Atlante Delle Grandi Esposizioni Universali - Introduzione

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    EMOTICON - Segni Passaggi Territoriserie diretta da Alberto Abruzzese

    Emoticon, perch i new media e gli ambienti che si definiscono societ delle reti lasciano

    emergere le componenti pi emotive della vita quotidiana, decostruendo le vecchie pratiche disenso e di potere dei sistemi espressivi tradizionali e delle loro molteplici configurazioni ter-ritoriali; lesperienza turistica assume allora un rilievo emblematico e pi rappresentativo diogni altra esperienza comunicativa e operativa.Segni Passaggi Territori, perch la collana intende viaggiare in un mondo nel quale gli ogget-ti di studio pi disparati non resteranno disciplinarmente confinati; convivendo in un abitarecomune orienteranno la ricerca sui processi culturali e comunicativi oltre gli steccati discipli-nari che hanno sinora diviso e isolato gli studi sui media da quelli sullarchitettura e sullur-banistica o sulle forme dellarte e della moda.

    Comitato scientifico: Alberto Abruzzese (IULM, Milano, Preside della Facolt di Turismo,

    eventi e territorio) Paolo Apolito (Universit Roma3, Roma); Paolo Carpignano (New SchoolUniversity, New York); Gian Piero Jacobelli (IULM, Milano); Jorge Lozano (UniversidadComplutense, Madrid); Mauro Ferraresi (IULM, Milano); Giovanni Scipioni (la Repubblica-lEspresso, Roma); Vincenzo Susca (Universit Paul Valry Montpellier3, Montpellier).

    Comitato editoriale:Nello Barile, Andrea Miconi, Antonio Rafele (IULM, Milano).

    Tutti i testi sono preventivamente sottoposti ad almeno due referee anonimi.

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    ATLANTEDELLE GRANDIESPOSIZIONI

    UNIVERSALIStoria e geografiadel medium espositivo

    Luca Massidda

    FRANCOANGELI

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    Grafica della copertina: Elena Pellegrini

    In copertina: illustrazione tratta daAutre Monde, di Grandville (1844).

    Copyright 2011 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy.

    Lopera, comprese tutte le sue parti, tutelata dalla legge sul diritto dautore. LUtente nel momento in

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    Indice

    Introduzione. Fantasmagorie di ritorno...........................................pag. 9

    1. Struttura. Quale capitale per le grandi esposizioni universali?........151.1. 1851-1900: Il monopolio imperfetto.................................................... 18

    1.1.1. Araldi del progresso e spacciatori di svaghi:Londra vs Parigi.....................................................................................201.1.2. Una nazione senza esposizione: la dominante tragica

    della cultura tedesca...............................................................................261.2. Dal bipolarismo made in Usa (1900-1950) al triumviratoglobale (1950-2000)....................................................................................291.3. Cera una voltala grande esposizione universale:unastoriacapitalista ...................................................................................35

    1.3.1. Il lungo sonno dell'esposizione universale..................................451.3.2. Una nuova egemonia: un principe con gli occhia mandorla?............................................................................................53

    1.4. LImperodopo limperialismo.............................................................60

    1.4.1. Esposizioni universali e societ del controllo..............................641.4.2. Esposizioni universali e societ postmoderna.............................66

    2. Sovrastruttura. Chi ha ucciso lexpo?.................................................702.1. Indagine preliminare: lanamnesi della vittima...................................762.2. I soliti sospetti? ....................................................................................842.3. Sospettato numero uno: il cinema........................................................93

    2.3.1. Cinema ed esposizioni: analogie di contenuto.............................962.3.2. Cinema ed expo: forma e panopticon..........................................98

    2.4. Sospettato numero due: la televisione................................................1012.5. Lo squalo e il pesce pilota. Frammenti di biologia mediale..............111

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    3. Rete. Le grandi esposizioni universali

    nella etwork Society .....................................................................pag. 1193.1. Il ritorno sulle scene: lultima replica o un nuovo spettacolo?..........1193.2. Esposizioni e Societ in rete ..............................................................130

    3.3. Lesposizione come antipsicotico sociale..........................................1363.4. Esposizioni e Citt globali .................................................................1493.4.1. Il sex appeal della metropoli......................................................1513.4.2. Metropoli mondiali e citt globali: gli scenari urbanidel successo espositivo ........................................................................157

    Conlusioni. Tracce informazionali di modernit.................................175

    Bibliografia ...............................................................................................179

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    Che cos unesposizione universale? il mondo che si incontra.

    (V. Hugo, Parigi 1867)

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    Introduzione

    Fantasmagorie di ritorno

    Ursula aveva appena compiuto i suoi quarantagiorni di riposo, quando tornarono gli zingari. Eranogli stessi saltimbanchi ed equilibristi che avevanoportato il ghiaccio. A differenza della trib di Mel-quades, avevano dimostrato di essere non araldi delprogresso, ma spacciatori di svaghi.

    (G. Garca Mrquez,Centanni di solitudine)

    Lipotesi semplice: nella Societ dellInformazione il dispositivo e-sposizione universale torna ad assumere una centralit che sembrava averdefinitivamente smarrito in un qualche momento del Novecento.

    La tesi semplice anchessa: variabili strutturali, il sistema economico, evariabili sovrastrutturali, il sistema dei media, ci consentono di comprenderele ragioni di questa nuova stagione di successi dello spettacolo espositivo.

    Lobiettivo dunque quello di comprendere i motivi che stanno dietro larinnovata centralit di quel fantasmagorico residuo di moderno che sono le

    esposizioni universali in un panorama sociale, economico, urbanistico emediale radicalmente altro: quello della Societ dellInformazione. Assu-mendo come valida la tesi di Castells di un cambiamento di paradigma de-terminato dallaffermazione della Network Society (Castells, 1996), cisembra indispensabile andare ad indagare le ragioni della ritrovata impor-tanza di un fenomeno che sembrava aver progressivamente smarrito tutti iriferimenti, le forme e i valori che ne avevano preteso la nascita: la societdi massa, il sistema in cerca di autorappresentazione degli stati-nazione, ilmodo di produzione industriale, la metropoli moderna, unindustria cultura-

    le giovane e ancora alla ricerca delle sue pi performative strategie espres-sive, lestetica del modernismo.

    Qual dunque il ruolo delle esposizioni universali in una societ che hafatto dellinformazionalismo il suo modo di sviluppo? In cui il potere decisio-nale si trasferito dal sistema post-Westfalia degli stati nazionali allurbanittransnazionale della rete delle citt globali (Sassen, 1994)? Dove una tele-visione che ha acquistato il calore dellalta definizione cinematografica e uncinema capace nello stesso tempo di farsi panorama tridimensionale e di met-tere in ogni tasca uno schermo sembrano, al cospetto delle opportunit offertedalla Rete, casuali sopravvivenze di una passata cultura industriale?

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    Per rispondere a queste domande necessario fare prima un passo indie-tro e provare a rileggere con attenzione la storia delle grandi esposizioni u-niversali, le condizioni industriali della loro genesi (capitolo primo), le ra-gioni medialidella loro crisi (capitolo secondo) e, solo alla fine, le cause

    informazionalidella loro inaspettata rinascita (capitolo terzo).Il lavoro dunque organizzato in tre parti, Struttura, Sovrastruttura eRete: nella prima parte viene affrontato il tema del rapporto tra le grandiesposizioni universali, la loro frequenza e il loro successo di pubblico elandamento ciclico del capitalismo globale. Emergono cos tre spazi tem-porali, quello dellimperfetto monopolio europeo (1851-1900), quello delperfetto duopolio Europa-Stati Uniti (1900-1950) e quello del triumvira-to globale Europa-USA-Asia Orientale (1950-2015), che mostrano una per-fetta sovrapponibilit tra la ciclicit della storia del capitale e il susseguir-

    si delle sue diverse egemonie e i ritmi irregolari del calendario espositivo.Nella seconda parte, proviamo a dare un senso alle anomalie strutturali ri-scontrate ricostruendo la storiapesantedel dispositivo delle esposizioni in-serendo la variabile sovrastrutturale dei media. Le quattro epoche media-li qui individuate, quella pre-cinematografica (1851-1900), quella cinema-tografica (1900-1950), quella televisiva (1950-1990) e quella della Rete(1990-????) ci aiutano a trovare il pezzo mancante del puzzle che la varia-bile economica aveva gi messo in cornice. Nella terza e ultima parte dellavoro viene finalmente presa in considerazione lipotesi che dopo la sua

    crisi televisiva, il medium espositivo stia oggi ritrovando una specificafunzionalit rispetto alle logiche che caratterizzano la Societ delle reti. Inparticolare la schizofrenia spaziale propria del nuovo paradigma informa-zionale la dimensione che qui esploriamo per trovare le ragioni che possanodar conto del ritorno sulle scene dellultracentenario spettacolo espositivo.Se dunque nei primi due capitoli le variabili prese in considerazione eranostate rispettivamente quella economica e quella mediale, in questa terza edultima parte del lavoro sar la dimensione urbana a costituire la scena privi-

    legiata della nostra indagine. Lipotesi che qui proviamo a verificare quel-la di una possibile analogia tra le condizioni dellabitare metropolitano de-terminate dalla rivoluzione industriale e quelle poste in essere dallafferma-zione del paradigma informazionale. La metropoli industriale della societmoderna e la citt globale della societ informazionale rappresenterebberoentrambe due momenti di cristallizzazione del caos (Mumford, 1938, p.LXXV) nella dimensione urbana favorevoli alla messa in scena del grandespettacolo espositivo.

    Cos Mumford ha descritto la dodecafonica sinfonia che la complessa

    orchestrazione di tempo e spazio (ivi, p. LXXII) diretta dalla rivoluzioneindustriale ha composto sullo spartito disordinato della metropoli moderna:

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    Volgendosi a considerare lo sviluppo della citt occidentale dal Quattrocento inpoi, chiaro che sviluppo materiale e disgregazione sociale hanno proceduto di pa-ri passo. La nostra capacit di mettere in piedi unoperante organizzazione materia-le aumentata prodigiosamente, ma la nostra abilit nel creare un armonico con-trappeso a questi legami esteriori () non proceduta di pari passo con quei suc-

    cessi materiali. E per uno di quei maligni scherzi che non di rado determinano glieventi storici, fu precisamente durante questo periodo di energie fisiche in movi-mento, di disintegrazione sociale, di sorprendenti esperienze politiche, che le popo-lazioni del mondo in complesso cominciarono ad aumentare vertiginosamente, eche le citt del mondo occidentale cominciarono a crescere con ritmo disordinato.Forme di vita sociale che i migliori non erano pi in grado di comprendere, i piignoranti erano pronti ad edificare (ivi, p. LXXV).

    La rivoluzione industriale segna un momento di vorticosa intensifica-

    zione nello sviluppo materiale della citt occidentale. Lesposizione del1851 si propone allora come armonico contrappesoalla disgregazione so-ciale che i successi materiali della nascente societ industriale stanno pro-vocando. Alla cristallizzazione del caosdella metropoli industriale si oppo-ne lordine trasparente e pacificante del Crystal Palace, al turbamento so-ciale della prima, il convivio socialdemocratico del secondo.

    Se questa premessa corretta, la lunga storia delle esposizioni universaliimmediatamente ci pone due interrogativi. Il primo: quand che il disposi-tivo spettacolare dellesposizione universale cessa di avere quel pesospeci-

    fico tale che gli consentiva di proporsi sulla bilancia degli equilibri socio-economici come un armonico contrappeso alla crescita deregolata del si-stema nato dalla modernit industriale? Il secondo: possibile immaginareche la nuova violenta accelerazione nello sviluppo materiale imposta dallarivoluzione informazionale abbia ridato senso allo spettacolo dellesposi-zione come rinnovato contrappeso a questa rinvigorita tensione dissipatricee disgregante che sta ristrutturando il nostro modo nuovamente urbano di abitare il mondo?

    Considerate come pulsazioni del pianeta, le Esposizioni vanno misurate neiloro intervalli e nelle loro intensit, nelle loro scelte territoriali e nelle loro politi-che celebrative, sino a ricomporre andamenti sincronici e diacronici di un apparatoin cui lavoro concreto e lavoro astratto trovano soluzioni esemplari estre-mamente articolate e profondamente legate agli automatismi ma anche alle derivedella civilt meccanica (Abruzzese, 1991, p. 14).

    questo lo scopo del primo capitolo di questo lavoro: rileggere il traccia-to dellelettrocardiogramma espositivo, tempi e luoghi delle sue pulsazioni,

    intensit e vigore dei suoi battiti, frequenze e pause dei suoi successi, per cer-care di ricostruire la storia clinica del nostro paziente oggetto di studio. Im-

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    mediatamente scopriamo la prima anomalia. La cartella clinica del malato,lunga come unenciclopedia, era colma di diagnosi che individuavano i primisintomi della malattia gi nella piena adolescenza dellesposizione. Pratica-mente tutti i referti prodotti in pi di centocinquanta anni di visite sembrava-

    no concordare: compiuti i cinquantanni, subito dopo il suo quinto soggiornoparigino, nel 1900, lorganismo espositivo era gi certamente malato. Il sem-plice parametro cardiaco che avevamo di fronte, costruito sul banale monito-raggio della frequenza e dellintensit dei suoi battiti fuor di metafora: ri-correnza dellevento espositivo e suo successo di pubblico , sembrava perraccontare unaltra storia e suggerire una diversa diagnosi. Il battito del cuoreespositivo, pur nellirregolarit aritmica che gli geneticamente propria, mo-stra un andamento piuttosto coerente almeno fino al 1939. Dopo la sua primaesperienza newyorchese, a partire dal secondo dopoguerra, gli scompensi si

    fanno molto pi violenti, la frequenza rallenta drasticamente, fino alle-pisodio di Osaka 1970. Superato lo spettacolo da infarto giapponese (sessan-taquattro milioni di visitatori), il cuore del medium espositivo va in arresto esembra definitivamente cessare di battere. Ancora attaccato a un vecchio re-spiratore, dimenticato in un seminterrato di una delle tante istituzioni dellamodernit che si racconta anchesse essere irrimediabilmente cadute in rovi-na in quegli anni superficialmente postmoderni, il corpo espositivo, per ven-tidue anni, non d alcun segno di vita. Per la verit qualcuno prova, nel 1989,a trasferirlo a Parigi, convinto che laria tanto familiare della Ville Lumire

    possa fargli bene. Il risveglio parigino per soltanto un evento mancato.Trascorrono cos altri tre anni e, improvvisamente, il monitor ancora attacca-to al corpo dellesposizione si illumina di nuovo. Siviglia 1992: soltanto unsovraccarico informazionale della corrente o il primo segnale di un miracolo-so risveglio? Hannover 2000, Aichi 2005, Shanghai 2010, Milano 2015: ilcuore ricomincia a battere. Come se nulla fosse accaduto il paziente si alza, lasua aritmia tenuta sotto quinquennale controllo dalla terapia stabilizzantedel Bie (Bureau International des Expositions), e riparte per la sua sempre

    pi globale tourne.Lobiettivo, a questo punto, quello di trovare una spiegazione che pos-sa dare un senso alla ventennale morte apparente del corpus espositivo. Leragioni cliniche, che siano quelle ciclichedi Giovanni Arrighi o quelle cri-tiche di Michael Hardt e Antonio Negri, ci aiutano a definire le possibilicause ambientali di questa strana prolungata assenza: dallinquinamentoatmosferico che rende incerta levoluzione storica del capitalismo, alle pol-vere sottili che in quella stessa atmosfera sono state diffuse dallo sgretolarsibiopolitico della societ del controllo, fino ai pollini allergeni che le efflo-

    rescenze della postmodernit avrebbero disperso nellaria negli anni dellungo coma espositivo.

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    Questa accurata visita medica sul redivivo corpo espositivo ci ha dunquerestituito una serie di parametri strutturali fondamentali per dare un sensoalla lunga storia delle esposizioni universali. Ma la sensazione che percomprendere fino in fondo la wakefildiana sparizione di questo moderno

    dispositivo cuturale sia altrove che dobbiamo andare a curiosare.Smesso il camice da dottore, nel secondo capitolo indossiamo i pannidel detective e andiamo in cerca del potenziale assassino mediale della vit-tima espositiva. Anche la polizia aveva nei suoi schedari un lungo fascicolodedicato al delitto delle grandi esposizioni universali. Impolverato in unvecchio schedario di un abbandonato commissariato parigino il caso delle-sposizione, e del suo svelato assassino, era dato per risolto. Attendibili te-stimonianze oculari, meticolose perizie scientifiche, dettagliate ricostruzio-ni storiche, ogni sorta di indagine condotta sulla sparizione dello spettacolo

    espositivo sembrava concordare nellaccusare il pi scontato dei sospetti, ilmaggiordomo cinematografico, di aver messo fine allesistenza del suovecchio padrone di casa espositivo. Il movente, la possibilit di offrire lastessa preziosa merce spettacolare ad un livello tecnologico infinitamentepi alto, in quantit quotidianamente maggiori e per giunta ad un prezzomolto pi basso, e larma del delitto, il proiettore cinematografico e le sueinarrestabili cartucce filmiche, sembravano condannare senza appello il fla-grante schermo cinematografico. Tale era la convinzione di aver incrimina-to il giusto sospetto che, una volta rinvenuto il corpo dellesposizione, ap-

    parentemente senza vita, agli inizi degli anni Settanta, praticamente nessu-no ha prestato attenzione al telecomando che questi aveva conficcato inmezzo alla schiena. Il nuovo referto medico, stilato nel primo capitolo, cheaveva spostato di quasi cinquantanni la data del decesso ci aveva permesso in guardia dal rischio di trascurare il macroscopico indizio. Ad atten-tare alla vita dello spettacolo espositivo non la ritualit in livrea del cine-matografo ma linvadenza quotidiana e seriale della domestica televisione.La strana sparizione della spettacolarit espositiva trova dunque la sua

    spiegazione nelleccezionalit biologica di unegemonia, quella televisiva,che ha spezzato in maniera storicamente inedita gli equilibri ecologici delsistema dei media.

    A questo punto le due traiettorie storiche che abbiamo fin qui seguito,quella economica e quella mediale, si intersecano. Per comprendere le ra-gioni della rinascita post-televisiva e post-postmoderna delle grandi esposi-zioni universali dobbiamo infatti esplorare il nuovo ambiente nato dal cor-tocircuito informazionale tra la riorganizzazione del sistema economico e larivoluzione del paradigma tecnologico. Questa volta recitiamo la parte

    dellastronomo. Attraverso la lente informazionale del nostro telescopio ot-tico assistiamo alleccezionale allineamento che i tre pianeti che stiamo qui

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    osservando, quello economico, quello mediale e quello urbano, hanno as-sunto a partire dallinizio degli anni Settanta del ventesimo secolo. Se, unavolta superata leccezionale congiuntura postmoderna che per pi di ventianni ha eclissato completamente lorizzonte espositivo, concentriamo per

    la nostra osservazione sulle condizioni assunte dal pianeta Urbano nel mo-mento in cui entra nella sua orbita informazionale, facciamo una storicascoperta. Le condizioni atmosferiche prodotte sulla terra dalla galassiaInternet sono analoghe, pur nella loro diversa intensit, a quelle qui gi de-terminate dalla rivoluzione industriale: una morfologia del territorio pun-teggiata da grandi addensamenti metropolitani che funzionano come polimagnetici in grado di attirare a s una quantit di risorse sempre maggiore;unaria sempre pi rarefatta e una gravit sempre meno condizionante che,riducendo costantemente lattrito della distanza, favoriscono una sempre

    pi agevole mobilit; una superficie sempre pi contaminata che incremen-ta esponenzialmente la biodiversit multiculturale delle sue forme vita. Tut-te condizioni queste che, come vedremo, favoriscono nuovamente la com-parsa e la diffusione del cristallo espositivo.

    Per un lavoro prevalentemente teorico, che ha scelto la prospettiva stori-ca, o, meglio, la sovrapposizione plurale e comparativa di diverse prospet-tive storiche, le indicazioni metodologiche si riducono al minimo. oppor-tuno per specificare che la serie degli eventi che abbiamo deciso di pren-

    dere in considerazione nel ricostruire le nostre storie, pesanti e leggere, del-le esposizioni comprende solo ed esclusivamente quelle che il Bie, ilBureau International des Expositions, lorgano ufficiale che a partire dal1931 ha il compito di regolare la frequenza e di stabilire gli statuti degli ap-puntamenti espositivi, ha inserito nella categoria superiore delle grandi e-sposizioni universali. Non sono dunque incluse nella nostra lista quelle e-sposizioni che, a seconda della fase storica e della regolamentazione delBie in vigore, erano classificate come Esposizioni specializzate o interna-

    zionali (1931-1980), Esposizioni internazionali specializzate (1880-1996),International Recognised Exhibition (dal 1996 ad oggi) di cui lesempiopi recente stato lappuntamento di Saragozza 2008. Per quanto riguardail periodo precedente alla convenzione del 1928 si fatto riferimentoallelenco delle Esposizioni universali pubblicato sul sito dello dello stessoBureau: www.bie-paris.org.

    Buona visita.

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    1. Struttura. Quale capitale

    per le grandi esposizioni universali?

    Le basi per il concentramento metropolitano erano nellaumento spaventoso dipopolazione che si verific durante lOttocento. (...) Nel 1800 neppure una citt delmondo occidentale contava oltre un milione di abitanti: Londra, la maggiore, necontava soltanto 959.310; mentre Parigi aveva poco pi di mezzo milione di abi-tanti, e Vienna circa la met. Intorno al 1850 Londra contava pi di due milioni, eParigi oltre un milione di abitanti: esse non avevano ancora concorrenti serie. Maintorno al 1900, esistevano undici metropoli con pi di un milione; e fra esse Ber-lino, Chicago, Nuova York, Filadelfia, Mosca, Pietroburgo, Vienna, Tokyo e Cal-cutta. Trentanni pi tardi, quale risultato di questa febbrile concentrazione di capi-

    tale, e dei mezzi militari e industriali di sfruttamento, cerano ventisette citt conpi di un milione di abitanti, con alla testa Nuova York arrivando gi gi fino aBirmingham, comprendendo metropoli in tutti i continenti, compresa lAustralia(Mumford, 1938, p. 215).

    Gi in queste poche righe di Lewis Mumford troviamo importanti indica-zioni per la comprensione della storia evolutiva delle esposizioni universali.Lo storico della citt statunitense segna qui alcuni momenti che si rivelanotappe fondamentali per inquadrare storicamente il successo delle grandi e-

    sposizioni universali nel loro primo secolo di vita.1800: la prima rivoluzione industriale ha gi innescato quel meccanismo

    vorticoso di crescita della popolazione urbana che caratterizzer labitaremoderno, ma la forma della citt non ancora deflagrata nel caos sistematicodella metropoli. Gli antecedenti nazionali delle grandi esposizioni messi allaprova a partire dalla seconda met del diciottesimo secolo, soprattutto inFrancia1, si preparano cos a mettersi in mostra su palcoscenici finalmente

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    Anche nei precedenti nazionali dellesposizione il successo parigino segue linven-zione londinese: Il primo tentativo di mostrare attraverso unesposizione temporanea i pro-dotti creati dalle industrie dei vari paesi stato effettuato a Londra nel 1756. stato seguito

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    globali. Superate le incertezze del 1848 cominciava il grande boom di unnuovo ciclo di espansione capitalistico destinato a rivoluzionare il sistemaproduttivo europeo e a ricucire ex novole trame di un tessuto sociale uscitolacerato dalle ultime rivoluzioni dellepoca preindustriale. Uno sviluppo eco-

    nomico senza precedenti pretendeva dunque adeguate celebrazioni. Fu cosche nacquero le grandi esposizioni universali:

    Se lEuropa fosse ancora vissuta nellera dei prncipi barocchi, sarebbe stata ilteatro di spettacolari processioni, opere e messe in scena, con rappresentazioni al-legoriche del trionfo economico e del progresso industriale ai piedi dei suoi gover-nanti. In realt, la marcia trionfale del capitalismo ebbe il suo equivalente. Leradella sua vittoria globale fu aperta e punteggiata da nuovi e giganteschi riti di auto-esaltazione, le grandi Esposizioni universali, ognuna incastonata in un monumentosolenne alla ricchezza e al progresso tecnico (...), ognuna intesa a mettere in vetrina

    il numero e la variet crescente di manufatti, ognuna centro di attrazione di turistinazionali ed esteri in quantit astronomiche (Hobsbawm, 1975, p. 39-40).

    1850: Londra e Parigi hanno raggiunto entrambe la soglia critica del mi-lione di abitanti, sconfinando cos nella dimensione pienamente moderna del-lurbanit, la metropoli. Se la capitale dellimpero del libero scambio bri-tannico a darle i natali, per sulle scene della vita modernaparigina che leesposizioni universali diventano grandi. Londra, la culla della RivoluzioneIndustriale, la citt madrina della prima expo, non ospita infatti un grande e-vento espositivo dalla terza edizione, quella del 1862. Se la scintilla scaturi-sce dunque a Londra, per Parigi ad attizzare il magnifico incendio delprogresso espositivo (Hugo, 1867, p. 49).

    1900: Chicago, New York, Filadelfia, le tre grandi metropoli statunitensiche per prime raggiungono il limite del milione di abitanti sono tutte e tre se-di di almeno unexpo. Anche tra i padiglioni delle grandi esposizioni, la vec-chia Europa costretta a far spazio a un nuovo, dominante, agente. Il passag-gio di consegne definitivamente sancito dallesposizione universale di New

    York del 1939, This is Tomorrow. Levento newyorchese chiude cos un de-cennio, quello degli anni Trenta, che ha segnato la storia economica e cultu-rale delle societ occidentali. E delle grandi esposizioni universali. Il sistemadi potere uscito dalla pace di Westfalia ha raggiunto i propri limiti, ad Au-schwitz e a Hiroshima gli stati-nazione partoriscono i mostri generati dalproprio investimento nella costruzione esclusiva di una comunit nazionale enella rivendicazione assoluta della legittimit della propria sovranit territo-riale. Lesplosione annichilente della bomba atomica arrester il sistema sulla

    dallEsposizione Nazionale dellIndustria francese che si tenuta al Campo di Marte di Pa-rigi nel 1798 (Codeluppi, 2000, p. 60).

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    soglia della propria ultima catastrofe. Intanto la tecnologia della visione hacompletato il suo primo ciclo evolutivo: quando, con lavvento del sonoro,limmagine cess di circolare in forme mute, lultimo salto tecnologico fucompiuto (Abruzzese, 1973, p. 188). Il cinema sonoro degli anni Trenta

    chiude la lunga stagione di una messa in immagine del mondo artigianale eavanguardista. Sono proprio le esposizioni, che di questa stagione sono stateforse le pi spettacolari cattedrali, a dare il benvenuto al nuovo regime com-piutamente audiovisivo della televisione.

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    Anno

    Pubblico

    Fig. 1 - Il pubblico delle grandi esposizioni universali [fonte: Bie Bureau Internationaldes Expositions]

    Il grafico in figura 1 riporta i dati sul pubblico delle esposizioni universalinel corso della sua storia. I tre momenti fermati dalla storia della citt diMumford assumono tutti un significato determinante allinterno dellirre-golarit apparentemente illeggibile che la traiettoria tracciata sembra indica-

    re. Tra Londra (1851) e New York (1939) si consuma una prima possibilestagione delle grandi esposizioni universali che ha in Parigi 1900 il suo mo-mento culminante. Se vero che lirregolarit del percorso la costante pievidente che immediatamente balza allocchio, non per difficile notarecome la frequenza del battito nel periodo individuato da Mumford (1851-1939) subisca una rapida accelerazione. Tra Bruxelles (1958) e Siviglia(1992) le pulsazioni rallentano in maniera vistosa, gli scompensi si fanno piviolenti (si passa dai 9 milioni di visitatori di Seattle 1962 ai 64 di Osaka1970), fino allapparentemente definitivo arresto lungo pi di venti anni cheferma il cuore dellesposizioni tra 1970 e il 1992 (Siviglia). La frenesia degli

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    alti e bassi farmacologicamenteindotta2 che segue il risveglio andaluso,sembra riproporre andamenti e ciclicit pi simili a quelli registrati tra il 1851e il 1939 che non ai pi vicini anni del secondo dopoguerra. Immediata-mente si presentano quei sintomi nella storia clinica delle grandi esposizioni

    che hanno guidato il tentativo di diagnosi che stiamo qui cercando di fare.Qual il momento esatto nel ventesimo secolo in cui lo stato di salute dellegrandi esposizioni universali effettivamente si aggrava? Quali sono le ragionidi questa crisi? un deficit genetico che impedisce a questi fantasmagoricicontenitori moderni di continuare a funzionare allinterno di un sistema me-diale compiutamente audiovisivo? O sono variabili esogene, riconducibili al-le mutazioni avvenute nellambiente politico ed economico generale, a pro-durre fattori patogeni a cui il sistema immunitario delle esposizioni non picapace di opporre resistenza? O la virulenza di un nuovo ceppo mediale ad

    aggredire le artigianali difese del corpo-esposizione? E la ripresa degli ultimianni reale o soltanto lultimo violento spasmo (Shanghai 2010) prima delladefinitiva agonia di un corpo che non pu sopportare la riscrittura digitaledelle regole della spettacolarit audiovisiva?

    Cominciamo dunque a cercare le nostre risposte

    1.1. 1851-1900: Il monopolio imperfetto

    Il luogo naturale di unesposizione la capitale di unpaese, la metropoli; allo stato attuale nessunaltracitt al di fuori di Parigi e Londra ha le caratteristi-che di una metropoli.(Napoleone III, Rapport sur lexposition de 18553)

    Londra e Parigi infrangono entrambe il limite del milione di abitanti: lacompetizione per il predominio metropolitano tra queste due grandi capitalidel diciannovesimo secolo innesca il cortocircuito da cui scaturisce la scin-

    tilla della prima esposizione universale di Londra 1851. La tensione rimanecostante fino al volgere del secolo e offre al dispositivo espositivo lenergianecessaria per diventare il palcoscenico spettacolare pi significativo diquesta prima fase di storia dellindustria culturale moderna: Londra e Parigiospitano sette delle prime tredici esposizioni universali, contribuendo intermini di pubblico con 131.565.866 visitatori sui 187.750.866 che com-plessivamente si recarono a visitare unesposizione universale tra il 1851 e

    2Lultimo protocollo stabilito dalBIE (Bureau International des Expositions),entrato in

    vigore nel 1996, ha infatti deciso distabilizzareil ritmo delle esposizioni universali attraver-so limposizione di un intervallo quinquennale tra una manifestazione e laltra.3Cit. in Baculo-Gallo-Mangone, 1988, p. 117.

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    il 1900. Il che significa che esattamente il 70% del pubblico complessivo ditutte le esposizioni del diciannovesimo secolo un pubblico londinese e pa-rigino (fig. 2).

    Un duopolio che non si limitava certo al-

    lorganizzazione dellevento espositivo, mache anzi caratterizza tutta la produzione cul-turale del periodo: NellOttocento Londra eParigi detenevano saldamente il monopoliodella produzione di romanzi: in queste duesole citt si concentrava la met delle pub-blicazioni di tutta Europa. I Francesi, quandonon leggevano romanzi francesi, leggevanoquelli inglesi, e gli inglesi ricambiavano

    (Sassoon, 2006, p. 461)4

    . Bisogner attende-re legemonia del cinema hollywoodiano perritrovare nei territori dellindustria culturaleoccidentale una simile spietata, inflessibile

    centralizzazione (Moretti, 1997, p. 191) tale da potere essere paragonata aldominio esercitato nel diciannovesimo secolo da Londra e Parigi sulla produ-zione di romanzi. Ma oltre il romanzo, era pi in generale tutta la geografiadella comunicazione del periodo a gravitare intorno a Londra e Parigi, in unasorta di continuo ping pong dellinnovazione tecnologica e culturale:

    la Francia promuove la prima rete telegrafica meccanica (1790 circa); la macchinaper la lavorazione moderna della carta (1807); e naturalmente la fotografia (1827-1833); in Inghilterra, prendono corpo il torchio da stampa a mano di Nicholson(1790); lapplicazione del vapore alla stampa, a partire dal Times (1814); il fran-cobollo adesivo, nel contesto della riforma postale (1840) e nasce in Inghilterra

    perfino il progenitore del computer, la macchina analitica di Babbage (1833) (Mi-coni, 2005, p. 169).

    Naturalmente Parigi a dover rincorrere limperiale Londra5

    , ed dun-4Tra i segni che Hugo scorge dellasupremazia diParigi sul secolo diciannovesimo, vi

    anche la sua editoria: Al bancone del Quirinale si sostituisce la scatola a scomparsa chia-mata cassa di stamperia. Da questi alveoli escono, alate, le api delle venticinque letteredellalfabeto. Per citare un solo particolare, in un anno, il 1864, la Francia ha esportato di-ciotto milioni e duecentotrentamila franchi di libri. I sette ottavi di questi libri sono stampatia Parigi (Hugo, 1867, p. 51).

    5La lunga rivalit [dellInghilterra] con la Francia in tutti i settori fatta eccezione for-se per larte moltiplica e stimola i rimandi da unEsposizione allaltra. (...) La Francia co-

    struisce la sua diversit puntando esplicitamente sulle professioni liberali, sullarte, sulle artiapplicate, sullarchitettura, sullingegneria civile, sulleducazione, sullistruzione. Ma nelcontinuo ritornare dei documenti ufficiali, quasi fino allossessione, sulla propria superiorit,

    Fig. 2 Il pubblico dellegrandi esposizioni universali

    fonte: Bie