CARESTIA E SOLIDARIETÀ: IL CASO DEL 1764-1767 NEL … · CONSIDERAZIONI SU CAUSE, INTERVENTI E...

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665 DIANA DRAGONI * CARESTIA E SOLIDARIETÀ: IL CASO DEL 1764-1767 NEL PERUGINO. CONSIDERAZIONI SU CAUSE, INTERVENTI E CONSEGUENZE PER LA POPOLAZIONE Riassunto – Tra il 1764 e il 1767 una notevole carestia colpì l’Italia, con effetti partico- larmente intensi nelle regioni centro – meridionali. La nota, che si riferisce al territorio urbano e rurale perugino, riassume i risultati di una ricerca sulle cause e sulle conseguenze di questo evento. In particolare, attraverso la consultazione di fonti letterarie e d’archivio, si è cercato di ricostruire le azioni condotte dalle autorità dell’epoca e dagli istituti as- sistenziali per limitare i danni e soccorrere i bisognosi. Contemporaneamente si è indagato sulla misura in cui la carestia e il morbo pestilenziale che la seguì siano state generate da condizioni climatiche o sociali. Il lavoro svolto indica che la causa prima della crisi fu un periodo eccezionalmente freddo e piovoso, che ridusse in maniera drastica i raccolti. Nonostante gli sforzi dei governanti, la società dell’epoca, per motivi sia strutturali che tecnologici, non fu in grado di rispondere efficacemente alla crisi. Alcune cronache dell’epoca, i dati raccolti sull’andamento della popolazione, sulla mortalità, alcune informazioni sui bambini “esposti”, le misure sanitarie ed assistenziali prese, forniscono un’immagine ab- bastanza chiara dell’impatto che la crisi del 1764 – 1767 ebbe sulla collettività. Il quadro che emerge, emotivamente molto coinvolgente, è quello di una società la cui sussistenza è legata primariamente all’agricoltura locale, incapace di immagazzinare notevoli quantità di derrate alimentari, con una popolazione debole permanentemente al limite della sus- sistenza e quindi molto fragile rispetto a stress ambientali di ogni tipo (climatici, sociali, epidemiologici) anche se di breve durata. Abstract – A great famine struck Italy between 1764 and 1767. Its effects were particularly intense in the central and southern regions. This paper regards the rural and urban district of Perugia (Umbria, Central Italy) and sums up the results of a research on the causes and consequences of this event. One of the aims of the research, carried out by consulting literary and archival sources, was to reconstruct the actions undertaken by the authorities and the relief * Collaboratrice della Cattedra di Geografia umana dell’Università di Perugia (Prof. De Santis). Dottoranda in Geografia storica presso l’Università degli Studi di Cassino. FAMINE AND SOLIDARITY: THE CASE OF 1764 – 1767 IN THE PERUGIA AREA. CONSIDERATIONS ON CAUSES, REMEDIES AND CONSEQUENCES ON THE POPULATION GIOVANNI DE SANTIS (a cura di), Salute e Solidarietà, Decimo Seminario Internazionale di Geografia Medica (Roma, 16-18.12.2010), Atti in Onore di Cosimo Palagiano Perugia, Edizioni GUERRA, 2012, pp. 665-686 ISBN 978-88-557-0472-4

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Diana Dragoni *

CARESTIA E SOLIDARIETÀ: IL CASO DEL 1764-1767 NEL PERUGINO.CONSIDERAZIONI SU CAUSE, INTERVENTI E CONSEGUENZE

PER LA POPOLAZIONE

Riassunto – Tra il 1764 e il 1767 una notevole carestia colpì l’Italia, con effetti partico-larmente intensi nelle regioni centro – meridionali. La nota, che si riferisce al territorio urbano e rurale perugino, riassume i risultati di una ricerca sulle cause e sulle conseguenze di questo evento. In particolare, attraverso la consultazione di fonti letterarie e d’archivio, si è cercato di ricostruire le azioni condotte dalle autorità dell’epoca e dagli istituti as-sistenziali per limitare i danni e soccorrere i bisognosi. Contemporaneamente si è indagato sulla misura in cui la carestia e il morbo pestilenziale che la seguì siano state generate da condizioni climatiche o sociali. Il lavoro svolto indica che la causa prima della crisi fu un periodo eccezionalmente freddo e piovoso, che ridusse in maniera drastica i raccolti. Nonostante gli sforzi dei governanti, la società dell’epoca, per motivi sia strutturali che tecnologici, non fu in grado di rispondere efficacemente alla crisi. Alcune cronache dell’epoca, i dati raccolti sull’andamento della popolazione, sulla mortalità, alcune informazioni sui bambini “esposti”, le misure sanitarie ed assistenziali prese, forniscono un’immagine ab-bastanza chiara dell’impatto che la crisi del 1764 – 1767 ebbe sulla collettività. Il quadro che emerge, emotivamente molto coinvolgente, è quello di una società la cui sussistenza è legata primariamente all’agricoltura locale, incapace di immagazzinare notevoli quantità di derrate alimentari, con una popolazione debole permanentemente al limite della sus-sistenza e quindi molto fragile rispetto a stress ambientali di ogni tipo (climatici, sociali, epidemiologici) anche se di breve durata.

Abstract – A great famine struck Italy between 1764 and 1767. Its effects were particularly intense in the central and southern regions. This paper regards the rural and urban district of Perugia (Umbria, Central Italy) and sums up the results of a research on the causes and consequences of this event. One of the aims of the research, carried out by consulting literary and archival sources, was to reconstruct the actions undertaken by the authorities and the relief

* Collaboratrice della Cattedra di Geografia umana dell’Università di Perugia (Prof. De Santis). Dottoranda in Geografia storica presso l’Università degli Studi di Cassino.

FAmINE AND SOLIDARITy: ThE CASE OF 1764 – 1767 IN ThE PERUGIA AREA. CONSIDERATIONS ON CAUSES, REmEDIES AND CONSEqUENCES ON ThE POPULATION

Giovanni De Santis (a cura di), Salute e Solidarietà,Decimo Seminario Internazionale di Geografia medica (Roma, 16-18.12.2010), Atti in Onore di Cosimo Palagiano Perugia, Edizioni guerra, 2012, pp. 665-686

ISBN 978-88-557-0472-4

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bodies of the time to limit the damages and help the needy. Another aim was to understand to what extent the famine and the plague that followed it were generated by the climatic and social conditions. The results of the research indicate that the main cause of the famine was an exceptionally cold and wet period which drastically reduced the harvests. Despite the ef-forts of its governors, the society of the time was unable to respond to the crisis effectively for structural and technological reasons. A clear picture of the effect on society of the crisis of 1764 – 1767 has been provided by some chronicles of the time, demographic data, such as mortality rates, information on exposed children and the sanitary and the relief measures undertaken. The emotionally stirring picture that emerges shows a society unable to store large quantities of food, whose subsistence is primarily based on local agriculture, with a weak population per-manently on the verge of poverty and therefore very fragile in the face of any environmental stress, however brief, of a climatic, social or epidemiological nature.

Parole chiave: carestia, clima, Perugia, epidemia

Keywords: famine, climate, Perugia, plague

1. La carestia del 1764-67 e la successiva epidemia

La nota carestia del 1764-1767 colpì un po’ ovunque l’Italia, ma con particolare intensità quella centrale e meridionale 1, oltre a trovare tracce anche fuori dal-l’Italia 2. Nel maggio del 1765, un morbo contagioso ha appena finito di affliggere “la Dalmazia, la Bosnia, ed altri Luoghi conterminanti”, morbo per il quale il Granducato di Toscana aveva posto il divieto di commercio come testimonia il:

“BANDO DI RESTITUZIONE DI COMMERCIO. Le sicure notizie pervenute agl’Illustrissimi, e Clarissimi Sigg. Ufiziali di Sanità di Firenze ec. Dai magistrati loro Corrispondenti di essere intera-mente cessato il Contagio, che da tanto tempo ha tenuta afflitta la Dalma-zia, la Bosnia, ed altri Luoghi conterminanti, e di godersi la più perfetta tranquillità negli Stati e Provincie, che ne furono contaminate, hanno mosso lo zelo del Magistrato Loro Illustrissimo a determinare la restituzione del libero Commercio con le suddette Parti, e ad abolire quelle riserve, e precau-zioni, che fù in necessità di ordinare per la sicurezza di questo Reale Gran Ducato…”(archivio storico Del comune Di Perugia (da ora: asP), Editti e Bandi, 38, c.121).

Il massari (1838, pp. 123-124), dopo aver accennato alla suddetta peste in Dal-mazia, senza ravvisare un collegamento tra i due eventi, racconta dell’epidemia che

1 Numerose sono le testimonianze sull’argomento rintracciate per il Regno di Napoli: ad es. per Napoli (De renzi, 1868); per Capitanata nella Provincia di Bari (Da molin, 1995); per Casalciprano nella Provincia di Campobasso (cronache dall’Archivio di Stato di Cam-pobasso in www.siusa.archivi.beniculturali.it, sub voce Comune di Casalciprano); per Scanno nella Provincia di L’Aquila (www.comune.scanno.aq.it). Altrettante se ne possono reperire per il Granducato di Toscana, ma è particolarmente interessante l’Alimurgia di G. Targioni Tozzetti, erudito del ’700. Infine molteplici sono quelle per lo Stato della Chiesa (CamPilli, 1783) per il quale m. Tosti (1983) ha trattato proprio il caso di Perugia, ma se ne trovano anche per città diverse (sullo stesso argomento sono, ad esempio, interessanti e coloriti i Commentarj di E. Capobelli per Rimini).

2 È il caso di Tunisi dove è stata registrata una scarsità di generi alimentari, aggravata da nugoli di cavallette che hanno preso d’assalto i raccolti nel 1764, un leggero aumento della mortalità della popolazione cattolica intorno agli anni 1764-66 e l’arrivo della peste a Zarzis (sulla costa a sud di Tunisi) nel 1767 (SPeziale, 1997, p. 426).

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Foto 1 – Allegoria della Carestia vista dallo studioso perugino Cesare Ripa: “DONNA, macilente, e malvestita, nella destra mano tenga un ramo di Salce, nella sinistra una pietra Pomice, e a canto avrà una Vacca magra. Dipingesi la Carestia magra, per dimostrare l’effetto del mancamento delle cose alla vita humana necessarie; perché il danaro solito a spendersi largamente in più felici tempi, nella sterile stagione poco meno, che tutto si trasferisce nel dominio di pochi, di modo, che facilmente i poveri rimangono macilenti, e mal vestiti per carestia di pane, e di danari. La pietra Pomice, e il Salice pianta sono sterili, e la sterilità è principale cagione della carestia, ma non sola alcune volte; nasce ancora per insatiabile cupidigia d’alcuni mercanti, li quali sogliono (fraudando la natura) affligere la povera gente con li loro inganni. Dipingesi appresso la Vacca magra per segno di carestia, e questo significato lo mostrò Gioseffo nelle sacre lettere quando dichiarò il sogno di Faraone”.

Fonte: Ripa (vol. I, 1767, p. 283).

travolse Perugia nel 1767, ma non nomina alcuna carestia che l’avrebbe preceduta o causata indicando solamente come ad un tratto il contagio cominciò a diffondersi nelle carceri e nell’Ospedale perugino:

“La peste che invase Dalmazia nel 1763, e contro la quale le sanità marittime italiane presero opportuni provvedimenti in Livorno, in Bocche di Cattaro, in Castelnuovo, in Ragusi non destò alcun tristo pensiero al pontificio Governo;

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ond’ é che, non temendo risico alcuno, né da Roma né da Perugia sappiamo che si prendessero sanitarie disposizioni a tutela. Ma un male che destò ne’ Perugini non lieve temenza ebbe luogo nel 1767. Sul declinare del marzo di tale anno s’ incominciarono a vedere cattive febbri di genio attaccaticcio, tanto nelle pubbliche prigioni, quanto e in più numero nell’ Ospedale di S. Maria della Misericordia. Ossia che il popolo si persuadesse del potere le febbri ed i mali contagiosi delle prigioni e degli spedali facilmente diffondersi per la città; ossia che alcune analoghe infermità entro il paese gissero veramente vagando, certo fu che Perugia molto della cosa dolevasi e reclamava al riparo”

Difficile dire di che tipo di epidemia si trattasse, infatti i termini usati per de-finirla sono piuttosto vaghi: se il massari parla di “febbri di genio attaccaticcio”, per il morbo contagioso descritto nelle altre parti d’Italia si usa a volte “peste”, altre “febbri pestilenziali”.

2. I provvedimenti istituzionali

Le avvisaglie della grave crisi che avrebbe colpito tutta la penisola si manife-starono a Perugia già nel 1759, quando il raccolto risultò molto scarso. La prima e naturale conseguenza fu un difficile reperimento del grano e un aumento del suo costo, per cui l’Annona ben presto divenne un vero e proprio organo di controllo sul prezzo (Fig. 1), su tutte le entrate e uscite di grano dai magazzini, sui fornai e sugli incaricati della vendita del pane in città e in campagna (Tosti, 1983).

La carestia raggiungerà il suo apice nel 1765-66. Prima di allora, in un editto del 7.09.1763, si ordina di dichiarare l’esatta quantità di grano che ciascuno pos-siede, l’anno in corso viene già definito “penurioso” ed altri segnali possono essere letti come indicatori di una situazione che si sta aggravando: il dettaglio con cui vengono elencati i destinatari del provvedimento per evitare che qualcuno abbia una scusa per autoescludersi; la durezza nello specificare le punizioni alle quali si poteva andare incontro.

“EDITTO.GAETANO SFORZA Pronotaro Apostolico del numero de’ Partecipanti, Refe-rendario dell’una, e l’altra Segnatura, Ponente della S. Consulta, Votante della Sagra Visita Apostolica, e Commissario Apostolico specialmente deputato dalla SANTITA’ di Nostro Signore CLEMENTE XIII. Felicemente Regnante. Al fine di provvedere in ogni parte al mantenimento dell’Annona in questa città di Perugia, è ben assicurare il Popolo del suo Sostentamento in quest’Anno penurioso, oltre i provvedimenti già presi, e che tutavia si prenderanno in sfogo della Commissione della dalla Clemenza di NOSTRO SIGNORE be-nignamente addossatasi, crediamo indispensabile l’avere presente la precisa totalità de’ Grani tanto nuovi, che vecchi, i quali trovansi in questa Città di Perugia, e nel di lei Territorio… …Che però facendo uso delle nostre speciali facoltà di Commissario Apostolico, col tenore del presente Editto ordiniamo a tutti i Possidenti, Coloni, Affittuari, Ministri, Luoghi Pij, comprese anche le Undici Congregazioni, ad a tutte, e singole Persone Ecclesiastiche, Regolari, Claustrali, ed in qualunque maniera Privilegiate, e Privilegiatissime, delle quali dovesse farsi una speciale, ed indi-vidua menzione, che nel termine di tre giorni dalla pubblicazione del presente per quelli di questa Città, e di dieci per gl’Abitanti nel Territorio debbano dare, ed esibire nella Cancelleria Decemvirale le respective Assegne di tutto il Grano nuovo, e vecchio, Orzo, Biada, Legumi, Mistumi, e di altri simili

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Generi, che si trovano raccolti, ed inconsunti, specificando nelle medesime la quantità delle Bocche di ciascheduna Famiglia il consumo fino alla nuova Raccolta, il mantenimento de’ Contadini, e la quantità delle Bocche di essi, il bisogno per le imminenti Sementi, e l’individuazione de’ precisi Luoghi, ove detti Generi si ritengono, sotto pena in caso di contravvenzione di scudi cinquecento d’oro da pagarsi in oro, e d’applicarsi a Nostro arbitrio, e della formale Carcerazione, e di altre afflittive, oltre la perdita di tutto il Grano, Orzo, Biada, Legumi, Mistumi, compresa anche la porzione assegnata, quando l’Assegna data non si trovasse fedele, e si fosse mancato nell’indicare l’intiera quantità, o fusse alterato il consumo, ed il numero delle Bocche, o si riconoscesse non vero, il luogo della retenzione di detti generi…” (AsP, Editti e Bandi, 38, c. 43).

Da quel momento i bandi e gli editti per cercare di arginare i danni della carestia si susseguono frequentemente, come risulta, ad esempio, da alcuni stralci.

Nell’editto del 14.04.1764 (AsP, Editti e Bandi, 38, c. 59)

Raniero Finocchietti Gov. Gen. E Del. Apost., “stante la notoria penuria di Grano, ed altri Generi, che corre in quest’Anno in quasi tutto lo Stato Ponti-ficio…ad oggetto di evitare il maggior consumo de’ Generi suddetti…” ordina seguendo le disposizioni dell’Eminentissimo, e Reverendissimo Sig. Cardinale Camerlengo, “di sospendere tutte le Fiere solite a tenersi in qualunque Luogo anche Baronale di detta Nostra Giurisdizione”.

In un altro editto del 2.04.1765 (AsP, Editti e Bandi, 38, c. 83) si fa riferimento alla scomparsa delle bestie da soma che, solitamente, servivano per far pervenire il sale da Fabriano a Perugia. Forse il nutrimento non è stato sufficiente neanche per loro o forse sono state macellate e mangiate:

Fig. 1 – Prezzo del grano stabilito dalla Congregazione dell’Annona dal 1760 al 1770.

Fonte: Ns. elab. da Tosti (1984, pp. 227-229).

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“EDITTO SOPRA IL TRASPORTO DE’SALI.…Avendoci rappresentato li Signori Otto Cavalieri Malevadori della Teso-raria di questa Città ritrovarsi la Salara della medesima quasi sprovista di Sale, a motivo della mancanza delle Bestie da Soma nelle Communità di Sigillo, e Fossato, ed in altri Luoghi convicini, soliti a farne il trasporto, e perciò non gli si permette far qui venir Sale a bastanza per mantenimento di questo Publico; Abbiamo stimato opportuno (jnerendo anche agl’ordini della Sagra Consulta e Sagra Congregazione del B. Governo) ed agli Editti altre volte publicati da Nostri Antecessori, di venire ala rinnovazione del presente Editto, con cui ordiniamo, & espressamente comandiamo a tutti quelli delli qui descriti Luoghi di qualsivoglia stato, grado, e condizione, Ecclesiastici, e Secolari, Privilegiati, Patentati, ed altri che richiedessero special menzione, che anno bestie da carico, che subito publicato, o affisso il presente ne Luoghi soliti, si portino con le loro Bestie in Fabriano a prendere i Sali dei detta Sa-lara, e qua condurli con tutta sollecitudine, facendone ogn’uno un carico per Settimana, e così continuare per fin tanto, che se ne sarà fatta la necessaria provista, mentre qui giunti gli sarà pagata dal Ministro la solita Vettura di baiocchi 30. per peso di libre 245. l’uno, proibendo ad ogn’uno, che non possa caricare Sali, ed altre robbe per altri Luoghi se non che il Sale per detta nostra Città, soto pena a contravventori di scudi 25. Da applicarsi a nostro arbitrio, oltre all’immediata loro carcerazione... EMERICO BOLOGNINI GOV. GEN. E DELEG. APOSTOLICO”.

Il divieto di esportazione del grano fuori dal territorio perugino viene ribadito più volte negli editti fin dall’inizio e per tutta la durata della crisi, come in quello del 6.07.1765 (AsP, Editti e Bandi, 38, c. 100):

“EDITTO...È sempre stata regola di Buon Governo il provvedere seriamente all’Abbon-danza delle Grascie pel mantenimento de’ Popoli subordinati; anche ne’ tempi meno bisognosi, ed a tal’effetto la sa: mem: di BENEDETTO XIV. emanò la sua Costituzione sopra il Libero Commercio, con cui vietò l’estrazione delle dette Grascie, fino a tanto che nel termine stabilito se ne fossero provvedute quelle Città, i Terreni delle quali le avevano prodotte. Si crede pertanto necessario di non allontanarsi da simili provvedimenti nella presente Raccolta di Grano, e riserbare il prodotto superfluo, ed anche il Grano delle passate Stagioni finora inconsunto allo Sfamo del Popolo di questa Città, e Territorio, tanto più che non sono favorevoli le notizie che si sono prese sopra la corrente Raccolta... EMERICO DE’ MARCHESI BOLOGNINI”.

Le restrizioni ordinate per il grano furono estese anche ad altri generi, quali la seta, come dimostra l’editto del 3.06.1765 (AsP, Editti e Bandi, 38, c. 87):

“EDITTO.…Essendo stati rappresentati dall’Eminentissimo, e Reverendissimo Signor Cardinal Camerlengo dalli Mercanti Indrappatori delle Sete di Roma, e dalli Lavorieri dell’Arte di seta di questa Città di Perugia i gravi danni cagionati alla foglia de Mori Celsi dalla gelata del Mese di Aprile prossimo passato, e scarsezza perciò, che dovrà esser nel prssimo raccolto della Seta, il che potrebbe produrre una gravissima alterazione dei prezzi, quando con un pronto prov-vedimento non si procurasse di riparare al possibile alla sofferta disgrazia coll’impedire, che dalla Città di Perugia, suo Territorio, e luoghi convicini non vengano estratte Sete ne in Boccioli, ne tirate, ma che queste servir debbano per il mantenimento delle Fabbriche delle Drapparie di Roma, e di Perugia; ed avendo riconosciuto l’E.S. la verità dell’Esposto, e la necessità del richiesto

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opportuno riparo, con la solita sua vigilanza si è degnata d’incaricarci con suo venerandissimo foglio segnato li 25. Maggio 1765. Di pubblicare subito un Editto proibitivo dell’Estrazione delle Sete suddette dalla città di Perugia, suo Territorio, e luoghi convicini, comprendendo eziandio le Sete appartenenti agli Ecclesiastici Secolari, e Regolari, Luoghi Pij, ed altri Privilegiati sotto pene pecuniarie, ed afflittive con Annullare i Contratti finora fatti, ed ordinare la restituzione delle Arre pagate...EMERICO BOLOGNINI GOV. GEN.”

I rigidi provvedimenti dell’Annona sono sempre più incalzanti, segno di un costante peggioramento del momento. Nell’editto del 25.07.1765 (AsP, Editti e Bandi, 38), si menziona lo scarso raccolto e si afferma che

“…Affine di provvedere a que’ gravissimi inconvenienti, che sembrano inevita-bili nelle pessime apparenze in cui siamo di un miserabile Raccolto, non solo in questo nostro Territorio, ma in tutte le Città, e Provincie a noi confinanti, e sull’esperienza che l’unico riparo, è il fornire i pubblici Magazzeni di copiosa quantità di Grano, e non fidarsi alle vane lusinghe di quel che può avvenire, quando la scarsezza è certa, ed universale…” la Congregazione dell’Annona con l’approvazione dei Deputati Ecclesiastici ha alzato lo “Spiano alla ragio-ne di Paoli 22. la Mina... EMERICO BOLOGNINI GOV. GEN. E DELEG. APOSTOLICO”.

Così ancora il 4.07.1766 (AsP, Editti e Bandi, 38, c. 125) dopo aver ribadito il di-vieto all’esportazione, si dichiarano quali pene durissime, anche corporali, possano essere inflitte “a nostro arbitrio”, sulla parola di un solo testimone e soprattutto con la facoltà data a ciascuno di arrestare un colpevole per ricavarne un premio. Si può immaginare quale clima di terrore e guerra tra poveri abbia scatenato un proclama del genere:

“EDITTO...Sentendo con nostro sommo rammarico, che anche in quest’Anno sia per riusci-re la Raccolta oltre modo scarsa, specialmente di Grano, perlocchè è espediente, che da noi vengano anticipate le premure, e si prendano i mezzi necessari, ad oggetto di provvedere, per quanto sia possibile al bisogno, e mantenimento del Popolo di questa Città; perciò col presente pubblico Editto ordiniamo, ed espressamente comandiamo a tutte, e singole Persone, che dalla pubblicazione di questo, che dovrà considerarsi, come a ciascuno personalmente intimato, non ardiscano sotto qualsivoglia pretesto, e quesito colore, di estraere, o fare estraere da questo Territorio Perugino alcuna, benchè minima quantità di Grano, Formentone, e Mistumi, come neppure da Luogo a Luogo del Territorio medesimo, voltando le spalle a questa Città, senza nostra licenza in iscritto, da darsi secondo potrà esigere il dovere, ed il pubblico bene, gratis sempre, sotto pena a chi contraverrà di Scudi 50. per il carico di ciascuna Bestia, o Soma di Grano, Formentone, e Mistumi, della perdita di essi Generi, e delle Bestie, sulle quali si trovassero caricati, oltre ad altre pene corporali a nostro arbitrio, secondo la qualità de’ casi, e delle Persone, all’esecuzione delle quali si procederà irremissibilmente, e con tutto il rigore, anche per Inquisizione, e col detto d’un sol Testimonio degno di fede, senza attendersi veruna scusa, e motivo in contrario, quali pene verranno applicate per una terza parte alla Rev. Cam. Apost., un terzo agli Esecutori, e l’altro terzo all’Accusatore, che sarà tenuto segreto.Inoltre concediamo la facoltà, e licenza a tutti li Contadini del Territorio anti-detto di arrestare le Persone, e i Generi, che venissero estratti, e di partecipare in tal caso la terza parte della pena, come sopra comminata...EMERICO BOLOGNINI GOV. GEN. E DELEG. APOSTOLICO”.

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Il 18.08.1766 (AsP, Editti e Bandi, 38) il “BANDO Contro li Pizzicarelli, e Pizzi-carelle, ed altri” ordina che nessuno compri le “cose necessarie al vitto Umano” per rivenderle ad un prezzo più alto. Poco dopo la sospensione del libero commercio colpisce anche l’olio fino alla nuova raccolta (AsP, Editti e Bandi, 38, c. 130).

3. La solidarietà

Il mondo rurale perugino fu duramente segnato dalla crisi ed è stato rilevato come la categoria sociale (fra mezzadri, casengoli o braccianti, e proprietari) che più ne soffrì fu quella dei braccianti, cioè i lavoratori agricoli stagionali. ma il numero dei mendicanti si accrebbe in maniera vertiginosa anche per la disoccupazione che colpì gli operai e i garzoni delle botteghe manifatturiere (tosti, 1983). Il risultato dovette essere una massa sempre più cospicua, fastidiosa e potenzialmente esplosiva di poveri affamati riversatisi in città. Ad occuparsi di loro furono il Comune, i collegi delle Arti, le confraternite e tutti gli altri istituti di assistenza, numerosissimi nel Perugino, gestiti per lo più dai religiosi che svolgevano l’attività benefica e offrivano concretamente il loro sostegno attraverso ospedali, orfanotrofi, ospizi, dotalizi, monti di pietà e frumentari, istituti di educazione e istruzione, compagnie e unioni pie. Nonostante ciò, è necessario sottolineare come gli aiuti fossero destinati solamente ai poveri locali, mentre gli altri erano cacciati dalla città, pena il carcere, l’esilio o le strattonate, appesi per i polsi legati dietro la schiena:

“EDITTO...Il ridurre a memoria di questa Augusta Città, e a Noi carissimo Popolo la lacrimevole situazione in ci ne pone il Divino flagello della Carestia, non è che un rinovare i sentimenti del comune amarissimo dolore. Le nostre cure indefesse, e continue sollecitudini sono tutte dirette a minorare il male, e far meno sentire la universale disgrazia, che tutta l’Italia così aspramente affligge. Crediamo perciò in vigore di quelle facoltà a Noi con Breve Apostolico dalla Santità di N. S. accordate di abbracciare tutti quei temperamenti che ad un lodevol fine possono condurre; quindi sentiti li Signori di Magistato, gli altri che compongono la Congregazione dell’abbondanza tutti pieni di zelo per il comun bene, di loro sentimento, ed approvazione, ci moviamo a pubblicare il presente Editto con cui si prescrive.Che tutti li forastieri, o Vagabondi non domiciliati in questa Città, e che non esercitano arte, o professsioni, e si trattengono o in figura di oziosi, o di questuanti, partano nel termine di tre giorni dalla Città, e Territorio, sotto pena di Carcere formale, di Esilio, ed anche di tre tratti di corda, quando non stimando la prima, e non prezzando il secondo ricomparissero in città.Che tutti li Contadini del Territorio onninamente stiano, ed abitano alle Case loro di Campagna, giacche searatamente per ogni Cura, Castello, e Terra si prende-ranno le più accurate caritative provisioni, lasciando a’ Curati, o Jusdicenti l’obbligo di rappresentarci le maniere più facili, e sicure da accorrere anche col Grano della Nostra Annona a loro bisogni...11. Agosto 1766. EMERICO BOLOGNINI GOV. GEN. E DELEG. APOSTOLICO” (AsP, Editti e Bandi, 38, c. 127).

In più, nell’atrocità del contesto, c’era chi si approfittava delle disgrazie altrui prestando denaro a caro prezzo. Infatti si legge in un editto del 26.06.1764 (AsP, Editti e Bandi, 38, c. 62) che il Card. Rezzonico Camerlengo, F. d’Elci Prefetto dell’An-nona, e Filippo Campilli Commissario Generale della Reverenda Camera Apostolica, emanarono delle disposizioni nel tentativo di arginare il fenomeno dei poveri oppressi da usurai ed altri che si avvantaggiavano della contingente penuria di grani.

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Allo scopo di porre rimedio alla mancanza di lavoro, spesso la strategia adottata dal Comune era quella di promuovere dei lavori pubblici per il ripristino di alcuni percorsi stradali (lo stesso avvenne in altre crisi analoghe, come in quella del 1816-18 (Dragoni D., 2010). Tra gli istituti assistenziali più importanti va ricordata la Compagnia di San martino, sorta nel 1574 per assistere i poveri, che nel tempo ha ampliato il suo patrimonio e le sue funzioni diventando essenziale sia per la distri-buzione dell’elemosina, sia per la cura dei malati. L’Archivio Storico del Comune di Perugia può testimoniare nel dettaglio proprio le elargizioni della Compagnia negli anni della crisi (AsP, Sodalizio di S. Martino, Registro delle Elemosine Mensili, 403, 404, 405).

Altra grande istituzione del Perugino è da sempre (se ne ha notizia già dal XIII secolo), l’Ospedale di Santa maria della misericordia con le sue prerogative di assistenza ai poveri, agli infermi e ai bambini abbandonati, nel XVIII sec. più che efficiente grazie al patrimonio vastissimo e alle sovvenzioni dategli regolarmente dal Comune. Il massari (1938, pp. 123-124) ne offre testimonianza elencando i provvedimenti sanitari che vennero presi in città:

“I moderatori delle pubbliche faccende solleciti si rivolsero a Roma chiedendo aiuti e poteri. Nel 29 aprile diffatti giunse un venerato dispaccio della Segre-teria Suprema di Stato col quale ordinavasi 1.° La remozione sollecita de’ carcerati in locali più ampli e più netti2.° Il trasporto degl’ infermi dallo Spedale di S. Maria in altro luog , e in quel maggior numero che si poteva 3.° Versare molta calce in tutti i sepolcri dello Spedale chiudendone le aperture perfettamente, né più usarne che al termine del male e al principiare del verno 4.° Finalmente sciegliere fuori di città un Campo santo che al seppellimento de’ morti nelle carceri e negli spedali servisse. Difatti subitamente e primamente il Comune somministrò la somma di scudi cinquecento allo Spedale suddetto, esigendo le circostanze che li signori Priori dello Spedale provvedino di altro sito atto a ricevere gl’ infermi. Poi venne concesso un campo, fuori di porta S. Antonio spettante alla città, per farvi il cemeterio opportuno; ed a questo vicino, il Convento de’ Padri Olivetani in vasto e ben’ ordinato Spedale si trasmutò. Tutto che fu ordinato si fece; e le febbri carcero-nosocomiali e le paure de’ perugini dopo alcuni mesi cessarono”.

A sostegno della popolazione esistevano, inoltre, i monti di Pietà, nati con lo scopo di offrire denaro liquido ai poveri (non elemosinanti, ma in genere nobili decaduti o indigenti per le particolari circostanze) che dovevano poi restituirlo con gli interessi (in origine intorno al 5-6%) dando, nel frattempo, come garanzia un pegno, cioè un bene di valore. Il primo da molti è considerato proprio quello che fu istituito a Perugia nel 1462. Accanto ai monti di Pietà, poi, operavano anche i monti Frumentari, frequenti soprattutto nelle campagne perugine, che offrivano grano in tempo di semina per riaverlo successivamente con un’aggiunta. Dall’os-servazione della distribuzione dei monti frumentari, emerge che dove questi erano più presenti, il numero degli indigenti era nettamente inferiore (Chiacchella e Tosti, 1984, pp. 181-200; Tosti, 1999).

In effetti in tutta la penisola le istituzioni, così come si fece nello Stato Ponti-ficio, cercarono di arginare la crisi con i mezzi in loro possesso. Ad esempio Papa Clemente XIII (1693-1769) a Roma, dove si erano riversati gli affamati anche dalle provincie circostanti, riformò i due principali istituti di deposito e credito della capitale, il monte di Pietà e il Banco di Santo Spirito, e convertì nel 1764 alcuni vecchi granai nelle cosiddette “olearie papali”, 10 pozzi per garantire l’approvvi-

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gionamento dell’olio alla popolazione romana. Tuttavia, in generale, la carestia mise a nudo la debolezza della struttura agraria dei territori dello Stato Pontificio, del suo apparato statale, dell’amministrazione locale, delle Congregazioni Speciali e soprattutto degli Istituti Annonari (a proposito dell’insufficienza dell’annona romana si rimanda a De matteo (2001, p. 46) e Saltini (2002).

4. La solidarietà ai bambini abbandonati

Si è visto come l’Ospedale di S. maria della misericordia fosse fra i primi scenari in cui si manifestò l’epidemia, ma lì non erano ricoverati solo malati, la struttura infatti era anche il centro di raccolta dei bambini abbandonati (i cosiddetti esposti, proietti o alunni) a Perugia e nel suo contado. L’osservazione dei dati relativi agli abbandoni in quel decennio costituisce un altro punto di vista per comprendere l’entità della crisi. L’abbandono dei bambini fu una pratica assai diffusa nel mondo dei poveri fin dalle epoche più antiche, ma è solo per il tardo medioevo in poi che si possono rintracciare notizie più certe.

Nel 1305 l’atto ufficiale di fondazione dell’Ospedale di S. maria della miseri-cordia di Perugia, che pur esisteva da prima, recitava in alcuni passi:

“…poiché alcuni chierici e laici perugini hanno ideato una Confraternita sotto il nome della Beata Vergine, per trovare e costruire una casa in cui accogliere e nutrire pellegrini, bambini esposti e poveri ed infermi, sopra e sotto il muro della città di Perugia…”.

Fin dalle sue origini quindi l’Ospedale aveva tra le sue funzioni quella di prov-vedere ai bambini abbandonati, e questa attività doveva essere particolarmente onerosa. I proietti o alunni o esposti arrivavano all’Ospedale in diversi modi: “per la ruota”, il famoso strumento situato o in Via Alunni o nel Vicolo Santa Lucia; “per la porta”, cioè abbandonati sulle scale della chiesa o altrove; “nati in casa” erano infine quei pochi partoriti nell’infermeria (Pitzurra, 1999, p. 62, 66-67).

Le cause dell’abbandono potevano essere diverse: la miseria, la vergogna quando le origini erano illegittime, la malattia del bambino o della madre, la morte della madre durante il parto, la detenzione, le guerre, ecc… Certamente si ha l’impressione che il gesto fosse soggetto a molte meno remore morali di oggi. Per tutto il ’700 nell’Ospedale di Perugia il numero delle bambine abbandonate era nettamente superiore a quello dei bambini, a causa del minor valore che le contrassegnava come un peso da mantenere fino al matrimonio, quando in più avrebbero necessitato anche della dote. Nell’ ’800, invece, il rapporto tra maschi e femmine si normalizza, probabilmente per il dilagare della pratica dell’abbandono che rende più “facile” anche il distacco dal figlio maschio.

La maggior parte erano abbandonati entro la 1ª settimana di vita (oltre il 95% tra il 1700 e il 1869) e spesso erano muniti di un segno che rappresentava un legame con la famiglia di provenienza, solitamente la metà di una medaglia o altro piccolo oggetto che sarebbe stato utile per un futuro eventuale riconoscimen-to. molti avevano con sé anche la “fede di battesimo” o un biglietto con indicato l’avvenuto sacramento. A questo punto provvedevano al loro nutrimento prima le “balie di casa” (ragazze madri che avevano partorito in Ospedale e alloggiavano nel brefotrofio), poi le “balie di fuori” (della città o della campagna, tenevano i proietti maschi nella loro abitazione fino al 7° anno di vita, mentre le femmine fino al 14°). Le balie esterne costituivano una voce importantissima di spesa per

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l’Ospedale, ciò nonostante sembra che la paga loro riservata fosse generalmente scarsa e per questo le balie provenivano dagli strati poveri della società rurale, spesso trascuravano gravemente il loro affidato, anche fino alla morte, e non di rado diverse balie si avvicendavano alla cura del medesimo bambino. Per i maschi fu istituito il Seminario dei Putti nel 1589 che dava loro un’educazione prima dell’avviamento al sacerdozio, ma all’inizio dell’ ’800 questo venne chiuso e i bambini lasciati alle famiglie che risultavano trattarli bene. Per le femmine esisteva il “Conservatorio delle zitelle” che le tratteneva fino al matrimonio, quando venivano fornite di una dote dall’Ospedale stesso, oppure la loro sorte era, se come accadeva solitamente non venivano riconosciute, quella della monacazione, dell’andare a servizio come serva, ma potevano anche restare nel conservatorio per sempre. Purtroppo, però, la maggior parte degli abbandonati, oltre l’80%, moriva prestissimo, alcuni nel trasporto fino alla ruota o nella ruota stessa, molti durante il periodo con la balia di casa o comunque nel primo anno di vita (gli affidati alle balie di campagna vivevano un po’ più a lungo), altri prima della fine del baliatico (Tittarelli, 1987, 1999; Pitzurra, 1999).

Così sono frequentissimi i casi in cui, poco al di sotto della registrazione d’in-gresso del bambino, sia scritta anche quella di morte. Ad esempio:

“Corciano.Adì 26 Nov 1753.Caterina esposta per la Porta venne di Corciano nata nella Cura d’Antria batezzata dal Sig. D. Antonio Zuccherini Paroco il dì 25 Nov 1753: come dalla Poliza in filo al n 55:Data ad allattare alla Giovanna Balia in Casa.Morì il dì 30 Nov 1753” (AsP, Ospedale di S. Maria della Misericordia, Mo-vimento degli Esposti, 31, p. 29).

Oppure:

“19 Gennaio 1754.N: Esposta per la Porta alle ore 7: di Notte, è dalla Priora delle Balie la fù data l’acqua del S. Battesimo perché stava in pericolo di morte:Morì alle ore 10: delli 19 suddetto” (AsP, Ospedale..., 31, p. 33).

La nostra sensibilità oggi non può che commuoversi immaginando le terribili condizioni di vita in cui dovevano trovarsi i bambini nei brefotrofi: la promiscui-tà fra sani e malati, il passaggio da una balia all’altra, l’assenza di attenzioni e amore erano la regola, come lo era infatti la morte. Purtroppo, però, nell’Italia come nel resto dell’Europa del ’700, l’abbandono dei neonati è una pratica molto diffusa soprattutto dopo la metà del secolo. Dopo aver analizzato l’andamento degli abbandoni in Italia durante l’età moderna, e aver distinto una 1ª fase (1600-1750) di decremento o stagnazione degli illegittimi, ed una 2ª fase (1750-1860) di aumento degli esposti, senza differenze notevoli tra nord, centro e sud, Da molin (1993, p. 106) giunge ad alcune conclusioni: l’uso si accentra più nella città che nella campagna; sono prevalentemente le femmine ad essere abbandonate; il fenomeno si concentra nei mesi tardo invernali e primaverili. Volendo indagare sulle cause di questo andamento, l’Autrice ammette che i motivi

“sono molteplici e sfuggenti perché sono da addebitare, oltre che a generiche cause economiche e sociali, anche a motivi non scritti e quindi non imme-diatamente documentabili. Intendiamo riferirci ai cambiamenti attuatisi nel corso dei secoli nella mentalità collettiva, a trasformazioni di costumi e a

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modificazioni nella struttura familiare operatisi sotto lo stimolo di sollecitudini immediate – quale fu ad esempio l’istituzione civile della ruota in epoca francese – e sotto la spinta di pressioni più lente ed occulte – quale fu ad esempio quella della Chiesa in tema di sacramenti e di valore della vita, condotta attraverso la capillare rete delle parrocchie” (Da molin, 1993, p. 54).

In generale i tanti studi sul fenomeno dell’abbandono, hanno messo in evidenza la relazione con l’andamento della popolazione, la presenza in città dei militari, la diffusione della prostituzione, la frequenza dei matrimoni, l’ignoranza, la proleta-rizzazione, la miseria, il costo della vita, l’offensiva rigorista. Certamente si può co-gliere un legame tra il numero degli abbandoni di bambini e le gravi crisi alimentari e sanitarie come quella verificatasi negli anni 1766-67. Tendenzialmente, accade, infatti che in questi casi il numero è stazionario o in diminuzione, come il numero delle nascite, sia in quegli anni che in quelli immediatamente successivi (Tittarelli, 1987, p. 39). I registri dell’Ospedale di S. maria della misericordia di Perugia sono una fonte ricchissima per approfondire l’argomento a livello locale ed effettivamente sono stati già estrapolati da Tittarelli (1987) dati molto interessanti.

Ci si potrebbe aspettare che in un periodo di crisi il numero degli esposti au-menti per l’impossibilità di mantenimento dei figli da parte delle famiglie, invece ci accorgiamo che il numero all’Ospedale di S. maria della misericordia di Peru-gia dal 1760 al 1768 risulta più basso rispetto al decennio precedente e a quello successivo (Fig. 2). Gli abbandoni infatti diminuiscono così come la popolazione, i battezzati e i matrimoni. Ad aumentare sono solo i morti.

Il numero degli esposti negli anni che precedono il 1760 è visibilmente maggiore (Fig. 2) ed infatti in un decreto del 1760 scritto da mons. V. macedonio (1760, p. 3) si parla di “numero esorbitantemente accresciuto dei Projetti” dell’Ospedale di S. maria della misericordia e successivamente lo stesso è costretto a ribadire una se-vera regola cercando di limitare l’accoglienza esclusivamente ai figli illegittimi:

“...nondimeno il prodigioso numero di cinquecento, e più Projetti, dal qua-le vedesi al presente stranamente oppressa la Pia Casa, oltre molte forti congetture, ci fa giustamente temere l’inosservanza delle medesime provide leggi, e ci pone nella dura necessità d’ovviare con ogni efficacia a un delitto sì abominevole, e ad un’inconveniente cotanto pregiudichevole al Luogo Pio, il di cui caritatevole istituto è per i soli poveri Figliuoli illegittimi; Quindi è, che in nome della S. S., e colla pienezza dell’autorità Nostra rinovando tutti i stabilimenti fin ora a tale effetto emanati, ed in particolare l’Editto della fel. mem.di Monsig. Caraccioli Visitatore Apostolico, rigorosamente ordiniamo, che in niuna guisa siano ricevuti da i Signori priori, o siano mandati da i Ministri dei respettivi Luoghi nel nostro V. Ospedale, i Figliuoli legitimi, o legitimati dal susseguente matrimonio, o ancora gli illegitimi, ma di perti-nenza d’altri Luoghi Pii, o d’altre Città, e Luoghi non ammensati alla pia Casa, o di diversa giurisdizione, sotto pena ai trasgressori, o complici, di cento scudi d’oro di camera da applicarsi ciascuna volta a benefizio della pia Casa, e della rifazione di tutti i danni, spese, ed interessi; e conoscendosi, che a riparare tali abusi possa giovare la diligenza de’ Curati, siccome può nuocere la negligenza loro, perciò comandiamo ai medesimi di tenere esatto conto di tutti i parti, che nelle loro rispettive Parrocchie accaderanno, e quelli di tempo in tempo, ed almeno una volta il mese andar visitando, per osservare, se si ritengono da loro Genitori, o da quelli a quali ne spetti la cura, ed in caso, che ritrovassero alcuno mancarvi, di cui i Genitori non giustifichino l’esistenza, o la morte, debbano subito denunziarli ai Signori Priori della pia Casa...” (maceDonio, 1760, pp. 15-16).

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Per scoprire a chi si rivolgessero le madri del contado che avevano la neces-sità di abbandonare i propri figli, si sono individuate le istituzioni assistenziali dell’epoca. Nel caso di Corciano fino al 1860 esistevano le seguenti istituzioni di beneficienza: Ospedale di Corciano o Compagnia del Ss. Sagramento, Eredità Giuliani, Ospedale di S. mariano delle povere, Confraternità del Ss. Sagramento in mantignana, Beneficio di S. Paolo 3. Tra queste l’Ospedale di Corciano doveva assolvere alla funzione di custodia e trasporto nel brefotrofio di Perugia degli esposti del Comune di Corciano (SquaDroni, 1950, p. 145-147; SoPrintenDenza archivistica Per l’umbria, 2007, P. 587). se ne deduce quindi che anche questi bambini erano destinati all’Ospedale di S. maria della misericordia in Perugia, dalle cui carte relative ai movimenti degli esposti risulta però difficile determi-nare con certezza la provenienza di ognuno. questo perché a volte non è indicato alcun luogo, altre invece vi è segnato quello dove è avvenuto il battesimo, cioè in una delle parrocchie con il fonte battesimale che non necessariamente era quella di appartenenza. Tra le parrocchie suddette del comune di Corciano, ad avere il fonte battesimale erano (Leti e Tittarelli, 1976, pp. 49-54):

S. maria Assunta (Corciano, esistente dal 1565 al 1860)S. maria (mantignana, esistente dal 1572 al 1860)S. Lorenzo (Capocavallo, esistente dal 1564 al 1860)S. maria (mandoleto, oggi nel comune di Perugia, esistente dal 1565 al 1841)

3 Sciolte nel 1860, ad esse subentrò la Congregazione di Carità, soppressa nel 1937 e, a sua volta, sostituita nella gestione dall’Ente Comunale di Assistenza (Eca) fino al 1978 quando fu soppressa, in forza della L.R. 36/1978. Da allora la Regione Umbria provvede all’organizzazione dell’assistenza sanitaria mediante le Unità Sanitarie Locali (Usl).

Fig. 2 – Esposti introdotti all’Ospedale di S maria della misericordia in Perugia (1700-1799). Fonte: Ns. elab. da Tittarelli (1987, pp. 32 -33).

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S. Bartolomeo 4 (Solomeo, esistente dal 1564 al 1860)S. maria (S. mariano, esistente dal 1565 al 1860)S. Giovanni Battista (Castel Vieto, esistente dal 1572 al 1860)Ad esempio, nel caso seguente la provenienza è certa:

“Corciano.Adì 5 Giugno 1753.Berardino, Antonio, Vincenzo, Maria, esposto per la Porta venne di Corciano batezzato in Casa con li suddetti nomi il dì 2 Giugno, e sub Condizione ba-tezzato in questa nuova Chiesa il dì 5 suddetto.È dato ad allattare alla Margherita Balia in Casa.La poliza in filo al n 24” (AsP, Ospedale..., 31, p. 13)

La scelta di ben quattro nomi per un bambino che stava per essere abbandonato si presta a una riflessione sull’attenzione e l’amore che gli venne dedicato prima di un gesto così doloroso.

5. Le conseguenze sulla popolazione

Nella Diocesi di Perugia si ebbero punte di elevata mortalità per quasi tutto il decennio, non solo nel 1767, determinate quindi dalla carestia prima e dal-l’epidemia dopo. È stato calcolato (Bussino e montanari, 1995, pp. 227-228) che il culmine della crisi si è avuto nel 1767, con un quoziente di mortalità del 54‰, ma sono stati registrati valori oltre il 45‰ anche nel 1764 e 1766 e valori prossimi al 40‰ nel 1760 e nel 1769. Come conseguenza di questo au-mento della mortalità, ma anche della diminuzione dei matrimoni e dei nati tra il 1760 e il 1769, la popolazione, generalmente in aumento, registra un arresto nel decennio successivo a quello della crisi (Tab. 1). Per ben interpre-tare l’entità dei numeri, è bene chiarire a cosa si fa riferimento con i termini città, contado e diocesi. La città di Perugia era allora divisa in 5 rioni facenti capo alle rispettive porte della cinta muraria: Porta S. Angelo, Porta Sole, Porta S. Pietro, Porta Eburnea e Porta S. Susanna. A ognuna di queste porte corrispondeva anche una zona del contado che si estendeva fuori dalle mura perugine. Città e contado insieme costituivano la Diocesi di Perugia con le sue parrocchie sparse su tutto il territorio.

Andando a guardare quello che accadeva nella campagna tra Perugia e il Lago Trasimeno nello stesso periodo, osserviamo che anche nelle piccole parrocchie del contado si registrava per mano dei parroci lo stesso andamento della popolazione. I registri dei morti, dei matrimoni e dei battezzati non possono comunque fornire dati esatti poiché, ad esempio, non vi sono riportati i defunti dei monasteri e dei conventi, quelli non degni di una sepoltura in chiesa, e non sempre quelli degli ospedali, ma possono mostrarci una realistica tendenza generale. I parroci scri-vevano quasi sempre in latino, utilizzando più o meno le stesse formule e espres-sioni stringate, e raramente era aggiunto qualche altro particolare più personale o specifico. Negli anni trattati le parrocchie dell’attuale territorio comunale di Corciano erano 10 (leti e Tittarelli 1976, pp. 27-38). Tra queste, 6 erano di pertinenza di Porta S. Angelo:

4 Nel 1841 il fonte battesimale della parrocchia di S. maria in mandoleto venne trasferito alla parrocchia di S. Bartolomeo in Solomeo a seguito della loro unione.

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S. Pietro (Taverne, esistente dal 1564 al 1860)S. Pietro (Chiugiana, esistente dal 1564 al 1860)S. maria Assunta (Corciano, esistente dal 1564 al 1860)S. Bartolomeo (migiana di monte malbe, esistente dal 1564 al 1860)S. maria (mantignana, esistente dal 1564 al 1860)S. Lorenzo (Capocavallo, esistente dal 1564 al 1860)Altre 4 erano di pertinenza di Porta S. Susanna:S. Giovanni Battista (Castel Vieto, esistente dal 1564 al 1860)S. maria (mandoleto, oggi nel comune di Perugia, esistente dal 1564 al 1841)S. Bartolomeo (Solomeo5, esistente dal 1564 al 1860)S. maria (S. mariano, esistente dal 1565 al 1860)Dai registri esaminati si è riusciti ad estrapolare i dati relativi a 5 delle par-

rocchie elencate (Corciano, Castelvieto, S. mariano, Chiugiana, Solomeo e man-doleto insieme) per l’intero trentennio dal 1750 al 1780, così da poterne ricavare, nonostante la loro incompletezza, anche valori medi e percentuali sul periodo di crisi acuta 1764-1767 piuttosto consistenti ed utili ad una lettura del fenomeno. Per quanto riguarda la mortalità di 4 parrocchie sommate (Fig. 3) si è calcolato una media di 32,77 morti dal 1750 al 1780, che arriva a 60 nel periodo di crisi 1764-1767, durante il quale quindi si ha un aumento dell’83,09% rispetto alla media del trentennio. Diversamente i matrimoni, in 4 parrocchie sommate (Fig. 4) durante la crisi, diminuiscono del 12,5% rispetto alla media trentennale. Anche il numero dei battezzati, disponibile per il periodo più lungo dal 1754 al 1780 per

5 Nel 1841 alla parrocchia di S. Bartolomeo in Solomeo venne unita la parrocchia di S. maria in mandoleto.

Tab. 1 – Popolazione, matrimoni, nati e morti nella Diocesi di Perugia dal 1730 al 1860 per decenni.

Periodo Popolazione matrimoni Nati morti

1730-39 53.033 385 1.872 1.615

1740-49 54.491 365 1.693 1.744

1750-59 56.947 418 1.943 1.744

1760-69 58.115 407 1.824 2.096

1770-79 58.115 462 1.854 1.486

1780-89 62.136 461 2.081 1.604

1790-99 64.521 436 2.175 1.835

1800-09 66.930 505 2.103 1.909

1810-19 69.682 442 2.038 2.145

1820-29 72.417 520 2.458 1.511

1830-39 75.413 479 2.437 1.693

1840-49 78.690 539 2.309 1.7571850-59 83.429 676 2.700 1.968

Fonte: Bussino e montanari (1995, p. 234).

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una sola parrocchia (Fig. 5), mostra un arretramento dalla media di 17,29 a 12, 25 durante la crisi.

6. Gli eventi climatici avversi

Il clima dell’Italia centrale è stato oggetto di alcuni studi relativi agli ultimi 3000 anni che hanno individuato fasi mediamente a clima caldo/arido e altre a clima freddo/umido con variazioni della temperatura di 1 – 2 °C 6. queste pos-sono aver influenzato fortemente l’ambiente e essere state di notevole impatto per l’uomo, soprattutto nei secoli passati. In questo senso è interessante indagare sul legame esistente ad esempio tra clima, carestia ed epidemie, che crediamo sia possibile anche se non necessario.

Le epidemie possono essere conseguenza di una variazione climatica in ma-niera diretta, considerando l’effetto del clima sul bacillo o sui vettori, o in maniera indiretta, osservando che il clima può agire disastrosamente sul raccolto agricolo, portando ad una malnutrizione che a sua volta diminuisce la capacità di autodifesa degli organismi dalle epidemie. In effetti però durante l’età moderna un’epidemia quale la peste scoppia in Europa sia nei periodi a clima mite che in quelli a clima fresco, quindi è d’obbligo analizzare l’eventuale connessione caso per caso, non tralasciando la natura diversa di ogni malattia (sPeziale, 1997, p. 67-70).

Alcuni indizi ci lasciano pensare che all’interno della Piccola Era Glaciale allora in corso (convenzionalmente circa dal 1450 al 1850), tra il 1759 e il 1767 fu particolarmente freddo in Italia, ma anche altrove in Europa.

– A titolo d’esempio, per la Francia alcuni articoli scritti da studiosi dell’epoca nelle Mémoires de l’Acadêmie des Sciences de l’Institut Impérial de France, segna-lano il freddo del 1767-68 (vedi i titoli nelle Nouvelles Tables des articles contenus dans les volumes de l’AcadêmieRoyale des Sciences de Paris depuis 1766 jusqu’ en 1770, Tome second, Didot frères, fils et cie, 1775, pp. 205-206).

– Parlando di Vienna e della Germania, si annovera il 1767 tra gli inverni più rigidi del ’700, dando all’evento una curiosa spiegazione di ricorrenza ciclica:

“Dalle Osservazioni Meteorologiche del Sig. Prof. Toaldo [1719-1797 Professore d’Astronomia all’Università di Padova], riferite compendiosamente in una nota alla pag. 138 di questo Volume risulta un certo novennale Periodo nelle Meteore. Relativa alle Osservazioni del cel. Astronomo di Padova è quella, che leggesi nella Gazzette d’Agricolture, in data Francfort 14 Febbraio 1776, in questi termini. «È stato osservato a Vienna, e in altre Città principali della Germania, che il freddo di quest’anno ha superato quello del 1709. Osservasi che gli inverni del 1731, 1740, 1749, 1758, 1767, sono rimarchevoli pel rigore del freddo; così l’anno presente è la sesta epoca d’un ritorno periodico di gran freddo, di 9, in 9, anni»” (“Osservazione sul novennale...”, 1782, p. 151).

– In Svizzera è stato osservato dallo storico Christian Pfister che dal 1764 per circa quattordici anni le estati sono state generalmente fredde e piovose nei bassopiani e nevose sulle Alpi, in particolare poi tra il 1769 e il 1771 gli inverni sono stati lunghi e nevosi, le estati troppo brevi e fresche per sciogliere la neve dai pascoli più alti delle Alpi, mentre i ghiacciai sono avanzati fortemente (Lamb, 1995, pp. 216, 246, 297).

6 Sull’argomento si veda, ad esempio, Pinna (1996), Ortolani e Pagliuca (1996), IPcc (2001) e Dragoni W. (1998).

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Fig. 3 – Numero dei morti in quattro parrocchie del Comune di Corciano (Corciano - S. maria in Cielo Assunta; S. mariano - S. maria; Chiugiana - S. Pietro; Solomeo e mandoleto – S. Bartolomeo di Solomeo e S. maria di mandoleto) dal 1750 al 1780.Fonte: Archivio Storico del Comune di Corciano (PG). Dati ricavati dai registri parrocchiali.

Fig. 4 – Numero dei matrimoni in quattro parrocchie del Comune di Corciano (Corciano - S. maria in Cielo Assunta; Castelvieto - S. Giovanni Battista; S. mariano - S. maria; Solomeo e mandoleto – S. Bartolomeo di Solomeo e S. maria di mandoleto) dal 1750 al 1780. N.B.: In relazione alle figure 3-4 va segnalato che mancano i dati per la parrocchia San mariano-Santa maria per gli anni 1750 al 1752.

Fonte: Archivio Storico del Comune di Corciano (PG). Dati ricavati dai registri parrocchiali.

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Fig. 5 – Numero dei battezzati in una parrocchia del Comune di Corciano (S. Bartolomeo di Solomeo e S. maria di mandoleto) dal 1754 al 1780.N.B.: Si sono considerati i dati di un’unica parrocchia e per un periodo più ristretto perché nell’Archivio storico del Comune di Corciano sono stati reperiti, oltre a quelli presenti nel grafico, solo i battezzati per la parrocchia di Castelvieto - S. Giovanni Battista dal 1763 al 1780 e per quella di S. mariano - S. maria dal 1776 al 1780. Fonte: Archivio Storico del Comune di Corciano (PG). Dati ricavati dai registri parrocchiali.

– Il già nominato Toaldo ha pubblicato nel 1781 (pp. 182-184) un elenco degli anni “asciutti” in cui compaiono il 1759, 1760 e 1762, mentre tra gli anni “dei gran freddi” si trovano il 1758, 1765, 1767, 1770. Per questi ultimi è specificato: “1767, e 68 Quasi per tutta Europa, segnatamente in Francia. 1770 Anno simile al 1608 (con sito equivalente di Apogeo) d’immense nevi”.

Tali indicazioni purtroppo non sono corredate dall’indicazione specifica delle fonti e non precisano il luogo a cui si riferiscono, rimanendo quindi piuttosto vaghe.

– Per la vicina Toscana, il Targioni Tozzetti (1850, p. 246), medico e naturalista fiorentino, ha indagato sulle condizioni agronomiche e climatiche che portarono alla rovina dei raccolti, fornendo una serie di indicazioni sugli sfortunati eventi climatici che si susseguirono: “Nel 1763, di novembre, e nel 1764 di Settembre, per repentino freddo e molta neve caduta, patirono fortemente ulivi, viti, fichi, peschi, noci, gelsi, ed inclusevi le canne” (Targioni tozzetti, 1850, p. 246).

– Nell’editto perugino del 3.06.1765 (AsP, Editti e Bandi, 38, c. 87) compare il richiamo esplicito ad una gelata avvenuta nel mese di Aprile del 1765, un’ulterio-re conferma del clima avverso registrato in quegli anni. Alle basse temperature all’inizio della primavera e alle piogge all’inizio dell’estate che danneggiarono i raccolti del 1765, si aggiunsero l’anno successivo il freddo precoce, la primavera anticipata e il caldo umido dell’estate che favorirono l’insorgenza della ruggine del

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grano, un patogeno che distrusse tre quarti della produzione del cereale (Vergari, 2006, p. 104; Saltini, 2002).

– Il Lago Trasimeno rappresenta un indicatore importante del clima a livello locale e numerosi studi hanno dimostrato come all’innalzamento del suo livello corrisponda un periodo umido, mentre all’abbassamento corrisponda un periodo caldo (Gambini, 1995; Dragoni, 2004). Considerando che il livello medio del Tra-simeno per i secc. XV-XIX è stato calcolato di m 259,80 circa s.l.m., risulta per noi interessante che tra il 1762 e il 1773 il livello del lago registrò con sorprendente continuità livelli massimi di circa m 260,94 – 260,98 s.l.m. (Gambini, 1995, p. 101, 109). In particolare poi, l’inverno del 1767 fu così rigido che il Lago Trasimeno restò ghiacciato per 39 giorni (PeDreschi, 1991, p. 17), un evento certamente eccezionale e per questo rimasto nella storia.

– Una suggestione, più che un indizio certo del periodo freddo/umido in corso, possiamo leggerla anche nell’annotazione del parroco della chiesa di S. Bartolo-meo di Solomeo (Corciano, PG), il quale nel registro dei defunti, dove solitamente non specifica la causa del decesso, per un caso particolare scrive: “Die XV. Mensis Aprilis 1766. Andrea q(?) Bernardini Santicchi ex Parochia S. Bartolomei ex casu fortuito demersus est in flumine Caine die XI dicti mensis, et inventus est die XV in dicto flumine …” 7.

L’odierno torrente Caina, affluente del Tevere che nasce a nord-ovest di Peru-gia, è un corso d’acqua di modeste dimensioni che difficilmente potrebbe causare l’annegamento di qualcuno e nasconderlo per ben quattro giorni. Che allora fosse invece successo, ci conferma che quello fosse un fiume impetuoso, ricco d’acqua, spesso soggetto a piene, e in quel caso tali caratteristiche e un prolungato maltem-po impedirono addirittura l’immediato recupero del cadavere. Infatti, a proposito dell’ “indisciplinato” Caina, Desplanques (1975, pp. 506-508) riferisce come, nel 1765, un esperto idraulico di Bologna fosse venuto a studiare il corso del fiume per cercare di limitare i gravi danni che esso recava agli abitanti del luogo.

Le precedenti testimonianze portano ad ipotizzare non un evento meteorologico puntuale, ma delle avversità climatiche estese certamente agli anni della crisi 1764-1767, ma anche a qualche anno prima e a qualche anno dopo. Infatti, il ter-mine più alto si può fissare al 1762, considerando il suddetto livello cresciuto del Trasimeno segnalato da Gambini (1995, p. 109), o addirittura alzare fino al 1759 recependo l’osservazione di Tosti (1984, p. 182), sul raccolto già molto scarso di quell’anno. Il termine più basso infine può scendere fino al 1773, sempre in base al livello del Lago.

Considerazioni finali

I dati e le testimonianze raccolte rivelano un aumento dei morti, una diminu-zione dei matrimoni, dei battezzati e degli esposti, subito dopo l’annata di raccolto scarso del 1759, durante gli anni intermedi di freddo, fino al 1768, anno successivo a quello considerato più rigido. Si può rintracciare quindi una certa relazione di

7 “15 Aprile 1766. Andrea figlio di Bernardino Santicchi della Parrocchia di S. Bartolo-meo, accidentalmente affondò nel fiume Caina il giorno 11 del suddetto mese, e fu ritrovato il giorno 15 nel suddetto fiume…”. (Archivio Storico del Comune di Corciano, Archivio postunitario, Registri Parrocchiali, 10, “Nascite, matrimoni e morti della Parrocchia di Solomeo” sulla costa, 13 v.).

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consequenzialità, anche se non di necessarietà, tra gli eventi climatici avversi, la carestia, la fame e la disoccupazione, l’epidemia. questa catena di avvenimenti tragici successivi fu resa ancora più tragica dalla scarsa capacità delle strutture annonarie e assistenziali di far fronte agli eventi.

Avendo in mente le attuali preoccupazioni per le conseguenze dei trend climatici in atto nel mondo (lieve aumento della temperatura, diminuzione della piovosità media), sembrerebbe che le società evolute attuali siano in grado di superare crisi climatiche ben più lunghe di quella qui considerata.

La questione rimane tuttavia aperta.

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