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  • FORMAZIONE LITURGICA

    Culmine e Fonte 1-2005 1

    A immagine della Trinit

    L a famiglia la struttura fonda-mentale in cui la persona crescee si sviluppa, il luogo naturalein cui egli trova la sua collocazioneumana e spirituale. I rapporti familiarisono i fondamenti e le basi di ogni re-lazione tra gli uomini, il loro retto svi-luppo e il loro equilibrio garantisconola crescita delluomo e lo aiutano a vi-vere integralmente la sua vocazioneumana a immagine di Dio.

    Questa immagine e somiglianzanon una realt statica e immobile:

    significa somigliare alla Trinit anchenel suo aspetto relazionale, nella ca-pacit di essere comunione di perso-ne, immagine sublime di amore checonsiste nellassoluta libert di donarsie nellassoluta capacit di ricevere.

    lamore il centro della famiglia, laragione della sua esistenza, cos comenella Trinit le relazioni divine ci mo-strano linfinita forza dellamore checon la sua fiamma si diffonde e dilatafino a incendiare lintera creazione.

    QuellAmore che unisce il Padre e ilFiglio, lo Spirito Santo che spira dallU-no e dellAltro e che il respiro vitaledella Trinit, e quindi della creazione, Dono che le divine persone si fanno, enello stesso tempo Grazia che ciascu-na riceve. Il vorticoso movimento trini-tario diviene dunque un eterno scam-bio damore e di vita, un abbraccio incui tutta la creazione stata coinvolta.

    Tutto stato creato per questoamore e in vista della relazione amo-rosa con le tre divine Persone. Tutte lecreature portano in loro la firma stu-penda dellamore trinitario e tuttecantano coralmente questamore. Nel-larticolazione e nellequilibrio di tut-ta la creazione si ode larmonia supre-ma della Trinit. Nella diversit che siricompone, nella divisione che si ri-congiunge, nelle repulsioni e attrazio-ni che muovono la vita di tutte lecreature noi scopriamo la luce di que-sta impronta divina che sostiene emuove con il suo amore luniverso.

    Maschio e femmina li credi mons. Marco Frisina

    Andrej Rublev, la Trinit, Icona, Galleria Tretjakov, Mosca

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    Luomo, che tra tutte le creatureporta in modo precipuo la somiglianzacon il suo creatore, capace di amare edi relazionarsi in modo cosciente e libe-ro con la creazione e con gli altri esseriumani. In lui la necessit di trovare uncompagno, ovvero di condividere il de-siderio di relazione con un altro essere,pure in cerca di integrazione, nasceproprio dal suo essere persona, daquellimmagine e somiglianza con Dioche porta impressa nel suo cuore e chefa la sua grandezza.

    Maschio e femmina

    Il racconto di Genesi ci rivela unarealt meravigliosa e profonda, ci facomprendere come il nostro essere aimmagine di Dio si realizza nellunio-ne nuziale della diversit sessuale ma-schio-femmina, una diversit cheprovvidenzialmente non significa con-flitto e antagonismo, ma complemen-tariet. Lunione tra un uomo e unadonna diviene lelemento fondamen-tale su cui pu nascere una nuovarealt fondata sullamore e sulla suafecondit: la famiglia. Questa diver-sit profonda tra luomo e la donna sifonda sulla differenziazione fisiologi-ca e psicologica della realt sessuale e,nello stesso tempo, questa diversitdiventa possibilit di comunione. I ses-si nella loro complementariet tendo-no a ricomporsi in ununit nuova emirabile in cui la relazionalit dellacreatura umana si realizza in pienez-za. Per questo il libro della Genesi ri-ferisce la differenziazione allunicaimmagine di Dio, che si rivela dallu-nione delluomo e della donna.

    Dio cre luomo a sua immagine;a immagine di Dio lo cre,maschio e femmina li cre. (Gen 1,27)

    La dinamica sessuale poi non finea se stessa, in quanto la benedizione eil comando che segue le donano unaprospettiva pi ampia, una partecipa-zione alla stessa creazione che vienearricchita di nuove creature grazie al-lamore che unisce luomo alla donna.

    Dio li benedisse e disse loro:Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra;soggiogatela e dominate (Gen 1,28)

    Nasce cos la famiglia: la sessualite la fecondit diventano la sua forza e

    Dio crea la donna, dal costato delluomo, Bibbia di Borso dEste, vol I, c 5 v (particolare)

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    lesercizio dellamore di Dio in essa lafa risplendere come immagine dellagloria stessa del Creatore, il quale simanifesta proprio nella realt dellapaternit e della maternit.

    Il Mistero grande

    Paolo, nella lettera agli Efesini(5,21-6,9), presenta unimmagine difamiglia e soprattutto una teologiadelle nozze molto importante.

    Lidea paolina parte dalla conside-razione fondamentale dellefficaciadel mistero pasquale nella realt ma-trimoniale. questo il mistero gran-de, perch nel matrimonio si vede larealizzazione della Pasqua, si mostralimmagine della Nuova ed Eterna Al-leanza compiuta dal Signore.

    Limmagine nuziale inizia e concludela rivelazione biblica; tutta la Scritturavive di questo simbolo nuziale e se neserve per spiegare il rapporto damoreche intercorre tra Dio e lumanit. Unrapporto damore che viene codificatoda unalleanza che segna il patto nuzia-le tra Dio e il suo popolo.

    Nel racconto della creazione delluo-mo di Gen 2,4-25 la relazione tra luo-mo e la donna rivela il mistero delluo-mo che, creato a immagine e somi-glianza di Dio (Gen 1,26), manifesta ilmistero della comunione tra lo sposoe la sposa, quellessere una sola carneche il fondamento del matrimonio edella famiglia. Paolo sottolinea, riferen-dosi a Cristo e alla Chiesa, quanto siagrande il mistero che nel sacramentonuziale si rivela: il segno dellamore edella comunione tra luomo e la donnadiviene segno dellamore di Cristo con

    la Chiesa. Ma questo legame si fondasulla Croce salvifica. Il siate sottomessiluno allaltro lo stile fondamentaledel cristiano perch lo stile di CristoSalvatore: questa sottomissione signifi-ca il modo con cui Ges si pone a servi-zio delluomo e della sua salvezza. Tuttii battezzati ripetono il gesto di CristoRedentore e nel matrimonio questo ge-sto di Cristo si rinnova.

    Bisogna infatti ricordare che ogni sa-cramento un gesto salvifico di Cristocompiuto nel suo corpo, che la Chie-sa. Ognuno di questi gesti damore efficace perch a compierli il Signorestesso. Laffermazione paolina voi sie-te il corpo di Cristo va intesa nel suo si-gnificato forte e decisivo: il corpo di Cri-sto Risorto vivo nella Chiesa e la gra-zia che ne promana talmente efficaceda trasformare il mondo.

    Lalleanza nuziale, segno dellAllean-za tra Dio e il suo popolo, ha le sue leg-gi, le sue regole. Lelenco dei precetti diDio a Israele non semplicemente unasuccessione di comandi, ma una testi-monianza damore reciproco. Le richie-ste di Dio al suo popolo sono quelle diuno Sposo esigente che, nella sua divi-na gelosia, pretende una fedelt asso-luta da parte della Sposa.

    Questa immagine diventa portantenellannuncio dei profeti a cominciareda Isaia e Osea. Come annunciato daiprofeti, nellamore fedele di Dio per ilsuo popolo pi volte infedele adom-brato il mistero della redenzione (Os2,21-25; Is 54,1-17; Ger 31,31-34; Ez 16).Israele ribelle si allontana dallamore diDio, da quellalleanza che come unpatto nuziale perch si fonda sullamoreinfinito di Dio. Il profeta Osea allora addirittura chiamato a sposare una pro-

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    stituta (Os 2ss) e ad avere figli di prosti-tuzione perch Israele una sposa infe-dele come quella che, simbolicamente, la sposa del profeta. Le vicissitudini chesi susseguono nella vita di Israele mo-strano da una parte il dolore di Dio, chesi vede costretto a ripudiare la moglieinfedele, e dallaltra parte la sofferenzadella Sposa rifiutata, che resta in baliadelle potenze del mondo, vittima di de-vastazioni, guerre, deportazioni. Il dolo-re della lontananza da Dio diviene unapunizione medicinale da parte del Si-gnore, che nonostante tutto continuaad amare la sua Sposa infedele.

    Il suo desiderio rimane quello di ri-conquistarla, di ricondurla a s, di far-le invertire la strada: la conversio-ne, che in ebraico si esprime propriocon il termine tornare indietro.

    La venuta di Cristo diviene il compi-mento mirabile di questo mistero:egli lo Sposo che viene a riprendersi laSposa, purificandola dalle sue infedelte presentandosela davanti pura e im-macolata (2Cor 11,2; Ef 1,4; 5,27). Gio-vanni Battista, amico dello Sposo, colui che prepara la Sposa allincontro,come gi avevano fatto i profeti primadi lui (Gv 3,26-30) e Cristo lo Sposo cheviene alle nozze iniziate in Cana (Gv 2,1-12) e realizzate sulla Croce (Gv 19,25-30). Il vino nuovo che sgorga dalle idriecontenenti lacqua della purificazionerappresenta la Nuova Alleanza nella-more che Cristo viene a realizzare e cheha nel segno delle nozze di Cana lar-chetipo (in greco si usa la parola ar-ch, principio). La storia della salvez-za come una festa di nozze: cos ci di-cono tutte le parabole nuziali dei Van-geli (Mt 22,1-14; 25,1-13; Lc 14,16-24), incui Cristo lo Sposo.

    In Giovanni la Croce lora nuzialedel Salvatore: in quel momento il nuo-vo Adamo genera dal suo costato lanuova Eva, quello il momento in cui sancita la Nuova Alleanza nel suosangue e nel suo amore infinito.

    Ges ci rivela che tutti siamo statiinvitati a queste nozze (Mt 22,1-14;25,1-13) che si compiranno alla finedei tempi, quando finalmente la Spo-sa, purificata e santificata, vestir laveste di lino splendente e, raggiante,si unir allAgnello-Sposo (Ap 19,6-9).La vita della Chiesa che intercorre trala risurrezione e lschaton il tempodellannuncio, della prova, della gioiae del dolore quotidiano che ha la suaimmagine in Maria Maddalena (Gv20,11-18), colei che non pu trattene-re Ges ma che da lui invitata ad an-nunciare le nozze eterne al mondo.Questo tempo della Chiesa per an-che il tempo della famiglia, ovvero iltempo in cui il segno di questo mi-stero grande si rivela al mondo pre-parandolo al suo compimento.

    Miracolo delle nozze di Cana, miniatura

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    P artecipando agli incontri di pre-parazione al matrimonio, hopotuto constatare che molti fi-danzati non avevano mai pensato alsignificato etimologico dei termini cheusiamo normalmente, a proposito delmatrimonio, quali appunto matrimo-nio, nozze, coniugio, connubio, sposoe sposa, ma anche anello (vera, fede),velo e simili. Vediamoli in concreto.

    Matrimonio. Non correlativo apatrimonio?

    Ebbene s. Le due parole vengonodal latino e precisamente patris / ma-tris munus, cio compito del padre /della madre. In una cultura primitiva,compito del padre era quello di prov-vedere alle necessit (piuttosto mate-riali): il padre andava a caccia, a pesca,al lavoro insomma. Compito della ma-dre era quello di curare la casa, alleva-re ed educare i figli. Matrimonio eraquindi il curare la famiglia. Anche seoggi la societ cambiata, il permane-re del termine indica che quel modoantico di concepire il matrimonio ri-sponde alla natura di questa istituzio-ne. La Bibbia cos la concepisce.

    Coniugio, da cui deriva il verboconiugare, coniugato e laggetti-vo coniugale. Anche questo terminederiva dal latino cum-iugare, che asua volta deriva da iugum (giogo). Ilverbo evoca limmagine di due buoiaggiogati insieme per tirare laratro.

    importante sottolineare la prepo-sizione con, che significa insieme. Almio paese, da bambino, ho imparatouna parola latina (anche se non sapevofosse latino). Quando, in una societcontadina, uno aveva solo un animale(mulo, cavallo, bue), per arare i propriterreni (prima del trattore a motore),aveva bisogno di una seconda bestia.Allora faceva una societ con un altrocontadino, che aveva anche lui un ani-male da tiro. Questo contratto si dice-va insimulare, cio mettersi insieme.Nel coniugio, i due si mettono insiemeper tutto e per sempre.

    La preposizione con sta anche inconnubio.

    La base di questa parola il latinonubes (nube). La donna, quandosposa, nubet, cio si mette sotto lanube. Connubio indica quindi lo staresotto la stessa nube (o lo stesso tetto).La donna non sposata perci nubi-le, cio, pu ancora andare sotto lanube. Il matrimonio ebraico prevedeche i due sposi stiano sotto una tenda,o coltre. Anche il velo, che copre il ca-po della donna e (nel rito bizantino)le spalle delluomo, pu avere lo stes-so significato.

    Il participio perfetto di nubeo nuptus/a, da cui il sostantivo nup-tiae, cio nozze.

    La tradizione rituale distinguerdue momenti nella celebrazione del

    Un po di etimologiadi p. Ildebrando Scicolone, osb

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    matrimonio: il primo sar il matrimo-nio come patto, e seguir gli usi e lacultura del tempo e del luogo (a Ro-ma si faceva in casa), il secondo sarchiamato nozze, e consisteva per i cri-stiani nella benedizione nuziale. Que-stultima si faceva durante la messa.In passato cera la proibizione di farequesta benedizione nei tempi peni-tenziali. Ricordate il precetto: non ce-lebrare solennemente le nozze neitempi proibiti.

    Altro termine sposo/a. Il termine il participio passato latino sponsus,che viene da spondeo (= promette-re). Lo sposo quindi promesso aqualcuna (meglio viceversa). La pro-messa pu riguardare il presente(sponsalia de presenti) o il futuro(sponsalia de futuro). Questo secon-do tipo corrisponde al nostro fidanza-mento, che significa promettere fe-delt. Gli sposi sono quindi promessiluno allaltra. Il titolo Promessi sposirisulterebbe cos una tautologia.

    Segni del matrimonio sono il velo(lo abbiamo ricordato), la corona elanello.

    La corona molto importante nel-loriente bizantino, tanto che la se-conda parte del matrimonio si chiamaincoronazione (in greco: stephania).Il nuovo rito italiano ne prevede lapossibilit. Il sacerdote, imponendo lacorona sulla testa dello sposo dice: N.

    ricevi N. come tua corona. Questapu essere doro, dargento o di fiori.

    Lanello segno di legame. La tra-dizione lo vuole al fidanzamento (lo sichiama fede). Ma esso si declina: aldito si chiama anello, al collo collana,allorecchio orecchino, al polso brac-ciale, alla vita cintura. Sono tutti segnidi vincolo o di abbraccio.

    Dal verbo greco gamo (= unire)derivano i termini monogamico e poli-gamico, bigamo e simili. Il greco lousa per i fiori e (piante crittogame),perch sono gli organi della riprodu-zione. Si tratta quindi di una unionein vista della fecondit.

    Letimologia delle parole, che ancoroggi usiamo, ci riporti allordine natu-rale, che la societ contemporaneasembra voler dimenticare o negare.

    Il prete invita gli sposi allo scambio degli anelli,miniatura medievale

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    Premessa

    N ella cultura occidentale la pri-ma parte della Bibbia chia-mata comunemente Penta-teuco con riferimento ai cinque librida cui essa costituita. Nella tradi-zione ebraica questo insieme di libri indicato con il termine Torah, chesignifica insegnamento1 e quindiconcentra lattenzione sul fatto che itesti contengono linsegnamento di-vino, la Parola che guida il popolo acomprendere la presenza liberatricedi Dio allinterno della storia e aorientare fiduciosamente la propriavita secondo il disegno salvifico dellasapienza divina. La stessa raccolta ca-nonica dei Profeti e degli altri Scrittiha la funzione, dentro la tradizionedi Israele, di offrire le indicazionifondamentali perch la Torah possaessere compresa e attualizzata, di ge-nerazione in generazione, secondo lesue inesauribili virtualit. La convin-zione che la Torah costituisce, nellastruttura del canone biblico, linse-gnamento divino per antonomasia alla base di una crescente attenzioneche essa riceve sia in sede di ricercascientifica, sia nellambito di unazio-ne pastorale consapevole del valorevitale e insostituibile della Scrittura.

    In questa prospettiva appare eviden-te che una riflessione biblica sullamoresponsale, che intenda offrire la luce del-la Parola di Dio per la comprensione del

    sacramento del matrimonio cristiano,trova proprio nella Torah il suo puntoideale di partenza e lorizzonte fonda-mentale del suo cammino.

    Nel presente articolo si esaminano idue testi iniziali della Genesi che par-lano dellamore sponsale2. A questo ri-guardo significativo non solo che laTorah inizia con due racconti, comple-mentari, della creazione, ma anche ilfatto che in entrambi questi raccontilamore delluomo e della donna costi-tuisce lo spazio in cui il Creatore rea-lizza il suo disegno damore e rendeluomo capace di esprimersi in tutti gliambiti della propria storia con il dina-mismo dellamore divino.

    1. Maschio e femmina li cre(Gen 1,27)

    La prima pagina della Torah con-tiene il racconto sacerdotale dellacreazione. Con una descrizioneprofondamente teologica lazione delCreatore, che nella luce del giornounico chiama allesistenza luniver-so, presentata secondo uno schemasettimanale che culmina nel settimogiorno: il giorno del riposo. ilgiorno in cui Dio contempla nellagioia del suo cuore lintero creato e loaccoglie in s perch sperimenti laprovvidenza del suo amore3. In que-sto modo il racconto della creazionetermina orientando al sabato: al gior-

    Lamore sponsale nellorizzonte di GEN 1-2di P. Giovanni Odasso, crs

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    no in cui il popolo del Signore, me-diante il riposo, testimonia la vocazio-ne di ogni uomo a essere partecipedella vita di Dio e strumento della suasignoria nel mondo. Nellorizzontedella Torah, infine, lorientamento alsabato anche orientamento al tem-pio, al santuario dove il Signore ponela sua dimora regale. Come nei rac-conti dellorigine del mondo, elabora-ti nella tradizione dellOriente Antico,in modo speciale nella cultura meso-potamica, il racconto sacerdotale diGen 1 offre il quadro teologico percomprendere il tempio come il luogodella dimora del Signore, che, inquanto Re salvatore, presente salvi-ficamente in mezzo al suo popolo ein mezzo a tutti gli uomini.

    Nella ricchezza di questo quadro teo-logico si situa il racconto della creazionedelluomo e della donna (Gen 1,26-31).Con essa giunge a compimento loperacon cui Dio chiam allesistenza il cielo,la terra e tutte le loro schiere (Gen2,1). La descrizione interamente illu-minata dalla parola iniziale nella qualeDio esprime la sua intenzione creatrice:Facciamo luomo a nostra immagine,come la nostra somiglianza (Gen 1,26).In questa frase i termini immagine esomiglianza hanno una funzione se-mantica fondamentale.

    Effettivamente, lassunzione deltermine immagine nellorizzonte diGen 1 costituisce il culmine di ungrande processo teologico. Questo siesplic in modo speciale a opera delDeuteronomio e della scuola deutero-nomistica, che svilupparono una com-prensione della fede in JHWH in nettacontrapposizione con la concezioneregale dellimpero neoassiro dellVIII e

    del VII secolo. In questo periodo, co-me risulta dai testi in nostro possesso,si consolid una forte ideologia cen-tralizzatrice e imperiale basata su unamotivazione religiosa4. In forza diquesta concezione la ribellione al reassiro, che esercitava un potere asso-luto sia nei confronti dei popoli sotto-messi, sia verso il suo stesso popolo,non si configurava solo come uninsu-bordinazione allo stato, ma assumevail carattere di trasgressione del giura-mento prestato in nome degli di e,quindi, era ritenuta uninfedelt neiconfronti della stessa divinit. La di-stinzione tra il re e il resto delluma-nit fu in questo periodo enfatizzataal massimo. Solo il re era presentatocome immagine (tsalmu) della divi-nit, ossia il rappresentante in terradella sua regalit cosmica. Proprio inforza del carattere unico della suapersona, a lui era dovuta la sottomis-sione totale e incondizionata di tutti.

    La constatazione che in alcuni pun-ti, strutturalmente nevralgici5, il Deu-teronomio si richiama alla terminolo-gia neoassira e in questo modo affer-ma un rapporto di fedelt esclusiva etotale a JHWH, ha permesso di com-prendere la grandezza del progettoelaborato dalla scuola nella quale pre-sero forma il Deuteronomio e la cosid-detta opera storica deuteronomistica.Effettivamente il Deuteronomio origi-nario, del tardo periodo preesilico, sipresenta nella sua struttura come ungiuramento di fedelt a JHWH. Algrande re assiro (e conseguentementeal dio Assur), che pretende un giura-mento di assoluta e incondizionata fe-delt, il programma deuteronomicosostituisce la fedelt totale, esclusiva e

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    permanente a JHWH che, sotto lin-flusso della predicazione profetica, confessato come il Dio la cui signoriasalvifica raggiunge Israele e opera nel-la storia di tutti i popoli.

    In questo orizzonte si situa la stessacategoria teologica dellalleanza, co-nosciuta anche nella tradizione di altripopoli dellAntico Oriente. Con que-sto tema il Deuteronomio non solo af-ferma la reciproca relazione che uni-sce il Signore al suo popolo e Israele alsuo Dio, ma al tempo stesso ponequesto rapporto come fondamentostesso dellidentit e autenticit delpopolo di Dio. Lalleanza diventa cosla base permanente del suo dirittoinalienabile alla libert nella giustiziae nella solidariet6, il cardine di quellateologia biblica nella quale ogni for-ma di potere assoluto non ha pi pos-sibilit di legittimazione perch an-titetica alla regalit di Dio.

    * * *

    Presentando luomo fatto a im-magine (tselem) di Dio, il testo diGen 1 mostra di muoversi proprio nel-lorizzonte del Deuteronomio, svilup-pandone la ricchezza teologica. Lim-magine di Dio non pi una caratteri-stica che spetta solo al re, ma una di-gnit che appartiene a tutti gli uomi-ni. Ogni uomo rappresentante diDio sulla terra, segno della sua rega-lit apportatrice di vita. Si tratta diuna visione di fede le cui virtualit ri-chiedono di essere costantementecomprese e attualizzate. Essa offre ilfondamento teologico delluguaglian-za essenziale di tutti gli uomini, deiloro diritti e della loro responsabilit

    nella famiglia dei popoli e nel cammi-no della storia umana.

    Il ricco significato dellaffermazio-ne che presenta ogni uomo fatto aimmagine di Dio confermato e ap-profondito dallespressionecome lanostra somiglianza. Il termine somi-glianza (demt) assume una conno-tazione specifica nelle descrizioni teo-faniche. Esso indica che i termini ado-perati nella descrizione dellesperien-za di Dio, non vanno presi alla lettera,ma orientano al mistero ineffabile delDio santo7. Nella sua condizione rega-le, in quanto immagine, rappresen-tante di Dio, luomo anche fattocome la sua somiglianza: egli ilsimbolo vivente che orienta alla rega-lit del Creatore e rinvia alla presenzasalvifica di Dio sulla terra (in mezzo alsuo popolo e in tutta lumanit).

    Alla luce delle precedenti riflessionisi delinea il significato profondo del-laffermazione solenne di Gen 1,27,che riguarda direttamente il nostrotema: Dio cre luomo a sua immagi-ne; a immagine di Dio lo cre; ma-schio e femmina lo cre. La coppiaumana, che nellorizzonte della Bibbia sempre considerata allinterno dellastruttura comunitaria del matrimonio, lo spazio nel quale si realizza il pro-getto di Dio per luomo. Nelluomo enella donna che vivono il loro amoreallinterno della comunit umana, inparticolare nelluomo e nella donnache vivono il loro amore allinternodel popolo del Signore, si realizza inmodo sommo il disegno di Dio che hafatto luomo a sua immagine, comela sua somiglianza. Luomo e la don-na sono icona della regalit del Crea-tore e, in quanto icona, orientano al

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    mistero di Dio, alla sua sapienza, alsuo amore, alla sua vita8.

    La benedizione che Dio dona alla pri-ma coppia, nella quale raffigurataogni coppia della storia umana, assicurala presenza dei doni fondamentali perlesistenza umana e nel contempo trac-cia litinerario della dignit e responsabi-lit di ogni amore sponsale: la vita (siatefecondi), la comunit articolata nellamoltitudine dei popoli (moltiplicatevi) eil dominio della terra, ossia lattivit conla quale luomo e la donna sono stru-menti della signoria di Dio nei confrontidi tutto il creato9. Il fatto che la benedi-zione espressamente rivolta alla cop-pia umana contiene un messaggioprofondo. I valori che caratterizzano ilcammino storico dellumanit non sonoassicurati solo dalluomo (o dalla don-na), ma dalla loro comunione di vita e diamore. Nel loro amore luomo e la don-na sono icona di Dio e proprio per que-sto portatori della benedizione divina. Indefinitiva, attraverso la coppia umanalintera creazione raggiunta dalla be-nedizione e diventa segno della benedi-zione. Tutto il creato porta limprontadella sponsalit e trova la sua compren-sione nellorizzonte dellamore.

    2. Non bene che luomo siasolo (Gen 2,18)

    La prospettiva teologica, con laquale il primo racconto della creazio-ne delinea il significato dellamoresponsale, confermata, a livello di let-tura canonica, dal secondo racconto inGen 210. Qui la funzione dellamoredelluomo e della donna presentatanei vv. 15-24.

    Luomo posto da Dio nel giardinodellEden. Questa affermazione del v.15 presenta luomo che preso, af-ferrato dal Signore, raggiunto dalle-sperienza del suo amore. In questa con-dizione egli vive nel giardino dellE-den, nella terra preparata da Dio conil compito di lavorarla e custodirla. Lo-rizzonte della fede, che si esprime conqueste parole, ampio e luminoso.Luomo non solo fruitore passivo deidoni dati da Dio, al contrario chiama-to a cooperare con la propria attivitperch il suolo, dalla cui polvere eglistesso stato plasmato (Gen 2,7), di-venti giardino: luogo di vita e di deli-zia, di bellezza e di sicurezza. A questoscopo il compito delluomo non soloquello di lavorare il giardino, nel qualeDio lo ha posto, ma anche di custodir-lo. Il verbo custodire (shamar) indicaprima di tutto lintervento salvifico concui Dio realizza la sua Parola, adempiele sue promesse, guida il popolo a spe-rimentare la sua salvezza. Riferito al-luomo il verbo connota latteggiamen-to interiore con cui accoglie la Paroladel Signore e sviluppa unesistenza insintonia con la sapienza e il disegno delsuo Dio. Nella finalit di custodire ilgiardino dellEden si delineano quindila grandezza delluomo e la sublime re-sponsabilit della quale investito. Ef-fettivamente luomo posto da Dionella condizione di realizzare la vitasulla terra in modo che questa sia perlui il giardino delle delizie, il luogodove egli si incontra con il Creatore egli rende culto, sperimentandone lapresenza, la parola, lamore11.

    La frase che segue (v. 19) mostra cheil comando di Dio in realt il donodi poter gustare i beni dati da lui e

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    sviluppati dalla cooperazione sapientee diligente delluomo. La possibilit del-luomo, che si sviluppa in sintonia conla sapienza divina: questo il coman-do del Creatore. In questo contesto laproibizione di mangiare dellalberodella conoscenza del bene e del male(v. 17) appare in tutto il suo significato.Luomo signore del creato nella misu-ra in cui non si sostituisce a Dio e non siarroga la facolt di stabilire ci che bene e ci che male. Nel momento incui luomo vuole sostituirsi a Dio intra-prende il cammino della propria morteche lo riduce nuovamente a esserepolvere della terra (cf. Gen 3,19). Dal-la lettura di questo testo, che tengaconto della sua posizione canonica, ri-sultano fortemente sottolineate la di-gnit regale delluomo, nelle cui ma-ni Dio ha posto luniverso, e la sua re-sponsabilit di custodire nella storiaunesperienza di Dio che lo renda sem-pre aperto verso i doni del Signore, inuna sintonia vitale con la sua sapienzae il suo disegno damore.

    * * *

    In questo contesto si situano i ver-setti che parlano della formazionedella donna e presentano cos il signi-ficato della coppia umana allinternodella storia, nel giardino dellEden(Gen 2,18-24). La profondit di questopasso appare fin dallaffermazioneiniziale. Dio pens: non bene cheluomo sia solo (v. 18). Qui si incontrala fede biblica nella sua ricchezza ine-sauribile. Per essa non luomo il pri-mo a percepire la sua solitudine, ma ilSignore. A livello canonico si crea unaforte correlazione con laffermazione

    di Gen 1,31. Nella creazione e nellabenedizione delluomo e della donnaDio vide che era cosa molto buona.Qui non cosa buona che luomo siasolo. La solitudine priva luomo dellacaratteristica di quella bont cheper la Scrittura riflesso e segno dicolui che buono in senso assoluto(cf. Sal 100). In questa luce la forma-zione della donna e la sua presenta-zione alluomo, in altri termini la co-stituzione della coppia umana, apparecome segno del pensiero di Dio erealizzazione concreta del suo dise-gno di amore, sempre rivolto al benedelluomo e alla vita del mondo.

    La solitudine delluomo determina-ta dal fatto che egli privo di un aiutoa lui corrispondente. Il termine aiutonon preso in senso riduttivo per deno-tare una cooperazione materiale che al-levia le fatiche del lavoro. Esso, inrealt, ha una profonda connotazioneantropologica e teologica. Il Signore laiuto del suo popolo in quanto iltu nel quale il credente pu semprerifugiarsi per ritrovare la certezza dellapropria identit e libert. Analogamen-te nella coppia la donna laiuto del-luomo e luomo laiuto della donnain quanto entrambi sono luno per lal-tro il tu nel quale ognuno dei due co-niugi ritrova se stesso con le miglioripossibilit della propria realizzazione.Tutta la creazione posta nelle manidelluomo, ma solo nella sua donnaquesti trova laiuto che lo fa uscire dallapropria solitudine, laiuto che gli corri-sponde, che gli davanti in un dialogodi autentica comunicazione. La coppiaumana il luogo della parola donata ericambiata, il luogo della ricerca, dellacomunione, dellamore.

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    12 Culmine e Fonte 1-2005

    La descrizione del Signore che formala donna, per presentarla alluomo,contiene una pluralit di motivi impor-tanti sotto il profilo teologico-biblico.Anzitutto il sonno profondo (tarde-mah), che il Signore fece cadere suAdamo, suppone che lamore che uni-sce luomo e la donna non una realtesterna alla fede, al contrario esso si svi-luppa allinterno di unesperienza di fe-de che simile a quella di Abramo,quando contempla Dio che si manifestafedele alla sua promessa (Gen 15,12).Lamore della coppia opera della po-tenza del Dio creatore e del suo amoreprovvidente per luomo.

    Anche il motivo della formazionedella donna da una delle costole del-luomo, motivo che probabilmenteconserva ancora leco di una concezio-ne arcaica12, si presenta con un densocontenuto teologico. La donna non vista come essere inferiore alluomo,ma come essere a lui complementare,perch partecipe della sua stessa di-gnit e natura. Luguaglianza e lacomplementariet costituiscono le ca-ratteristiche fondamentali delluomoe della donna che sono uniti dallamo-re e, nellautenticit dellesperienzareligiosa, scoprono che alloriginestessa del loro amore si trova linter-vento provvido e sapiente del Signore.

    Questi due aspetti risuonano nelcanto di gioia delluomo quando trovadavanti a s la donna: Questa voltaessa carne della mia carne e ossa del-le mie ossa (Gen 2,23). Nel linguaggiobiblico la carne simbolo della per-sona umana in quanto essere vivente,capace di comunione nella fedelt enellamore13; le ossa sono simbolo dellapersona in quanto capace di guarda-

    re al futuro con speranza e di impe-gnarsi per esso con tutte le sue energievitali14. In questa luce il canto di Gen2,23 ha un significato preciso: la coppiaumana, che trova nel pensiero e nel-lopera di Dio la propria origine, svilup-pa la sua identit e fedelt, secondo ildisegno divino, vivendo nella comunio-ne e nella speranza.

    La parte finale del canto di gioiadelluomo, che costituisce al tempostesso la conclusione teologica del rac-conto, offre la seguente sintesi di tut-ta la narrazione: Perci luomo ab-bandoner suo padre e sua madre erimarr unito alla sua donna e i duediventeranno una carne sola (v. 24).La coppia costituisce una novit nelcammino della storia umana. Labban-dono del padre e della madre non in-dica un venir meno dei vincoli propridellamore filiale, ma il fatto che lacoppia, formandosi, costituisce unevento nuovo che non pu essere as-sorbito dalla famiglia precedente. Na-sce una nuova famiglia, si sviluppa lacomunit del popolo di Dio, si molti-plica la comunit delle genti sulla ter-ra. Ogni famiglia portatrice di unanovit che si esprimer nella misurache luomo e la donna sanno incon-trarsi in Dio e in lui essere luno perlaltro lo spazio dellautenticit e dellarealizzazione dellamore, lo spazio incui si rende presente la regalit salvifi-ca di Dio.

    La realizzazione di una vita caratte-rizzata dalla comunione reciproca nel-lamore espressa nelle parole ri-marr unito alla sua donna. Il verboebraico (dabaq), quando adoperatoin senso traslato connota quellespe-rienza interiore di amore per cui luo-

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    Culmine e Fonte 1-2005 13

    mo orienta il proprio essere e la propriavita alla sua donna15. lesperienza del-linnamoramento che fiorisce perma-nentemente in amore e questo diventaparola rivolta al cuore, comunicazioneche raggiunge la sede del pensiero edellautocoscienza della persona uma-na. Proprio questo orientamento da-more che realizza lunit del cuorecaratterizza la realt nuova di ogni cop-pia umana che si forma secondo il dise-gno di Dio e nella luce della fede16.

    Come sottolinea la conclusione delcanto di gioia delluomo, la meta del-la coppia la piena realizzazione del-la sua identit: i due diventerannouna sola carne. Decisiva la connota-zione del divenire presente nella lo-cuzione ebraica. La coppia chiamataa diventare sempre pi quello che ,sviluppando un cammino in cui le-spressione carne della mia carne di-venta una sola carne. In questo di-venire una sola carne si esprime lavittoria di Dio sulla solitudine delluo-mo e la vittoria delluomo sulle forzeche lo spingono a trovare la propriarealizzazione in quelle realt che nonsono laiuto a lui corrispondente,realt nelle quali egli si degrada e svi-luppa i dinamismi dellorgoglio, dellaviolenza, dellingiustizia, della morte.

    Anche la pagina di Gen 2 offre unorizzonte teologico profondo e riccodi prospettive. Il molto buono diGen 1 si comprende nellevento percui i due diventeranno una sola car-ne. La coppia umana una realtsempre in costruzione, un divenire do-ve la comunione fiorisce nellunit elunit custodisce intatta la libert deldono e della comunione. Certo le dif-ficolt non mancano, ma non erano

    ignote nemmeno al tempo in cui siform questa pagina. La conoscenzadel dono e la consapevolezza del valo-re costituiscono un orientamento fon-damentale per chi affronta con sa-pienza e responsabilit il camminodella vita. Se la coppia umana realizzaquesto divenire allora nellesperienzadella fede (tardemah) luomo e ladonna credenti possono scoprire ognigiorno in modo nuovo lamore di Dio,che opera rendendoli, luno per lal-tra, quell aiuto reciproco che rag-giunge il nucleo pi profondo dellapersona umana: il cuore.

    3. Rilievi e prospettive

    Il presente articolo ha concentratolattenzione sulle pagine di Gen 1-2 percogliere il significato dellamore spon-sale. Questi testi, essendo posti alliniziostesso della Torah, offrono gli orienta-menti basilari per la fede del popolodel Signore. Certo in Gen 1-2 incontria-mo la visione teologica positiva della-more sponsale. Sappiamo che la realtumana concreta anche segnata daGen 3, dallingresso del male allinternodella vita e della storia di ogni uomo.Nonostante il male presente nel mondola Scrittura inizia con Gen 1-2: luomo ela donna che vivono il loro amore, di-ventando sempre pi una sola carne,esprimono il valore molto buono del-la creazione. Essi sono segno della vit-toria del disegno di Dio sulla solitudinedella persona umana, solitudine cheora risulta aggravata dalla potenza delmale che spinge luomo nelle regionitenebrose perch non illuminate dalla-more: nelle regioni dellegoismo, del-

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    14 Culmine e Fonte 1-2005

    linfedelt, della prepotenza, della vio-lazione dei diritti inerenti a ogni perso-na che Dio ha pensato a sua immaginee somiglianza e per la quale ha prepa-rato il giardino delle sue delizie.

    La consapevolezza che Ges haportato a compimento la Torah (cf. Mt5,17-19) spinge i battezzati a sviluppa-re una conoscenza sempre pi appro-priata di queste pagine per accoglier-ne il messaggio e portarlo a compi-mento nella propria vita risorta con ilCristo (cf. Col 3,1). Una riflessione at-tenta sul messaggio di queste paginemostra il valore dellamore sponsale,amore che dono di Dio e nel con-tempo frutto della responsabilitumana, chiamata ad accogliere il co-mandamento della vita per non in-traprendere il cammino che conducealla morte: la morte di una persona, diuna famiglia, di una societ

    I valori che sono emersi dallanalisidei testi permettono di comprenderelimportanza vitale che riveste lamoresponsale nellorizzonte teologico dellaSacra Scrittura. Questa importanza confermata dalla considerazione edallattenzione con cui la tradizioneebraica ha circondato e custodito ilmatrimonio17.

    Il messaggio di Gen 1-2 sullamoresponsale offre lorizzonte nel quale sipu capire il fatto che la Bibbia descrivela comunione di vita che unisce il popo-lo al suo Dio non solo ricorrendo allim-magine filiale, ma sviluppando al tem-po stesso le ricchezze insite nellimma-gine dellamore sponsale. Le pagine diOs 2, di Ger 3, di Is 54 e Is 62 sono le te-stimonianze pi eloquenti di una rifles-sione teologica per la quale il Signore lo sposo fedele che rende possibile ci

    che alluomo sarebbe impossibile: ritor-nare a lui totalmente rinnovati dal suoamore: come il popolo interiormentetrasformato dal prodigio della nuovacreazione; come la sposa che, nella suarinnovata verginit, la gioia e la deli-zia del Signore (cf. Is 62,4-5).

    * * *

    Queste prospettive offrono la chia-ve per capire il fatto che anche latte-sa del Messia fu espressa ricorrendoallimmagine sponsale. Con la vittoriadel Re, il Messia, si realizzer piena-mente la comunione sponsale del po-polo con il suo Dio (cf. Sal 45), giun-ger il mondo nuovo promesso, ilmondo della risurrezione (cf. Dn 7).

    La Chiesa del NT, avendo la fedenel Signore risorto, ha la certezza chele promesse di Dio si stanno adem-piendo in lei, sposa santa e immacola-ta del Signore. In essa le pagine diGen 1-2, lette nella luce di tutta la tra-dizione biblica e nella testimonianzaevangelica del Signore risorto, acqui-stano e diffondono nuova luce. Lamo-re vicendevole degli sposi appare oracome il simbolo per antonomasia del-lamore del Cristo per la Chiesa, glisposi sono icona del Signore risorto,partecipano della sua regalit per lavita del mondo. In quanto luogo in cuisi rende effettivamente presente la-more del Signore risorto per la Chiesae lumanit, lamore degli sposi cristia-ni si configura come il luogo dove sirealizza la regalit salvifica del Cristo,dove si sperimenta e si testimonia lavita della risurrezione. Qui il matrimo-nio sacramento per la gloria diDio e la vita del mondo.

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    Culmine e Fonte 1-2005 15

    1 Traducendo la parola torah con nomos (leg-ge), la LXX ha aperto la via alla concezione delPentateuco come Legge. A questo riguardo He-schel si esprime cos: I traduttori della Versionedei Settanta commisero un errore gravissimo efunesto quando per mancanza di una parolaequivalente in greco resero Torah con nomos, chesignifica legge: essi diedero cos origine a un du-raturo, enorme malinteso sullebraismo []. Chegli Ebrei abbiano sempre considerato la sacraScrittura come un insegnamento dimostrato dalfatto che in aramaico la parola Torah viene tra-dotta con oraita, che pu significare soltanto in-segnamento, e mai legge (A. J. HESCHEL, Dio allaricerca delluomo, Roma 1983, 350).

    2 Per una comprensione globale dei racconti dellacreazione delluomo in Gen 1.2 si rinvia allo stu-dio di M. P. SCANU, Luomo nel mondo creato daDio, Parola, Spirito e Vita 46 (2002) 11-26 (finevolume).

    3 Nel linguaggio teologico della Scrittura il ripo-so indica lesperienza della salvezza operata daDio mediante lesodo e il dono dellalleanza. Rife-rito a Dio il termine indica la compiacenza di Dionella sua opera creatrice e, quindi, la presenzadella creazione nel cuore stesso di Dio.

    4 La profonda innovazione nella concezione assiradei sec. VIII-VII un dato acquisito nella ricercadellAntico Oriente. A tale riguardo cos si espri-me lo storico M. LIVERANI: I testi del IX secolo an-cora presentano i rapporti politici e bellici tra As-siri e popoli vicini in maniera realistica, comeun seguito di ribellioni e di spedizioni punitive[]. Con lVIII e poi col VII secolo la presentazio-ne degli stessi eventi cambia: il nemico non si ri-bella contro gli Assiri, ma trasgredisce il giura-mento prestato nel nome degli di []. Il giura-mento (ad) diventa il nodo centrale di tutti irapporti politici, di quelli interni allo stato assiro,come di quelli internazionali: il valore pregnantedella parola giurata consente in pratica di giusti-ficare qualunque reazione, e di colpevolizzare ilnemico non nei riguardi del re assiro ma nei ri-guardi di una istanza superiore (la divinit), fa-cendo cos passare la qualifica di nemico o di tra-ditore o di ribelle da un piano soggettivo e inter-personale ad uno oggettivo e cosmico. []. Il reassiro resta centrale nel sistema religioso del suopaese. []. Il codice espressivo dellideologiapolitica assira resta quello religioso, ma il mondodivino pura ipostasi della regalit e del poterepolitico (M. LIVERANI, Antico Oriente. Storia, so-ciet, economia, Roma-Bari 1991, 844.846).

    5 Questi richiami sono posti nei cc. 13 e 28 in modo

    da incorniciare lordinamento religioso, sociale egiuridico del codice deuteronomico. Un esempiosignificativo di questi richiami appare nel con-fronto del testo di Dt 28,23 (il cielo sopra il tuocapo sar di rame e la terra sotto di te sar di fer-ro) con il 63 (tutti gli di che sono menzionatiin questo trattato rendano il tuo suolo di ferro,cos che non vi si possa scavare nessun solco) e il 64 (come la pioggia non cade da un cielo di ra-me, cos non scenda n pioggia n rugiada suituoi campi e i tuoi prati, ma piovano carboni ar-denti nel tuo paese, invece di rugiada) del trat-tato di vassallaggio di Asarhaddon (ANET pp.534-541).

    6 La visione deuteronomica dellalleanza non solocolpisce al cuore lideologia regale neoassira, mapone le basi della concezione biblica per la qualeogni forma di potere assoluto e dispotico innetta antitesi contro la regalit salvifica di Dio.Cf. E. Otto, Gottes Recht als Menschenrecht. Re-chts- und literaturhistorische Studien zum Deute-ronomium, Harrassowitz Verlag, Wiesbaden 2002,161-166.

    7 Illuminante, a questo riguardo, la descrizionedella visione del profeta Ezechiele: Al di sopradella volta, che era sopra le loro teste, vi era co-me laspetto di una pietra di saffiro, una somi-glianza di trono e sopra la somiglianza del tronovi era una somiglianza come laspetto di un uo-mo, che era su di esso in alto. Come laspetto del-larco che sulle nubi in giorno di pioggia, cosera laspetto dello splendore intorno. Era laspet-to della somiglianza della gloria di JHWH. La vidi,caddi sulla mia faccia e udii la voce di Chi parla(Ez 1,26.28).

    8 In questa prospettiva si pu comprendere il moti-vo per cui il giorno della creazione dellumanit sicaratterizza rispetto agli altri come molto buo-no. Nelluomo e nella donna, che condividonoinsieme limmagine divina, il cammino delluma-nit rimane costantemente aperto allesperienzadellamore di Dio e alla testimonianza di questoamore che si trasmette di generazione in genera-zione nel cammino del popolo del Signore e nellastoria dellumanit.

    9 Alcuni hanno visto nelle parole sottomettete edominate la terra di Gen 1,28 le radici storichedella nostra crisi ecologica (Lynn WHITE). Linfon-datezza di questa accusa appare dal semplice fat-to che essa si basa su unerrata interpretazionedei testi biblici. Il termine dominare non si-nonimo di sfruttamento e abuso, ma di sollecitu-dine nel garantire il benessere di tutte le altrecreature, cosicch la promessa che ciascuna di es-

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    16 Culmine e Fonte 1-2005

    se ha ricevuto possa essere fruita appieno (W.BRUEGGEMANN, Genesi,Torino 2002, 53). In realt, stato giustamente osservato, il linguaggio di que-sta benedizione esplicitamente regale e si deli-nea una coordinazione tra le funzioni divine equelle umane: luomo costituito rappresentantedivino per il governo del mondo. Non si trattaper lumanit di un incontrollato sfruttamentodel creato, ma di estendere e completare sullaterra lopera divina della creazione.Pi precisamente, riguardo allo svolgimento delsuo compito, si pu dire che luomo chiamato ainnalzare il mondo attraverso la storia, a dargliun significato e un orientamento. []. Perci lu-manit attivamente coinvolta nel cooperarecon Dio per continuare e sostenere larmonia e lastabilit del cosmo, contro le forze contrarie chesono nel contempo avversarie di Dio e delluo-mo (M.P. SCANU, Luomo nel mondo creato daDio, cit., 23.24).

    10 A livello di lettura canonica si pu osservare chementre in Gen 1 sviluppato un racconto diste-so e sistematico del progetto della creazione delmondo, Gen 2,4ss verte sugli esseri umani e sulloro ambito di vita. Questo secondo testo, nellasua attuale collocazione, costituisce, per cos dire,un dettagliato concretarsi del ruolo e della sortedella prima coppia (R. RENDTORFF, Teologia del-lAntico Testamento, I, Torino 2001, 26).

    11 Alla luce di Ez 31,8.9, il giardino evoca la dimoradivina; esso diventa di fatto lo spazio in cui Dio eluomo si incontrano. In questa prospettiva si de-linea che il compito delluomo consiste in modoessenziale nel servizio di Dio (M.P. SCANU, Luo-mo nel mondo creato da Dio, cit., 23.24).

    12 Lidea che Dio ha formato la donna da una co-stola delluomo vuol essere certamente unanti-chissima risposta alla domanda perch le costolenon racchiudano lintero corpo delluomo, ma so-lo la sua parte superiore []; in complesso biso-gna per dire che si tratta di idee ormai moltosbiadite e che si possono raggiungere solo per viadi illazione: segno che gi al tempo dello Jahvistaquesto particolare problema eziologico non erapi vivo (G. VON RAD, Genesi, Brescia 21978, 103).

    13 Questo significato appare in modo particolar-mente evidente nella parola del Signore che pro-mette di togliere il cuore di pietra e di donare uncuore di carne (cf. Ez 36,26). Alla luce della peri-cope di Ez 36,16-28 lespressione cuore di pie-tra indica la condizione del popolo che con lasua ingiustizia divenuto infedele al suo Dio e si posto in una situazione di morte. Il cuore di car-ne indica la condizione del popolo che riceve loSpirito e vive nella fedelt al disegno di Dio e

    quindi sviluppando gli orientamenti esistenzialidella solidariet e dellamore.

    14 Questo simbolismo delle ossa appare evidentein Ez 37,1-14, dove le ossa aride sono simbolo diun popolo che ha perso la speranza e si senteperduto (cf. v. 11).

    15 Il significato del verbo dabaq, che abbiamo ri-chiamato, appare nel racconto di Gen 34,1-2, do-ve si narra, con intenti di eziologia tribale, lepi-sodio della violenza fatta a Dina. La narrazione costituita da due scene: la prima, negativa, descri-ve la violenza perpetrata da Sichem contro Dina;la seconda registra linnamoramento di Sichem.Tre verbi descrivono la scena negativa della vio-lenza: Sichem la prese, giacque con lei, la vio-lent. A essi corrispondono altri tre verbi che pre-sentano Sichem innamorato di Dina: rimase unito(dabaq) a lei, lam, parl al suo cuore. Il rima-nere uniti culmina nellunione del cuore: uncuor solo e una via sola (cf. Ger 32,39 dove le-spressione un cuor solo e una via sola ricorrecon un significato teologico).

    16 Una conferma del significato profondo del verbodabaq data dal fatto che a esso la tradizione diIsraele ricorre per esprimere lorientamento tota-le, esclusivo e permanente del popolo al Signore,un orientamento con in quale il popolo chiama-to a vivere nellesperienza dellamore sponsaledel Signore e nellascolto della sua voce (cf. Dt30,20; Sal 63,9).

    17 Una storia classica, basata sulla convinzione che imatrimoni sono preparati in cielo, recita: Unamatrona romana chiese a un Dottore: In quantigiorni il Santo, benedetto egli sia, ha creato luni-verso. In sei giorni, le rispose. E che fa da al-lora fino adesso?. Le rispose: Sta combinandomatrimoni. Gli disse: questa la sua occupazio-ne? Potrei farlo anchio. Io possiedo molti schiavimaschi e femmine, e in brevissimo tempo possounirli. Le rispose: Se ai tuoi occhi cosa facile,per il Santo, egli sia benedetto, difficile quantodividere il Mar Rosso. Detto ci si conged. Chefece allora la matrona? Riun mille schiavi e milleschiave, li mise in fila e indic a ognuno chi dove-va sposare. In una sola notte li spos tutti. Almattino vennero da lei, uno aveva una ferita allatesta, un altro un occhio pesto e un altro unagamba rotta. Essa domand: Che cosa vi suc-cesso?. Una donna disse: Io non voglio costui;un uomo disse: Io non voglio costei. Subitomand a chiamare il Rabbino e gli disse: Non cDio come il vostro Dio. La vostra Torah vera,bella e degna di lode (Gen. R. LXVIII, 4). Il rac-conto si pu trovare, gi in parte semplificato, inA. COHEN, Il Talmud

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    I l 29 aprile 2004 la Congregazio-ne per il Culto Divino e la Disci-plina dei Sacramenti ha approva-to la versione italiana delleditio ty-pica altera dellOrdo celebrandi Ma-trimonium, elaborata e proposta al-lapprovazione dalla Conferenza Epi-scopale Italiana. Non si tratta di unnuovo rito, diverso dallOrdo cele-brandi matrimonium promulgato nel1990 per tutta la Chiesa di rito lati-no, ma di un adattamento a una si-tuazione locale, secondo i principiposti da SC nn. 37-40 e ribaditi dalmedesimo Ordo e dallistruzione suLa liturgia romana e linculturazione(1994). Tale versione italiana, pro-mulgata il 4 ottobre scorso, obbli-gatoria per luso liturgico nella Chie-sa italiana dal 28 novembre, primadomenica di Avvento.

    I criteri guida di un lavoro che haimpegnato la Chiesa italiana per undecennio, ha coinvolto liturgisti, bibli-sti e pastoralisti e ha recepito solleci-tazioni giunte da molti vescovi, sacer-doti e fedeli, sono cinque, esplicita-mente dichiarati nella Presentazione: Il significato specificamente cristia-

    no del Matrimonio. La dimensione ecclesiale del sacra-

    mento del Matrimonio. La presenza dello Spirito nel Matri-

    monio cristiano.

    La gradualit nel cammino di fedee nellesperienza di Chiesa.

    La ministerialit degli sposi nellacelebrazione.In questi brevi interventi di presen-

    tazione vorremmo evidenziare la pre-senza di questi criteri nei vari momen-ti rituali, invitando a valorizzare tuttala ricchezza dei testi e dei genti pro-posti. I sacerdoti e i diaconi, i catechi-sti dei fidanzati e quanti a vario titolosi occupano della celebrazione nuzialenoteranno subito che la versione ita-liana rifugge dalla logica del mini-mum ad validitatem, ossia delle ridu-zioni minimali buone per tutti. Le pre-messe generali, al n. 29 precisano cheLa celebrazione stessa del Matrimo-nio deve essere preparata con cura,per quanto possibile, insieme con ifidanzati. Tale coinvolgimento non siriduce a un breve incontro per esami-nare le bozze del libretto o per sce-gliere le letture in base a criteri soltan-to affettivi ed emozionali, ma richiedeil tempo e la frequentazione necessariper giungere a una discreta conoscen-za reciproca e a un confronto condot-to con onest intellettuale, per poterfondare il rito sulla verit del cammi-no di fede compiuto (o lasciato al li-vello delliniziazione, o appena incoa-tivo, o mai iniziato, o mandato avantiin modo pi o meno abitudinario,)dai singoli e dalla coppia.

    Il rito del matrimonioRiti di introduzione e memoria del Battesimo

    di Adelindo Giuliani

  • FORMAZIONE LITURGICA

    18 Culmine e Fonte 1-2005

    La prima scelta che il rito offre quella di situare il matrimonio nella di-mensione celebrativa pi autenticaper gli sposi: nella celebrazione eucari-stica (capitolo I), se gli sposi colgononelleucaristia il culmine della loro ini-ziazione cristiana e la vivono con desi-derio e gratitudine, oppure nella litur-gia della Parola (capitolo II), nel casodi coppie che, pur non avendo matu-rato un chiaro orientamento cristianoe non vivendo una piena appartenen-za alla Chiesa, desiderano la celebra-zione religiosa del Matrimonio essen-do battezzati e non rifiutando esplici-tamente la fede (Presentazione, n. 7).Tale forma celebrativa non costituisceun matrimonio diminuito o di bassoprofilo, ma risponde alla verit esisten-ziale di quei battezzati che, in realt,non hanno ancora ascoltato la Paroladi Dio e lannuncio di salvezza che lirenda consapevoli del dono ricevuto.La scelta, per essere propositiva, nondeve avere il carattere di un giudizioespresso dallesterno sulla vita e sullamaturit degli sposi, ma va concorda-ta, coniugando verit e carit e tenen-do conto del grado di maturit e con-sapevolezza della coppia e delle perso-ne che li circondano.

    Inizieremo la presentazione dal pri-mo capitolo, che tratta del matrimo-nio nella celebrazione eucaristica.

    Laccoglienza degli sposi.

    I nn. 45-50 dettagliano quanto giprevedevano i nn. 21-22 della prece-dente edizione: il sacerdote e i mini-stranti accolgono gli sposi alla portadella chiesa o allaltare. La maggiore

    ampiezza della descrizione intendevalorizzare un gesto (laccoglienza) e,nel primo caso, alcuni luoghi (pur nonesplicitamente menzionati: il sagrato,il nartece, il portale) dove la comu-nit, o almeno il sacerdote e i ministriin suo nome, salutano gli sposi, li ac-colgono ed esprimono partecipazionealla loro gioia.

    Il rito non entra in merito sul luogodove trovano posto gli sposi una voltaentrati in chiesa. Scartando il presbite-rio e cercando un punto significativonellaula liturgica, lindirizzo ampia-mente prevalente tra i liturgisti quello di valorizzare (anche architet-tonicamente, nelle nuove chiese)lmphalos, luogo baricentrico dellachiesa, ombelico (questa, letteralmen-te, la traduzione del termine greco)che collega idealmente laula liturgicacon il Cielo, punto di incontro dove, almomento della distribuzione della co-munione, si incontrano la processionedei fedeli che si accosta allaltare e ilmovimento del ministro che, presodallaltare il Pane eucaristico, procedecon sollecitudine verso di loro.

    La memoria del battesimo.

    Ci si sposa in chiesa perch si cri-stiani. Allinizio della celebrazione,dopo il saluto liturgico, il rito proponetre forme per la monizione che invitalassemblea a fare memoria del batte-simo, inizio della vita nuova nella fe-de, sorgente e fondamento di ognivocazione (n. 54, terza formula), sa-cramento dal quale, come da semefecondo, nasce e prende vigore lim-pegno di vivere fedeli nellamore

  • FORMAZIONE LITURGICA

    Culmine e Fonte 1-2005 19

    (n. 53, seconda formula). Dove possi-bile (e se la sposa si lasciata guidaredal buon senso nella scelta di un abitoche vesta senza immobilizzare!) ci sireca al fonte battesimale. Altrimenti,un ministrante porter lacqua bene-detta al sacerdote. Nelle scorse setti-mane, presentando il rito del Matri-monio al clero della Diocesi di Roma,il p. Silvano Maggiani faceva notarelopportunit di non usare il consuetosecchiello con laspersoio, ma di mo-strare lacqua e di farla scorrere inmodo che se ne senta il mormorio. Senon si pu usare il fonte, basta che unministrante vi si rechi e porti unabrocca di vetro piena dacqua. Davantial sacerdote la si verser in un piccoloe decoroso bacile, che si user per la-spersione. Il murmure dellacqua chescorre non solo uno dei suoni pri-mordiali della terra che lumanit con-serva nellinconscio pi profondo (co-me il soffio del vento o del crepitiodel fuoco), ma rimanda al primo suo-no che le nostre orecchie hanno uditoancora nel grembo materno. Un gestoben fatto non richiede tempo in ec-cesso, ma capace di parlare al simbo-lico di tutti i presenti e contribuisce acreare subito unatmosfera di raccogli-mento e silenzio. Non si benedice lac-qua, ma si pronunzia una acclamazio-ne di lode trinitaria (R. Noi ti lodiamoe ti rendiamo grazie) sullacqua gibenedetta. Segue laspersione deglisposi e di tutta lassemblea. Tale ritosostituisce latto penitenziale. La cele-brazione procede con il canto del Glo-ria (fuori dei tempi di Avvento e Qua-resima). Leucologia sar quella dellamessa per gli sposi, tranne che nelledomeniche e solennit elencate ai

    punti 1-4 della tabella dei giorni litur-gici. In ogni domenica, se il matrimo-nio celebrato nella messa della co-munit parrocchiale, si mantengonoleucologia e le letture del giorno.

    Lo svolgimento rituale dovr esse-re ben noto tanto ai responsabili del-lanimazione musicale, quanto a colo-ro che ornano la chiesa. La valorizza-zione dei luoghi liturgici potr esserefacilitata dallarte floreale. Pi chedisseminare la navata e il presbiteriodi composizioni pre-confezionate sen-za conoscere la chiesa (o calcolate sulnumero dei banchi o delle colonne,come purtroppo si vede nella mag-gioranza dei casi), occorrer studiarecon calma le caratteristiche della chie-sa e valorizzarne anche lo spazioesterno, il portale, il fonte battesima-le con il candelabro pasquale. La valo-rizzazione dellmphalos in moltechiese antiche gi esplicita nella pa-vimentazione: per esempio la scuolamusiva cosmatesca scandisce percorsiche conducono i passi e lo sguardo al-laltare, sostando sul luogo baricentri-co della chiesa. completamente in-sensato coprire un pavimento di que-sto tipo con unanonima guida rossao rompere larmonia dei disegni, deipercorsi e dei luoghi con fioriere, co-lonnine di plastica e pesanti drappa-ture di colori improbabili (dal giallomiele al blu cobalto passando per lo-ro porporina e tutte le tonalit delverde!) che calano sgarbatamente suibanchi. Bisogna ricordare che il parro-co, il rettore della chiesa e il ministroche presiede il rito hanno compiti li-turgici propri e non delegabili, tra iquali rientra anche preservare e valo-rizzare la significativit della domus

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    20 Culmine e Fonte 1-2005

    ecclesiae: non si pu consentire chefiorai o tappezzieri privi di competen-za specifica irrompano nella chiesatrattandola come un informe teatrocinematografico che, di settimana insettimana e di estro in estro (o di mal-destro in maldestro), cambia conti-nuamente colore, forma e assetto. Lacelebrazione impegna anche lanima-zione musicale: si richiedono un cantodi ingresso, un canto durante lasper-

    sione e il Gloria. Anche lacclamazio-ne sullacqua benedetta si presta alcanto: una melodia gi proposta dallibro liturgico (p. 255), ma ci non to-glie che si possano proporre altre me-lodie adatte al testo e corrispondential tono di lode gioiosa. Sulle proble-matiche dellanimazione musicaleconverr per tornare in modo ap-profondito e organico, al termine del-la presentazione del rito.

    Raffaello, Sposalizio della Vergine, Particolare Pinacoteca di Brera, Milano

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    Culmine e Fonte 1-2005 21

    una delle esperienze pi belleper un parroco: accogliere i fi-danzati per il corso di prepara-zione al Matrimonio.

    S, ne sono convinto sempre pi,anche se i problemi a ogni corso sem-brano aumentare.

    Li vedi l, al primo incontro, e ti ac-corgi subito che sono anni che nonmettono piede in chiesa; coppie ma-ture per lo pi, ormai l80% convivo-no e quellunica coppia di tuoi ragazzicresciuta in parrocchia si perde nellamaggioranza che si sente spaesata nelsalone parrocchiale.

    Gi intuisci i loro pensieri: Speria-mo che non siano incontri pesanti,con questo parroco dai capelli grigi equesti catechisti gi nonni!.

    Anche dal segno della croce ti ren-di conto che stai chiedendo loro ungrosso sacrificio e la preghiera del Pa-dre Nostro, che essi dicono a mezzavoce, ti conferma che non sono avvez-zi a questa pia pratica. Qualche an-no fa tali corsi erano contestati, ora ormai acquisito che si debbano fare eleggi negli occhi di molti che li sento-no come un pedaggio da pagare,per fare questo benedetto matrimo-nio in chiesa.

    Ma in tutto questo approccio inizialevale molto il sorriso aperto e cordiale

    del parroco che d subito il tono alla se-rata. Allora ragazzi, diciamoci il nome,ma soprattutto raccontiamoci come visiete conosciuti e come vi siete innamo-rati! Ogni storia unica, originale, irri-petibile! Anche per me, parroco, questo uno dei momenti pi belli, perch nonmi stancherei mai di ascoltare comescocca la scintilla di ogni amore, comelAmore vi fa incontrare, ri-conoscere emettere insieme!.

    I volti dei giovani, anche dei piprevenuti, si illuminano improvvisa-mente. Tutta la comitiva si ritrova al-lora a sorridere per tutti quei partico-lari che ognuno non si vergogna di te-nere riservati, anzi li consegna congrande festa e fiducia a chi coinvol-to dalla stessa travolgente malattiacontagiosa.

    Non c nulla come il raccontare ilproprio innamoramento che riempie ilcuore di chi parla e di chi ascolta e checrea un clima di simpatia e complicit.Spesso questo il momento in cui an-che le cose pi delicate vengono sve-late con serena semplicit, come il fat-to di essere al secondo matrimonio ca-nonico dopo la dichiarazione di nul-lit del primo o il fatto di avere gi ilprimo figlio (che negli incontri succes-sivi sar presente come linvitato prin-cipale, vezzeggiato da tutti!).

    Fidanzamento, tempo di graziaLaccoglienza dei fidanzati nellesperienza di un parroco

    di don Antonio Panfili

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    Ora tutto questo un parroco sene accorge subito dispone simpatica-mente a ricevere lannuncio di cosegrandi, belle e quasi mai ascoltate. Lasintonia creata e tutte queste cop-piette ormai stupite di quanto il lorotesoro personale abbia reso ricche efelici altre coppie come loro, sonoprofondamente disponibili e acco-glienti ad ascoltare il lieto annunzioche tutte quante fanno parte dellaStoria della Salvezza.

    Grande la loro meraviglia a sco-prire che la Bibbia un libro di storiedamore, che inizia con la creazionedella famiglia a immagine di Dio e chesi conclude con la Sposa che invoca loSposo: Maranath, e lo Sposo rispon-de: Ecco vengo presto (Ap 22, 17-20).

    Sono poi stupefatte nel conoscereche Dio in s non solitudine ma Co-munione di Persone (Trinit), non iso-lamento ma Festa di compagnia e chelui nel suo intimo Nozze, Famiglia,Comunit!

    cos bello per loro sapere che sonolimmagine di Dio pi perfetta e che lastruttura di Dio Trinit riprodotta nel-la loro esperienza umana; tant veroche per usare due nomi a caso Marioama con tutto se stesso Laura, Lauracon tutta se stessa Mario e il loro amore una persona, il figlio generato dallaloro comunione: ecco stampata la Tri-nit nella loro vita!

    Quanta gioia poi, d a ogni coppiasapere che Dio li ha pensati insieme;che quando creava Mario aveva da-vanti non tanto limmagine di Mario,quanto piuttosto Laura, per cui Marioera completamento e felicit; e vice-versa, che quando creava Laura, contutte le sue doti e qualit, non aveva

    davanti tanto lei, quanto piuttostoMario, per la quale lei era la piena in-tegrazione e realizzazione felice.

    Il sigillo infine di questa scopertacos grande lo vedi stampato nella lu-ce dei loro occhi quando dici loro chelindissolubilit non uninvenzionedella Chiesa o degli uomini, ma di Dio,che li ha pensati insieme, luno perlaltro, luno nellaltro, luno strumen-to della felicit dellaltro; anzi, ancoradi pi, luno strumento di Dio per lal-tro: Mario non sar felice se non conla sua Laura, e Laura lo sar solo con ilsuo Mario!

    Il culmine di tutte le dolci scoperteche questa coppie fanno giungequando spieghi loro il senso profon-do del corso, che poi la differenzache c fra un matrimonio civile cele-brato in comune e uno religioso che sacramento. Non solo il loro amore immagine e somiglianza di Dio annunci loro ma addirittura diventasacramento! Ecco cosa vengono achiedere alla comunit cristiana: cheil loro amore, lamore tra Mario eLaura, diventi lAmore stesso di CristoSposo che ama la Chiesa sua Sposa! Esacramento spieghi loro vuol direche come nellEucaristia il pane e ilvino vengono transustanziati inCorpo e Sangue di Cristo, cos il loroamore viene transustanziato nellA-more stesso di Cristo e della Chiesa,Sposi! Mario e Laura sono sacramen-to dellamore sponsale di Cristo Ges.Non c cosa pi grande sulla terra!San Paolo diceva: Questo vostro mi-stero grande: lo dico di Cristo e del-la Chiesa (Ef 5, 32).

    Non c disprezzo per chi si sposasolo civilmente - come si pu disprez-

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    zare limmagine di Dio? - c inve-ce la grande consapevolezza che ilsacramento del Matrimonio cristianofa di ogni coppia la carne stessa diCristo: Egli, che il Capo, e la Chiesasuo corpo! Per questo fai notare il Concilio ha definito la famigliapiccola Chiesa: perch ormai Cristo nella loro carne, nella loro vita or-dinaria e straordinaria, nella loroscelte, desideri, progetti, fatiche esacrifici.

    Man mano che si va verso la con-clusione della serata ti accorgi chehai dato loro un carico pesante egioioso insieme, un dolce peso, ungiogo leggero.

    Stupiti e felici ti confermano con iloro sguardi luminosi e le mani che nonhanno mai smesso di essere intrecciateper tutto lincontro, che staranno algioco, che torneranno motivati e con-tenti, che non pensavano che la Chiesa

    Madre avesse cos tanti doni in serboper queste coppie di figli.

    Anche le pratiche burocratichedei documenti, che spieghi veloce-mente nei pochi minuti rimasti, sonoaccolte favorevolmente; si fa tutto vo-lentieri, con quella buona volont cheprende forza dallinnamoramento!

    Nei prossimi incontri, ragazzi concludi vedremo come la Parola diDio, letta in chiave nuziale, ci parlerdella vostra vita: del dono dellesiste-re, del male che purtroppo c, delperdono che rigenera, del trasmetterela vita, del far parte di un popolo disalvati che poi il Signore tratta comela sua Sposa! Vedrete che bello.

    E metti nel loro cuore lattesa di cosesempre pi affascinanti, quelle di Dio!

    Ci salutiamo con la preghiera disan Giovanni Crisostomo, cos bellache poi tutti inseriranno nel librettodel loro matrimonio:

    Grazie, Signore,perch ci hai dato lamorecapace di cambiare la sostanza delle cose.Quando un uomo e una donnadiventano uno nel matrimonionon appaiono pi come creature terrestri, ma sono limmagine stessa di Dio.Cos uniti non hanno paura di niente.Con la concordia, lamore e la paceluomo e la donna sono padronidi tutte le bellezze del mondo.Possono vivere tranquilli,protetti dal bene che si vogliono,secondo quanto Dio ha stabilito.Grazie, Signore,per lamore che ci hai regalato.

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    24 Culmine e Fonte 1-2005

    I l Vescovo diocesano, primodispensatore dei misteri diDio, moderatore, promoto-re e custode di tutta la vita liturgicanella Chiesa particolare a lui affida-ta: quanto afferma il capitolo Idella Istruzione Redemptionis Sacra-

    mentum intitolato La rego-lamentazione della Sacra Li-turgia. Soffermandosi inparticolare sulla figura delVescovo diocesano, definitoil grande Sacerdote del suo

    gregge, il documento sottolinea: Siha una precipua manifestazione dellaChiesa ogni volta che si celebra laMessa, specialmente nella chiesa cat-tedrale, nella partecipazione piena eattiva di tutto il popolo santo di Dio,allunica preghiera, allunico altare,cui presiede il Vescovo, circondato daisuoi Sacerdoti, Diaconi e ministri.

    Al Vescovo diocesano spetta, entroi limiti della sua competenza, darenorme in materia liturgica nella Chie-sa a lui affidata, suo compito regola-mentare, dirigere, spronare, talvoltaanche riprendere. I fedeli devonoaderire al Vescovo come la Chiesa aGes Cristo e come Ges Cristo al Pa-dre, affinch tutte le cose siano con-cordi nellunit e crescano per la glo-ria di Dio. diritto del popolo cristia-no che il Vescovo eserciti la vigilanzaaffinch non si insinuino abusi nelladisciplina ecclesiastica, specialmente

    riguardo al ministero della parola, allacelebrazione dei sacramenti e dei sa-cramentali, al culto di Dio e dei santi.In particolare si ricorda che i vari orga-ni di partecipazione come commissio-ni, consigli, comitati, costituiti dal Ve-scovo per promuovere la Liturgia, lamusica e larte sacra nella diocesi,agiranno secondo il pensiero e le di-rettive del Vescovo e dovranno potercontare sulla sua autorit e sulla suaratifica per svolgere convenientemen-te il proprio compito, inoltre gliesperti vanno scelti tra coloro, la cuisolidit nella fede cattolica e la cuipreparazione in materia teologica eculturale siano riconosciute.

    I sacerdoti, collaboratori dellordineepiscopale, costituiscono con il loro Ve-scovo un unico presbiterio. Grande la responsabilit che hanno nella cele-brazione eucaristica, in quanto com-pete loro di presiederla in persona Chri-sti, assicurando una testimonianza eun servizio di comunione non solo allacomunit che direttamente partecipaalla celebrazione, ma anche alla Chiesauniversale. Purtroppo, a partire daglianni della riforma liturgica, dopo ilConcilio Vaticano II, per un malintesosenso di creativit e di adattamento,non sono mancati abusi, che sono statimotivo di sofferenza per molti: si ri-chiede quindi ai sacerdoti di non svuo-tare il significato profondo del proprioministero, deformando la celebrazione

    Redemptionis sacramentum (2) di Stefano Lodigiani

    Testi edocumenti

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    Culmine e Fonte 1-2005 25

    liturgica con cambiamenti, riduzioni oaggiunte arbitrarie.

    compito particolare del parrocofare s che la Santissima Eucaristia siail centro dellassemblea parrocchialedei fedeli, adoperandosi perch essisi accostino frequentemente al sacra-mento della Santissima Eucaristia edella Penitenza; siano formati allapreghiera, partecipino consapevol-mente e attivamente alla sacra Litur-gia, di cui il parroco deve essere il mo-deratore nella sua parrocchia, sottolautorit del Vescovo diocesano.Sebbene sia opportuno che nellapreparazione efficace delle celebra-zioni liturgiche, specialmente dellasanta Messa, egli sia coadiuvato da va-ri fedeli, non deve tuttavia in nessunmodo cedere loro quelle prerogativein materia che sono proprie del suoufficio.

    I diaconi, ai quali sono imposte lemani non per il sacerdozio, ma per ilservizio, fortificati dal dono dello Spi-rito Santo ricevuto, servano il popolodi Dio in comunione con il Vescovo e ilsuo presbiterio. Considerino perci ilVescovo come padre e siano di aiuto alui e al suo presbiterio nel ministerodella parola, dellaltare e della carit.Servano con tutto il cuore, fedelmen-te e con umilt la sacra Liturgia comefonte e culmine della vita della Chiesae si impegnino a far s che la sacra Li-turgia sia celebrata a norma dei libri li-turgici debitamente approvati.

    Sulla partecipazione dei fedeli lai-ci alla celebrazione dellEucaristia sisofferma il capitolo II dellIstruzione,

    sottolineando che Tutti i fedeli, li-berati dai propri peccati e incorpora-ti nella Chiesa con il Battesimo, dalcarattere loro impresso sono abilitatial culto della religione cristiana, af-finch in virt del loro regale sacer-dozio, perseverando nella preghierae lodando Dio, si manifestino comevittima viva, santa, gradita a Dio eprovata in tutte le loro azioni, dianodovunque testimonianza di Cristo ea chi la richieda rendano ragionedella loro speranza di vita eterna.Pertanto, anche la partecipa-zione dei fedeli laici alla ce-lebrazione dellEucaristia edegli altri riti della Chiesanon pu essere ridotta aduna mera presenza, per dipi passiva, ma va ritenuta un veroesercizio della fede e della dignitbattesimale.

    Tale partecipazione, attiva e consa-pevole, dei fedeli laici alla liturgia stata promossa dalla riforma dei libriliturgici, secondo le intenzioni delConcilio, attraverso le acclamazionidel popolo, le risposte, la salmodia, leantifone, i canti, nonch le azioni, igesti e latteggiamento del corpo,senza trascurare a tempo debito il sa-cro silenzio. Ampio spazio si d, inol-tre, ad una appropriata libert diadattamento fondata sul principio cheogni celebrazione risponda alle neces-sit, alla capacit, alla preparazionedellanimo e allindole dei partecipan-ti, secondo le facolt stabilite dallenorme liturgiche. Nella scelta dei can-ti, delle melodie, delle orazioni e delleletture bibliche, nel pronunciare lo-melia, nel comporre la preghiera dei

    Testi edocumenti

  • FORMAZIONE LITURGICA

    26 Culmine e Fonte 1-2005

    fedeli, nel rivolgere talora le monizio-ni e nellornare secondo i vari tempi lachiesa esiste ampia possibilit di intro-durre in ogni celebrazione una certavariet che contribuisca a renderemaggiormente evidente la ricchezzadella tradizione liturgica e a conferireaccuratamente una connotazione par-ticolare alla celebrazione, tenendoconto delle esigenze pastorali, cos dafavorire la partecipazione interiore.Per favorire la partecipazione attiva ditutti i fedeli, non comunque neces-

    sario, che tutti debbano ma-terialmente compiere qualco-sa oltre ai previsti gesti ed at-teggiamenti del corpo, comese ognuno debba necessaria-mente assolvere ad uno spe-

    cifico compito liturgico. Per suscitare,promuovere e alimentare il senso in-teriore della partecipazione liturgicarisultano particolarmente utili la cele-brazione assidua ed estesa della Litur-gia delle Ore, luso dei sacramentali egli esercizi della piet popolare cristia-na.

    Esaminando i compiti dei fedeli lai-ci nella celebrazione della Messa, vie-ne evidenziato che conviene siano

    pi persone a distribuirsi tra loro o asvolgere i vari uffici o le varie partidello stesso ufficio. Oltre ai ministeriistituiti dellaccolito e del lettore, visono quelli dellaccolito e del lettoreper incarico temporaneo, ai quali so-no congiunti gli altri uffici descritti nelMessale Romano. In ogni caso essi de-vono compiere solo e tutto ci che di loro competenza e tanto nella stes-sa celebrazione liturgica quanto nellasua preparazione facciano s che la Li-turgia della Chiesa si svolga con di-gnit e decoro. Il fedele laico chia-mato a prestare il suo aiuto nelle cele-brazioni liturgiche deve essere debita-mente preparato e distinguersi per vi-ta cristiana, fede, condotta e fedeltal Magistero della Chiesa. Unultimaannotazione riguarda i ragazzi chesvolgono il servizio allaltare come mi-nistranti: Si istituiscano o promuova-no per essi delle associazioni, anchecon la partecipazione e laiuto dei ge-nitori, con le quali si provveda pi ef-ficacemente alla cura pastorale deiministranti A tale servizio dellaltaresi possono ammettere fanciulle o don-ne a giudizio del Vescovo diocesano enel rispetto delle norme stabilite.(continua)

    Testi edocumenti

  • FORMAZIONE LITURGICA

    Culmine e Fonte 1-2005 27

    A ttingiamo ancora alla fontespirituale che Teofane il Re-cluso per meditare sul Battesi-mo come fonte di vita nuova.

    Se uno in Cristo, una creaturanuova (2Cor 5,17): il cristiano nasceperci nel battesimo. La differenza paragonabile a quella che esiste tra laluce e il buio, tra la morte e la vita. Ri-ceviamo benedizione per il poteredella croce di Cristo, e diventiamo figlidi Dio, come il Signore stesso ha volu-to per noi: E se siamo figli, siamo an-che eredi; eredi di Dio, coeredi di Cri-sto, se veramente partecipiamo allesue sofferenze per partecipare anchealla sua gloria (Rm 8,17).

    Il Regno di Dio appartiene ai cri-stiani proprio in virt del battesimo.Ci toglie dal potere del maligno, cheperde autorit su di noi, e ci pone inuna condizione di protezione.

    Ma in noi interiormente avviene laguarigione dalle afflizioni e dalle feri-te del peccato. Il potere della grazia vipenetra e restaura qui la bellezza del-lordine divino. Agisce sul disordinedentro di noi e cambia lorientamentoprincipale della nostra vita, quello cheda noi stessi va verso Dio, cos da esse-re in concordia con lui e crescere nellasua volont.

    Il battesimo quindi una rinascita,che ci pone in una condizione di rin-novamento. Lapostolo Paolo parago-

    na tutti i battezzati con il Signore ri-sorto, facendoci comprendere chepossediamo nella nostra rinascita lastessa natura luminosa che appartienealla natura umana di Ges attraversola sua risurrezione nella gloria(Rm 6,4).

    Che lorientamento dellavita di un battezzato sia cam-biato, detto nelle parole disan Paolo: Cristo mortoper tutti, perch quelli che vi-vono non vivano pi per sestessi, ma per colui che morto e risu-scitato per tutti Quindi se uno inCristo una creatura nuova; le cosevecchie sono passate, ecco ne sono na-te di nuove (2Cor 5,15; 17). Altrovepoi aggiunge: Ma se siamo morti conCristo, crediamo che anche vivremocon lui, sapendo che Cristo risuscitatodai morti non muore pi; la mortenon ha pi potere su di lui. Per quan-to riguarda la sua morte, egli mor alpeccato una volta per tutte; ora, per ilfatto che egli vive, vive per Dio. Cosanche voi consideratevi morti al pec-cato, ma viventi per Dio, in Cristo Ge-s (Rm 6,8-11).

    Colpiscono le parole di san Paoloquando dice: Non regni pi dunqueil peccato nel vostro corpo mortale,cos da sottomettervi ai suoi desideri;non offrite le vostre membra comemembra di ingiustizia al peccato, ma

    Nuove creature in Cristo attraverso il Santo Battesimo

    di don Giovanni Biallo

    InDialogo

  • FORMAZIONE LITURGICA

    28 Culmine e Fonte 1-2005

    offrite voi stessi a Dio come vivi torna-ti dai morti e le vostre membra comestrumenti di giustizia per Dio. Il pecca-to infatti non dominer pi su di voipoich non siete pi sotto la legge,ma sotto la grazia (Rm 6,12-14). LA-postolo ci fa capire che il potere che ciopprime si origina dal peccato nellanostra natura disordinata; esso infattinon completamente estirpato con ilbattesimo, ma posto in condizione dinon avere alcun dominio su di noi, co-s da non servirlo. Ma ancora in noi,

    vive e agisce, senza per esse-re padrone della nostra vita.Il primato col battesimo ap-partiene alla grazia di Dio eallanima che ora coscienzio-samente si dona a lui.

    Anche in alcuni Padri tro-viamo altre indicazioni per

    meditare sul dono di Dio per noi.

    Siamo noi i figli di Dio! E sono figlicoloro che, semplici e piccoli, conosco-no solo Dio come Padre. Rivolto a co-loro che hanno progredito nella cono-scenza del Verbo, il Signore dichiaraCome quel figlio che riceve consola-zione dalla propria madre, cos iodar consolazione a voi.

    Egli chiede loro di liberarsi dallepreoccupazioni di questa vita per at-taccarsi unicamente al Padre. Coluiche mette in pratica questo precetto veramente minimo, e per Dio e per ilmondo. Il mondo lo considera nellil-lusione, ma Dio lo ama.

    La perfezione appartiene al Signo-

    re, il quale non cessa di insegnare; noiinvece siamo solo bambini, molto pic-coli e non cessiamo di apprendere.(San Clemente di Alessandria)

    Il Verbo di Dio, incorporeo, incor-ruttibile e immateriale venuto sullanostra terra, sebbene prima non nefosse lontano. Infatti egli non avevalasciato priva della sua presenza nes-suna parte della creazione, perchriempiva tutto, dimorando con il Pa-dre suo. Ma si reso presente, abbas-sandosi a causa del suo amore per noie si manifestato a noi. Preso dapiet per la nostra stirpe, compassio-nevole verso la nostra debolezza, siabbass fino alla nostra corruzione enon permise che la morte dominassesu di noi; ma affinch non perisse ciche era stato creato e non riuscisseinutile lopera del Padre suo nei con-fronti degli uomini, si prese un corponon diverso dal nostro.

    ( SantAtanasio)

    Il Verbo nato una volta per tuttesecondo la carne, ma a causa della suafilantropia, egli desidera nascere in-cessantemente secondo lo Spirito incoloro che lo desiderano. Si fa bambi-no e si forma in essi insieme alle virt.Si manifesta nella misura in cui sa checolui che lo riceve ne capace. Cristonasce sempre misticamente nellani-ma, prendendo la carne attraverso co-loro che sono salvati, facendo dellani-ma che lo genera una madre vergine.(San Massimo il Confessore).

    InDialogo

  • Culmine e Fonte 1-2005 29

    La parola di Dio celebratadi don Nazzareno Marconi

    PRESENTAZIONE DEL SIGNORE2 febbraio

    PRIMA LETTURADal libro del profeta Malachia (3,1-4)

    Il profeta annuncia una venuta del Signorenel suo tempio per giudicare e per salvare. IlNT, rileggendo loracolo profetico di Mala-chia, identifica nel Messaggero del SignoreGiovanni Battista, mentre nellAngelo del-lAlleanza riconosce una designazione di Ge-s Messia. Egli infatti venuto per ristabilirelalleanza tra Dio e lumanit che il peccatoaveva infranto. Questa venuta annunciatadal profeta con toni di gloria e di gioia. IlNuovo Testamento, riconoscendone il compi-mento nella presentazione di Ges al tempio,mette in singolare contrasto il tema delle po-tenza di Dio con lapparente piccolezza delsuo inviato. La potenza di Dio non si presentacon i tratti della potenza e della gloria umana,ma piuttosto con quelli delle piccolezza e del-le sofferenza accolta per amore.

    VANGELODal vangelo secondo Luca (2,22-40)

    Lepisodio della presentazione di Ges altempio, in se stesso assai ordinario, riveste unprofondo senso teologico. I genitori di Gespresentano il loro bambino al tempio per ub-bidire alla legge. Intervengono allora due inat-tesi personaggi: Simeone, mosso dallo Spirito,prende il bambino tra le braccia e benediceDio con un cantico, quindi benedice i tre pel-legrini e pronunzia un oracolo su Maria; an-che Anna loda Dio e parla del bambino.

    Lo sfondo del racconto dato dalla leggeebraica della purificazione. Una legge che ri-

    guardava la madre, considerata impura a cau-sa del sangue versato durante il parto. La ceri-monia aveva luogo il quarantesimo giorno seil neonato era un bambino. Consisteva nellof-ferta di un sacrificio nel tempio: un agnello edue uccelli. Ma i poveri potevano limitarsi al-lofferta di due uccelli (Lv 12,1-8). Lomissio-ne dellagnello pu significare che i genitoridi Ges erano poveri, ma non per questo me-no obbedienti alla legge divina espressa nellaBibbia, cos che il destino di Ges si sviluppafin dallinizio in conformit alle Scritture.

    Luca per non pone laccento del racconton sul sacrificio per la purificazione della ma-dre, n sullofferta prevista per il riscatto delprimogenito. Perch questo silenzio? Proba-

    La Presentazione al Tempio, Icona, Scuola di Novgorod, sec XV

  • 30 Culmine e Fonte 1-2005

    La parola di Dio celebrata

    bilmente per far capire che Ges non ha biso-gno di essere riscattato. Daltra parte Annapresenter il bambino a quelli che aspettavanoil riscatto di Gerusalemme (2,38). Il vangeloci dice che Ges, non riscattato, piuttostocolui che riscatta e purifica il suo popolo.

    Altrettanto inaspettata la comparsa diSimeone. Ci aspetteremmo infatti di vederapparire uno dei sacerdoti del tempio; invecequi non si tratta di loro. un uomo nuovo,un intruso, che sta per interpretare il ruolo disacerdote e soprattutto di profeta. Luca sotto-linea soprattutto che Simeone sotto lazio-ne dello Spirito. Se ne parla tre volte nel te-sto, come si fatto per la legge. Maria e Giu-seppe sono guidati dalla legge, Simeone dal-lo Spirito. In questo vangelo la Parola del-lAT e la parola nuova dello Spirito si incon-trano per dare nuovo impulso al camminodella salvezza: quasi un passaggio di testi-mone tra lAT ed il NT.

    Luca gioca anche sul termine vedere. Inve-ce di vedere la morte Simeone vedr il Mes-sia: colui che porta la vita eterna (At 3,15). E,come i pastori del Natale, annunzier coluiche ha visto: sar testimone oculare di Ges.

    Dopo Maria e Giuseppe, Simeone il pri-mo credente in Ges. Narrando questo in-contro, Luca pensa probabilmente al mondoebraico che invecchia, ma chiamato a ritro-vare una nuova giovinezza nella novit diGes. Il vegliardo portava il bambino, ma il bambino che conduceva il vegliardo com-menta santAgostino.

    Questo invito a una rinnovata giovinez-za nello Spirito non riservato solo allI-sraele storico. La festa di oggi ci ricordache anche noi cristiani possiamo ricono-scerci in Simeone, ormai invecchiato nellasperanza e nella fede, che deve incontrare

    di nuovo il suo Signore e aprirsi a una nuo-va giovinezza dello Spirito.

    Ora puoi lasciar partire il tuo servoUna soglia varcata: siamo nei tempi nuovi.Il Signore pu ora lasciar partire (e nonpi morire) il suo servo. La parola della pacesi realizzata in Simeone. Si realizzer an-che in tutti coloro che crederanno in Ges.

    V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO A6 Febbraio

    PRIMA LETTURADal libro del profeta Isaia (58,7-10)

    Il testo appartiene al terzo Isaia, in quellaparte della raccolta di profezie formata dallin-sieme dei capitoli 56-59. Il brano si trova in unoracolo post-esilico che invita a interiorizzarela pratica religiosa sulla linea della predicazio-ne profetica. La pratica religiosa di cui si tratta il digiuno, la sua osservanza pi vera e inte-riore porta a unintensa carit verso gli altri. Ilvero digiuno che d culto a Dio e gli gradito quello finalizzato al nutrimento di chi ha fa-me e accompagnato dalle opere di misericor-dia, quali sono dare ospitalit a chi senza ca-sa e dare il vestito a chi nudo. Queste opereautenticano il digiuno e limitano lingiustizia.Esse saranno indicate da Ges come il criteriodel giudizio finale.

    SECONDA LETTURADalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (2,1-5)

    Questa sezione della lettera ai Corinzisvolge il contrasto tra la vera saggezza, quella

  • La parola di Dio celebrata

    Culmine e Fonte 1-2005 31

    divina, e la falsa sapienza, quella mondana.Paolo ha parlato il linguaggio semplice e spo-glio di un testimone senza cercare di impres-sionare i suoi uditori con discorsi raffinati econ arte oratoria. Egli ha loro testimoniato la-more di Dio che si rivela in Cristo crocifisso.La sapienza della croce il centro del messag-gio dellapostolo. Ad Atene, nella capitale del-la cultura, san Paolo aveva tentato di utilizza-re le opinioni religiose, le credenze e le dispo-sizioni dei suoi interlocutori per condurli allafede; il pieno insuccesso di questa sapienzadel discorso usata ad Atene ha condotto il te-stimone di Cristo a cambiare completamenteil metodo. Egli ha preso la decisione di scarta-re ogni conoscenza umana e ogni speculazio-ne religiosa senza rapporto diretto con la pas-sione e la croce redentrice di Cristo. In talemodo si afferma la verit che la salvezza non una filosofia, non una gnosi umana, non un saper discutere con le regole della retoricae della dialettica; la salvezza una persona eun evento: Cristo morto in croce per salvarci.

    VANGELODal vangelo secondo Matteo (5,13-16)

    Le beatitudini, il brano evangelico imme-diatamente precedente a quello di questa do-menica, si chiude con unaffermazione rivol-ta ai discepoli: non sconvolgetevi se il mon-do vi perseguiter, infatti perseguitarono iprofeti prima di voi! Con questa apertura ap-pare chiaro il modo in cui Ges vede la no-stra fede e la nostra adesione a lui. Il cristia-nesimo non una religione tranquilla, natasoprattutto come forma di fede per calmarele grandi masse, come oppio dei popoli,dir qualcuno. La nostra fede si radica sulle-sperienza dei profeti. Credere dunque in-

    nanzi tutto farsi portatori di un messaggio, diun annuncio che appare cos contro correntefin dal suo sorgere. Non si pu accogliere ilmessaggio delle beatitudini senza diventareprofeti di un nuovo stile di vita per un mon-do poco disposto ad accoglierlo.

    In questo contesto incontriamo la primaimmagine del vangelo odierno: quella del sa-le. Il sale della terra! Il sapore di un mondoche stato reso insipido e corrotto dai pecca-ti. Il sale dona di nuovo senso alla vita, ci in-vita a riprendere coscienza di ci che siamo edi ci che dovremmo essere. Vogliamo la vi-ta vera, ma, se non assaporiamo quel sale, lavita la gettiamo via e serve solo ad esserecalpestata dagli uomini perch tutti, anchecoloro che non lo ammettono, vogliono danoi il sapore della vita di Dio. Il sale il sa-pore della beatitudine, un sapore che come ilsale pu essere trovato solo con la fatica diun profondo scavo nelle viscere della terra, ocon la pazienza di una lunga attesa finch ilsole faccia evaporare lacqua del mare.

    La beatitudine anche luce, attraente chia-rore di cui tutti vorrebbero godere. Comequando giunge la luce impossibile non ve-derla, cos dovranno essere i cristiani nelmondo, tersi e luminosi, trasparenti e coerenticon il messaggio di cui si fanno portatori. Lu-ce del mondo! Luce, dice san Giovanni Criso-stomo, non di un popolo, di una generazione,di una citt o di una nazione, ma luce delmondo, che non pu essere nascosta perchluce di chiarezza, luce di senso, luce di cam-mino, luce di meta. Luce di sapienza, frutto diquel sale che ha ridato un senso e che ora vuo-le aiutare non alcuni in particolare, ma tutti.Impossibile nascondere questa luce. Pare uncontrosenso da parte di quello stesso Signoreche dice a un