Cambiamento e/o Transizione
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Cambiamento e Transizione
notes by fb, july 30, 2014
Terminologia
Paradigma del change management
La parola Cambiamento, Change, è spesso usata in contesti professionali come sinonimo di
transizione ma possiede un significato più generico, mentre la parola “ Transizione ” proviene
da un contesto più scientifico.
In GENETICA, per esempio, la transizione è un tipo di mutazione mentre in FISICA indica il
passaggio di un sistema da uno stato ad un altro; entrambi questi contesti attribuiscono alla
parola “ Transizione “ un significato più preciso che richiama in modo appropriato la dinamica
insita nel concetto di Cambiamento/Change sopra citato.
Quando si parla di Transizione si è più facilmente consapevoli della sfida connaturata alla
necessità e/o alla volontà di trasformare una situazione esistente in una nuova e si è più
consapevoli dell'importanza di definire :
- lo stato della situazione corrente [dove siamo?],
- quello della situazione desiderata [dove vogliamo arrivare?]
- il percorso più conveniente [come ci arriviamo?].
Perciò:
- il termine Transizione esprimerà una connotazione più attiva, che esprime
maggiormente il punto di vista di chi la transizione la desidera e/o la guida,
mentre :
- il termine Cambiamento esprimerà una connotazione più passiva, che esprime
maggiormente il punto di vista di chi il cambiamento lo subisce.
Contesto
La transizione a cui si fa riferimento in questo contesto comprende un largo insieme di
fenomeni.
Dal punto di vista individuale la transizione può essere considerata una nuova attitudine da
acquisire o un comportamento da cambiare.
Dal punto di vista di un' organizzazione (industriale, sociale, politica, ecc.), o semplicemente
di un gruppo di individui, la transizione può essere rappresentata da un nuovo assetto di
processi da porre in atto, da un nuovo tipo di tecnologia da acquisire e/o da un salto culturale
da diffondere al proprio interno e/o all'esterno.
In generale un' organizzazione per garantire il raggiungimento dei propri obiettivi ha necessità
di governarne al meglio la trasformazione necessaria :
- tanto più grande e tanto più è profondo il cambiamento,
- tanto maggiore è lo sforzo e l'attenzione necessaria per governarlo e indirizzarlo verso
la meta.
Dal punto di vista di una società, vale a dire di una struttura sociale, la transizione può essere
associata a un nuovo “ progetto politico ”, l'entrata in vigore di nuove regole, l'affermazione di
un nuovo modello culturale e così via.
A differenza però delle organizzazioni aziendali, le società, con l'eccezione di qualche regime
dittatoriale, non possono disporre dello stesso controllo sulle attività degli individui di cui
dispongono le organizzazioni aziendali, per cui, in tale ambito, il governo della transizione è
un'attività senz'altro più complicata da realizzarsi.
In ogni caso, affinché una Trasformazione possa realmente realizzarsi è necessaria
una strategia chiara ed una forte partecipazione e motivazione delle persone coinvolte.
La cultura e le prassi esistenti di “ Change Management “ forniscono un quadro d'insieme e
degli strumenti per governare l'impatto della trasformazione sulle persone coinvolte e,
viceversa, aiutare gli individui a orientarsi e muoversi all'interno dei cambiamenti del mondo
circostante che si trasforma.
A questo proposito le ricerche più recenti evidenziano la necessità di una efficace
combinazione tra gli strumenti organizzativi ed i modelli individuali di Change Management.
Le teorie di “ Change Management “, si sono evolute a partire dalla psicologia, dall'area
economico-commerciale e dall' ingegneria gestionale.
Per questo motivo alcune teorie derivano da modelli di sviluppo organizzativo mentre altre
sono basate su modelli di comportamento individuale e sociale. Ragion per cui l'argomento è
stato articolato nei tre paragrafi che seguono.
Il “ Change Management” CM dal punto di vista individuale
Dal punto di vista individuale il CM descrive l'approccio con cui l'individuo reagisce ai grandi
cambiamenti che lo coinvolgono, sia che si tratti di contesti strettamente personali piuttosto
che aziendali o sociali. Può essere inteso sia come uno strumento per prevedere e gestire le
reazioni degli individui sia, al contrario, per aiutare gli individui a governare e canalizzare le
proprie reazioni. Forti sono le connessioni con gli studi di psicologia.
Modelli :
Kurt Lewin - La percezione a 3 stadi del cambiamento
Il modello sviluppato da Kurt Lewin, uno dei primi modelli di CM che ne ha interpretato il
punto di vista individuale, descriveva la transizione come un processo a tre stadi.
- Il primo stadio, lo “scongelamento” , “unfreezing”, comporta il superamento dell'inerzia
e lo smantellamento della mentalità e delle abitudini esistenti. La naturale resistenza
innescata dai meccanismi di difesa deve essere superata.
- Il secondo stadio, quello in cui si attua/manifesta il cambiamento, è contraddistinto da
uno stato di confusione e di provvisorietà legata alla transizione. Si è consapevoli che il
quadro precedente è stato messo in discussione ma non si ha ancora una chiara
percezione di come sostituirlo.
- Il terzo stadio, il “ricongelamento”, "refreezing", comporta il consolidamento del nuovo
quadro e delle nuove abitudini e la loro cristallizzazione, riportando gli individui ad un
livello di confidenza con i processi analogo a quello prima del cambiamento.
Kübler-Ross - Le 5 fasi reattive dell'individuo a fronte del cambiamento
Alcune teorie sono basate su approcci derivanti dal modello di Elisabeth Kübler Ross
spiegato nel libro La morte e il morire.
Le fasi, non necessariamente in sequenza temporale, con cui reagisce l'individuo che subisce
un fatto traumatico importante sono tipicamente contrassegnate da :
- negazione/rifiuto, non è possibile!,
- rabbia, perché proprio a me?,
- patteggiamento, salviamo il salvabile,
- depressione, non sarà più come prima,
- accettazione, mettiamoci l'animo in pace.
I modelli derivati generalizzano e trasportano queste fasi reattive in ambiti diversi da quello in
cui il modello è nato.
Applicandolo per esempio all'ambito lavorativo, evidenziando una forte analogia con i vari
contesti nei quali l'individuo si trova di fronte a cambiamenti che non comprende, ritrovandosi
ad essere soggetto passivo.
Il “CM” dal punto di vista delle Organizzazioni
Dalla prospettiva delle organizzazioni aziendali, il CM include i processi e gli strumenti per
gestire l'impatto umano di una Transizione.
Questi strumenti comprendono un approccio strutturato che può essere efficacemente
utilizzato per realizzare, accompagnare e supportare la transizione, aiutando così
l'organizzazione a realizzare e governare la propria trasformazione.
Una comprensione più concreta di questa
prospettiva risulta più facile
dall'osservazione dello schema qui
riportato, che contiene un esempio dei
processi e delle fasi utilizzate per
realizzare un tipico intervento di
CM all'interno di una Organizzazione.
Nell'esempio riportato :
- la fase di incubazione/preparazione dell'intervento comprende una bozza del Piano
d'Azione (che stabilisce gli obiettivi, l'approccio e il perimetro dell'intervento), del Piano
di Governance, che stabilisce i meccanismi di partecipazione e di controllo
dell'intervento e del Piano di Comunicazione che ne stabilisce il calendario delle
iniziative, incluse quelle informative e di sostegno;
- la fase di progettazione comprende alcuni Workshops, seminari che hanno l'obiettivo
di coinvolgere il personale, individuare le criticità/opportunità e dare forma e contenuto
alle azioni e ai progetti che dovranno costituire il Programma in cui si articola
l'intervento e le sintesi che ne scaturiscono successivamente convogliate in un Piano
Operativo che servirà a delineare e dettagliare azioni e progetti e guidare l'attuazione
del Programma;
- la fase di esecuzione comprende il lancio e la realizzazione dei singoli progetti, il loro
controllo, la misurazione dei risultati e la messa a punto delle azioni correttive per
assicurare il raggiungimento degli obiettivi.
Per consentire di raggiungere in profondità gli effetti desiderati questi strumenti necessitano di
essere integrati con una sufficiente comprensione del contesto dal punto di vista
del CM individuale della sezione precedente.
Modelli :
Schön - Conservatorismo Dinamico delle Organizzazioni Questo modello proposto da Schön esplora la natura tendenzialmente conservativa delle organizzazioni in analogia al principio di conservazione di una specie, che le induce ad auto proteggersi dai cambiamenti non originati dalla propria volontà.
Schön riconosce la crescente necessità delle organizzazioni a divenire più flessibili per far
fronte alla crescente velocità dei cambiamenti che le investono in misura sempre maggiore,
arrivando a dotarsi di un processo di 'apprendimento' continuo.
Molto precocemente Schön riconobbe l'efficacia e la necessità di adeguarsi al concetto
attualmente indicato in diversi campi come “ Learning Organization ” , traducibile all'incirca
come “ Organizzazione che impara ” .
Queste idee vennero ulteriormente sviluppate nel suo modello di prassi riflessiva che disegna
un processo per far fronte a questi costanti cambiamenti.
David Gleicher - Formula della resistenza al cambiamento.
Qualche secolo dopo Machiavelli , Richard Beckhard e David Gleicher riuscirono a sviluppare
una Formula per il Cambiamento, meglio conosciuta come Formula di Gleicher :
D x V x F > R
D = Dissatisfaction – esprime la insoddisfazione per la situazione attuale
V = Vision – indica la progettualità, la capacità di definire la situazione futura
F = First steps – quantifica i primi passi concreti fatti verso la direzione che è
s stata definita e annunciata
R = Resistance – misura la resistenza incontrata dal Cambiamento
La formula, creata da Richard Beckhard e David Gleicher, esprime il concetto
fondamentale che il cambiamento è realizzabile soltanto se il prodotto delle forze
che producono il cambiamento è superiore alla resistenza che vi si oppone.
Da un altro punto di vista riesce a cambiare soltanto chi è sufficientemente consapevole
delle energie necessarie a farlo ed è disposto a sostenere il proprio cambiamento con una
forte volontà o “ un forte mandato”, piuttosto chi è costretto a farlo travolto dalle proprie
difficoltà.
ADKAR - Modello per la costruzione del cambiamento.
Uno dei modelli più noti per la messa a punto di un programma di CM è rappresentato
dal modello ADKAR, acronimo spiegato più avanti, che è stato sviluppato da Prosci in
seguito alla collaborazione di più di 1000 aziende di 59 paesi diversi.
Il modello individua i cinque mattoni fondamentali da utilizzare per la costruzione di
un programma di Change Management :
- Awareness, consapevolezza – spiegare perché è necessario cambiare
- Desire, desiderio/determinazione – attivare l'adesione proattiva delle persone coinvolte
- Knowledge, conoscenza (pratica) – come attuare il cambiamento
- Ability, attitudine – costruire i nuovi profili e i nuovi comportamenti
- Reinforcement, sostegno – sostenere/consolidare il cambiamento
Si tratta in pratica di un utile strumento per verificare la copertura da parte della iniziativa
di CM di tutti i mattoni fondamentali del programma.
Transizione ed il ruolo del management nelle Organizzazioni
Una delle maggiori responsabilità dell’impreditore è quella di identificare precocemente i
cambiamenti rilevanti, le mutazioni, che si manifestano nell'ambiente esterno, ed avviare per
tempo i programmi necessari ad accompagnarle o a contrastarle.
È molto importante valutare anche l'impatto che le trasformazioni potranno determinare sul
piano umano e sociale, su quello dei processi e quello delle tecnologie.
Il management in particolare ha la responsabilità di prevedere le reazioni che si
manifesteranno all’interno in conseguenza a queste trasformazioni e varare perciò
azioni/ progetti adeguati ad accompagnare/realizzare la transizione e preparare il personale
della propria organizzazione al nuovo assetto e favorire la loro accettazione del
cambiamento.
Pertanto i programmi avviati dovranno pervadere in profondità l'organizzazione e dovranno
essere monitorati nella loro efficacia e, se necessario, aggiustati.
Un efficace controllo presuppone un sistema di relazioni chiaro, ruoli e responsabilità ben
definite.
La partecipazione all'interno di una organizzazione non può essere intesa soltanto come un
esercizio di disciplina, anche se a volte è necessario che lo sia, ma anche come
“condivisione” , ossia la proposizione di una visione e di una strategia che vengono costruite,
spiegate e accettate come scelte migliori possibili per l’ organizzazione in quella data
situazione ed in quel dato momento.
Di seguito viene riportato un tipo esempio di Governance di un programma, con l'evidenza
delle interrelazioni che il management ha con gli altri ruoli dell'organizzazione.
tipico schema di governo di un programma
Il cambiamento in rapporto alla pianificazione strategica
Tra i modelli utilizzati in contesti di radicali cambiamenti in ambito aziendale è da considerare
quello proposto da Gabrielle O'Donovan, che ha messo a punto una metodologia per la
pianificazione strategica al servizio dei programmi di trasformazione che presuppongono
rilevanti cambiamenti culturali.
A grandi linee questa metodologia si basa su queste fasi :
la prima fase progettazione e pianificazione strategica che include una serie di passi:
- la revisione da parte della direzione aziendale degli obiettivi strategici dell'azienda,
quanto generalmente definito come la missione,
- la formazione di un team aziendale di Manager per supervisionarne la realizzazione,
- la creazione di una visione del programma,
- la definizione della sua strategia di implementazione,
- la riorganizzazione del personale in funzione degli obiettivi,
- la messa a punto del nocciolo duro del programma e dei meccanismi culturali che
dovranno supportarne la sua realizzazione;
la seconda fase implementazione strategica che include questi passi:
- comunicazione della nuova visione strategica,
- applicazione del programma,
- gestione degli impatti umani conseguenti alla sua applicazione compatibilmente al
mantenimento di un buon livello di operatività dell'azienda,
- consolidamento del nuovo assetto raggiunto;
la terza fase valutazione e aggiustamento che si focalizza sulla :
- misurazione dei risultati ottenuti e sulla pianificazione per le future evoluzioni.
In queste fasi strumenti per la collaborazione di gruppo quali mappe mentali e mappe
concettuali possono essere di grande aiuto nel fornire una complessiva impostazione
sistemica.
Tecniche di analisi per la ricerca di proposte e soluzioni
A prescindere dai modelli utilizzati per costruire percorsi di trasformazione, esistono diverse
tecniche di analisi utilizzate per la ricerca di proposte e soluzioni a fronte di criticità e/o
opportunità presenti in un determinato contesto.
Tra queste si possono citare:
- il brainstorming , tecnica introdotta negli anni trenta da Alex Faickney Osborn,
concepita per facilitare l'individuazione di risposte efficaci ai problemi posti
all'attenzione di un gruppo di persone selezionate e guidate all'interno di una sessione
di lavoro strutturata;
- il dialogo , On Dialogue, introdotto negli anni ottanta dal fisico David Bohm, che ha
proposto una forma alternativa di brainstorming aperta e non strutturata, diretta a
sollecitare risposte non convenzionali ai problemi affrontati; la tecnica suggerisce la
sospensione di giudizio a fronte della affermazioni non condivise fatte dagli altri
partecipanti, incentivando lo sviluppo, senza alcun obiettivo predeterminato, delle idee
innovative che rivelano una maggiore fertilità;
- l'approccio della learning Organization messo a punto negli anni novanta da Peter
Senge che ha ricollocato le idee di Bohm all'interno di un concetto più vasto basato
sull'idea di un'organizzazione flessibile in grado di recepire i segnali provenienti
dall'ambiente circostante e adattarsi di conseguenza;
- l' indagine apprezzativa , Appreciative Inquiry, un metodo messo a punto da David
Cooperrider che si basa sul presupposto che convenga costruire una organizzazione
più intorno a ciò che funziona piuttosto che tentare di aggiustare ciò che non funziona;
l'approccio riconosce il contributo degli individui con l'obiettivo di accrescere la fiducia
reciproca e “fare squadra” ;
- la teoria U di Otto Scharmer che descrive un processo in cui le strategie di
cambiamento sono basate più su ciò che emerge dal futuro piuttosto che sulle lezioni
del passato.
Albert Einstein, nel 1921
Un tratto comune ad alcuni di questi approcci asserisce che una formulazione chiusa,
“dirigista”, di un problema spesso inibisce le soluzioni innovative mentre se si trasforma
l'enunciazione chiusa in una domanda aperta, “democratica”, il procedimento favorisce la
collaborazione delle persone coinvolte ed arricchisce la gamma delle risposte possibili
evitando che il problema venga trasformato in un atto d'accusa che ostacola la ricerca della
soluzione migliore.
“ Non si può risolvere un problema con lo stesso pensiero che l'ha originato “
Albert Einstein
Il “C M” dal punto di vista Sociale
Il CM può prestarsi a diversi livelli di lettura anche in una dimensione sociale:
dal lato dell'individuo può essere visto come una bussola per orientarsi in un contesto di
rilevanti cambiamenti :
- tecnologici - es: l'avvento di Internet e, ancora più recentemente, tutti quei fenomeni
ricompresi nella cosiddetta “Rivoluzione Digitale”;
- politici - es: il passaggio dell' Amministrazione Catastale ai Comuni; ecc.
- sociali - es: la scomparsa dei negozi nelle periferie, la proliferazione dei Centri
Commerciali, la virtualizzazione degli stessi nell’ e-commerce ecc.
Dal lato del sistema sociale/politico/religioso/culturale/ecc. invece il CM può essere visto
come un insieme di strumenti e processi utile ad ottenere il consenso (materia trattata
approfonditamente, specialmente nei suoi aspetti “manipolatori”, da Edward Bernays da molti
considerato il padre fondatore delle pubbliche relazioni moderne) e/o la partecipazione attiva
della “massa” o del proprio target, per il raggiungimento dei propri obiettivi di trasformazione
o, in generale, per la realizzazione della propria missione.
Esempi di questo secondo lato potrebbero essere:
- la transizione innescata da una riforma legislativa che comporterebbe una campagna
pubblicitaria di informazione per avvisare/educare i cittadini riguardo ai nuovi
procedimenti amministrativi legiferati, un piano operativo per predisporre i nuovi servizi
necessari, ecc., Comunicazione istituzionale;
- la scissione o la fusione di movimenti politici che comporterebbe un piano per la
riorganizzazione delle strutture, una campagna per la nuova gestione dei tesseramenti,
un piano di comunicazione per informare l'opinione pubblica, ecc.;
- l'orientamento di un target di consumatori verso un diverso modello di consumo da
parte di una associazione di produttori che comporterebbe la commissione di studi di
mercato, la definizione di standard comuni tra i produttori, campagne di
comunicazione, ecc.).
In questo ambito il lato dell'individuo è quello che viene osservato attraverso le lenti
dell'antropologia culturale, mentre il lato del sistema è quello che viene osservato dalle lenti
della politica, dell'associazionismo culturale, delle parti sociali (associazioni di imprese o
sindacati), del mondo delle associazioni religiose, ecc.
Il CM in ambito sociale agisce su scala diversa rispetto all'ambito delle organizzazioni:
gli individui hanno un livello di protagonismo e/o antagonismo più elevato e sono meno
soggetti ai controlli che, nell’ambito di un'”organizzazione”, possono essere esercitati in
modo più forte, a meno che ovviamente non si prendano in considerazione “regimi” coercitivi.
Questi aspetti fanno sì che tra gli strumenti ed i processi forniti dal CM acquistino maggiore
importanza i piani di comunicazione, la Comunicazione integrata e in generale le iniziative
che sollecitino il ruolo e gli apporti pro-attivi degli individui e/o delle masse interessate alla
Transizione in questione e di contro ne attenuino le probabili e/o inevitabili resistenze.
Il tema è riconducibile allo stesso affrontato da Machiavelli (1400) nel suo trattato di dottrina politica Il Principe , in particolare nel capitolo VI , De’ Principati nuovi …,
“E debbasi considerare come non è cosa più difficile a trattare, né più dubia a riuscire, né
più pericolosa a maneggiare, che farsi capo ad introdurre nuovi ordini. Perché lo
introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et ha tepidi
defensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene.”
, che potrebbe essere ragionevolmente considerato uno dei più noti antesignani del CM.
Oltre al ruolo della comunicazione sono importanti la comprensione delle dinamiche di
interazione delle masse (tema trattato negli anni sessanta da Elias Canetti), quello del ruolo
dei mezzi di comunicazione nella società odierna (approfondito da Marshall Mc Luhan negli
anni sessanta e trattato in modo interessante da Claudio Fracassi negli anni novanta) e
quello dei meccanismi di comprensione della comunicazione da parte degli individui.
L'approccio costruttivista - la mappa non è il territorio -
Il concetto che “ la mappa non è il territorio “, Map-Territory relation, è utilizzato
dalle neuroscienze per spiegare che l'individuo non ha accesso diretto alla struttura della
realtà, ma ha soltanto accesso a un insieme di costrutti, stratificatisi nel tempo, che la
rappresentano.
Esso è stato formalizzato in un modello conosciuto come Scala di Inferenza , Ladder of
Inference, da Chris Argyris.
Ragion per cui nel CM, i processi di comunicazione si devono assicurare che le informazioni
riguardanti il cambiamento e le sue conseguenze vengano presentate in modo tale che
persone con mentalità e orientamenti diversi possano effettivamente comprenderle.
I metodi basati sulla relazione mappa/territorio aiutano le persone a:
- diventare più consapevoli dei propri pensieri e ragionamenti - riflessione -;
- consentire che i propri pensieri e ragionamenti
divengano visibili agli altri –sostenibilità-;
- esplorare meglio i pensieri e ragionamenti altrui -esplorazione-.
Alcune metodologie basate su questo principio sono:
- la programmazione neurolinguistica (PNL), una scuola eclettica di psicoterapia
sviluppata da Richard Bandler, John Grinder, Robert Dilts, e altri;
- l'approccio della indagine circolare e le altre tecniche derivate dal modello sistemico
di terapia familiare sviluppato a Milano dall'inizio degli anni settanta, Milan Approach;
- la psicologia della Gestalt ( Associazione della Teoria della Gestalt), una teoria
psicologica che asserisce l'organizzazione olistica dei meccanismi percettivi
("L'insieme è più grande della somma delle sue parti");
- l'approccio della Quinta Disciplina , the Fifth Discipline, proposto da Peter Senge e
altri; vedi sezione precedente “Tecniche di analisi per la ricerca di proposte e soluzioni”
La realtà non esiste … spiegato con La scala dell’InferenzaAugust 7, 2014 Sintesi di Ferdinando Bettinelli operata su testo di Mario Gastaldi February 6, 2009
Introduzione
Partendo da un concetto Costruttivista che va sotto il titolo : “ la mappa non è il territorio “,
Map-Territory relation, utilizzato dalle neuroscienze per spiegare che l'individuo non ha
accesso diretto alla struttura della realtà, ma ha soltanto accesso a un insieme di costrutti,
stratificatisi nel tempo, che la rappresentano.
Il concetto è stato formalizzato in un modello conosciuto come Scala di Inferenza , Ladder of Inference, da Chris Argyris.
Scala d’Inferenza
Parliamo di un concetto che ci da ampie spiegazioni del fatto
che due soggetti, molto spesso, abbiano una visione molto
diversa della realtà .
Il fatto di avere idee diverse sulla realtà che osserviamo ci
porta facilmente a conflitti interminabili.
Quanto tempo potremmo risparmiare, e quanto potremmo
realizzare insieme, con una maggiore consapevolezza ?
Vediamo cosa è la Scala dell’Inferenza e ci spieghiamo
perché molto spesso la realtà assume contenuti così
differenti agli occhi di ognuno di noi.
Vediamo qualche esempio pratico.
Vediamo come ci può essere utile.
1. I fatti e la realtà in effetti sono uguali per tutti. Immaginiamo di filmare una scena. I fatti
sono quelli.
2. I fatti che ognuno seleziona come importanti e significativi sono diversi. Dipende dalle
nostre inclinazioni, dalle nostre esperienze, dai nostri interessi e dal nostro stato; in sintesi
dalla nostro stato culturale e fisico.
3. Inoltre ognuno di noi attribuisce ai fatti che ha valutato importanti, un significato
differente.
4. Il significato che abbiamo attribuito ai fatti conduce il nostro ragionamento a formulare
delle ipotesi.
5. E sulla base di queste ipotesi traiamo delle conclusioni: verità secondo noi.
6. Le conclusioni che ripetutamente raggiungiamo costruiscono le nostre convinzioni.
7. Le nostre azioni sono guidate dalle nostre convinzioni.
Possiamo osservare tale percorso in modo circolare.
Il problema è che :
man mano che le nostre convinzioni diventano solide, cristallizzano, la nostra selezione dei
fatti rilevanti diventa sempre più specifica e orientata nella stessa direzione definita dalle
nostre convinzioni.
Ad un certo punto selezioniamo solo i fatti che ci aiutano a confermare la fondatezza
delle nostre convinzioni.
Il processo, se lasciato a se stesso è piuttosto pericoloso :
In questa situazione la nostra capacità di realizzare risultati diventa fortemente
menomata, sia come individui, che come gruppi al lavoro.
1. Le nostre conclusioni sono la Verità.
2. La verità è ovvia ! (come fai a non vederla anche tu in questo modo?)
3. I dati che utilizziamo nel nostro ragionamento sono gli unici che contano.
Alcuni esempi :
A.
Siamo in riunione con il management team. Noi siamo responsabili di un progetto.
Interveniamo per dare conto di alcuni ritardi nel completamento dell’ultima release del
progetto.
1. Un collega che segue i grandi clienti si scambia un’occhiata con l’altro collega,
responsabile di una sezione del progetto. Fatti
2. Noto questo fatto, ma manco di osservare che gli altri mi ascoltano con attenzione e
mostrano comprensione per quello che dico. Selezione di fatti
3. L’occhiata che i due si scambiano, significa per me, che i due stanno concordando
qualcosa che mi riguarda. Significato attribuito ai fatti
4. I due pensano che io sono un ostacolo all’espletamento della loro funzione in azienda.
Ipotesi
5. I due stanno tramando per mettermi in cattiva luce nella gestione del progetto.
Conclusione
6. Devo difendermi da questo attacco. Inizio a tramare contro di loro. Faccio capitare un
incontro casuale con gli enti superiori e correlati, in cui metterò in cattiva luce la loro
professionalità, il loro operato e come siano d’ostacolo al perseguimento degli obbiettivi
dell’organizzazione … Azioni.
B.
1. Osserviamo che nostra moglie torna più tardi la sera, e riceve molti messaggi di testo sul
cellulare. Fatto
2. Non stiamo facendo attenzione al fatto che la mamma di lei non sta bene negli ultimi
tempi. Selezione di fatti
3. Il fatto che lei torna tardi la sera significa che lei ha altri interessi oltre la famiglia.
Significato attribuito ai fatti
4. Forse non rappresentiamo più, per lei, la persona di riferimento; non siamo più la sua
colonna. Ipotesi
5. Lei ha una relazione extraconiugale: sta trovando altrove ciò che non trova più in noi.
Conclusione
6. Vediamo come va … intanto le faccio vedere io con chi ha che fare … le combino
qualche bello scherzo. Azione
Storie già viste e ripetute che ci aiutano a capire l’utilità di conoscere il processo, detto
Scala dell’Inferenza, che ci porta a trarre delle conclusioni e ci fa agire in modo disastroso.
La Scala dell’Inferenza ci aiuta ad avere consapevolezza ed a comunicare, quando
necessario, in modo funzionale.
1. E’ utile per la nostra Riflessione; ci rende Consapevoli.
2. E’ utile perché ci permette di Condividere il Nostro Ragionamento in modo chiaro
quando presentiamo le nostre conclusioni agli altri; Affermazione del nostro punto di
vista.
3. E’ utile per comprendere come la pensano gli altri e come raggiungono le loro
conclusioni; Indagine.
Se noi ed i nostri interlocutori, abbiamo familiarità con questi concetti, possiamo insieme
affrontare conversazioni difficili in modo competente ed efficace.
Molto spesso le nostre argomentazioni punto contro punto si svolgono nella Parte alta della
scala - Ipotesi e conclusioni. In effetti i fatti che selezioniamo e il significato che attribuiamo
è differente.
Allora ci possiamo rivolgere a vicenda alcune utili domande per dare sostanza e costrutto alla
conversazione, esplorando la Parte bassa della Scala – fatti e ragionamenti:
1. Quali sono i fatti che ti portano a quella conclusione ?
2. Siamo tutti d’accordo su questi fatti? Oppure no ?
3. Sono questi i fatti più rilevanti ?
4. Qual è il tuo ragionamento? In che modo arrivi a questa conclusione ?
5. In che modo siamo arrivati a fare queste ipotesi partendo da questi dati ?