Comunicazione visiva -...

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Università di Bologna Dipartimento di Filosofia e comunicazione August Sander 1876-1964 Il ginnasiale 1926 Comunicazione visiva a.a. 2014/15 2ª settimana per le lauree di Scienze della comunicazione (6 cfu), DAMS (6 cfu integrati, assieme a 6cfu del corso di Analisi della comunicazione visiva nel corso di Filosofia del linguaggio C.I. di 12 cfu) 24 Uno strumento per valutare come verrà vista una comunicazione visiva. La psicologia della Gestalt 1 25 La psicologia della Gestalt 2 26 Cosa mostra una fotografia? 1° dicembre Persone, oggetti, luoghi, eventi 2 Sguardi 3 Lezione di Simona Staniscia, Art Director e Graphic Designer http://www.simonastaniscia.eu/ 8 Vacanza 9 Identità 10 Pittura, disegno e fotografia 15 Persone 16 Luoghi 17 Conclusioni Sotto alcuni aspetti, con questa figura ho lo stesso rapporto che ho con il viso di un uomo. Posso studiarne l’espressione, reagire ad essa come reagisco all’espressione di un volto umano. Ludwig Wittgenstein Ricerche filosofiche, p. 257. Le arti di coloro che cercano di tradurre nell’opera propria figure ed immagini somiglianti a corpi generati dalla natura, penso che abbiano avuto questa origine. Essi forse qualche volta videro in un tronco o in una zolla o in altre cose inanimate di tal genere alcuni tratti che, con pochi cambiamenti, potevano rappresentare qualcosa di molto simile agli aspetti della natura. Allora, rendendosene conto ed esaminandoli, diligentemente cominciarono a fare dei tentativi, se mai potessero aggiungervi o togliervi qualcosa e darvi quei tocchi finali che parevano mancare per cogliere ed esprimere completamente il vero aspetto di un’immagine. Così, correggendovi e rifinendovi linee e superfici secondo i suggerimenti della cosa stessa, raggiunsero il loro proposito, di certo non senza piacere. Né meraviglia che, movendo di qui, l’applicazione e lo studio umani s’esercitassero di giorno in giorno nell’esprimere somiglianze fino al punto che, anche quando nella materia a disposizione non scorgevano alcun aiuto di somiglianze allo stato di abbozzo, poterono ugualmente ricavarne la figura che volevano. (De statua, § 1, 1460-1470, ed. a cura di M. Collareta, Livorno Sillabe 1999 )

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Università di Bologna Dipartimento di Filosofia e comunicazione

August Sander

1876-1964

Il ginnasiale 1926

Comunicazione visiva

a.a. 2014/15 2ª settimana

per le lauree di Scienze della comunicazione (6 cfu), DAMS (6 cfu integrati, assieme a 6cfu del corso di Analisi della comunicazione visiva nel corso di Filosofia del linguaggio C.I. di 12 cfu)

24 Uno strumento per valutare come verrà vista una comunicazione visiva.

La psicologia della Gestalt 1

25 La psicologia della Gestalt 2

26 Cosa mostra una fotografia?

1° dicembre Persone, oggetti, luoghi, eventi

2 Sguardi

3 Lezione di Simona Staniscia, Art Director e Graphic Designer

http://www.simonastaniscia.eu/

8 Vacanza

9 Identità

10 Pittura, disegno e fotografia

15 Persone

16 Luoghi

17 Conclusioni

Sotto alcuni aspetti, con questa figura ho lo stesso rapporto che ho con il viso di un uomo. Posso

studiarne l’espressione, reagire ad essa come reagisco all’espressione di un volto umano. Ludwig Wittgenstein Ricerche filosofiche, p. 257.

Le arti di coloro che cercano di tradurre nell’opera propria figure ed immagini somiglianti a corpi generati dalla natura, penso che abbiano avuto questa origine. Essi forse qualche volta videro in un tronco o in

una zolla o in altre cose inanimate di tal genere alcuni tratti che, con pochi cambiamenti, potevano rappresentare qualcosa di molto simile agli aspetti della natura. Allora, rendendosene conto ed

esaminandoli, diligentemente cominciarono a fare dei tentativi, se mai potessero aggiungervi o togliervi qualcosa e darvi quei tocchi finali che parevano mancare per cogliere ed esprimere completamente il vero aspetto di un’immagine. Così, correggendovi e rifinendovi linee e superfici secondo i suggerimenti della

cosa stessa, raggiunsero il loro proposito, di certo non senza piacere. Né meraviglia che, movendo di qui, l’applicazione e lo studio umani s’esercitassero di giorno in giorno nell’esprimere somiglianze fino al

punto che, anche quando nella materia a disposizione non scorgevano alcun aiuto di somiglianze allo stato di abbozzo, poterono ugualmente ricavarne la figura che volevano. (De statua, § 1, 1460-1470, ed. a

cura di M. Collareta, Livorno Sillabe 1999 )

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La volta scorsa ci siamo lasciati sulle icone dei giochi olimpici. Ne ho mostrate 3 serie. Ecco i pittogrammi di Berlino 1936, tutti. Non ho trovato chi è stato a disegnarli.

I più famosi, che vi ho già mostrati, sono quelli di Città del Messico 1968, disegnati da Larry Wyman.

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Ciò che distingue il lavoro di Hyman, assieme a quello per l’olimpiade di Berlino è che non sono presenti omini stilizzati.

Vi ho anche mostrati gli ultimi, quelli di Pechino 2012:

Le icone che trovate in Windows o nel Mac, e in mille altre occasioni, a cominciare da alcuni cartelli stradali, dalla segnaletica delle stazioni, degli aeroporti, dei ristoranti, ecc, sono pittogrammi. L’idea generale è che i pittogrammi siano elementi di una lingua universale, o almeno più universale, dell’inglese o del latino.

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Nel 1936, Otto Neurath (1882-1945), pubblicò un volumetto, a Londra, da Kegan Paul, intitolato International Picture Language.

Neurath era un filosofo austriaco, tra gli esponenti di punta dell’empirismo logico, fondatore del movimento per l’Enciclopedia della scienza unificata, che studiava tutti i problemi che c’erano per arrivare a esprimere la conoscenza scientifica, e idealmente per esprimerla in un’unica lingua (Wittgenstein avrebbe potuto commentare che non era affatto un problema, in quasi tutti i paesi tutta la conoscenza scientifica è espressa in una lingua, in Austria e in Germania in tedesco, in Italia in italiano, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti in inglese, ecc.).

International Picture Language pubblicizzava una lingua pittografica, il cui modello verbale era il Basic English (un inglese essenziale di 850 vocaboli inventato, nel 1930, da uno psicologo, C.G. Odgen (uno dei due traduttori del Tractatus Logico-Philosophicus ed. del 1922). La “lingua” pittografica di Neurath si chiama ISOTYPE (International System of TYpographic Picture Education). Neurath aveva in mente due cose, che erano collegate fra loro per un progetto cui aveva lavorato, e cioè le icone segnaletiche e i diagrammi. Il progetto cui aveva lavorato erano i musei, cioè strutture educative in cui fornire delle spiegazioni che fossero comprensibili a persone che non condividevano una lingua naturale.

Ecco alcune delle convinzioni di fondo di Neurath, su questo argomento:

Mostrare un’immagine è fare un lavoro che comporta maggiori responsabilità che fare un’affermazione, perché le immagini hanno un effetto e una durata maggiori. (O. Neurath International Picture Language, p. 15)

Un segno in cima a una lista di numerici rende quasi indipendenti dalla conoscenza della lingua, perché le immagini, i cui dettagli sono chiari a tutti, sono liberi dai limiti della lingua: sono internazionali. LE PAROLE DIVIDONO, LE IMMAGINI CONNETTONO. (O. Neurath International Picture Language, p. 18)

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da O. Neurath International Picture Language, p. 21

Non è possibile esprimere in una parola ogni parte di un’immagine del genere o in un’affermazione ogni gruppo di parti. Il parallelo in una lingua normale di una ‘lingua per immagini’ completa è un gruppo complesso di affermazioni; e una spiegazione a parole di ciò che c’è in un gruppo di immagini di una lingua per immagini riempirebbe un libro. Il senso di ogni parte di queste immagini dipende dal senso dell’immagine completa e dalla sua relazione alle altre pareti dell’immagine. Come le parole esse sono usate sempre di nuovo per fare affermazioni assai diverse.

Leggere una lingua per immagini è come fare osservazioni guardandosi attorno nell’esperienza quotidiana: ciò che possiamo dire di una lingua per immagini è molto simile a ciò che possiamo dire di altre cose colte guardando. Per esempio: un essere umano ha due gambe; l’immagine che rappresenta un essere umano ha due gambe; ma il sintagma ‘essere umano’ non ha due gambe.

Ma gli usi di una lingua per immagini sono molto più limitati di quelli delle lingue normali. Non ha le qualità adatte allo scopo di scambiare di opinioni, di esprimere sentimenti, formulare ordini, ecc. Non è in competizione con le lingue normali; è d’aiuto nei suoi ristretti limiti. Ma nello stesso modo del Basic English educa al pensar chiaramente –

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perché l’uso di affermazioni senza senso è più difficile in Basic English che nelle lingue normali, che sono piene di parole senza senso (per la scienza) – così la lingua per immagini educa a pensare chiaramente, grazie ai suoi limiti. (O. Neurath International Picture Language, pp. 20-2)

Ora alcuni commenti.

Le singole immagini. Elementi (minimi) per riconoscere ciò che un’immagine rappresenta è che essa riproduca alcuni tratti salienti del rappresentato.

L’esempio migliore di un insieme di tratti salienti che cogliamo subito sono le rappresentazioni minime di facce umane.

J L

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Queste immagini sono tutte tratte da Manfredo Massironi Comunicare per immagini (Bologna Il mulino 1989), e l’ultima riproduce Volto di Mae West di Salvador Dalí (1934/35). Gli ultimi due non mostrano evidentemente solo tratti salienti, ma quelli ci sono, e quindi continuiamo a vedere volti umani.

Negli esempi di Neurath, come nelle istruzioni per l’uso di una biglietteria automatica del metrò, confrontare il disegno e la macchina distributrice aiuta – cioè l’uso ostensivo delle immagini può rendere non necessario conoscere già ciò che è rappresentato.

Le serie di immagini. Le serie di immagini posso mostrarci il cambiare aspetto di una situazione, come una striscia di un fumetto, o come un film al rallentatore (in cui potessimo vedere separate le singole scene). Anche queste funzionano a partire da un riconoscimento, o da un loro uso ostensivo.

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da O. Neurath International Picture Language, p. 19

da O. Neurath International Picture Language, p. 51

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I diagrammi. Questi introducono simbolizzazioni di quantità, ed eventualmente di tipi di individui, oggetti, ecc. La legenda è una chiave fondamentale del diagramma, che è per ciò un testo sincretico. Ne abbiamo già visti di bellissimi e più inventivi in Tufte.

da O. Neurath International Picture Language, pp. 76-7

In generale, come sempre in qualunque forma di comunicazione, ci deve essere un punto in quello che si dice e questo punto deve poter essere colto

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opportunamente (è diverso il punto di una poesia dal punto delle istruzioni per l’uso del telefonino). Un’icona in un segnale deve servire a dirigere le persone. Un’icona come questa mi può ... Sulla biglietteria automatica le istruzioni devono permettermi di fare un biglietto. Ecc.

da O. Neurath International Picture Language, p. 21

Ecco altri pittogrammi di Isotype:

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Esempi di pittogrammi da Isotype

Altri esempi da Isotype

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Cos’è?

Un simbolo di Isotype

Vorrei adesso fare qualche passo avanti e discutere un attimo sui loghi.

Alla base della comunicazione visiva c’è la percezione visiva, che è capace di organizzare forme nelle immagini come in qualunque altra scena visiva. Ci sono illusioni ottiche, molte bellissime, ma riguardano casi marginalissimi – la percezione visiva è evoluta favorendo tutto ciò che poteva farci vedere in modo più che soddisfacente ciò che ci serve vedere. Le parole (scritte) sono esse pure oggetti visivi, ma sono oggetti che, tipicamente, si distinguono da tutti gli altri, e dunque si vedono, per dire così, “staccate” dal resto, come un mondo di oggetti a parte. Riprendendo un mio esempio un po’ modificato, così come l’ho ritrovato in International Picture Language di Otto Neurath (Londra 1936): un uomo ha due gambe, il pittogramma di un uomo ha due gambe, la parola uomo no. (Cfr. p. 20 del testo di Neurath.) Ecco alcuni pittogrammi di Neurath:

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Torniamo a Tufte. Tutti gli esempi che presenterò, tranne alcuni raffronti, sono tratti da Visual Explanations di Tufte. Ciascuna immagine ci insegna qualche aspetto di cui possiamo tenere conto nelle nostre scelte, oltre ad alcune soluzioni davvero inventive, oppure qualche errore che possiamo commettere nelle nostre scelte di comunicazione visiva. Le immagini utilizzano foto, disegni, grafici, ecc., e in complesso danno alcune risposte alla domanda: cosa possiamo mostrare con un’immagine?

La scelta di un’immagine va sempre fatta con cura. Un’immagine può essere collocata nel tempo o nello spazio da un’etichetta, che può essere interna all’immagine, o esterna a essa – una didascalia come “Fontana” nell’opera omonima di Duchamp – da una codificazione interna all’immagine stessa, per esempio da un landmark che ne fa parte, come che so le due torri, per indicare Bologna, o dalla presenza di elementi scalari, come un uomo, che ci consente di prendere le misure al resto, o una serie congruente di modelli di automobili degli anni ’60, che ci consente di collocare la foto come una foto di quegli anni. Il più famoso, e più drammatico, esempio che ricordo di etichetta interna all’immagine è la foto di Aldo Moro prigioniero delle Brigate Rosse con in mano Repubblica che “provava” che Moro era vivo il giorno in cui quel numero del quotidiano è uscito. La foto qui di seguito etichetta l’ora in cui è stata ripresa con l’orologio sul mezzogiorno, codifica l’ora con le ombre da sole allo zenit, e contiene elementi scalari, nelle macchine, anni ’60, e nei carri armati sullo sfondo. Praga agosto 1968!

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Josef Koudelka The Urge to See

Questa immagine presenta una serie di fotografie di quattro famosi collaboratori di Nixon (John Mitchell, H.R. Haldeman, Charles Colon e John Erlichman), scattate nel 1974, quando la polizia li fermò. Le foto ci offrono esempi di etichettatura interna per la scala in piedi e pollici sullo sfondo che ci consente di misurare l’altezza di ciascuno dei quattro. Purtroppo, le scale non sono identiche e quindi non abbiamo un confronto immediato, per esempio, fra Mithcell, il primo a sinistra, e Haldeman, il primo a destra. Questo è più alto ma la scala ridotta della foto a destra rispetto a quella a sinistra, ce lo fa sembrare più basso dell’altro. Le tre foto per soggetto, inoltre, lo impongono alla nostra attenzione, permettendo un’integrazione di punti di vista e producendo un effetto tridimensionale. La postura evidentemente obbligata – nessun gesto, nessuna mimica, nessuna concentrazione né su altro né su di sé, e dunque forte spersonalizzazione imposta ai soggetti, rendono le pose umilianti.

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25 novembre

Tutte, o quasi, le immagini che ho presentate sono tratte dal volume di Massimo Hachen in programma.

Il libro di Massimo Hachen nasce al Politecnico di Milano alla Scuola di Design, cioè in un contesto assai diverso da questo. Lì sono importanti forma, funzione e simbolo. Vediamo 5 esempi “felici:

1 Prefabbricati a Ginevra 1989

2 Rasoio e accendino Braun (G.A. Mueller e Hans Gugelot 1962 e Dieter Rams 1970)

3 Copertura Palazzetto dello Sport Roma Pierluigi Nervi 1959

3 Bolla tecnologica Genova Renzo Piano 2001

4 Pirelli (Giulio Confalonieri 1972, Pino Tovaglia 1963)

5 Poltrona Wink di cassina (Toshiyuki Kita 1981)

e uno infelice

6 Sofà Poltronova (De pas, D’Urbino, Lomazzi 1970)

Il materiale ottico viene raggruppato secondo le costanti vettoriali della percezione: un quadrato, 4 segmenti verticali, una S. La percezione non è fatta semplicemente degli elementi componenti.

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La cinestesi.

Muscoli, articolazioni, labirinti (senso della verticale (dov’è la mia testa?!), gli occhi (coni, bastoncelli, cellule nervose gangliari fibre nervose assoni,

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nervo ottico. I muscoli ocuolomotori fanno sì che l’oggetto che osserviamo si proietti sulla fovea, la parte più sensibile della retina. Immagine retinica e angolo degli assi visivi e profondità dello spazio percepito.

8 Marchio della Fiera di Francoforte

I colori

Come si ‘mescolano’ i colori: pointillisme e divisionismo

9 Il castello dei Papi ad Avignone (Paul Signac 1900) Il sole (particolare) (Giuseppe Pelizza da Volpedo 1904)

LE “LEGGI” DELLA PERCEZIONE SECONDO LA GESTALT

1 Vicinanza

10 e 11 raggruppamento orizzontale per vicinanza e raggruppamento verticale per vicinanza

2 Uguaglianza

12 e 13 Il materiale ottico è raggruppato per uguaglianza di colori, di colori e di forme

3 Chiusura

14 Il materiale ottico è organizzato per figure chiuse

4 Curva buona o destino comune

15 I segmenti obliqui sono raggruppati come retta parzialmente occlusa dai raggruppamenti verticali

16 Non si riescono a percepire gli oggetti come spezzati in tre forme

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5 Movimento comune

17 Figure composte da quadratini che hanno lo stesso moto.

18 Due raggruppamenti, uno di forme ferme e uno di forme in movimento

19 Ciò che si vedrebbe senza l’organizzazione comune e la nostra capacità di leggere righe che scorrono

6 Esperienza

20 e 21 Ruotando la figura di 90° in senso orario si leggono delle lettere (delle parole)

22 I raggruppamenti che si formano nascondono le parole

23 Lo stesso raggruppamento letto diversamente in un contesto diverso

24 La stessa forma letta diversamente in una sequenza diversa

7 Pregnanza

25 Forme leggermente irregolari viste come regolari

26 Una irregolarità insanabile in una figura per il resto regolare (Quadrato rosso Kasimir Malevic 1915)

27 Logotipo del quotidiano gratuito City-RCS: non riusciamo a non vedere tridimensionalmente, come cerchio, quella che tecnicamente è l’ellissi gialla a sinistra in alto

28 Venere di Botticelli (1485) – Particolare del Ponteghetto della farina di Canaletto 1730 – Figure aperte e figure chiuse (completamenti amodali, cioè senza elementi disegnati, dei capelli di Venere, della conchiglia, del barcaiolo di cui emerge il busto, delle figure aperte.

Forze spaziali

Due forme fondamentali: il ritratto e il panorama, con due forme spaziali preferite: rettangolo verticale, rettangolo orizzontale.

29 e 30 P. Lodzinsky (di Egon Schiele 1908) e I corazzieri di Waterloo (di

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James Ensor 1891)

Forme astratte non sono così classificabili

31 Tributo al quadrato (Josef Albers 1959)

32 Forme uguali di ugual grandezza agiscono bidimensionalmente, forme uguali di diversa grandezza agiscono tridimensionalmente

La diagonale disarmonica di Wassily Kandinsky: Il movimento da destra in basso a sinistra in alto è verso la lontananza, quello opposto è verso casa.

33 La Gioconda di Leonardo da Vinci (1505), L’urlo di Edward Munch (1883) e Rissa in galleria di Umberto Boccioni (1910)

34 Stessa foto stampata a dritto e a rovescio: nave che si avvicina e nave che si allontana

35 Una figura a colore chiaro si espande, una a colore scuro si contrae

36 Forze intrinseche nelle forme

Due usi di forze intrinseche alle forme:

37 Batti i bianchi con il cuneo rosso di Lazar El Lisickij (1929) e Locandina per la libreria Lenzig di Alexander Rodcenko (1925)

38 Forze parallele

39 Forze in opposizione

40 Percorso visivo e vettoriali della percezione

41 I percorsi visivi costituiscono la geometria dello spazio

42 L’espressione spaziale nasce dalla geometria dello spazio.

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26 novembre

Lo spazio può essere statico o dinamico

43 spazio statico e spazio dinamico (tridimensionale?)

44 spazio convesso (normalmente visto come dinamico): Cheyt-Pyr di Victor Vasarely (1970-71)

45 spazio statico e spazio dinamico: Composizione di Piet Mondrian (1921) e Copertina di Filippo Tommaso Marinetti (1914)

46 Nove punti in ascesa di Vassily Kandinsky (1926) e Tappeto volante, installazione luminosa di Daniel Buren (Torino 2004)

L’espressione spaziale – la sensazione spaziale che una composizione trasmette

47 Sei modi di manifestarsi delle forze spaziali: forma, dimensione, orientamento, peso ottico (colore e tessitura), latenza, intervallo

48 posizione nello spazio immaginato

49 valori formali e valori spaziali

50 due valori formali (sigillo del Bauhaus statale di Oskar Schemmler 1922 e marchio di LG Electronics) e uno spaziale (cartello stradale che indica una galleria)

51 banner pubblicitari dalla rete (figure aperte per guadagnare spazio)

52 l’espressività dello spazio vuoto

52 bis

Ancora sull’uguaglianza

Un fattore organizzativo molto forte

53 formazione di triangoli spaziali

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54 diverse organizzazioni percettive legate a colori e forme

55 logotipo a intreccio della mostra Future Design di Giancarlo Illiprandi (1992)

55 bis test di S. Ishihara per acromatopsie

56 Cosmos di Ilia Chashnik (1925)

Chiusura

57 e 57bis Il triangolo di Kanizsa (1955): un effetto di chiusura!

58 Una rotazione indipendente delle componenti del materiale ottico distrugge l’effetto

59 Gli intervalli vengono chiusi dando agli oggetti un carattere unitario

60 Chiusura “economica” di un materiale ottico impoverito

61 Illusione di Hermann (1870), in una rielaborazione di E. Lingelbach (1994) (i cerchietti bianchi si vedono neri)

62 Illusione di Akiyoshi Kitaoka (2003) (vediamo figure ferme come se fossero in movimento)

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63 La stessa forma “cambia” (si esprime diversamente) con l’aggiunta di altri elementi

64 Calendario perpetuo Anymonth & Worldmaster ltd (1986) (sonorese impossibili le chiusure a meno di contornare i tratti con una forma chiusa

Negativo e positivo

Ogni immagine contiene una figura su uno sfondo.

65 e 65bis Figure reversibili di Edgar Rubin (circa 1920)

Diventa più facilmente figura

66 1 ciò che è piccolo: cosa vedete qui?

67 2 ciò che ha i margini convessi

68 3 una forma chiusa rispetto a una forma aperta

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67 4 ciò che ha margini più vicini

67 5 ciò che orientato secondo gli assi orizzontale/verticale

69 6 ciò che ha margini regolari

70 e 71 7 ciò che non è in equilibrio

72 8 ciò che è simmetrico (figura di P. Bahnsen)

9 ciò che non lascia parti incomplete (non ho la figura)

73 Negativo positivo di Bruno Munari (1951) (reversibile con forme chiuse)

74 Marchio Rai di Antonio Romano (1991) (profili di Rubin e farfalle)

75 Digestivo Antonetto di Armando Testa (lo sfondo si trasforma in una mano)

Il dintorno ottico

Ciò che non cade sulla fovea, ma è comunque visto

76 Illusione di A. Fick (1851)

77 Gli incavi sulla colonna ne accentuano l’altezza

79 Effetto centrifugo del colore chiaro e di una trama più rada

78 Illusione del Coffee Wall (1979, dal muro di un caffè)

Spazi ambigui

Ambivalenze e dualità

80 Illusione di Penrose (1958) e illusione di Escher (1961)

81 Modello dell’anello di Möbius

82 Ambiguità bitridimensionale Marrakesh di Frank Stella (1948)

Lo spazio prospettico

La rappresentazione tridimensionale

83 Portici a Venezia: gradienti di tessitura (James J. Gibson)

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84 Gradienti cromatici (desktop WindowsXP)

85 Sensazine tridimensionale data dal rilevo dovuto all’illuminazione (la figura si inverte).

La trasparenza

86 Senza diversità di sfondo non c’è necessariamente un indice di trasparenza

87 Un indebito effetto trasparenza

88 Margine sfumato: si percepisce l’intersezione di un materiale semiopaco

Il ritmo

89 Tre ritmi diversi fermo tridimensionale in rotazione

90 Al variare dell’intervallo vara il significato: statico, tridimensionale, in crescita, rallentamento, accelerazione, curvatura

91 Continua fuori campo?

92 un insieme ordinato di colori costituisce un ritmo