ARITMETICA e CALCOLATRICE
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ARITMETICA e CALCOLATRICE
1) Cifre e numeri
755 è un numero composto di tre cifre. Mentre i numeri sono infiniti, le cifre sono solo dieci,
sono i 10 simboli (0 1 2 3 4 5 6 7 8 9) che costituiscono i dieci numeri interi (con una sola cifra) che
vanno da 0 a 9. I numeri più grandi del 9 si scrivono seguendo queste tre regole [ a), b) e c) ]:
a)
- Dieci unità formano una decina; (10) - Dieci decine formano un centinaio; (100) - Dieci centinaia (mille unità) formano un migliaio;(1.000; in inglese thousand 1,000) - Dieci migliaia formano una decina di migliaia; (10.000; in inglese 10,000) - Dieci decine di migliaia formano un centinaio di migliaia; (100.000; in inglese 100,000)
- Dieci centinaia di migliaia (mille migliaia) formano un milione; (1.000.000; inglese million 1,000,000) - Dieci milioni formano una decina di milioni; (10.000.000; in inglese 10,000,000) - Dieci decine di milioni formano un centinaio di milioni; (100.000.000; in inglese 100,000,000)
- Dieci centinaia di milioni (mille milioni) formano un miliardo (1.000.000.000; in inglese billion 1,000,000,000) - Dieci miliardi formano una decina di miliardi; (10.000.000.000; in inglese 10,000,000,000) - Dieci decine di miliardi formano un centinaio di miliardi; (100.000.000.000; in inglese 100,000,000,000)
- Dieci centinaia di miliardi (mille miliardi) formano un trilione (1.000.000.000.000; in inglese trillion 1,000,000,000,000)
b)
Il valore attribuito alle cifre che formano il numero dipende dalla loro posizione: la cifra più a
destra indica le unità, quella alla sua sinistra (cioè la seconda da destra) le decine, la terza da destra le
centinaia, poi le migliaia ecc.
Riprendiamo ora il numero 755, formato dalle tre cifre “7”, “5” e “5”; in esso il valore del 5 più a
destra è di 5 unità, quello della cifra al centro del numero è di 5 decine (= 50), mentre il 7 vale 7
centinaia (= 700). Facendo la somma dei valori delle tre cifre (5 + 50 + 700) si ottiene il valore
del numero (755). Il procedimento non cambia se il numero è composto da quattro o più cifre.
c)
Quando il numero è composto da quattro o più cifre, per facilitarne la lettura lo si scompone in
gruppi di tre cifre, da destra a sinistra, separando con uno spazio o un puntino un gruppo
dall’altro. Così, ad esempio, il numero degli abitanti in Cina [ 1376268702 ] è più facilmente
leggibile se viene scritto così [ 1 376 268 702 ] oppure con il puntino separatore delle migliaia:
1.376.268.702 (un miliardo trecentosettantaseimilioni duecentosessantottomila settecentodue).
Attenzione!: alcune calcolatrici evidenziano i numeri usando, per separare i gruppi, non il
puntino ma la virgola, e questo perché nei paesi anglosassoni le funzioni del punto e della
virgola sono invertite rispetto ai nostri usi. Ecco perché, nelle calcolatrici (anche dei cellulari)
così come nelle tastiere numeriche dei P.C., il tasto della virgola è segnalato con un puntino.
Ri-attenzione!: quando il risultato del calcolo è un numero molto grande, molte calcolatrici lo
evidenziano in una forma strana, la cosiddetta “notazione scientifica”. Con la vostra calcolatrice
provate, ad esempio, a moltiplicare 1.000.000 per 3.000.000.000 (un milione per tre miliardi): a meno
che sul display appaia “error” (perché il risultato è costituito da un numero composto da più di 16 cifre e la vostra calcolatrice è
troppo “piccola”), è probabile che come risultato appaia 3.15 oppure 3E15 o qualcosa di analogo. Il
significato è 3 seguito da 15 zeri, cioè 3.000.000.000.000.000 (tre milioni di miliardi o tremila trilioni).
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forma italiana nome italiano forma inglese nome inglese forme scientifiche
1 unità 1 100
10^0 1E0
10 10 101
10^1 1E1
100 100 102
10^2 1E2
1.000 mille 1,000 thousand 103
10^3 1E3
10.000 10,000 104
10^4 1E4
100.000 100,000 105
10^5 1E5
1.000.000 milione 1,000,000 million 106
10^6 1E6
10.000.000 10,000,000 107
10^7 1E7
100.000.000 100,000,000 108
10^8 1E8
1.000.000.000 miliardo 1,000,000,000 billion 109
10^9 1E9
10.000.000.000 10,000,000,000 1010
10^10 1E10
100.000.000.000 100,000,000,000 1011
10^11 1E11
1.000.000.000.000 trilione 1,000,000,000,000 trillion 1012
10^12 1E12
Fino a ora abbiamo visto numeri “interi”. Se però dividiamo una unità per un qualsiasi numero
(che sia però diverso da 1 e da 0) otteniamo un numero “con la virgola”; in particolare:
se dividiamo una unità in 10 parti uguali otteniamo 1/10 un decimo 0,1;
se dividiamo una unità in 100 parti uguali otteniamo 1/100 un centesimo 0,01;
se dividiamo una unità in 1.000 parti uguali otteniamo 1/1.000 un millesimo 0,001; ecc.
Nel caso capitassero numeri compresi fra 0 e 1 e con solo l’ultima cifra diversa da zero (ad esempio
0,004), per facilitarne la lettura potete ricorrere a questo sistema: per rendersi conto se il numero
esprime decimi o centesimi o millesimi ecc. contate gli zeri, compreso quello prima della
virgola. Ad esempio: 0,000003 presenta sei zeri, gli stessi di un milione. Il numero quindi è
leggibile come 3 milionesimi. Oppure: 0,009 si legge 9 millesimi (essendoci tre zeri come nelle migliaia);
oppure ancora: 0,04 (con due zeri come le centinaia) si legge quattro centesimi ecc.
Le cifre decimali si scrivono alla destra delle unità intere e sono da queste separate da una virgola.
Attenzione: come ho già scritto più sopra, alcune calcolatrici adottano il modo inglese e
quindi separano le cifre decimali dalle unità intere con un puntino al posto della virgola.
Controlla la tua calcolatrice: scrivi, ad esempio, 40000 ÷ 7 (quarantamila diviso sette) e guarda se il
risultato appare al modo nostro (5.714,28571…) oppure nella forma anglosassone (5,714.28571…).
Che sia scritto in un modo o nell’altro, il numero 5.714,285… ha come parte intera 5.714 e
come parte decimale 285… . Il valore di queste cifre è il seguente:
5 7 1 4 , 2 8 5
migliaia centinaia decine unità decimi centesimi millesimi
Per leggere il numero si comincia con la parte intera e si fa poi seguire la parte decimale aggiungendo il nome
delle unità decimali dell’ultima cifra: cinquemilasettecentoquattordici e duecentottantacinque millesimi (o,
anche, virgola duecentottantacinque).
Ricordati: un numero decimale rimane invariato se a destra dell’ultima cifra decimale si aggiungono solo uno o più zeri (12,34 = 12,340 = 12,34000 = 12,34000000000000...)
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2) La moltiplicazione. Sperando che tutti conosciate, abbiate capito e sappiate fare somme e sottrazioni, qui parlerò
soprattutto di divisione; prima di parlare della divisione faccio solo un accenno alla
moltiplicazione, che è un’applicazione particolare della somma; infatti:
moltiplicare un numero per un altro significa sommare uno dei due con sé stesso per un numero di volte pari all’altro.
Ad esempio, moltiplicare 7 × 4 significa sommare 4 volte il 7 o anche 7 volte il 4:
7 x 4 = 7 + 7 + 7 + 7 oppure anche 4 + 4 + 4 + 4 + 4 + 4 + 4 = 28
3) La divisione.
Anche la divisione può essere considerata un’applicazione particolare della somma; infatti:
dividere un numero per un altro significa trovare quante volte bisogna sommare il secondo numero per se stesso per arrivare al primo.
Ad esempio: trovare il risultato di “20 diviso 5” (e, in simboli, si può scrivere sia 20 : 5 che 20 / 5 o anche 20 ÷ 5 )
significa trovare quante volte occorre sommare 5 per arrivare a 20 (e cioè trovare 4).
Infatti: 5 + 5 + 5 + 5 = 20 (4 volte 5 = 20). Ecco perché 20 / 5 = 4
Questo spiega, tra l’altro, perché il risultato della divisione di un numero per un altro più
piccolo di 1 (ma maggiore di 0) è un numero più grande di quello di partenza.
Ad esempio: 5 / 0,2 = 25 in quanto per arrivare a 5 devo sommare un sacco di volte (25 volte) il
piccolo numero 0,2; e così ancora, se con la calcolatrice provate a fate: 120 / 0,001 troverete
come risultato 120.000 in quanto per arrivare a 120 bisogna sommare 120.000 volte il numero
(piccolissimo) 0,001 (un millesimo).
Ecco perché si può anche dire che la divisione è l’operazione inversa della moltiplicazione:
dividere per un numero è la stessa cosa che moltiplicare per l’inverso del numero
Ad esempio: 120 ÷ 0,001 = 120 × 1.000 e ciò perché 1 / 1.000 (0,001 cioè un millesimo) è l’inverso di 1.000.
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E così ancora: 8 ÷ 5 = 8 × ----------------------- (un quinto è l’inverso di 5); 60 ÷ 2 = 60 × ½ (un mezzo è l’inverso di 2) ecc.
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Ricordatevi:
30 1
io uso indifferentemente tutte queste forme: 30 : 5 ---------------------- 30 ÷ 5 30 / 5 30 × ---------------------
5 5
così come per indicare l’operazione di moltiplicazione uso indifferentemente “×” e l’asterisco “ * ” o, in presenza di lettere, anche nessun simbolo (a x b = a*b = ab)
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4) L’uso della calcolatrice.
4.1) I calcoli in sequenza.
Spero che tutti sappiate fare, con la calcolatrice, questa operazione: 45 × 22 (= 990), e anche
questa: 1.836 ÷ 36 (= 51).
Ancora nessun problema dovreste avere con questo calcolo: 21,5 × 12 × 7 (= 1.806), e anche
35 × 0,78 × 5
con questo: --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- (= 11,375) .
12
30 × 5,6
Provate ora con questo: --------------------------------------------- ;
12 × 1,25
è probabile che qualcuno di voi abbia prima moltiplicato 30 × 5,6 e scritto da qualche parte il
risultato (168) e poi abbia fatto 12 ×1,25 memorizzando anche questo risultato (15), e infine abbia
calcolato 168 ÷ 15 trovando così il risultato finale corretto (11,2).
Chi avesse fatto in questo modo avrebbe sprecato un po’ di tempo e rischiato inutilmente di
commettere qualche errore nello scrivere i risultati parziali del numeratore e del denominatore
(rispettivamente 168 e 15).
Il modo più efficace di fare i calcoli con la calcolatrice quando sono presenti solo
moltiplicazioni e divisioni (e non ci sono, quindi, anche somme o sottrazioni) è fare tutte le operazioni di
seguito, senza trascrivere alcun risultato parziale.
Il calcolo, cioè, può essere fatto digitando in questa sequenza: 30 × 5,6 ÷ 12 ÷ 1,25 (oppure
anche quest’altra: 30 ÷ 1,25 × 5,6 ÷ 12 o anche 5,6 ÷ 12 ÷ 1,25 × 30 o qualsiasi altra combinazione che veda il 30 e il 5,6 agire come
fattori e il 12 e l’1,25 funzionare da divisori) e il risultato è sempre corretto (11,2); in caso di presenza di sole
moltiplicazioni e divisioni l’ordine con cui si effettuano le operazioni è ininfluente.
Attenzione! Sia il 12 che l’1,25 sono dei divisori (sono al denominatore della frazione), e quindi prima di
essi occorre digitare il tasto ÷ .
Digitando, invece, 30 × 5,6 ÷ 12 × 1,25 si commetterebbe un errore grossolano. In questo
modo si moltiplicherebbe per 1,25 anziché dividere per quel numero, arrivando così al risultato
sbagliato di 17,5. Il risultato corretto è 11,2 e se a qualcuno è risultato 17,5 (o altro) ha sbagliato.
Quando in un calcolo ci sono, oltre a moltiplicazioni e divisioni, anche delle somme o delle
sottrazioni, l’ordine con cui si fanno le operazioni fa cambiare il risultato. In assenza di
parentesi, le moltiplicazioni e le divisioni hanno la precedenza sulle somme e sulle sottrazioni.
Ad esempio, in “10 + 6 × 5 – 3” prima si moltiplica 6 × 5 e poi si fa il resto (+ 10 e – 3) o anche prima
(R. 37); a meno che non abbiate una calcolatrice particolare, digitare i tasti nell’ordine in cui i
calcoli appaiono porta a un risultato sbagliato [schiacciando i tasti con questo ordine: “10 + 6 × 5 – 3” il visore di una
calcolatrice “normale” segnala un risultato sbagliato di 77 perché ha proceduto così: 10+6 = 16; 16 x 5 =80; 80 – 3 = 77 (invece di 37)].
8 + 4 × 2,5
Nel caso di calcoli come, ad esempio, questo -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- in cui, oltre a moltiplicazioni
3 × 9 – 14,5
e divisioni, ci sono anche somme o sottrazioni, è inevitabile dover scrivere o memorizzare dei
risultati parziali (a meno di avere e di saper usare una calcolatrice “sofisticata”, ad esempio con le parentesi).
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Nell’esempio appena fatto alla fine della pagina precedente, se si ha una calcolatrice “normale”
si deve procedere in questo modo:
4 × 2,5 + 8 (Rparz.1: 18); 3 × 9 – 14,5 (Rparz.2: 12,5); → 18 ÷ 12,5 = 1,44
Fare, quando è possibile, i calcoli in sequenza (cioè, lo ripeto, senza interrompere la digitazione sulla calcolatrice per
scrivere dei risultati parziali) permette spesso di arrivare al risultato finale preciso; se invece si interrompe
la digitazione sulla calcolatrice per scrivere uno o più risultati parziali si arriva a un risultato
finale non del tutto corretto ogni volta che il risultato parziale è un numero con molte cifre
decimali (= molte cifre dopo la virgola).
5 ÷ 17
Provate, ad esempio, a fare questo calcolo: ------------------------------------------------------------------------------------------------------------- . Il risultato corretto è 218,837535…;
0,112 × 0,012
Se, invece di fare i calcoli in sequenza, avete annotato anche solo un risultato parziale per poi
riscriverlo e arrivare al finale, allora avreste potuto arrivare al risultato esatto solo prestando
molta attenzione nel ricopiare tutte le cifre decimali.
5 ÷ 17 + 4 ÷ 6
Provate ora a fare quest’altro: ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- . Il risultato corretto è 2,385694685… ;
3 ÷ 11 + 0,13
A differenza dell’esempio di prima, qui non è possibile (a meno, come già detto, di avere una calcolatrice con le
parentesi e di saperla usare) fare tutti i calcoli in sequenza, e quindi è quasi inevitabile utilizzare dei
risultati parziali, un po’ come è inevitabile interrompere i lunghi viaggi procedendo per tappe
lungo il percorso.
Attenzione! Quando scrivete i risultati parziali dovete ricopiare molte delle loro (eventuali) cifre decimali
Se non lo fate rischiate di arrivare a un risultato finale impreciso in misura tale da non poter
essere accettato come valido. Provate a fare gli ultimi due esempi limitandovi a riportare solo
tre cifre decimali e constaterete (= verificherete, vi accorgerete) quanto ho appena scritto.
Queste ultime righe ci portano a parlare del prossimo argomento:
4.2) Gli arrotondamenti. Capita spesso che il risultato di un calcolo sia un numero con molte cifre decimali, non di rado
addirittura infinite; ad esempio: 18 ÷ 7 = 2,571428571 …
E’ chiaro che in casi come questi è necessario interrompere, presto o tardi, la scrittura delle
cifre decimali. Ad esempio, quando si esprimono dei valori monetari ci si limita quasi sempre
alla seconda cifra decimale (cioè ci si ferma al centesimo, come 13,75 € (euro) o 99,99 $ (dollari) o 4,20 CHF (franchi svizzeri)).
Ogni volta che non si scrivono tutte le cifre decimali, però, si commette un errore più o meno
grande; nell’esempio di prima (18 ÷ 7 = 2,571428571 …), se mi limito a scrivere una sola cifra dopo la
virgola (scrivendo 2,5) scrivo un numero che è inferiore di oltre 0,07 (cioè di oltre 7 centesimi) al
risultato corretto dell’operazione; e se proseguo fino alla seconda cifra (scrivendo 2,57)
commetto (= faccio) un errore certamente inferiore (poco più grande di 0,001 cioè di un millesimo) ma continuo
comunque a non esprimere il risultato corretto.
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Insomma, spesso è opportuno o addirittura necessario togliere una o più cifre finali a un numero,
ed è chiaro che in questo modo il numero cambia e quindi è inevitabile commettere un errore.
Una volta deciso il numero di cifre decimali da indicare occorre, però, commettere l’errore più
piccolo, e per fare questo bisogna imparare ad arrotondare (si dice anche ad “approssimare”) i
numeri nel modo giusto, quello appunto che minimizza (= fa diventare più piccolo possibile) l’errore.
. arrotondare correttamente significa commettere l’errore minore.
Non ci si può limitare a troncare (a cancellare, a non scrivere) le cifre decimali successive a quelle che si
è stabilito di conservare, bisogna anche verificare se l’ultima cifra decimale deve o no essere
modificata.
Nell’esempio di prima (18 ÷ 7 = 2,57142 …), se si scrive il risultato fermandosi alla prima cifra decimale
(si dice anche “approssimando” alla prima cifra decimale o “approssimando” al decimo), occorre scrivere 2,6 e non 2,5 !
Infatti, scrivendo 2,5 si fa un errore maggiore; si indica un valore inferiore a quello corretto di
oltre 7 centesimi (2,5714... meno 2,5 = 0,07142 ...), mentre se si scrive 2,6 l’errore (2,6 meno 2.5714 = 0,02858 …) è di
meno di 3 centesimi, cioè meno della metà di prima; scrivendo 2,6 si è perciò ridotto l’errore.
Quando si arrotonda indicando un valore superiore al reale si dice che “si approssima (o si arrotonda)
per eccesso”, quando invece si arrotonda riportando un numero inferiore a quello preciso, allora
si dice che si è scritto un numero “approssimato (o arrotondato) per difetto”.
Quando l’approssimazione per eccesso e quella per difetto causano un errore esattamente
uguale, allora stabiliamo di arrotondare per eccesso. Così se nel calcolo 2.121,025 ÷ 1.850 vi
dico di approssimare il risultato (1,1465) alla terza cifra decimale, voi dovrete scrivere 1,147 e
non 1,146
A meno che non vi siano date indicazioni diverse (= a meno che non vi venga detto di fare diversamente), nei calcoli e nei
problemi che farete dovrete scrivere i risultati numerici arrivando almeno fino alla seconda cifra
decimale. Quindi, se vi chiedessi di determinare quanto ho pagato al litro il gasolio sapendo che
ho speso 77,40 € per comprarne 50 litri, (77,40 ÷ 50 = 1,548 €/l):
- se vi dico di arrotondare alla seconda cifra decimale voi dovete indicare 1,55 €/l (approssimando perciò in eccesso per commettere un errore di + 2 millesimi; se, invece, scriveste 1,54 approssimando per difetto,
fareste un errore di – 8 millesimi, il quadruplo dell’errore precedente, e io vi boccerei);
- se vi dico di arrotondare alla prima cifra decimale voi dovete scrivere il risultato 1,5 €/l (arrotondando questa volta in difetto per commettere un errore di – 48 millesimi che è più piccolo dell’errore, di + 52 millesimi che si
farebbe arrotondando per eccesso a 1,6);
- se vi dico di arrotondare all’unità intera dovete scrivere 2 (con un errore di 0,452 e cioè 452 millesimi) e
non 1 (perché in questo caso l’errore sarebbe di 0,548 o 548 millesimi e quindi maggiore di prima);
- se vi dico nulla sulle cifre decimali da tenere, allora voi potete sia scrivere 1,548 €/l, senza
approssimare il risultato, sia arrotondare alla seconda cifra decimale scrivendo 1,55. Scrivendo
1,5 sbagliereste (nonostante l’arrotondamento fatto alla prima cifra sia quello giusto) perché la nostra regola è di
tenere, quando non ci sono indicazioni diverse, almeno due cifre dopo la virgola.
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I CALCOLI PERCENTUALI
(Questo argomento lo trovate, se volete, anche sul libro di testo dell’anno scorso. Se vi risulta più chiaro come là queste cose sono trattate, mi sta benissimo che vi prepariate sul libro: l’importante è che le capiate e siate in grado di maneggiare i calcoli percentuali).
5) La percentuale.
Sono certo tu sia in grado di dare l’esatto significato alla frase “in una scuola sono stati bocciati sessanta alunni su duecentoquaranta”: leggendola capisci che in quella scuola
c’erano 240 studenti e che 60 di questi sono stati bocciati. Se è così, se cioè ti viene naturale
dare questo senso a quella frase, allora hai già capito le percentuali. Perché “sessanta su duecentoquaranta” (60/240) è già una percentuale.
Infatti, stampatelo bene nella mente,
. la percentuale è un rapporto (cioè una divisione) .
e
qualsiasi rapporto può essere espresso come percentuale.
60 Nell’esempio, la divisione 60 ÷ 240 o, se preferisci, ----------------- [che, non per niente, si scrive mettendo il
240
60 sopra, cioè “su” il 240 “sessanta (bocciati) su duecentoquaranta (alunni)”] significa 0,25 (se hai dei
dubbi prova a digitare sulla calcolatrice 60 ÷ 240 e otterrai 0,25), numero che, come dovresti già sapere, puoi
anche leggere “25 centesimi” o “25 ÷ 100” o “25 / 100”. L’unica cosa nuova che devi imparare
adesso è che il numero “0,25” lo si può scrivere anche 25% (oltre a poter essere scritto anche “25 centesimi” e
“25 ÷ 100” e “25 / 100”) e leggerlo “venticinque per cento”. Ma, stampatelo bene nella mente,
25% significa 0,25 (o, se preferisci, 25 centesimi o 25 ÷ 100 o 25 / 100) ,
infatti la frase da cui siamo partiti (“in quella scuola sono stati bocciati 60 alunni su 240”) poteva
anche essere scritta cosi: “in quella scuola sono stati bocciati i 25 centesimi degli studenti” .
Per una diabolica congiura organizzata allo scopo di bocciare più studenti, in Italia c’è
l’abitudine di leggere il dato “25%” come “25 per cento” e non, come sarebbe logico e
corretto, “25 centesimi” o “25 diviso cento”.
In realtà la forma diffusissima “25 per cento” con cui si legge il dato “25%” ha il significato di
“25 per ogni cento” (nell’esempio: 25 bocciati per ogni 100 studenti), ma voi dovete sempre tenere ben
presente che il significato corretto di 25% è “25 su cento” o anche “25 diviso cento” o “25
centesimi” o, se proprio volete, “25 per ogni cento” , ma mai dovete commettere la
mostruosità di pensare che 25% centri qualcosa con l’operazione 25 x 100.
Gli studenti di lingua inglese [altre lingue non ne conosco, provate voi a chiedere a chi parla lingue diverse come si
esprime la moltiplicazione (ad esempio “30 x 2”) e come la percentuale (“30%”)] sono più fortunati di voi perché nella
loro lingua il simbolo della percentuale si legge sì, “per”, come in italiano, (10% loro lo leggono “ten
per cent”), ma il simbolo della moltiplicazione NON lo leggono con la stessa parola “per”, ma in
modo totalmente diverso: loro 4 x 2 lo leggono “four times two” o anche “four by two”, e così
lo studente madrelingua inglese non ha difficoltà a mettersi in testa che la percentuale è una
divisione e non una moltiplicazione.
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6) A cosa servono le percentuali.
Partiamo con un altro esempio: in una verifica in cui occorreva fare 32 calcoli, 20 alunni di
una classe hanno fatto in tutto 288 errori. Poiché complessivamente i calcoli da fare
erano 640 (32 x 20 = 640), si può quindi dire che “gli studenti hanno sbagliato 288 calcoli su 640”.
Trasformando l’italiano in linguaggio matematico, lo stesso concetto si esprime con una
frazione, cioè con una divisione o un rapporto, termini che, come già sai, sono tutti sinonimi
(= parole che hanno tutte lo stesso significato): 288 --------------------------------
640
Dire “288 errori su 640 calcoli” dà un’informazione corretta e precisa, questo è vero, ma se
vogliamo dare con maggiore evidenza l’idea del rapporto fra gli errori e il totale dei calcoli,
se vogliamo cioè segnalare con più immediatezza la frequenza degli errori, allora piuttosto
che riportare la frazione dicendo “288 su 640” o “288 seicentoquarantesimi” è meglio indicare
il suo valore, cioè indicare il risultato del “rapporto”.
Insomma, invece che dire “288 / 640” troviamo il risultato della divisione (288 : 640 = 0,45) e poi lo
esprimiamo non in unità (0,45 unità) ma in centesimi, dicendo 45 centesimi (hanno sbagliato i 45 centesimi
dei calcoli, cioè hanno sbagliato 45 calcoli su 100).
Per abitudine ormai antica, il valore del rapporto è espresso con questa grafica: 45% , forma il
cui significato, come abbiamo visto più volte, è “45 centesimi” o “45 diviso 100” o “45 su 100” .
Se hai compreso quanto scritto fino qui, sei ora in grado di capire questa definizione:
La percentuale è uno strumento matematico che descrive la grandezza di una
quantità rispetto a un'altra
e anche quest’altra, ancor più precisa (tranquilli, non impongo di impararla a memoria, però pretendo che la leggiate con attenzione e vi sforziate di comprenderla:
La percentuale è la rappresentazione del rapporto tra due quantità (a e b), in cui una
(a) viene espressa in centesimi (centesime parti) dell'altra (b); operativamente la percentuale si
ottiene moltiplicando per 100 il quoziente (a / b) della divisione tra le due quantità.
La risposta alla domanda “a cosa servono le percentuali” è quindi:
le percentuali servono per esprimere in modo più semplice e immediatamente comprensibile l’idea del rapporto esistente fra due grandezze.
Infatti, dire “gli studenti hanno sbagliato il 45% dei calcoli” informa meglio (meglio nel senso di
più efficacemente, non però di più esattamente) sulle capacità di calcolo di quella classe che dire “gli
studenti hanno sbagliato 288 calcoli su 640”, anche se il significato delle due frasi è
assolutamente lo stesso; oppure, invece che dire: “nella scuola 132 studenti su 480 hanno
l’insufficienza in economia aziendale” si può esprimere lo stesso concetto dicendo; “il 27,5% degli
studenti ha l’insufficienza”, essendo il rapporto 132 ÷ 480 uguale a 0,275, numero che,
espresso in centesimi, equivale a 27,5 % .
9
Spesso le due grandezze di cui si segnala il rapporto sono una parte rispetto al suo intero (è il
caso di entrambi gli esempi fatti: i bocciati sono una parte dell’intera classe e i calcoli sbagliati sono una parte di tutti i calcoli della
verifica); quando è così, la percentuale non può ovviamente mai essere superiore al 100% (la parte
non può essere più grande dell’intero, i bocciati non possono essere più degli studenti).
Capita non di rado, però, di esprimere il rapporto fra due grandezze che non sono l’una un
“sottoinsieme” dell’altra: se, ad esempio, voglio dare l’idea di quanto guadagna un cassiere di
banca tedesca rispetto a un suo collega italiano e so che il tedesco guadagna 2.730 € al mese
mentre lo stipendio dell’italiano è 1.780 €, allora metto in rapporto le due grandezze (cioè divido
l’una per l’altra facendo 2.730 ÷ 1.780) e poi esprimo il risultato (1,53 circa) non in unità ma in centesimi
dicendo che lo stipendio di un cassiere tedesco è il 153% (153 centesimi) di quello di un
cassiere italiano, e il significato è che per ogni 100 euro guadagnati dal cassiere italiano
quello tedesco ne guadagna 153 (o, è la stessa cosa, per ogni euro dell’italiano il cassiere tedesco ne guadagna 1,53).
7) La variazione percentuale
7.1) L’aumento percentuale
Zoe aveva, a inizio anno, 130,00 € di risparmi nel salvadanaio; ora ne ha 221,00. Di quanto
sono aumentati, in euro, i suoi risparmi? Sono convinto che tu sappia rispondere
correttamente facendo la sottrazione 221 – 130 (Ris. 91,00 €).
Come però ho già scritto nel paragrafo precedente, se vogliamo dare un’idea più chiara e
immediata di quanto sono aumentati i risparmi di Zoe rispetto, in rapporto, a prima, allora
esprimiamo il dato in termini percentuali, cioè segnaliamo di quanti euro sono aumentati per
ogni 100 euro iniziali.
Per fare ciò, e l’abbiamo già imparato, dividiamo l’aumento (91 €) per il valore iniziale (130 €),
e il risultato (0,7) lo esprimiamo non in unità (0,7) bensì (= ma) in centesimi dicendo 70 centesimi
o, più abitualmente, settanta per cento (70%).
Ecco allora che la risposta alla domanda “di quanto sono aumentati, in percentuale, i
risparmi di Zoe dall’inizio dell’anno?” è “i risparmi di Zoe sono aumentati, da inizio anno,
del 70%”, con questo intendendo dire che i risparmi di Zoe sono aumentati di 70 € per ogni 100 € che aveva prima dell’aumento (o, ed è la stessa cosa, di 70 centesimi per ogni
euro che aveva).
Se Zoe, che a inizio anno aveva130 €, avesse oggi 338,00 € (e non solo i 221 € dell’esempio di prima),
la risposta sarebbe: “i risparmi di Zoe sono aumentati, da inizio anno, del 160%”. Infatti:
l’aumento in euro (o, come si dice, l’aumento “in cifra assoluta”) diventerebbe ora pari a 208 € (338 – 130) e
il rapporto fra l’aumento e il valore di partenza sarebbe 1,6 (208 / 130 = 1,6); poiché 1,6 unità
equivalgono a 160 centesimi, allora il risultato nella forma percentuale viene espresso così:
“160%”.
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Con l’esempio precedente constatiamo (= verifichiamo, ci rendiamo conto) di nuovo che i dati percentuali
possono anche essere superiori al 100%. Certamente, lo ripeto, non è così (e quindi il dato non può
superare il 100%) quando le due grandezze che si rapportano sono l’una una parte dell’altra: i
rimandati in economia, per quanto possa essere carogna fetente l’insegnante, non potranno
mai superare il 100% degli alunni; ma quando le due grandezze che si mettono in rapporto
fra loro non sono una un “sottoinsieme” dell’altra, cioè una sua parte, allora sono normali
anche dati superiori al 100%.
Ad esempio, gli abitanti in Italia (circa 60.000.000) sono circa il 140% dei residenti in Ucraina
(circa 43.000.000), oppure, considerando che gli abitanti della Cina sono circa 1.400.000.000,
possiamo dire che i cinesi sono il 2.333% (duemilatrecentottrentatre per cento) degli italiani; (infatti: 1.400.000.000 / 60.000.000 = 23,33 e 23,33 espresso in centesimi è 2.333). Così come il primo dato ci diceva che
ci sono 140 italiani su 100 ucraini (140 italiani per ogni 100 ucraini), il secondo ci avverte che ci sono
2.333 cinesi per ogni 100 italiani, e in questo modo ci dà un’idea più immediata, evidente e
chiara di quanti siano più numerosi i cinesi degli italiani.
7.2) La diminuzione percentuale.
Ora vediamo quest’altro esempio, che ti serve anche per abituarti ai numeri grandi: Unicredit
è tra le banche italiane più grandi (capirai più avanti cosa è una banca, ma ai fini dell’esempio non è necessario che tu abbia
le idee chiare in proposito); nel marzo 2011 per comprare l’Unicredit (per diventare proprietario del 100% delle “azioni”
Unicredit, e anche questa parentesi la capirai più avanti) occorrevano circa 37.000.000.000 di € (37 miliardi, o anche
37.000 milioni di euro, e se hai dei dubbi torna al volo alla prima pagina di “Aritmetica e equazioni”). Sei mesi dopo, in
settembre 2011, bastavano circa 12.950.000.000 di € (12 miliardi e 950 milioni, o anche 12.950 milioni). Di
quanto diminuì, in percentuale, in quei sei mesi il valore della banca Unicredit?
Come visto prima nel caso della ricerca dell’aumento percentuale, anche nel caso della
diminuzione percentuale dobbiamo per prima cosa trovare la variazione assoluta, cioè
calcolare di quanti euro è diminuito il valore dell’Unicredit: (37.000.000.000 – 12.950.000.000) =
24.050.000.000 (*), e poi mettiamo in rapporto (cioè dividiamo) la variazione con il valore
originario (24.050.000.000 ÷ 37.000.000.000) = 0,65 e esprimiamo questo risultato non in unità ma
in centesimi, dicendo che il valore di quella banca è diminuito del 65% .
Vediamo ora un altro esempio: nel 2007 il reddito medio degli abitanti in Italia (o, come si dice
spesso e in modo meno chiaro, il P.I.L. pro capite in Italia) era di circa 29.500 € l’anno (in € dal potere di acquisto del 2014); nel
2014, a causa della crisi economica, scese, a parità di prezzi, a circa di 25.800 € l’anno (**). Quale fu la variazione percentuale?
Seguiamo il solito percorso: troviamo la diminuzione “assoluta” del reddito medio in Italia tra
il 2007 e il 2014 (29.500 – 25.800 = 3.700 € l’anno); rapportiamo la variazione al valore iniziale (3.700
÷ 29.500 = 0,125) ed esprimiamo il risultato, invece che in unità, in centesimi scrivendo 12,5% .
Così facendo, chi legge coglie più facilmente la misura della diminuzione: a causa della crisi
economica iniziata alla fine del 2007, nel 2014, dopo sette anni di crisi, in media ogni
abitante in Italia ha perso 12,50 € di reddito per ogni 100 € che guadagnava sette anni prima.
11
(*) Quando dovete fare dei calcoli con numeri talmente grandi da non poter essere scritti nella calcolatrice,
avete due strade:
1. dividete tutti i numeri presenti nel calcolo per uno stesso importo tondo (ad esempio per 1.000.000.000 o 1.000.000
o per 1.000, ed è opportuno che il divisore sia un numero “tondo” per poter effettuare la divisione semplicemente spostando la virgola di
qualche posto), poi eseguite i calcoli con i numeri così ridotti e infine, arrivati al risultato, lo moltiplicate per
l’importo utilizzato prima per ridurre i numeri; nell’esempio del testo se dividiamo per un milione (cioè
spostiamo la virgola di 6 posti) la sottrazione diventa: 37.000 – 12.950 = 24.050 e il numero così trovato (24.050) lo
moltiplichiamo per 1.000.000 arrivando al risultato corretto di 24.050.000.000;
2. utilizzate una calcolatrice dotata di “notazione scientifica” (vedi sempre le prime due pagine “ Aritmetica e equazioni”) e poi
non dovete spaventarvi alla vista di numeri espressi in questo modo:
3,7 * 1010 – 1,1295 * 1010 = 2,405 * 1010 , in quanto la calcolatrice sta semplicemente scrivendo il numero 37
miliardi come 3,7 moltiplicato per 10 miliardi (1010 è 1 seguito da 10 zeri, cioè 10 miliardi). In pratica la calcolatrice con
notazione scientifica fa la stessa cosa che fate voi seguendo la strada 1. : è come se dividesse i numeri per il
valore tondo 10 miliardi, anche se poi lascia il risultato nella forma “strana” della notazione scientifica. Lo
studente attento, però, capisce che 2,405 * 1010 lo si può trasformare nella forma “normale” spostando la
virgola di dieci posizioni, e quindi in 24.050.000.000 .
(**) Il dato del reddito annuo medio dei residenti in Italia (che sostanzialmente coincide con il cosiddetto “PIL pro-capite) è
ottenuto dividendo il reddito annuo complessivo degli italiani (più o meno il cosiddetto PIL – “Prodotto Interno Lordo” – italiano)
per il numero degli abitanti in Italia in quell’anno. Non stupirti se leggi che in media quest’anno ogni
italiano ha un reddito annuo così (apparentemente) alto, superiore a 25.000 € (e quindi una famiglia di quattro persone
oltre 100.000 €): il reddito di cui si tiene conto, infatti, non è quello “disponibile”, cioè spendibile, dalla famiglia;
ad esso si aggiunge anche la parte del reddito (pari a circa altrettanto, cioè circa il 100% del reddito spendibile) prodotto dai
cittadini ma che essi non possono spendere come vogliono perché viene loro tolto dallo stato (detto meglio: dalla
pubblica amministrazione) che poi in cambio offre i servizi pubblici gratuiti (o a prezzi più bassi del costo che sopporta per
produrli) come l’istruzione (con le scuole e le università pubbliche ecc.), la sanità (con ospedali, medici delle A.S.L. ecc.), l’ordine pubblico e la sicurezza (con polizia, carabinieri, vigili del fuoco, vigili urbani, esercito, marina ecc.), la giustizia (con magistrati, tribunali, carceri ecc.), le strade, le pensioni, i cimiteri ecc. ecc. . I dati precisi li trovi su http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCCN_PILPRODQ&Lang=#
7.3) Un aumento dell’X% non compensa una diminuzione dell’X%.
Nell’estate del 2008 il prezzo del petrolio era circa 140 $ al barile; pochi mesi dopo, in ottobre,
il prezzo precipitò a circa 70 $ al barile. La diminuzione assoluta fu perciò di 70 $ (140 – 70) e la
variazione percentuale fu del 50% (70 / 140 = 0,5 e ½ equivale a 50 centesimi o 50%). Come potete
constatare, una diminuzione del 50% significa il dimezzamento del valore iniziale.
Dopo il crollo subito fra l’estate e l’autunno, il prezzo del petrolio cominciò a risalire
registrando, all’inizio del 2011, un aumento del 60% rispetto ai 70 € di ottobre 2008.
Chi non ha dimestichezza con le percentuali (= chi non le usa abitualmente) in genere pensa che se, come
nell’esempio, una grandezza prima diminuisce del 50% e poi aumenta del 60%, alla fine è
maggiore di quanto era all’inizio. Invece non è così.
Torniamo all’esempio del petrolio: abbiamo visto che il suo prezzo iniziale (dell’estate 2008) di
140 € diminuì del 50% portandosi così a 70 € (la metà di prima); ora vedremo come il successivo
aumento del 60% non fu in realtà sufficiente a riportarlo al valore iniziale (e tanto meno, quindi, a
valori superiori a 140 $): l’aumento del 60% c’è effettivamente stato, ma deve essere applicato al
prezzo di 70 €, e non a quello iniziale di 140.
12
Questo significa che dopo essersi dimezzato scendendo a 70 $ al barile, se il prezzo è
aumentato del 60% (di 70 $) vuol dire che è aumentato di 42 $ (70 x 60%, cioè 70 x 0,6) e quindi ha
raggiunto i 112 $ (70 + 42) e non è certamente tornato ai precedenti 140 (né tanto meno li ha superati).
Per poter tornare a 140 $ al barile, il prezzo di 70 $ doveva raddoppiare, vale a dire che
doveva aumentare del 100% (detto in altre parole: avrebbe dovuto aumentare di 100 € per ogni 100 € di prezzo precedente).
Questo capita perché la diminuzione percentuale la si calcola in rapporto al valore iniziale (che è
maggiore), mentre il successivo aumento percentuale si applica a un valore che è diventato minore.
Se avessi fatto un esempio con una diminuzione ancora più forte del dimezzamento (più elevata,
cioè, del 50%), l’effetto sarebbe risultato ancor più evidente: se un valore si riduce, ad esempio, del
95% (come, tornando a un caso precedente, è capitato negli ultimi quattro anni al prezzo di qualche banca) significa che si riduce a un
ventesimo (100 – 95 = 5 e 5 è un ventesimo di 100), e una volta arrivato così in basso (5 €) per tornare a
dove era prima (100 €) dovrà riguadagnare i 95 € persi, ma 95 su 5 (95 ÷ 5) è il 1.900% (millenovecento %).
Riprendiamo, infine, un altro esempio, quello del reddito annuo medio degli italiani che si è
ridotto, tra il 2019 e il 2020, di 2.325 €, circa dell’8,3% (passando da 28.000 a 25.675 €): per tornare ai
valori iniziali (per tornare cioè a 28.000 € l’anno) il reddito dovrà aumentare non dell’8,3% bensì di un
po’ di più, circa del 9,1% [ i 2.325 € necessari per riconquistare la posizione di partenza (28.000 €) sono, rispetto ai 25.675
€ da cui occorre risalire, il: 2.325 ÷ 25.675 = 0,0906 e cioè, arrotondando, il 9,1% ]
Per lo stesso motivo, mentre la diminuzione percentuale non può essere superiore al 100% (se
una grandezza diminuisce del 100% si annulla e di una qualunque cosa non può esserci meno di niente) (*), l’aumento
percentuale non ha limiti: pensiamo ad esempio ai canguri che dal momento in cui vengono
partoriti a quando sono adulti vedono il loro peso aumentare da circa 2 grammi a circa 100 kg
(cioè 100.000 grammi), e quindi l’aumento percentuale del loro peso negli anni successivi alla nascita
è pari al 4.999.900% [ l’aumento assoluto è di 99.998 grammi (100.000 – 2); il rapporto fra l’aumento e il valore
iniziale è: (99.998 ÷ 2) = 49.999 che, espresso non in unità ma in centesimi è quindi 4.999.900% ].
(*) In realtà quanto scritto non vale in tutti i casi in cui una grandezza può assumere valori
negativi, come ad esempio la temperatura: se tra luglio e gennaio la temperatura media mensile
in una località alpina passa da + 25° a – 15°, la temperatura è scesa di 40° [25 – (– 15)], e una
diminuzione di 40 rispetto al valore iniziale di 25 è una diminuzione del 160% (40 / 25 = 1,6 → 160%)
13
Le EQUAZIONI (di primo grado)
8) La proprietà convertitrice del segno “ = ” (uguale)
Se leggete “ 3 + 5 – 1 = 7 ” oppure “ 4 × 2 = 24 ÷ 3 ” non vi stupite e siete anche in grado di
comprenderne il senso. Questo perché conoscete, oltre al significato dei simboli delle
operazioni e delle cifre, anche il significato del simbolo “ = ” (uguale).
Non tutti, probabilmente, conoscono invece la proprietà “convertitrice” che il simbolo “ = ” ha
sulle quattro operazioni.
Prendiamo .3 + 5 – 1 = 7 n . ; usando gli stessi numeri possiamo scrivere, tra le tante, anche queste
altre uguaglianze:
➢ 3 – 1 = 7 – 5 (2 = 2) e verificare così che spostandolo dall’altra parte dell’=, il “sommatore” 5 si è trasformato in un “sottrattore”. Possiamo anche dire che il 5 per scavalcare l’= ha dovuto
invertire la sua funzione: da + 5 si è trasformato in – 5.
➢ 5 – 1 = 7 – 3 (4 = 4); qui è il 3 che, per trasferirsi dall’altra parte dell’= e far sì che l’uguaglianza
sia ancora rispettata, ha dovuto invertire la sua funzione, e da + 3 si è trasformato in – 3.
➢ 3 + 5 = 7 + 1 (8 = 8); in questa è l’1 che ha voluto farsi un viaggio al di là dell’=, ma per
farlo ha dovuto trasformarsi da “sottrattore” in “sommatore” (da – 1 a + 1);
➢ 3 = 7 – 5 + 1 (3 = 3); si sono spostati il + 5 e il – 1 trasformandosi in – 5 e in + 1;
➢ 0 = 7 – 5 – 3 + 1 (0 = 0); qui son voluti partire tutti – a parte il 7 – per trasferirsi dall’altra
parte dell’= , e così a sinistra c’è rimasto il nulla (lo zero) e a destra dell’uguale si sono tutti
convertiti (a parte il 7 che non si è spostato).
Gli spostamenti possono essere fatti sia da sinistra a destra che da destra a sinistra: la regola del
cambio di segno non cambia; se il 7 scavalca l’= da destra a sinistra si avrà: 3 + 5 – 1 – 7 = 0
Procediamo allo stesso modo partendo, questa volta, da 4 × 2 = 24 ÷ 3 ... (8 = 8) Tra le
tante combinazioni possiamo ad esempio scrivere:
24 ÷ 3
♦ 4 = ------------------------------------------------------- ; il 2 prima era un “moltiplicatore” e ora, scavalcato l’=, è diventato un “divisore”;
2
♦ 4 × 2 × 3 = 24; qui è il 3 che per trasferirsi da destra a sinistra dell’= ha dovuto rassegnarsi a
convertirsi da “divisore” a “moltiplicatore”.
♦ 4 × 3 = 24 ÷ 2; in questo caso il × 2 passando da sinistra a destra dell’uguale è diventato ÷ 2,
mentre il ÷ 3 che era a destra dell’= è diventato, a sinistra, un × 3.
24 ÷ 3
♦ 2 = ------------------------------------------------------- ; il 4 prima era un “moltiplicatore” e ora, scavalcato l’=, è diventato un “divisore”.
4
Nota per gli appassionati di matematica: quanto visto in questa pagina è un modo diverso di illustrare quelli che i libri di testo definiscono i “principi di equivalenza delle equazioni” che, un po’ semplificati, possono essere così esposti:
primo principio di equivalenza: data un'equazione, aggiungendo o togliendo ad entrambi i membri uno stesso numero si ottiene un'equazione equivalente;
secondo principio di equivalenza: data un'equazione, moltiplicando ambo i membri per un numero diverso da zero si ottiene un'equazione equivalente.
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9) La semplicità e l’utilità delle equazioni (di primo grado).
Alle medie alcuni di voi hanno già fatto le equazioni di primo grado e altri, invece, non le
hanno mai viste. Sia in un caso sia nell’altro non dovete preoccuparvi: se avete capito il
paragrafo di prima (8)) siete ormai in grado di “risolvere le equazioni”. E saper usare le
equazioni è estremamente importante (e non certo solo per poter essere promossi da me).
I problemi semplici si possono risolvere con strumenti matematici semplici e minime dosi di
logica. Ad esempio: un uomo di 48 anni ha un figlio di 12; quanti anni aveva il padre quando nacque suo figlio?
Risp.: 48 – 12 = 36 anni. E’ bastato conoscere la sottrazione e avere un po’ di logica.
Man mano, però, che i problemi si fanno più complessi, la loro soluzione richiede dosi più
impegnative di logica e strumenti matematici più potenti.
Ad esempio: un uomo ha 48 anni e suo figlio 12; tra quanti anni il padre avrà il doppio degli anni del figlio?
Questa volta l’applicazione degli strumenti matematici più elementari (cioè le quattro operazioni) non
permette di giungere alla soluzione (a meno di andare, stupidamente, a tentativi fino a che si è trovato il valore corretto che
verifica le condizioni). Le equazioni sono uno strumento estremamente utile per risolvere i problemi, e
l’equazione di primo grado (l’unica che useremo almeno fino alla terza) ha il duplice pregio (= il doppio merito) di essere
uno strumento ancora piuttosto semplice da maneggiare (= da usare) e contemporaneamente di avere
già una buona potenza, nel senso che con essa si riescono a risolvere problemi anche non banali.
Un’equazione è una uguaglianza (come, ad esempio, “ 6 + 5 - 1 = 12 – 2 ”) di cui però non si conoscono
tutti i dati: ad esempio “ 15 + x = 20 - 2 ” è un’equazione (con una sola incognita), e risolvere
un’equazione significa trovare il dato nascosto (o i dati nascosti se le incognite sono più di una).
Nella soluzione dei problemi serve prima la logica (per impostare l’equazione
corretta) e poi la tecnica (per padroneggiare lo strumento dell’equazione e risolverla senza errori).
L’esercizio (nel senso di allenamento) non saltuario (= regolare, costante) è indispensabile per acquisire naturalezza
in entrambi i campi (cioè nell’usare la logica e cavarsela con la matematica).
Ricordati: uscire dal banco e venire alla lavagna per scrivere “oggi c’è un bel sole” ti sembra una
prova facilissima, mentre in realtà è straordinariamente complessa: solo per mantenere
l’equilibrio usi contemporaneamente centinaia di muscoli e devi coordinare in modo perfetto i
loro movimenti; la scrittura corretta della frase implica poi l’utilizzo di regole grammaticali
tutt’altro che semplici. Se ora ti sembra facile è perché per anni hai fatto continui esercizi e,
soprattutto all’inizio, tanti errori (hai continuato a cadere almeno fino ai tre anni e ancora a sette scrivevi “ogi ce un bel sole”).
Ecco perché, anche se all’inizio non ti sarà facile, devi impegnarvi a risolvere i problemi
utilizzando lo strumento delle equazioni: col tempo diventerà più semplice fino a risultare
naturale come ti sembra semplice e naturale il camminare. E una volta che ti sembrerà naturale
usare le equazioni di primo grado, sarai in grado di cominciare a maneggiare strumenti più
complessi e più potenti, che ti permetteranno di risolvere situazioni davanti alle quali la gran
parte delle persone si arrende immediatamente. Il processo di crescita mentale e culturale è
graduale, esattamente come il miglioramento nelle attività sportive: solo con tanto allenamento
si arriva, gradualmente, a giocare bene a pallavolo, e non puoi sperare di riuscire nella “veloce
avanti” se prima con l’esercizio e l’abitudine non hai acquisito naturalezza nell’esecuzione dei
fondamentali più semplici.
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Per risolvere i problemi usando lo strumento delle equazioni si segue questo percorso:
➢ a) prima si battezza con un simbolo (normalmente si usano le lettere X, Y ecc., ma vanno benissimo anche a, b, z, o
anche #, §, ☺ ╜ o quello che vi pare) il (o i) dato (i) ignoto (i) che si vuole arrivare a conoscere;
➢ b) poi si formalizza in linguaggio matematico il problema, impostando l’equazione: si
tratta, cioè, tradurre il testo dall’italiano al matematichese;
➢ c) infine si risolve l’equazione applicando la funzione convertitrice del segno “ = ” vista
nel paragrafo precedente a pagina 7.
10) Soluzione di problemi con le equazioni (di primo grado): primi esempi.
Premetto subito di essere ben consapevole che i primi problemi sono talmente semplici da fare
apparire stupida l’idea di risolverli con le equazioni. Se ve li propongo, è per cominciare a
familiarizzare con il percorso ( a) b) c) ) descritto appena sopra.
Esempio 1: Giada ha speso 1.662,50 € per comprare 50 grammi d’oro; quale è il prezzo al grammo dell’oro che ha comprato?
a) Chiamo X (o P o quello che ti pare) il prezzo al grammo dell’oro;
b) Riscrivo il problema in questi termini: X × 50 = 1.662,50 [il prezzo di un grammo d’oro ( X ) moltiplicato per 50 è pari a 1.662,50 €]
c) Isolo (= lascio da sola) l’incognita X portando il suo moltiplicatore “50” dall’altra parte [e convertendolo così in divisore]: X = 1.662,50 ÷ 50 e calcolo così il prezzo al grammo dell’oro [ Ris. 33,25 € ].
Esempio 2: Telemaco ha comprato un televisore da 450 € e 30 DVD. In tutto ha speso 585,00 €. Quanto ha pagato ogni DVD?
a) Chiamo X (o P o ☺ o quello che ti pare) il prezzo di un DVD;
b) Traduco il testo del problema in questo modo: 450 + 30 × X = 585 [il prezzo del televisore (450) più 30 volte il prezzo di un DVD ( X ), in totale fa 585 €];
c) Isolo l’incognita (questa volta in due passaggi): 30 * X = 585 – 450; → X = 135 ÷ 30 [ Ris. 4,50 € ].
Adesso qualche problema un po’ meno semplice da risolvere se non si usano le equazioni.
Esempio 3: Anna vuole acquistare un’auto che costa 13.900 €. Se riuscisse a raddoppiare i risparmi che ha adesso, per comprare l’auto dovrebbe comunque trovare altri 3.400 €. Quanti risparmi ha ora Anna?
a) Chiamo X (o R o ♥ o quello che ti pare) l’importo dei risparmi che attualmente possiede Anna;
b) Traduco in matematichese il testo: 2 * X + 3.400 = 13.900 [il doppio dei risparmi attuali (2*X) più 3.400 €
sono pari al totale di 13.900 € che deve spendere per comprare l’auto);
c) Isolo l’incognita: 2 * X = 13.900 – 3.400; → X = 10.500 ÷ 2 [ Ris. 5.250 € ].
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Quando vi è solo un dato da trovare (o, come si dice, quando c’è solo una “incognita”), allora è sufficiente
avere a disposizione una sola equazione che mette in relazione fra loro i dati del problema; è
stato il caso dei tre esempi fatti fino a ora. Quando, invece, ci sono due dati da trovare (o, come si
dice, ci sono due “incognite”), allora è necessario individuare due equazioni, cioè scrivere due
uguaglianze che mettono in relazione i dati del problema.
Se ho a disposizione una sola equazione con due incognite allora i risultati possibili sono
infiniti: se ad esempio sapessimo soltanto che Leporello ha il quadruplo delle figurine del suo
amico Masetto, non potremmo mai sapere quante figurine possiedono i due amici: i risultati
possibili sono infiniti: Leporello potrebbe avere 4 figurine e Masetto 1, o anche Leporello 8 e
Masetto 2 come pure Leporello 400 e Masetto 100 ecc.
Adesso un esempio di problema con due incognite che è risolvibile solo con l’uso delle
equazioni. Senza di esse la soluzione può essere trovata solo andando a tentativi e impiegando
così un sacco di tempo e facendo anche la figura dello stupido o, quantomeno, dell’ignorante.
Esempio 4: Leporello ha il quadruplo (= quattro volte di più) delle figurine di Masetto, e le figurine che ha Masetto sono 111 in meno di quelle possedute da Leporello. Quante figurine ha Leporello e quante Masetto?
a) Chiamo L (o X o ♣ o quello che ti pare) il numero di figurine possedute da Leporello, e invece
chiamo M (o Y o ♫ o quello che ti pare) il numero di figurine in mano a Masetto;
b) Traduco il testo in queste due equazioni: la prima è: L = 4 * M (il numero di figurine di Leporello è pari
al quadruplo delle figurine di Masetto); e la seconda è: M = L – 111 (il numero di figurine di Masetto è pari a quelle di
Leporello meno 111). Sostituisco poi una delle due incognite (ad esempio M) di una equazione (ad esempio la
prima) con il suo valore indicato nell’altra equazione (e quindi, nel nostro caso, nella seconda): L = 4 * (L – 111);
[ ho cioè messo al posto della M della prima equazione (“L = 4 * M”) il suo valore (L – 111) che ho letto nella seconda equazione
(“M = L – 111”); in questo modo L = 4 * M è diventato L = 4 * (L – 111) ]
c) Isolo, nella nuova equazione così trovata, l’unica incognita rimasta (L): L = 4* L – 444 →
→ 444 = 4* L – L → 3* L = 444 → L = 444 ÷ 3 [ Ris. Leporello 148 figurine ].
d) Sostituisco ora il valore trovato di L (148) in una delle due equazioni iniziali, ad esempio
nella seconda: M = 148 – 111 [ Ris. Masetto 37 figurine ]. [e, infatti, 4 × 37 = 148].
E ora finiamo gli esempi con il problema proposto all’inizio, uno dei tanti che possono essere
risolti solo con l’uso delle equazioni (a parte il sistema “stupido” di andare a tentativi finché si arriva al risultato giusto):
Esempio 5: un uomo ha oggi 48 anni e suo figlio 12; tra quanti anni il padre avrà il doppio degli anni del figlio?
a) Chiamo a (o X o ► o quello che ti pare) il numero di anni che devono trascorrere prima che le due
età diventino una il doppio dell’altra;
b) Trasformo il testo del problema in questa equazione: 48 + a = 2 * (12 + a); in questo modo ho
imposto che l’età che il padre avrà fra “a” anni (ne avrà “48 + a”) sia il doppio di quella che nello stesso momento avrà il figlio (l’età del figlio sarà “12 + a”);
c) Isolo l’incognita: a = 2 * (12 + a) – 48 → a = 24 + 2a – 48 → 48 – 24 = 2a – a →
→ 24 = a [ Ris fra 24 anni il padre avrà il doppio degli anni di suo figlio].
[e, infatti, 48 + 24 = 72 mentre 12 + 24 = 36; e 72 è il doppio di 36].
17
Per tentare di alleggerire un po’ l’argomento e contemporaneamente rassicurarvi sulla
possibilità di comprenderlo, vi propongo la spiegazione che Albert Einstein diede a suo nipote
di otto anni del metodo per risolvere le equazioni di 1° grado, cioè per cavarsela con l’aspetto
“tecnico” del problema (ma non della parte che coinvolge la “logica”).
Sembra che il bimbo, che pure – al contrario di suo nonno – non era un genio, non abbia in seguito
mai avuto difficoltà con le equazioni di primo grado. Io non sono certo Einstein, però voi di
anni non ne avete 8 ma quasi il doppio, per cui anche voi – se solo vi impegnerete a sufficienza – dovete
riuscire a risolvere le equazioni di primo grado.
Discorso un po’ diverso è l’impostazione delle equazioni necessarie a risolvere i problemi: qui,
come già detto, più della tecnica conta la logica; anche la logica, però, la si acquisisce
soprattutto con l’allenamento, perciò molto dipende dalla vostra volontà.
Comunque, ecco come Einstein spiegò al nipote di otto anni come si risolvono equazioni:
“X” è tuo nemico ma tu non conosci chi è e, per batterlo, devi scoprire la sua identità.
Comincia la battaglia tra te e X. Il campo di combattimento è questo: . 10,5 = 2,5 * X + 6,5 . e il
simbolo = rappresenta un fiume: tu sei da una parte con il tuo alleato 10,5 mentre X, il nemico,
sta dall’altra parte insieme ai suoi alleati 2,5 e 6,5.
Per batterlo tu devi isolare X, facendo in modo che chi adesso è con lui lo abbandoni e passi con
te, dalla tua parte del fiume. E, allo stato attuale, il moltiplicatore 2,5 e il sommatore 6,5 stanno
con X alla destra del fiume.
Per fare in modo che cambino alleanza e vengano dalla tua parte, gli alleati di X devono
convertirsi, devono quindi cambiare la loro natura: perciò una volta che passano dalla tua parte
(e cioè a sinistra del fiume “ = ”), 2,5 da moltiplicatore si trasforma in divisore, e il sommatore 6,5 si
converte diventando un sottrattore. 10,5 – 6,5
Ecco allora che la nuova situazione è: ---------------------------------- = X .
2,5
Ora il nemico, X, è isolato, solo e indifeso. Finalmente puoi, senza sforzo, capire quale identità
si cela (= si nasconde) dietro la sua maschera: ti basta fare il calcolo (10,5 – 6,5) / 2,5 = 1,6 .
Seguire le indicazioni di Einstein può servire per risolvere le equazioni, cioè nella parte finale
dello svolgimento del problema; prima, però, occorre impostare la (o le) equazioni corrette, ed
è qui che, come già detto, ancor più della tecnica occorre allenare la logica.
Ecco perché ti consiglio di applicare le equazioni anche nella soluzione dei problemi più
semplici alla cui soluzione ritieni di poter giungere procedendo come facevi alle elementari e
alle medie: devi acquisire familiarità col procedimento fino a quando ti risulterà naturale e
automatico.