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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO BICOCCA FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA IN FISICA ANNO ACCADEMICO 2009-2010 Relazione Finale per la Laurea Triennale Sessione di Laurea del 25 Ottobre 2010 Caratterizzazione di un rivelatore al Germanio a basso fondo e messa in opera Massimiliano Nastasi matricola 059811 Relatore: Prof. Ezio Previtali Correlatore: Dott. Massimiliano Clemenza

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO – BICOCCA FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

CORSO DI LAUREA IN FISICA ANNO ACCADEMICO 2009-2010

Relazione Finale per la Laurea Triennale Sessione di Laurea del 25 Ottobre 2010

Caratterizzazione di un rivelatore al Germanio

a basso fondo e messa in opera

Massimiliano Nastasi

matricola 059811

Relatore: Prof. Ezio Previtali

Correlatore: Dott. Massimiliano Clemenza

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Alla mia Famiglia

“Per avanzare nella conoscenza bisogna essere umili e ammettere di non sapere.

Non esiste nulla di certo o di provato oltre ogni dubbio. Si indaga per curiosità, per cercare ciò che è sconosciuto,

e non perché se ne conosce la risposta.”

R. Feyman

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Indice

1 Introduzione 3

2 La Radioattività 4

2.1 Legge del Decadimento Radioattivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42.2 L'Attività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52.3 Branching Ratio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62.4 Decadimenti Radioattivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

2.4.1 Il Decadimento Alfa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72.4.2 Il Decadimento Beta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72.4.3 Il Decadimento Gamma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

2.5 Interazione dei Fotoni con la Materia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82.5.1 L'Eetto Fotoelettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102.5.2 L'Eetto Compton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112.5.3 La Produzione di Coppie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122.5.4 Scattering Coerente di Rayleigh . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

3 Spettroscopia Gamma 13

3.1 Studio della Spettroscopia Gamma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133.1.1 Rivelatore di Piccole Dimensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133.1.2 Rivelatore di Grandi Dimensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153.1.3 Rivelatore di Dimensioni Reali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

3.2 Eetti del Materiale Circostante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

4 Fonti del Background 20

4.1 Origini della Radioattività di Fondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204.1.1 Radioattività di origine Fossile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204.1.2 Radon e gli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 214.1.3 Raggi Cosmici e Radioattività Cosmogenica . . . . . . . . . . . . . . 214.1.4 Radioattività Articiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224.1.5 210Pb in Schermature . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

5 Apparato Sperimentale 24

5.1 Catena di Lettura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 245.1.1 Rivelatore HPGe: GeGEM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 255.1.2 Pre-Amplicatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 275.1.3 Amplicatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 295.1.4 ADC/MCA e Software di Lettura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 305.1.5 Sistema di Schermatura Passiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

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Indice

6 Caratterizzazione del Rivelatore, Analisi del Fondo Radioattivo e Misure di

Matrici Ambientali 32

6.1 Caratterizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 326.1.1 Volume Attivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 326.1.2 Ottimizzazione Shaping Time . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 356.1.3 Misura dell'Ecienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 386.1.4 Implementazione Simulazione MonteCarlo: realizzazione le GeGEM-

detector.cfg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 396.2 Ottimizzazione Congurazioni Sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 436.3 Misure di Matrici Ambientali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 526.4 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

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1 Introduzione

Nelle misure di radioattività ambientale, è di fondamentale importanza ridurre il fon-do radioattivo del rivelatore utilizzato nelle analisi, date le esigue contaminazioni che

caratterizzano i campioni da misurare.Obbiettivo principale del seguente lavoro di tesi, è la caratterizzazione e l'ottimizzazione

di un sistema per misure di spettroscopia gamma su matrici ambientali a bassa attività.Lo strumento di misura utilizzato, è un rivelatore al Germanio Iperpuro HPGe, di tipo p,

con ecienza relativa del 30%, in congurazione Ultra Low Background, infatti i materialiutilizzati, che costituiscono il criostato, presentano un alto livello di purezza allo scopo diridurre il più possibile la contaminazione intrinseca del dispositivo.Il lavoro è stato quindi suddiviso in tre fasi distinte: si è ottimizzato e messo in opera il

rilevatore determinando le sue corrette condizioni di lavoro, si sono studiati diverse congu-razioni sperimentali, costituite dal rivelatore e dai sistemi di schermatura passivi, in mododa ridurre l'inuenza della radioattività presente nell'ambiente del laboratorio e inne a di-mostrazione del lavoro svolto, si sono eettuate analisi di materiali puliti che non hannoevidenziato particolari presenze di contaminazioni radioattive.

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2 La Radioattività

La scoperta della Radioattività avvenne nel 1896 ad opera di Henry Bequerel e deiconiugi Pierre e Marie Curie, i quali notarono che, alcuni minerali contenenti Uranio e

Radio, avevano la capacità di impressionare le lastre fotograche poste nelle loro vicinanze.

Per questa loro proprietà, gli elementi come Uranio, Radio e Polonio, vennero denominatiAttivi e il fenomeno di emissione di particelle, che era la causa di quanto osservato, vennedetto Radioattività.

2.1 Legge del Decadimento Radioattivo

La Radioattività è un processo: spontaneo, stocastico e esotermico, nel quale un nucleoche possiede un'energia in eccesso, se ne libera attraverso l'emissione di una particella, neltentativo di raggiungere un livello di maggiore stabilità, modicando in tal modo la propriacongurazione o trasformandosi in un nucleo diverso.

Non siamo in grado di conoscere quando un singolo nucleo radioattivo decadrà, ma possi-amo interpretare il comportamento di una popolazione di nuclei.Poniamo di essere in presenza di N nuclei radioattivi al tempo t, allora il numero dN di

decadimenti nel tempo dt, sarà proporzionale a N e possiamo introdurre la seguente relazione:

λ = −(dN/dt

N

)(2.1)

Dove λ è la costante di decadimento ed esprime la probabilità di un nucleo di decaderenell'unita di tempo. E' una costante, non dipende dallo stato sico o chimico del sistema, edè caratteristica per ogni nucleo.Integrando l'equazione 2.1 si ottiene la legge esponenziale dei decadimenti radioattivi:

N(t) = N0e−λt (2.2)

dove N0 è il numero iniziale di nuclei presenti al tempo t=0.

Spesso è utile conoscere il tempo di dimezzamento di un nucleo, cioè il tempo necessarioanché il numero di nuclei diventi la metà di quello iniziale. Sostituendo nella relazione 2.2N=N0/2, otteniamo:

t1/2 =0, 693

λ(2.3)

Deniamo inoltre vita media τ , il tempo medio in cui sopravvive un nucleo instabile prima didecadere. Se il numero di nuclei sopravvissuti al tempo t è N(t) e il numero di decadimentitra t e t+dt è |dN/dt| dt , il tempo di vita media è espresso dalla seguente equazione:

τ =

´∞0t |dN/dt| dt´∞

0|dN/dt| dt

(2.4)

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2 La Radioattività

in cui il denominatore indica il numero totale di decadimenti.Risolvendo l'integrale di ottiene:

τ =1

λ(2.5)

quindi, la vita media non è nient'altro che l'inverso della costante di decadimento.

2.2 L'Attività

Come abbiamo visto l'equazione 2.2 permette di predire il numero di nuclei che sono so-pravvissuti dopo un certo tempo t. Spesso sperimentalmente non e' possibile eettuaremisure del numero di nuclei padri e gli attraverso la legge integrale, per via della dicoltàdi contare il numero di nuclei, mentre risulta relativamente semplice contare i decadimentiche avvengono tra un'istante t1 e t2.Tali ipotesi ci permette di introdurre una fondamentale grandezza, l'Attività, che deniamocome:

A(t) =

∣∣∣∣dNdt∣∣∣∣ = λ ·N(t) (2.6)

la quale esprime la probabilità di decadere (λ) moltiplicata per i nuclei che possono decadere(N). L'attività si esprime in Bequerel (decadimenti/secondo) oppure in Curie (1Cu = 3, 7 ·1010Bq) corrispondente all'attività di un grammo di Ra226.Sia ∆N la variazione del numero di nuclei nel tempo ∆t, quindi:

∆N = N(t)−N(t+ ∆t) = N0e−λt(1− e−λ∆t) (2.7)

nell'ipotesi che l'intervallo ∆t, durante il quale si registrano i conteggi sia, molto minore di1/λ(= τ), si possono trascurare i termini di ordine superiore nello sviluppo dell'esponenzialee−λ∆t e dalla 2.6 si ottiene:

|∆N | = λN0e−λt∆t (2.8)

passando al limite:dN/dt = λN0e

−λt (2.9)

Introduciamo quindi la seguente relazione:

A(t) = λN(t) = A0e−λt (2.10)

in cui A0 = λN0 esprime l'attività iniziale della sorgente al tempo t = 0.Poiché la relazione 2.10 è di tipo esponenziale, se si rappresenta su scala logaritmica l'anda-

mento dell'attività di una sorgente, si otterrà una retta, la cui pendenza è diretta espressionedella costante di decadimento. Conoscere quindi l'andamento temporale dell'attività di unasorgente, permette di caratterizzarla univocamente.

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2 La Radioattività

Figura 2.1: Il graco mostra l'andamento temporale dell'Attività di una sorgente. Scalalineare (a); Scala logaritmica (b).

2.3 Branching Ratio

Spesso un nucleo può decadere in più di un canale (per esempio α o β), trasformandosi indue nuclei nali diversi.Se indichiamo con a e b, i due modi di decadere e poniamo il ritmo di decadimento per la

via a pari a (dN/dt)ae (dN/dt)b per la via b, le rispettive costanti di decadimento saranno cosìdenite:

λa =−(dN/dt)a

Ne

λb =−(dN/dt)b

N

le quali esprimono la probabilità di decadere lungo il canale a piuttosto che per il canale b.Il tasso totale di decadimenti si ottiene quindi dalla seguente espressione:

−(dN

dt)tot = −(

dN

dt)a − (

dN

dt)b = N(λa + λb) = Nλtot (2.11)

dove λtot = λa + λb è la costante di decadimento totale con il quale decade il nucleo padre.

Possiamo quindi denire Branching Ratio:

BR =λiλtot

(2.12)

la frazione di nuclei che decadono lungo un certo canale, in cui λi rappresenta la costanterelativa all'i-esimo canale.

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2 La Radioattività

2.4 Decadimenti Radioattivi

2.4.1 Il Decadimento Alfa

Il decadimento Alfa è la trasformazione di un radionuclide instabile attraverso l'emissione diun nucleo di elio. Il processo può essere descritto mediante il seguente schema:

AZX →A−4

Z−2 Y + α

in cui A rappresenta il numero di massa, Z il numero atomico e α è la particella emessa.Responsabili di tale decadimento è l'interazione Coulombiana, poiché la particella per

fuoriuscire dal nucleo, dovrà superare la barriera di potenziale che la conna all'interno delnucleo (Eetto Tunnel).Il decadimento alfa è caratteristico dei nuclei pesanti (A>200), le energie delle particelle

emesse (in radioattività ambientale) variano dai 4 ai 9 MeV, con tempi di vita media dai 10−7

sec ai 1019 anni. Osserviamo inoltre che il meccanismo di decadimento è a due corpi nellostato nale e quindi, per la conservazione dell'energia e della quantità di moto, gli spettririsulteranno monocromatici.Può accadere inoltre, anche se con probabilità molto bassa, che il decadimento avvenga su

un livello eccitato del nucleo glio (energia che viene sottratta alla particella alfa emessa), ilquale, si libererà a sua volta dell'energia in eccesso, attraverso l'emissione di un fotone γ.

2.4.2 Il Decadimento Beta

I decadimenti Beta sono classicabili attraverso tre possibili transizioni:

• il decadimento β−:AZX →A

Z+1 Y + e− + ν

il quale è caratteristico dei nuclei con eccesso di neutroni, rispetto agli isobari stabilicorrispondenti e consiste nella trasformazione di un neutrone in un protone all'internodel nucleo, con l'emissione di un elettrone e di un anti-neutrino elettronico. Inoltredalla conservazione dell'energia e considerando le masse atomiche corrispondenti, ildecadimento è permesso se: MX(A, Z) > MY (A, Z + 1);

• il decadimento β+:AZX →A

Z−1 Y + e+ + ν

caratteristico dei nuclei con difetto di neutroni, rispetto agli isobari stabili corrispon-denti. Consiste nella trasformazione di un protone in un neutrone, con l'emissionedi un positrone e di un neutrino elettronico. Anche in questo caso dalla conser-vazione dell'energia possiamo ricavare che, il decadimento è permesso se: MX(A, Z) >MY (A, Z − 1) + 2me, con mela massa dell'elettrone;

• La cattura elettronica:AZX + e− →A

Z−1 Y + ν

consiste nella cattura da parte del nucleo di un elettrone atomico (generalmente delleshell più interne) con l'emissione di un neutrino elettronico. Inoltre il decadimento è en-ergeticamente permesso se: MX(A, Z) > MY (A, Z−1). Caratteristica conseguenza ditale decadimento sono i raggi X emessi per diseccitazione, conseguenti al riassestamentoatomico.

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2 La Radioattività

Responsabile dei decadimenti beta è l'interazione debole, le energie di emissione sono minoridi 10 MeV e le vite medie comprese tra i 0,01 sec e oltre i 1020 anni.Poiché il decadimento è a tre corpi, non esiste una congurazione univoca in cui elettrone eneutrino si spartiscono l'energia, questo comporta che lo spettro energetico, si presenti comeun continuo.

A dierenza dei decadimenti α, in cui la probabilità che il processo avvenga su un livelloeccitato è poco probabile, per i decadimenti β questo può avvenire con maggiore facilità.Il nucleo glio proveniente da tali decadimenti, si disecciterà dell'energia in eccesso, con

tempi dell'ordine dei pico-secondi attraverso l'emissione di un fotone, si può aermare quin-di che, quasi tutti i gamma osservati in ambiente sono legati ad un precursore che è ildecadimento β.

2.4.3 Il Decadimento Gamma

I decadimenti γ sono transizioni elettromagnetiche generalmente legate ai decadimenti α eβ, che possono lasciare il nucleo in uno stato eccitato. L'energia in eccesso viene rilasciatacon emissioni di radiazioni, ed il nucleo passa ad uno stato di energia inferiore senza tuttaviacambiare le sue caratteristiche siche e chimiche.In particolare, indicando con X il radionuclide di cui osserviamo l'emissione γ, lo schema

del decadimento è il seguente:AZX

∗ →AZ X + γ

dove X∗ rappresenta il nucleo nello stato eccitato.Il decadimento sul livello fondamentale può avvenire con l'emissione di un solo fotone, di

energia pari al salto energetico tra il livello eccitato e quello fondamentale, oppure, nel caso leleggi di conservazione sopprimano questa transizione, l'energia può essere rilasciata tramitedue o più decadimenti intermedi.Le vite medie sono piuttosto brevi, generalmente meno di 10−9sec, ma occasionalmente

possiamo trovare vite medie signicativamente lunghe, di ore o giorni. Queste transizionisono conosciute col nome di Metastabili.

Un processo che spesso compete con l'emissione gamma è la conversione interna. In talesituazione l'energia di eccitazione del nucleo viene direttamente trasferita ad un elettronedelle shell atomiche, il quale ionizzerà l'atomo. Conseguentemente avremo emissione di raggiX caratteristici, dovuti al riassestamento atomico.

2.5 Interazione dei Fotoni con la Materia

Le particelle neutre come i raggi X, γ e i neutroni, sono dette indirettamente ionizzanti,poiché, interagendo con gli atomi, cedono tutta o parte della propria energia a particellesecondarie direttamente ionizzanti (elettroni, positroni e protoni); le quali, a loro volta,dissiperanno energia, ionizzando la materia in maniera continua, lungo il loro percorso.I possibili processi a cui possono andare in contro i fotoni per energie superiori ai keV,

sono:

• Eetto Fotoelettrico

• Eetto Compton

• Produzione di Coppie

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2 La Radioattività

• Scattering Coerente di Rayleigh

Nei paragra successivi concentreremo la nostra attenzione sui fenomeni maggiormente dinostro interesse, in particolare: l'Eetto Fotoelettrico, il Compton e la Produzione di Coppie.Ciascuno di essi sarà caratterizzato da una sezione d'urto, grandezza che ci permette diesprimere la probabilità di interazione tra i fotoni interagenti ed il mezzo attraversato.Il graco visualizzato di seguito (Figura 2.2), mostra i range energetici dei tre eetti

principali (nel caso specico di interazione su ioduro di sodio), mentre la Figura 2.3, ci dàun raronto sulle sezioni d'urto dei tre meccanismi.

Figura 2.2: Dipendenza in Energia dei diversi processi di interazione gamma, nello ioduro disodio

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2 La Radioattività

Figura 2.3: Confronto della sezione d'urto in funzione dell'energia e del numero atomico peri diversi processi

E' possibile notare come nei materiali ad alto Z, l'eetto fotoelettrico è dominante no alleenergie di qualche centinaio di keV, mentre nei materiali a basso Z, già a qualche decina dikeV è in competizione con l'eetto Compton; la produzione di Coppie diventa dominante aenergie di alcuni MeV.

2.5.1 L'Eetto Fotoelettrico

L'eetto Fotoelettrico consiste nell'emissione di un elettrone da parte di un atomo, in seguitoall'assorbimento di un fotone.Se un fotone con energia superiore all'energia di legame di un elettrone atomico, interagisce

con quest'ultimo per eetto fotoelettrico, l'elettrone verrà liberato ed acquisterà un energiapari a:

Ee− = hν − Eb (2.13)

dove Ee− è l'energia del foto-elettrone strappato, Eb è quella di legame e hν è quella delfotone incidente.Tenuto conto della conservazione dell'energia e della quantità di moto, si comprende imme-diatamente che il meccanismo non può avvenire con un elettrone libero, è perciò essenzialela presenza dell'atomo.Alla luce di tali considerazioni è ragionevole attendersi, che la probabilità dell'eetto stes-

so, aumenti per gli elettroni degli strati atomici più legati. Si può anche prevedere chequesta probabilità aumenterà al crescere del numero atomico, in quanto, l'energia di legamedegli elettroni più interni, cresce con il crescere dello Z dell'atomo. A conferma di taliconsiderazioni la sezione d'urto dell'eetto fotoelettrico risulta essere:

σph ∼ cost · Zn

E3,5γ

(2.14)

dove Eγ è l'energia del fotone incidente e n varia tra 4 e 5.Osserviamo inoltre la seguente gura, che rappresenta l'andamento della sezione d'urtodell'eetto fotoelettrico nel piombo:

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2 La Radioattività

Figura 2.4: Sezione d'urto dell'Eetto Fotoelettrico in Piombo

Come si può notare la σph, diminuisce molto rapidamente e inoltre sono presenti dei picchiin corrispondenza delle energie delle shell dell'atomo, quando il fotone incidente ha un'energiapari a quella di una shell. La possibilità degli elettroni di tale shell di essere ionizzati perEetto fotoelettrico, causa un improvviso innalzamento della sezione d'urto, come mostratoin gura.

2.5.2 L'Eetto Compton

Questo fenomeno consiste nella diusione di radiazioni elettromagnetiche γ, da parte deglielettroni presenti in un materiale assorbitore. Un fotone dotato di una certa energia hν,colpisce un elettrone, cedendogli parte della sua energia e diondendo un fotone hν

′con

energia inferiore. L'elettrone colpito acquisterà energia rinculando.

Figura 2.5: Eetto Compton

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2 La Radioattività

I fotoni diusi presentano componenti di lunghezza d'onda maggiore di quelle incidenti.Considerando l'interazione come un urto tra due particelle e imponendo al sistema elettrone-fotone la conservazione della quantità di moto e dell'energia, si ottiene con semplici passaggila seguente relazione:

hν′

=hν

1 + hνmec2

(1− cosθ)(2.15)

dove me è la massa a riposo dell'elettrone.La sezione d'urto dierenziale per l'eetto Compton è data dalla legge di Klein Nishina,

che risulta essere proporzionale a:dσ/dΩ ∝ Zr2

0 (2.16)

dove r0 è il raggio classico dell'elettrone.

2.5.3 La Produzione di Coppie

La produzione di Coppie consiste nell'interazione di un fotone con il campo coulombianodel nucleo, a cui segue la materializzazione dell'energia del fotone, in una coppia elettrone-positrone.Grazie alla conservazione dell'energia si ricava:

Eγ = T+ +me+c2 + T− +me−c

2 (2.17)

dove T+ e T− sono le energie cinetiche e me± la massa del positrone e dell'elettrone.Anché il processo possa avvenire, è necessario perciò, che il fotone possieda un'energia

di soglia minima, corrispondente a 2mec2 ( 1.022 MeV).

La creazione di coppie non può avvenire nel vuoto, ma è fondamentale la presenza delnucleo, anché siano rispettate la conservazione dell'energia e della quantità di moto, inoltre,la sezione d'urto di interazione è proporzionale a σcc ∼ Z2.Un'ultima osservazione: i positroni una volta prodotti si muoveranno nella materia perdendola loro energia cinetica in eccesso ionizzando la materia. Al termine della loro corsa, andrannoincontro ad annichilazione con un elettrone presente nel materiale, producendo una coppiadi fotoni da 511 keV, emessi in direzione opposta.

2.5.4 Scattering Coerente di Rayleigh

Oltre l'eetto Compton, un altro tipo di scattering che può avvenire, è l'interazione coerentetra un fotone e tutti gli elettroni dell'atomo assorbitore. In tal caso non si produce neionizzazione ne eccitazione e il fotone scatterato mantiene la sua energia iniziale, variandosoltanto la sua direzione di moto.La probabilità che avvenga tale fenomeno, è signicativa solo per basse energie (tipicamente

sotto qualche centinaio di keV) è diventa importante per i materiali assorbitori ad alto Z.

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3 Spettroscopia Gamma

Come già accennato nel capitolo precedente, i raggi gamma e i raggi X, sono costituitida particelle neutre, le quali non sono in grado di trasferire energia in maniera con-

tinua ai materiali che attraversano. La rilevazione di queste radiazioni, è quindi fortementedipendente dall'energia ceduta agli elettroni secondari, che perdendo la loro energia, all'inter-no del volume attivo del rivelatore, libereranno l'impulso elettrico che sarà successivamenteelaborato dalla catena di lettura.Un rivelatore adatto alla spettroscopia gamma ha quindi due caratteristiche:

• deve agire come mezzo di conversione, in cui i γ incidenti devono avere una ragionevoleprobabilità di interagire e produrre elettroni secondari;

• deve comportarsi come un rilevatore per elettroni, al ne di registrare la loro perditadi energia.

3.1 Studio della Spettroscopia Gamma

3.1.1 Rivelatore di Piccole Dimensioni

Esaminiamo ora la risposta di un rivelatore di piccole dimensioni. Con tale aermazioneintendiamo che le dimensioni del rivelatore sono piccole, confrontate con il libero cam-mino medio della radiazione gamma secondaria prodotta all'interno del rivelatore (fotoniscatterati dall'eetto Compton o provenienti dall'annichilazione dei positroni prodotti all'in-terno del rilevatore stesso). Inoltre, assumeremo che le particelle cariche prodotte, verrannocompletamente assorbite nel volume del rivelatore.Sotto tali ipotesi osserviamo la gura seguente:

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3 Spettroscopia Gamma

Figura 3.1: Spettroscopia Gamma in un rivelatore di piccole dimensioni.

Se l'energia dei γ incidenti, è al di sotto dell'energia di soglia per la produzione di coppie,lo spettro sarà la combinazione del picco ad energia piena e del continuo Compton.Gli elettroni secondari prodotti all'interno del rivelatore si muoveranno nel materiale, con la

possibilità a loro volta di ionizzare e eccitare gli atomi, liberando altri elettroni che potrannoandare incontro ad una serie di eetti compton più un fotoelettrico nale. La somma delleloro energie cinetiche, sarà uguale all'energia del fotone incidente, dando vita al full-energypeak.Ricordiamo che il risultato di uno scattering Compton è la creazione di un elettrone di

rinculo e di un gamma scatterato, con la suddivisione dell'energia tra le due particelle condipendenza dall'angolo di scattering.

Figura 3.2: Compton Scattering

Si possono identicare due casi:

1. θ ' 0: il fotone scatterato possiede un'energia prossima a quella gamma incidente.

2. θ = π, collisione testa-testa: il gamma incidente viene back-scatterato verso la direzionedi origine, mentre l'elettrone di rinculo, si muove lungo la direzione di incidenza. In

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3 Spettroscopia Gamma

tale situazione l'energia trasferita all'elettrone in una singola interazione Compton èmassima.

In normali circostanze, all'interno del rivelatore, possono avvenire scattering con angoli com-presi tra questi due casi estremi, perciò un continuo di energia può essere trasferito aglielettroni, in un range compreso tra zero e il valore massimo corrispondente ad un urtotesta-testa, dando vita al continuo ComptonSotto tali ipotesi la distribuzione di energia assume la forma rappresentata nella gura

seguente:

Figura 3.3: Continuo Compton

Ec rappresenta il gap tra l'energia del gamma incidente e la posizione del massimo delcontinuo Compton. Può essere determinata attraverso la seguente relazione:

Ec =hν

1 + 2hνmec2

(3.1)

dove hν è l'energia del fotone incidente e me è la massa a riposo dell'elettrone.

Se invece i gamma possiedono un'energia sopra soglia per la produzione di coppie, nelrivelatore di piccole dimensioni, solo l'energia cinetica dell'elettrone e del positrone creatiall'interno del rivelatore sono depositate, mentre la radiazione di annichilazione del positronecon un elettrone del materiale, sfugge. Nello spettro troveremo quindi il picco double escape,posizionato a 2mec

2 (∼ 1.02MeV ) sotto il fotopicco. Il termine double escape si riferisceal fatto che entrambi i fotoni di annichilazione sfuggono dal rivelatore senza avere ulterioriinterazioni.

3.1.2 Rivelatore di Grandi Dimensioni

Immaginiamo di avere un fascio di fotoni che penetri all'interno di un rivelatore di grandidimensioni, come mostrato in gura:

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3 Spettroscopia Gamma

Figura 3.4: Spettroscopia gamma in un rivelatore di grandi dimensioni.

Assumeremo che le dimensioni del rivelatore siano sucientemente grandi, anché tuttele radiazioni secondarie, inclusi i quanti provenienti da scattering Compton e da annichi-lazione, interagiscano con il volume attivo del rivelatore, senza fuoriuscire dalla supercie.

Studiamo ora i possibili percorsi della radiazione come mostrato nella gura 3.6.Se l'interazione iniziale è uno scattering Compton, il gamma emesso potrà interagire in

altre posizioni del rivelatore con uno ulteriore scattering. Successivamente, il quanto uscente,con energia più bassa, potrà terminare la sua corsa attraverso un assorbimento fotoelettrico.L'impulso prodotto nel rivelatore, sarà dovuto ad ogni individuale elettrone emesso. Se la

risposta del rivelatore, è lineare con l'energia degli elettroni e nell'ipotesi che nulla sfugga daldispositivo, l'energia totale corrisponderà a quella del gamma incidente.Poiché la risposta del rivelatore, è la stessa che si avrebbe, se il fotone di partenza cedesse

integralmente la sua energia in un unico eetto fotoelettrico, lo spettro, si presenterà comeun singolo picco detto: full-energy peak.

Analoghi argomenti possono essere utilizzati per descrivere percorsi che coinvolgano anchela produzione di coppie. In tal caso, il fotone di annichilazione del positrone, potrà andareincontro a eetto Compton o eetto fotoelettrico. La somma delle energie cinetiche di tuttele particelle prodotte e arrestate nel rivelatore, produrrà, anche in questo caso, il full-energypeak, corrispondente all'energia del gamma primario.

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3 Spettroscopia Gamma

Possiamo dire in conclusione che: se il rivelatore è sucientemente grande e la sua rispostavaria linearmente con l'energia cinetica degli elettroni, allora, l'impulso prodotto è lo stessoper gamma della stessa energia, indipendentemente dai meccanismi di interazione a cui sonoandati incontro, nel loro percorso.

3.1.3 Rivelatore di Dimensioni Reali

Un rivelatore reale è caratterizzato da dimensioni intermedie rispetto i due esempi descrittinelle precedenti sezioni, la sua risposta sarà quindi combinazione dei casi discussi e dipenderà:dal tipo, dalla forma, dalla composizione del rivelatore e dalla geometria dalla distanza edall'energia dei gamma emessi dalla sorgente.Nell'immagine seguente riportiamo i possibili percorsi seguiti dalla radiazione incidente in

un rivelatore di questo tipo:

Figura 3.5: Spettroscopia gamma in un rivelatore di dimensioni intermedie.

Consideriamo quindi due possibili situazioni.Se siamo in presenza di una radiazione di energia minore di 2mec

2, range in cui la pro-duzione di coppie non è possibile, lo spettro sarà caratterizzato dal continuo Compton eda fotopicchi. La situazione sarà però più complessa dell'analogo caso per il rivelatore dipiccole dimensioni. Infatti, vi sarà l'inuenza di eetti Compton multipli, seguiti dalla fugadel fotone che li ha provocati. L'energia depositata in questo caso, sarà superiore a quelladella spalla Compton, ma inferiore a quella del picco fotoelettrico. Tali conteggi, andranno

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3 Spettroscopia Gamma

a riempire la regione dello spettro compresa tra il full-energy peak e la spalla Compton,producendo un continuo.

Considerando il caso in cui, l'energia dei quanti incidenti è sopra soglia per la produzionedi coppie, i conseguenti fotoni di annichilazione, potranno sfuggire o interagire con il volumedel rivelatore.Se entrambi i fotoni di annichilazione sfuggono, contribuiranno alla formazione del double

escape-peak, mentre se ne sfugge solo uno, apparirà nello spettro, il single escape peak,come mostrato in gura 3.7.Può accadere inoltre che entrambi i quanti di annichilazione, producano elettroni-Compton

e che i fotoni scatterati dopo diversi multi-Compton, sfuggano dal rilevatore. Tale meccan-ismo va ad aggiungersi al continuo compton nella regione dello spettro, visibile tra il doubleescape peak e il photopeak.

3.2 Eetti del Materiale Circostante

In molte applicazioni pratiche, i rivelatori utilizzati per la spettroscopia gamma, sono cir-condati in parte o completamente da una schermatura, al ne di ridurre il più possibile l'in-cidenza della radiazione di fondo esterna sul rivelatore. Tali materiali possono essere fontedi radiazioni secondarie, prodotte dalle interazioni coi gamma primari. Se tali radiazioniraggiungono il rivelatore, potrebbero inuenzare la forma dello spettro registrato.Alcuni casi possibili sono rappresentati nella gura seguente:

Figura 3.6: Inuenza dello spettro dovuta alla radiazione secondaria, prodotta dall'inter-azione della radiazione primaria con il materiale circostante. Le linee tratteggiaterappresentano lo spettro atteso.

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3 Spettroscopia Gamma

Dall'immagine, si nota la presenza di un picco intorno ai 0.2MeV, denominato backscatter-peak. Causato dai fotoni Compton, prodotti dalle interazioni nel materiale circostante coni quanti provenienti dalla sorgente.

Altri picchi possono sorgere dai raggi X provenienti dal materiale circostante, nel qualesi è avuto assorbimento fotoelettrico. Se il numero atomico del materiale é elevato, comenel caso del piombo (Z=82), gli X prodotti, hanno energie particolarmente intense e sono ingrado di attraversare sottili spessori di materiale, no a raggiungere il rivelatore.

Inoltre, se l'energia dei fotoni primari è sopra soglia per la produzione di coppie, il materialead alto Z che circonda il rivelatore, può diventare un'importante sorgente di produzione dellaradiazione di annichilazione. Nello spettro appare perciò, a 0.511MeV, un picco provenientedalla rivelazione di tali quanti secondari.

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4 Fonti del Background

Lo scopo di questo lavoro di tesi, è quello di realizzare un apparato sperimentale in gradodi eettuare misure di spettroscopia gamma ad alta sensibilità, attraverso l'utilizzo di

un rivelatore HPGe.A causa del continuo bombardamento della radiazione cosmica sull'atmosfera terrestre

e dell'esistenza di radioattività naturale e articiale nell'ambiente, i rivelatori registrano unsegnale di background sempre presente. Per meglio ridurre le contaminazioni all'interno dellospettro di fondo, è necessario conoscere quali sono le origine e le fonti della radioattività, alne di poter valutare la radiazione intrinseca e ineliminabile del rivelatore e ridurre dove èpossibile quella ambientale.

4.1 Origini della Radioattività di Fondo

4.1.1 Radioattività di origine Fossile

La radioattività naturale è dovuta alla presenza nell'ambiente di elementi radioattivi, esistentin dalle origini della terra e per tale motivo detti di origine Fossile.

La radioattività naturale è principalmente legata alle catene radioattive, aventi per capos-tipiti: il 232Th , l'238U , e l'235U . Le catene sono costituite da una serie di decadimenti α eβ−e i nuclei gli possono essere prodotti su stati eccitati, i quali, a loro volta, decadrannocon transizioni elettromagnetiche attraverso l'emissione di raggi γ . I numeri di massa deinuclei appartenenti a tali famiglie, sono esprimibili tramite le relazioni: A=4n, A=4n+2 eA=4n+3 (con n intero), e le catene terminano su un isotopo stabile del piombo.I nuclei padri sono caratterizzati da tempi di vita media molto grandi (τ1/2 = 4, 7 · 109y

per l'238U , τ1/2 = 7 · 108y per l'235U e τ1/2 = 1.4 · 1010y rispettivamente per il 232Th) e ciòsignica che, in assenza di rotture della catena, si può realizzare la condizione di EquilibrioSecolare, tale per cui l'attività del nucleo padre e uguale a quella di tutti i suoi gli.Considerando solo la radiazione gamma, i contributi maggiori alla radioattività naturale,

sono dati dai seguenti elementi: 228Ac, 224Ra, 212Bi, 212Pb e 208T l per quel che riguarda laserie del 232Th, mentre per la serie del 238U si ha la presenza del 226Ra, 214Pb e del 214Bi.

Di particolare interesse sono anche i radionuclidi di origine fossile, non appartenenti allecatene radioattive. Tali elementi sono caratterizzati da una vita media dell'ordine dell'etàdella terra (o maggiore di essa) e fra questi, quello di maggiore interesse, è il 40K.Il potassio naturale contiene lo 0,012% di 40K, che decade con una vita media di 1, 28 ·

109y in 40Ar (11%), per cattura elettronica, e in 40Ca (89%), per decadimento β−. Datoche il potassio è un componente sempre presente nei materiali di costruzione edile, nellospettro di fondo dei rivelatori in laboratorio, è generalmente ben visibile il picco a 1460 keV,caratteristico del decadimento di cattura elettronica:

40K + e+ →40 Ar + νe

Contaminazioni di radionuclidi naturali possono essere presenti: nei materiali costituenti

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4 Fonti del Background

il rivelatore, nell'equipaggiamento di supporto (ad esempio il contenitore Marinelli), nelleschermature e nei materiali di costruzione del laboratorio.Di particolare interesse, sono le concentrazioni di impurezze contenute nei componenti

che costituiscono il rivelatore. Tali contaminazioni costituiscono l'ineliminabile radioattivitàintrinseca del dispositivo; un possibile rimedio, allo scopo di limitare la contaminazione, èl'utilizzo di materiali di costruzione come rame iperpuro e alluminio puro al 99.999%, chepossono essere ottenuti attraverso sosticati trattamenti di puricazione.

4.1.2 Radon e gli

Una parte della radiazione di fondo è dovuta alla presenza di elementi radioattivi nell'aria,che circonda il rivelatore.Il Radon (222Rn), il Thoron (220Rn) e i loro gli sono generalmente la componente princi-

pale di questo tipo di radioattività.Questi elementi sono dei gas radioattivi, con una vita media relativamente breve (τ1/2 =

3, 82ggper il 222Rn e τ1/2 = 55, 6sec per il 220Rn), rispettivamente prodotti nella catena didecadimento dell'238U e del 232Th.Essendo il Radon un gas nobile è in grado di ltrare facilmente dai materiali e diondere

sia in aria che in acqua. Emesso all'aperto, si disperde rapidamente nell'atmosfera, mentretende ad accumularsi negli ambienti chiusi. Ciò comporta che nei laboratori, specialmentese poco ventilati, è molto probabile trovare grandi concentrazioni di randon.

Il metodo più semplice, per eliminare la radiazione gamma dalle misure di fondo, dovutaai discendenti del Radon, è quello di riempire lo spazio che circonda il rilevatore con un gasche non lo contenga. Solitamente, questo viene fatto utilizzando un contenitore ermetico,che circonda completamente la schermatura del rivelatore. All'interno del contenitore, vienesuccessivamente inviato azoto gassoso, proveniente da un dewar di azoto liquido, che riempieil volume d'aria attorno al rivelatore, impedendo al Radon di giungere nuovamente all'internodella schermatura.

4.1.3 Raggi Cosmici e Radioattività Cosmogenica

L'atmosfera terrestre è continuamente interessata dall'arrivo dei raggi cosmici primari, costi-tuiti da particelle che hanno origine solare, galattica e extragalattica e presentano uno spettroenergetico continuo no ai 1020eV , con un usso che decresce all'aumentare dell'energia.I raggi cosmici primari sono composti prevalentemente da protoni, per il 90%, per il 9%

da nuclei di 4He e solo in piccola percentuale da nuclei pesanti. Oltre a questa componenteadronica, c'è una componente leptonica costituita da elettroni e neutrini. Inoltre, presentanoun usso sulla supercie terrestre, che dipende sia dall'attività solare, in particolare daibrillamenti, che dalla presenza del campo geomagnetico, che fa si che la loro distribuzionesia anisotropa.I raggi cosmici primari penetrando nell'atmosfera interagiscono con i nuclei presenti, dando

luogo a cascate secondarie, con un aumento del numero di particelle rispetto a quelle incidentipresenti nel fascio primario. Si producono in tal modo i raggi cosmici secondari, che sonocostituiti principalmente dalle seguenti particelle:

• Mesoni π0 neutri, che possono generare sciami elettromagnetici, con la creazione dielettroni, positroni e γ;

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4 Fonti del Background

• Mesoni K+, K−, K0, ma anche π+e π−, che possono decadere in µ+e µ− rispettiva-mente;

• Muoni µ;

• Neutrini, elettroni e positroni prodotti dai decadimenti dei muoni;

• Protoni e neutroni.

A livello del mare i muoni costituiscono l'80% del usso di particelle cariche, con un'intensitàdi circa un muone per m2 per sec. I muoni prodotti possono avere anche energie dell'ordinedi centinaia di GeV; se consideriamo la loro perdita di energia per collisione, pari al minimodi ionizzazione di circa 1.8MeV · cm2/g, capiamo bene che sono in grado di attraversaregrandi spessori di materiale. Essendo perciò particolarmente penetranti, possono contribuireal fondo registrato nei rivelatori, perdendo energia per ionizzazione, tramite deposizionediretta nel volume attivo, ma anche producendo elettroni energetici e radiazione γ. Inoltrepossono interagire con i materiali attorno ai rivelatore, con conseguente emissione di raggi Xcaratteristici, γ e neutroni.I maggiori contributi alla radioattività dovuta a nuclei di origine cosmogenica sono dati

da 14C e H3 che vengono creati tramite interazione dei neutroni con i nuclei dell'atmosfera:

147 N + n→14

6 C + p

147 N + n→12

6 C +31 H

I due nuclei così creati si riportano su nuclei stabili tramite decadimento β−, con tempo didimezzamento di 5730 anni per il 14C e di 12.3 anni per 3H:

14C →14 N + e− + νe

3H →3 He + e− + νe

Altri esempi di radionuclidi cosmogenici che contribuiscono alla radioattività ambientale sonoil 7Be e in minor misura 22Na,

10Be,32P , 35S e 39Cl.

4.1.4 Radioattività Articiale

I nuclei radioattivi articiali, sono prodotti principalmente nei processi di ssione nei reat-tori nucleari, nelle esplosioni nucleari e nelle collisioni tra nucleoni presso gli acceleratori inlaboratori di ricerca sica e medica.Esempi di nuclei articiali sono: 90Sr, 134Cs, 137Cs, 131I, e 239Pu.Tali radionuclidi sono di solito presenti nell'ambiente in basse concentrazioni e la loro

radioattività media è inferiore a quella dei radionuclidi naturali. Tuttavia nel caso di incidentia reattori nucleari, con rilascio di radiazioni nell'ambiente o nel caso di esplosioni nucleari inatmosfera, la quantità di questi nuclei, può aumentare di ordini di grandezza, raggiungendolivelli pericolosi.Un chiaro esempio di questa componente nel fondo ambientale, è il 137Cs, prodotto princi-

palmente nell'incidente di Chernobyl e dai test nucleari in atmosfera. Al giorno d'oggi sonoancora visibili le tracce di questo elemento in campioni di terreno del nord e del centro Italia.

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4 Fonti del Background

4.1.5 210Pb in Schermature

Le caratteristiche principali che deve possedere un elemento per poter esser scelto comeschermatura di un rivelatore, sono un'alta densità ed un elevato numero atomico. Alcunielementi che possiedono le caratteristiche richieste, hanno però un'elevata sezione d'urto perneutroni termici e possono produrre nuclei radioattivi, in seguito all'interazione con i raggicosmici. Un materiale particolarmente adatto per le sue caratteristiche potrebbe essere l'oro,ma il suo utilizzo non è ovviamente percorribile per motivi di costo. La scelta tra tutti ipossibili elementi risulta quindi ridotta.Grazie alla sua elevata densità (11.34g/cm3) e al suo grande numero atomico (Z=82), il

piombo è il materiale più usato per costruire le schermature, spessori di pochi centimetripossono ridurre notevolmente la radiazione di fondo.Sfortunatamente la radioattività intrinseca del piombo non è trascurabile. La sua attività

è dovuta principalmente all'isotopo 210Pb (τ1/2 = 22, 3y), e ai suoi gli: il 210Bi e il 210Po.La causa della contaminazione di 210Pb, è la presenza di minerali contenenti Uranio durante

il processo di fusione. In questi minerali è contenuta una grande quantità di 210Pb, poichéappartenente alla catena dell'238U .Un possibile rimedio, è l'utilizzo all'interno della schermatura di un ulteriore rivestimento

in rame puro, privo di contaminazioni interne e in grado, in parte, di schermare la radiazioneproveniente dal piombo.Per misure a bassa attività, risulta quindi fondamentale, usare schermature di piombo

contenente la minor quantità possibile di 210Pb, è necessario perciò acquistarlo da dittespecializzate, che utilizzano opportune tecniche di produzione, al ne di renderne minima lapresenza.

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5 Apparato Sperimentale

Nel seguente capitolo descriveremo i componenti dell'apparato sperimentale, che cos-tituiscono la catena di lettura utilizzata nel lavoro di tesi.

In particolare ci soermeremo nello studio del rivelatore al Germanio Iperpuro, rinomi-nato GeGEM. Nel dettaglio approfondiremo le caratteristiche tecniche e i materiali che locostituiscono e lo rendono adatto a misure di bassa radioattività.

5.1 Catena di Lettura

La strumentazione utilizzata consiste in:

• Rivelatore Ortec: GEM Series HPGe(High-Purity Germanium) Coaxial Detector Sys-tem

Modello del Rivelatore: GEM30-70-LB-C-PL-S

Congurazione Criostato: CFG-SV-LB70-S

Modello del Dewar: DWR-30

Modello del Pre-Amplicatore: A232P (Numero Seriale 10060543)

• Crate NIM per l'alimentazione di moduli di elettronica standard

• Amplicatore Ortec modello 572

• Ortec Bias Supply modello 659, per l'alimentazione del rivelatore

• ADC(16000 Channel)/MCA.

Figura 5.1: Schema a blocchi della catena di lettura

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5 Apparato Sperimentale

5.1.1 Rivelatore HPGe: GeGEM

Il primo componente della catena è il rilevatore HPGe GeGEM, di tipo p, in congurazioneUltra Low Background con ecienza relativa del 30%, prodotto dalla Ortec.

Gli HPGe (High Purity Germanium), sono rivelatori a giunzione che presentano regionidi svuotamento con spessori particolarmente grandi. Il materiale di germanio necessario allarealizzazione dei rivelatori HPGe è ottenuto attraverso la tecnica dello zone rening, in cuile impurezze contenute nel cristallo vengono progressivamente eliminate scaldandolo local-mente. Il processo viene iterato più volte e il risultato è un cristallo debolmente drogato aseconda del tipo di impurità netta rimanente, ottenendo livelli di impurezza al di sotto di109atomi/cm3. Tale quantità anche se minima, inuenza il comportamento del semicondut-tore, in particolare per il GeGEM, tali residui, sono materiali accettori e per tale motivo ilrivelatore viene denito di tipo p.Inoltre per ottenere la regione di svuotamento, deve essere creata la tipica struttura a

diodo. Una delle tecniche usate è quella di fare diondere del Litio su una supercie delcristallo, creando un contatto di tipo n+, mentre su un'altra vengono impiantati ioni diBoro, per la creazione di un contatto p+. Poiché il GeGEM è un rivelatore di tipo coassialein cui la parte centrale del cristallo è stata rimossa, l'elettrodo esterno (n+) di germaniodrogato di Litio, è diuso su tutta la supercie con uno spessore di circa 700µm, mentrenella cavità interna, è stato depositato per uno spessore di 0.3µm, lo strato di Boro, confunzione di elettrodo negativo (p+), come mostrano le sezioni del cristallo rappresentate ingura:

Figura 5.2: HPGe Coassiale di tipo p

Il volume attivo è quindi ottenuto con l'applicazione di una tensione di polarizzazioneinversa della giunzione p-n, con il duplice vantaggio di provocare la separazione delle cariche,creando la regione di svuotamento totale e di generare un'intenso campo elettrico, in gradodi raccogliere le coppie elettrone-lacuna liberate nella zona attiva, in tempi sucientementerapidi da inibire la ricombinazione delle cariche stesse.

Ricordiamo che nei semiconduttori, gli elettroni all'interno del materiale, sono connati inbande di energia permesse, separati da gap proibiti. Una semplicata rappresentazione dellebande, è mostrata nella seguente gura:

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5 Apparato Sperimentale

Figura 5.3: Struttura a Bande in un Semiconduttore

La banda più bassa, banda di valenza, corrisponde a quella delle shell più esterne deglielettroni legati attraverso legami covalenti, all'interno del reticolo cristallino. Mentre, labanda più alta, è chiamata banda di conduzione e rappresenta gli elettroni che sono liberi dimigrare all'interno del reticolo e contribuire alla conducibilità del materiale. Le due bandesono separate da un gap, le cui dimensioni determinano se il materiale può essere consideratocome un semiconduttore o un isolante. In assenza di eccitazione termica, i semiconduttoripresentano una congurazione nel quale, la banda di valenza, si presenta piena di elettroni eil materiale non è conduttivo.Poiché il gap che separa le bande di conduzione e valenza in germanio è di circa 0.7eV

e a seguito dell'interazione di radiazione ionizzante si trova che l'energia media per creareuna coppia elettrone lacuna in questo semiconduttore è di circa 3eV , gli elettroni secondari,messi in moto dai quanti incidenti all'interno del cristallo, dissipando la loro energia duranteil percorso, saranno in grado di produrre coppie di portatori di carica (elettroni-lacune), lequali, una volta raccolte attraverso il campo elettrico, genereranno l'impulso di corrente chesarà successivamente analizzato dalla catena di lettura.

Il cristallo è alloggiato all'interno della camera del rivelatore (Figura 5.4-B), la quale, perevitare la conduzione termica con l'aria circostante è tenuta alla pressione di vuoto.L'involucro più esterno, direttamente colpito dalla radiazione, è costituito dall'End-cap

(Figura 5.4-A), realizzato in Alluminio ultra puro con uno spessore di circa 1 mm. Il suocompito principale è quello di proteggere il rilevatore.Attorno al cristallo, è presente il Detector Holder (Figura 5.4-C), costituito da Rame OFHC

(Oxygen Free High Conductivity), dello spessore di 0.8 mm, il quale ha due funzioni:

1. deve sicamente contenere i materiali che costituiscono il rivelatore in buon contattotermico con il dito freddo;

2. funge da schermatura alla radiazione infrarossa, che colpendo il rivelatore, potrebbegenerare corrente di fuga e rumore, eccitando gli elettroni dalla banda di valenza aquella di conduzione.

Grazie quindi, all'elevato grado di selezione dei materiali ad alta purezza che costituisconoil criostato, il rilevatore è denito in congurazione Ultra Low Background, particolarmenteadatto per misure di matrici a bassa attività.

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5 Apparato Sperimentale

Figura 5.4: Camera del rivelatore

Osserviamo inne che allo scopo rareddare il rivelatore, in modo da ridurre la generazionetermica di portatori di carica e limitare la corrente fuga che sarebbe causa del deterioramentodella risoluzione del rivelatore, la temperatura del dispositivo è ridotta a 77K, attraversol'utilizzo di un dewar della capacità di 30 litri, contenente azoto liquido. L'intero sistemacriogenico è in posizione verticale, come mostrato nella gura 5.5, e il cristallo di germanioè termicamente a contatto, attraverso il dito freddo (una barra di rame che attraversa pertutta la sua lunghezza il criostato), con l'azoto liquido.

5.1.2 Pre-Amplicatore

Posto in cascata al rivelatore, è presente il pre-amplicatore. Il suo compito principale èconvertire in un impulso di tensione la carica prodotta, dalla deposizione dell'energia deifotoni nel rivelatore.A dierenza delle congurazioni dei rivelatori HPGe standard, in cui l'elettronica si trova

incorporata nel criostato, nel GeGEM, il pre-amplicatore (Figura 5.5-B), è in posizioneremota rispetto il rilevatore (Figura 5.5-A). Collegato attraverso un colletto di alluminio(Figura 5.5-C), necessario al passaggio, dei cavi di alimentazione del cristallo e del ditofreddo di rame, si trova circa a 11cm al di sotto della camera del rivelatore, come mostratoin gura 5.5.

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5 Apparato Sperimentale

Figura 5.5: Criostato in congurazione verticale

Questa caratteristica ha un duplice vantaggio:

1. tale distanza, permette di ridurre l'angolo solido visto dal rilevatore rispetto l'elettron-ica, nel tentativo di abbattere la radiazione emessa dalla contaminazione interna deicomponenti elettrici;

2. sarà possibile introdurre una schermatura aggiuntiva, di opportune dimensioni e ma-teriale, tra l' End-Cap e l'elettronica.

Il pre-amplicatore ha molteplici funzioni:

• svolge il ruolo di interfaccia tra il rivelatore e la catena elettronica di analisi che losegue;

• converte il segnale di corrente prodotto nel rivelatore dalla radiazione incidente in unsegnale di tensione.

A causa del fatto, che la capacità associata ai rivelatori a semiconduttore, varia con le con-dizioni operative, si utilizza in genere pre-amplicatori di carica, di cui di seguito riportiamolo schema elettrico:

Figura 5.6: Schema elettrico del pre-amplicatore di carica

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5 Apparato Sperimentale

la capacità Ci di ingresso dipende:

• dalla capacità dei cavi di connessione tra il rivelatore e il pre-amplicatore

• dalla capacità di ingresso del pre-amplicatore

• dalla capacità associata al rilevatore.

Osservando lo schema, si intuisce che tale circuito è un'amplicatore in congurazione inver-tente. Se assumiamo, che:

A (Ci + Cf )

Cf

dove A rappresenta il guadagno dell'amplicatore e ricordando che in tale congurazionevale la relazione Vout = −AVi, utilizzando la legge dei nodi al nodo di ingresso del pre-amplicatore, otteniamo:

Vout = −A Q

Ci + (A+ 1)Cf∼= −

Q

Cf

dove Q è la carica prodotta nel rivelatore dalla radiazione incidente e inviata al terminale diingresso del pre-amplicatore.In un circuito di questo tipo, la tensione di uscita è perciò proporzionale all'integrale della

carica inviata in input al nodo di ingresso e non dipende sensibilmente dalle variazioni dellacapacità Ci.

5.1.3 Amplicatore

Alimentato attraverso il modulo NIM, in cascata al pre-amplicatore, è presente l'amplica-tore.I suoi compiti sono:

• amplicare il segnale di pochi mV, proveniente dal pre-amplicatore, ai Volt necessariper la succesiva analisi del ADC/MCA;

• formare il segnale proveniente dal pre-amplicatore e massimizzare il rapporto segnale-rumore attraverso l'opportuna scelta dello shaping time

L'amplicatore è costituito da una combinazione di circuiti RC e CR, che altro non sonodei ltri passa banda, i quali hanno rispettivamente il compito di integrare e dierenziare,il segnale in ingresso. Dalla combinazione di un ltro CR, seguito da 4 stadi RC, si puòsagomare senza perdita di informazioni, il segnale del pre-amplicatore e ottenere in uscitaun impulso di forma semi-gaussiana, che può essere meglio trattato per le analisi.L'ottimizzazione del tempo di formatura consiste quindi, nella corretta scelta dei parametri

del ltro, valore dello shaping time, che permette non solo di formare il segnale, ma dicondizionare in frequenza la regione ltrata dall'amplicatore, riducendo le diverse sorgentidi disturbo e massimizzando il rapporto segnale-rumore.

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5 Apparato Sperimentale

5.1.4 ADC/MCA e Software di Lettura

Seguono nella catena l'Analog to Digital Converter (ADC) e il Multi-Channel Analyzer(MCA).Poiché i segnali in uscita dall'amplicatore sono di tipo analogico, è quindi necessario

trasformarli in un segnale di tipo digitale, per essere inviati al Pc di controllo. Tale funzioneè svolta dall'ADC, che approssima l'informazione analogica con un numero intero, registrandola distribuzione delle altezze degli impulsi che escono dall'amplicatore.In cascata l'MCA, distribuisce il codice digitale prodotto dall'ADC in 2n canali(16000 nel

modello utilizzato), realizzando lo spettro della radiazione.Successivamente i dati vengono inviati ad un calcolatore, sul quale è installato il software

Maestro, che permette in tempo reale l'analisi dello spettro attraverso un'interfaccia graca,con la possibilità di selezionare e riconoscere i diversi picchi, attraverso l'utilizzo di opportunelibrerie.

5.1.5 Sistema di Schermatura Passiva

L'apparato sperimentale è equipaggiato con un sistema di schermatura passiva, costituito dapiombo e rame iperpuro, organizzati a formare il castello di forma cilindrica, necessario aisolare il rivelatore dall'ambiente del laboratorio, come mostrato nella gura seguente:

Figura 5.7: Schema della schermatura: in rosso è rappresenta il rame, mentre il piombo è dicolore nero.

Il Piombo, costituente la parte più esterna della schermatura, ha un'altezza di 51.5cme un diametro esterno di 49.5cm, il suo utilizzo si rende necessario al ne di fermare leradiazioni altamente penetranti. Il rivestimento interno di Rame OFHC, ha un'altezza di27cm e un diametro di 30cm e viene usato allo scopo di ridurre il fondo prodotto dallacontaminazione interna del piombo utilizzato. Come si vede dall'immagine, all'interno delrame è stata ricavata una cavità delle dimensioni di un contenitore Marinelli, inoltre sulfondo della schermatura, è praticato un foro per l'inserimento verticale del criostato delrivelatore, il quale posizionato su un carrello è regolabile in altezza. Allo scopo di inserire

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5 Apparato Sperimentale

nella corretta posizione i campioni da analizzare, gli strati di rame sopra l'alloggiamento sonoestraibili dall'alto, mentre il piombo sulla sommità, è in grado ruotando su un perno sso,di scoperchiare l'intera schermatura.

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6 Caratterizzazione del Rivelatore,

Analisi del Fondo Radioattivo e

Misure di Matrici Ambientali

Nei seguenti paragra riportiamo i risultati delle analisi condotte, evidenziando i diversi passiche ci hanno permesso di realizzare un sistema per misure di spettroscopia gamma su matriciambientali a bassa attività.

6.1 Caratterizzazione

6.1.1 Volume Attivo

I rivelatori HPGe operano in condizioni di svuotamento totale, cioè si crea attraverso l'ap-plicazione di una tensione di polarizzazione inversa, una regione priva di portatori di caricaestrinseci, chiamata volume attivo. Poiché di tutta la carica prodotta dai quanti incidenti nelrivelatore, viene raccolta soltanto quella generata all'interno della regione di svuotamento,l'ecienza di rivelazione aumenta all'aumentare delle dimensioni di tale regione.Chiamando d lo spessore del volume attivo, vale la seguente relazione:

d =

(2εVdeN

)1/2

(6.1)

dove N è la concentrazione delle impurità nel reticolo del cristallo, e è la carica dell'elettrone,

ε è la costante dielettrica relativa del mezzo (≈ 16 per il Germanio) e Vd è la tensione dipolarizzazione inversa.Una scelta opportuna della tensione Vd avrà quindi il vantaggio di:

• generare un volume attivo di dimensioni adatte alla rivelazione di radiazione penetrantecome quella proveniente dai decadimenti γ;

• produrre un intenso campo elettrico all'interno del cristallo, in grado di raccogliere lecariche prodotte dai quanti incidenti e ridurre al minimo la loro ricombinazione nelmateriale;

• ridurre la capacità associata al rivelatore (Cd ∝ 1/√V d), minimizzando in tal modo il

rumore elettronico ad esso associato, con il vantaggio di migliorare la risoluzione delrivelatore.

Ricordiamo inoltre che la tensione non può crescere all'innito a causa del termine di rigiditàdielettrica, la casa produttrice consiglia infatti di alimentare il dispositivo tra 0 e 5000V .Allo scopo di determinare la tensione più adatta al funzionamento del dispositivo, si è

registrato lo spettro di una sorgente radioattiva multigamma, sorgente di calibrazione nota,

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6 Caratterizzazione del Rivelatore, Analisi del Fondo Radioattivo e Misure di Matrici Ambientali

fornita di scheda tecnica che ne specica la data di produzione e i radionuclidi contenuti(241Am, 137Cs, 60Co), per la durata di 250sec, variando la tensione di alimentazione, conopportuni passi, dai 20 ai 3000 Volt.Ogni spettro è stato analizzato attraverso il software Tasso e mediante t gaussiani dei

picchi rivelati alle varie energie si è ricavato l'integrale dei conteggi e la larghezza a metàaltezza della gaussiana ∆EFWHM(Full Width at Half Maximun) alle diverse energie. Daidati ottenuti si sono ricavati i graci seguenti:

Figura 6.1: Integrale dei Conteggi e FWHM per la riga a 59.6keV del 241Am.

Figura 6.2: Integrale dei Conteggi e FWHM per la riga a 661keV del 137Cs.

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6 Caratterizzazione del Rivelatore, Analisi del Fondo Radioattivo e Misure di Matrici Ambientali

Figura 6.3: Integrale dei Conteggi e FWHM per la riga a 1173 keV del 60Co.

Figura 6.4: Integrale dei Conteggi e FWHM per la riga a 1332keV del 60Co

Osservando i graci, si nota come già dai 400V di alimentazione del rivelatore, la curvadei conteggi assume un andamento costante. A tale tensione però il campo elettrico non èsucientemente intenso da ridurre la ricombinazione delle cariche, come si può notare dal-l'andamento della FWHM. Per raggiungere la condizione in cui il rivelatore è completamentesvuotato, si è reso quindi necessario aumentare la tensione al di sopra dei 1000V , oltre ilquale al crescere della tensione non si ottiene un eettivo miglioramento nella raccolta dellecariche e della risoluzione energetica del rilevatore. Per tale motivo si è valutato di alimentare

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6 Caratterizzazione del Rivelatore, Analisi del Fondo Radioattivo e Misure di Matrici Ambientali

il dispositivo alla tensione di 1500V , che permette un corretto funzionamento mantenendo ilrivelatore in sicurezza, al di sotto dei 5000V, oltre il quale si rischierebbe di romperlo.

6.1.2 Ottimizzazione Shaping Time

Una delle caratteristiche fondamentali di un rivelatore al germanio è la sua eccellente risoluzioneenergetica, particolarmente adatta alle analisi di spettroscopia gamma.Deniamo risoluzione R, come il rapporto fra la larghezza a metà altezza della gaussiana,

∆EFWHM(Full Width at Half Maximun) e la sua energia E:

R =∆EFWHM

E(6.2)

chiaramente tanto più piccola è la risoluzione, tanto più lo strumento sarà in grado didistinguere due righe molto prossime in energia.La risoluzione è soggetta a tre principali fattori: il rumore statistico legato alla uttuazione

del numero di cariche che vengono prodotte, all'incompleta raccolta delle cariche dovutaalla loro ricombinazione nel cristallo di germanio e al rumore elettronico in cui rientrano lacorrente di fuga del rivelatore, la sua capacità e il rumore intrinseco del preamplicatore.

Nella seguente sezione ci si è occupati di ridurre il rumore elettronico e di massimizzare ilrapporto segnale/rumore.Introduciamo l'equivalente noise charge (ENC), grandezza che ci permetterà di quanti-

care il rumore elettronico, denita come la quantità di carica che posta in ingresso al pre-amplicatore rende il rapporto segnale/rumore pari a uno. L'ENC è espresso in unità dicarica assoluta o in coulombs.Consideriamo inoltre la seguente relazione di proporzionalità:

ENC ∝[a · C2

t

τ+ bτ · I

]1/2

(6.3)

dove il primo termine tra parentesi rappresenta la componente in serie del rumore, in cuiCt è la capacità totale data dalla somma della capacità Cd del rilevatore più quella dellostadio di ingresso del pre-amplicatore e quelle parassite del circuito. Il secondo termine èla componente del rumore elettronico parrallelo, dove I è la corrente di fuga. Inne τ indicail tempo di formatura (shaping-time) e a e b sono due costanti di proporzionalità.In linea teorica l'andamento atteso in funzione del tempo di formatura è quello mostrato

in gura:

Figura 6.5: Contributo delle sorgenti di rumore in serie e parallelo in funzione dello shapingtime

Come illustrato, il contributo del rumore in serie diventa meno importate al crescere deltempo di formatura, contrariamente al rumore in parallelo che aumenta di importanza.

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6 Caratterizzazione del Rivelatore, Analisi del Fondo Radioattivo e Misure di Matrici Ambientali

Ricordando che l'amplicatore è costituito da una serie di ltri bassa banda (RC e CR),l'ottimizzazione dello shaping-time consiste nell'opportuna scelta della costante caratteristicadi tali circuiti, per ottenere attraverso i ltri la condizione in cui il contributo del rumore inserie è confrontabile con quello in parallelo, corrispondente al minimo della curva in gura6.5.L'equazione che esprime la relazione tra rumore elettronico e ∆EFWHM è la seguente:

∆EFWHM(eV ) = 2.35 · ε · ENC (6.4)

dove ε è l'energia necessaria per produrre una coppia di portatori di carica nel germanio.Si osserva quindi che l'ottimizzazione del rapporto segnale/rumore, contribuisce a ridurre la∆EFWHM e a migliorare perciò la risoluzione del rivelatore.Come ultima osservazione ricordiamo che i circuiti RC e CR sono dei ltri in grado rispetti-

vamente, di integrare e derivare il segnale. Una scelta corretta del tempo di formatura permetterà all'amplicatore, di sagomare l'impulso di tensione proveniente dal pre-amplicatore, perottenere in uscita un segnale di forma gaussiana adatto alla successiva analisi della catena dilettura.

Una volta alimentato il dispositivo con una tensione di 1500V , si sono registrati gli spettridella multigamma per una durata di 250sec, al variare del tempo di formatura in un rangecompreso tra 0.5µsec e 10µsec. Gli spettri ottenuti sono stati analizzati con il softwareTasso, che ha permesso di ricavare la ∆EFWHM alle diverse energie per i diversi radionuclidicontenuti nella sorgente calibrata.

Figura 6.6: ∆EFWHM vs τ per 241Am.

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6 Caratterizzazione del Rivelatore, Analisi del Fondo Radioattivo e Misure di Matrici Ambientali

Figura 6.7: ∆EFWHM vs τ per 137Cs.

Figura 6.8: ∆EFWHM vs τ per la riga a 1173keV del 60Co.

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6 Caratterizzazione del Rivelatore, Analisi del Fondo Radioattivo e Misure di Matrici Ambientali

Figura 6.9: ∆EFWHM vs τ per la riga a 1332keV del 60Co.

Come si può osservare dai graci, non è visibile la caratteristica risalita dovuta al terminedel rumore in parallelo, questo è dovuto al contributo del termine in serie, il quale risultaessere dominante al variare del tempo di formatura.

Dai graci si ricava che il tempo di formatura che minimizza il rumore elettronico è com-preso tra i 6 e i 10µsec. Si è scelto quindi di operare con un tempo di formatura di 6µsec,come consigliato dalla casa produttrice, ottenendo una ∆EFWHM = 2.01 ± 0.07keV , per lariga di riferimento del 60Co a 1332keV .

6.1.3 Misura dell'Ecienza

Ricordiamo che non tutta la radiazione emessa da luogo a un impulso rivelato dall'apparatodi misura, solo la radiazione che è emessa entro l'angolo solido sotto cui la sorgente vede ilrivelatore e che riesce ad attraversare la distanza che li separa, può essere registrata.Per quanticare gli eventi che vengono registrati dal rivelatore rispetto a quelli realmente

emessi dalla sorgente, si denisce l'Ecienza Assoluta:

εabs =numero di eventi rivelati

numero di fotoni o particelle emessi dalla sorgente(6.5)

l'εabs, dipende non solo dalle proprietà del rivelatore, ma anche dalla congurazione geomet-rica del sistema, in particolare dalla distanza a cui è posta la sorgente e quindi dall'angolosolido con cui vede il rivelatore.Nel tentativo di scorporarci dalla geometria della congurazione, si denisce L'Ecienza

Intrinseca, come:

εint =numero di eventi rivelati

numero di fotoni o particelle incidenti sul rilevatore(6.6)

Oltre a queste due grandezze si è soliti denire anche l'ecienza al picco:

εpicco =conteggi full − energy di energia E

numero di fotoni o particelle di energia E(6.7)

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6 Caratterizzazione del Rivelatore, Analisi del Fondo Radioattivo e Misure di Matrici Ambientali

che viene ottenuta considerando i conteggi al picco (full-energy peak), corrispondenti alleinterazioni che nel rivelatore hanno rilasciato tutta l'energia.

Allo scopo di calcolare l'ecienza assoluta del rivelatore, si è quindi registrato lo spettrodi una multigamma, per la durata di 250sec. Utilizzando le speciche fornite nella schedadescrittiva della sorgente, è stato possibile per ogni radionuclide, determinare i gamma totaliemessi al tempo di misura, attraverso la relazione 2.10. Successivamente si è ricavato ilnumero di eventi rivelati, attraverso t gaussiani dei picchi registrati nello spettro utilizzandoil software Tasso, quindi si è determinato l'εabs mediante la relazione 6.5.Di seguito riportiamo la tabella che mostra i risultati ottenuti e il graco dell'andamento

dell'ecienza sperimentale:

R.N. En(keV) τ1/2(gg) B.R. A0(γ/sec) A(γ/sec) Cont.γ/sec εSperim.241Am 59.54 157850 0.36 726.2 711.55 46.57± 0.72 0.065± 0.002137Cs 661.66 11020 0.85 562.4 420.01 20.35± 0.44 0.048± 0.00160Co 1173.24 1925.5 0.99 1007.6 189.53 4.72± 0.22 0.025± 0.00160Co 1332.50 1925.5 0.99 1008.9 189.74 4.11± 0.20 0.021± 0.001

Tabella 6.1: Misura dell'ecienza sperimentale: i dati calcolati sono stati ottenuti utilizzandola scheda tecnica della multigamma, in riferimento alla data di produzione dellasorgente 01/11/97.

Figura 6.10: Ecienza Sperimentale

6.1.4 Implementazione Simulazione MonteCarlo: realizzazione leGeGEM-detector.cfg

Nelle congurazioni più complicate, in cui le sorgenti sono costituite da matrici complesseche non si possono assumere come puntiformi, l'ecienza del rivelatore viene determinataattraverso l'utilizzo di simulazioni, che si basano sul Metodo MonteCarlo.

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6 Caratterizzazione del Rivelatore, Analisi del Fondo Radioattivo e Misure di Matrici Ambientali

Il Metodo MonteCarlo è un procedimento statistico usato per fornire una stima del valoreatteso di una variabile, ottenuto come media di un campione costruito determinando Nvalori di una variabile casuale. Il metodo è basato sulla generazione di sequenze di numeripseudo-casuali.Nell'ambito di simulazioni di misure che coinvolgono processi di interazione della radiazione

con la materia, il metodo MonteCarlo viene utilizzato per simulare traiettorie di particellesingole, mediane l'uso di numeri pseudo-casuali generati a partire dalle distribuzioni diprobabilità che governano i processi sici considerati. Il codice MonteCarlo utilizza librerieche devono contenere le informazioni indispensabili per la ricostruzione dei processi di inter-azione, come le sezioni d'urto di interazione dei fotoni con i diversi materiali, le particellesecondarie prodotte e i parametri chimico-sici. Chiaramente, la possibilità di utilizzare lasimulazione per determinare quale sia l'aspetto dello spettro energetico atteso dalla misura,deriva dall'accurata descrizione dei fenomeni di interazione radiazione-materia, utilizzati perriprodurre la funzione di risposta dei rivelatori. Con la generazione di un gran numero dieventi si fa l'ipotesi di ottenere risultati che si avvicinano al valore di aspettazione delle vari-abili macroscopiche di interesse, ad esempio l'energia depositata nel rivelatore. Il MetodoMonteCarlo, che fu inizialmente sviluppato per lo studio del trasporto di neutroni e fotoninell'ambito di ricerche sui reattori nucleari, trova oggi applicazione in un insieme vasto diattività, quali la sica nucleare e subnucleare, la medicina e la radioprotezione.Uno dei pacchetti software disponibili che contengono algoritmi per il trasporto di particelle

mediante il Metodo MonteCarlo, è Geant4, sviluppato dal CERN.Il pacchetto integra inoltre, un'interfaccia graca che consente la visualizzazione della

congurazione simulata.

Il primo passo per la realizzazione di una simulazione è quello di ricostruire virtualmente lageometria del sistema rivelatore-sorgente. Questo viene fatto scrivendo il le di congurazione(.cfg), che contiene come informazioni le dimensioni dei singoli componenti di interesse, leloro distanze relative e le descrizioni dei materiali che costituiscono il rilevatore e la sorgente.In questo tipo di le i materiali sono descritti con una stringa che serve a specicare il

tipo (elemento, composto o miscela), il numero di elementi che lo compongono (per ciascunodi essi deve essere specicato il numero atomico Z, il numero di massa A e l'abbondanzanel materiale) e la densità. Ciascun oggetto può essere denito come parallelepipedo ocome cilindro (pieno o cavo), con la possibilità di realizzare anche altre forme operandosottrazioni di volumi. Inoltre come ulteriore denizione del materiale si può specicare se essoè un rivelatore (Detector), una sorgente(Source) o un semplice assorbitore di radiazioni(Absorber).Per vericare che i dati siano eettivamente stati inseriti nella maniera corretta, tutta la

realizzazione geometrica può essere controllata grazie all'apposito software di visualizzazioneArby, programma basato sul metodo MonteCarlo e implementato dalla libreria Geant4.

La casa costruttrice del rivelatore HPGe, ha fornito una scheda tecnica in cui viene schema-tizzato il singolo rivelatore in tutte le sue parti, con il corrispondente dimensionamento deicomponenti, che riportiamo di seguito:

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6 Caratterizzazione del Rivelatore, Analisi del Fondo Radioattivo e Misure di Matrici Ambientali

Figura 6.11: Data-sheet congurazione geometrica del rivelatore HPGe GeGEM

Utilizzando tali parametri è stato costruito il le di congurazione del rivelatore: GeGEM-detector.cfg, di cui di seguito riportiamo la visualizzazione graca:

Figura 6.12: Visualizzazione MonteCarlo: sorgente(multigamma)-rivelatore GeGEM.

Terminata questa fase è stato possibile passare alla vera e propria simulazione di eventi,utilizzando i le della banca dati Gendec, i quali contengono tutte le informazioni riguardoi decadimenti dei nuclei di interesse.Per il calcolo dell'ecienza del rivelatore si sono portate a termine simulazioni dei decadi-

menti radioattivi di 241Am, 137Cs, 60Co, con una generazione di un numero di eventi del-l'ordine di 107. I le di output ottenuti in seguito sono stati successivamente analizzati conil software Tasso, che ha consentito di eettuare t gaussiani sui picchi, ed integrazioni peravere il tasso di conteggi ad una determinata energia.

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6 Caratterizzazione del Rivelatore, Analisi del Fondo Radioattivo e Misure di Matrici Ambientali

L'ecienza ε del rivelatore nella congurazione di misura è stata quindi calcolata attraversola seguente relazione:

ε =(conteggi full energy)Simul

# cateneSimul(6.8)

Nel graco seguente riportiamo il confronto tra i dati sperimentali e quelli simulati, ot-tenuti inserendo nel le di congurazione i valori nominali dei materiali che costituiscono ildispositivo:

Figura 6.13: Confronto Ecienza Sperimentale vs Ecienza ottenuta dalle simulazioni.

Poiché i risultati sperimentali non coincidevano con quelli simulati, si sono praticate all'in-terno del le di congurazione, opportune modiche alla geometria dell'apparato virtuale.In particolare dopo diversi tentativi si è compreso che i parametri critici, sono lo spessore digermanio drogato di litio, utilizzato come elettrodo n+e dell'Alluminio, costituente l'End-capdel rivelatore. Aggiungendo, al valore nominale, 0.22mm di spessore di Litio (sottraendoloal cristallo di germanio) e 0.5mm di Alluminio, otteniamo nella ricostruzione della curvad'ecienza, errori inferiori al 5%, su tutto lo spettro di energia simulato.

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6 Caratterizzazione del Rivelatore, Analisi del Fondo Radioattivo e Misure di Matrici Ambientali

Figura 6.14: Ottimizzazione della curva di Ecienza.

6.2 Ottimizzazione Congurazioni Sperimentali

Ricordiamo che l'attività specica di un campione può essere valutata usando la formula:

A

[Bq

Kg

]=Conteggi full energy

ε ·B.R. · T(6.9)

dove B.R. è il Branching-Ratio, T è il tempo di misura e ε è l'ecienza assoluta ottenutamediante le simulazioni MonteCarlo. E' chiaro però che in fase sperimentale si deve tenereconto della possibilità che non tutti i conteggi registrati appartenenti ad un picco, sono dovutialla sorgente in analisi. Una parte dei conteggi sarà quindi dovuta al fondo radioattivo chedovrà essere sottratto ai conteggi totali:

A

[Bq

Kg

]=Conteggi f.e. Campione− Conteggi f.e. Fondo

ε ·B.R. · T(6.10)

In questa seconda fase, onde minimizzare l'incidenza delle diverse sorgenti di radioattivitàambientale sul fondo, si sono quindi studiati diversi set-up sperimentali, ottimizzando l'in-uenza relativa fra: la massa del campione, l'ecienza assoluta del rivelatore alle diverseenergie e i conteggi di fondo. Per raggiungere il livello di fondo voluto, si è quindi isolatoil rivelatore dall'ambiente del laboratorio, utilizzando la schermatura descritta nella sezione5.1.5, costituita esternamente da piombo, necessario a fermare le radiazioni altamente pen-etranti e uno strato più interno di rame iperpuro, nel tentativo di ridurre il fondo prodottodalla contaminazione interna del piombo utilizzato.

Nella prima congurazione sperimentale, mostrata in gura 6.15, il rivelatore è stato po-sizionato alla corretta distanza anché nella schermatura si potesse alloggiare un contenitoreMarinelli (vuoto). La camera del rivelatore si trovava quindi completamente innestata al-l'interno della schermatura, mentre la scatola dell'elettronica rimaneva esterna, a qualchecentimetro di distanza dal foro di innesto.

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Figura 6.15: Prima Congurazione Sperimentale

Nella seconda congurazione realizzata, si è utilizzato un contenitore cilindrico del diametrodi 9.16cm e altezza 3.95cm (vuoto), poggiato direttamente sull'end-cap del rivelatore. Ildispositivo è stato alzato rispetto la congurazione precedente, nché l'elettronica non si ètrovata solo a qualche millimetro di distanza al di sotto del foro di innesto della schermatura,come mostrato nell'immagine seguente. Questa congurazione è stata realizzata nel tentativodi ridurre l'angolo solido visto dalle contaminazioni esterne rispetto il rivelatore, a scapitoperò della massa del possibile campione, che risulta essere notevolmente ridotta rispetto laprima congurazione.

Figura 6.16: Seconda Congurazione Sperimentale

Inne nella terza e ultima congurazione si è riprodotto nuovamente il set-up sperimentaleiniziale, ma inoltre, è stata aggiunta una schermatura cilindrica di rame iperpuro, dell'altezza

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di circa 11cm e del diametro di 7cm, tra il rivelatore e la scatola dell'elettronica in posizioneremota. L'introduzione del rame è stata eettuata, allo scopo di schermare le contaminazioniradioattive dell'elettronica, che normalmente non sono trascurabili per rivelatori di questotipo e di ridurre l'angolo solido con cui la radiazione ambientale vede il rivelatore. Inoltrecon questa congurazione è possibile eettuare misure su campioni massivi utilizzando ilcontenitore Marinelli.

Figura 6.17: Terza Congurazione Sperimentale

Per ogni congurazione si sono registrate misure di radiazione gamma di fondo, in as-senza di campione della durata di due settimane, allo scopo di determinare le contami-nazioni ambientali nelle diverse situazioni sperimentali e quelle intrinseche e ineliminabili deldispositivo.

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Attraverso il software GraPlot riportiamo di seguito un confronto tra gli spettri ottenuti:

Figura 6.18: Confronto spettri di fondo registrati nelle tre diverse congurazioni.

Gli spettri sono stati analizzati utilizzando il software Tasso e attraverso t gaussiani sisono ricavati i conteggi/h dei picchi alle diverse energie. In particolare non sono stati trovatecontaminazioni antropogeniche, ma solo di origine fossile. Di seguito riportiamo i graci e letabelle di confronto dei conteggi/h misurati per le catene di Torio, Uranio e per il 40K, nellediverse congurazioni sperimentali:

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Tabella 6.2: Confronto Cont/h per le tre congurazioni sperimentali.

Figura 6.19: Confronto Conteggi/h per la Catena del 232Th .

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Figura 6.20: Confronto Conteggi/h per la Catena del 238U .

Figura 6.21: Confronto Conteggi/h per la Catena del 235U e del 40K.

Dai dati ottenuti possiamo ricavare alcune considerazione. Innanzitutto si osserva comein linea generale gli accorgimenti presi nel realizzare le tre congurazioni, permettano diabbattere progressivamente il fondo ambientale e come la terza sia in grado meglio delle altredi far questo.Osserviamo ora il graco della catena del 232Th e in particolare i picchi del 208T l a 583keV

e quello a 2614keV . Si può notare come i cont/h per il primo picco, vengano abbattuti più dicinque volte, dalla prima alla terza congurazione, mentre per il secondo picco l'abbattimentoè poco meno della metà. Questo si può spiegare, interpretando che per la catena del torio

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è dominante la contaminazione esterna all'apparato sperimentale. Gli accorgimenti adottatisono quindi in grado di ridurre fortemente la radiazione esterna alle basse energie, mentrerisultano non sucienti per i gamma più energetici e quindi maggiormente penetranti. Inoltresi può osservare dal picco a 583keV , come passando dalle prime due congurazioni all'ultima,i conteggi vengono particolarmente abbattuti, probabilmente si riducono quelli riconducibilialla contaminazione interna dell'elettronica, che nella terza congurazione viene schermata.Consideriamo ora il picco del 214Bi a 609keV , ricordando che tale radionuclide fa parte della

serie dell'238U ed è uno dei gli del 222Rn. L'andamento dei conteggi non in linea con quellogenerale, fa presumere che non si ha un controllo sul Radon, probabilmente le condizioni nellazona della camera sono cambiate per le tre congurazioni, variando l'inuenza di Radon equindi dei suoi gli.Alcune considerazioni si possono fare riguardo la contaminazione dovuta alla riga a 1460keV ,

del 40K. Si osserva come, interponendo l'elettronica nella seconda congurazione e il cilindrodi rame nella terza tra il rilevatore e l'ambiente esterno, si riesca a ridurre notevolmente iconteggi. Dai dati si osserva, come la congurazione geometrica giochi un ruolo fondamen-tale, infatti nella seconda congurazione, in cui l'angolo solido con il quale la sorgente vedeil rilevatore è ridotto rispetto la terza, i conteggi del 40K sono abbattuti di circa la metà.

Una misura della qualità delle congurazioni realizzate, può essere ottenuta calcolandol'MDA (minimum detectable activity), che possiamo denire una stima a priori della minimaquantità di attività rilevabile con una data congurazione sperimentale e nell'ipotesi che ilcampione abbia una determinata massa.Utilizzando i risultati, ottenuti nei precedenti spettri di fondo, si è calcolato l'MDA per

ogni radionuclide, utilizzando la seguente relazione:

MDA

[Bq

Kg

]=

2.71 + 4.65√Conteggi Fondo

T (sec) · ε ·BR ·MCampione

(6.11)

dove T è il tempo di misura pari a 2 settimane per ogni congurazione, ε è l'ecienzaassoluta, B.R. è il branching ratio e M è la massa del campione. Poiché tempo di misura eB.R. sono ssati, nel calcolo dell'MDA, assume un ruolo fondamentale l'inuenza relativa trala massa del campione e l'ecienza assoluta alle varie energie dei decadimenti gamma presi inesame. Si è quindi calcolato l'MDA per le tre diverse congurazioni, nell'ipotesi di essere inpresenza di un campione delle dimensioni di un contenitore Marinelli con una massa d'acquadi 2.9Kg nella prima e nella terza congurazione, mentre nella seconda si è considerato uncampione d'acqua pari a circa 220g. Allo scopo di evidenziare l'inuenza relativa tra la massae l'ecienza assoluta, riportiamo la seguente tabella in cui si è esplicitato il prodotto tra ledue grandezze:

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Tabella 6.3: Confronto del Prodotto tra la massa del Campione e l'ecienza assoluta nelletre congurazioni.

nella tabella seguente riportiamo i calcoli dell'MDA ottenuti per le tre congurazioni:

Tabella 6.4: Confronto MDA[Bq/Kg] per le tre congurazioni sperimentali.

di seguito riportiamo i graci che mostrano i risultati ottenuti per: l'228Ac, il 214Bi, l'235Ue il 40K:

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Figura 6.22: Risultati MDA per l'228Ac

Figura 6.23: Risultati MDA per il 214Bi.

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Figura 6.24: Risultati MDA per l'235U e il 40K.

Una prima osservazione può essere fatta considerando l'MDA della seconda congurazione,il quale risulta più alto per ogni radionuclide preso in analisi, e quindi peggiore rispetto le altredue congurazioni. Questo è dovuto all'inuenza relativa tra la massa e l'ecienza assoluta,infatti nella seconda congurazione l'ecienza più alta, grazie alla favorevole geometria, nonriesce a compensare la riduzione di massa del campione.Dai graci e dai dati calcolati, si può osservare come la terza congurazione sia quella che

presenti un MDA minore rispetto alle altre. Inoltre come mostrato nelle analisi precedenti,è la congurazione che è in grado di abbattere maggiormente i conteggi di fondo. Alla lucedi tali considerazioni si può quindi concludere che, gli accorgimenti realizzati nell'ultimacongurazione sono i più adatti per ottenere un' apparato sperimentale per misure di matricia bassa attività, dell'ordine della decina dei mBq/Kg.

6.3 Misure di Matrici Ambientali

Nell'ultima fase sono state eettuate misure di matrici ambientali a bassa attività.Il primo campione studiato è stato del lo di Kevlar (bra sintetica aramidica), con una

massa di 50.93g, di cui si è registrato uno spettro della durata di due settimane. Succes-sivamente con il software Tasso si è analizzato lo spettro determinando i limiti di attivitàspecica.Di seguito riportiamo i risultati ottenuti:

Attività Specica (Bq/Kg)238U < 0.45

232Th < 0.19235U < 0.1640K < 3.8

Tabella 6.5: Analisi Kevlar

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Il secondo campione analizzato è stata una massa d'acqua MilliQ (acqua puricata e deion-izzata ad un alto livello) di circa 2.7Kg, anche in tal caso si è registrato lo spettro per ladurata di due settimane, determinando gli eventuali limiti di attività specica, per i diversiradionuclidi. Nella tabella seguente riportiamo i risultati ottenuti:

Attività Specica (Bq/Kg)238U < 0.041

232Th < 0.038235U < 0.03340K < 0.14360Co < 0.003137Cs < 0.005

Tabella 6.6: Analisi Acqua MilliQ.

Entrambi i materiali hanno evidenziato presenza di contaminazione radioattiva inferiore ai0.4Bq/Kg per le catene di 238U e 232Th, inferiore ai 5mBq/Kg per 60Co e 137Cs e inferiori a0.2Bq/Kg per il 40K. Inoltre, le seguenti misure hanno dimostrato che gli accorgimenti presi,permettono di realizzare una congurazione sperimentale che risponde su scala di sensibilitàdella decina dei mBq/Kg, consentendoci di raggiungere l'obbiettivo stabilito.

6.4 Conclusioni

In seguito al lavoro di caratterizzazione del rivelatore, possiamo concludere che le miglioricondizioni operative si ottengono alimentando il dispositivo ad una tensione di 1500V , conun tempo di formatura di 6µsec, tali speciche permettono di ottenere una ∆EFWHM =2.01± 0.07keV , per la riga di riferimento del 60Co a 1332keV .

Un ulteriore risultato ottenuto è stata la misura e la ricostruzione delle curva d'ecienzacon errori inferiori al 5%, mediante implementazione nella simulazione MonteCarlo del ledi congurazione GeGEM-detector.cfg.

Inne, la minimizzazione dell'incidenza delle diverse sorgenti di radioattività ambientalesul fondo, ha permesso di raggiungere l'obbiettivo stabilito, realizzando congurazioni cherispondono su scala di sensibilità della decina dei mBq/Kg.

Possibili implementazioni future, potrebbero essere:

• l'utilizzo nella seconda congurazione di opportuni anelli di rame OFHC, posti attornoal rivelatore e al campione, per colmare gli spazi vuoti;

• sostituire la schermatura cilindrica di rame iperpuro aggiunta nella terza congurazione,con un'analoga schermatura costituita per metà da rame e per metà da piombo antico,meglio adatto a ridurre le radiazioni gamma più penetranti e contenente una bassacontaminazione di 210Pb, dato che il periodo di tempo trascorso da quando e statoprodotto ad oggi, equivale a diverse sue vite medie.

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Ringraziamenti

Un' immenso grazie a MariaTeresa, deliziosa creatura che mi ha accompagnato in questi anni

e senza la quale non sarei mai riuscito a realizzare questo piccolo sogno.

Grazie a Repo a cui voglio bene come ad un fratello, a Walter, Claudio e a tutti gli amici

della Cooperativa Assessori, per i momenti di allegria passati insieme.

Ringrazio mio zio Mario, mia zia Mariangela e Giorgio, per essermi sempre stati vicini e

per quanto mi vogliono bene.

Grazie agli amici del Viale: Mauro, Marco, il Boncri e il Dito.

Grazie all'Ing. Marco e al Dott. Fabio per la loro amicizia e un saluto particolare al Dott.

Froggy.

Grazie a Luca, Daniele, Daniela per aver condiviso questa esperienza universitaria e a

Cecilia per la sua pazienza e i suoi consigli.

Ringrazio Guido Stagnaro e Vittorio per la loro sincera amicizia.

Paolo, Stefano e le loro rispettive famiglie, perché ci sono stati sempre nei momenti dicili.

Un abbraccio grande a tutti gli amici di Monluè in particolare Paola, Manuela e le Suore

di Maria Bambina che mi hanno aiutato a crescere.

Grazie a Cate, che ha sempre saputo che ce l'avrei fatta.

Il mio più sincero grazie al Prof. Ezio Previtali e al Dott. Massimiliano Clemenza, per la

loro supervisione e disponibilità.