Come SIRIAggiusta? - Caritas...

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POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 – AUT. GIPA/NE/PD/31/2014 – CONTIENE INSERTO REDAZIONALE Lotta alla povertà Le pecche del Reddito, ma è il momento di collaborare Servizio civile Piace ai giovani, ma non è (ancora) universale Balcani Economia sociale, l’Europa che convince. E che ha un futuro MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO LII - NUMERO 3 - WWW.CARITAS.IT aprile 2019 Italia Caritas SI RIA ggiusta? Come Il paese, dopo 8 anni di guerra, è in frantumi. Una situazione militare non risolta. Enormi sfide sociali. E una riconciliazione che non può essere unilaterale…

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Lotta alla povertà Le pecche del Reddito, ma è il momento di collaborareServizio civile Piace ai giovani, ma non è (ancora) universaleBalcani Economia sociale, l’Europa che convince. E che ha un futuro

M E N S I L E D I CA R I TA S I TA L I A NA - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O L I I - N U M E R O 3 - W W W. C A R I T A S . I T

aprile 2019

Italia Caritas

SIRIAggiusta?Come

Il paese, dopo 8 anni di guerra, è in frantumi. Una situazione militare non risolta. Enormi sfide sociali. E una riconciliazione che non può essere unilaterale…

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editoriali

discussione, assieme all’accesso alle ri-sorse, la legittima aspirazione a un tettoe a un lavoro per tutti coloro che trag-gono dall’agricoltura o dall’allevamen-to le proprie fonti di sostentamento.

L’alienazione di vaste porzioni diterritorio nei paesi più poveri non èpurtroppo un fenomeno recente. Hatrovato però negli ultimi anni articola-zioni nuove, con il fenomeno dell’ac-caparramento della terra (land grab-bing). Iniziative spacciate per portatri-ci di sviluppo e di modernità in molticasi sono una trappola, e rappresenta-no un pericolo per intere popolazioni.Soprattutto là dove i meccanismi istituzionali non offrono un’efficace garanziadi accesso alle risorse alle fasce vulnerabili. Infatti già nel 2014, in occasione delprimo discorso ai movimenti popolari, il Papa aveva sottolineato come «l’acca-parramento di terre, la deforestazione, l’appropriazione dell’acqua, i pesticidiinadeguati, sono alcuni dei mali che strappano l’uomo dalla sua terra natale».

Ma a volte la madre terra, quando trema può portare morte e distruzione (an-che per colpa di chi la abita, che agisce in modo irresponsabile e senza scrupoli).È accaduto in Abruzzo, 10 anni fa, a causa di un grave terremoto. Anche dal dolore,però, può nascere comunione. Grazie alla solidarietà di molti, sono stati messi adisposizione di Caritas 35 milioni di euro, con i quali sono stati realizzati, tra l’altro,16 centri di comunità, 4 scuole, 7 strutture di accoglienza, 16 strutture parrocchiali.Lo “stile Caritas” ha dato priorità al protagonismo delle comunità colpite, con at-tenzione agli ultimi, alla quotidianità, al contesto socio-economico da ricostruire,alla promozione di percorsi di cittadinanza attiva, anche grazie ai gemellaggi.

E al di là delle opere concrete, come sempre in queste emergenze si è condivisoun cammino di prossimità e di relazione, fondamenta di nuova speranza.

I problemi ambientalie i fenomeni

di accaparramentomettono a repentaglio

il libero accesso alla terrada parte di tanti uomini

e popoli, nel mondointero. Ne conseguono

fame, povertà,esclusione sociale.Occorre uno sforzo

di condivisione

di Francesco Soddu

LA TERRACI SOSTIENE:PROTEGGIAMOLA

io ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostentitutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno». Pa-pa Francesco, nell’enciclica Laudato Si’ (93), ha ripetuto quanto

affermato nella Centesimus Annus da san Giovanni Paolo II nel 1991.In effetti l’attenzione alla Terra, di cui il 22 aprile si celebra la Giornatamondiale, è una costante nella dottrina sociale della Chiesa.

L’aspirazione alle tre “T“ (tierra, techo, trabajo – terra, tetto, lavoro),espressa dai movimenti sociali di tutto il mondo e fatta propria da papaBergoglio, nel nostro tempo sembra a rischio. È sfidata, nei paesi po-veri, da crescenti fenomeni di acquisizione di terra, che mettono in

direttoreFrancesco Soddu

direttore responsabileFerruccio Ferrante

coordinatore di redazionePaolo Brivio

in redazionePaolo Beccegato, Renato Marinaro,Francesco Marsico, Sergio Pierantoni, Domenico Rosati, Francesco Spagnolo

hanno collaboratoDanilo Angelelli, Chiara Bottazzi,Francesco Carloni, FrancescoDragonetti, Roberta Dragonetti

progetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna

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Italia CaritasMensile della Caritas ItalianaOrganismo Pastorale della Ceivia Aurelia, 796 - 00165 Romawww.caritas.itemail: [email protected]

Chiuso in redazione il 29/3/2019

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PASQUA,PER USCIREDA SE STESSI

asqua: un passaggio dall’inver-no alla primavera, dalla schia-vitù alla libertà, dal peccato al-la ritrovata comunione con

Dio, dalla morte alla vita.La Quaresima è segno sacramen-

tale di questa conversione che – sot-tolinea papa Francesco nel Messag-gio per la Quaresima – ci chiede di ab-bandonare «l’egoismo, lo sguardofisso su noi stessi» e di farci «prossimidei fratelli e delle sorelle in difficoltà,condividendo con loro i nostri benispirituali e materiali».

Come la Quaresima di Gesù è stata«entrare nel deserto del creato» per far-lo tornare a essere «giardino della co-munione con Dio», così per noi è ne-cessario compiere un percorso attra-verso i deserti di oggi. A volte occorreràattraversare l’esperienza della solitudi-ne; altre volte sarà necessario l’abban-dono di abitudini che, pur dando sicu-rezza, ci tengono quasi imprigionati;altre volte si dovrà necessariamente“morire” a scelte di narcisismo egoisti-co, centrate solo sulla ricerca di soddi-sfare i propri bisogni. Così come si do-vrà andare controcorrente, rovescian-do le logiche dominanti del «tutto esubito», dell’avere «sempre di più».

Fuori dai ripiegamentiL’auspicio è che le nostre comunitàsappiano assumere un volto e unaidentità sempre più “pasquali”: capacicioè di vivere quel movimento di usci-ta da se stesse, dai propri ripiegamentie dalle proprie chiusure, che è richie-sto dalla fede e dall’incontro con Gesùmorto e risorto. Atteggiamenti insepa-rabili dall’attenzione verso il povero,dalla pratica dell’accoglienza, dall’usoresponsabile dei beni, dalla giustiziasociale, sia locale che planetaria.

di = Corrado Pizziolo

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UN BUON FINE NON HA FINE

. facendo conoscere la nostra attività e la nostra rivista. inviando offerte per i nostri progetti . predisponendo testamento in favore di Caritas Italiana (a tal proposito, puoi richiedere informazioni a Caritas Italiana, via Aurelia 796, 00165 Roma, tel. 06 66177205, fax 06 66177601)

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sommario

rubriche3 editoriali

di Francesco Soddue Corrado Pizziolo

4 parola e paroledi Benedetta Rossi

9 databasedi Federica De Lauso

19 dall’altro mondodi Oliviero Forti

20 panoramaitalia CHIUDIAMO LA FORBICE

31 zeropovertydi Alberto Bobbio

35 il peso delle armidi Paolo Beccegato

39 contrappuntodi Giulio Albanese

40 panoramamondoPARTECIPO IN PICCOLO,DONO IN GRANDE

45 pontiradioMI FORMO CONTRO I BULLIdi Danilo Angelelli

47 a tu per tuEZIO MAURO E IL LUPO:«L’ODIO SI SPRIGIONADAI GIUDIZI SENZA CAUSA»di Daniela Palumbo

anno LII numero 3

IN COPERTINAUna vedova, ad Aleppo, città martiredella Siria. Il marito e due figlisono stati uccisi in guerra,un altro è disperso, quattrosono sopravvissuti: quale futuro avrà la sua famiglia?E quale la sua terra?(foto Alexandra Wey – Caritas Svizzera)

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nazionale6 LE PECCHE DEL REDDITO,

MA È ORA DI COLLABORAREdi Francesco Marsicoe Nunzia De Capite

10 AIUTI ALIMENTARI:ALL’EMPORIO ACQUISTOAUTONOMIA E DIGNITÀdi Monica Tola

13 SERVIZIO CIVILE:PIACE, MA NON È(ANCORA) UNIVERSALEdi Diego Cipriani

16 OSSERVATORIDELLA POVERTÀ:CONOSCERE,PER PROGETTAREdi Pietro Gava

internazionale

26 ECONOMIA SOCIALE,L’EUROPA CHE CONVINCEdi Daniele Bombardi

32 SIRIA: SAPRANNO SCEGLIEREDI GUARDARSI NEGLI OCCHI?di Petra Venezi

36 ARGENTINA ED ECUADOR:TERRE ACCAPARRATE,PROFITTI SENZA SVILUPPOdi Alessandro Falagario 36

to, benché sia ancora notte; la luce dell’aurora si è affac-ciata, anche se la percezione è ancora quella di essere nelbuio, in un tempo di crisi. Nel suo annunciare il baglioredel giorno, la sentinella indica la possibilità di una solu-zione al dramma, una via di uscita che già si intravvede.Chi guarda al di là dei confini, spingendo lo sguardo nellenotti innumerevoli di bambini, donne e uomini, cercauna speranza, la comunica e la dona, attraverso la sua vi-sione della realtà: una visione coraggiosa, profetica.

Ma la sentinella prosegue: «Se volete domandare, do-mandate, convertitevi, venite!» (21,12). Si apre un dialogo,invitando a porre domande, ad avvicinarsi. Sulle sogliedella storia, la sentinella non propone una ingenua solu-zione alla tenebra; piuttosto, addita nella notte una spe-ranza possibile, da raggiungere insieme attraverso il dia-logo, l’incontro e la ricerca continua del giorno, nelle not-ti misteriose della storia.

per antonomasia di Giuda. Come unponte, gettato in terre lontane, la sen-tinella si rende raggiungibile dachiunque la cerchi o la interroghi.L’appello che ora ode è drammatico:«Quanto resta della notte?». Nella ri-petizione della domanda rivolta allasentinella c’è tutto l’incalzare dellatragedia; la notte, di cui si chiede lafine, ha un valore simbolico: essa in-dica un dramma in corso, che ha ur-gentemente bisogno di essere risolto.

La risposta della sentinella è mi-steriosa: «È venuto il mattino e poianche la notte» (21,12). Se nella per-cezione di coloro che interroganodomina la notte, la risposta di coluiche osserva corregge in qualche mo-do la domanda, descrivendo in ma-niera paradossale la relazione esi-stente tra il mattino, che già viene, ela notte, anch’essa presente. Se daSeir si aspettavano un mattino senzanotte, la sentinella chiarisce che nonè così: il mattino è già venuto, maframmisto a una notte ancora perce-pibile.

La sentinella che scruta lontanoriesce a vedere che il mattino è giun-

che punto è la notte?»: la domanda, ripetuta insistentemente,è rivolta in Isaia 21,11 a una sentinella, protagonista dell’ora-colo profetico (in Isaia 21,6-12). Così il Signore invita: «Va e

metti una sentinella che veda e annunci» (21,6), svelando il compitoduplice della sentinella. Essa è chiamata a guardare lontano, ma so-prattutto a comunicare con schiettezza quello che vede.

Attraverso questo doppio incarico, la sentinella si assume corag-giosamente la responsabilità della vita dei fratelli. Osservare non puòessere separato dal dire ciò che si vede; solo chi osserva e annunciasi fa carico della vita dei fratelli. Guardare rinunciando a parlare con

TRA NOTTE E MATTINO,LO SPAZIO DI CHI OSSERVA

franchezza, al contrario, è un tradi-mento del compito stesso della sen-tinella, che sarà ritenuta responsabiledella morte di chi, non avvisato, vie-ne travolto dalla sventura (cfr. Eze-chiele 33,2-6).

In Isaia 21,8 la sentinella prende laparola, per raccontarsi: «Al posto disentinella, Signore, io sto lungo tuttoil giorno, e nel mio osservatorio io stoin piedi, tutte le notti» Il verbo ricor-rente che caratterizza l’atteggiamen-to della sentinella è “stare”, continua-mente, senza sosta, di giorno e dinotte, nel tempo propizio per osser-vare (con la luce), ma anche quando il buio ostacola la vi-sta rendendola difficoltosa. La sentinella sta, osserva e at-tende con pazienza di decifrare la realtà misteriosa chegli sta di fronte; aspetta con costanza che la realtà da solasi sveli, consegnandosi alla sua vista.

Una visione profeticaIl luogo dell’attesa è il posto di sentinella, collocato nel-l’antichità solitamente su mura o torri. Lo spazio dellasentinella è un margine, una linea di frontiera, una soglia.Chi è chiamato a osservare ha il coraggio di salire in que-sti spazi di confine, esposti al rischio, ma dai quali si puòacquisire un altro punto di vista. E solo perché abita inquesti spazi liminali, la sentinella riesce a udire un gridoche gli è rivolto da lontano: «Da Seir mi gridano: “Senti-nella, quanto resta della notte?”» (Isaia 21,11).

Seir è una località straniera, abitata da Edom, il nemico

«A che punto èla notte?», viene chiestoalla sentinella di Isaia.Ovvero: c’è un barlume

di luce, oltre il buiodella storia? La rispostaè spiazzante: il mattino

è già venuto, maframmisto alla tenebra.La speranza, per farsi

strada, necessitadi dialogo

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parolaeparoledi Benedetta Rossi

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sposte integrate, immaginando moda-lità di collaborazione tra i diversi sog-getti coinvolti – amministrazioni pub-bliche o realtà del terzo settore che sia-no – nella lotta alla povertà.

Anche se al momento la norma nonprevede modalità di programmazionea cascata – dal livello nazionale a quellolocale –, la consapevolezza che “senzaprogrammazione, non c’è governo” do-vrà spingere in particolare le regioni aintrodurre un sistema programmatorioche coinvolga i diversi livelli di governonella determinazione degli obiettivi,modulandoli rispetto alle specificità deidifferenti territori, nella relativa attua-zione e nella successiva verifica.

Tutto questo sarà ancora più efficacese connesso a meccanismi in grado dirafforzare la capacità di imparare dal-l’esperienza dell’attuazione del Redditodi cittadinanza, rendendo possibile an-che un dibattito pubblico. In concreto,significa monitorare costantemente leazioni territoriali, rendere accessibili i

Alcune simulazioni rivelano che una quotaconsistente di beneficiari del Reddito dicittadinanza (tra il 33 e il 37%) non sono

direttamente occupabili e andranno presiin carico dai servizi sociali dei comuni

dati in maniera trasparente, valutare irisultati. Niente di nuovo, si potrebbedire: peccato che tutto questo non siala normalità per il nostro paese...

Sussidi senza opportunità?Tutto qui? Evidentemente c’è molto al-tro su cui interrogarsi e vigilare. Adesempio, i percorsi concorrenti di raf-forzamento dei centri per l’impiego edei servizi territoriali, che devono an-dare avanti anche riguardo alle dota-zioni strutturali e di personale. E poi lasorte delle persone senza dimora, la cuipresa in carico non appare scontata, acausa della regola dei due anni di resi-denza continuativa per accedere allamisura. Ancora, il rischio di un’applica-zione delle sanzioni che confonda l’im-perizia con l’abuso. E la capacità attua-tiva del Reddito, che andrà concretizza-ta nell’attivazione di nuove piattaformeinformatiche in tempi ragionevoli, perevitare che i Patti per il lavoro produca-no per troppo tempo solo un sussidio

senza opportunità. Infine, il pos-sibile equivoco sui progetti dipubblica utilità, da intendersi co-me occasione di inclusione, noncome corvée indiscriminate.

Insomma, tanto resta da capi-re. Da chiarire. Probabilmente dacorreggere. Ma il Reddito di citta-dinanza è legge, e i poveri nelpaese sono una realtà: partiamoda questo, per affrontare con re-sponsabilità e realismo una sta-gione inedita per l’Italia.

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niziamo dalla fine: 5 miliardi dieuro per gli interventi economi-ci per il contrasto alla povertà, 2miliardi circa per rafforzare larete dei servizi sociali locali e dei

centri per l’impiego. A guardare il Red-dito di cittadinanza dal lato delle risor-se, si fa fatica a dirne male, dopo de-cenni di tentennamenti e di flussi eco-nomici ridotti e inadeguati, rispettoalla valanga di storie di disagio prodot-ta dalla crisi del 2008. Perché se le risor-se ci sono, si può lavorare per orientar-le meglio – magari a partire dalle evi-denze che l’attuazione fa emergere –;se non ci sono, ci si deve limitare achiederle, sperando in tempi migliori.

Tutto questo non significa rinun-ciare a segnalare criticità significative,indubbiamente presenti nella norma.

Occorre, peraltro, cominciare a pen-sare in termini attuativi e di monito-raggio del nuovo strumento. Apparescontato che certamente molto, o al-meno qualcosa, non funzionerà: sitratta di capire cosa è utile o può fun-zionare e cosa va invece modificato,per renderlo efficace.

Si deve dunque criticare un ap-proccio normativo troppo condizio-nato da presunzione e scarsa capaci-tà di confronto, ma va respinto ancheuno stile valutativo che si focalizziesclusivamente sui malfunziona-menti, auspicando un tempo miticoin cui si potrà cambiare tutto. Perpe-tuando una anomalia tipica del no-stro paese, che monitorando poco emale gli esiti dei provvedimenti legi-slativi non punta a fare evolvere i si-

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nazionale lotta alla povertà

di Francesco Marsico

Disponibilitàfinanziare cospicue:per la lotta alla povertà in Italia si apre una nuovastagione. La misurascelta, peraltro, mostraevidenti criticità, di impostazione e organizzative. Ma bisogna evitare il rischio, tuttoitaliano, di prepararsiogni voltaa resettare il sistema

maèoradicollaborareRedditodel

Le

Formazione, orientamento, risorse:cosa è cambiato, cosa cambieràCaritas ha monitorato gli effetti dell’introduzione del Rei su operatorie beneficiari. Adesso bisogna puntare su un efficace accompagnamento

di Nunzia De Capite

stemi, ma ogni volta li resetta e ripar-te, ignorando le evidenze attuative.

Azioni da monitorareLa criticità più rilevante che permaneè la clausola dei 10 anni di residenza,richiesta per l’accesso alla misura. Essaesclude migliaia di famiglie immigrate,con percorsi di integrazione già avviati:è una previsione discriminatoria, non-ché destinata a produrre ricorsi conesiti positivi per i ricorrenti. Perché co-struire norme che creano, oltre che di-scriminazioni, incertezze nei benefi-ciari e nelle amministrazioni?

D’altro canto il Reddito di cittadi-nanza conserva, più di quanto sembri,l’impianto del precedente Reddito diinclusione. La difficoltà maggiore, però,è avere creato due canali – quello rela-tivo al “Patto per il lavoro”, che ha il suoperno nei centri per l’impiego, e quellodel “Patto per l’inclusione”, che fa rife-rimento ai servizi sociali territoriali –che dialogano poco e male tra loro.

Pertanto, in fase attuativa, sidovrà lavorare per creare percorsiflessibili, in modo da facilitare lapossibilità che il nucleo famiglia-re, o i suoi singoli componenti, ri-corrano, in qualunque momentosuccessivo all’approdo inizialepresso comuni o centri per l’im-piego, agli interventi previstidall’altro soggetto, nell’ambito diuna progettazione integrata dellerisposte. Tutto questo significaprovare a costruire insieme le ri-

l Reddito di cittadinanza rap-presenta un’ulteriore tappa delprocesso che ha portato il no-stro paese a dotarsi di una mi-sura unica nazionale di contra-

sto alla povertà. Nell’arco di tre anni,dal 2016 al 2019, si sono susseguitetre misure nazionali: Sia (2016-2017),Rei (2017-2018) e ora appunto il Rdc(2019). Riguardo a Sia e Rei, CaritasI

Italiana ha esaminato l’impatto sugliinterventi realizzati in favore dellepersone in povertà che sono anchebeneficiarie dei servizi Caritas.

La presenza, in particolare a parti-re dal Rei, di una misura nazionale dicontrasto della povertà poteva con-dizionare l’azione delle Caritas in varimodi. In vista della entrata a regimedel Rdc, può essere utile richiamarealcuni assi su cui le Caritas hanno

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DOMANDA E RISPOSTAUtenti delle Poste, uno dei canali (con i Caf e il web)per presentare richiesta di Reddito. A destra, la cartasu cui verrà caricato

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CONCENTRATA.DUNQUE SENZA SENSO

così tanta ricchezza sia concentrata incosì poche mani», commenta Oxfam.

Il rapporto si focalizza proprio suglistrumenti che potrebbero essere uti-lizzati dai governi per ridurre il divariotra superricchi e persone comuni: ser-vizi universali e tutele sociali, entram-bi finanziabili attraverso un sistema ditassazione equo. Istruzione, salute, ac-qua, pensioni, assegni familiari posso-no fungere da leve per l’uguaglianza,cambiare la vita delle persone, ren-dendo le società più coese e colmandoil divario tra ricchi e poveri, tra uominie donne. I servizi pubblici – scrive Ox-fam – possono portare alla vera libertà:«Libertà dalla paura di ammalarsi enon ricevere assistenza, libertà dal-l’analfabetismo che impedisce a moltepersone di partecipare attivamente edi progredire nel quotidiano».

Lo Stivale squilibratoI trend generalizzati purtroppo nonrisparmiamo l’Italia. Secondo gli ag-giornamenti di Oxfam Italia, nel no-stro paese la distribuzione della ric-chezza nazionale netta vede il 20%più ricco degli italiani detenere il

72%della ricchezza nazionale; il successivo 20%control-la il 15,6% della ricchezza, mentre il 60% più povero de-tiene appena il 12,4% della ricchezza nazionale.

La polarizzazione si rivela ancor più drammatica, se siconsidera che la ricchezza del 5% più ricco degli italianiè pari a quasi tutta le ricchezza detenuta dal 90%più po-vero. Nei 19 anni intercorsi tra l’inizio del nuovo millen-nio e il primo semestre 2018, le quote di ricchezza nazio-nale netta ai vertici e alla base della piramide sociale han-no mostrato un andamento divergente. La quota diricchezza detenuta dal top 10%, in risalita dal 2009, si èattestata a fine giugno 2018 al 56,13% (contro il 50,57%del 2000), mentre la quota della metà più povera degli ita-liani è lentamente e costantemente flessione, passandodal 13,1%di inizio millennio ad appena il 7,85%a metà2018. Anche in Italia, squilibri distribuzionali e sperequa-zioni sembrano vistosamente acuirsi.

dalla metà (e oltre) più povera del-l’umanità, circa 3,8 miliardi dipersone. Nel 2017 queste fortune era-no concentrate nelle tasche di 46 in-dividui e nel 2016 di 61 miliardari.Solo nell’ultimo anno la ricchezzadei supermiliardari è aumentata dicirca 900 miliardi di dollari, men-tre quella della metà più povera è di-minuita dell’11%.

Ad appesantire ulteriormente spe-requazione e disuguaglianza è l’im-posizione fiscale che, tra i ricchi, ri-sulta tra le più basse degli ultimi de-cenni. Nei paesi benestanti, la piùalta aliquota di imposta sul reddito delle persone fisichesi è abbassata in media dal 62%del 1970 al 38%del 2013,mentre nei paesi in via di sviluppo è pari al 28%. Tenendoconto delle imposte dirette e indirette, in alcuni paesi, co-me Brasile e Regno Unito, il 10% più povero della popo-lazione paga più imposte in proporzione al proprio red-dito del 10% più ricco. Secondo i ricercatori Oxfam, se igoverni facessero pagare all’1% più ricco soltanto lo0,5% in più di imposte sul proprio patrimonio, si otter-rebbe un gettito superiore alla somma necessaria permandare a scuola tutti i 262 milioni di bambini chenon vi hanno accesso e a fornire assistenza sanitaria ingrado di salvare la vita a 3,3 milioni di persone.

Di fatto, la disuguaglianza è il risultato di precise sceltepolitiche. «Nessuna legge economica stabilisce che i più ric-chi debbano arricchirsi sempre di più, mentre i più poverimuoiano per mancanza di medicinali. Non ha senso che

La ricchezza nel mondo(e in Italia):

appannaggio di un numero sempre piùridotto di ipermiliardari.

Lo attesta l’ultimoRapporto Oxfam.

Le diseguaglianzederivano da precisescelte politiche. Da

contrastare con sistemidi tassazione equi

ualcosa non funziona nella nostra economia: chi si trova al-l’apice della piramide distributiva continua a godere in ma-niera sproporzionata dei benefici della crescita economica,mentre centinaia di migliaia di persone vivono in condizioni

di estrema povertà». È l’incipit del Rapporto Oxfam 2019, intitolatoBene pubblico o ricchezza privata, diffuso alla vigilia del meetingannuale del Word Economic Forum di Davos.

Oggi, a dieci anni dall’inizio della crisi economica, le risorse risul-tano sempre più concentrate nelle mani di pochi. Nel 2018, nel mon-do 26 individui possedevano una ricchezza pari a quella detenuta

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databasedi Federica De Lauso

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nazionale lotta alla povertà

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A orientare non basteranno i soli canalimediatici (sito, spot informativi, ecc). Ai cittadini andrà garantita la possibilità

di confrontarsi con intermediari che sappianocome rintracciare le informazioni utili

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sviluppato la loro azione, e provare acapire che cosa potrebbe cambiare.

Chi pensaai non occupabili?Entrato in vigore il Rei, le Caritashanno cercato di fornire ai proprioperatori una formazione sulla misu-ra, necessaria per districarsi fra gliaspetti di dettaglio (criteri, importi,iter, ecc). A seconda dei contesti, laformazione ha interessato le molte-plici articolazioni territoriali Caritas(parrocchiale, zonale, decanale) ed èstata mirata rispetto ai temi (parteci-pazione alle équipe multidisciplinariterritoriali, collaborazione con scam-bio di dati sui beneficiari, ecc).

Con il Rdc, la formazione sarà unadimensione da presidiare sin dall’ini-zio. Non mancano, infatti, novità ecambiamenti rispetto al Rei, in ter-mini di criteri di accesso e di iter perla presentazione della domanda;inoltre, alcune simulazioni rivelanoche una quota consistente di benefi-ciari del Rdc (tra il 33 e il 37%) nonsono direttamente occupabili e an-dranno presi in carico dai servizi so-ciali. In alcuni casi, questi beneficiaripotrebbero coincidere con quelli giàseguiti o potenzialmente seguiti dalleCaritas, che dovranno agire di con-certo con i servizi.

Non bastano i mediaLe Caritas diocesane hanno informa-to i propri beneficiari e li hannoorientati rispetto al Rei, in alcuni casifino al supporto alla compilazionedella domanda. Questa linea di atti-vità dovrebbe essere prevista e po-tenziata, in quanto nella norma cheistituisce il Rdc non viene contem-plata l’esistenza di luoghi e soggettiche svolgano tale funzione.

Le evidenze empiriche emerse daimonitoraggi su Sia e Rei dimostranoche per consentire un accesso il piùampio possibile a tutti i potenziali be-

neficiari, e per garantire trasparenzae tempestività nelle comunicazioni aicittadini su queste misure, è sì impor-tante offrire un adeguato livello diorientamento nella fase iniziale, mapoi occorre che i beneficiari possanoavere contezza della tracciabilità delladomanda nelle diverse fasi di verificadella stessa, e possano avere riscontricerti e immediati su eventuali diffi-coltà o sui dinieghi. Con il Rdc occor-re inoltre prevedere ulteriori richiestedi informazioni, legate alla transizio-ne dal Rei al nuovo sussidio.

Le esigenze di orientamento e in-formazione in itinere non potrannoessere assolte attraverso i soli canalimediatici (sito, spot informativi, ecc).È fondamentale garantire ai cittadinila possibilità di confrontarsi con in-termediari che sappiano dove e co-me rintracciare le informazioni utili.Questa funzione, con il Rei, venivasvolta dai servizi sociali e ora non ècontemplata. I rischi sono molteplici:disorientamento fra i potenziali be-neficiari, che non sapranno a chi ri-volgersi; sovraccarico di Caf e Poste;ritardi, che possono ripercuotersi sui

tempi di valutazione e sugli esiti delledomande.

Altre forme di sostegnoLa vera novità messa in campo dalleCaritas con il Rei è consistita nellarealizzazione di specifici interventimai effettuati prima, come le visitedomiciliari ai beneficiari, e nella pos-sibilità di svincolare molte realtà dio-cesane dall’onere di erogare contri-buti economici, consentendo loro diattivare interventi di supporto di al-tra natura, sempre di concerto con iservizi sociali.

Per il Rdc, che erogherà contributieconomici più consistenti, è imma-ginabile che si rafforzi per le Caritasla possibilità di liberare risorse eco-nomiche da destinare alle altre formedi sostegno (acquisti per la scuola,rafforzamento delle consulenze psi-cologiche o sulla genitorialità, ecc),costruendo percorsi di transizionedal processo di inclusione sociale al-l’inserimento.

Rispetto alle prospettive di inseri-mento lavorativo, andrà verificato sesi riusciranno a introdurre nel mer-cato del lavoro tutti i 900 mila bene-ficiari occupabili previsti. Con unaplatea potenziale che supera del 60%quella del Rei, importi erogati fino al124% maggiori del Rei e stanziamenticomplessivi accresciuti di più del200%, ci si augura che il Reddito dicittadinanza permetta a molte perso-ne in povertà assoluta quanto menodi migliorare le proprie condizioni divita. Sarebbe un buon inizio.

BENEFICIARI DA ORIENTARECome richiedere il Reddito? Diversiattori sociali dovranno integrarel’azione delle istituzioni pubbliche

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genti, e altri generi di prima necessitàdonati da singoli e imprese, o acqui-stati direttamente dagli enti gestori.

La disponibilità di un paniere piùampio e cospicuo di prodotti, rispet-to al tradizionale “pacco famiglia”, èuna delle motivazioni più comuni al-la base della scelta, sempre più fre-quente anche da parte di gruppi diparrocchie, di avviare un emporio so-lidale. La maggioranza degli empori,infatti, è sorta grazie alla capacitàdelle organizzazioni caritative dimettere in discussione prassi conso-lidate di aiuto materiale, che non riu-scivano più a dare risposte adeguateai bisogni delle famiglie, in particola-re di quelle con figli minori. L’esigen-

za si comprende appieno se si consi-derano la tipologia – prodotto a lun-ga conservazione – e la quantità dialimenti ordinariamente disponibiliper le organizzazioni partner Fead:pur costituendo il 70% del totale deibeni distribuiti, sono ritenuti non de-terminanti da oltre il 32% dei benefi-ciari, soprattutto perché insufficienti,secondo il 50% di questi. Nel 2016,del resto, il programma ha distribuitocirca 1 chilogrammo di prodotti procapite, per un valore medio di 11 eu-ro per beneficiario.

Cosa cambia, dunque, in un em-porio? Non solo lo spettro degli ac-quisti si fa più rispondente ai bisognidi consumo di una famiglia “norma-

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di Monica Tola o scorso 5 dicembre, in oc-casione della Giornata mon-diale del volontariato, Cari-tas Italiana e CsvNet hannopresentato il loro primo rap-

porto congiunto sugli Empori solidaliin Italia, con l’obiettivo di esplorareun modello di organizzazione degliaiuti alimentari nei territori che, purnella varietà delle declinazioni, sipercepiva e si percepisce in forteespansione nell’intero paese.

A dicembre 2018 gli Empori in Ita-lia erano 178. Entro fine 2019 saran-no già 200. Un’esperienza di prossi-mità e accompagnamento lunga piùdi un decennio, esplosa negli ultimitre anni con l’apertura di oltre il 57%degli empori censiti. Una storia diterritori e di reti, i cui numeri parlanoda soli. Dall’apertura della primastruttura, a Roma, sino al 30 giugno2018, l’insieme degli empori attivi inItalia aveva sostenuto con aiuti ma-

teriali più di 99 mila famiglie, il 54%delle quali italiane, per un totale di325 mila persone, il 27,4% delle qualisotto i 15 anni. Una rete assistenzialecapillare, sostenuta da 100 mila oredi apertura l’anno, 178 operatori re-tribuiti, 5.200 volontari coinvolti.

Il valore del sostegnoLa formula, diffusa in tutto il territo-rio nazionale, è ormai nota. L’aspetto,l’organizzazione e l’allestimento deglispazi – nonché le certificazioni richie-ste per l’apertura – richiamano unpiccolo market: dagli scaffali, alla cas-sa, ai banchi dedicati a prodotti spe-cifici. Le persone, inviate principal-mente da un centro di ascolto o daiservizi sociali, possono scegliere – eacquisire gratuitamente attraversouna tessera punti – tra gli alimenti alunga conservazione resi disponibilidal Fondo europeo aiuto agli indigen-ti (Fead) e dal Fondo nazionale indi-

autonomia e dignità

All’Emporio

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nazionale aiuti alimentari

Quest’annodiventeranno 200. Gli Empori dellasolidarietà sono una rete in costantecrescita in tutta Italia.Molte Caritas li sostengono, con altrisoggetti sociali. Perché consentonoalle famiglie di soddisfare meglio i propri bisogni di consumo. E di relazione

La rete “di sostegno”, in Italia, comprendeoltre 300 comuni, più di 600 enti del terzosettore e 1.200 imprese: alleanze inedite,

rese possibili dalla finalità “benefica”, ma anche dal servizio rigoroso e competente

le”, e meno stigmatizzante. Ma la ri-levazione di Caritas Italiana e CsvNetevidenzia come, accanto agli alimen-ti non deteriorabili, questi servizi rie-scono a rendere disponibili e – vale lapena sottolinearlo – hanno la capaci-tà di gestire (mantenendo tutti i re-quisiti di igiene e sicurezza del pro-dotto) anche alimenti freschi e orto-frutta (in 124 servizi), alimenti cotti(in 30) e surgelati. Ma anche prodottiper neonati (in 150 empori), l’igienee la cura della persona e della casa (in146 empori), indumenti (in 50), finoai prodotti farmaceutici, i materialiscolastici e i piccoli arredi.

Il valore del sostegno, nel periododi accesso, solitamente compreso trai 6 mesi e l’anno ma sempre rinnova-bile alla luce della valutazione della si-tuazione socio-economica dei bene-ficiari, può essere anche piuttosto si-gnificativo. È il caso, ad esempio,dell’Emporio Portobello di Modena,studiato da un’indagine valutativarealizzata dal Centro di analisi dellepolitiche pubbliche dell’Universitàdegli studi di Modena e Reggio Emilia,il cui servizio aumenta il potere di ac-quisto delle famiglie di circa 800 euronei 6 mesi di accesso, liberando ener-gie finanziarie utili anzitutto a provve-dere al pagamento di utenze arretratee di spese connesse alla salute.

Gestione condivisaLa quantità e la varietà di beni dispo-nibili derivano soprattutto dalla ca-pacità degli Empori di collocare l’aiu-to materiale in un sistema fortementerelazionale, anche con il territorio. Larete “di sostegno”, considerando l’in-tero panorama nazionale, compren-de oltre 300 comuni, più di 600 entidel terzo settore e 1.200 imprese. L’at-tivazione di queste ultime, in partico-lare, testimonia una propensione co-mune a tutti gli empori: la costruzio-ne di alleanze inedite, resa possibilenon solo dalla finalità “benefica”dell’attività, ma anche dall’affidabilitàdi un servizio rigoroso e competente,sul piano gestionale (dalla tracciabi-lità dei prodotti alla catena del fred-do) tanto quanto su quello sociale.

La collaborazione con i comuni,d’altro canto, non si limita al merosostegno economico dell’attività.Protocolli formali prevedono l’inviodei beneficiari da parte dei servizi so-

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Beneficiari nell’anno 2017 Provenienza beni disponiblinegli empori

Numero empori per anno di aperturaacquistoIL CAPOSTIPITEAcquisti all’Emporiodella solidarietàaperto da Caritas Romaa Ponte Casilinoil 13 febbraio 2008

Famiglie 30.571

Persone 104.656

Beneficiari dall’apertura al 30 giugno 2018Famiglie 99.127

di cui straniere 44,10%

di cui miste 0,70%

Persone 325.256

di cui disabili 3.777

di cui senza dimora 1.477

Persone per fasce di età

0-1 anno 5,4%

1-15 anni 22,0%

15-64 anni 66,2%

>_ 65 anni 6,4%

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ciali, ma anche la condivisione deicriteri di accesso e permanenza nelservizio, alla luce della valutazionedella situazione socio-economicadella famiglia. Tra tutti, risulta emble-matico il caso della rete dei 17 empo-ri del Veneto, il cui apporto è stato ri-conosciuto nell’ambito del Piano re-gionale di contrasto alla povertà (Dgr1143 del 31 luglio 2018 ) come «stru-menti di politica attiva» in quantonati «non solo come centro di distri-buzione di generi alimentari, ma so-prattutto come luogo di “relazione”»,grazie a «percorsi educativo-labora-toriali e l’integrazione con altre pro-gettualità (le persone possano sentir-si parte delle comunità, recuperandocosì una piena dignità e autonomia».

Il riferimento, applicabile alla qua-si totalità degli empori in Italia, è alleproposte di percorsi formativi e cul-turali, non di rado aperti all’interacittadinanza, che dagli empori stessiprovengono: dalla cucina con le ec-cedenze alimentari, alla gestione delbilancio familiare; dal risparmioenergetico al piccolo artigianato; dal-le riparazioni al cucito e al bricolage;fino al sostegno allo studio e all’edu-cazione alimentare di cui beneficia-no – anche in termini di possibilità diriscatto – soprattutto i bambini.

Buona parte di queste opportuni-tà deriva da una gestione condivisadell’emporio. Nella quasi totalità deicasi l’ente gestore è un ente senzascopo di lucro, ma in rete con altrerealtà simili: per il 52% sono associa-zioni (in maggioranza di volontaria-to), per il 10% cooperative sociali,per il 35% enti ecclesiastici diocesa-ni o parrocchie, per il 3% enti pub-blici. Con la stessa modalità di wel-fare territoriale sussidiario, l’86%degli empori presta ulteriori serviziai beneficiari: anzitutto accoglienzae ascolto (per il 90% dei risponden-ti), ma anche orientamento al vo-lontariato e alla ricerca di lavoro, te-

rapia familiare, educativa alimenta-re, consulenza legale ecc.

La mappatura prosegueLa valorizzazione delle potenzialitàpresenti nelle famiglie sostenute èd’altronde il compito finale che gli

La valorizzazione delle potenzialità delle famiglie sostenute è il compito finaleche gli empori si assegnano. Ed è alla base

del coinvolgimento dei beneficiari in attivitàdi volontariato, nel 55% degli empori

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nazionale aiuti alimentari

empori si assegnano. Ed è alla basedel coinvolgimento dei beneficiari inattività di volontariato, dichiarato dal55% degli empori: in tre quarti dei ca-si all’interno della struttura, in ma-gazzino, per l’approvvigionamentodei beni e la pulizia dei locali; per cir-ca il 60% in altri contesti, presso altreassociazioni della rete gestionale (ca-se di riposo, comunità, biblioteche,sportelli sociali, mense, circoli ricrea-tivi, ecc.), oppure con diverse man-sioni in parrocchie o strutture Caritas.

Oltre il 60% degli empori sostieneuna spesa media mensile compresanei 4.500 euro, sulla quale pesano so-prattutto le voci relative al personale(per il 22%) e all’acquisto diretto deibeni (circa 40%). In proposito, l’inda-gine realizzata da Caritas Italiana eCsvNet ha rilevato anche l’impegnocostante degli enti gestori dei servizinel coinvolgimento della comunitànel sostegno alle attività: il 64% degliempori realizza stabilmente, e prin-cipalmente con cadenza semestrale,raccolte di beni presso scuole, par-rocchie, esercizi commerciali; men-tre solo un quarto delle realtà censiterealizza o beneficia anche di raccoltestraordinarie di fondi.

Nel 2019 Caritas Italiana e CsvNetproseguiranno la mappatura e la co-noscenza degli empori, coinvolgendoi referenti territoriali nella realizzazio-ne di alcuni approfondimenti quali-tativi in ordine a beneficiari e volon-tari, oltre che alla sostenibilità del ser-vizio e all’effettivo impatto in terminidi contrasto allo spreco alimentare.L’obiettivo non è proporre l’adozionedi un modello. Gli empori non posso-no essere considerati un servizio dareplicare in maniera indifferenziatanei territori e una soluzione comun-que migliore di altre per tutte le nu-merose forme e dimensioni della po-vertà che affliggono milioni di perso-ne in Italia. Si tratterà piuttosto diindagare a fondo le caratteristiche diprocessi che, pur faticosi e lenti, stan-no progressivamente giungendo allacostruzione di sistemi territoriali so-lidali, grazie alla costante alleanzacon amministrazioni, operatori so-ciali pubblici e del terzo settore.

n mezzo al guado». Cosìavevamo definito, suqueste pagine qualchemese fa, la situazione ditransizione in cui si tro-

vava il servizio civile nel nostro pae-se. A distanza di mesi la transizionenon è ancora terminata, ma i prossi-mi mesi saranno decisivi per rag-giungere la meta.

Eh già, perché il passaggio dal ser-vizio civile nazionale, istituito nel2001 dopo la sospensione della levaobbligatoria, al servizio civile univer-sale, sancito dalla legge del 2016 cheha, tra l’altro, riformato il terzo setto-re, è un passaggio complesso e certa-mente non indolore.

Non sarà indolore per i tanti piccolienti che finora hanno impegnato gio-vani in servizio civile e che erano iscrit-ti agli albi regionali, i quali consentiva-no di gestire piccoli numeri, sia in ter-mini di sedi di servizio che di giovani.Ebbene, per la nuova normativa nonvale la regola del “piccolo è bello”: unente, per accreditarsi, dovrà possedere

almeno 30 sedi in una stessa regione,ovvero 100 a livello nazionale. Il che si-gnifica che i piccoli dovranno “fare re-te”, oppure saranno destinati a sparire.

Sarà certamente complesso, in ge-nerale, portare a compimento tutte lenovità introdotte dal legislatore. A par-tire dalla programmazione (triennalee annuale), che consentirà poi agli entidi presentare le proprie proposte pro-gettali. Tale programmazione dovràvedere il coinvolgimento non solo del-le amministrazioni dello stato centralecoinvolte nei settori nei quali si svolgeil servizio civile (assistenza, ambiente,educazione, protezione civile, patri-monio storico-artistico…), ma anchedelle regioni, che dovranno tener con-to dell’impatto che il servizio civilepuò avere sui propri territori, a favoredelle comunità locali.

Soltanto 38 mila?In attesa che si delineino sempre me-glio i contorni di queste importanti no-vità introdotte dal legislatore, pare cheil servizio civile continui a piacere ai

«IIl“nuovo” servizio civileprevede che gli entigestori sviluppino reti ampie e articolateprogrammazioni.Intanto, attira le attenzioni di tantigiovani. Ma l’ultimobando ha esauditomeno della metà delle domande. E per il 2019 le dotazionisono ancora minori…

di Diego Cipriani

(ancora) universale

Piace, ma nonè

UN ANNO DI RELAZIONIUna giovane in servizio civilepresso un centro d’ascoltoCaritas, mentre operacon gli utenti del guardaroba

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nazionale servizio civile

Gli empori solidali in Italia

Ore di apertura settimanali

25%

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VALLE D’AOSTA1

TOTALE 178

LOMBARDIA24

TRENTINO A.ADIGE2

FRIULI V. GIULIA3

VENETO17

EMILIA ROMAGNA21

PIEMONTE18

LIGURIA8

TOSCANA11

SARDEGNA5

SICILIA9

LAZIO10

CAMPANIA7

CALABRIA7

BASILICATA1

MARCHE7

UMBRIA10

ABRUZZO8

PUGLIA9

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giovani. La riprova viene dall’ultimobando volontari che si è concluso a fi-ne settembre scorso, e che metteva adisposizione oltre 53 mila posti. Ebbe-ne, sembra che siano stati oltre 120 mi-la i giovani che hanno presentato la do-manda per occupare uno di quei posti:una bella prova di fiducia, da parte deigiovani stessi, che vedono nel serviziocivile una modalità per fare qualcosa diutile per sé e per gli altri, in termini diformazione personale, di esperienza dicittadinanza attiva, di costruzione dicomunità più solidali e pacifiche.

Questo grande interesse, però, perpiù della metà dei giovani aspiranti, èrestato insoddisfatto, senza seguito. Èla dimostrazione che il servizio civilenon sarà mai pienamente “universale”,finché non riuscirà a dare la possibilitàa tutti i giovani che lo chiedono di farel’esperienza cui ambiscono. Ed è perquesto che enti e volontari continuanoa chiedere al governo e al parlamentodi dedicare più fondi al comparto.

A proposito di fondi, la legge di bi-lancio per il 2019 ha previsto poco me-no di 200 milioni di euro. A tale cifra siè giunti grazie all’azione del governo,che ha aumentato la dotazione finan-ziaria di partenza nel corso del dibat-tito parlamentare. Tuttavia questosforzo (utile a far partire circa 38 mila

giovani) non basterà a raggiungere lostesso numero di posti che erano di-sponibili l’anno scorso. A meno che,come ha promesso il governo, non sireperiscano ulteriori fondi nel corsodell’anno. Cosa che dovrebbe avvenirein tempo per l’emanazione del prossi-mo bando, entro la fine dell’estate.

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dere meccanismi che aiutino a gestiremeglio il flusso delle domande dei gio-vani e l’incontro con l’“offerta” da par-te degli enti. È noto, infatti, che ognianno un numero significativo di postifinanziati resta vuoto, a fronte di pro-getti che invece ricevono un numeroesagerato di richieste. Ecco, bisogne-rebbe costruire un meccanismo cheriduca al minimo questo squilibrio, in-centivando l’orientamento dei giova-ni, così come avviene, mutatis mutan-dis, con gli studenti al termine dellevarie fasi dei percorsi sco-lastici. Quest’anno sonostate emanate indicazioniper favorire un tale orienta-mento, ma il meccanismova migliorato. Da tempo,inoltre, si pensa a un siste-ma di presentazione delledomande on line (comeavviene per molti concor-si). Questo potrebbe certa-mente facilitare il percorsoda parte dell’aspirante vo-

lontario, a condizione che non vengaa mancare una robusta azione di in-formazione da parte delle istituzioni edegli enti, nonché un’azione di “assi-stenza” da parte di questi ultimi, cheoperano nel territorio e che aprono leporte ai giovani proprio per orientarlie aiutarli a scegliere al meglio.

Scegliere, sì. Non dobbiamo infattidimenticare che il servizio civile restauna scelta, cioè presuppone la volon-tarietà da parte di chi lo svolge. In talsenso, la proposta ventilata nei mesi

scorsi, secondo cui bisognerebbe ob-bligare i giovani richiedenti il Redditodi cittadinanza a svolgere il servizio ci-vile, a parte le difficoltà organizzative,si scontra con il principio di opzioneche sta al fondo di questa esperienza.Diversamente, potrebbe essere vissu-ta (dagli stessi giovani che vi fosseroobbligati) come una costrizione, senon addirittura come una punizione,per il fatto di essere poveri e ricevereun sussidio economico dallo stato.

Come ebbe a dire il presidente dellarepubblica Sergio Mattarella, incon-trando i giovani volontari nel 2016, «ilservizio civile esprime una luce di spe-ranza, una voglia di riscatto personalee collettivo. Si può generosamente ser-vire gli altri e crescere come cittadini.L'unità e lo sviluppo del nostro paese,cari giovani, passa anche da qui. Esempre più dipenderà dal vostro impe-gno». Sta a noi adulti non spegnerequesta luce, non mortificare la vogliadei giovani di rendersi utili e di crescerecome cittadini responsabili.M

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Migliorare l’orientamentoCertamente l’auspicato e atteso au-mento dei fondi non riuscirà, in ognicaso, a soddisfare tutte le richieste daparte dei giovani, che negli ultimi an-ni, ad ogni bando, hanno superato lasoglia di centomila istanze presentate.

Nel frattempo, si potrebbero preve-

nazionale servizio civile LA RETE CARITAS

Quasi 1.200 volontari, quasi 200 progetti

Il 15 gennaio sono stati avviati i progetti di servizio civile proposti dallarete Caritas e finanziati con il bando emanato ad agosto 2018. In que-ste iniziative opereranno per un anno 1.194 volontari, di cui 748 donne(quasi il 63%) e 446 uomini; i progetti proposti da più di un centinaio di Caritas diocesane in tutta Italia, presso 588 sedi di servizio, sono 196.

Di essi, 190 si realizzano in Italia: 164 nel settore assistenza (in favore di adulti in disagio, minori, anziani, immigrati e profughi), 26 nel settore educazione e promozione culturale. I 6 progetti all’este-ro invece vedono impegnati 33 giovani in 14 paesi di 4 continenti: Libano, Filippine, Indonesia, Sri Lanka, Tailandia, Gibuti, Senegal, SierraLeone, Kenya, Etiopia, Ruanda, Nicaragua, Moldavia e Serbia.

Complessivamente sono attivi anche 643 operatori locali di proget-to, in funzione di tutor e formatori.

A inizio marzo, intanto, il Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale ha emanato un bando per selezionare 130 volontari da impiegare in progetti per i Corpi civili di pace in Italiae all’estero. In concreto, l’iniziativa punta a consentire ai giovani di an-dare a operare in aree di conflitto o post-conflitto, nell’ambito di inizia-tive che abbiano come scopo l’aiuto a popolazioni vittime di situazionidi violenza organizzata e armata e la costruzione di rapporti di riconci-liazione tra le componenti di un paese o di una comunità.

Caritas Italiana ha visto finanziato un progetto all’estero, per un totaledi 4 posti. Il progetto riguarda, in particolare, azioni di riconciliazione in Bo-snia ed Erzegovina. Ad esso possono partecipare giovani, senza distinzionedi sesso, che alla data di presentazione della domanda abbiano compiutoil 18° e non superato il 28° anno di età, in possesso di alcuni requisiti: cittadinanza italiana o di uno degli stati Ue, o regolarmente soggiornanti in Italia; assenza di condanne anche non definitive; non appartenenza a corpi militari o forze di polizia; titolo di studio di scuola superiore.

L’INCONTRO NAZIONALESan Massimiliano, riflessione sulla politica

Erano più di 800 i giovani che il 12 marzo, nella datache ricorda san Massimiliano di Tebessa (martire a 21 anni nel 295 d.C. per obiezione di coscienza al servizio militare), hanno partecipato a Firenze all’annuale incontro nazionale dei giovani in serviziocivile degli enti aderenti al Tesc (Tavolo ecclesiale sul servizio civile), che riunisce 18 organismi, associa-zioni ed enti cattolici impegnati in questo ambito.

Il tema dell’incontro è stato lo stesso scelto da papa Francesco per il suo messaggio per la Giornatamondiale della pace 2019, ovvero “La buona politica è al servizio della pace”. Dopo la lettura degli atti del martirio di san Massimiliano e i saluti dei rappre-sentanti del comune di Firenze, della regione Toscanae del dipartimento delle politiche giovanili e serviziocivile universale, è toccato ad alcuni volontari raccon-tare la propria esperienza di servizio in Italia e all’estero,

anche con collegamenti video da Atene e Betlemme.Sui temi della “buona politica”, della partecipazione

e della pace sono intervenuti Beppe Matulli, già sotto-segretario al ministero pubblica istruzione, DavideDrei, ex obiettore e sindaco di Forlì, e di Giuliana Ricozzi, redattrice di Europhonica e collega di AntonioMegalizzi, il giovane giornalista italiano ucciso a Stra-sburgo, nello scorso dicembre, a causa di un attentatoterroristico.

«La corrispondenza della propria vita a un disegnoalto della storia è ciò che ispira anche l’impegno della persona nella costruzione di una società più giu-sta e pacifica, impegno che trova una forma alta di at-tuazione nella vita politica», ha detto tra l’altro il cardi-nale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, nell’ome-lia della messa a conclusione dell’incontro, ricordandol’impegno di Giorgio La Pira e don Lorenzo Milani.

IMPORTANTE È FARE SQUADRAAlcuni giovani in servizio civile, alla

festa di San Massimiliano 2019,(Firenze, 12 marzo). Sotto, giovanevolontario in un centro per migranti

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vigatori solitari nelle nostre parrocchiee nei nostri gruppi: la comunità è do-no, legame, è luogo in cui l’altro mi fada specchio. È nella comunità che co-nosco la mia ricchezza e imparo aspenderla per l’altro. Guai se i nostrigruppi sono impegnati solo verso i po-veri: bisogna, infatti, produrre culturaper i più fortunati. Allora si agirà su piùfronti: il servizio, ma anche la denun-cia, frutto del diritto alla rabbia».

Obiettivi permanentiDa queste parole abbiamo compresoalcune cose cruciali. Anzitutto, che

non può esistere osservazione fine ase stessa, senza ricaduta pastorale esociale, senza uno sbocco concreto,pratico e operativo.

Nel corso degli anni, la composi-zione dell’équipe dell’Osservatoriodelle povertà e delle risorse della Ca-ritas di Latina ha coinvolto personecon diverse competenze e conoscen-ze nei campi delle scienze sociali, an-che allo scopo di favorire il collega-mento con le realtà ecclesiali e civilidel territorio. Pur nella variazione del-le risorse umane, tre obiettivi generalisono rimasti fermi negli anni: pro-muovere l’attenzio-ne verso gli ultimi;aiutare a formulareipotesi di itineraripastorali sui temilegati alla povertà;alimentare la cultu-ra della partecipa-zione e della solida-rietà. Sulla base ditali prospettive, so-no evidenziabili al-trettanti obiettivispecifici: connette-re in rete le diverserealtà ecclesiali im-pegnate nei servizialla persona e nellatestimonianza dellacarità; realizzare indagini comple-mentari ai lavori svolti dalle istituzionipubbliche; creare in ambito ecclesialee civile, attraverso la presentazione ela divulgazione dei risultati, occasionidi confronto sull’esclusione sociale.

I destinatari dell’attività dell’os-servatorio di Latina sono dunque laChiesa locale (in particolare gli ufficipastorali), gli operatori dei centrid’ascolto e dei gruppi Caritas par-rocchiali, i vari interlocutori con iquali essi operano in rete; poi le isti-tuzioni pubbliche, nella consapevo-lezza del ruolo di attenzione, rap-presentanza e difesa dei diritti deipiù poveri a cui è chiamata la comu-nità cristiana; infine la società civile,per promuovere una cultura diffusadei diritti dei più poveri.

Tre obiettivi sono rimasti fermi negli anni:promuovere l’attenzione verso gli ultimi;aiutare a formulare itinerari pastorali sui

temi della povertà; alimentare la culturadella partecipazione e della solidarietà

Mappa delle percezioniLatina, la seconda città del Lazio, è unarealtà complessa, difficile da decifrare.Per questo motivo il nostro punto dipartenza, nel 2004, è consistito nellarealizzazione, attraverso un’indaginepilota, di una “mappa delle percezioni”dei cittadini, nel tentativo di individua-re le situazioni di disagio maggiormen-te avvertite dalla popolazione. I dati,sebbene non potessero avere rappre-sentatività statistica, risultarono alme-no indicativi delle povertà e dei serviziconosciuti nel territorio. L’obiettivo co-noscitivo era provare a mettere a fuoco

le aree e i soggettipercepiti a rischio diesclusione sociale egli attori sociali, siapubblici sia privati,indicati come autoridegli interventi percontrastare i disagi.

Le fasce perce-pite a maggiore ri-schio di emargina-zione sono statequelle degli immi-grati, degli anzianiisolati e dei tossi-codipendenti. Insintesi, l’indaginefaceva emergere trequestioni calde a

Latina: l’integrazione degli stranieri,la cura degli anziani, il proliferaredelle droghe. La disoccupazione, lacarenza dei servizi e l’isolamento so-no stati considerati i principali pro-blemi delle fasce a rischio di emargi-nazione. Inoltre, dalle interviste si èricavato un forte senso di preoccupa-zione per la realtà dei giovani.

Alla luce dei risultati conseguiti edalla “mappa delle percezioni” che sene è ricavata, la Caritas diocesana hastabilito di concentrare sui minori leattività del suo Osservatorio. Le inda-gini successive hanno dunque con-templato interviste, focalizzate sullepolitiche di contrasto dell’abbandonoscolastico e sui percorsi di integrazio-ne degli studenti stranieri, a diversi re-sponsabili istituzionali del “sistemaistruzione” (uffici scolastici, presidi,insegnanti, assessori provinciali e co-munali…). Grazie alla collaborazionecon gli insegnanti di religione sonostate realizzate tre rilevazioni (neglianni scolastici 2007-2008-2009, 2010-

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di Pietro Gava responsabile Osservatorio povertà e risorse Caritas diocesana di Latina-Terracina-Sezze-Priverno

i sono momenti storici, epensieri, che segnano la na-scita di servizi ed esperienze.

Le parole di due sacerdotihanno accompagnato i primi

passi dell’osservatorio delle povertàe delle risorse della Caritas della dio-cesi di Latina-Terracina-Sezze-Pri-verno: quelle di don Vittorio Nozza,allora direttore di Caritas Italiana, equelle di don Luigi Ciotti. E sono pa-role ancora attuali.

«Oggi i meccanismi di socialità e laqualità delle relazioni sono messi inforse da diversi fattori. I fenomeni diurbanizzazione, i tempi della vita del-le città, i crescenti ritmi lavorativi, ilsenso di insicurezza rendono sempremeno scontata l’esistenza di comuni-tà locali coese e solidali – scrisse donNozza su Italia Caritas nel gennaio

2004 –. La solitudine urbana, la par-cellizzazione sociale e la difficoltà diincontrarsi nelle città ci interrogano.In realtà, solo un territorio accoglien-te è un territorio sicuro, anzitutto suun piano sociale, perché non lasciafuori i soggetti deboli, sa esercitare unaccompagnamento di tutte le condi-zioni a rischio di devianza, non creaghetti. Non è una politica sana quellache nasconde un sistema economicoche strutturalmente produce insicu-rezza individuale e di gruppo».

Il 22 febbraio 2005, in occasione diun convegno della Caritas diocesanadi Latina, don Luigi Ciotti (fondatoredel gruppo Abele e presidente di Libe-ra – associazioni, nomi e numeri con-tro le mafie) invitò i presenti a partiredai poveri per costruire comunità, af-fermando: «Non possiamo essere na-

per progettareConoscere,

CNon esiste osservazionefine a se stessa. Ognisforzo di conoscenzadei fenomeni sociali e di povertà di un territorio non può non prevedere,sin dall’inizio, ricadute pastorali e sbocchi operativi. È la convinzione che guida da semprel’Osservatorio di Latina

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MINIERA DI DATIL’operato dei centri d’ascolto è la baseinformativa degli Osservatori. A destra,

studio sui giovani di Caritas Latina

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IL VOLTO DUROE UNA GRANDE OPPORTUNITÀ

granti provengono. Una simile op-portunità non può essere colta co-struendo barriere, ma solo attraversola presa di coscienza del possibile be-neficio apportato dai migranti e l’ap-plicazione di politiche basate sul bi-nomio migrazione-sviluppo.

Il ruolo dellacomunità cristianaIn questo contesto non è più rinviabi-le una seria riflessione sul ruolo dellacomunità cristiana, con particolare ri-ferimento al suo impegno per garan-tire l’accoglienza, l’integrazione e vielegali e sicure d’ingresso. […] Quellodella Chiesa italiana è un approccioolistico e circolare al tema delle mi-grazioni […]. Questo impegno diffuso,però, sembra non essere più sufficien-te ad arginare quel deficit di umanitàche sta sempre più contagiando le no-stre realtà territoriali. Ci troviamo difronte a una sorta di umanesimomancato, che testimonia l’urgenza diattivare tutte le risorse possibili perpromuovere una cultura che metta alcentro la persona, che si fondi sul-l’idea di uno sviluppo umano integra-

le volto al benessere degli individui e delle comunità […].Lo sviluppo non può ridursi alla semplice crescita eco-

nomica. Per essere autentico, «deve essere integrale, ilche vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tut-to l’uomo». Il n. 15 della Populorum progressio, l’enciclica(1967) di Paolo VI, sintetizza la concezione della dottrinasociale su questo tema. Limitarsi a considerazioni di or-dine materiale ed economico, o anche politico e persinoculturale, senza includerle tutte e senza aprirsi alla di-mensione spirituale, non sarebbe sufficiente, così comenon tenere conto di tutti gli uomini e di tutti i popoli. Inrealtà, radicata nella sua tradizione di fede, la Chiesa riaf-ferma costantemente la grandezza della vocazione di tut-ti gli esseri umani, creati a immagine e somiglianza di Dioe chiamati a essere un’unica famiglia […].

Estratto del documento presentato dall’Ufficio immigrazione di Caritas Italiana al Convegno nazionale Caritas

(Scanzano Jonico, 25-28 marzo 2019)

queste sfide alimenta, infatti, un pro-cesso di semplificazione che si tradu-ce in scelte di corto respiro.

L’idea di affrontare un fenomenoampio e composito con strumentisemplici e limitati nella loro efficacia,risponde sovente più a un’incapacitàdi governare l’immigrazione che nona un piano di lungo periodo. […]D’altronde, il fascino esercitato dacoloro che dispensano ricette mira-colose, capaci in breve tempo di fer-mare quello che viene presentato co-me un flusso pericoloso verso l’Euro-pa, è alla base dei più recenti esitielettorali in diversi paesi europei e d’oltreoceano. […]

L’Italia, evidentemente, non è immune da queste dina-miche e per questo sta mostrando il volto duro di chi mettein campo tutti gli strumenti possibili per ostacolare i pro-cessi migratori. Non ultima la decisione di chiudere i portie l’approvazione di due provvedimenti volti a ridisegnarela normativa sull’immigrazione e il sistema di accoglienza.

Si sta percorrendo un crinale pericoloso, lungo il qualenon si scorge più un orizzonte di senso, nel quale coglierele opportunità legate alla mobilità umana. […] Oggi, piùche mai, è opportuno un lavoro di riflessione e di advo-cacy per ripensare il fenomeno della mobilità in terminiconcreti e propositivi; per mitigare il clima di diffidenza,è necessario proporre soluzioni che coinvolgano i migran-ti nella vita sociale, politica e culturale del paese. […]

La mobilità umana rappresenta infatti una grande op-portunità per lo sviluppo non solo del nostro paese edell’Europa, ma anche dei paesi più poveri, da dove i mi-

Documento sullemigrazioni al Convegno

nazionale Caritas.«L’Italia mette in campo

tutti gli strumentipossibili per ostacolarei processi migratori».

Ma la mobilità umana èun’occasione, da

governare, per favorirelo sviluppo integraledella famiglia umana

ggi, come nel passato, le migrazioni costituiscono uno degliaspetti peculiari che connotano la complessa fisionomia delcontinente europeo; sono un elemento che ne delinea l’iden-

tità storica, culturale e politica […].La tenuta dei territori dipenderà dalla capacità di comprensione

di quanto sta avvenendo. Cogliere i limiti e le potenzialità collegatealle migrazioni dovrebbe essere il denominatore comune di ogni pro-cesso cognitivo, necessario per promuovere politiche lungimiranti.Purtroppo ciò a cui assistiamo è molto distante da questo approcciostrategico e propositivo. L’incapacità di affrontare consapevolmente

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2011 e 2012) sull’abbandono scolasti-co: attraverso i dati messi a disposizio-ne dalle scuole secondarie di primo esecondo grado del territorio diocesa-no, utili a individuare le tendenze emessi in relazione con i dati dei servizisociali comunali riguardo all’universodegli studenti in età di obbligo, sonostate affinate le conoscenze relative aun fenomeno preoccupante.

Queste indagini, peraltro, nonhanno avuto un’intenzione mera-mente statistica e conoscitiva. Piut-tosto, sin dalla loro ideazione, hannoavuto come obiettivo quello di favo-rire una progettazione sociale mirata.Hanno dunque contribuito a crearele condizioni per l’avvio di un servi-zio Caritas dedicato ai minori, rivoltoin modo prioritario a minori con di-sturbi specifici dell’apprendimentoappartenenti a famiglie in difficoltà,e ad alimentare il desiderio di nuoveproposte rivolte agli studenti. Cosìdue anni fa è nato il progetto “Un an-no per il tuo futuro”, promosso dalladiocesi di Latina attraverso Caritas,uffici per la pastorale scolastica euniversitaria, sociale e per l’insegna-mento della religione cattolica, e Isti-tuto teologico “Paolo VI”.

Il territorio diocesano è una porzio-ne importante di quello della provin-cia di Latina. In esso, la disoccupazio-ne giovanile da tempo si attesta soprail 40%, oltre 10 punti in più rispetto allamedia nazionale. L’iniziativa diocesa-na è dunque rivolta a studenti di isti-tuti tecnici e professionali che affron-tano la maturità. Vengono offerti infor-mazioni e contenuti a ragazzi checercheranno di inserirsi subito nelmercato del lavoro, a differenza deimolti che hanno frequentato i licei.

La proposta formativa ha comeperno i pilastri della dottrina socialedella Chiesa. Vengono dunque pro-posti quattro incontri su dignità dellapersona, bene comune, sussidiarietàe solidarietà, tenuti da docenti e te-

stimoni dei quattro “pilastri”. Unaprova finale, in cui i ragazzi colleganodottrina sociale e temi della maturità,offre ai tre migliori altrettanti incen-tivi: una borsa di studio da 5 mila eu-ro, un tirocinio retribuito di tre mesiin un’azienda farmaceutica dellaprovincia, una certificazione infor-matica come amministratore di si-stema. La premiazione, il 2 maggio,subito dopo la festa dei lavoratori, èsegno di un progetto che invita a ini-ziare e a vivere in modo cristianol’esperienza lavorativa.

Tra lavoro e casaPer leggere i bisogni su cui interveniresi rivela preziosa, naturalmente, an-che la collaborazione con il centrod’ascolto diocesano. Dal 1992 al 2005le richieste di aiuto, in modo partico-lare quelle per cibi e vestiario, sonostate registrate su supporti cartacei,mentre dal 2006 al 2018 sono stateelaborate attraverso un software. Ne-gli ultimi 13 anni, circa 6 mila personesi sono rivolte al centro (78% donne e22% uomini, 69% stranieri e 31% dinazionalità italiana, età media 44 an-ni, nella metà dei casi coniugati, il

Altri percorsi di osservazione si aprirannoin futuro. Sempre con una preoccupazionee un’intenzione chiare sin dall’inizio:

l’attenzione alle ricadute progettuali e alledimensioni operative della conoscenza

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45% con titolo di studio medio-basso,il 73% disoccupati). I problemi rilevaticon maggiore frequenza dal centrod’ascolto diocesano sono, oltre a quel-li legati al lavoro e alla disoccupazio-ne, quelli legati alla casa, anzitutto ilreperire e il mantenere un alloggio.

Nel corso degli anni, i dati raccoltied elaborati hanno costituito dunquela base conoscitiva tramite la qualel’Osservatorio diocesano ha contri-buito a presentare progetti, compresiquelli otto per mille e di servizio civileuniversale, e a far partire servizi, tracui il microcredito e gli affitti sociali.Il primo punta a costituire una solu-zione per far fronte a situazioni diemergenza ed è promosso dalla Cari-tas diocesana insieme a una confra-ternita e a una banca locali; grazie aesso persone e famiglie che si trovanoin condizione di vulnerabilità econo-mico-sociale e non riescono ad acce-dere ai finanziamenti bancari ordina-ri hanno la possibilità di ottenere pre-stiti fino a 2.500 euro. Il secondo siconfigura invece come contributo(con il sostegno di operatori qualifi-cati e la collaborazione di un’associa-zione per minori stranieri non ac-compagnati) capace di dare respiro achi sperimenta problemi abitativi,per riprogettare il proprio percorso etrovare una maggiore stabilità.

Altri percorsi di osservazione siapriranno in futuro. Ma sempre conuna preoccupazione e un’intenzionechiare sin dall’inizio del percorso diindagine: l’attenzione alle ricaduteprogettuali e alle dimensioni opera-tive della conoscenza.

dall’altromondodi Oliviero Forti

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“LEGGERE” IL TERRITORIOLavoratori occasionali in un incrociosulla circonvallazione di Latina:sorta di “caporalato” su strada

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BOLZANOSi cercano volontariper il servizioHospice

Il Servizio Hospice della Ca-ritas diocesana cerca vo-

lontari in tutto l’Alto Adige. Il ser-vizio accompagna le personemalate terminali nella fase finale

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de realizzare progetti di acco-glienza, con finalità assistenzialied educative, destinati ai minori.La locale parrocchia e la fonda-zione, insieme alla cooperativaSymploké (nata dalla Caritas dio-cesana e gestore del nuovo cen-tro d’accoglienza), stanno proget-tando una struttura a tre pianicon funzioni diversificate: un ser-vizio di diurnato pomeridiano perminori; una comunità per minori(prima infanzia); una comunitàmamma-bambino; uno spazio di pronto intervento per i minoriche il comune deve alloggiare invia urgente, in attesa di altra collo-cazione; alcuni mini-appartamentiper l’autonomia. L’obiettivo è chiudere i lavori entro fine annoe aprire l’anno prossimo la casaper minori e madri in difficoltà.

VICENZASempre apertele “Strade”dell’aiuto a personein povertà

La Caritas diocesana vicentina mantiene vivo

– anche attraverso la ricerca di nuovi operatori volontari, per i quali in marzo è partito un arti-colato corso di formazione – l servizio S.t.r.a.d.e. (Servizioterritoriale di relazione e accom-pagnamento nella difficoltà eco-nomica). Nonostante i periodipiù drammatici della crisi econo-mica globale siano alle spalle,continuano infatti a verificarsicasi di numerose persone e fa-miglie che cadono in una situa-zione di povertà. La rete territo-riale di vicinanza a questepersone si avvale di 14 punti di ascolto nel territorio diocesa-no e dell’opera di 150 volontari.Il servizio utilizza 5 strumenti:affitti sociali sicuri; microcreditoetico-sociale; sostegni di vici-nanza; convenzione con la so-cietà locale dell’energia; colla-borazione con una fondazioneper la soluzione di problemi eco-nomici di persone e famiglie.

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panoramaitalia

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della loro vita e le persone in lut-to. Per preparare gli aspiranti vo-lontari sono previsti, in primavera,vari corsi di formazione: espertiintroducono in modo teorico epratico i temi della morte e dellutto e lasciano spazio per il con-fronto tra esperienze di lutto e divita. La richiesta di accompagna-mento nel fine vita e in situazionidi lutto è in costante aumento.

L’associazione Noi e Voi onlus opera da oltre 25 anni all’interno della casa circonda-riale di Taranto, come realtà di volontariato di matrice cristiana. Ha accolto l’opportu-nità del Progetto nazionale Caritas per dare maggiore sistematicità al suo lavoro, voltoa favorire le misure alternative al carcere, quali strumenti privilegiati per la personaliz-zazione della pena. Insieme all’Ufficio di pastorale penitenziaria della diocesi di Taran-to, l’associazione ha dapprima avviato una casa famiglia (San Damiano) per misurealternative al carcere e ora sta avviando un centro socio-rieducativo (Fieri potest).

Le due realtà erogano servizi complementari. “San Damiano” offre un domicilioprotetto ai detenuti, per usufruire di permessi e misure alternative residenziali,e garantisce ospitalità a chi ha finito la pena o è nel circuito penale in attesa di giudizio. “Fieri potest”, la cui realizzazione è resa possibile anche grazie a fondiotto per mille della Chiesa italiana, offre tre strumenti volti a costruire un percorsodi inclusione sociale: laboratori di competenze (cucina, agricoltura, pizzeria, sarto-ria, ecc), laboratori culturali (scrittura creativa, autonarrazione, racconto attraversole immagini, ecc) e gruppi psicopedagogici (mutuo aiuto e alfabetizzazione emotiva). Si accede a tali servizi attraverso uno sportello di ascolto, all’interno della casacircondariale, presso il domicilio o le sedi dell’associazione. L’ascolto della perso-na e il confronto con chi ne segue il cammino, per conto dell’autorità giudiziaria,sono fondamentali per una valutazione condivisa della proposta educativa perso-nalizzata. Tutto è favorito dall’ottima collaborazione con il locale Ufficio di esecuzio-ne penale esterna e la direzione della casa circondariale.

Dolce e salatoLa realizzazione dei percorsi di inclusione sociale ha portato, sino a oggi, a circa300 contatti attraverso lo sportello e a una settantina di prese in carico nei dueservizi. E i progetti non finiscono qua. Due importanti realtà imprenditoriali comple-tano il sistema: il ristorante sociale “articolo 21”,situato in una periferia tarantina affacciata sul ma-re, e il laboratorio di produzione artigianale dolce e salata “Fieri potest. Pastry lab” (nella foto) inter-no alla casa circondariale e condotto dalla coope-rativa Noi e Voi.

Vi sono inoltre borse lavoro, mentre fondazionibancarie e realtà private imprenditoriali collaboranoin varie forme con il sistema. Fieri potest sta realiz-zando un modo nuovo di vivere l’esecuzione dellapena, come percorso rieducativo e di inclusione sociale, che porti alla piena riconciliazione sociale.

“Fieri potest”, la pena vissutacome percorso di ritorno alla società

6di Francesco Mitidieriottopermille/Taranto

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to in forma di servizi alla comuni-tà. Grazie a Coldiretti, nell’iniziati-va verranno coinvolti 120 agricol-tori presenti nei mercati. La retedi soggetti che sostengono l’ini-ziativa, che si avvale di un’appo-sita piattaforma digitale, è moltovasta, e contempla istituzioni locali, associazioni, fondazionibancarie e organismi ecclesiali.

MILANOCreato il “Fondodi solidarietà”per gli “espulsi”dal decreto

Per aiutare i migranti cherischiano di essere vittime

del decreto immigrazione e sicu-rezza, convertito in legge a iniziodicembre, Caritas Ambrosiana ha costituito il “Fondo di solida-rietà per gli esclusi dall’acco-glienza”. Aperto al contribuito dei cittadini, il fondo è destinatoin primo luogo agli ospiti al mo-mento presenti nel sistema diaccoglienza diffusa della diocesidi Milano, titolari di un permessodi soggiorno, ma che nonostantequesto si vedono costretti dallalegge a interrompere i percorsi di integrazione intrapresi. Inoltre

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TORINO“Fa bene”:aiuti alimentarie restituzionein sette mercati

Recupero del cibo donatoe invenduto del mercato,

redistribuzione del cibo fresco alle famiglie del quartiere, resti-tuzione da parte della famigliabeneficiaria in ore di attività. So-no i tre cardini del progetto “FaBene”, che da inizio marzo è atti-vo in sette mercati rionali di Tori-no. Il progetto è stato sostenutoda S-nodi, incubatore di innova-zione contro la povertà, legato alla Caritas diocesana di Torino,e vi ha aderito Coldiretti Torino.Dopo una sperimentazione avvia-ta nel 2014, “Fa Bene” si diffon-de nell’intera città: grazie a esso,i clienti dei mercati e dei negozivengono invitati dai commercian-ti ad acquistare piccole quantitàdi cibo da donare alle famigliedel quartiere in difficoltà; a finemattina il cibo donato viene rac-colto insieme all’invenduto, smi-stato in pacchi e consegnato da150 volontari a famiglie dei quar-tieri, che, a loro volta, si impe-gnano a restituire quanto ricevu-

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le risorse raccolte serviranno per autofinanziare l’ospitalità all’interno della rete degli appar-tamenti parrocchiali e degli istitu-ti religiosi che non saranno piùconvenzionati con le Prefetturealla scadere dei nuovi bandi. In ottemperanza alla legge 132/18, diverse Prefetture in tutta Italia hanno già chiesto agli entigestori dei centri di allontanare i migranti che non avevano più titolo per rimanervi. Le cooperati-ve che gestiscono l’accoglienzadiffusa in diocesi non hanno ese-guito gli allontanamenti richiesti.Il Fondo aveva raccolto, attornoal 20 marzo, circa 30 mila euro e consentito di assistere 26 per-sone. Possono aderire con dona-zioni tutti i cittadini.

COMOUna casaper servizi rivolti a minori e madri in difficoltà

A Rebbio, quartiere perife-rico di Como, sono partiti

i lavori di demolizione e ricostru-zione di una palazzina, su cuiuna fondazione svizzera, grazie a una cospicua donazione, inten-

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GIUSTIZIA E SVILUPPO “Chiudiamo la forbice”, cinqueprogetti per la Quaresima

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6“Chiudiamo la forbice”: un gesto di condivisione con i po-veri, per un mondo più giusto e solidale. Le diseguaglian-ze segnano in maniera profonda tutte le società del pia-neta: vanno lette non solo come differenze di reddito, ma anche in relazione al soddisfacimento dei diritti uma-ni, sociali, politici (salute, istruzione, sicurezza personale,libertà di esprimersi e di essere creativi, di parteciparealla vita politica, ecc). Nel giugno 2018 alcuni organismidi matrice ecclesiale e della società civile italiana hannolanciato la campagna triennale “Chiudiamo la forbice:dalle diseguaglianze al bene comune, una sola famigliaumana”. Obiettivo: promuovere progetti di sviluppo e azioni di sensibilizzazione relativi a tre ambiti (produzio-ne e consumo del cibo, pace e conflitti, mobilità umana).Per la Quaresima 2019 Caritas Italiana ha proposto 5 progetti inerenti gli ambiti della campagna e altrettanti

microprogetti, per favorire un impegno concreto delle comu-nità locali a “chiudere la forbice”:. Balcani: aiuti ai circa 70 mila migranti bloccati, nel

loro viaggio, in paesi impreparati a gestire tali flussi;. Bangladesh: formazione, servizi e diritti per la popo-lazione di due baraccopoli di Khulna;. Libano: supporto a Caritas nell’opera di assistenza e formazione dei profughi siriani;. Senegal: azioni di sviluppo locale, attraverso tecnicheagro-ecologiche come possibile alternativa alla migra-zione, per giovani e donne del comune di Oukout;. Venezuela: sostegno alla Caritas nazionale e alle 14 diocesi nella distribuzione di viveri, medici-nali e in azioni di sensibilizzazione.

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si di Matera, Capitale europea della cultura2019. «La carità è cultura che (...) rispetta le differenze, ha riguardo per l’ambiente e promuove il bene comune – ha scrit-to loro il presidente della repubblica,Sergio Mattarella –. E il presidentedella CEI, card. Gualtiero Bassetti, ha sottolineato che la carità deve “tessere autentiche reti di solidarietà culturale, diffusa e condivisa, per essere Chiesa capace di riscoprirela bellezza della propria missione”. Approfondimenti su www.caritas.it

GAETA“CariTerre”,è l’ora di puntaresull’agricolturasociale

Un seme, per tornare a vivere con dignità. È stato

piantato a fine febbraio, nel semi-nario diocesano di Gaeta, in oc-casione dell’avvio di CariTerre, iniziativa di agricoltura sociale finanziata con fondi otto per mil-le, lanciata dalla Caritas diocesa-na. I beneficiari potranno seguirepercorsi personalizzati, per ap-prendere un lavoro in agricolturae fruire di una parte dei frutti che si coltiveranno al seminario.

Intanto la Caritas diocesanaha lanciato anche un allarme sulla diffusione, nel territorio, del gioco d’azzardo. Molte le atti-vità nel settore: raccolta di daticapillari, tavolo tecnico control’azzardo, “Tende del buon gioco”nelle principali piazze della dioce-si, sensibilizzazione nelle scuole.

CAMPOBASSOCasa dei diritti,sportelliinformativiin tre località

È stato presentato alla mensa della Caritas

di Campobasso il progetto “La Casa dei Diritti”, finalizzato a creare un nuovo strumento diorientamento e informazione perle famiglie, la società e il mondo

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e 2018, si è trasformato in rap-porto di lavoro: percentuale piùche doppia rispetto alla mediadei tirocini della provincia. È il da-to principale del report presenta-to da Caritas Messina, frutto del-la collaborazione con il localeCentro per l’impiego. Determinan-te il lavoro di presa in carico e tutoraggio svolto dalle parroc-chie. Così Caritas ha rilanciato:per il 2018-2020 ha programmato ulteriori 48 borse lavoro (500 euro al mese per 6 mesi), attin-gendo a fondi otto per mille Cei.

SIRACUSAAccordo coni consulentidel lavoro,apre lo Sportello

Caritas diocesana e ordineprovinciale dei consulenti

del lavoro hanno formalizzato un accordo per attivare percorsidi accompagnamento al mondodel lavoro, rivolti a soggetti in condizioni di disoccupazione,inoccupazione o Neet. Il proget-to, anche grazie a fondi otto permille Cei, ha consentito l’apertu-ra, a inizio marzo, di uno “Spor-tello lavoro”, che eroga servizi di orientamento e consulenzaprofessionale. I percorsi formati-vi e occupazionali dei beneficiaripuntano sul recupero motivazio-nale, sull’orientamento e sullacostruzione di un progetto pro-fessionale soggettivo, sulla basedi attitudini e competenze.

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del lavoro, in relazione ai rapporticon le istituzioni. Sportelli infor-mativi a Termoli, Campobasso e, nel futuro, anche a Isernia.L’iniziativa nasce da una collabo-razione tra Caritas del Molise,Konsumer Molise aps e Aiaf, per dare pieno riconoscimento ai diritti civili delle persone.

POTENZAUn saccodi solidarietàa favoredell’Emporio

«Non amiamo a parole, ma con i fatti»: la frase

di papa Francesco è stata sceltacome slogan dalla Caritas dell’ar-cidiocesi di Potenza – Muro Luca-no – Marsico Nuovo per il proget-to “Un sacco di… solidarietà”. A metà marzo, esso ha coinvoltola comunità di Lagopesole (frazio-ne di Avigliano). Si è trattato di unaraccolta porta a porta di beni di prima necessità, poi devolutiall’Emporio solidale della Caritasdiocesana, inaugurato nei mesiscorsi. La manifestazione, giuntaalla quarta edizione, ogni volta riguarda una diversa comunità.

MESSINABuon esito delle borse lavoro,nel bienniofinanziate altre 48

Il 24% dei tirocini della Cari-tas diocesana, tra 2014

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panoramaitalia

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nell’ambito del progetto “L’OraUndecima”, finanziato anche grazie a fondi otto per mille Cei. Tra gli aderenti al bando sonostati selezionati 25 aspiranti im-prenditori, ammessi a un percorso gratuito di 80 ore di formazione, in programma a Ladispoli. Obiet-tivo del progetto è accompagnarealla creazione d’impresa personeche, non avendo mezzi propri e provenendo da situazioni di dif-ficoltà, hanno una valida idea im-prenditoriale e vogliono costruirsiun futuro. Commercialisti, consu-lenti del lavoro e per la sicurez-za, incaricati di banca tengono gli incontri. In generale, il progettoL’Ora Undecima prevede un ser-vizio di orientamento per giovanie adulti che vogliono entrare o rientrare nel mondo del lavoro.

MODENA“Pollicino”,accoglienzaper uomini solie in difficoltà

Si è tenuta in marzo la fe-sta di avvio del progetto

Pollicino, voluto dall’amministra-zione comunale di Sassuolo edalla Caritas diocesana di Mode-na per dare accoglienza tempora-nea a uomini soli, in situazione di disagio socio-abitativo e relazio-nale. Il progetto è in fase speri-mentale e vede partecipare diver-se realtà del territorio. Il comuneha messo a disposizione tre ap-partamenti, di cui sosterrà le spe-se di gestione; i servizi sociali individuano le persone da inseri-re mentre volontari e operatori

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Caritas sosterranno gli ospiti con varie azioni. L’accoglienza riguarda la dimensione abitativa,ma anche l’aspetto relazionale.Ne potranno fruire al massimocontemporaneamente 6 uominiadulti, che presentano significati-ve caratteristiche di vulnerabilitàsociale ed economica, con as-senza di famigliari o con relazionifamigliari compromesse.

PORTO SANTA RUFINADall’idea…all’impresa:formazione percostruirsi un futuro

“Dall’idea… all’impresa”:è il titolo del corso di for-

mazione promosso dalla Caritasdiocesana di Porto Santa Rufina,

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Fabrizio Lertora (Caritas Genova).«Quest’anno nel ciclo di incontridell’“Università dei genitori” abbia-mo esplorato la difficoltà a tenere la distanza educativa che è la chia-ve fondamentale per riuscire a es-

sere genitori efficaci. L’emotività la fa da padrona, spe-cialmente oggi: mamme e papà investono tanto sui figli,che sono pochi, preziosi, e la loro vita diventa anche la vitadei genitori. Si fa fatica, di fronte al momento di crisi o difficoltà dei figli, a mantenere lucidità. E molto spessoquesto vuol dire che del problema si occupano i genitori:si sostituiscono ai figli, tolgono loro il problema. Dal pun-to di vista educativo ciò non aiuta a mantenere il ruologenitoriale, che è accompagnare a creare le condizioniperché i figli sappiano affrontare quella difficoltà».

Anna D’Eustacchio (Caritas Tera-mo-Atri). «Da due anni è aperto nelcentro di Teramo un Caritas Point,inizialmente destinato ai giovani, poiutilizzato anche in relazione alle ca-lamità naturali (terremoto del 2016,

emergenza maltempo del 2017) che hanno interessato il nostro territorio. Recentemente, grazie a una bella rete,è stato inaugurato nello stesso spazio lo Sportello giova-ni per l’orientamento universitario e al lavoro. Il sindaco

di Teramo ha detto che il nuovo servizio può costituire la base per la rinascita della città e del territorio. Dopo gli eventi sismici, la speranza sembra venir meno: ripartiredai giovani tramite gesti concreti (l’orientamento al lavoropunta a far cogliere opportunità presenti nel territoriospesso non conosciute) per tutti noi è fondamentale».

Francesco Mudanò (Caritas Siracusa). «Eventi comequello della nave Sea Watch, rimasta diversi giorni al largo di Siracusa con il suo carico di persone, hannoinfluenzato il nostro modo di porci rispetto al fenomenomigratorio. Anche nell’organizzazione della serie di incon-tri sulla cultura dell’accoglienza che stiamo proponendoin questi mesi. Prima ci si permetteva una riflessioneche prescindeva da alcuni elementi, adesso i mutamentisocio-politici e la crisi economica invitano ad affrontarein modo più mirato il fenomeno. Intanto va avanti il pro-getto “Immigration Stand Up”, che punta a un’accoglien-za e a un’integrazione a 360 gradi, con servizi di orienta-mento e consulenza, supporto psicologico, relazionaleed economico. Presto sarà inaugurato un centro inter-culturale diocesano. Al suo interno verranno realizzati laboratori ricreativi e corsi chedaranno la possibilità ai ragazzidi sviluppare attitudini e di trova-re ai loro coetanei, per confron-tarsi e condividere».

I genitori non devono sostituirsi,i giovani possono incontrarsi. E ricostruire speranza

9levocingiro di Danilo Angelelli

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MATERAConvegno Caritas: carità è culturache promuove il bene comune

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Si è svolto dal 25 al 28 marzo a Scanzano Jonicoil 41° Convegno nazionale delle Caritas diocesane,

“Carità è cultura”. Oltre 500 i delegati giunti nella dioce-

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In Yemen la guerra ha causato “la peggiore crisi umanitaria”, secondol’Onu, in corso sul pianeta. Due terzi del

paese sull’orlo della carestia, 14,3 milionidi persone nel bisogno estremo: eppure

la tragedia non ha grande eco sui mediae nelle opinioni pubbliche. La rete Caritas

aiuta chi, attraversato il Golfo di Aden,si è rifugiato nel Corno d’Africa

E trascurata

SRADICATI, TRA LE ROVINEUna donna yemenita,sfollata da Hodeidah,porto sul Mar Rosso,trascina recipienti vuotifuori dall’edificio in cui è rifugiatala sua famiglia, nella capitale Sana’a

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mia reale e i tassi di povertà si sonoacuiti in maniera spaventosa. Rispettoal 2007, il potere d’acquisto della po-polazione greca è calato del 29%, e benil 22,4% della popolazione vive in con-dizioni di grave deprivazione materia-le (dato 2017, il doppio del 2009).

I tecnocrati e gli scetticiMixalis è un tranquillo signore greco dimezza età. Abita ad Atene. «Prima del-la crisi facevo il camionista, avevo ilmio mezzo, vivevo la mia vita tranquil-la – rievoca –. Ma proprio nei primi an-ni della crisi mi hanno rubato il ca-

Nei paesi dell’Est Europa, il crollo delleeconomie ha colpito giovani con scarsequalifiche, over 50, madri sole, persone

con disabilità, lavoratori delle aree rurali,membri di minoranze etniche, immigrati

mion, mai più trovato. Così, a 50 anni,non avevo più un lavoro e a causa del-le misure di austerity non potevo piùavere alcuna tutela. Ho velocementeperso anche la casa, sono diventato unsenzatetto». La crisi, velocemente, daeconomico-finanziaria, è diventata viavia sociale, istituzionale, valoriale: «InGrecia non ha portato solo disoccupa-zione: ha portato crimine, prostituzio-ne, droga», chiosa Mixalis.

Altrove, sono state imboccate stra-de diverse. Opponendosi alle ricettedei “tecnocrati di Bruxelles”, ideatoridell’austerity, alcuni paesi hannoscelto di allontanarsi dai legami conla famiglia comunitaria europea: conl’isolazionismo e il protezionismo (èil caso del Regno Unito, con il voto fa-vorevole sulla Brexit) o con la chiusu-ra dei confini alle migrazioni e lo svi-

Caritas Europa ha riconosciuto da tempo valore e importanza dell’eco-nomia sociale come strumento di inclusione socio-lavorativa, metodo di animazione comunitaria ed efficace strumento di lotta alla povertà.Così, dopo oltre due anni di lavoro, la task force di Carits Europa sull’economia sociale ha pubblicato il manuale 1 (“Mettere le personeprima del profitto”, scaricabile gratuitamente dal sito www.caritas.eu,scritto in inglese ma tradotto anche in italiano).

«A più di 10 anni dall’inizio della crisi, il numero di persone disoccu-pate, di working poor o di vittime di sfruttamento lavorativo è ancoratroppo alto. Inoltre i conflitti sociali, le disuguaglianze e le divisioni so-no più visibili – scrive nella prefazione il segretario generale di CaritasEuropa, Jorge Nuño Mayer –. È diventato chiaro che gli interventi percombattere la povertà non possono più essere realizzati come si face-va prima della crisi finanziaria. Serve un nuovo approccio, un nuovo paradigma, un nuovo modo di pensare all’economia, alla protezione sociale e alla coesione».

Il manuale si compone di due parti. La prima, dedicata soprattuttoai direttori e ai manager delle Caritas in Europa, si concentra sul per-ché Caritas promuova l’economia sociale e sui legami con la dottrinasociale della Chiesa. Nella seconda parte viene raccontato come Cari-tas sviluppi l’economia sociale in Europa: in molti paesi del continenteci sono interessanti esperienze, illustrate nel manuale e accompagnateda consigli pratici per avviare nuove esperienze.

IL MANUALEMettere le persone prima del profitto

MAPPA DI LABORATORI E IMPRESETipografia a Belgrado e artigianato a

Mostar (a destra): esempi delle attivitàsociali sviluppate da Caritas nei Balcani

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di Daniele Bombardifoto di Caritas Italiana

Austerità o sovranismi?Le ricette politiche ed economichesperimentate nel decennio di crisi si sono mostrateinadeguate. Ma c’è un settore che dà lavoroa 15 milioni di europei.E che l’Ue pone comecondizione ai paesidell’Est per i loropercorsi di pre-ingresso

internazionale balcani

a drammatica crisi finanzia-ria globale iniziata nel 2007negli Stati Uniti ha avuto,nei 12 anni seguenti, pesantiripercussioni in Europa, sia

sull’economia reale, sia sui sistemi diprotezione sociale. La crisi è statauno dei fattori principali di indeboli-mento dei sistemi di welfare pubbli-co, e ha dunque aggravato le condi-zioni di vita dei gruppi sociali tradi-zionalmente vulnerabili: personecon disabilità o invalide, minori sen-za tutela genitoriale, anziani soli.Contemporaneamente, ha colpitoduro anche fasce di popolazione chefino ad allora non avevano soffertoparticolari problemi socio-economi-ci: giovani in cerca di un primo im-piego, persone di mezza età espulsedal mercato del lavoro e rimaste im-

provvisamente disoccupate, pensio-nati con un reddito appena sufficien-te ad arrivare a fine mese.

Si è discusso molto, in Europa, dicome uscire dalla pericolosa spiralecrisi economica – aumento della po-vertà. Sino a oggi, però, sembra chenessuna sperimentazione intrapresaabbia portato i risultati sperati: anzi, inalcuni casi i tentativi sembrano avereaggravato la situazione. Le misure diausterity, ad esempio, sono state la ri-cetta principale “proposta” dalle isti-tuzioni comunitarie ai paesi con debitimolto elevati (Grecia su tutti). In 10anni, quelle misure hanno portato be-nefici solamente in termini di finanzapubblica, ma il prezzo pagato per ot-tenere la riduzione del debito pubbli-co è stato drammaticamente elevato,dal momento che è crollata l’econo-

Ll’Europa che convince

sociale,Economia

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sti anni, sono stati creati da impresegiovani, innovative, attente al sociale eall’ambiente, cresciute a livello locale.

Mixalis ha ritrovato la speranza in-contrando una di queste esperienzedi economia sociale: si chiama Shediaed è un’associazione greca che si oc-cupa delle persone senza dimora diAtene. Shedia in questi anni di crisi haavviato due esperienze di economiasociale: la prima, coinvolgendo gli ho-meless nella vendita del proprio gior-nale di strada; la seconda,inventandosi una propo-sta turistica innovativa,ovvero il “Tour degli invisi-bili”, guidato proprio dallepersone senzatetto.

Mixalis lavora sia comevenditore di strada sia co-me guida turistica: «Moltituristi vogliono fare il no-stro Tour. Vengono anchemolte scuole. Il giro mostraalle persone il lato nasco-

visibili gli invisibili», racconta Mixalis.Le imprese sociali offrono lavoro

dignitoso e qualitativo ai membri piùvulnerabili della società, consentendola loro integrazione sociale, e stimola-no lo sviluppo locale. La maggior par-te delle esperienze di economia socia-le sono infatti community-based, ov-vero profondamente radicate nellacomunità, e valorizzano le risorse e ri-spondono ai bisogni del territorio.L’esatto contrario dei processi di de-localizzazione e di globalizzazioneselvaggia, che hanno caratterizzato glianni che hanno condotto alla crisi.

Mixalis fa capire quale sia il valoreaggiunto, per una vittima della crisicome lui, del poter ricominciare a la-vorare in una realtà che affianca lacomponente sociale a quella econo-mica: «Quando diventi un homelessperdi tre cose: un tetto, un letto, l’amo-re. All’inizio pensavo che le cose piùimportanti fossero il tetto e il letto.Quando ho iniziato a lavorare per She-

OCCASIONI DI LAVOROOfficina di azienda non profit creata daCaritas nei Balcani. Sotto, il venditore

Mixalis davanti al parlamento greco

sto di Atene: mense popolari, dormi-tori, luoghi della prostituzione e dellospaccio. È la Grecia più colpita dallacrisi. Sono orgoglioso di fare da guida,perché mostro agli altri quello che ne-anche io conoscevo prima di diventa-re homeless: con il mio lavoro, rendo

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luppo di un pericoloso nazionalismo(l’Ungheria di Orban, ma anche i pae-si del blocco di Visegrad). I risultatiperò non sembrano essere soddisfa-centi, nemmeno in questi casi.

Così, a oltre 10 anni dall’inizio dellacrisi, il malcontento (economico e so-ciale) è ancora largamente tangibile esenza risposta in larghe aree d’Euro-pa. A poche settimane dalle elezionieuropee di fine maggio, l’unico con-fronto sembra ancora tra le ricette deicosiddetti “euroburocrati” (spessoorientate dalla composizione degli in-teressi tra stati, e incapaci di cogliereil diffuso malessere sociale) e quelledegli “euroscettici (che identificano inBruxelles la causa di ogni male). Ricet-te, le une e le altre, di cui sono ormaiprovati gli scarsissimi risultati sociali.

Impressionante emigrazioneLa crisi economico-finanziaria, diffu-sasi inizialmente nei paesi occiden-tali, è successivamente arrivata an-che nei paesi dell’Europa orientale,dove si è sommata ai costi sociali del-le transizioni politiche ed economi-che degli anni Novanta. Ha coinvoltosia paesi già membri Ue (Bulgaria,Romania, Croazia), sia molti paesiancora nel percorso di pre-adesione(gli altri stati ex jugoslavi e l’Albania).

Nel momento in cui sono crollatiil sistema economico statalista e i si-stemi di welfare ex comunisti, i paesidell’Europa orientale non sono riu-sciti a portare a compimento le rifor-me verso un nuovo welfare, tipico deisistemi democratici e delle economiedi mercato. Così, il crollo delle eco-nomie locali e il ritorno della disoc-cupazione a livelli altissimi (spessooltre il 35%) ha colpito soprattuttogiovani con scarse qualifiche, over 50rimasti senza lavoro, madri sole, per-sone con disabilità, lavoratori dellearee rurali più periferiche, membri diminoranze etniche, immigrati. Tuttepersone per cui trovare occupazione

nel proprio paese in questa fase èuna chimera, e che non hanno alcu-na tutela pubblica in grado di salva-guardarli e di “rimetterli in circolo”.Gente che, in molti casi, ha perso so-prattutto la speranza di costruirsi unfuturo nel proprio paese.

Il dato che forse meglio di tutti il-lustra questa situazione è l’impres-sionante emigrazione dall’Europaorientale verso Germania, Austria,Svizzera e paesi scandinavi. Uno stu-dio della Banca Mondiale (2015) sti-mava che circa il 25% della forza la-voro dei paesi balcanici stava emi-grando o era in procinto di farlo. Ben151 mila sono stati i cittadini emigra-ti dalla Bosnia ed Erzegovina nel soloperiodo 2014-2017; in Kosovo si sti-

internazionale balcani

Il dato che meglio di tutti illustra l’assenzadi futuro è l’impressionante emigrazioneverso Austria, Svizzera, Germania e paesi

scandinavi. Nel 2015, circa il 25% della forzalavoro dei paesi balcanici stava emigrando

ma che, in alcuni mesi dell’anno, rie-scano a emigrare tra le 20 e le 30 milapersone al mese. Dall’inizio della cri-si, infine, oltre 700 mila persone han-no lasciato la Grecia (su una popola-zione totale di 11 milioni di abitanti).Un vero e proprio esodo.

Due lavori per MixalisIn questo quadro preoccupante, c’èun settore che meno degli altri hasofferto la crisi, sia nell’Europa occi-dentale sia nei paesi dell’Europaorientale: è l’economia sociale, cheoggi dà lavoro a circa 15 milioni dicittadini dell’Ue (il 7% della popola-zione lavorativa).

Dal picco della crisi finanziaria aoggi, mentre sono stati persi circa 3milioni di posti di lavoro nell’Ue, leimprese sociali hanno dimostrato unelevato tasso di resistenza, spessomantenendo i posti di lavoro dei grup-pi più fragili della società. E la maggiorparte dei nuovi posti di lavoro, in que-

Si è tenuta a Roma a fine febbraio la conferenza “Generatori di risorse in Europa: strategie e strumentiper la lotta alla povertà”, che chiudeva la seconda fasedel progetto “Elba – Sviluppo dell’economia sociale

nel Sud-Est Europa”. Il progetto riguarda 8 paesi (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Grecia, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia)e le relative Caritas nazionali.

La proposta fu lanciata da Caritas Italiana nel 2015, grazie a un finan-ziamento Cei, per affrontare le gravi conseguenze economiche e socialidella crisi finanziaria nell’area balcanica. La prima fase è terminata nel2016, la seconda fase ha visto la proposta coinvolgere anche alle Cari-tas di Spagna, Francia, Austria e Stati Uniti (Crs). La conferenza di Romasi è sviluppata in tre momenti: riflessione e discussione sull’innovazionedegli interventi di lotta alla povertà in Italia e in Europa; presentazionedei risultati e dell’impatto di Elba; definizione di una strategia comuneper lo sviluppo dell’innovazione sociale nel Sud-Est Europa.

Tra i principali risultati raggiunti da progetto Elba c’è la creazione di un network di imprese sociali presenti in tutto il territorio balcanico,avviate dalle Caritas locali. Sono state 39 le imprese sociali supportatefinanziariamente dal progetto Elba nell’area balcanica in 4 anni: 22start up hanno potuto realizzare la loro idea di business e 17 impresegià esistenti hanno potuto sviluppare ulteriormente il loro lavoro. I setto-ri principali: agricoltura sociale, produzione e lavorazione di cibo, artigia-nato, turismo solidale, stamperie, lavanderie sociali, imprese di pulizie,servizi all’infanzia, servizi alla persona, abbigliamento.

Caritas Italiana ha contribuito al progetto non solo con un supportotecnico, formativo ed economico, ma stimolando anche la riflessione a livello europeo sui temi dell’innovazione nella lotta alla povertà. Tale im-pegno ha portato alla pubblicazione di un Dossier con dati e testimonian-ze (Generatori di risorse, scaricabile gratuitamente da www.caritas.it).

LA CONFERENZAUn network di 39 imprese targate Caritas

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TERZA FORZA?ANTICO ORDINE SPARSO…

matico. Le scelte di essere chi conuno e chi con l’altro, e tuttavia tutticontro il popolo venezuelano, dentrouna crisi complessa troppo svelta-mente ridotta a piccola aritmetica didiritti e di doveri, hanno portato allaluce le anomalie del disegno incom-piuto e i rischi degli egoismi. L’Euro-pa ha deciso, schierandosi, di abban-donare a se stesso il popolo venezue-lano. Ma ha anche alzato bandierabianca sulla propria capacità di inci-dere e decidere sulle grandi questionidell’agenda internazionale, di cui ilVenezuela è una spia accesa.

Neppure l’europeismo minimo,insomma, resiste. La stessa cosa valeper le migrazioni, i rapporti conl’Africa, con il mondo arabo e musul-mano in genere, quelli con le altresponde del Mediterraneo, con i Bal-cani (cioè l’incompiuta territoriale epolitica più grave tra le scelte strate-giche). Tutte le volte che si presenta-no prove di costruzione politica, cioèdi visione e dunque di rilancio delprogetto europeo, il vincolo idealepiù e più volte indicato come decisi-vo dai padri dell’Europa oltre 50 anni

fa, e alla base del Manifesto di Ventotene, viene pregiu-dicato da chi cerca spazietti di manovra individuale.

Oggi l’area di costoro è sempre più affollata. E i citta-dini europei pagano la mancanza di impegno, da partedella politica, di acquisire una proiezione globale menosgangherata di quella attuale. Ma è così dalla fine del Sa-cro Romano impero e dalla pace di Augusta (1555). Soloche oggi la declinazione del più antieuropeista degli slo-gan, quel Cuius regio eius religio che ha fatto danni a li-vello globale, si è spostato dalla religione alla relazioni in-ternazionali, e ha lastricato la via di nuove intemperanzee di nuovi guai. Ogni paese ha la sua idea, di solito in con-trasto con quella del vicino. Così nelle relazioni con Usa,Russia e Cina, l’Europa diminuisce il suo peso. Ma l’au-mento del peso di alcuni paesi membri, a compensazio-ne del sistema, rimane un’illusione. L’Europa “terza forza”di De Gaulle si è infranta a Caracas.

innescati nelle diplomazie europeedalla crisi dell’ex petrocrazia suda-mericana sono l’indizio della fine diun’architettura politica che per lomeno finora era sempre rimasta tra idesideri. Lo sfilacciamento di posi-zioni pro o contro Maduro e Guaidò,e l’impazzimento di ogni regola e va-lore nelle relazioni internazionali enei rapporti diplomatici, dimostranonon solo che i leader europei hannointeso cambiare assetti, ma hannodeciso di concentrarsi su un’ opera dismottamento, più che di smontaggio,di quell’europeismo minimo che fi-nora aveva resistito al vento di tempesta.

Al di là delle divisioni, gli europei fino a poco tempo faavevano considerato l’Europa indispensabile come pun-to di equilibrio tra spinte nazionali e mondo globalizzato.L’organizzazione politica economica e istituzionale del-l’Europa, seppure incompiuta e precaria in politica esterae nella politica di difesa, era indispensabile per i popoli,che vengono prima dei regimi, e per i paesi, che vengonoprima dei governi. La domanda invece, dopo le sceltesparse dei paesi dell’Ue a proposito del caso venezuela-no, è se l’Europa sia ancora fedele alla sua tensione versol’unità, o se ciò che è accaduto sia la certificazione di unastagione in cui ogni lobby nazionale può sentirsi libera dicercare governi e leader per negoziare affari.

Spazietti di manovraIl comportamento nella crisi venezuelana è stato emble-

La reazione degli statialla crisi venezuelana

è la dimostrazione di come, nei fatti,

stia smottando anchel’europeismo minimoche finora aveva retto.

Nelle relazionidiplomatiche,

prevalgono le lobbynazionali. Dunquel’irrilevanza di tutti

Europa marcia in ordine sparso e il sogno mai abbandonatoe sempre accarezzato di giocare alla pari con il resto del mon-do e le sue superpotenze s’incrina a poche settimane da ele-

zioni che costituiscono un passaggio decisivo, a trent’anni dalla ca-duta del Muro di Berlino. Eppure nulla è più certo, e non solo per viadello scontro promesso tra sovranismi e ortodossia europea classica.Adesso si discute sull’Europa utile e sugli inciampi che essa stessa siè messa tra le gambe. Così gli altri se ne approfittano in un modo so-lo: lasciandola ai margini, senza neppure tante scuse.

La (piccola) vicenda del Venezuela e i tribolati rapporti di forza

L’

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zeropovertydi Alberto Bobbio

30 I TA L I A C A R I TA S | A P R I L E 2 0 1 9

dia, ho capito che la cosa che mi man-cava di più era l’amore. Quando vendoi giornali di strada, le persone vengonoda me, parlano con me, chiacchiera-no, sorridono, sento che si interessanoa me. Quando lavoro sotto il sole co-cente, in estate, mi portano acqua osucco di frutta; quando vendo sotto lapioggia mi portano la cioccolata calda,un tè, un caffè caldo. Davvero, l’amoreera la cosa che mi mancava di più».

Gli effetti beneficiL’Unione europea ha commissionatonel 2018 un grande studio per analiz-zare l’economia sociale nell’Europaorientale e capire meglio il grandepotenziale che essa racchiude, siaper favorire l’uscita dalla crisi econo-mica, sia nei percorsi di pre-adesioneverso l’Ue. Lo studio si chiama SocialEconomy in Eastern Neighbourhoodand in the Western Balkans.

Il documento ha posto per la primavolta ai paesi balcanici lo sviluppodell’economia sociale come una dellecondizioni per velocizzare il propriopercorso di adesione all’Ue. Finora, ilsettore nel sud-est Europa si è svilup-pato solo in modo embrionale ed èstato sperimentato quasi solamentedal terzo settore, grazie a fondi e do-nazioni dall’estero. Nell’area balcani-ca, dunque, l’economia sociale rima-ne ancora ai margini delle agende po-litiche: nessun paese ha elaborato unachiara direzione strategica per il set-tore, e solo Albania e Kosovo hanno direcente prodotto leggi specifiche sull’imprenditorialità sociale. In pratica, leimprese sociali nell’Europa orientalenon hanno riconoscimento pubblico,né godono di benefici sulla tassazio-ne, e sono appesantite dalle stesseprocedure amministrative e finanzia-rie che si applicano al business profit.

Secondo lo studio, invece, l’econo-mia sociale potrebbe avere effetti be-nefici: ad esempio, costruire prassieconomiche più eque e sostenibili, che

internazionale balcani

L’economia sociale potrebbe costruireprassi economiche più eque e sostenibili,che si contrappongano alla preoccupante

diffusione dell’economia grigia e nera, della corruzione e dell’instabilità finanziaria

Nel 2018 Caritas Italiana ha realizzato, insieme alle Ca-ritas di Germania, Grecia e Portogallo, un’indagine sulfenomeno della povertà educativa che colpisce le per-sone che si rivolgono a Caritas. L’analisi si distingue perun approccio innovativo, in quanto non si fa riferimentoalle statistiche ufficiali di Eurostat ma a dati riferiti a uncampione di persone beneficiarie dell’aiuto Caritas.

Gli esiti della ricerca sono stati presentati nell’ultimoRapporto sulla povertà di Caritas Italiana (Povertà in atte-sa, Maggioli editore, 2018) e in lingua inglese in un’appo-sita pubblicazione di Caritas Europa (Education: Key to breaking the cycle of poverty – Educazione: chiavi per rompere il ciclo della povertà, 2019).

Il campione è costituito da 7.837 persone: Italia (dati raccolti a mag-gio 2018 in 22 centri di ascolto nelle diocesi di Genova, Savona, Piacen-za, Forlì, Ancona, Macerata, Benevento, Pozzuoli, Ragusa e Palermo) e Germania hanno contribuito con, rispettivamente, 2.485 e 3.033 persone, corrispondenti al 31,7 e al 38,7% del campione, mentre Greciae Portogallo hanno contribuito con il 13,3 e il 16,3%.

In base ai dati raccolti, emerge un quadro desolante del livello di capitale educativo e formativo a disposizione degli utenti Caritas:. le persone analfabete o prive di titolo di studio sono il 20,1%

del campione, sfiorando quasi il 32% in Germania e raggiungendovalori non trascurabili in Grecia (14,8%) e Italia (12,1%). In Portogal-lo, la presenza è meno significativa (8,9%);. l’universo degli analfabeti o privi di adeguato titolo di studio è com-posto in gran parte da persone che vivono in famiglia (46,1%), da donne (53,8%) e da persone tra i 30 e i 49 anni (40,9%);. è forte la correlazione tra l’assenza di titoli di studio e la situazione reddituale della famiglia. Se nel campione complessivo quasi la metàdelle persone (il 43,4%) risulta privo di una fonte stabile di entrate eco-nomiche, nel caso delle persone con basso o nullo capitale formativo il peso di tale situazione è molto più forte, giungendo al 77,9%.La ricerca offre molti spunti di intervento per le Caritas diocesane

e le chiese locali, sia sul fronte giovanile che dell’educazione degli adul-ti, da sviluppare mediante azioni in rete con gli attori scolastici e dellaformazione professionale attivi nei territori. [w.n.]

IL RAPPORTO Poca istruzione? Tanta povertà…

RITRATTO DI UN RISCATTOFalegnameria sociale promossa

da cooperative legate a Caritas Serbia

si contrappongano alla diffusionedell’economia grigia e nera, della cor-ruzione, dell’instabilità finanziaria. Edè chiaro che non si tratta solo dellacreazione di posti di lavoro: l’economiasociale consente anche l’integrazionedelle persone socialmente escluse, lariduzione della povertà, la ricostruzio-ne dei legami comunitari, la tuteladell’ambiente, l’innovazione.

Mixalis lo ha sperimentato sullapropria pelle: «Può sembrare strano,ma oggi, lavorando per Shedia, houna vita migliore di prima. Se trovas-sero il mio camion e me lo riportas-sero dicendomi “Ecco qua, puoi tor-nare al tuo business e al tuo lavoro diprima, ti raddoppiamo anche lo sti-pendio”, ecco, io direi di no. Non vo-glio cambiare la mia nuova vita».

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ogni tanto interrotta da tralicci del-l’elettricità e minareti che verticalizza-no il paesaggio. Sulla sinistra, invece,c’è il mare: grigio, sporco, maleodoran-te a causa delle raffinerie di petroliopresenti lungo la costa, che con i lorofumi rendono il cielo lattiginoso. Eppu-re quel mare è un mare prezioso, so-prattutto per i russi, che a Tartus hannoil loro avamposto nel Mediterraneo.Nel 1971 l’allora Unione Sovietica siglòun accordo con il padre di Bashar al-Assad, Hafiz, che portò alla creazionedi una base navale. Nel gennaio 2017Russia e Siria hanno perfezionato l’in-tesa, che permetterà a Mosca di espan-dere le potenzialità dell'installazioneper ospitare fino a 11 navi da guerra,incluse quelle a propulsione nucleare.

È proprio la presenza russa ad averimpedito al conflitto di arrivare a Lat-takia, città di mare, una sorta di Ric-cione mediorientale, molto più deca-dente. Palazzi privi di intonaco mo-strano i mattoni di cemento. Lungo levie, gigantografie con i volti e i nomidei combattenti dell’esercito lealista,morti in difesa della patria. Ragazziappena ventenni, belli, martiri dellaSiria che verrà.

Lattakia è zona franca, libera dallaguerra che imperversa da 8 anni nelpaese. Lì si è svolto il primo convegnonazionale di Caritas Siria, tre giorni acui hanno partecipato 240 operatori evolontari, provenienti anche da Dama-sco, Aleppo, Homs, Hassakè e Tartus.

L’età media dei partecipanti era in-

I giovani costituiscono una delle sfideprincipali, costretti a una precarietàestrema, che mina il futuro: impossibilitati

a frequentare scuole e università, sono divisifra droga e solitudine, minati dal lutto

torno ai 25 anni; ragazzi e ragazze daicapelli neri e gli occhi orientali cheogni giorno fanno sul campo il lavoroconcreto di ascolto, aiuto, assistenza.Impressiona il loro buonumore: dachi vive fra bombe e macerie sarebbenaturale aspettarsi tristezza endemi-ca, radicata; invece li caratterizza losguardo limpido di chi ha capito che“mettersi a servizio” vuol dire “vivere”e ha scelto di cambiare prospettiva,abbandonando l’egocentrismo giusti-ficato dal dolore. Diventando guarito-re ferito di un’umanità molto vicina.

Relazioni da ricostruireIl convegno è stata un’occasione im-portante per i giovani operatori di Ca-ritas Siria, per riconoscersi, raccontar-si, confrontarsi, riflettere insieme sulleprincipali emergenze che affliggono ilpaese. Sono proprio i giovani a costi-tuire una delle sfide principali, co-stretti a una precarietà estrema, chemina il loro futuro: impossibilitati, inmolti casi, a frequentare scuole e uni-versità, sono troppo spesso divisi fradroga e solitudine, minati dal lutto dichi ha perso gli affetti più cari.

«Le altre grandi sfide riguardano icosti della salute, elevatissimi per lecentinaia di migliaia di persone feritedalla guerra, e la necessità di provve-dere all’emergenza abitativa per mi-lioni di siriani sfollati, senza casa o chevivono in abitazioni di fortuna», sin-tetizza monsignor Abdo Arbach, pre-sidente di Caritas Siria.

La situazione sociale è gravissima,a causa dell’instabilità politica perdu-rante e del conflitto militare ancora incorso. E poi c’è un’ulteriore, dramma-tica sfida: la riconciliazione. «Caritasne è consapevole – ammette Sandra,operatrice di Caritas Siria –. Ne abbia-mo avuto una prova nei territori delGhouta orientale, dove è stato difficileportare i volontari, scout inclusi, diDamasco: per anni le due zone sonostate in guerra e si sono martoriate avicenda a colpi di razzi. Ma la popola-zione non ne ha colpa, è solo vittimadel conflitto. Una volta entrati nelGhouta, anche i volontari più reticentihanno capito la gravità della situazio-ne, hanno visto con i loro occhi la po-vertà estrema di quella gente. Allora sisono scrollati di dosso i pregiudizi ehanno iniziato a distribuire aiuti. È sta-to in quel momento che abbiamo scel-

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SGUARDISULLE ROVINEPadre e figlio(foto grande),madre e figlia:ritratti di famiglievittime dellaguerra, in cercadi spiragli di normalità.Difficile peròtrovarli trale maceriedi Aleppo(foto sopra),dominate dallagigantografiadel dittatore Bashar al-Assad

di Petra Venezifoto di Caritas Internationalis

La Siria, dopo 8 anni di guerra, devefronteggiare sfidedrammatiche. Una situazionemilitare non risolta,con possibili esititragici a Idlib. I giovani, la sanità, la casa per milioni di sfollati. Soprattutto,una riconciliazioneche non può essereunilateralepacificazione…

internazionale siria

l checkpoint di Addabousiyah èun quadrato di terra di 10 metriper 10. Il posto di blocco, chesegna l’inizio della Siria lì doveil Libano finisce, sembra vomi-

tare foto e manifesti di Bashar al-As-sad. Gli esterni degli uffici governativi,gli interni tristi di finto marmo, i palidella luce, persino il carretto che ven-de bevande e frutta secca pullulano diimmagini del presidente siriano. Leeffigi di Assad sono lontane dal modoin cui il presidente è solito presentarsiai media occidentali. Abbandonati icompleti blu petrolio, appare vestitoda militare, con gli occhiali alla Ma-trix, il mezzo busto sfumato su unosfondo verde dove troneggia la ban-diera governativa a due stelle.

I militari che presiedono il check-point sono oltre una ventina: uomininormali, inguainati in tute mimeti-che che si tendono, poco rispettose,sull’addome. Burocrati militarizzati:e infatti i tempi al posto di blocco per

ottenere il visto sono lunghi, almeno2-3 ore, soprattutto per gli europei.Un colonnello dai modi gentili e gliocchi da bambino fa accomodare gliospiti di maggior rilievo nel suo uffi-cio. Stanza triste, finto lusso: gli stintidivani di broccato rosso fanno pen-dant con tende dorate piene di pol-vere. A rendere il tutto surreale, quasifelliniano, un televisore proietta im-magini di cartoni animati giappone-si. A chi sorride dello strano contra-sto, il colonnello risponde sintetico esempre gentile: «Mi piacciono i pro-grammi per bambini; mi rilassano enon mi fanno pensare alla guerra».

Guaritori feritiQuando si lascia il checkpoint di Adda-bousiyah, si rimane stupiti per il verdeche fiorisce sulla terra. L’autostrada checorre verso nord, in direzione di Latta-kia, l’antica Laodicea, sulla destra èfiancheggiata da campi a perdita d’oc-chio. La monotonia coltivata viene

Idi guardarsi negli occhi?

scegliereSapranno

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LOTTE PER L’EGEMONIA,UN INTERO ORDINE È IN CRISI

munità fatica a tenere la coesionesociale, a sostenere il welfare e acreare lavoro. Abituati a pensare allademocrazia come un sistema in cuile elezioni si vincono al centro, i lea-der occidentali si sono accorti chel’ingresso nell’era digitale e della di-sintermediazione segna il passaggioa nuovi schemi di polarizzazione, e amodalità di contesa che premianostrategie differenti.

Carità, ma intelligenteCi si avvicina così all’appuntamentoelettorale di maggio: le elezioni euro-pee costituiscono un banco di provanon solo dello stato di salute dellademocrazia e della volontà di parte-cipazione “dal basso” della nostra ca-sa comune, ma anche del tessutoculturale sottostante e dei valori chelo caratterizzano. Allo stesso tempo eallo stesso modo, in particolare du-rante questi mesi, ci si interroga an-che all’interno del mondo Caritas sulbinomio “Carità e cultura”, nella con-sapevolezza che apparentemente so-no due realtà scollegate, ma in realtàse la carità assume una prospettiva

pedagogica, essa stessa si fa cultura e il rapporto tra ledue cambia in “Carità è cultura”.

Ovviamente il passaggio non è scontato, né automati-co. Anzi. Vi è una (certa) cultura che è l’esatto contrariodella carità, esprime valori che sono l’opposto della soli-darietà, della sussidiarietà, del bene comune. Come purela carità se non è intelligente, aperta al mondo, compe-tente, attenta all’altro, rischia di non promuovere “svilup-po umano integrale”, per tutti gli uomini e per tutto l’uo-mo, ma valori e realtà non condivisibili (assistenzialismo,dipendenza dagli aiuti, pietismo, il fatto di scaricare lapropria coscienza e non mettere in discussione stili di vitanegativi, tornaconto personale, ecc.) e quindi una culturachiusa e miope. Ecco perché occorre riflettere profonda-mente e agire alla luce dell’insegnamento dei Padri, senzapaure e con il “coraggio della carità” che Paolo VI diedesin dalle origini a tutte le Caritas che sono in Italia.

rappresenta come il “mondo libero”occidentale, che negli ultimi decenniè cresciuto a propulsione neoliberalelungo l’asse atlantico.

Anche per questo, il tema della cri-si dell’ordine liberale internazionalenon può essere risolto in schemati-che contrapposizioni fra popolo edélite. Come una parte delle politicheadottate dall’amministrazione statu-nitense attuale ha radici in azioni in-traprese da quella precedente, cosìanche una parte delle politiche chesegnano il ritorno dell’interesse na-zionale e del lessico più classico della“rivalità geopolitica” in Europa (e in Italia) è solidamenteancorata a scelte di governi che pure si sono dichiaratieuropeisti e preoccupati per la Brexit o per l’avanzataelettorale populista.

Più in profondità, è l’ordine liberale nel suo complessoa dar segno di crisi: il diffondersi di nuove ideologie, qualiil cosiddetto sovranismo populista, peraltro nate ben fuo-ri dal mainstream liberal-democratico, intrise di raisond’ètat, e fatte proprie per primi dai leader nazional-con-servatori nell’Europa dell’est, ne è sintomo, non causa.

Così, la cosiddetta “crisi migratoria”, per quanto iper-mediatizzata, non è la causa, ma semmai l’effetto di unapiù ampia e profonda crisi di legittimità di un sistema –quello che ha portato all’integrazione europea –, che do-po aver distribuito benefici tangibili è entrato in unasempre più evidente fase di produzione di diseguaglian-za. Negli stati e tra stati, ma anche all’interno delle co-

I violenti conflittiche squassano il

Medio Oriente non sonogli unici fattori di

destabilizzazione degliequilibri planetari.

La rivalità geopoliticatorna a manifestarsiin Europa. E la crisimigratoria lacera le

comunità. È il sistemaliberale a vacillare...

i susseguono scontri e colpi di scena in tutto lo scacchiere me-diorientale, in particolare in Siria e nello Yemen, paesi in cui leatrocità e ogni tipo di lesione dei diritti umani fondamentali ca-

ratterizza conflitti armati condotti senza alcuna regola e senza rispettodelle norme, anche di guerra, a discapito in primo luogo dei civili.

Gli scontri per l’egemonia che solcano quella parte di mondo, eche più o meno sottotraccia interagiscono con le correnti jihadisteufficialmente rinnegate dalle diplomazie, non si riassumono nell’op-posizione “radicali contro moderati”. Né sono prerogativa esclusivadel mondo musulmano. Qualcosa di simile avviene in quello che si

S

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ilpesodellearmidi Paolo Beccegato

34 I TA L I A C A R I TA S | A P R I L E 2 0 1 9

to di lanciare una campagna interna aCaritas Siria, intitolata “Riconciliazio-ne”. Vorremmo che Caritas giocasse unruolo fondamentale nella ricostruzio-ne delle relazioni, distrutte dalla guer-ra, fra le comunità della Siria; che con-tribuisse a diffondere una pace vera,che nasce dal profondo dei cuori».

Trappola a IdlibIl conflitto senza fine, tuttavia, rendeimprobabile questa intenzione. Se ilregime di Bashar al-Assad ha ormai ri-conquistato circa due terzi del territo-rio siriano, alcune aree rimangono inmano ai ribelli, in particolare nella re-gione di Idlib, situata a una manciatadi chilometri dalla protetta Lattakia. Ilresto della Siria, circa un terzo, nellazona nord-orientale del paese, è con-trollato dalla coalizione curda, non uf-ficialmente riconosciuta dalla comu-nità internazionale. Ma è proprio Idliba rappresentare l’incognita più preoc-cupante, ultimo vero baluardo ribelle,dove sono stati concentrati (con le fa-miglie) gli jihadisti che si sono arresiinseguito alle sconfitte riportate in al-tre roccaforti siriane. Da tempo il regi-me di al-Assad sta pianificando un at-tacco decisivo per espugnare l’area,con una previsione di costi umani al-tissimi, peggiore di quella che ha tri-stemente interessato, nel passato re-cente, città come Homs, Aleppo, Al-Raqqa o Mosul in Iraq.

Se il metodo utilizzato sarà lo stes-so, con bombardamenti a tappeto chefungono da apripista alle truppe diterra, e non si troverà una mediazionepolitica, morti e sfollati potrebbero

ammontare a centinaia di migliaia:secondo le previsioni dell’Onu, fino a500 mila profughi andrebbero a bus-sare alla porta della vicina Turchia.

A Idlib lo scenario più probabilevedrebbe sconfitti sul campo i ribelli,grazie all’appoggio all’esercito di Ba-shar al-Assad garantito dall’aviazionerussa e, via terra, dell’Iran. I civili ri-schiano peraltro di non avere viad’uscita, se i 12 gruppi jihadisti pre-senti nell’area non sceglieranno la re-sa incondizionata: l’impiego dellapopolazione come scudo umano daparte dei ribell, causerebbe un impo-nente numero di morti.

Elaborazione collettivaLa portata e la complessità dei bisogniumanitari delle persone in Siria ri-mangono sconcertanti in tutto il pae-se, anche dove non si combatte più.Circa 13 milioni sono le persone biso-

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QUEL CHE RESTA, E CHI RESTAUna donna e suo figlio tra le maceriedi Aleppo: padre ucciso da un razzo,famiglia decimata dalla guerra

internazionale siria

gnose, 5,2 milioni quelle in condizionidi estrema necessità, 6,2 milioni glisfollati di lungo termine: una situazio-ne che non registra miglioramenti si-gnificativi ormai da anni.

Il 2018, d’altro canto, ha visto un’in-tensificazione delle ostilità in diverselocalità: non solo la citata Idlib, maanche Afrin, Ghouta orientale, Dama-sco meridionale, Homs settentriona-le, alcuni territori nord-orientali. Così,nei primi sei mesi dello scorso anno sisono prodotti 1,2 milioni di nuovi sfol-lati civili, in fuga dalla violenza, men-tre “solo” 760 mila persone sono tor-nate nelle loro comunità (per la mag-gior parte sfollati interni, autori diritorni auto-organizzati, in particolarenei governatorati di Aleppo, Al-Raqqae Dayr-az-Zawr).

La nazione siriana, vicina a una pa-cificazione delle aree in conflitto, datala quasi totale vittoria di al-Assad, no-nostante l’incognita Idlib, dovrà in-somma affrontare l’epocale sfida dellariconciliazione, dopo anni di efferateviolenze. Pacificazione e riconciliazio-ne non sono la stessa cosa, non coin-cidono. La prima può essere intesacome assenza di conflitto, spesso con-quistata da una delle parti in gioco,per paradosso, attraverso le armi; in-vece la riconciliazione riguarda l’ela-borazione collettiva di un conflitto, ilfatto che vittime e carnefici di unaguerra si guardino negli occhi, che unpopolo scelga il dialogo per ricucireun tessuto sociale lacerato dal male.La pacificazione può essere obbligatadall’alto, la riconciliazione è una scel-ta. La Siria saprà scegliere di ricomin-ciare a vivere, dando tempo alle feritedi diventare cicatrici?

La riconciliazione è al centro del Dossier dati e testimonianze edito da Caritas Italiana sul conflitto siriano, uscito il 15 marzo, nell’ottavoanniversario dell’inizio della guerra. Partendo da un aggiornamento sul-la guerra, il dossier pone l’accento sull’enorme importanza della paceintesa come riconciliazione, come processo di guarigione e dialogo fravittime e carnefici. La riconciliazione è fondata su un concetto di paceintesa non come semplice assenza di guerra, ma come processo cultu-rale, prima che politico, capace di ricostruire e risvegliare le coscienzeannichilite dall’abitudine alla violenza. In Siria e nel resto del mondo.

IL DOSSIERDati e testimonianze su 8 anni di conflitto

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vorire gli investimenti privati all’este-ro per massimizzare il proprio capita-le, al giorno d’oggi esprimono ancheun controllo manageriale nelle variefasi della catena produttiva in piùpaesi. Grazie al vantaggio della dislo-cazione in diverse aree geografichedel mondo, tali imprese hanno unaforte capacità di adattamento al con-testo e arrivano a influenzare le poli-tiche pubbliche dei governi. Tra l’altro,la loro dimensione transnazionale ge-nera confusione nel mondo del dirittointernazionale, dal momento chemolti sistemi legali hanno un perime-tro essenzialmente nazionale, dunquesi riscontra un vuoto di regolamenta-zione. E sono proprio le modalità diazione adottate da queste nuove im-prese a rendere complicata la defini-zione di una regolamentazione.

Argentina: la soia “flessibile”L’Argentina è un esempio molto signi-ficativo di come il consolidamento del-l’industria della soia si basi su diversemodalità di accesso ai terreni, come illeasing, al fine di controllare vaste fascedi terra arabile. Lo sfruttamento dellerisorse naturali, come quelle agricole,condiziona fortemente il posiziona-mento dell’Argenti-na nei mercati in-ternazionali. Con ilpassaggio da unmercato pretta-mente territoriale elocale a un sistemaglobale, l’Argentinaha visto emergerenuove colture, nuo-vi processi produtti-vi, nuovi obiettivi dilavoro per i coltiva-tori, nuovi attori esoggetti del sistema.

La soia è centraleper l’economia delpaese, poiché rico-pre un ruolo versati-le non solo nell’ali-mentazione umanae animale, ma an-che nel settore ener-getico. El cultivoestrella, come vienechiamata la soia, haa che vedere con la nuova visione dellavoro nei paesi del Cono Sur, regioneche fornisce flex crops (cioè cereali“flessibili”, buoni per diversi usi) ancheai mercati asiatici ed europei, che con-tinuano ad aumentarne la domanda.La liberalizzazione e deregolamenta-zione degli anni Novanta ha trasforma-to il settore primario argentino in unodei più desregulados del mercato glo-bale. La liberalizzazione del mercatonon ha (volutamente) tenuto contodelle conseguenze sociali e ambientali.La soia, in Argentina, è considerata ilcavallo di troia dell’appropriazione de-gli spazi agricoli per la creazione di areenecessarie all’espansione del capitale,grazie anche alla versatilità di terreniche il paese offre.

Le imprese transnazionali hanno una fortecapacità di adattamento al contestoe influenzano le politiche pubbliche

dei governi. Tra l’altro, la loro dimensionegenera confusione nel mondo del diritto

Negli ultimi vent’anni si è sviluppa-to un processo che alcuni hanno defi-nito di “stranierizzazione” dello spazioin Argentina: molti ricchi stranieri han-no acquistato ampie porzioni di terri-torio, soprattutto nella regione dellaPatagonia. L’apertura ai mercati erainiziata nei primi anni Novanta sottoCarlos Menem, presidente dal 1989 al

1999. Il suo governoha fortemente pro-mosso un modelloneoliberale di politi-che economiche,imperniato su unampio piano di pri-vatizzazione di tuttele società di pro-prietà dello stato.Gran parte di questeoperazioni si è svol-ta in Patagonia, eoggi l’intera regioneè quasi totalmenteprivatizzata.

Ecuador: il lago violato dal petrolioL’accaparramentodi terreni non avvie-ne solo per realizza-re colture intensive,ma anche per altrifini, a cominciare da

quelli estrattivi. In Ecuador negli anniSessanta la Texaco, società petroliferaUsa, ricevette l’approvazione dal gover-no ecuadoriano di esplorare e valoriz-zare il Lago Agrio, regione amazzonicaricca di biodiversità. Il consorzio Texaco– Gulf Oil, poco dopo, trovati i giaci-menti, iniziò le trivellazioni su largascala per l’estrazione di greggio. Da al-lora, innumerevoli fiumi e ruscelli sonostati contaminati, rendendo la pescaimpraticabile e inquinando terreni, ve-getazione e fonti di acqua potabile.Inoltre, livelli piuttosto elevati di TphHydrocarbon (idrocarburi) sono statiregistrati nelle zone di sfruttamento, nelterreno e nell’acqua. La combustionedei prodotti di scarto dell’attività estrat-tiva ha anche ampiamente contamina-to l’aria, penetrando nell’ozonosfera einiettando gas nocivi nell’atmosfera(benzene, sostanza cancerogena, maanche anidride solforosa, ossidi di azo-to e monossido di carbonio).

La deforestazione è stata valutata in

FORMA DI COLONIALISMODel fenomeno del land grabbingsi occupa il 44° Dossier con dati e testimonianze intitolato Terrabruciata, pubblicato da CaritasItaliana a febbraio e scaricabile dal sito www.caritas.it.

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di Alessandro Falagario

Si estende il cosiddetto“land grabbing”.Interessa diverse aree(povere) del mondo,non solo in Africa. I grandi investitorimagnificano le opportunità per i paesi che cedono terreni. Ma è la speculazione a prevalere. Con i danniambientali. Due casidal Sud America

internazionale argentina ed ecuador

l land grabbing, cioè il fenome-no di accaparramento di terreda parte di investitori istituzio-nali o privati, interessa un nu-mero sempre crescente di pae-

si. Dal 2008, molti gruppi della socie-tà civile e reti transnazionali hannorichiamato l’attenzione sulla nascitae l’incremento di nuovi conflitti, pro-vocati da specifici investimenti agro-transnazionali in diverse aree del pia-neta: non solo Africa, cui di solito ilfenomeno viene associato. Gli inve-stitori promettono la creazione dinuovi lavori e l’importazione di strut-ture tecnologiche all’avanguardia,prospettando un successivo aumen-to di profitti per i cosiddetti “paesitarget”. Ma nella realtà accade quellache Stefano Liberti, giornalista che siè a lungo occupato del fenomeno,definisce «nuova forma di coloniali-smo», che nella maggior parte dei ca-si si disinteressa del contesto in cui siva a operare, provocando deforesta-zioni o impoverimenti dei suoli col-tivabili, attraverso l’uso di monocol-

ture e l’espropriazione di terre appar-tenenti a comunità che su quelle ter-re vivono da secoli.

Da oltre un decennio si assiste a unesponenziale aumento di interesseper l’acquisizione di terre, e, conse-guentemente, per l’acqua che essecontengono; ciò si aggiunge al tradi-zionale interesse per il basso costo diproduzione nei paesi in via di svilup-po. L’acquisizione di terre straniere perla produzione di colture è consideratapoliticamente e finanziariamente stra-tegica da molti investitori, interessatianche a forme di di speculazione chefiniscono per riguardare persino iprezzi del cibo. Le motivazioni più im-portanti alla base del fenomeno sonola garanzia di un approvvigionamentoalimentare, l’acquisizione di risorseenergetiche e manifatturiere e, più ingenerale, la possibilità di trarre profittida investimenti privati.

Un ruolo di primissimo piano logiocano le imprese multinazionali.Mentre in passato erano considerate“investitori transnazionali”, volti a fa-

I

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profitti senza sviluppoaccaparrate,

Terre

FENOMENO GLOBALEFamiglia di coltivatorinel Corno d’Africa: il land grabbing è unapratica che si va estendendo in molti paesi poveri

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DA NERONE A CLINTON,SEMPRE LA STESSA STORIA

veniente dall’Equatore. Per Vantini,che nel 1996 pubblicò un interessan-te articolo sul mensile Nigrizia, nonsarebbe da escludere che i pretorianigiunsero addirittura in territoriougandese. In effetti, nel racconto diSeneca si legge: «Vedemmo due roc-ce…» («Ibi vidimus duas petras, exquibus ingens vis fluminis excide-bat»), scenario che sarebbe quellodelle cascate Murchison, oggi Kaba-lega, dove il Nilo, proveniente dal la-go Vittoria, precipita nel lago Alberto,con un salto di 100 metri, in una goladi 60-70 metri.

Bisognodi materiali preziosiAlcuni storici, come il grande meroi-tista Fritz Hintze, ritengono persinoche Nerone abbia mandato due spe-dizioni successive: la prima del 61d.C., riportata da Seneca, parla di un«re d’Etiopia» che «fornì aiuti e com-mendatizie» ai centurioni; l’altra del66-67, riferita da Plinio, menzionauna regina (Candace). Una cosa ècerta: nelle lingue Luo del nordUganda (Acholi e Lango) si trovano

alcune parole come nekare, che significa “uccidere”, conevidenti assonanze latine (necare). Traccia remota dellapossibile colonizzazione romana in Uganda?

Difficile dimostrarlo, ma comunque siano andate lecose, l’interesse dei romani andò ben al di là delle geo-grafia, non foss’altro perché l’Impero aveva estremo bi-sogno di materiali preziosi. E soprattutto di schiavi. Te-stimonianze di quell’epoca indicano una presenza con-sistente di nubiani a Roma, utilizzati addirittura comegladiatori per i giochi nelle arene. Sta di fatto che, dopoduemila anni di storia, l’Africa continua a essere depre-data delle sue ricchezze, con l’ingresso di nuovi coloniz-zatori, ispirati solo dalla massimizzazione dei profitti.Sovviene il pensiero della scrittrice statunitense MargaretMaron: «Ogni volta che iniziamo a pensare di essere ilcentro dell’universo, l’universo si gira e dice con un’arialeggermente distratta: “Mi dispiace. Può ripetermi dinuovo il suo nome?».

cosiddette commodity, in particolareminerali rari, fonti energetiche e ma-terie prime alimentari. Un fenomenoandato di pari passo, peraltro, con lacrescita delle operazioni speculativenei principali mercati internazionali.

Siccome la Storia è magistra vitae,è utile tornare indietro nel tempo percomprendere la genesi di un feno-meno predatorio che risale a duemilaanni fa, quando i romani tentaronodi raggiungere le sorgenti del fiumeNilo. Ne parla Seneca in un trattato,De Nubibus, in cui offre particolarisulla spedizione mandata da Nerone(61 d.C.) ad investigandum caput mundi.

Anche Plinio il Vecchio (70 d.C.) parla della spedizioneneroniana in vista di un’eventuale guerra di conquista. AMeroe, capitale dell’impero omonimo, situata circa 200chilometri a nord della moderna Khartoum e 800 chilo-metri a sud di Assuan, i capi della spedizione ricevettero– come scrive esplicitamente Seneca – istruzioni del re elettere per i re che avrebbero incontrato nell’interno. Par-titi da Meroe, dopo molti giorni raggiunsero immense pa-ludi («post multos dies – sicut aiebant – pervenimus adimmensas paludes») coperte di erbe acquatiche («impli-catae aquis herbae») così fitte che né uomo né barca gran-de («navigio») potevano passarvi sopra, tranne qualchebarchetta con un solo uomo a bordo.

La descrizione data da Seneca corrisponde ancor oggi,secondo lo studioso comboniano padre Giovanni Vantini,al lago No, immensa palude, profonda 2-5 metri, formatadalla confluenza del fiume Bahr el Ghazal con il Nilo, pro-

«Aiutiamoli a casaloro»: è la ricetta

di molti per organizzarei rapporti con l’Africa.

Peccato che nelfrattempo prosegual’accaparramento di terre e risorse

di quel continente. Nulla di nuovo, peraltro, al sole

dell’Equatore: perchéquasi duemila anni fa…

a tesi oggi prevalente nelle relazioni tra Europa e Africa puòessere riassunta nel trito slogan “Aiutiamoli a casa loro”. L’in-tento è scongiurare un’ipotetica invasione dell’Europa dalla

sponda meridionale del Mediterraneo. Alla prova dei fatti, però lacooperazione internazionale è sempre più incentrata sul teoremaclintoniano Trade not Aid (“Commercio, non aiuti”), con il risultatoche l’Africa è sempre più terra di conquista. Negli ultimi vent’anni, ilfenomeno del land grabbing, l’accaparramento di vastità enormi diterre nei paesi africani, da parte di potenze straniere (Cina, Stati Uniti,Europa…) è cresciuto proporzionalmente al boom dei mercati delle

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contrappuntodi Giulio Albanese

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un milione di acri, mentre la contami-nazione ha avuto un impatto negativosull’ambiente e sulla popolazione. Iltasso d’incidenza di malattie mortali,come il cancro infantile, è aumentatosignificativamente. Inoltre si riscontraun aumento di aborti spontanei, di di-sturbi della pelle e di malattie digestivee respiratorie. I danni derivanti dallosfruttamento petrolifero costituisconouna minaccia costante per l’uomo el’ambiente: alcuni gruppi indigeni sisono praticamente estinti, altri lottanoper la sopravvivenza.

Nonostante la storica sentenza del-lo scorso 10 luglio 2018, che ha visto laCorte costituzionale dell’Ecuador con-dannare Chevron (che nel 2001 ha ac-quisito Texaco), il colosso petrolifero èriuscito ancora una volta a farla franca.Mentre gli Afectados (associazione del-le vittime dell’estrazione petrolifera)ancora festeggiavano la storica vitto-ria, il 7 settembre 2018 la Corte perma-nente di arbitrato dell’Aja ha accusatol’Ecuador di aver violato il Trattato bi-laterale sugli investimenti (BilateralInvestment Treaty) sottoscritto nel1993 tra Ecuador e Usa; ciò ha per-messo la riapertura del caso, cancel-lando l’applicabilità della precedentesentenza ed evitando a Chevron di ri-sarcire i danni previsti, ritenendo cheil precedente giudizio fosse stato otte-nuto attraverso frode e corruzione.

Oltre vent’anni di wrestling legaleconfermano che il quadro giuridicointernazionale non presenta, a primavista, regole vincolanti per le impresein materia di protezione ambientale.Pertanto, sebbene le multinazionalipossano essere coinvolte in gravi vio-lazioni delle norme internazionali ap-plicabili agli stati e agli individui,sembra impossibile renderle respon-sabili di situazioni come quelle veri-ficatesi al Lago Agrio. Le cose potreb-bero cambiare solo se venisse istituitoun crimine internazionale specificocontro l’ambiente. Numerosi studiosi

concordano sul fatto che dovrebbeessere possibile attribuire la respon-sabilità penale individuale alle perso-ne che causano gravi danni all’am-biente: il danno ambientale, comereato contro l’umanità.

Reteecclesialeperl’AmazzoniaLa Rete ecclesiale panamazzonica(Repam) è un’iniziativa della Chiesanata nel 2014 a Brasilia, con la volontàdi affrontare le principali sfide che ri-guardano oggi l’America Latina, sulversante sociale, economico e della

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INTERESSI SCONFINATIRaccoglitori d’alta quota in Bolivia: l’accaparramento delle terre interessaanche vaste aree del Sud America

internazionale argentina ed ecuador

Sebbene le multinazionali possano esserecoinvolte in gravi violazioni delle normeambientali, le cose potranno cambiare

solamente se verrà istituito un crimineinternazionale specifico contro l’ambiente

promozione dei diritti umani. Repamè presente in Bolivia, Brasile, Colom-bia, Ecuador, Guyana, Perù e Vene-zuela ed è costituita da molte figuredella Chiesa cattolica, che tra le altrecose operano per l’accompagnamen-to e la difesa di territori e dei gruppivulnerabili che vi abitano (con parti-colare attenzione alle popolazioni in-digene e altre minoranze), per la pro-mozione dei loro diritti, del dialogo edella conoscenza. L’obiettivo è indivi-duare alternative ai modelli di vita e disviluppo prevalenti, secondo le pro-prie prospettive dei popoli e delle co-munità che abitano il territorio pan-amazzonico. Tra i processi prioritari,Repam promuove la formazione dileader indigeni e agenti locali dellaChiesa, chiamati a salvaguardare ilpatrimonio costituito dal territorioamazzonico. L’obiettivo ultimo è crea-re una consapevolezza diffusa circal’importanza dell’Amazzonia per l’in-tera umanità; tra gli strumenti, vi è lavolontà di definire una pastorale co-mune, sia pur con priorità diverse, trale Chiese locali di diversi paesi del SudAmerica che si trovano nel bacinoamazzonico, per creare un modello disviluppo a favore dei poveri e del benecomune. Un modello che sia allineatocon quanto papa Francesco ha di-chiarato a Temuco, in Cile, nel genna-io 2018, in occasione del Sinodo spe-ciale per i popoli della terra: l’unità«non nasce né nascerà dal neutraliz-zare o mettere a tacere le differenze[…], non è un simulacro né di integra-zione forzata né di emarginazione ar-monizzatrice. La ricchezza di una ter-ra nasce proprio dal fatto che ognicomponente sappia condividere lapropria sapienza con le altre».

Ripartizione per continentedei contratti di acquisizionesu larga scala - 2018Totale in valore assoluto: ettari 48.771.984

AMERICHE16,08%

ASIA13,44% AFRICA

51,12%

EUROPA11,58%

OCEANIA7,79%

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ste nell’intervenire su una situazione diemergenza, ma sul processo di auto-sviluppo di una comunità, in cui è lacomunità stessa a essere motore-atto-re del proprio cambiamento. Un cam-mino di autodeterminazione e respon-sabilizzazione volto a promuoverel’autosviluppo umano integrale; uncammino che «richiede dialogo e coin-volgimento con i bisogni e le aspirazio-ni della gente, richiede di ascoltare ipoveri e la loro quotidiana esperienzadi privazioni molteplici e sovrapposte,escogitando specifiche risposte a si-tuazioni concrete» (papa Francesco).

Partecipazione comunitariaPer tutti i microprogetti la realtà localefornisce un contributo: manodopera,trasporto di materiali, una parte dellerisorse. Il contributo locale è una com-binazione delle varie forme di parteci-pazione comunitaria che condividonoun principio di base: attraverso il fareinsieme la comunità, oltre a risolvere ilproblema pratico di procurare risorse,tutela la propria identità.

Attrezzare un dispensario per l’etniapigmea nella Repubblica democraticadel Congo, costruire cucine ecologicheper le famiglie peruviane di Chiota, or-ganizzare corsi di teatro per i ragazzi li-banesi nella capitale Beirut: sono pic-cole iniziative che non affrontano soloil problema immediato dell’accesso al-la sanità e all’istruzione o il bisogno diaggregazione giovanile, ma incidonosul contesto più ampio. Così, un di-spensario per le comunità indigene èanche un deciso “no” a chi vuole spaz-zarle via; le cucine ecologiche sono un“sì” alla tutela della salute e al rispettodell’ambiente; una compagnia teatralediventa occasione di intrattenimento,ma anche strumento catartico di libe-razione dagli odi etnico-religiosi, pro-tagonisti di un lungo conflitto civile.

Partecipo quindi dono, insieme alleintegrazioni di senso contenute neldossier con dati e testimonianze La ri-voluzione dei piccoli passi (anch’essoon line sul sito Caritas dallo scorsomaggio) costituisce un valido stru-mento per attuare, da parte di tutte lepersone di buona volontà, pratiche dicarità e solidarietà concreta.

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Numero e spesa dei microprogetti realizzatiper area geografica nel quinquennio 2013-2017

NUMERO MICRO NUMERO PAESI NUMERO DIOCESI SPESA (IN EURO)

MicroProgetti realizzati 1.408 82 507 6.232.255

Africa 934 36 270 4.263.930

Asia e Oceania 184 13 116 631.605

America Latina e Caraibi 183 15 82 844.970

Medio Oriente e Nord Africa 35 10 16 165.350

Europa 72 8 23 326.400

LE PROPOSTE CARITASUna metodologia, 5 ambiti di applicazioneI microprogetti sostenuti da Caritas Italiana si sviluppano in 5 macro-ambiti:. Acqua e igiene: realizzazione di pozzi per l’acqua potabile, di pompe

idrauliche, di sistemi di irrigazione, di latrine e fognature per garanti-re ambienti sani, evitando il proliferare di malattie legate a insalubri-tà e scarsa pulizia;. Ambiente: coltivazioni e allevamenti che garantiscano un’alimenta-zione giornaliera, sana e sostenibile; riforestazione di zone soggette a erosione e desertificazione, creazione di vivai;. Sanità: sostegno allo sviluppo di dispensari medici (anche nelle pri-gioni, troppo spesso dimenticate); acquisto di attrezzature mediche e strumenti diagnostici necessari per i centri medici che svolgono un servizio vitale in luoghi dove la sanità è un lusso e non un diritto;. Lavoro: piccoli prestiti per piccoli imprenditori che desiderano far nascere attività (officine, falegnamerie, saloni da parrucchiere,ecc.) ma non hanno accesso al sistema finanziario tradizionale;. Istruzione: sostegno scolastico ad alunni e docenti (acquisto di ban-chi di scuola, di materiali didattici, di computer, ecc.), supporto a radio locali che possano dare voce alla comunità, ecc.

Caritas Italiana ha pubblicato, sul suosito internet, la guida“Partecipo quindidono”: spiega cosa è un microprogetto di sviluppo, e come lo si sostiene.Pratiche di carità e solidarietà concrete,insieme a comunitàprotagonistedel propriocambiamento

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U na guida utile, a disposizione delle comunità diocesane e parrocchiali (e non solo) per capirecosa è un microprogetto. Quindi per sostenerlo. E, attraverso esso, per animare, sensibilizzare,informare sulle realtà povere del mondo.

La guida Partecipo quindi dono (in formato pdf, scaricabile dal sito internet www.caritas.it) spiegache i microprogetti sono piccoli fuochi accesi dentro tante comunità del pianeta, capaci di illuminarenuove strade di fiducia e speranza. Scegliere di sostenere un microprogetto rappresenta una propostaper ripartire dal Vangelo, per ricordare che ogni uomo è mio fratello, che siamo una sola famiglia umana.Per ricordarci che siamo cittadini del e nel mondo. Per trasmettere una diffusa cultura della solidarietà.

tunità per aprire occhi, mente e cuo-re e sentirsi parte viva di una Chiesacattolica e universale. È un circolovirtuoso di bene che lega Vangelo, li-turgia e testimonianza della carità.Vuol dire testimoniare l’unità di azio-ne interna alla Chiesa, tra diversi sog-getti pastorali, a cominciare da Cari-tas, Centri missionari e Migrantes edalle forze educative presenti nellediocesi e nelle parrocchie: soggettiche possono convergere su un pro-getto comune, oltre i confini dellespecifiche competenze e attività.

Il microprogetto è una piccolaazione a carattere sociale, che nascedai bisogni di una comunità: unostrumento concreto, con un brevetempo di realizzazione (4-5 mesi) e untetto di spesa di 5 mila euro, capace diintervenire su un bisogno specifico edi innescare un processo di cambia-mento e sviluppo. Il microprogettoporta in sé l’idea della “progettazionedal basso”, per cui la comunità chechiede il sostegno alla Caritas si attivanel suo territorio individuando i biso-gni, ascoltando le esigenze dei futuribeneficiari, facendo una ricerca sullafattibilità e sostenibilità nel tempodell’istanza da presentare.

Il microprogetto, infatti, non consi-

di Chiara Bottazzi

PARTECIPO IN PICCOLO,DONO IN GRANDE

Per far conoscere le povertà nel mon-do e riflettere sulle le cause che le de-terminano, cercando possibili soluzio-ni nel rispetto delle comunità locali.

Per una comunità diocesana eparrocchiale italiana sostenere unmicroprogetto può diventare occa-sione di concretizzare una pastoraled’insieme: l’annuncio della Parola diDio e la celebrazione dei sacramentispingono a iniziative di carità, che di-ventano segni della “Chiesa in usci-ta”. In questo caso, non solo tra i bi-sogni nel territorio parrocchiale ediocesano, ma nelle periferie delmondo. Interessarsi a un micropro-getto proposto da Caritas Italiana si-gnifica infatti trovare una molteplici-tà di spunti, riconducibili al più vastotema della mondialità; significa averecome obiettivo il coinvolgimento e lapartecipazione delle proprie comu-nità alle molteplici sfide globali. Si-gnifica quindi scoprire villaggi, città,territori del mondo e conoscerne lastoria, i problemi, le bellezze; signifi-ca incontrare le difficoltà, i successi,le necessità di comunità diverse, sologeograficamente lontane da noi.

Progettazione dal bassoTutto questo rappresenta un’oppor-

Gli ambiti dei microprogetti

33%nel settore

sociale

48%agricoltura

e allevamento

19%sanità

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LASTORIALa tessitura dellalana di alpacarappresenta la

quasi unica fonte diguadagno per la

popolazione locale.Ma a Tarma la

disoccupazione èalta come le cime

dei dintorni…

PERÙTradizione e design:un taglio alla povertà,trame di futuro perdonne vulnerabili

Magenta.Arancio.

Blu notte. Cotoni e lino. La setadecora delicatamente le stoffe.E le stoffe si modellano nellemani delle ragazze che lavoranonella sartoria sociale. È una lun-ga storia di povertà, quella dellacittà peruviana di Tarma, dov’ènato il microprogetto di sartoria“Diamoci un taglio!”. La povertàsi lega al difficile contesto geo-grafico e ambientale della citta-dina, situata a oltre 3 mila metridi altitudine; è una povertà con-nessa anche all’aria rarefatta, ai commerci difficili, all’agricol-tura pressoché inesistente. Al fatto che la tessitura della lana di alpaca rappresenta la quasi unica fonte di guadagnoper la popolazione locale.

A Tarma la disoccupazioneè alta come le montagne dei din-torni: sfiora il 70%, una percen-tuale quasi totalmente al femmi-nile. Il microprogetto “Diamoci un taglio!”, attraverso l’acquistodi macchine da cucire, stoffe,aghi e fili, sostenuto da un contri-buto di 4.500 euro, ha offertouna piccola ma significativa opportunità lavorativa alle donnepiù vulnerabili della città. I capirealizzati mischiano la coloratissi-ma tradizione peruviana con undesign all’ultima moda, in un mixoriginale di passato e presente.E sono il prodotto concreto di un progetto capace, con le for-bici, di dare un taglio alle catenedella povertà; ma anche, grazie ai fili e alle stoffe, di ricucire un tes-suto sociale strappato dalla mise-ria, dandogli nuova vita e dignità.

> Microprogetto 79/18 Perù“Diamoci un taglio!”: un laboratorio di sartoria contro la povertà

5 Realizzato!

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INDIAIl pozzo garantisce acqua alla scuola e “nutre” le palme da cocco

Il centro di formazione Boys Town, nella diocesi di Madurai, offre educazione e formazione tecni-

ca a giovani poveri, orfani o affetti dal virus dell’Hiv, che hanno scarse possibilità di accedere al mondo del lavoro. Attraverso lo scavo di un pozzo, il micropro-getto punta non solo a garantire l’approvvigionamentoidrico della scuola, ma anche ad assicurare la coltiva-zione di oltre 200 palme da cocco, fonte di sostenta-mento per il centro stesso. La vendita delle noci può infatti fruttare circa 75 mila rupie all’anno, utilissime a sostenere nel tempo le attività della scuola.

> Costo 4.900 euro> Causale MP 43/19 INDIA

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MICROPROGETTO

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MICROPROGETTO3

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GUINEA CONAKRYUn laboratorio di falegnameria,alternativa all’emigrazione irregolare

MICROPROGETTO MICROPROGETTO

REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGOOrti comunitari per famigliecon donne affette da Hiv-Aids

Un’epidemia dimenticata, che uccide 380 mila perso-ne all’anno nell’Africa sud-orientale. Un virus che,

in quell’area, viene contratto da oltre 2 mila persone al gior-no. È l’Hiv, agente responsabile dell’Aids, malattia che inte-ressa quasi 20 milioni di africani. Nella diocesi di Kikwit,Apicom (Associazione per la promozione delle iniziative comunitarie) da anni combatte lo stigma che marchia le per-sone affette dal virus. Il microprogetto prevede lo sviluppo di orti comunitari su 5 ettari di terreno, a favore di 37 fami-glie le cui madri hanno contratto l’Adis; verranno acquistatisementi e attrezzi e organizzati corsi di formazione.

> Costo 4.900 euro> Causale MP 31/19 CONGO R.D.

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NON STANCATEVI DI SOSTENERE I MICROPROGETTI! INFO: [email protected]

BRASILE“Radio Presença”, programmi on lineper strappare i ragazzi alla strada

Secondo l’ultima ricerca sulla violenza in Brasile,ogni giorno vengono uccise 153 persone. I giovani

sono facile preda di droga e narcotraffico. Il microprogetto"Radio Presença" vuole promuovere le attività della Casado Menor, ong che da oltre 30 anni organizza, nelle perife-rie della Baixada Fluminense, area metropolitana di Rio de Janeiro, corsi di danza, calcio, teatro, percussioni, circo.L’obiettivo: strappare il maggior numero possibile di ragaz-zi alla vita di strada. Grazie al microprogetto verranno acquistati microfoni, computer e attrezzature per la trasmis-sione on line di programmi rivolti ai giovani.

> Costo 4.900 euro> Causale MP 41/19 BRASILE

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Fermare l’emorragia di giovani che se ne vanno dalla Guinea Conakry a causa di una povertà difficile

da estirpare. Siamo nel villaggio di Kokota, la percentualedi ragazzi costretti ad abbandonare la scuola per provvede-re alla famiglia è elevatissima. Per questo la Caritas dioce-sana di N’Zerekoré ha proposto un microprogetto per offri-re a 20 giovani la possibilità di formarsi come falegnami e avviare un laboratorio di carpenteria. Sarà acquistato il materiale necessario allo sviluppo dell’attività lavorativa,offrendo un’alternativa all’immigrazione che, tra l’altro,spesso avviene attraverso canali illegali.

> Costo 4.900 euro> Causale MP 34/19 GUINEA

2

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che vivono in condizioni dispe-rate nei boschi vicino Pordeno-ne. «Appena posso vi portomagliette e pantaloni», dice Lorena quando li raggiunge,mentre suo marito spiega loroche in caso di necessità di cu-re è un diritto andare al prontosoccorso, anche se si è sprov-visti di un documento di sog-giorno. Lorena rappresenta il volto dell’Italia migliore, quel-la che cura, accoglie e aiutachi è in difficoltà nelle zone di confine. Sono quattro donnele protagoniste del film, realizza-to in collaborazione con Medicisenza frontiere e prodotto da ZaLab. Lorena si spinge dove nessuno vuole vedere, neiluoghi dell’esclusione, per porvirimedio, dal basso. Con la suastoria, il film racconta anche di Giorgia a Como, di Elena in Val di Susa, di Jessica a Co-senza: donne accomunate dal-l’aver compiuto una scelta chiarasu, appunto, dove bisogna stare.

DIGITALERe-stare bene,c’è un’app percurare gli anzianie farli aggregare

Trecento persone anziane coin-volte in un’attività di socializza-zione, benessere e promozionedella salute. È l’ambiziosoobiettivo del progetto Re-Starebene insieme, promosso dallaCpd – Consulta per le personein difficoltà, finanziato dal mini-stero del lavoro e delle politi-che sociali con la collaborazio-ne della regione Piemonte.L’iniziativa vede coinvolti varie

circoscrizioni della città di Tori-no e i comuni di alcune valli;prevede la sperimentazione di una nuova app che facilital’accesso alla prevenzione e ai medici da parte di personecon difficoltà ad affrontare lun-ghi spostamenti: lo strumentoconsente di tenere sotto con-trollo i parametri vitali degli anziani, in modo da registraretempestivamente l’insorgenzadi problemi, ma permette an-che videoconsulti specialisticia distanza. Le persone anzianeche vorranno sperimentarel’applicazione saranno aiutate,nei centri aggregativi, da perso-nale formato. Il programma haanche l’organizzazione di puntiaggregativi, ciascuno dei qualisarà coinvolto in dieci eventi

tra fuori porta, visite, scambicon gli anziani che frequentanoaltri punti aggregativi. La speri-mentazione sarà monitorata e analizzata, in collaborazionecon l’Università degli studi di Torino, per comprendere i risvolti socio-relazionali del-l’impiego di strumenti di curadigitale rivolti a un pubblico anziano.

LIBRILa mafia che convive con politica e grande industria

Seguite i soldi, troverete la ma-fia: lo diceva Giovanni Falcone,come ricorda Pecunia non olet.La mafia nell’industria pubblica

Una stagione teatrale senza scenografia, costumi, azioni. Solo la parola. In fondo, l’ascolto può infrangere confini, avvicinarespazi lontani, sviluppare analisi critica. Attraverso la radio, poi,questa parola arriva anche a chi, tra le persone malate, anziane,disabili o non vedenti, a teatro non ci può andare. La propostadel comune di Massa Marittima (Gr), Teatro on air, mette insie-

me lettura scenica e mezzo radiofonico.In concreto, si tratta di una serie di spettacoli che prendono vita nella bibliote-

ca comunale di Massa Marittima, con pubblico presente, e diffusi ovunque attra-verso www.radiooltre.it, emittente dell’Istituto dei ciechi “Francesco Cavazza”. La lettura scenica è una forma di espressione teatrale a tutti gli effetti, con ele-menti propri. Non avrebbero mai partecipato a “spettacoli mancati” i nomi in car-tellone: Giuseppe Cederna a febbraio con Odisseo il migrante; Paolo Sassanelli e Ivano Marescotti a marzo con opere rispettivamente di Dostoevskij e Cechov.Chiuderà il 4 maggio Parole Note Live, di Giancarlo Cattaneo e Maurizio Rossato.

Il sito www.teatro-on-air.com raccoglie i podcast delle serate. E ci sono tutti i pre-supposti per bissare l’anno prossimo. Massimiliano Gracili, già promotore del primofestival di lettura scenica d’Italia, è il direttore artisticodi questo ciclo di spettacoli: «Nella storia della radio c’è una lunga consuetudine con il teatro, ma qui la proposta arriva da un territorio specifico e riguardaun investimento sulla cultura che non resta circoscrittoa una dimensione locale. E poi, come si dice, in televi-sione le immagini sono belle, ma alla radio di più!».

Una stagione fatta solo di parole:“Teatro on air”, letture sceniche alla radio

pontiradio di Danilo Angelelli

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zoom

CINEMALa paranza,ritratto di unagenerazioneche si perde

Adolescenti napoletani che, come tanti altri, indossano soloscarpe e mutande griffate. E guardano il mondo che li cir-conda con arroganza, da preda-tori. Ragazzi che hanno famiglietradizionali, normali, come ver-

rebbero definite nella percezio-ne comune. Giovani che guar-dano a oggi. Dentro un oggi chegli consuma il futuro, ma loronon sono in grado di saperlo.Ragazzi e ragazze che, dunque,sono senza futuro, perché un

Gli oratori della diocesi di Milanolanciano la loro sfida al cyber-bulli-smo con un corso di formazionesulla piattaforma di e-learning OraMiFormo (www.oramiformo.it),la prima dedicata a favorire l’uso

responsabile della rete. Il corso è promosso dalla Fon-dazione oratori milanesi (Fom) e concepito in manieraspecifica per gli educatori degli oratori e gli operatoripastorali. A sostenere il corso, insieme alla FondazioneClerici, è la Fondazione Carolina, soggetto non profit dedicato a Carolina Picchio, la prima vittima di cyberbul-lismo in Italia. Il 91% dei giovani italiani tra 14 e 18 anni è iscritto ad almeno un social network e l’87% usa uno smartphone connesso a internet (fonti: Censise Polizia postale). Alcune ricerche attestano che quasi

un ragazzo su 4 è coinvolto, direttamente o meno, in casi di bullismo e cyberbullismo. Attraverso video e contenuti multimediali, OraMiFormo introduce alla cono-scenza dei nuovi fenomeni, come il sexting e la sextor-tion; aiuta a cogliere i primi campanelli di allarme dei comportamenti devianti di cui si rendono responsa-bili gli adolescenti o di cui sono vittime; fa luce sui mec-canismi tecnici con cui funzionano i principali social net-work e i sistemi di messaggistica; approfondisce anchele implicazioni legali e le responsabilità penali introdot-te da recenti normative. Le 12 ore di lezione complessi-ve, per accedere alle quali occorre sottoscrivere unaquota di iscrizione, contemplano contributi video e mul-timediali. Il percorso si conclude con incontri in presen-za, che integrano e verificano l’acquisizione dei concettisomministrati in rete. [d.p.]

OraMiFormo, piattaforma online perriconoscere e prevenire il cyberbullismo

perde, e va ad alimentare le filadella criminalità organizzata.

CINEMAQuattro donneindicano dovebisogna stareper resistere

Un film che parla dell’oggi. Che restituisce valore a piccoligrandi atti quotidiani. Dove bisogna stare: il film realizzato

da Daniele Gaglianone e Stefa-no Collizzoli racconta storie e scelte configurabili come pic-cole, grandi resistenze quoti-diane. Per esempio la scelta di Lorena, un’anziana signorache ha rinunciato a una vita comoda da pensionata per de-dicarsi agli altri, ai migranti pro-venienti dalla rotta balcanica,

futuro non lo vedono. Non gli interessa, in fondo: esistesolo un qui e ora, e un qui e orache deve essere all’altezza del-le loro aspettative, cioè soldi,benessere, lusso. Non hannopaura, né del carcere, né di fini-re ammazzati. Senza paura e senza coscienza del bene e del male cominciano a delin-quere, la loro unica scelta è vi-vere scommettendo su un’oggiche pregiudica il domani.

La paranza dei bambini è un filmdiretto da Claudio Giovannesi e tratto dall’omonimo romanzodi Roberto Saviano: presentatoal Festival di Berlino e apprezza-to dalla critica, il film è lo spac-cato di una generazione che si

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villaggioglobale

di Daniela Palumboatupertu / Ezio Mauro

L’uomo bianco (Feltrinelli) è un libro su di noi. Sull’Ita-lia che è vittima e carnefice dentro una mutazione cul-turale che sembra procedere in direzione di una derivaautoritaria e razzista. Ezio Mauro – l’intellettuale cheha guidato per vent’anni uno dei principali quotidianidel paese, la Repubblica – racconta come è maturatala “teoria dell’uomo bianco”. E perché ci riguarda tutti.

Lupo, il protagonista di molte suepagine, è Luca Traini, che il 3 feb-braio 2018 a Macerata ha sparatomirando ai “negri” e ferendo seipersone. Ora dice di essersi penti-to, ma il punto è un altro: perchéha scelto lui, come emblema di questa Italia che ci siamo ritro-vati addosso?

Ho scelto Lupo perché è un caso limi-te, ma non isolato: ricordo, tra i tantiepisodi dell’ultimo decennio, gli sparidel 2010 a Rosarno contro i “negri” e l’uccisione di Soumaila Sacko, sindacalista, in Calabria. Lupo è statoriconosciuto perfettamente in grado di intendere e volere. Siamo dunquedavanti a un giovane uomo che escedi casa con la pistola nel giubbotto e due scatole di proiettili per sparare a gente che non conosce, soltanto per il colore della pelle.Lupo riassume in sé il passaggio dalla “normalità” italiana al precipizio in cui siamo crollati. Racconta la sua discesa, la decisione, la tecnica, il dopo.

Lupo, guida all’abisso:«L’odio si sprigionanel mare di giudizi chenon fanno una causa»

L’Europa è unagigantesca modernautopia diventata

realtà. Il sovranismoimmiserisce ogni cosa: però certo l’Europa va riformata, così da poterla rilanciare

È la nostra guida all’abisso che si spalanca davanti a noi.Quanto hanno influito i social nello sdoganamentodel linguaggio verbale aggressivo, di odio? C’è unacorrelazione fra il linguaggio violento e gli episodi di manifesta intolleranza?

Lo strumento è formidabile. I social permettono di inter-venire su tutto e di conoscere immediatamente tutto.

Ma il loro uso ha rattrappito il pensiero,ha abolito il contesto, ha sopraffattol’opinione mediana, temperata. Ha au-torizzato l’insulto e l’odio come espres-sione politica. L’opinione pubblica è al corto circuito: si esprime in un ma-re di giudizi privati che non formano una“causa”, un sentire comune, un sensocondiviso del reale.

A proposito, ha ancora senso l'idea-le di Europa unita? Di comunità?

L’Europa è unita nella coscienza spon-tanea dei nostri figli, che si sentono cittadini del mondo, e non vogliono vederlo rinchiudersi. L’Europa è una gigantesca moderna utopia diventatarealtà, ma incanalata in una deriva burocratica che porta spesso alla lucesolo i vincoli che derivano dall’Unione,

smarrendo le ragioni di quei vincoli. La polemica sovrani-sta immiserisce ogni cosa, trasformando l’Europa in una potenza straniera, quasi occupante. Certamenteperò va riformata, per poterla salvare e rilanciare: ne abbiamo un assoluto bisogno.

LIBRIVivere conmamma o papàsegnati dadisturbo mentale

Quando mamma o papà hannoqualcosa che non va. È il titolodel libro realizzato da Comip –Children of mentally ill parents,un’associazione di promozionesociale creata da e per i figli di genitori con disturbo psichico.Il libro è una miniguida alla so-

pravvivenza, pubblicato dal Ce-svol di Terni, con il contributo di Aga, Autorità garante dell’in-fanzia e dell’adolescenza. Scopoprincipale dell’iniziativa è rompe-re il tabù che condanna chi vivetale situazione al silenzio e allavergogna, in solitudine. Il libro di Comip – la cui presidente è Stefania Buoni, lei stessa figlia di persone con disturbomentale – vuole essere uno stru-mento per informare e sensibiliz-zare personale docente, ragazzi

e più in generale l’opinione pub-blica. In Italia ci sono circa 391mila ragazzi fra i 15 e i 24 anni(dati Istat 2015) che si prendo-no cura di un familiare, con riper-cussioni dolorose sulla loro vita.Scuole, case-famiglia, centri par-rocchiali o associazioni che vo-lessero ricevere gratuitamente la guida, nonché invitare perso-nale di Comip a spiegare il feno-meno, possono scrivere a [email protected], o consultare il sito www.comip-italia.org

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Al servizio della sicurezza collettiva:Vigili del fuoco, pensieri e paroledel corpo più amato dagli italiani

di Francesco Dragonetti

Luis Antonio GokimTagle Il rischio del-la speranza (Emi,pagine 157). L’ar-

civescovo di Manila, pre-sidente di Caritas e Fede-razione biblica cattolica,riflette sulla lettura dellaParola nella Sacra Scrittu-ra, sul mistero di Gesù,sull’esegesi teologicadella vita quotidiana.

LIBRIALTRILIBRI

Ilarion Alfeev Litur-gia (Edb, pagine418). La liturgia è l’elemento che

meglio caratterizza cultura e animus del cristianesimoorientale. Ampie citazionidi inni e preghiere dellaChiesa orientale: il lettoreè accompagnato a scopri-re un tesoro millenario di poesia e spiritualità.

Autori vari Chiesatra le case (Edb,pagine 72). «La parrocchia alla

prova della grande città»è il sottotitolo: la parroc-chia è sfidata a immer-gersi nel territorio, nei po-li che costruiscono cultu-ra e socialità, negli spaziche generano bisogni, solidarietà e democrazia.

paginealtrepagine

Li apprezziamo e li ricopriamo di elogi per lo più in occasione di grandi e drammaticieventi, dal terremoto al naufragio. Ma loro prestano la loro attività ovunque sia neces-sario, quotidianamente, impiegando personale in situazioni spesso di pericolo, persoccorrere le vittime di crolli, esplosioni, dissesti idrogeologici e naturalmente incendi:sono i vigili del fuoco, popolarmente chiamati pompieri, dotati di attrezzature dalla tec-nologia particolarmente avanzata, ma anche di grande umanità. Basti ricordare la figu-ra del pompiere che, nell’Italia di quasi 40 anni fa sostenne il povero Alfredino Rampi,finito in un pozzo artesiano a Vermicino, parlandogli per oltre 24 ore con un megafono.

Questi “angeli in tuta rossa”, deputati a garantire sicurezza ai cittadini, come con-fermato dal Rapporto Italia 2019 dell’Eurispes sono un’eccellenza non sempre ade-guatamente ricordata e raccontata del nostro paese, anche se costituiscono il corpocivile più apprezzato dall’opinione pubblica. L’87,3% degli italiani, infatti, esprime neiloro confronti una fiducia positiva.

Ogni città ha i suoi “eroi quotidiani”, racconta Giuliano Musi I punpir ed Bulaggna. I pompieri di Bologna (Minerva Edizioni, pagine 256): come testimoniano i documenti ufficiali, in oltre 200 anni il corpo dei vigilidel fuoco è cresciuta e si è radicato in tutti gli angoli del paese, basandosisu una preparazione professionale che tutti riconoscono. Ne è testimonian-za anche Alessandro Mella, Claudio Di Francesco Vigili del Fuoco in posa1939-1945. Ritratti dei pompieri di Milano nella seconda guerra mondia-le (Editore Marvia pagine 232).

Ma fuori dalle luci della cronaca, quali sono le riflessioni, i pensieri, le attese dei vigili del fuoco? Paolo Tolese Sarnano, in provincia di Macerata… Liberi pensieri di pompieri (Youcanprint, pagine 32), presenta il racconto di uno di loro, scritto sotto forma di diario, regalandoci un intimo viaggio tra i pensieri di chi deve mettere a repentaglio la propria sicurezza per assicura-re quella degli altri. Nella quotidianità i pompieri vivono poi la loro specificavocazione civile, e anche spirituale, come spiega suor Roberta Vinerba Quan-do salvare vite umane è lavoro quotidiano (Paoline, pagine 160), presentan-do l’esperienza di quattro vigili del fuoco e il loro impegno, che trasforma una vita ordinaria in “qualcosa di grande”: «Il coraggio è anche paura – scrive l’autrice – e dolore e fatica sono materiali preziosi per la costruzione di un uomo». Perché, anche in questo caso, il servizio è la chiave della felicità.

(Chiarelettere), libro scritto dal giornalista e scrittore Ales-sandro Da Rold. L’autore rac-conta, fra l’altro, di quando unodei più importanti boss mafiosi,latitante per vent’anni, facevaaffari per conto di Finmeccani-ca, fiore all’occhiello dell’indu-stria pubblica italiana. Una storia che appare incredibileperché sconcertante nella sualampante visibilità. Anche senel nostro paese non è l’unica.Fra omertà, giochi diplomaticiinternazionali e grandi affari, il libro racconta con lucidità chi copre la mafia. Ma raccontacon giusto equilibrio anche chi la combatte con tenacia e coraggio, rischiando la vita.

LIBRISfida crucialeper i genitori:imparare aeducare se stessi

Il libro di Sa-brina D’Orsiha testisemplici e una scrit-tura essen-ziale, ma cu-rata. Viveresemplice.

Con i figli, con se stessi (Natu-ra e Cultura editrice) vuole essere uno strumento pedago-gico che mira a farci tornare alle origini dei contesti educati-vi. Ovvero, a quando eranol’esempio e il gesto a educare,e non parole costruite, nonsentite, lontane dal “vissuto insieme” familiare. Oggi la vitadi corsa, che facciamo tutti, ci impedisce di sperimentarecon i nostri figli i tempi educati-vi dell’esempio, della condivi-sione, del contatto con la natu-ra. L’autrice consiglia un passoindietro, ma positivo. E fa moltiesempi di vita insieme, per rac-contare come l’educazione di un figlio nasce prima di tuttodall’educazione di se stessi.

Page 25: Come SIRIAggiusta? - Caritas Italianas2ew.caritasitaliana.it/materiali/Media/Italia_Caritas/2019/IC03_apr2019.pdf · anche la notte» (21,12). Se nella per-cezione di coloro che interrogano

ha vintole tenebre

del mondo

da così grande splendore:

la luce del Re eterno

la terra Gioisca

inondata

La Risurrezione illumina le nostre notti, e indica la via della carità.Auguri di buona Pasqua da Caritas Italiana e Italia Caritas!

(dall ’Exsultet)

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