la progettazione, l’attuazione e la valutazione dei
piani di aggiornamento
- Collaborare all’attività didattica teorica e pratica nei corsi di laurea in infermieristica
- Programmare e attuare la formazione complementare del personale infermieristico
- Offrire consulenza professionale interna ed esterna all’azienda
- Promuovere e sviluppare progetti di ricerca infermieristica negli ambiti disciplinari
- Attivare un sistema informativo che favorisca una effettiva partecipazione del cittadino e delle
associazioni professionali all’individuazione della soluzione dei problemi sanitari ed assistenziali
emergenti
E’ considerato personale del servizio infermieristico tutto il personale dipendente dall’azienda sanitaria addetto
a funzioni infermieristiche, anche se attualmente operante in servizi o presidi diverse.
La FUNZIONE INFERMIERISTICA, definibile come sottosistema dell’azienda sanitaria costituita dall’insieme di
ruoli infermieristici, comprende anche gli operatori di supporto per quanto concerne principalmente le funzioni
domestico – alberghiere.
Del SI fanno parte i seguenti organi:
- Direttivo
- Formazione permanente
- Ricerca
- Assistenza intraospedaliera
- Assistenza extraospedaliera
Tutti questi organi, ad eccezione del direttivo, sono in line con il direttivo e in relazione funzionale fra loro.
Ciascuno di essi gode di autonomia nel proprio ambito ferma restando la subordinazione gerarchica al direttivo.
Se non esiste in azienda l’ufficio di direzione, il dirigente del SI risponde al DG, ed è collocato allo stesso livello
del DA. Se l’ufficio di direzione esiste, l’infermiere dirigente ne è parte in qualità di responsabile dell’ufficio
infermieristico.
Il direttore del SI si colloca nella linea intermedia, ed è responsabile dell’organizzazione assistenziale
infermieristica e dell’organizzazione alberghiera nelle aree di competenza. Fa parte della commissione
permanente per la valutazione della qualità dell’assistenza, nonché delle altre commissioni che vedono la
partecipazione di amministrazione, sindacati e lavoratori.
All’organo direttivo del SI competono le seguenti funzioni:
- Mantiene rapporti con le associazioni di rappresentanza della professione infermieristica
- Collabora all’individuazione delle sedi di tirocinio
- Gestisce il personale infermieristico e di supporto
- Pianifica e programma le attività infermieristiche
- Determina il fabbisogno di personale
- Individua i temi che possano costituire spunti per le ricerche infermieristiche
- È responsabile del raggiungimento degli obiettivi di servizio.
Per quanto riguarda gli interventi, nell’ambito infermieristico si distinguono diverse aree funzionali:
- ASSISTENZA INFERMIERISTICA OSPEDALIERA: erogata dal personale infermieristico nelle U.O. Le
prestazioni sono il risultato di una serie di azioni fra loro collegate per consentire il soddisfacimento di
un B.A.I. L’infermiere, applicando il processo di A.I., identifica i relativi obiettivi, progetta e attua gli
interventi e valuta i risultati conseguiti. L’infermiere può avvalersi del supporto degli OSS, assumendosi
le responsabilità del caso.
- ASSISTENZA INFERMIERISTICA EXTROSPEDALIERA: comprende l’A.D.I. e le attività infermieristiche svolte
presso ambulatori e consultori extramoenia
- RICERCA INFERMIERISTICA: rientra negli strumenti di cui il SI dispone al fine di perseguire il
miglioramento continuo dell’AI
- FORMAZIONE PERANENTE: ha il fine di migliorare e sviluppare le professionalità infermieristiche,
risponde dell’analisi del bisogno formativo, della pianificazione degli interventi formativi e della gestione
delle risorse assegnategli.
LA DIRIGENZA INFERMIERISTICA
Il MANAGEMENT è un’attività che consiste nell’organizzare in vista di obiettivi (secondo le peculiarità e le
necessità della disciplina). Chi lo esercita è un professionista in grado di utilizzare nozioni giuridiche, cliniche,
economiche e gestionali per organizzare la funzione infermieristica aziendale in modo da rispondere sempre
meglio alla domanda e ai bisogni dei pazienti.
Il pensiero di istituire un servizio che dirigesse tutto ciò che possa concernere l’attività infermieristica è nato
all’estero a partire dagli anni 70, per poi radicarsi maggiormente anche in Italia. A partire dagli anni 80 l’OMS
comincia a sottolineare l’importanza della leadership infermieristica, e in Europa, l’infermiere, oltre ad occuparsi
delle attività cliniche, inizia ad occuparsi anche degli aspetti economici e amministrativi.
La prima scuola universitaria italiana per dirigenti dell’AI (il DAI) fu istituita nel 1965 presso l’Uni Sacro Cuore. A
partire dal 2004 \ 2005 vengono soppresse tutte le scuole speciali, rimpiazzate dall’unica Laurea Magistrale in
Scienze Infermieristiche.
Il MANAGEMENT INFERMIERISTICO è l’arte di ottenere prestazioni per mezzo e da infermieri in gruppi
formalmente organizzati attraverso l’assunzione continua di decisioni sull’AI.
Colui che dirige il Servizio Infermieristico coordina le attività in modo che l’AI fornita ai pz rispetti gli obiettivi che
gli infermieri impegnati nell’attività clinica giudicano più consoni al bacino di utenza.
La legge 251 del 2000 ha sancito la possibilità di individuare personale per la copertura del ruolo di Dirigente del
Servizio dell’AI ed Ostetrica nelle AO.
Secondo la scuola classica del pensiero dirigenziale, svolgere una funzione direttiva significa mettere in atto una
serie di attività per raggiungere gli scopi dell’organizzazione attraverso il lavoro di altre persone. Tale schema
prevede che il dirigente svolga le seguenti 5 funzioni:
- Pianificazione
- Organizzazione
- Formazione
- Direzione
- Controllo
Il modo in cui queste funzioni vengono applicate risente della complessità dell’organizzazione, del livello
culturale personale, del tipo di datore di lavoro (pubblico \ privato) e del tipo di personale da dirigere.
1 ) La PIANIFICAZIONE mira a raggiungere gli obiettivi tramite un razionale impiego dei mezzi a disposizione.
Si prendono le decisioni sulla scorta delle conoscenze disponibili tenendo conto delle variabili che possono
influenzare il percorso.
Quale che sia l’ampiezza dell’obiettivo da raggiungere è necessario considerarne la convenienza, il tempo di
raggiungimento e la modalità di realizzazione.
Gli strumenti fondamentali da impiegare in questa fase sono:
- PIANI STRATEGICI: riguardano la mission aziendale e gli obiettivi organizzativi
- PIANI OPERATIVI: applicate a livello dipartimentale o di U.O., costituiscono un indirizzo generale per il
nucleo verso il raggiungimento degli obiettivi
- PROGETTI: riferiti ad attività che esulano dalla routine e che vanno a modificare in qualche modo
l’organizzazione; un esempio può essere la realizzazione di un servizio di A.D.I.
A livello di SI viene redatto il PIANO DELLE AZIONI ANNUALI in cui viene specificato l’obiettivo e le attività che il
servizio si prefigge. Un PIANO DEL FABBISOGNO disciplina l’acquisizione di nuove unità (inf e oss). Una
diminuizione del personale al di sotto dei CONTINGENTI MINIMI (personale minimo necessario ad erogare i
servizi basilari), si affronta con il PIANO DI EMERGENZA ORGANIZZATIVA, che solitamente va di pari passo con il
PIANO DI EMERGENZA STRUTTURALE.
2 ) L’ORGANIZZAZIONE ha il compito di individuare le risorse e le azioni necessarie al raggiungimento degli
obiettivi, la responsabilità del raggiungimento dei fini verrà assegnata a persone specifiche. Dal punto di vista
operativo, organizzare significa operare con risorse umane, materiali e finanziarie. Strettamente connessi a
questa fase sono: lo sviluppo formativo e professionale dei dipendenti, la messa in campo di attrezzature e
tecnologie e il capitale. In questa fase è prioritario appurare che le risorse umane e materiali si trovino dove
servono e stabilire chi farà cosa e in quali termini.
3 ) La FORMAZIONE mira alla massimizzazione delle potenzialità degli operatori, in modo che questi possano
espletare il loro ruolo professionale concorrendo al raggiungimento degli obiettivi aziendali; in termini pratici ciò
si traduce con la predisposizione di persone adeguatamente preparate nelle varie posizioni organizzative.
È necessaria una distinzione fra formazione di base (universitaria) e formazione permanente (aggiornamento
delle competenze professionali nel tempo).
4 ) La DIREZIONE consiste in una serie di azioni che consentono la realizzazione dei progetti o dei piani di
lavoro nei modi e nei tempi stabiliti. La direzione può essere esercitata in due modi:
- In forma diretta (tipica dei livelli gerarchici più bassi), comunicando di persona gli obiettivi
- In forma indiretta (predominante nei livelli gerarchici più alti), tramite regolamenti, procedure ecc ….
Il concetto di direzione è strettamente collegato con quello di DELEGA, inteso come affidamento di attività e
conferimento della relativa autorità ad altri professionisti che assumono la responsabilità di quanto delegato.
Esistono diversi tipi di autorità:
- Autorità IN LINE: la linea gerarchica
- Autorità DI STAFF: facoltà di fornire consigli e suggerimenti alla line
- Autorità DI FUNZIONE: diritto di comando sulle unità di linea per gli aspetti che riguardano la funzione di
competenza dello specialista dello staff
Con il termine POTERE si definisce “la facoltà di influire sugli individui, sui gruppi e sulle decisioni”. È
strettamente correlato alla leadership e può avere un’importanza cruciale nel conseguimento degli obiettivi
La LEADERSHIP è la capacità di influenzare gli altri inducendoli a lavorare per il conseguimento degli obiettivi. È
un ruolo conseguito, non assegnato.
5 ) La VERIFICA della rispondenza dei risultati conseguiti a quelli effettivamente preventivati è lo scopo delle
attività di CONTROLLO, durante le quali, in base ai tempi impiegati, sarà possibile ricavare dai risultati ottenuti
indicatori anche economici. Oltre a verificare il raggiungimento di tali traguardi, il controllo permette di
evidenziare i miglioramenti compiuti e i punti di debolezza su cui intervenire. Gli standard possono essere di
natura quantitativa o qualitativa; nello specifico infermieristico non esistono a tutt’oggi indicatori precisi ed è
necessario basarsi su misure indirette (gradimento dei pz, rispetto dei protocolli).
In tutte le fasi del processo direzionale è cruciale il passaggio delle informazioni. Gli ordini devono presentare le
seguenti caratteristiche:
- Devono essere ben compresi
- Non devono contrastare con i fini generali dell’organizzazione
- Devono giungere a persone in grado di eseguirli
Il PRINCIPIO DELL’ECCEZIONE sostiene che all’attenzione dei livelli dirigenziali più alti devono essere indirizzati
solo i problemi non risolvibili da manager di livello inferiore; affinché il livello direzionale più alto possa dedicare
la maggior parte del suo tempo alla definizione delle linee generali di indirizzo dell’organizzazione.
IL COORDINAMENTO DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA
Il COORDINATORE INFERMIERISTICO, comunemente detto CAPOSALA, occupa una posizione intermedia fra i
livelli gestionali e quelli operativi; ha il compito di recepire gli obiettivi generali dell’organizzazione per trasferirli
nella quotidianità dei reparti e dei servizi, fungendo quindi da “raccordo”.
È richiesta una grande capacità di fondere i problemi quotidiani dell’attività clinica con le necessità dei pazienti e
gli obiettivi aziendali. Con la legge del 17 \ 2 \2006 numero 43, il MASTER PER LE FUNZIONI DI COORDINAMENTO
è divenuto requisito fondamentale per l’accesso al ruolo, ad eccezion fatta per i coordinatori che esercitavano da
almeno 3 anni.
Funzione dell’Infermiere Coordinatore:
- PIANIFICAZIONE: analisi dei B.A.I. ai fini dell’identificazione del modello organizzativo più consono e
redazione dello schema di turnazione del personale
- GESTIONE: trasmissione dei periodici rapporti sull’andamento dell’AI e delle prestazioni alberghiere al SI
- ORGANIZZAZIONE: definizione e adozione, in accordo con il personale e con il servizio infermieristico, di
strumenti per l’organizzazione e la documentazione dell’AI e delle prestazioni alberghiere, gestione delle
scorte dell’U.O.
- DIREZIONE: incontro con i colleghi del SI e delle altre U.O., motivazione del personale per agevolare il
raggiungimento degli obiettivi, implementazione di un sistema premiante
- SVILUPPO RISORSE UMANE: inserimento del personale neoassunto, parziale gestione (affiancamento
agli infermieri) dell’apprendimento clinico degli studenti del CLI e OSS, gestione di eventuali attività di
ricerca, attuazione dell’EBN. Valutazione del personale (A VOLTE ANCHE NEGATIVAMENTE!!)
- CONTROLLO: valutazione periodica del personale di competenza, della qualità dell’AI, del comfort
alberghiero e della soddisfazione dell’utenza.
Il coordinatore collabora con il responsabile infermieristico dipartimentale e con il dirigente medico
dipartimentale.
All’interno dell’U.O., 4 sono i documenti che regolano l’attività del reparto:
- QUADRO DI SERVIZIO (schema turni)
- PIANO DELLE ATTIVITA’ GIORNALIERE (descrive la sequenza e i tempi delle azioni svolte dal personale)
- PIANO DI LAVORO (usato per la programmazione a breve termine, es: riduzione errori terapia)
- PIANO DI CONTINUITA’ (REPERIBILITA’)
MODALITA’ DI ORGANIZZAZIONE DELL’
ASSISTENZA INFERMIERISTICA
GENERALITA’
Il D.M. 739 / 1994 (profilo professionale) ha sancito per l’infermiere la responsabilità di tutte le prestazioni
disciplinari anziché di singoli compiti come prevedeva l’abrogato D.P.R. 14 \ 03 \ 1974 n° 225 (mansionario); egli
partecipa all’individuazione dei bisogni di salute della persona e della collettività e ne formula i relativi obiettivi,
pianifica e gestisce le azioni e si avvale, ove ritiene necessario, dell’opera del personale di supporto.
Visto che sono in aumento le multi patologie e i quadri clinico – degenerativi correlati all’avanzata età media
della popolazione, le Aziende si avvalgono dei progressi tecnologici per ridurre i tempi di degenza; ciò porta i pz
ad essere seguiti sempre più da ambulatori e day hospital.
I pz richiedono un’AI caratterizzata da CONTINUITA’, dal PASSAGGIO CELERE E COMPLETO DI INFORMAZIONI
TRA LE U.O. CON CUI VENGONO A CONTATTO e dalla CONOSCENZA DELLA STORIA DEI PZ DA PARTE DI TUTTI GLI
OPERATORI. Inoltre, avanzano la pretesa legittima di un’organizzazione in grado di adattarsi all’utente e di non
spersonalizzarlo con la ripetizione di manovre meramente tecniche.
Queste richieste possono essere soddisfatte solo adottando modelli organizzativi non meccanici, che consentono
di applicare in pieno non solo la parte tecnica, ma anche la parte metodologica dell’AI. Non può esserci un’AI
personalizzata senza una RACCOLTA DATI specifica, un’adeguata PIANIFICAZIONE delle azioni, e un costante
colpo d’occhio sul punto in cui il pz si trova rispetto agli OBIETTIVI prestabiliti. Se correttamente gestiono, il
supporto fornito dal personale OSS e OTA, può essere un aiuto fondamentale.
Essendo pressante la richiesta di un’AI personalizzata, l’impegno dei professionisti è finalizzato a tradurre nella
pratica i concetti enunciati dal profilo, utilizzando modelli e strumenti che permettano di erogare un insieme di
prestazioni congruenti con le aspettative dell’utenza. L’approccio “funzionalista” (modello tecnico), è quindi da
considerarsi superato dal momento che le modalità operative “per compiti” son considerate ormai obsolete.
La visione dell’assistenza, e del modello organizzativo che la rende possibile, si fonda su 4 principi fondamentali:
Bisogno - Beneficio - Competenza - Interdipendenza
Da questi principi di riferimento derivano le 4 caratteristiche fondamentali che connotano un modello:
- Non necessariamente tutti i pz hanno bisogno di AI in aggiunta di quella medico – alberghiera, tuttavia
l’infermiere identifica, per tutti i degenti l’esistenza di B.A.I.
- L’AI deve rispondere ai B.A.I. in modo personalizzato, senza produrre attività routinarie di sostituzione
- L’infermiere deve possedere competenze proprie, definite da un profilo, per porre in atto un’assistenza
professionale
- L’assistenza è interprofessionale, e richiede dunque un adeguato sistema informativo e dev’essere
organizzata e coordinata in modo flessibile.
Un MODELLO ORGANIZZATIVO è dunque un insieme di regole che controllano il funzionamento
dell’organizzazione, la quale è direttamente legata alla mission dichiarata da ogni SI aziendale.
Gli autori Calamandrei e Orlandi propongono un MODELLO TRASFORMAZIONALE della pratica infermieristica, i
cui assunti sono:
- La qualità dell’Ai e la soddisfazione degli utenti vanno mantenute al livello attuale e migliorate;
- Le risorse finanziarie sono limitate
- L’AI dev’essere basata sulla riflessione critica, sulla negoziazione, sulla creatività
- La responsabilità delle scelte compete all’infermiere, in rapporto di partnership con il cliente
- Sono da abolire la standardizzazione e la routine
Attualmente la necessità di valorizzazione del professionista infermiere deve essere legata sia all’accrescimento
del bagaglio delle conoscenze (formazione universitaria), sia all’accentuarsi della carenza di infermieri. Per tali
motivi devono essere attribuite all’infermiere attività di elevata complessità assistenziale, affidando alle figure di
supporto quelle più semplici.
Recentemente hanno preso l’avvio riflessioni circa la definizione e la rilevazione dell’attività proprie ed esclusive
dell’infermiere, nei processi assistenziali, a fronte di quelle improprie o attribuibili ad altre figure. In
considerazione della notevole quota tempo che occupa l’infermiere in attività assistenziali di base o a basso
profilo professionale, si ritiene opportuno attribuire queste ultime figure idoneamente preparate (OTA, OSS)
attribuzione che dovrà essere considerata nella scelta del modello organizzativo da adottare. Individuare uno
solo tra i modelli crea difficoltà: ognuno di essi risente
- del contesto in cui è applicato (ospedale, territorio),
- della tipologia dei pazienti (critici, acuti, cronici),
- della tipologia di personale (infermieri, OSS),
- del livello di competenza raggiunto,
- del quantitativo di risorse umane e materiali.
Ricordando che la scelta di un modello organizzativo influenza l’efficacia e l’efficienza dell’organizzazione, i
modelli odierni devono rispondere prevalentemente alla necessità di utilizzare un minor fabbisogno di risorsa
professionale a pari o migliore assistenza ricevuta dal paziente.
I modelli di più frequente riscontro in letteratura internazionale sono:
- il TEAM NURSING (modello per piccole equipe)
- il PRIMARY NURSING (modello primario)
- il CASE MANAGEMENT NURSING (modello di gestione del caso)
- il FUNCTIONAL NURSING (modello funzionale, per compiti)
TEAM NURSING (Modello per Piccole Equipe)
Questo modello prevede un gruppo composto da varie figure (infermieri, operatori di supporto, studenti) sotto
la direzione di team leader, che fornisce AI a un gruppo di pz in uno specifico turno.
L’U.O. viene ripartita in vari settori secondo il numero di pz e la loro complessità assistenziale, il team leader
valuta i B.A.I., pianifica l’AI dei pazienti e assegna le attività ai vari operatori. Il team leader, oltre ad erogare AI
diretta deve avere buone capacità anche organizzative e relazionali.
Le principali caratteristiche organizzative del modello sono:
- gruppo di operatori di varie qualifiche che fornisce AI a un gruppo di pz in un turno, sotto la direzione e
la responsabilità di un team leader
- assegnazione delle attività a infermieri e personale di supporto con pianificazione e valutazione
dell’assistenza affidata ad un capo equipe
- ripartizione dell’U.O. in due o più settori
- adozione di documentazione infermieristica orientata al pz
- consegne con tutto il personale in servizio, con descrizione dei B.A.I. di tutti i pz dell’U.O.
VANTAGGI DEL TEAM NURSING SVANTAGGI DEL TEAM NURSING
- valorizzazione delle competenze del team leader e controllo del personale di supporto
- integrazione e qualità dell’AI - condivisione del PAI e delle decisioni - elevata soddisfazione degli assistiti e del personale - AI personalizzata e competa - Assegnazione delle funzioni in base alle competenze
- Rischio di erogazione di AI funzionale nel caso in cui i compiti prevarichino il PAI
- Necessità di maggiori risorse umane e materiali - Aumento di tempi di coordinazione e
comunicazione - Carente formazione di dinamiche in gruppo
possono frenare l’implementazione del modello
PRIMARY NURSING
Costituisce un’evoluzione del modello team nursing e vede l’AI come pratica professionale incentrata sul pz, il
quale è guidato continuamente da un Primary Nurse dal momento del ricovero alla dimissione. I professionisti
operanti nella struttura in ogni turo provvedono all’AI dei pazienti che è pianificata, coordinata e valutata da un
unico infermiere “primario”, responsabile del PAI di ogni persona.
Il modello persegue l’autonomia quale elemento strategico per lo sviluppo della responsabilità e professionalità
dell’infermiere. Si crea un sistema in cui ciascun infermiere è contemporaneamente primario per alcuni pz e
associato all’assistenza di altri. Ne deriva una grande responsabilità per il professionista primario, che garantisce
la sua reperibilità per adeguare il PAI ai cambiamenti che possono verificarsi in sua assenza. Questa situazione
può, però, alla lunga, creare ansia e stress. Il numero di pazienti d i cui il professionista è responsabile varia in
base alla durata della degenza, dei turni, dalla complessità delle cure, dalla presenza o meno di personale di
supporto. Le principali caratteristiche del modello sono:
- Ogni pz è assegnato ad un professionista primario (4 – 8 pz per ogni infermiere) responsabile per tutte le
attività infermieristiche per tutta la durata della degenza
- L’infermiere primario identifica, attua e valuta l’AI alla persona
- Altri infermieri “associati” attuano il PAI stabilito dall’infermiere primario quando egli non è in turno
CASE MANAGEMENT NURSING (Gestione del caso) (CM)
È da intendersi come un Primary Nursing di 2° livello. Nel Primary l’attenzione è basata sull’individualità
dell’intero PAI, nel CM sul risultato complessivo del percorso clinico assistenziale sviluppato per ogni singola
persona. Viene utilizzato un processo di miglioramento dell’efficacia dell’assistenza basato sulla gestione delle
risorse da utilizzare per trattare la patologia dell’assistito, coinvolgendo le diverse strutture e organizzazioni del
sistema sanitario in cui si trova.
L’approccio di questo modello considera il pz come entità che sta vivendo la malattia su un percorso spazio –
temporale predefinito. Il case manager è quindi l’infermiere di riferimento per qualsiasi problema relativo alla
degenza, all’AI e ai rapporti coi servizi sociali. È un modello che trova prevalenti applicazioni territoriali, ma
anche in ospedale può essere utile affidare il controllo del percorso ad un professionista che segua l’evoluzione
delle fasi garantendo l’integrazione fra gli operatori, la famiglia e la dimissione protetta. Il pz viene
accompagnato durante l’intero iter , in collaborazione coi vari professionisti e pianificando gli interventi, in modo
da evitare attese e duplicazioni, riducendo i tempi di ricovero al minimo. Vengono presi in carico, oltre alla
persona, anche i famigliari. Le principali caratteristiche del modello sono:
VANTAGGI DEL CM NURSING SVANTAGGI DEL CM NURSING
- Assistenza completa, continua, olistica e di maggior qualità
- Riconoscimento di responsabilità e autonomia al CM - Elevata soddisfazione del pz e del case manager
- Richiesto elevato grado di competenza del CM - La mancanza di cultura manageriale di gestione dei
costi tra infermieri può essere un ostacolo - Necessità di ingenti risorse
VANTAGGI DEL PRIMARY NURSING SVANTAGGI DEL PRIMARY NURSING
- L’infermiere primario lavora al massimo della capacità professionale
- La responsabilità dell’AI è incentrata sull’infermiere primario
- Maggiore autonomia professionale - Elevata soddisfazione dei pz e degli infermieri - AI personalizzata e completa
- Reperibilità continua dell’infermiere primario - Elevata competenza per elaborare il P.A.I. - Necessità di ingenti risorse umane - Possibili conflitti infermiere primario \ medico in
caso di divergenze sulle cure.
FUNCTIONAL NURSING
Meglio conosciuto come “modello per compiti”, non risulta più adeguato dal punto di vista funzionale, ma è
ancora il sistema predominante in Italia, in quanto permette di ottenere il numero massimo di prestazioni con il
minor impiego di risorse umane e materiali. Il modello lavorativo è simile ad una catena di montaggio. Ha
un’efficienza apparentemente buona ma eroga un’assistenza frammentaria. Viene fornita un’AI standardizzata e
parcellizzata, dove non esiste risposta personalizzata ma una sommatoria di eventi che producono risposte
tecniche sostenute dall’attenzione non all’individuo e ai suoi BAI ma alla sua patologia.
il professionista si occupa di una ed unica attività (terapia, giro letti …..) in base alla competenza e all’esperienza,
di conseguenza difficilmente viene trattato il problema assistenziale. I criteri di validità per l’operato del
professionista sono quindi la velocità di esecuzione, la gestione ordinata delle attività e il numero di atti
compiuti.
Le funzioni di controllo e valutazione son a carico del caposala, che trasmette le informazioni, coordina
l’assistenza e verifica i risultati. Le principali caratteristiche di questo modello sono:
- Scomposizione del lavoro in attività e compiti predefiniti
- Assegnazione dei compiti ripartiti fra il personale in ogni turno di competenza
- Assegnazione di compiti basata sull’efficienza
- Scarsa necessità di adattamento reciproco
Qualunque sia il modello adottato, la documentazione riveste un ruolo cruciale. La documentazione
infermieristica è un sistema informativo (un’insieme di persone, tecnologie e meccanismi operativi il cui
compito è produrre informazioni che servono all’attività aziendale e alla sua gestione), di supporto alle attività
quotidiane, avente lo scopo di minimizzare gli errori e aumentare l’efficacia complessiva delle prestazioni.
Raccomandazioni del PROTOCOLLO PER LA REVIONE D’USO DELL’OSPEDALE:
La documentazione infermieristica presenta ASPETTI LEGALI DEGNI DI NOTA
VANTAGGI DEL MODELLO FUNZIONALE SVANTAGGI DEL MODELLO FUNZIONALE
- Richiede limitate risorse umane e materiali - Assegnazione di compiti ben definiti - Elevata abilità e rapidità nell’eseguire attività
ripetitive - Controllo diretto delle attività - Assenza di sovrapposizione delle attività - Eccessivo coordinamento non necessario
- Perdita di visione globale della persona assistita - Estrema frammentazione delle cure - Approccio meccanicistico e impersonale - Prestazioni effettuate ad orari fissi - Deresponsabilizzazione del personale - Comunicazione frammentaria - Impossibilità di applicare un PAI e conseguente
insoddisfazione dell’utenza - Impossibile valutare i risultati dell’AI
REQUISITO INDICATORE
- IDENTIFICAZIONE DEL PZ
- PROBLEMA CLINICO PRINCIPALE - VALUTAZIONE INFERMIERISTICA
- REGISTRAZIONE CONSEGNE
- INFORMATIVA SULLE MANOVRE - FIRMA DEGLI OPERATORI
- Presente se indicati il NOMINATIVO DEL PAZIENTE, il CODICE DELLA PRATICA e il NUMERO DEL LETTO
- Presente se indicata la DIAGNOSI DI ACCETTAZIONE - Presente se viene riportata e compilata una SCALA DI IDENTIFICAZIONE
DEI PROBLEMI ASSISTENZIALI SPECIFICI PER IL REPARTO - Presente se annotate, contestualmente al loro verificarsi, NOTIZIE SUI
PROBLEMI DI SALUTE EMERGENTI - Presente se riportate le MANOVRE DI COMPETENZA (medicazioni ….) - Presente se IDENTIFICABILE L’OPERATORE AD OGNI CAMBIO TURNO
APROPRIATEZZA NELL’IMPIEGO DELLE
RISORSE INFERMIERISTICHE
Fino alla trasformazione di USL e ospedali in Aziende (D. Lgs. 502 / 1992) la sanità riceveva finanziamenti statali
con un sistema diverso dall’attuale: alla chiusura dell’anno contabile le Usl e i nosocomi presentavano il conto al
Governo centrale, e venivano rimborsate “a piè di lista”. Lo Stato copriva inoltre qualsiasi deficit.
Con l’avvento del regime aziendale le strutture furono obbligate al pareggio di bilancio, con vincoli di spesa
fissati sulla base dei finanziamenti disponibili per quell’anno per la sanità. Il cambiamento era necessario in
quanto il vecchio sistema rischiava il collasso.
Dal momento che la voce di spesa principale nel bilancio è solitamente quella relativa al personale, divenne
indispensabile ragionare sull’inserimento di infermieri e OSS (le più numerose nell’organico9 in termini sia
numerici che di qualifica. Oggi gli infermieri (sempre meno numerosi visto lo scarso ricambio fra pensionati e
neolaureati) deve lavorare con figure di supporto che fino a pochi anni fa non avevano competenze estese come
quelle attuali. Si pone quindi il problema del loro corretto inserimento nell’equipe, utilizzando strumenti che
consentano all’infermiere il mantenimento del controllo dell’attività professionale pur avvalendosi dei
collaboratori.
Nel caso delle attività svolte quotidianamente dall’infermiere, mansioni come l’igiene del malato, richiede
soprattutto una manualità da acquisire con l’esperienza e la ripetizione, quindi può essere eseguita anche da un
estraneo alla disciplina infermieristica. Ciò che un infermiere può mettere in opera è il processo di AI (raccolta
dati, pianificazione, controllo), che solo gli appartenenti alla disciplina, in virtù della formazione
professionalizzante, padroneggiano.
L’inserimento degli operatori di supporto rappresenta un pericolo per l’infermiere solo se egli dovesse lavorare
in modo tecnico anziché professionale: una figura professionale che si limita a svolgere mansioni tecniche può
essere sostituita da operatori meno qualificati. Al contrario, una corretta applicazione del processo di AI
consente di erogare prestazioni migliori al pz ed il pieno sviluppo, da parte del professionista, delle potenzialità.
La decisione di assegnare attività non significa perde momenti di osservazione, non solo per la necessaria (e
obbligatoria per legge) supervisione dell’opera dei subalterni, ma per la possibilità di reinvestire il tempo
risparmiato a vantaggio dell’assistito. Ad esempio, può essere demandata all’OSS l’igiene del pz appena
stomizzato, ma l’infermiere esegue l’intervento educativo sulla corretta gestione della stomia a domicilio.
CRITERI PER L’ATTRIBUZIONE DEI COMPITI
L’attribuzione di mansioni non va confusa con la delega (che dal punto di vista giuridico, consiste nel
trasferimento da parte di un soggetto abilitato della titolarità di una o più funzioni proprie e dei relativi poteri
decisionali), in quanto non è un istituto normativo ma una creazione giurisprudenziale avente queste
caratteristiche:
- Deve essere comprovata, non presunta - I poteri devono essere precisati - Deve essere conosciuta e accettata dal ricevente - Deve essere data solo a persona qualificata - Valida solo se correlata a più ampie facoltà
organizzative
- Il soggetto che attribuisce non deve intromettersi personalmente nell’assolvimento dei compiti delegati
- Il soggetto che attribuisce non deve conoscere l’inefficienza del ricevente
- Chi assegna deve controllare l’operato del ricevente
Non è ammissibile l’ipotesi di attribuire i compiti a cascata (il soggetto ricevente attribuisce a sua volta mansioni
ad egli affidate, ad altre persone).
L’assegnazione di mansioni agli operatori di supporto è prevista dalla normativa infermieristica, che nel profilo
professionale (articolo 1) sottolinea come l’infermiere, ove necessario, può avvalersi dell’opera del personale di
supporto.
Molte delle attività un tempo infermieristiche rientrano oggi nelle declaratorie del personale di supporto ma dal
punto di vista legale l’infermiere è responsabile dell’assistenza generale in toto. Per quanto, quindi, l’atto tecnico
possa essere eseguito da terzi, in caso di ogni danno al paziente, l’infermiere è responsabile della mancata
vigilanza sull’operato del personale cui ha assegnato i compiti, ferma restando la colpa di chi ha causato il danno
stesso. È quindi indispensabile che il professionista valuti attentamente le condizioni del pz e il contenuto degli
atti in rapporto a ciò che la figura di supporto può fare (pazienti “delicati”!!).
L’OPERATORE SOCIO SANITARIO
Attraverso la Conferenza Stato – Regioni del 22 \ 02 \ 2001 sono stati individuati la figura, la formazione e il
profilo professionale dell’OSS. L’Operatore Socio Sanitario è l’evoluzione di altre figure di supporto dell’AI (OTA e
ASA). L’inserimento di tale figura ha lo scopo di far fronte alla mancanza di personale infermieristico, e di
sgravare l’AI dei compiti di base attraverso l’attribuzione di mansioni. Per la professione infermieristica si tratta
di un’occasione di realizzare l’assistenza multidisciplinare personalizzata. L’inserimento dell’OSS costituisce
l’occasione per l’infermiere, di recuperare tempo prezioso, durante il turno, da reinvestire sul paziente.
La revisione organizzativa del lavoro nell’ottica del recupero del tempo è attuabile in vari modi: innanzitutto è
possibile la formulazione di piani di lavoro, protocolli, procedure nei quali vengano definiti i criteri per
identificare le attività attribuibili agli OSS. È consigliabile, passando a un livello gestionale più alto, raggruppare i
pazienti non solo per tipo di DRG (Diagnosis Related Groups) ma, nel limite del possibile, anche per complessità
assistenziale per utilizzare in modo più razionale le competenze infermieristiche.
Al fine di organizzare il lavoro, e per attribuire alle varie figure delle specifiche mansioni, è possibile utilizzare
strumenti quali:
- PIANI GIORNALIERI DELLE ATTIVITA’: strumenti che descrivono l’attività quotidiana dell’U.O. specificando i
tempi da dedicare alle varie attività; nel caso di attività routinarie o svolte da OSS è possibile la presenza di
documenti integrativi che specifichino le modalità di svolgimento delle azioni e le responsabilità nel controllo
dei risultati. I piani giornalieri costituiscono un importante strumento di gestione del tempo impiegato dal
personale, non per cronometrare il tempo impiegato per lo svolgimento delle azioni, ma per ingabbiare le
prestazioni di routine in un lasso di tempo più o meno costante per lasciare più spazio possibile alla
personalizzazione delle prestazioni.
- MATRICI DI RESPONSABILITA’: una tabella a doppia entrata in cui, nella prima colonna compaiono le attività,
mentre le responsabilità vengono esplicitate tramite l’apposizione di un segno di spunta o una sigla nelle
caselle componenti le righe
- DIAGRAMMA DI GANTT: nella prima colonna sono indicate le attività svolte, mentre nella seconda colonna è
rappresentata la linea temporale. Ogni figura coinvolta nel lavoro è rappresentata da una linea(di colore
diverso per ogni figura come infermieri, OSS, medici), in modo da evidenziare le attività svolte nelle diverse
fasce orarie.
- DIAGRAMMI DI FLUSSO (FLOW CHARTS): rappresentazione grafica complessiva dei passaggi (azioni,
decisioni, …) necessari per completare un percorso. Si tratta di un diagramma realizzato da simboli standard
che permette di capire velocemente il percorso da seguire in una data situazione. I simboli utilizzati sono
universali, cioè comuni a tutte le discipline che si servono dei diagrammi in questione. I simboli dei
diagrammi di flusso sono tra loro collegati tramite frecce, che consentono il flusso logico delle attività
- DIAGRAMMI CAUSA – EFFETTO: rappresentano graficamente il rapporto esistente fra una situazione e le sue
cause. Tale diagramma potrebbe essere usato per analizzare le cause dell’insoddisfazione dei pazienti in
merito alle informazioni ricevute.
L’APPROPRIATEZZA DEGLI
INTERVENTI INFERMIERISTICI
Poiché la disciplina infermieristica ha come fulcro la persona, è imperativo che il professionista sappia fornire
alle persone, delle prestazioni in grado di recargli beneficio, senza sprechi di tempo e risorse. Il CONCETTO DI
APPROPRIATEZZA è dunque legato non solo ad espressioni come “la giusta assistenza al giusto paziente”, ma
anche alla verifica costante della validità di atti entrati nella consuetudine. In sostanza, l’infermiere deve porsi
alcune domande quali:
1) La manovra che sto per compiere ha un’utilità dimostrata oppure è superata e rappresenta un retaggio
del passato entrato nella routine?
2) Ciò che mi è stato insegnato tempo fa è ancora appropriato alla situazione odierna?
Domande come queste portano l’infermiere sul cammino della best practice, cioè dell’agire professionale basato
su azioni utili e scientificamente provate. Linee guida, protocolli, procedure sono basati sulle prove di efficacia e
garantiscono al paziente la migliore AI possibile alla luce delle conoscenze disponibili. Inoltre, consentono al
professionista di lavorare ottenendo risultati senza spreco di tempo ne danneggiando il paziente con manovre
obsolete, tutelandolo anche sotto il punto di vista legale.
L’Evidence – Based Nursing (EBN) rappresenta l’estensione infermieristica, della più radicata Evidence – Based
Medicine. L’AI basata su prove di efficacia non si accontenta di operare su principi derivanti dal “si è sempre
fatto così”, ma si fonda su conoscenze documentate e accettate dalla comunità scientifica; il professionista
infermiere le ricerca, le valuta criticamente e le applica nella pratica. Lo scopo generale dell’EBN è quello di
sostenere gli operatori nel processo decisionale, eliminando tutto ciò che è inefficace, inadeguato, troppo
costoso e potenzialmente pericoloso.
L’attività professionale quotidiana, si mostra spesso guidata quasi esclusivamente dall’esperienza, da
consuetudini e da teorie non verificate; lo sviluppo continuo della tecnologia e delle conoscenze mediche
richiede per contro di tenere il passo con un aggiornamento continuo. Anche il codice deontologico (1999)
sostiene l’importanza dell’aggiornare le proprie conoscenze attraverso la formazione permanente, la riflessione
critica e la ricerca. La tecnologia rende oggi piuttosto facile il reperimento di evidenze più o meno certe sulla
validità delle attività infermieristiche.
L’EBN è un approccio di autoapprendimento basato sul problem solving, che tiene in considerazione il contesto e
l’esperienza dell’infermiere. Il percorso che gli infermieri devo fare per basare la loro pratica sull’efficacia clinica
consta in 6 fasi:
1) Riesaminare la pratica identificando incertezze e peculiarità di un problema clinico
2) Formulare domande cui sia possibile dare una risposta
3) Ottenere prove dalla ricerca e dall’evidenza scientifica
4) Valutare le ricerche in modo critico
5) Produrre , disseminare linee guida e implementare l’evidenza
6) Valutare l’impatto del cambiamento della pratica
Si parte da situazioni \ casi clinici, si pone un quesito assistenziale, si ricercano le evidenze nelle fonti
bibliografiche, queste ultime vengono analizzate e sottoposte a valutazione. Ciò che emerge da questo processo
di meta – analisi viene poi integrato nell’attività clinica.
Non tutte le raccomandazioni derivate dalla ricerca hanno la stessa forza: alcune devono essere adottate
tassativamente, altre possono sottostare al vaglio di particolari criteri da valutare caso per caso. Tre sono le
dimensioni dei sistemi di classificazione delle raccomandazioni scientifiche:
- LA FORZA DELLE PROVE: le prove più forti sono rappresentate da rigorosi studi sperimentali
randomizzati controllati, le prove più deboli sono costituite da studi descrittivi.
- ENTITA’ DELL’EFFETTO DEL TRATTAMENTO: valutazione del rapporto tra benefici pubblici e benefici
per il paziente (tossicità, costi, …) e la definizione della soglia di impatto a giustificare l’applicazione
dell’intervento, comprendendo gli effetti avversi
- EFFICACIA DEL TRATTAMENTO: l’applicazione della raccomandazione risulta inversamente correlata alla
grandezza del rischio in assenza di trattamento
In base a questi criteri le raccomandazioni vengono classificate con la scala A (molto affidabile), B, C, D, E
(SCARSAMENTE AFFIDABILE).
Vista la sempre crescente attenzione ai costi, alla qualità, alla disponibilità e all’accessibilità dell’assistenza
sanitaria è importante definire l’orientamento futuro della ricerca infermieristica. In seno alla ricerca
infermieristica si sono sviluppati due grandi ambiti chiamati nursing research e research in nursing.
Praticamente, in ogni contesto risulta prioritaria la necessità di conoscere gli elementi dell’esercizio
professionale (management, professione, formazione) per poi effettuare indagini riguardanti l’esercizio in
ambito clinico.
Mentre la professione infermieristica dichiara l’importanza della ricerca per la sua progressione, nella realtà la
ricerca viene considerata scarsamente praticabile e appannaggio di pochi eletti, visti la scarsità di personale, la
mancanza di tradizione, la mancanza di metodologia, la mancanza di momenti di riflessione.
Una zona d’ombra riguarda il significato stesso del termine “evidence”, visto che vengono considerati “evidence
based” gli studi sperimentali (studi randomizzati, di meta – analisi e analitici), escludendo quasi totalmente gli
studi non sperimentali (qualitativi, induttivi, osservazionali). L’obiezione più frequente rivolta alla ricerca
infermieristica riguarda l’utilizzo di un linguaggio costituito non solo da costrutti biomedici ma anche da ambiti in
cui il focus è incentrato alla relazione con il pz. Altra peculiarità della ricerca infermieristica è l’utilizzo di ricerche
qualitative, poiché meglio si adattano ad una dimensione di cura incentrata sul paziente, infatti, se buoni studi
qualitativi offrono informazioni sul modo in cui certi eventi accadono, attraverso indagini quantitative si
acquisiscono i dati relativi alle loro cause.
Le FONTI DI CONSULTAZIONE per gli infermieri pressati dal lavoro quotidiano sono: colleghi esperti, libri, atti,
articoli e siti internet ma soprattutto, la ricerca di articoli scientifici tramite l’accesso a banche dati telematiche
quali Medline e Cinahl. Le pubblicazioni secondarie sono riviste che si occupano di effettuare una meta – analisi
su quanto è stato pubblicato su un argomento (divengono quindi importanti i criteri di revisione bibliografica). Le
revisioni bibliografiche sono invece rassegne su tutte le pubblicazioni inerenti a un certo argomento.
GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO
Nessuna manovra medica o infermieristica è esente da rischi; la stessa presenza di diversi malati, ognuno con
diverse patologie, è causa di rischio di infezioni crociate. Gli interventi di gestione del rischio clinico (Risk
management) sono volti a ridurre quanto più possibile le probabilità di eventi avversi, utilizzando strumenti di
incident reporting (rapporti sugli eventi avversi) e progettando interventi di riduzione del rischio.
Sottolineando che le segnalazioni sono sempre volte al miglioramento e mai alla punizione, è facile notare
l’importanza di una corretta documentazione: solo grazie ad essa, infatti, è possibile la ricostruzione degli eventi
e la scoperta delle cause.
L’EBN gioca un ruolo importante nella gestione del rischio, perché l’uso di strumenti di comprovata efficacia
quali linee guida, protocolli e procedure previene il verificarsi degli incidenti (cadute accidentali o errori di
terapia) tramite la promozione di comportamenti sicuri.
I D.R.G.
L’appropriatezza degli interventi infermieristici non riguarda solo gli aspetti clinici, ma anche quelli finanziari. È
importante cercare di erogare prestazioni che raggiungano i risultati previsti con il minore utilizzo possibile di
risorse.
Sebbene in Italia non esista un sistema di classificazione e rimborso delle attività infermieristiche, tutte le
aziende del SSN ricevono denaro dalle Regioni attraverso un sistema che, indirettamente, interessa anche gli
infermieri: si tratta del metodo DRG (Dignosis Related Groups), noto in Italia con il nome di ROD
(Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi). Esso classifica e raggruppa i pz aventi quadri clinici diversi che per
essere affrontati richiedono la stessa quantità di risorse, stabilendo per ciascun gruppo un sistema di punteggi
che viene poi tradotto in denaro.
In pratica si tratta di un sistema di classi omogenee, 258 mediche e 211 chirurgiche, create sulla base di
determinate caratteristiche dei pazienti (sesso, età, diagnosi, ….), il cui insieme è correlato all’uso di risorse
ospedaliere. La tariffa rimborsata all’AO si basa sulla media regionale dei costi generati dalla voce DRG in
questione; la rilevazione dei DRG viene effettuata sulla scheda di dimissione ospedaliera (SDO). Ad esempio, il
rimborso di un intervento di appendicectomia, dovrebbe coprire le spese di gestione della sala operatoria, la
paga oraria del personale, il costo del materiale impiegato e così via, secondo criteri economici dettati dalla
media dei costi regionali generati dagli interventi di quel tipo.
In realtà il sistema ha dei limiti, poiché il criterio stesso di calcolo (media regionale) può portare a rimborsi
insufficienti per alcune aziende, inoltre le aziende pubbliche sono tenute ad erogare tutte le prestazioni
necessarie al bacino d’utenza senza possibilità di limitarsi alle più remunerative.
Dal punto di vista infermieristico, l’appropriatezza è correlata ai D.R.G., poiché questi coprono anche i costi legati
all’utilizzo di materiali da parte degli infermieri. L’uso appropriato delle risorse diventa pertanto un imperativo
deontologico ed economico. All’interno dell’U.O., i finanziamenti relativi alle prestazioni infermieristiche, sono
appiattiti, nel senso che non sono calcolati sulla base delle prestazioni assistenziali ma fanno parte di una media
dei costi relativi a prestazioni multidisciplinari.
QUANTIFICARE ECONOMICAMENTE L’ASSISTENZA: IL R.I.M.
Il RIASSUNTO INFEMIERISTICO MINIMO (RIM) nasce in Belgio nel 1980, nell’ambito di un sistema modifica del
finanziamento degli ospedali basata sulla misurazione delle prestazioni. Offre la possibilità di confrontare i dati
provenienti da strutture simili e di utilizzare dati clinici come indicatori per il finanziamento delle attività. Fu la
categoria infermieristica a proporre l’inserimento di tale sistema, vista l’impossibilità di derivare i dati ad esse
relativi dalle rilevazioni in ambito medico. Il risultato fu un insieme minimo di dati infermieristici univocamente
codificati, i cui scopi principali sono:
- Descrivere lo stato di salute della popolazione in funzione dei bisogni di AI
- Raccogliere dati utili allo studio delle relazioni esistenti tra prescrizioni mediche e infermieristiche
- Valutazione dei costi e dei risultati delle attività infermieristiche
- Identificare l’evoluzione disciplinare
- Determinare indicatori di previsione per il finanziamento degli ospedali
Il RIM viene costantemente aggiornato e tiene conto delle evoluzioni infermieristiche. Il funzionamento del
sistema di rilevazione si basa su info riguardanti l’istituzione, i pazienti, l’AI erogata (misurata in base a 23 prestazioni
codificate), l’U.O., le attività di vita quotidiana. Le prestazioni codificate nel RIM sono raggruppate in 5 categorie:
- ASSISTENZA DI BASE (interventi relativi all’igiene, all’eliminazione ecc ….)
- TECNICHE INFERMIERISTICHE (terapie, prelievi)
- SUPPORTO PSICOSOCIALE (anamnesi infermieristica, gestione crisi emotive)
- OSSERVAZIONE (parametri vitali)
- INTERVENTI DI PARTICOLARE RILIEVO IN TEMA DI QUALITA’ (igiene della bocca, prevenzione LDD)
STRUMENTI PER L’ASSISTENZA
INFERMIERISTICA
LINEE GUIDA (LG)
Il termine LG indica istruzioni, indicazioni o generalizzazioni tra loro correlate, aventi valenza almeno regionale e
derivanti da esperienze precedenti; sono concepite per rispondere a situazioni specifiche (es: trattamento
farmacologico delle malattie) raccolgono, valutano e riuniscono l’evidenza.
Si tratta di raccomandazioni di comportamento clinico, prodotte attraverso un processo sistematico, allo scopo di
assistere operatori sanitari e pazienti nel decidere quali siano le modalità di assistenza più appropriate in
specifiche circostanze cliniche. Si assiste ad un sempre maggiore interesse nei confronti dell’argomento. Gli
elementi che generano questo interesse sono i seguenti:
- La limitazione delle risorse e la tendenza alla crescita delle aspettative dei cittadini e dei costi per i
servizi finanziari
- Variabilità di comportamento dei professionisti sanitari
- Ricerca di una nuova modalità di approccio che integri i punti di vista dei diversi attori della sanità
- Utilizzo inappropriato delle risorse
Le LG si presentano come un insieme di raccomandazioni cui si giunge attraverso l’elaborazione sistematica di
conoscenze frutto di ricerche e\o convenzioni basate su esperienze o nozioni, laddove le evidenze sono scarse.
Non sono strumenti prescrittivi, cioè non specificano le singole operazioni da compiere per raggiungere un
risultato, sono piuttosto criteri di indirizzo generale da cui derivare documenti più specifici e vicini alla realtà
particolare del reparto (protocolli, procedure).
Dal punto di vista pratico, ad esempio le LG possono riguardare le modalità generali di prevenzione di
determinate patologie. Qualunque sia il loro campo di applicazione, la loro struttura prevede i seguenti
elementi: esplicitazione degli OBIETTIVI; descrizione delle RISORSE da impiegare; AZIONI suggerite e risultati
scientifici a supporto; BIBLIOGRAFIA di riferimento.
L’IMPLEMENTAZIONE (cioè l’effettiva introduzione nella pratica clinica) di una LG consente il raggiungimento di
risultati migliori con l’impiego di risorse più limitate. La sua valenza non è eterna: dopo un certo periodo è
necessaria una rivalutazione per verificarne l’efficacia nella pratica clinica.
PROTOCOLLI
Sono strumenti volti a tradurre le evidenze scientifiche in comportamenti da adottare nella pratica professionale
quotidiana; esattamente come le LG non specificano i singoli atti da compiere. Possono essere multi
professionali e, per quanto riguarda l’AI, rappresentano sequenze di azioni codificate che l’infermiere promuove
nell’ambito del processo professionale. Ad esempio, un documento relativo alla preparazione del pz per un dato
intervento chirurgico, prevede una situazione precisa e coinvolge specifici BAI cui l’infermiere deve far fronte
(sicurezza fisica e psichica, igiene) in un ambito multi professionale (chirurghi, anestesisti).
I protocolli hanno valenza locale (aziendale) e son costituiti per obiettivi dagli stessi professionisti che poi li
utilizzeranno. Mentre le LG sono solitamente redatte da gruppi di ricerca che sintetizzano in esse risultati degli
studi compiuti, i protocolli possono essere costituiti senza necessità di mettere in atto ricerche particolari: è
infatti possibile prepararli basandosi sulle raccomandazioni fornite nelle stesse LG. A questo strumento si associa
talvolta la JOB DESCRIPTION (che descrive le CORE COMPETENCES). Come la LG, dev’essere soggetta a
periodiche revisioni.
COSTRUZIONE DI UN PROTOCOLLO
Un protocollo è uno strumento metodologico di pianificazione dell’AI orientato ad un modello concettuale di
riferimento. Tale strumento trova applicazione qualora si presentino BAI in una situazione ben definita, con la
possibilità di stabilire in modo preciso gli obiettivi da raggiungere e i criteri necessari a valutare l’efficacia (n.b.:
non l’efficienza) delle prestazioni erogate. Il protocollo deve esplicitare i seguanti elementi:
- Il momento del percorso assistenziale al quale si riferisce (ad esempio il pre o post intervento chirurgico)
- I BAI coinvolti
- Gli obiettivi in merito a ciascun BAI
- Le procedure da seguire e gli atti da compiere
- Le modalità di valutazione del raggiungimento degli obiettivi
Riguardo all’ultimo punto, occorre fare delle differenziazioni:
- CRITERIO: aspetto particolare del fenomeno osservato che può assumere espressioni diverse e deve
obbligatoriamente essere considerato per formulare un giudizio
- INDICATORE: è una particolare espressione empirica del criterio, significativa per una certa situazione
- STANDARD: rappresenta il valore di riferimento cui rapportare l’indicatore ai fini di controllo.
Gli INDICATORI, per maggior chiarezza e schematicità, possono a loro volta riguardare:
- La STRUTTURA (qualora investano aspetti organizzativi, logistici, materiali o di formazione professionale
- Il PROCESSO se riferiti alle modalità di pianificazione ed erogazione delle prestazioni professionali
- Il RISULTATO inteso, ad esempio, come soddisfazione del pz, aumento delle conoscenze professionali ec
Per chiarire, consideriamo un protocollo di gestione delle LDD: volendo trattare un’ulcera di 2° grado potremmo,
ad esempio, auspicarne il ritorno al 1° grado entro un certo numero di giorni (indicatore di risultato). A tal fine
avremmo bisogno di un criterio di giudizio: l’inizio della riepitelizzazione entro un determinato lasso di tempo
definito nell’obiettivo potrebbe rivelarsi adeguato. La letteratura, infine, ci fornirebbe lo standard indicato come
riferimento ottimale il passaggio al primo stadio entro un certo numero di giorni.
PROCEDURE
Sono regole interne all’organizzazione caratterizzata da elevata prescrittività e possono avere carattere
prescrittivo o organizzativo.
Le prime devono tener conto dei vincoli normativi e delle evidenze scientifiche. Possono essere accompagnate
da istruzioni di lavoro (o istruzioni operative), documenti che descrivono i singoli passi da compiere per
eseguire una determinata operazione, e in alcune parti possono rimandare alla consultazione di un protocollo.
Le procedure possono essere anche di tipo organizzativo, intendendo con tale dicitura i documenti elaborati
sotto il controllo del responsabile della qualità da gruppi che comprendono i responsabili di tutte le funzioni cui
lo strumento si riferisce.
DIFFERENZE FRA PROCEDURE E PROTOCOLLI
PROCEDURE PROTOCOLLI
Descrive i risultati attesi e le azioni \ procedure da attivare per rispondere a un BAI
Descrive le modalità di esecuzione di un’azione infermieristica
Può essere multidisciplinare È uno strumento infermieristico
Consente di valutare l’efficacia delle procedure infermieristiche
Permette di valutare l’efficacia dei singoli atti infermieristici
È elaborata da un gruppo multidisciplinare, archiviato in UO, consultabile presso la direzione infermieristica
È elaborata dal gruppo professionale, archiviato in UO ed è consultabile presso la direzione infermieristica
EBN E SISTEMI DI QUALITA’
Il lavoro medico e infermieristico basato sulle evidenze scientifiche è un tassello del mosaico chiamato “sistema
qualità”. Il sistema è un complesso di autovalutazione volto alla realizzazione di un manuale in cui confluiscono
tutti i progetti di miglioramento in un dato campo.
Il concetto di qualità possiede vari aspetti, tutti importanti ai fini della soddisfazione dei pazienti, e quindi, del
successo da parte dell’organizzazione. Le dimensioni principali sono le seguenti:
- Tecnico professionale (soddisfazione delle richieste avanzate dall’utenza)
- Relazionale (soddisfazione del bisogno di relazione interpersonale)
- Organizzativa (efficienza delle prestazioni)
- Economica (soddisfare le richieste con i minori costi possibili)
- Ambientale (legata all’accoglienza dei servizi logistico – alberghieri)
- Di immagine (nomi di richiamo nelle UO, liste di attesa brevi)
La verifica può essere attuata dal gruppo di lavoro stesso (autoverifica), dai pari (persone esperte che analizzano
il lavoro dei colleghi) oppure da enti esterni abilitati al rilascio di certificazioni quali UNI EN ISO, Vision 2000 o JC.
Per certificazione si intende “attestazione di qualità che un ente terzo, privato, autorizzato, rilascia a seguito di
una valutazione di conformità a specifiche norme predefinite”.
Per qualità dell’assistenza infermieristica si intende: “capacità della medesima di integrarsi nel processo di cura,
migliorando lo stato di salute della popolazione di riferimento, attraverso il soddisfacimento dei BAI delle persone
assistite, tenendo conto degli elementi di natura biofisiologica, psicologica e socio culturale, in quanto
caratteristiche individuali, nei limiti delle conoscenze, dalle tecnologie e dalle risorse disponibili”.
LE CERTIFICAZIONI
La certificazione secondo le norme ISO della serie 9000 è un atto formale tramite cui un ente riconosciuto come
attendibile dichiara la conformità di un prodotto o di un servizio a una determinata norma. Le norme ISO
spiegano le modalità di costruzione e mantenimento di un sistema di qualità; prevedono che tutto quanto
l’organizzazione fa per implementare il proprio sistema sia accuratamente documentato tramite documenti
obbligatori:
- Manuale della qualità (testo che spiega le modalità con cui l’organizzazione ha fatto proprie le norme
ISO calandole nella realtà dei servizi e delle UO
- Procedure
- Istruzioni operative
Le fasi del processo di certificazione sono:
- Revisione dei dati (audit, inteso come verifica della situazione esistente)
- Impostazione del piano di attività
- Analisi
- Eventuale modifica dei processi aziendali
La certificazione Vision2000 è semplicemente una nuova versione delle norme ISO, la dicitura esatta per la sua
identificazione è ISO 9001:2000 e i principi ispiratori sono immutati rispetto a quelli che guidavano le precedenti
versioni.
GLOSSARIO APPROPRIATEZZA � erogazione della giusta prestazione, nel modo giusto, al giusto pz
ATTRIBUZIONE (DI MANSIONI) � trasferimento da parte di un soggetto abilitato della titolarità di una o più
funzioni proprie e dei relativi poteri decisionali; non è un istituto normativo (non è previsto da alcuna norma
giuridica) ma una creazione giurisprudenziale avente caratteristiche sovrapponibili a quelle della delega.
BUDGET � termine che designa i fondi assegnati a un servizio / dipartimento sulla base di un preventivo di
spesa (bilancio di previsione)
BUROCRAZIA PROFESSIONALE � struttura che utilizza la standardizzazione delle capacità come principale
meccanismo di coordinamento, perseguendola attraverso l’impiego di persone con formazione
professionalizzante e specializzazione orizzontale delle attività; è la configurazione tipica delle aziende sanitarie.
CASE MANAGEMENT NURSING � modello organizzativo infermieristico in cui un infermiere prende in carico il
pz e ne diviene il riferimento per le problematiche relative a degenza, assistenza e rapporti con i servizi sociali.
CENTRO DI COSTO � aggregazione dei costiche costituiscono l’unità minima di riferimento del controllo di
gestione
CICLO CONTINUO (TURNO A) � schema di avvicendamento degli operatori che garantisce la copertura delle 24
ore (turno standard di reparto)
CONTROLLO DI GESTIONE � insieme dei processi e delle tecniche che consentono di gestire un’azienda
mettendola in grado di raggiungere i propri obiettivi
CRITERIO � nell’ambito della costruzione di un protocollo è un aspetto particolare del fenomeno osservato che
può assumere espressioni diverse e deve obbligatoriamente essere considerato per formulare un giudizio.
DIAGRAMMA CAUSA – EFFETTO � rappresentazione grafica dei rapporti esistenti tra una situazione e le sue
cause
DIAGRAMMA DI FLUSSO (FLOW CHART) � rappresentazione grafica complessiva dei passaggi (azioni, decisioni,
ecc ….) necessari per il completamento di un percorso, costruita con simboli standard di immediata lettura.
DIAGRAMMA DI GANTT � rappresentazione grafica delle attività svolte dalle varie figure lungo la linea
temporale. Nella sua parte verticale sono indicate le attività, mentre quella orizzontale rappresenta la scansione
cronologica. Ogni figura coinvolta nel lavoro è rappresentata da una linea, con il risultato di evidenziare le
attività svolte nelle diverse fasce orarie.
DRG � sistema di finanziamento basato su medie regionali dei costi; classifica e raggruppa i pazienti aventi
quadri clinici diversi che per essere affrontati richiedono la stessa quantità di risorse, stabilendo per ciascun
gruppo un sistema di punteggi che viene poi tradotto in denaro.
ECONOMICITA’ � efficienza sul piano economico
EFFICACIA � capacità da parte di un intervento di raggiungere gli scopi prefissati
EFFICIENZA � ottimizzazione del consumo di risorse in funzione del risultato
INCIDENT REPORTING � tecnica utilizzata nell’ambito del risk management consistente nel riportare quanto
accaduto durante un incidente clinico
INDICATORE � nell’ambito della costruzione di un protocollo è una particolare espressione empirica del criterio,
significativa per una certa situazione
IN LINE � rapporto gerarchico tra due parti dell’organizzazione
IN STAFF � rapporto di collaborazione tra due parti dell’organizzazione situate allo stesso livello organizzativo
ISO � International Standard Organization, ente emanatore di norme per la standardalizzazione delle operazioni
ISTRUZIONI DI LAVORO (ISTRUZIONI OPERATIVE) � Documenti che descrivono i singoli passi da compiere per
eseguire una determinata operazione
JOB DESCRIPTION � documento sintetico contenente le caratteristiche del ruolo e le conoscenze, competenze,
esperienze richieste a colui che lo ricopre. Negli annunci di lavoro, ad esempio, è consolidato l’utilizzo di questo
strumento
LINEA INTERMEDIA � parte dell’organizzazione che trasferisce sul nucleo operativo la vision del vertice
strategico, prende decisioni che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi definiti dalla mission aziendale
e dalla sua strategia; essa comprende i coordinatori infermieristici, i medici dirigenti di primo livello e il servizio
infermieristico.
LINEE GUIDA � istruzioni, indicazioni o generalizzazioni tra loro correlate, aventi valenza almeno regionale e
derivanti da esperienze precedenti e ordinate in una struttura coerente per facilitare risposte appropriate a
situazioni specifiche. Si presentano come un’insieme di raccomandazioni cui si giunge attraverso l’elaborazione
sistematica di conoscenze frutto di ricerche e / o convenzioni basate su esperienza o nozioni, laddove le
esperienze sono scarse.
MATRICE DELLE RESPONSABILITA’ � tabella a doppia entrata nella cui prima colonna compaiono le attività; le
responsabilità vengono esplicitate tramite l’apposizione di un segno di spunta nelle caselle componenti le righe.
MISSION � obiettivo generale dell’azienda che ne rappresenta lo scopo, la ragion d’essere.
MODELLO FUNZIONALE (O TECNICO, O “PER COMPITI”) � modello organizzativo infermieristico che
sottintende un’assistenza parcellizzata e standardizzata, in cui non esiste una risposta personalizzata individuale,
bensì una sommatoria di interventi che producono risposte tecniche sostenute dall’attenzione non tanto
all’individuo ed ai suoi BAI, quanto alla sua patologia.
MONOFASE (TURNO O “TURNO UNICO”)���� schema di avvicendamento degli operatori che copre una parte
della giornata (7 – 14) e comprende i turni spezzati (suddivisi cioè tra mattina e pomeriggio con interruzione).
NORMA � insieme di indicazioni che nel complesso formano uno standard minimo (valore soglia) al di sotto del
quale non si può parlare di qualità
NUCLEO OPERATIVO (O SISTEMA OPERATIVO) � parte dell’organizzazione che comprende tutte le figure
dedite all’ottenimento dei prodotti ed alla fornitura di servizi, e costituisce la parte numericamente più
significativa dell’organizzazione. In un’azienda sanitaria si tratta delle figure che svolgono la propria attività nelle
UO, concorrendo all’erogazione delle prestazioni sanitarie.
ORGANIGRAMMA � rappresentazione grafica della struttura aziendale che evidenzia i rapporti in line e staff tra
le sue parti
ORGANIZZAZIONE � complesso di persone e beni orientato al raggiungimento di specifiche finalità
(Calamandrei, Orlandi); complesso delle modalità secondo le quali viene effettuata la divisione del lavoro in
compiti distinti e quindi realizzato il coordinamento fra tali compiti (Mintzberg)
PIANO DELLE ATTIVITA’ GIORNALIERE � strumento che descrive la sequenza e i tempi delle azioni svolte dal
personale ogni turno
PIANO DI CONTINUITA’ � riguarda le UO e i servizi che richiedono la pronta disponibilità (reperibilità) degli
operatori; riporta le modalità di chiamata, individuando la persona che la deve effettuare, i tempi e le
circostanze
PIANO DI LAVORO � strumento utilizzato per la programmazione a breve termine (tipicamente qualche
settimana o mese)
PRIMARY NURSING � modello organizzativo infermieristico centrato sul paziente, il quale è soggetto alla guida
continua di un primary nurse dal momento del ricovero alla dimissione
PROCEDURA � insieme di regole interne all’organizzazione aventi alta prescittività, che possono avere carattere
operativo o organizzativo: le prime devono tenere conto dei vincoli normativi e delle evidenze scientifiche
prodotte da specialisti del settore e sono sottoposte a valutazione del dirigente responsabile. Le procedure
consentono di valutare l’efficacia e l’efficienza degli interventi infermieristici.
PROTOCOLLO � strumento volto a tradurre evidenze scientifiche in comportamenti da adottare nella pratica
professionale quotidiana; esattamente come le linee guida, esso non specifica i singoli atti da compiere. I
protocolli possono essere multidisciplinari, per quanto di competenza infermieristica, rappresentano sequenze
di azioni codificate che l’infermiere promuove nell’ambito del processo professionale. A differenza delle
procedure consentono di valutare l’efficacia ma non l’efficienza infermieristica; sono concepiti ragionando per
obiettivi e costruiti dagli stessi professionisti che li utilizzano (protocollo dell’UO per la preparazione del paziente
a un certo intervento chirurgico).
QUADRO DI SERVIZIO � comunemente chiamato schema turni, riporta tutte le notizie relativa alla copertura
delle 24 ore (turni, malattie, riposi …..)
QUALITA’ � concetto di “bontà delle prestazioni correlato a una serie di fattori, tra cui quelli tecnico –
professionali, relazionali, organizzativi, economici, ambientali, d’immagine.
RISK MANAGEMENT � gestione del rischio clinico, intesa come insieme di interventi finalizzati a prevenire il
verificarsi di incidenti durante le pratiche che coinvolgono il paziente
RIM – RIASSUNTO INFERMIERISTICO MINIMO � sistema di classificazione e rilevazione delle prestazioni
infermieristiche impiegato, fra l’altro, per costruire sistemi di finanziamento che tengano conto dei carichi
assistenziali generati dai pazienti
SCUOLA SISTEMICA � filone di pensiero organizzativo sviluppatosi negli anni 50 e 60 del secolo scorso sulla
base dei lavori di Von Bertanlaffy. I concetti alla sua base sono quelli di ssitema, sistema aperto, omeostasi,
differenziazione \ integrazione, varietà necessari, equifinalità. Rugiadini e il suo classico “sistema a caramella”
rientrano in tale pensiero.
SERVIZIO INFERMIERISTICO � l’insieme del personale, delle funzioni e prestazioni effettuate dal personale
infermieristico ai vari livelli di responsabilità e nei diversi ambiti aziendali.
SISTEMA QUALITA’ � complesso di autovalutazione e verifiche condotte dai professionisti in collaborazione con
l’utenza (associazioni dei pazienti) volte alla realizzazione di un manuale in cui confluiscano tutti i progetti di
miglioramento in un dato campo
STAFF DI SUPPORTO � secondo Mintzberg, è l’insieme delle unità che supportano l’attività aziendale senza
influire sulle decisioni; negli ospedali ne sono esempi l’ufficio legale, l’unità di comunicazione e marketing,
l’amministrazione, la farmacia, il servizio di logopedia, eccetera ….. Alcune strutture di supporto sono in staff al
vertice strategico, altre al nucleo operativo.
STANDARD � nell’ambito della costruzione di un protocollo rappresenta il valore di riferimento cui rapportare
l’indicatore ai fini del controllo
TEAM NURSING (ORGANIZZAZIONE PER PICCOLE EQUIPE) � modello organizzativo infermieristico che prevede
un gruppo composto da varie figure (infermieri, OSS, studenti CLI) sotto la direzione di un team leader che
fornisce assistenza a un gruppo di pazienti in uno specifico turno di servizio.
TECNOSTRUTTURA � secondo Mintzberg, è l’insieme dei servizi che influiscono / collaborano all’attività
organizzativa, quali l’UO qualità e formazione, il Tribunale del Malato, il comitato Etico. Non vengono mai
coinvolte nell’operatività dell’azienda, ne partecipano direttamente alla presa di decisioni.
VERTICE STRATEGICO � parte dell’azienda che, secondo Mintzberg, si occupa della gestione aziendale ai livelli
più alti, definendo la mission e la vision; risponde delle proprie azioni all’organo di governo dell’organizzazione e
ha il compito di consolidare la posizione dell’azienda nel mercato.
VISION � i criteri generali attraverso cui la misson viene perseguita
IL PROCESSO DELL’AUDIT CLINICO
FASE I
PREPARARE
L’AUDIT CLINICO
1 - SCEGLIERE IL TEMA Valutazione di aspetti relativi a:
• strutture e risorse
• processi
• esiti la scelta del tema è vincolata alla presenza di standard di riferimento e di possibilità di eseguire azioni di miglioramento
2 - COSTITUZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO
Il leader Il gruppo La direzione Aziendale I Pazienti Altri Partner
3 - DEFINIZIONE DEI CRITERI DI COMUNICAZIONE
Piano di comunicazione Obiettivi della comunicazione
FASE II
ATTUARE L’AUDIT
CLINICO
1 - DEFINIRE GLI OBIETTIVI DELL’AUDIT 2 - VALUTAZIONE DELL’ESISTENTE 3 - SELEZIONE DI CRITERI, STANDARD E INDICATORI 4 - RACCOLTA DEI DATI 5 - ANALISI DEI RISULTATI E VALUTAZIONE 6 - CONDIVISIONE DELL’ANALISIDEI RISULTATI CON I SERVIZI COINVOLTI NELL’A.C. 7 - COMUNICAZIONE DEI RISULTATI DELL’A.C.
L’obiettivo generale dell’A.C. è quello di migliorare la pratica clinica correlata al tema scelto. A tal fine, individuare gli obiettivi specifici Valutazione della prassi in uso, rispetto al tema dell’A.C., derivante da documentazione, procedure ecc… Selezione di criteri, standard ed indicatori che costituiscono la struttura di riferimento che permette di evidenziare dove e come il processo di cura si discosti dalle pratiche in uso. La raccolta di criteri, standard ed indicatori si effettua in base a:
• Evidence based practice
• Linee guida e raccomandazioni
• Percorsi diagnostici e terapeutici
• Standard nazionali ed internazionali
• Best practice di altri ospedali (benchmarking) Il processo di cambiamento riciede la conoscenza della prassi esistente, misurabile attraverso dati quantitativi e qualitativi che saranno anche utilizzati per valutare il beneficio delle azioni adottate nell’ambito analizzato Da eseguire il più rapidamente posibile per evitare che eventuali cambiamenti intercorsi modifichino il contesto in cui ha avuto luogo l’A.C. Importante individuare
• Punti di forza
• Scostamenti (INDIVIDUARE LE CAUSE!!) • Selezione degli ambiti del miglioramento
(risoluzione dei problemi)
Presentazione di risultati ad ogni servizio coinvolto nell’A.C. Gli operatori potranno verificare i risultati, completare l’analisidei problemi e proporre misure correttive
Redazione di un RAPPORTO scritto
FASE III
ATTUARE LE AZIONI
DI
MIGLIORAMENTO
1 - DEFINIZIONE DEL PIANO DI AZIONE 2 - INDIVIDUAZIONE DELLE STRATEGIE PER GUIDARE IL CAMBIAMENTO
Il successo del piano di miglioramento dipende dal rigore con cui è stato condotto l’A.C., dalla gestione del cambiamento e dall’impegno della direzione. In questa fase è necessario collocare il piano di miglioramento nel suo contesto (attestare la coerenza del piano con gli obiettivi di qualità dell’assistenza - Analizzare le caratteristiche della struttura - Assicurare l’impegno dei professionisti - Individuare le resistenze al cambiamento - Valutare le sfide e i rischi legati al piano)
Per redigere un piano di azione è necessario considerare i risultati, l’analisi dei divari e le relative cause, le raccomandazioni individuate e le infos derivate dall’analisi del contesto. Creare un ambiente favorevole al cambiamento Un cambiamento può essere malvisto in quanto associato ad aumento del carico di lavoro, una messa in discussione delle capacità dei professionisti o la modifica di una prassi consolidata. E’ necessario creare un’ambiante favorevole, coinvolgere i professionisti, supportare i servizi in cui si sono rilevate le maggiori carenze…. È anche importante utilizzare l’esperienza derivata dagli audit condotti precedentemente nella stessa struttura, analizzandone i fattori di successo e le ragioni dei fallimenti e variare gli stili di gestione in funzione delle circostanze.
FASE IV
RIVALUTARE I
RISULTATI
1 - RE AUDIT 2 - UTILIZZO DI INDICATORI
Il Re-audit è necessario nel caso in cui l’A.C. aveva evidenziato numerosi e significativi scostamenti dagli standard Utile nel caso non si ritenga necessario il re-audit, consiste nel definire un pannello di indicatori per monitorare le azioni implementate(si stabilisce la soglia critica o di accettabilità sotto la quale si attiva l’allerta che indurrà all’esecuzione di un nuovo audit o a porre azioni correttive urgenti).
L’AUDIT CLINICO
Il termine Audit , richiama ad un processo di ascolto e partecipazione, si utilizza in ambito economico per indicar la
verifica dei dati di bilancio e delle procedure di un’azienda per controllarne la correttezza. L’audit identifica varie
tipologie di attività, si possono infatti individuare:
- Audit INTERNI: revisioni delle attività svolte da operatori interni all’organizzazione, allo scopo di esaminare e
valutare l’appropriatezza, l’efficacia, l’efficienza nonché la sicurezza delle prestazioni erogate, i report
prodotti a seguito di un audit interno si configurano come indicazioni finalizzate al miglioramento,
- Audit ESTERNI: sono verifiche esterne che coinvolgono solitamente l’intera organizzazione, effettuata da
organismi indipendenti sulla base di criteri espliciti.
Un’ ulteriore classificazione è indicata dalle norme UNI EN ISO 9000:2000:
- Audit di PRIMA PARTE (audit interno svolto dall’organizzazione stessa)
- Audit di SECONDA PARTE (svolto da chi ha interessi nell’organizzazione, come ditte appaltatrici
- Audit di TERZA PARTE (svolto da organismi esterni indipendenti)
Tutte le tipologie di Audit hanno caratteristiche comuni:
- Derivano da un processo intenzionale e strutturato, basato su criteri standard stabiliti a priori
- Richiedono tempo, impegno e accurata pianificazione
- Esaminano, valutano e producono un report
- Sono finalizzati al miglioramento
Peculiare dell’ambito sanitario è l’Audit Clinico, governato da professionisti sanitari e focalizzato su tematiche relative
all’area clinica. Si differenzia dalla semplice raccolta dati (la quale si limita a confrontare la pratica clinica da quella
definita dagli standard) in quanto prevede la valutazione degli scostamenti della pratica dagli standard, le azioni di
miglioramento e la valutazione delle iniziative intraprese.
L’A.C. è un processo di miglioramento della qualità i cui benefici sono
- Migliorare la pratica (produrre benefici nella cura del paziente)
- Sviluppare l’apertura al cambiamento
- Fornire garanzie sulla qualità dell’assistenza mediante l’applicazione delle migliori evidence-based
- Ascoltare i pz e dare risposta alle loro aspettative
- Sviluppare linee guida e protocolli
- Ridurre al minimo l’errore e il danno al pz riducendo reclami e risarcimenti
L’A.C. offre la reale opportunità di imparare dall’esperienza, offrendo vantaggi per:
- Il Paziente, favorendo la fiducia nella sicurezza e qualità della cura erogata
- Gli Operatori, permettendo loro di acquisire nuove conoscenze e riconoscimento
- L’Istituzione, inserendo metodi di gestione e di miglioramento della qualità
Definizioni di AUDIT CLINICO
NICE (2002): L’A.C. è un processo finalizzato a migliorare le cure offerte al pz ed i risultati ottenuti, attraverso il
confronto sistematico delle prestazioni erogate con criteri espliciti, l’implementazione di cambiamenti a livello
individuale e di team e il successivo monitoraggio dei fattori correttivi introdotti
MINISTERO DELLA SALUTE (2006): metodologia di analisi strutturata per migliorare la qualità dei servizi sanitari,
applicata dai professionisti attraverso il confronto con criteri espliciti dell’assistenza prestata, per identificare
scostamenti rispetto a standard conosciuti o best practice, attuare le opportunità di cambiamento individuato ed il
monitoraggio dell’impatto delle misure correttive introdotte.
L’AUDITI CLINICO NEL CONTESTO DELLA CLINICAL GOVERNANCE
Tutte le definizioni di A.C. ne sottolineano l’importanza quale strumento di miglioramento della qualità dei servizi e
delle cure offerte, in tal senso è considerato uno dei principali determinanti della Clinical Governance, definita come
un Sistema attraverso il quale le organizzazioni sanitarie si rendono responsabili del miglioramento continuo della
qualità dei loro servizi e garantiscono elevati standard assistenziali creando le condizioni ottimali nelle quali viene
favorita l’eccellenza clinica.
La C.G. è una modalità di gestione dei servizi sanitari finalizzata a mettere in atto le attività sistematiche di valutazione
e di miglioramento della qualità professionale. Le principali raccomandazioni sono:
- La partecipazione di tutti i professionisti agli A.C.
- Diffusione di pratiche basate sulle evidenze scientifiche
- Miglioramento della completezza e dell’accuratezza nella rilevazione delle infos per monitorare l’assistenza
clinica
- Attuazione di un sistema di segnalazione, indagine e prevenzione degli eventi avversi
- Facilitazione nel comunicare i reclami da parte dei pazienti e loro familiari
- Costante promozione della formazione e del training
- Ricerca e sviluppo
- Collaborazione multidisciplinare
- Valutazione del personale
- Comunicazione e gestione della documentazione.
L’A.C. è una metodologia focalizzata su problemi clinico \ assistenziali o su aspetti della pratica corrente che vengono
valutati in termini di struttura, processo o esito. È connotato dalla competenza clinico – assistenziale dei partecipanti,
la confidenzialità dei risultati, il fondarsi sul confronto e la misurazione delle pratiche professionali con standard di
riferimento e l’esplicito interesse al miglioramento della qualità delle cure.
L’A.C. è applicabile ad aree assistenziali per le quali sia ipotizzabile sviluppare interventi di miglioramento (non è
ragionevole impegnarsi in un processo di A.C. quando il divario tra la prassi esistente e quella ottimale sia minimo o
quando la possibilità di introdurre cambiamenti sia limitata.
Prima di intraprendere un A.C. bisogna analizzare attentamente la situazione ed assicurarsi che questo sia il metodo
più appropriato per trovare la soluzione di un problema, infatti, a seconda del contesto, possono essere utilizzati altri
metodi quali l’analisi di morbosità e mortalità o il benchmarking
Il BENCHMARKING è un processo di identificazione, comprensione e adattamento delle migliori pratiche, proprie o di
altre organizazioni, allo scopo di migliorare la performance. Questo comporta il confronto delle proprie pratiche e
procedure con quelle di aziende analoghe, per individuare le aree di maggiore o minore efficienza, identificando i
modi in cui un’organizzazione può migliorarsi. È così possibile fissare standard ed obiettivi che, a loro volta,
contribuiranno a soddisfare meglio i clienti in materia di qualità, costi, prodotti o servizi. In questo modo le
organizzazioni aggiungono valore ai loro processi \ prodotti e si distinguono dalla concorrenza.
SIGNIFICANT EVENT AUDIT (SEA)
Il SEA è una forma di audit che si focalizza su particolari eventi considerati significativi, per imparare a migliorare. Più
formalmente può essere definito come un processo in cui singoli eventi, significativi sia in senso positivo che negativo,
sono analizzati in modo sistematico e dettagliato per verificare ciò che può essere appreso riguardo alla qualtà delle
cure ed individuare i cambiamenti che possono portare a cambiamenti futuri.
Il SEA si differenzia delle precedenti esperienze di analisi di casi per due aspetti:
1) Oltre a focalizzarsi su aspetti negativi, è indirizzato all’individuazione di comportamenti virtuosi ed attività
assistenziali efficaci e ad evidenziare, anche in momenti di grande difficoltà, esempi di buone pratiche
2) Non è un metodo quantitativo, ma piuttosto un’attività di riflessione condivisa fra pari.
Il SEA racchiude in se diversi aspetti che svolgono un ruolo fondamentale nel miglioramento della qualità delle cure:
- Il lavoro di gruppo: il SEA è un’attività multi professionale che aiuta i professionisti a comprendere e
sostenere il lavoro degli altri
- La sicurezza del paziente: il SEA è un forum dove gli eventi, sia positivi che negativi, possono essere discussi in
un ambiente esente da colpa, ponendo l’accento sul miglioramento del sistema
- Cultura della trasparenza: quanto appreso all’interno del SEA può essere condiviso con altri professionisti, nel
rispetto della confidenzialità
- Sviluppo delle competenze: facilita l’apprendimento, individuale e del gruppo
Finalità del SEA:
- Identificare nei singoli casi le azioni rilevanti ai fini dell’esito
- Promuovere la cultura della trasparenza finalizzata all’apprendimento piuttosto che alla critica
- Favorire la costruzione del gruppo ed il sostegno dopo episodi di stress
- Individuare le buone prassi e le pratiche non ottimali
- Sostenere lo sviluppo professionale
- Coinvolgere i vari professionisti che operano nei diversi settori correlati all’evento
La realizzazione del SEA
Il SEA prevede un’attenta e strutturata analisi dei fati che hanno determinato il caso per dare risposta a tre quesiti
fondamentali: in che modo le cose potevano andare diversamente? – Cosa possiamo imparare dall’accaduto? – Cosa
deve cambiare? Possono essere svolti incontri ad intervalli regolari o solamente nel caso in cui si verifichi un evento
significativo.
Il SEA si sviluppa attraverso alcune fasi fondamentali di seguito riportate:
1) SCELTA DELL’EVENTO SIGNIFICATIVO
2) RACCOLTA DELLE INFOS disponibili sull’evento e ricostruzione della sequenza cronologica
3) COSTRUZIONE DEL GRUPPO E ORGANIZZAZIONE DEGLI INCONTRI (si scelgono la dimensione del gruppo, il
facilitatore, la durata, la sede della riunione e le sue regole)
4) ANALISI DELL’EVENTO SIGNIFICATIVO guidata attraverso dei quesiti: cosa è successo? - Perché è successo? -
Cosa abbiamo imparato? - Quali sono le azioni da intraprendere?
5) ATTUARE E MONITORARE I CAMBIAMENTI: affinchè il SEA possa costituire uno strumento di miglioramento
della qualità delle cure, è necessario che le azioni individuate vengano implementate nei processi interessati.
6) DOCUMENTARE IL SEA (stilare un verbale)
7) CONDIVIDERE LE CONOSCENZE: diffusione del rapporto conclusivo del SEA a tutti i livelli dell’organizzazione
affinchè tutti possano apprendere da questa esperienza.