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1 Comunicazione n° 4 del 26 Febbraio 2018 ( n° pagine 116 ) e-mail [email protected] Area: Sicurezza Lavoro notizie, documenti sui temi del governo della salute e della sicurezza nel lavoro e sulla responsabilità sociale da impresa TEMI TRATTATI a) ARTICOLO SU SENTENZA DI CONDANNA PER LESIONI GRAVI LEGATE A MALATTIA PROFESSIONALE (pag.5) b) DECRETO MINISTERIALE 21/3/1973 (Moca) e aggiornamenti : Materiali e oggetti a contatto con gli alimenti (pag.6) c) GAS FLORURATI :Registro dell’apparecchiatura per i controlli periodici per prevenzione di perdite di F- GAS (Reg.UE 517/2014) in Vigore dal 1/1/2015 (pag.16) d) GRADI di PROTEZIONE degli Involucri di Apparecchiature elettriche (codice IP) (pag.19) e) SENTENZA: sulla rimozione od omissione di cautele antinfortunistiche (pag.23) f) RISCHIO CHIMICO: i pericoli per la salute e l’ambiente (classificazione e caratteristiche di pericolosità) (pag.26)

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Comunicazione n° 4 del 26 Febbraio 2018 ( n° pagine 116 )

e-mail [email protected]

Area: Sicurezza Lavoro

notizie, documenti sui temi del governo della salute e della sicurezza

nel lavoro e sulla responsabilità sociale da impresa

TEMI TRATTATI

a) ARTICOLO SU SENTENZA DI CONDANNA PER

LESIONI GRAVI LEGATE A MALATTIA

PROFESSIONALE (pag.5)

b) DECRETO MINISTERIALE 21/3/1973 (Moca) e

aggiornamenti : Materiali e oggetti a contatto con

gli alimenti (pag.6)

c) GAS FLORURATI :Registro dell’apparecchiatura per

i controlli periodici per prevenzione di perdite di F-

GAS (Reg.UE 517/2014) in Vigore dal 1/1/2015

(pag.16)

d) GRADI di PROTEZIONE degli Involucri di

Apparecchiature elettriche (codice IP) (pag.19)

e) SENTENZA: sulla rimozione od omissione di

cautele antinfortunistiche (pag.23)

f) RISCHIO CHIMICO: i pericoli per la salute e

l’ambiente (classificazione e caratteristiche di

pericolosità) (pag.26)

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g) UNI 10449 :Manutenzione permesso di lavoro

(esempio di modulo) (pag.30)

h) DVR ATEX Polveri : guida CEI 31-56 alla EN 600-10-

2 (esempi di zone pericolose originatesi) (pag.35)

i) CEI EN 600-10-2 : aggiornata la norma sulla

classificazione dei luoghi di lavoro con pericolo di

esplosione (Atex polveri) (pag.45)

j) NORME UNI pubblicate nel mese di Gennaio 2018

(pag.46)

k) FORMAZIONE : la normativa e le responsabilità dei

formatori (pag.47)

l) SENTENZA: nuovo infortunio : da una sentenza

suggestiva ad una sentenza creativa (pag.49)

m) QUESITO PREVENZIONE INCENDI:

installazione di un portone REI scorrevole : quando

fornire la omologazione ? (pag.52)

n) EN 1090-1:2009 –A1:2011:applicazione piastre di

ancoraggio (SENTENZA Corte di Giustizia) (pag.52)

o) Valutazione Rischio Atex Lavoro :quadro tecnico-

normativo (pag.53)

p) SENTENZA: sulla necessità di provare la necessità

dell’utilizzo dei DPI (pag.59)

q) ATTENZIONE !!!!!!!OBBLIGO AGGIORNAMENTO

PER L’USO DI ALCUNE ATTREZZATURE DI

LAVORO (Scadenza al 12/03/2018) (pag.61)

r) MOVIMENTAZIONE MANUALE: rischio al rachide

(patologie e normativa) (pag.63)

s) Imparare dagli errori: le cadute senza scarpe di

sicurezza (pag.67)

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t) NOTA INPS: congedo obbligatorio paternità

lavoratore dipendente (pag.69)

u) SENTENZA: sulla carenza di sicurezza e

sull’inquinamento dei fatti (pag.70)

v) Sovraccarico Biomeccanico : valutazione dei rischi

e prevenzione (pag.72)

w) Immagini dell’insicurezza : fil di ferro strutturale

(pag.76)

x) SENTENZA (19/10/17): sulla responsabilità del CDA

nelle società di capitali per infortunio (pag.79)

y) Medico Competente: per l’ingresso di nuova

sostanza chimica (pag.81)

z) Reg.REACH: gli obblighi nel settore delle

costruzioni (pag.82)

aa) RISCHIO BIOLOGICO: monitoraggio ambientale

degli organismi di vigilanza (pag.85)

bb) Storie di Infortunio(ind.siderurgica) : sogni

bruciati (incidente e raccomandazioni) (pag.87)

cc) SENTENZA: sulle responsabilità per la mancata

formazione specifica (infortunio con trapano a

colonna) (pag.94)

dd) Rischi nel Settore Tessile: controllo tessuti e

macchine (pag.97)

ee) Equipaggiamenti di macchine utensili :IEC TS

60204-34:2016 (pag.100)

ff)ACCESSI a MACCHINARIO: le novità introdotte da

EN ISO 14122-X:2016 (pag.101)

gg) Dichiarazioni di conformità di impianti errata :

sanzioni in capo all’impresa (pag.103)

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hh) Colorazione bombole UNI EN 1089-3:fonte VVF

(pag.105)

ii) INAIL: banca dati agenti biologici ambienti di lavoro

(pag.107)

jj) INAIL: circolare su installazione e utilizzo di

impianti audiovisivi di controllo (pag.107)

kk) INAIL: la sicurezza nei lavori elettrici in alta

tensione (normativa e definizioni) (pag.108)

ll) Immagini della insicurezza: per fortuna qualcuno

mette il gilet ad alta visibilità (pag.112)

mm) RIFLESSIONE

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DM 21 Marzo 1973 MOCA

(materiali e oggetti a contatto con gli alimenti)

Sono definiti "materiali e oggetti a contatto con gli alimenti" (MOCA) quei materiali e

oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti (utensili da cucina e da tavola

recipienti e contenitori, macchinari per la trasformazione degli alimenti, materiali da

imballaggio etc.). Con tale termine si indicano anche i materiali ed oggetti che sono in

contatto con l’acqua ad esclusione degli impianti fissi pubblici o privati di

approvvigionamento idrico. I materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con gli

alimenti sono disciplinati da provvedimenti sia comunitari che nazionali. Per quanto

riguarda la normativa comunitaria, il documento di riferimento è il Regolamento CE

n. 1935/2004 che definisce i principi di carattere generale applicabili a tutti i materiali

e gli oggetti destinati a entrare in contatto con gli alimenti. il Regolamento stabilisce

che tutti i MOCA devono essere prodotti conformemente alle buone pratiche di

fabbricazione e, in condizioni d’impiego normale o prevedibile, non devono

trasferire agli alimenti componenti in quantità tale da:

- costituire un pericolo per la salute umana

- comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari

- comportare un deterioramento delle loro caratteristiche organolettiche.

A livello nazionale è il decreto del Ministro della Sanità del 21 marzo 1973 e

successivi aggiornamenti a contenere disposizioni dettagliate per l’idoneità

alimentare dei seguenti materiali e oggetti:

- materie plastiche

- gomma

- cellulosa rigenerata

- carta e cartone

- vetro

- acciaio inossidabile.

Lo spirito della normativa si basa sulle cosiddette “liste positive” delle sostanze, che

possono essere utilizzate nella produzione di tali materiali con le eventuali limitazioni e

restrizioni, nonché sulle modalità per il controllo dell’idoneità al contatto alimentare.Altri

materiali, che non figurano nel DM 21 marzo 1973, sono stati oggetto di provvedimenti

specifici:

- banda stagnata

- banda cromata verniciata

- ceramica

- alluminio.

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L’inclusione nelle liste positive è subordinata ad accertamento della loro idoneità per cui le

imprese interessate devono fornire gli elementi di valutazione necessari sulla base del

protocollo riportato nell’allegato I del D.M. 21 marzo 1973, come sostituito dall’allegato I

del Decreto 3 giugno 1994, n. 511.

Decreto Ministeriale 21 marzo 1973

Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari o con sostanze d'uso personale.

(Suppl. Ordinario alla GU n. 104 del 20 aprile 1973)

Aggiornamenti al decreto:

- Decreto del Ministero della Salute (DMS) del 3.8.74

Modificazione al decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente la disciplina igienica

degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari

o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 227 del 31-8-1974 pag. 5753

- DMS 19.11.74 (integrazione della lista positiva)

Aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973 riguardante la disciplina igienica

degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari

o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 319 del 6-12-1974 pag. 8496

- DMS 27.3.75 (modifica carte e cartoni)

Modificazione al decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente la disciplina igienica

degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari

o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 96 del 10-4-1975 pag. 2394

- DMS 13.9.75 (integrazione della lista positiva)

Modificazione al decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente la disciplina igienica

degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari

o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 272 del 13-10-1975 pag. 7237.

- DMS 18.6.79 (modifica carte e cartoni)

Aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973 riguardante la disciplina igienica

degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari

o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 180 del 3-7-1979 pag 5516

- DMS 2.12.80 (integrazione della lista positiva)

Aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente la disciplina igienica

degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari

o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 347 del 19-12-1980 pag. 10935

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- DMS 25.6.81

Aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente la disciplina igienica

degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari

o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 198 del 21-7-1981 pag. 4675

- DMS 2.6.82 (integrazione della lista positiva)

Aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973 concernente la disciplina igienica

degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari

o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 200 del 22-7-1982 pag 5177

- DMS 20.10.82 (integrazione della lista positiva)

Aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente la disciplina igienica

degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari

o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 340 del 11-12-1982 pag. 8982

- DMS 18.2.84 (scatole di latta)

Disciplina dei contenitori in banda stagnata saldati con lega stagno-piombo ed altri mezzi.

G.U. n. 76 del 16-3-1984 pag. 2294

- DMS 4.4.85 (integrazione della lista positiva)

Aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, riguardante la disciplina igienica

degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari

o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 120 del 23-5-85 pag. 3660

- DMS n. 395 del 7.8.87 (integrazione della lista positiva)

Aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente la disciplina igienica

degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari

e con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 226 del 28-9-1987 pag. 10

- DMS n. 243 del 1.6.88 (banda cromata)

Disciplina degli oggetti in banda cromata verniciata destinata a venire in contatto con gli

alimenti. G.U. n. 153 del 1-7-1988 pag. 7

- DMS n. 90 del 18.1.91 (integrazione della lista positiva, modifiche a carte e cartoni)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973 concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 67 del 20-3-1991 pag. 7

- DMS n. 408 del 30.10.91 (integrazione della lista positiva)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

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sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 303 del 28-12-1991 pag. 7

- DMS n. 220 del 26.4.93 (integrazione della lista positiva, modifiche a carte e

cartoni) Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973,

concernente la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in

contatto con le sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale. Recepimento delle

direttive 82/711/CEE, 85/572/CEE, 90/128/CEE e 92/39/CEE.

G.U. n. 162 del 13-7-1993 pag. 5

- DMS n. 322 del 15.7.93 (integrazione della lista positiva)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, dei recipienti e degli utensili destinati a venire in

contatto con le sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 199 del 25-8-1993 pag. 3

- DMS n. 511 del 3.6.94 (integrazione della lista positiva)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, dei recipienti e degli utensili destinati a venire in

contatto con le sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 198 del 25-8-1994 pag. 4

- DMS n. 156 del 24.2.95 (integrazione della lista positiva)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, dei recipienti e degli utensili destinati a venire in

contatto con le sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 103 del 5-5-1995 pag. 3

- DMS n. 405 del 13 luglio 1995 (banda stagnata)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 18 febbraio 1984

concernente la disciplina dei contenitori in banda stagnata saldati con lega stagno-piombo

ed altri mezzi.

S.O. n. 195 alla G.U. n.228 del 29-09-1995 pag. 5

- DMS n. 572 del 24.9.96 (integrazione della lista positiva)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, dei recipienti e degli utensili destinati a venire in

contatto con le sostanze

alimentari e con sostanze d’uso personale. Recepimento della direttiva 95/3/CE. S.O.

n.195 alla G.U. n. 264 del 11-11-1996

- DMS n. 338 del 22.07.1998 (integrazione della lista positiva e requisiti di purezza,

condizioni per i test di migrazione) Regolamento recante aggiornamento del decreto

ministeriale 21 marzo 1973, concernente la disciplina igienica degli imballaggi, dei

recipienti e degli utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari e con

sostanze d’uso personale, a seguito del recepimento della direttiva n.97/48/CE

G.U. n. 228 del 30-09-1998 pag. 13

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- DMS n. 322 del 4.8.99 (integrazione della lista positiva)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1993 concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 218 del 16-9-1999 pag. 14

- DMS n. 538 del 17.12.99 (limiti per gli ftalati)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 28 del 4-2-2000 pag.7

- DMS n. 411 del 1.12.2000 (integrazione della lista positiva)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 11 del 15-1-2001 pag. 3

- DMS n. 267 del 30 maggio 2001 (modifiche a carte e cartoni)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 155 del 6.7.2001 pag. 12

- DMS n. 299 del 22.12.2005 (Plastica riciclata)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, dei recipienti e degli utensili destinati a venire in

contatto con le sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

G.U. n 37 del 14-02-2006 pag. 12

- DMS n. 76 del 18.4.07 (alluminio)

Regolamento recante la disciplina igienica dei materiali e degli oggetti di alluminio e di

leghe di alluminio destinati a venire a contatto con gli alimenti.

G.U. n. 141 del 20-6-2007 pag. 5

- DMS n. 217 del 25.9.07 (modifiche a carte e cartoni)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 270 del 20-11-2007 pag. 4

- DMS n. 269 del 12.12.07 (acciaio inossidabile)

Regolamento recante aggiornamento del decreto 21 marzo 1973, concernente la

disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a contatto con le

sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale, limitatamente agli acciai inossidabili.

G.U. n. 32 del 7-2-2008 pag. 18

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- DMS n. 270 del 12.12.07 (integrazione della lista positiva)

Regolamento recante aggiornamento del decreto 21 marzo 1973, recante la disciplina

degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari

o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 33 dell’8-2-2008 pag. 4

- DMS n. 215 del 10.12.08 (acciaio inossidabile)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a contatto con le

sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale, limitatamente agli acciai inossidabili.

G.U. n. 20 del 26-1-2009 pag. 1

- Decreto n. 176 del 27.10.2009 (acciai inossidabili)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a contatto con le

sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale, limitatamente agli acciai inossidabili.

G.U. n. 287 del 10/12/2009

- Decreto 18 maggio 2010, n. 113 (bottiglie in polietilentereftalato riciclato)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a contatto con le

sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale, limitatamente alle bottiglie in

polietilentereftalato riciclato.

G.U. n. 168 del 21 luglio 2010

- Decreto n. 258 del 21.12.2010 (acciai inossidabili)

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a contatto con le

sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale, limitatamente agli acciai inossidabili.

G.U. n. 28 del 04/02/2011

- Decreto n.72 del 4 aprile 2012 (carte e cartoni)

Regolamento concernente aggiornamento del decreto del Ministro della sanità 21 marzo

1973, recante: «Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in

contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale» limitatamente alle

carte e cartoni.

G.U.R.I. n. 129 del 5 giugno 2012

- Decreto 16 aprile 2012, n. 77 (cassette in polipropilene e polietilene riciclato)

Regolamento recante aggiornamento del decreto del Ministro della sanità 21 marzo 1973,

recante: “Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in

contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale, limitatamente alle

cassette in polipropilene e polietilene riciclato.

G.U.R.I. n. 135 del 12 giugno 2012

- Decreto 9 luglio 2012, n. 139 (bottiglie in polietilentereftalato riciclato)

Regolamento recante integrazioni al decreto del Ministro della sanità 21 marzo 1973

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recante: «Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a

contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale», inerenti le bottiglie in

polietilentereftalato riciclato.

G.U.R.I. n. 191 del 17 agosto 2012

- Decreto 4 febbraio 2013, n. 23 (integrazione della lista positiva)

Regolamento relativo all’aggiornamento del decreto del Ministro della sanità 21 marzo

1973, recante: «Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in

contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale».

G.U.R.I. n. 71 del 25 marzo 2013

- Decreto 20 settembre 2013, n. 134 (bottiglie in polietilentereftalato riciclato)

Regolamento recante aggiornamento del decreto del Ministro della sanità 21 marzo 1973,

recante: «Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a

contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale», limitatamente a

bottiglie e vaschette in polietilentereftalato riciclato

G.U.R.I. n. 285 del 5 dicembre 2013

- Decreto 11 novembre 2013, n. 140 (acciai inossidabili)

Regolamento recante aggiornamento al decreto del Ministro della sanità 21 marzo 1973

recante: “Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a contatto

con le sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale” limitatamente agli acciai

inossidabili

G.U.R.I. n. 294 del 16 dicembre 2013

- Decreto 6 agosto 2015, n. 195 (acciai inossidabili)

Regolamento recante aggiornamento limitatamente agli acciai inossidabili al decreto del

Ministro della sanità 21 marzo 1973, recante: “Disciplina igienica degli imballaggi,

recipienti, utensili destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari o con sostanze

d’uso personale”.

G.U.R.I n.288 dell’11 dicembre 2015

- D.Lgs. No. 108 del 25.1.92

Attuazione della Direttiva 89/109/CEE concernente i materiali e gli oggetti destinati a

venire a contatto con i prodotti alimentari. Pubblicato nel supplemento ordinario n. 31 alla

G.U. Serie Generale n. 39 del 17-2-1992 pag. 1201

- DPR No. 777 23.8.82

Attuazione della direttiva (CEE) n. 76/893 relativa ai materiali e agli oggetti destinati a

venire a contatto con i prodotti alimentari. G.U. n. 298 del 28/10/1982

80/590/CEE (symbol)

- DMS del 25.6.1981

Aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente la disciplina igienica

degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari

o con sostanze d’uso personale.

G.U. n. 198 del 21-7-1981 pag. 4675

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- DMS del 16.02.2011

Recepimento della direttiva 2011/8/UE della Commissione del 28 gennaio 2011 che

modifica la direttiva 2002/72/CE per quanto riguarda le restrizioni di impiego del bisfenolo

A nei biberon di plastica.

G.U. n. 63 del 18/3/2011

- DMS No. 220 del 26.4.93

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

Recepimento delle direttive 82/711/CEE, 85/572/CEE, 90/128/CEE e 92/39/CEE. G.U. N

162 del 13.07.1993, pag.5

- DMS No. 220 del 26.4.93

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

Recepimento delle direttive 82/711/CEE, 85/572/CEE, 90/128/CEE e 92/39/CEE. G.U. N

162 del 13.07.1993, pag.5

- DMS No. 735 del 28.10.94

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

Attuazione delle direttive 93/8/CEE e 93/9/CEE. G.U. N.1 del 02.01.1995, pag.3

- DMS No. 572 del 24.9.96

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

Recepimento della direttiva 95/3/CE

S.O n.195 alla G.U. N. 264 del 11.11.1996

- DMS No. 91 del 6.2.97

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

Recepimento della direttiva 96/11/CE.

G.U. N. 77 del 03.04.1997 pag. 28

- DMS No. 210 del 15.6.2000

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

Recepimento della direttiva 99/91/CE. G.U. N. 175 del 28.7.2000, pag. 8

- DMS No. 123 del 28.3.2003

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Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

Recepimento delle direttive n. 2001/62/CE, 2002/16/CE e 2002/17/CE. S. O. n.89/L alla

G.U. N. 125 del 31.5.2003 (N.89/L)

- DMS No 227 del 4.5.2006

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

Recepimento delle direttive n. 2004/1/CE, 2004/13/CE e 2004/19/CE. G.U. N. 159 del

11.7.2006, pag. 4

- DMS No 82 of 18.4.07

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale.

Recepimento della direttiva 2005/79/CE S.O. n.149/L alla G.U. N. 151 del 2.7.2007

- DMS No 174 del 24.9.08

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale.

Recepimento della direttiva 2007/19/CE. S.O. n.246/L alla G.U. N. 261 del 7.11.2008

- DMS del 23.4.09

Aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente la disciplina igienica

degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari

o con sostanze d’uso personale.

Recepimento della direttiva 2008/39/CE (materie plastiche) G.U. N.144 del 24.6.2009,

pag. 21

- Corrigendum (G.U. n 147 del 27 giugno 2009 e G.U. n.160 del 13 luglio 2009)

- DMS No. 220 del 26.4.93

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

Recepimento delle direttive 82/711/CEE, 85/572/CEE, 90/128/CEE e 92/39/CEE. S.O. n.

64 alla G.U. n. 162 del 13-7-1993

- Corrigendum G.U. n. 257 del 2-11-1993

- DMS No. 735 del 28.10.94

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

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Attuazione delle direttive 93/8/CEE e 93/9/CEE. G.U. N. 1 del 02.01.1995, pag. 3

- DMS n.338 del 30.9.98

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale, a seguito del recepimento della

direttiva n. 97/48/CE.

G.U. N. 228 del 30.09.1998, pag. 13

- DMS No. 556 del 10.7.94

Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente

la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le

sostanze alimentari e con sostanze d’uso personale.

Attuazione delle direttive 93/10/CEE e 93/111/CE. G.U. n. 229 del 30.09.1994, pag. 5

- DMS No. 230 del 10.5.2006

Regolamento recante recepimento della direttiva 2004/14/CE del 29 gennaio 2004 che

modifica la direttiva 93/10/CEE relativa ai materiali e agli oggetti di pellicola di cellulosa

rigenerata destinati a venire a contatto con gli alimenti.

G.U. n. 160 del 12.07.2006

- Decreto 31 maggio 2016, N. 142 (cellulose rigenerata)

Regolamento recante aggiornamento al decreto del Ministro della sanità 21 marzo 1973

concernente la «Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire in

contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale», limitatamente agli

oggetti di cellulosa rigenerata.

G.U.R.I n. 173 del 26 Luglio 2016

- DMS del 4.4.85

Disciplina degli oggetti di ceramica destinati ad entrare in contatto con i prodotti alimentari

G.U. n. 98 del 26.04.1985, pag. 3033

- DMS del 1.2.2007

Recepimento della direttiva n. 2005/31/CEE della Commissione del 29 aprile 2005, che

modifica la direttiva 84/500/CEE del Consiglio, per quanto riguarda una dichiarazione di

conformità ed i criteri di efficienza dei metodi di analisi per gli oggetti di ceramica, destinati

ad entrare in contatto con i prodotti alimentari.

G.U. n. 66 del 20.03.2007, pag. 32

- DMS del 8.2.95

Recepimento della direttiva 93/11/CEE della Commissione del 15 marzo 1993

concernente la liberazione di N-nitrasammine e di sostanze N-nitrosabili da succhiotti e

tettarelle di elastomero o di gomma naturale.

G.U. n. 68 del 22.03.1995, pag. 17

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Gas Floururati: Registro

dell'Apparecchiatura

"Registro dell'Apparecchiatura", per i controlli periodici per la prevenzione di

perdite di F-GAS (Regolamento n. 517/2014/UE)

- "dotato" da parte degli operatori (proprietario dell’apparecchiatura o dell’impianto

o soggetto terzo delegato)

- "compilato" da tecnico incaricato di effettuare il controllo periodico delle perdite di

refrigerante dell’apparecchiatura (in possesso dei requisiti professionali del D.M.

37/08)

In applicazione già dal 1° gennaio 2015.

Apparecchiature soggette ad obbligo

Il registro e i controlli periodici per la prevenzione di perdite di F-GAS sono obbligatori per

apparecchiature fisse di climatizzazione estiva e pompe di calore contenenti quantitativi di

gas refrigerante ad effetto serra (HFC – carica di refrigerante) pari o superiori a 5 Ton

CO2eq o 10 Ton CO2eq se ermeticamente sigilliate.

Soggetti responsabili

L’obbligo di dotare il proprio climatizzatore o pompa di calore del registro

dell’apparecchiatura è responsabilità dell’operatore.

Il proprietario dell’apparecchiatura o dell’impianto è considerato operatore qualora

non abbia delegato a una terza persona l’effettivo controllo sul funzionamento

tecnico degli stessi. Per “effettivo controllo sul funzionamento tecnico” di

un’apparecchiatura o di un impianto si intende, in linea di principio, avere:

- libero accesso all’impianto, che comporta la possibilità di sorvegliarne i

componenti e il loro funzionamento, e la possibilità di concedere l’accesso a terzi;

- il controllo sul funzionamento e la gestione ordinari (ad es. prendere la decisione

di accensione e spegnimento);

- il potere (compreso il potere finanziario) di decidere in merito a modifiche tecniche

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(ad esempio, la sostituzione di un componente, l’installazione di un sistema di

rilevamento permanente delle perdite), alla modifica delle quantità di gas fluorurati

nell’apparecchiatura o nell’impianto e all’esecuzione di controlli delle perdite o

riparazioni.

Chi compila il registro

Il registro dell’apparecchiatura è compilato dal tecnico incaricato di effettuare il controllo

periodico delle perdite di refrigerante dell’apparecchiatura. Per poter “intervenire sul

circuito frigorifero” il tecnico deve possedere, non solo i requisiti professionali del

D.M. 37/08, ma anche la certificazione F-gas con relativo numero di patentino.

Le persone o aziende certificate a livello nazionale sono consultabili al link:

http://www.fgas.it/

le attività per cui vi è l’obbligo di patentino F-gas sono:

a) installazione, manutenzione, riparazione o smantellamento se prevedono

interventi diretti sul circuito frigorifero;

b) controlli delle perdite;

c) recupero F-gas.

Dati da riportare sul registro

- Dati identificativi dell’operatore.

- Dati identificativi dell’impianto e delle singole dell’apparecchiature (ubicazione,

caratteristiche tecniche, componenti, ecc.).

- Dati identificativi dell’azienda certificata F-gas.

- Elenco degli interventi di manutenzione relativi ai controlli periodici delle perdite di

refrigerante e finalizzati al contenimento delle emissioni di gas ad effetto serra in

atmosfera, tra cui in particolare:

-- prova/controllo del sistema automatico di rilevamento delle perdite (se esiste);

-- aggiunta di refrigerante;

-- recupero/eliminazione F-gas.

Periodicità dei controlli delle perdite di gas refrigerante

In funzione dei quantitativi di gas contenuti nelle macchine, vengono stabiliti i

seguenti obblighi:

Carica di refrigerante Q

in TonCO2eq

Frequenza

controlli

Frequenza controlli in presenza di un

sistema di rilevamento delle perdite

5< Q ≤ 50 ogni 12 mesi ogni 24 mesi

50 < Q ≤ 500 ogni 6 mesi ogni 12 mesi

Q ≥ 500 ogni 3 mesi ogni 6 mesi

Il sistema di rilevamento delle perdite è obbligatorio solo per Q > 500 TonCO2eq.

Ai fini della tenuta del registro e dei controlli periodici, le soglie stabilite dal

precedente regolamento, espresse in kg, erano rispettivamente 3, 30 e 300.

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Obbligo di compilazione e trasmissione della Dichiarazione F-gas

Entro il 31 maggio di ogni anno, anche in assenza di modifiche o interventi sulle

apparecchiature, va presentata, al Ministero dell’Ambiente, per il tramite dell’Istituto

Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), una dichiarazione

contenente informazioni riguardanti la quantità di emissioni in atmosfera di gas fluorurati

relativi all’anno precedente sulla base dei dati contenuti nel relativo registro

dell’apparecchiatura.

L’obbligo di trasmissione della Dichiarazione F-gas agli enti preposti riguarda

macchine con carica di refrigerante superiore ai 3 kg e spetta all’operatore

(proprietario, gestore, ecc.). La Dichiarazione F-gas deve essere compilata sulla base

delle informazioni contenute nei registri d’impianto e trasmessa on-line attraverso la rete

SINAnet dell’ISPRA, previo accesso al sistema, raggiungibile dalla pagina dedicata alla

dichiarazione: http://www. sinanet.isprambiente.it/it/sia-ispra/fgas

Al primo accesso è necessaria la registrazione dell’utente, che dovrà indicare le proprie

credenziali (username e password).

Al fine di procedere alla compilazione, gli utenti devono inserire determinate

informazioni tra cui:

- anno di riferimento (anno precedente alla compilazione della domanda: nel 2017 occorre

inserire i dati del 2016);

NOTA

L’entrata in vigore del nuovo Regolamento n. 517/2014/UE non ha modificato struttura,

criteri e contenuti della dichiarazione F-gas, già obbligatoria dal 2013.

Il valore soglia che permette di stabilire se una apparecchiatura fissa è inclusa nel campo

di applicazione della dichiarazione resta quindi fissato a 3 kg di gas fluorurato ad effetto

serra finché non verrà modificato l’art. 16 del DPR 43/2012.

Sanzioni amministrative F-GAS

Nel caso di mancata predisposizione del registro dell’apparecchiatura o di tenuta

dello stesso in maniera incompleta, inesatta o non riportante tutti i dati richiesti, è

prevista una sanzione amministrativa da 7.000 euro a 100.000 euro. Stessa sanzione

per chi utilizza un modello non conforme a quello previsto dal Ministero

dell’Ambiente e pubblicato nel proprio sito internet. È prevista inoltre una sanzione

amministrativa da 500 euro a 5.000 euro nei confronti dell’operatore che non mette a

disposizione il registro:

- al Ministero dell’Ambiente, per il tramite di ISPRA;

- e/o alla Commissione europea.

Per chi non ottemperi agli obblighi di dichiarazione F-Gas entro il 31 maggio di ogni

anno o fornisca una dichiarazione incompleta/inesatta o utilizzi un modello di

dichiarazione non conforme al formato previsto dal Ministero dell’Ambiente, è

prevista la sanzione amministrativa da 1.000 euro a 10.000 euro.

Infine, la mancata verifica delle perdite di refrigerante è soggetta a una sanzione

amministrativa da 7.000 euro a 100.000 euro, sempre a carico dell’operatore. L’attività

di vigilanza e di accertamento è esercitata dal Ministero dell’Ambiente tramite i propri

organismi di controllo

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La Dichiarazione F-GAS

Regolamento (UE) n. 517/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014

sui gas fluorurati a effetto serra e che abroga il regolamento (CE) n. 842/2006

D.P.R 27 Gennaio 2012 n. 43 Regolamento recante attuazione del regolamento (CE) n.

842/2006 su taluni gas fluorurati ad effetto serra.

Regolamento (CE) 842/2006 Regolamento (CE) n. 842/2006 del Parlamento europeo e

del Consiglio su taluni gas fluorurati ad effetto serra

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Gradi di Protezione degli involucri

Apparecchiature Elettriche- Codice IP

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Il Codice IP (International Protection) identifica i gradi di protezione degli involucri

per apparecchiature elettriche. La prima codifica comparve sulla norma CEI EN

60529 Ed. 1997 (CEI 70-1), cui fanno seguito le Varianti CEI 70-1 (V1) del 2010 e CEI

70-1 (A2) e del 2014.

La norma si applica agli involucri per materiale elettrico la cui tensione nominale

non supera 72,5 KV.

Nel 2000 è uscita la seconda Variante che ha introdotto un’ulteriore codifica per

caratterizzare meglio la protezione contro i contatti diretti. La seconda Variante non

modifica in generale il significato dei gradi IP, ma chiarisce alcuni aspetti non evidenti sulla

precedente edizione, stabilisce inoltre che il grado IP può essere usato esclusivamente

con le due cifre caratteristiche e con le lettere addizionali previste.

La terza Variante (2014) aggiunge il grado IPX9.

Il grado di protezione IP X9 “protezione contro getti d’acqua ad alta pressione e a

temperatura elevata”. Per alta pressione la Norma intende 80-100 bar e per

temperatura elevata 80°C + 5°C (condizioni di prova)

5. GRADI DI PROTEZIONE CONTRO L’ACCESSO A PARTI PERICOLOSE E CONTRO

L’INGRESSO DI CORPI SOLIDI ESTRANEI INDICATI DALLA PRIMA CIFRA

CARATTERISTICA

La prima cifra caratteristica implica che entrambe le condizioni stabilite in 5.1 e 5.2

sono soddisfatte.

La prima cifra caratteristica indica che:

- l’involucro fornisce la protezione delle persone contro l’accesso a parti pericolose,

impedendo o limitando la penetrazione nell’involucro di una parte del corpo o di un

attrezzo impugnato da una persona (Tab. 1 colonna 3)

e contemporaneamente

- l’involucro fornisce la protezione dell’apparecchiatura contro la penetrazione di

corpi solidi estranei (Tab. 1 colonna 4)

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CEI EN 60529 1997-06 Gradi di protezione degli involucri (Codice IP)

CEI 70-1

La norma ha subito 2 modifiche:

CEI EN 60529/A1 2000-06

CEI 70-1;V1

Questa variante modifica i seguenti articoli/paragrafi rispetto alla Norma base:

- 5.1 (Protezione contro l’accesso a parti pericolose)

- 5.2 (Protezione contro i corpi solidi estranei)

- 13.3 (Condizioni di conformità per la prima cifra caratteristica 1, 2, 3, 4)

- 13.4 (Prova con la polvere per la prima cifra caratteristica 5 e 6)

CEI EN 60529/A2 2014-01

CEI 70-1;A2

Questa Variante modifica i seguenti articoli/paragrafi rispetto alla Norma base:

- par. 4.1 (struttura del codice IP);

- par. 4.2 (elementi della struttura del codice IP e loro significati);

- par. 4.3 (esempi di uso di lettere nel codice IP);

- art. 6 (gradi di protezione contro l'ingresso d'acqua indicati dalla seconda cifra

caratteristica);

- art. 14 (prove per la protezione contro l'ingresso d'acqua indicata dalla seconda cifra

caratteristica).

Gradi di protezione degli involucri (Codice IP)

CEI EN 60529:1997-06

CEI 70-1

CEI EN 60529/A1 2000-06

CEI 70-1;V1

CEI EN 60529/A2 2014-01

CEI 70-1;A2

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La Cassazione sulla rimozione od omissione di

cautele antinfortunistiche

La pubblica incolumità da tutelare contro gli eventi lesivi di cui all’art. 437 c.p. comprende anche l’infortunio individuale poiché essa è caratterizzata dalla

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indeterminatezza dei lavoratori e non dal numero rilevante di quelli esposti al rischio.

Ha fornito la Corte di Cassazione in questa sentenza utili indirizzi per una corretta applicazione dell’art. 437 del codice penale riguardante la rimozione od omissione dolosa di cautele antinfortunistiche, un argomento sempre al centro di discussioni, specie nell’ambito degli organi di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, e soprattutto per il significato da dare al concetto di “pubblica incolumità” che è il bene tutelato dall’art. 437 medesimo. Il concetto della pubblica incolumità da tutelare contro gli eventi lesivi, ha precisato la suprema Corte, comprende, ai fini dell’applicazione dell’art. 437 del codice penale, anche il singolo infortunio individuale poiché in materia di infortuni sul lavoro tale pubblica incolumità è caratterizzata dalla indeterminatezza dei lavoratori e non dal numero rilevante di quelli che possono venire a trovarsi in una situazione di pericolo. Tale tutela può riguardare quindi anche gli operai di una piccola fabbrica ed il delitto deve considerarsi realizzato anche nel caso in cui la situazione di pericolo legata a carenze antinfortunistiche possa coinvolgere anche una singola persona. Il fatto, l’iter giudiziario e il ricorso in cassazione La Corte di Appello ha parzialmente confermata la sentenza con la quale il Tribunale ha condannato due consiglieri di una società, delegati per la sicurezza, dichiarati responsabili del reato di cui all'art. 590 commi 1, 2 e 3 del codice penale in quanto, in violazione delle norme antinfortunistiche, avevano cagionato, per colpa, gravi lesioni a un lavoratore dipendente. Tale lavoratore, addetto alla macchina accoppiatrice e in particolare al posizionamento di bobine di cartoncino sulla macchina stessa, accortosi che una bobina di cartone si stava esaurendo, si accingeva ad arrestare l'impianto al fine di effettuare il cambio. Nel compiere detta operazione però lo stesso aveva notato che la leva che fungeva da fermo degli ingranaggi del cilindro di stampa non era in posizione e nel cercare istintivamente di riportarla al suo posto, aveva spinto con la mano sinistra un ingranaggio sul rullo della macchina ancora in funzione per cui un guanto che indossava era rimasto impigliato nell'ingranaggio e la mano sinistra era stata trascinata all'interno del macchinario, con il conseguente schiacciamento degli apici delle dita e amputazione della falange del secondo, terzo e quarto dito (lesioni da cui era derivata una malattia di durata pari a 70 giorni).

Agli imputati era stato altresì contestato il reato di cui all'art. 437, comma 1, del codice penale per aver rimosso il carter di protezione della zona degli ingranaggi degli alberi di stampa nonché manomesso il macchinario, in quanto il microinterruttore di sicurezza posto nel carter di protezione era stato disattivato. La Corte territoriale ha assolto dal reato di cui all'art. 437 del codice penale uno dei consiglieri in quanto lo stesso non esercitava la propria attività presso lo stabilimento in cui l'infortunio si era verificato. La Corte di Appello ha ritenuto, altresì, che non vi fosse stato alcun comportamento imprudente del lavoratore nell'utilizzo del macchinario poiché era emerso, contrariamente a quanto dedotto dagli imputati, che il macchinario stesso non era in fase di collaudo, ma, al contrario che vi erano stati vari problemi di malfunzionamento, il che rafforzava l'obbligo di vigilanza e protezione facente capo agli imputati. La Corte territoriale ha anche disattesa la prospettazione difensiva secondo la quale la sentenza impugnata sarebbe stata nulla per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, essendo stato contestato un comportamento commissivo ( manomissione del macchinario) laddove la condotta riconosciuta quale addebitabile agli imputati era ben diversa da quella contestata, trattandosi di condotta

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omissiva consistente nel non aver provveduto tempestivamente al ripristino dei dispositivi di sicurezza di cui la macchina risultava priva.

La sentenza della Corte di Appello è stata impugnata da entrambi gli imputati per il tramite del propri difensori di fiducia. Uno dei consiglieri ha dedotto un vizio di violazione e falsa applicazione dell'art. 437 del codice penale. Lo stesso ha sostenuto, infatti, che la Corte territoriale aveva erroneamente ritenuto che non fosse necessario, ai fini della fattispecie penale, che un numero indeterminato di lavoratori possa essere attinto da infortunio a seguito della rimozione dei dispositivi di sicurezza ed aveva affermato altresì, in contrasto con le risultanze processuali, che "altri operai avrebbero potuto essere adibiti alla macchina accoppiatrice", essendo invece stato acclarato che vi era addetto il solo lavoratore infortunato..

Le decisioni della Corte di Cassazione Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato. La stessa, con riferimento al fatto che la contestazione aveva riguardato la rimozione dei dispositivi antinfortunistici mentre, in esito al giudizio, la condanna era stata inflitta per l’omissione del ripristino dell'apparecchiatura destinata a prevenire infortuni sul lavoro, ha fatto osservare che, come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale, non sussiste radicale diversità ed eterogeneità tra le condotte in quanto entrambe non solo sono ricomprese nella stessa fattispecie incriminatrice ma risultano altresì caratterizzate dai medesimi elementi, ossia la volontà dolosa, la compromissione della funzione antinfortunistica, ed il riferimento al medesimo oggetto (ossia, il medesimo macchinario industriale, privo del carter di protezione che era stato rimosso e di regolare dispositivo di interblocco collegato a carter, che era stato manomesso). Non provvedere al ripristino di un dispositivo antinfortunistico esistente, ha così proseguito la Corte suprema, costituisce una condotta minore, contenuta in quella di rimozione del medesimo dispositivo di prevenzione. Né può revocarsi in dubbio l'effettivo esercizio della facoltà difensiva da parte dell’imputato, atteso che dall'istruttoria espletata in sede di indagine era chiaramente emerso come la parte offesa avesse più volte rappresentato allo stesso imputato la assoluta necessità di montare il carter di protezione mancante nel macchinario e di riparare i dispositivi di interblocco collegati al carter.La Corte suprema ha ritenuto infondato anche il motivo legato all’erronea applicazione o violazione dell'art. 437 del codice penale. E' infatti incontrastato, che, pur trattandosi di un delitto contro l'incolumità pubblica e segnatamente di un reato di pericolo, il riferimento all'"infortunio" legittimi l'integrazione della fattispecie anche laddove il pericolo si sia verificato solamente per un singolo lavoratore, come accaduto nel caso in esame. La norma di cui all'art. 437 del codice penale, ha sostenuto ancora la Sez. IV, è infatti diretta alla tutela della pubblica incolumità contro eventi lesivi che possono verificarsi nello specifico ambiente di lavoro, per effetto di omissioni, rimozioni o danneggiamenti di apparecchi antinfortunistici, e comprende tra gli anzidetti eventi lesivi non solo il disastro, ma anche il semplice infortunio individuale poiché “in materia di prevenzione degli infortuni il concetto della pubblica incolumità è caratterizzato dall'indeterminatezza delle persone e non dal numero rilevante di esse che si possono trovare in una situazione di pericolo, la tutela concerne anche gli operai di una piccola fabbrica ed il delitto deve considerarsi realizzato anche nel caso in cui la situazione di pericolo possa coinvolgere la sola persona che si trovi ad essere addetta alla macchina priva di dispositivi e congegni atti a prevenire gli infortuni”.

La Corte di Cassazione ha sottolineato, infine, che la fattispecie in esame è fattispecie a dolo generico e che l’imputato era consapevole della destinazione prevenzionistica dei

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dispositivi in quanto era stato più volte avvisato dal lavoratore addetto al macchinario della carenza dei dispositivi stessi e, ciononostante, aveva con coscienza e volontà consentito il proseguimento dell'ordinario processo produttivo.

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 57673 del 28 dicembre 2017 (u.p. 24 novembre 2017) - Pres. Piccialli – Est. Miccichè – Ric. F.U. e F.P.. - La pubblica incolumità da tutelare contro gli eventi lesivi di cui all’art. 437 c.p. comprende anche l’infortunio individuale poiché essa è caratterizzata dalla indeterminatezza dei lavoratori e non dal numero rilevante di quelli esposti al rischio.

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Rischio chimico: i pericoli per la salute e

l’ambiente

indicazioni sulla classificazione e sulle caratteristiche di pericolosità delle sostanze chimiche con riferimento al Regolamento “CLP” (CE) n. 1272/2008. Focus sulle

classi di pericolo per la salute umana e per l’ambiente.

elementi indispensabili per limitare i rischi delle sostanze chimiche pericolose a cui sono esposti i lavoratori, sono la conoscenza delle caratteristiche di pericolosità delle sostanze e la capacità di saper leggere etichette e schede di sicurezza.

classi di pericolo per la salute umana e per l’ambiente.

la classe di pericolo per effetti sulla salute, queste le dieci classi individuate:

tossicità acuta (categorie 1, 2, 3 e 4);

corrosione/irritazione pelle (categorie 1A, 1B, 1C e 2);

gravi danni agli occhi/irritazione occhi (categorie 1 e 2);

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sensibilizzazione respiratoria o cutanea (categoria 1);

mutagenesi (categoria 1A, 1B e 2);

cancerogenesi (categoria 1A, 1B e 2);

tossicità per il ciclo riproduttivo (categoria 1A, 1B e 2 più n. 1 categoria addizionale per effetti sull’allattamento);

tossicità specifica di organo bersaglio (STOT) – esposizione singola (categorie 1, 2 e categoria 3 solo per effetti narcotici e irritazione respiratoria);

tossicità specifica di organo bersaglio (STOT) – esposizione ripetuta (categorie 1, 2); pericolo di aspirazione (categoria 1).

cosa si intende per tossicità acuta.

s’intende “la proprietà di una sostanza o miscela di produrre effetti nocivi che si manifestano in seguito alla somministrazione per via orale o cutanea di una dose unica o di più dosi ripartite nell’arco di 24 ore, o in seguito ad una esposizione per inalazione di 4 ore”.

E la classe di pericolo «Tossicità acuta» è differenziata in: tossicità acuta per via orale; tossicità acuta per via cutanea; tossicità acuta per inalazione. In particolare le sostanze “possono essere classificate in una delle quattro categorie di tossicità acuta per via orale, via cutanea o inalazione”

classi di pericolo per effetti sulla salute:

Corrosione/irritazione della pelle: “per corrosione della pelle s’intende la

produzione di lesioni irreversibili della pelle, quali una necrosi visibile attraverso

l’epidermide e nel derma, a seguito dell’applicazione di una sostanza di prova per

una durata massima di quattro ore. Gli effetti tipici della corrosione sono ulcere,

sanguinamento, croste sanguinolente e, al termine di un periodo di osservazione di

14 giorni, depigmentazione cutanea dovuta all’effetto sbiancante, chiazze di

alopecia e cicatrici. Per valutare le lesioni dubbie può essere necessario ricorrere a

un esame istopatologico. Per irritazione della pelle s’intende la produzione di lesioni

reversibili della pelle a seguito dell’applicazione di una sostanza prova per una

durata massima di 4 ore;

Gravi lesioni oculari/irritazione oculare: per gravi lesioni oculari s’intendono

lesioni dei tessuti oculari o un grave deterioramento della vista conseguenti

all’applicazione di una sostanza di prova sulla superficie anteriore dell’occhio, non

totalmente reversibili entro 21 giorni dall’applicazione. Per irritazione oculare

s’intende un’alterazione dell’occhio conseguente all’applicazione di sostanze di

prova sulla superficie anteriore dell’occhio, totalmente reversibile entro 21 giorni

dall’applicazione”;

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Sensibilizzazione delle vie respiratorie o della pelle: per sostanza

sensibilizzante delle vie respiratorie s’intende una sostanza che, se inalata, provoca

un’ipersensibilità delle vie respiratorie. Per sostanza sensibilizzante della pelle

s’intende una sostanza che, a contatto con la pelle, provoca una reazione

allergica”;

Tossicità per la riproduzione: “sono sostanze tossiche per la riproduzione le

sostanze che hanno effetti nocivi sulla funzione sessuale e sulla fertilità degli uomini

e delle donne adulti, nonché sullo sviluppo della progenie. La tossicità per la

riproduzione è suddivisa in due grandi categorie di: effetti nocivi sulla funzione

sessuale e la fertilità o sullo sviluppo; effetti nocivi sullo sviluppo della progenie;

Tossicità specifica per organi bersaglio (esposizione singola): “tossicità

specifica e non letale per organi bersaglio, risultante da un’unica esposizione a una

sostanza o miscela. Sono compresi tutti gli effetti significativi per la salute che

possono alterare la funzione, reversibili o irreversibili, immediati e/o ritardati. In

questa classe sono comprese le sostanze e le miscele che presentano una tossicità

specifica per organi bersaglio e che, di conseguenza, possono nuocere alla salute

delle persone che vi sono esposte”.

Tossicità specifica per organi bersaglio (esposizione ripetuta): “s’intende una

tossicità specifica per organi bersaglio risultante da un’esposizione ripetuta a una

sostanza o miscela. Sono compresi tutti gli effetti significativi per la salute che

possono alterare la funzione, reversibili o irreversibili, immediati e/o ritardati. In

questa classe sono comprese le sostanze considerate che presentano una tossicità

specifica per organi bersaglio in seguito a un’esposizione ripetuta e che, di

conseguenza, possono nuocere alla salute delle persone che vi sono esposte”;

Pericolo in caso di aspirazione: “s’intende la penetrazione di una sostanza o di

una miscela solida o liquida, direttamente attraverso la cavità orale o nasale, o

indirettamente per rigurgitazione, nella trachea e nelle vie respiratorie inferiori. La

tossicità per aspirazione può avere effetti acuti gravi, quali polmonite chimica,

lesioni polmonari di vario grado e il decesso”.

mutagenicità

“mutagenicità sulle cellule germinali” si indica che per mutazione “s’intende una variazione permanente della quantità o della struttura del materiale genetico di una cellula. Il termine ‘mutazione’ designa sia i mutamenti genetici ereditari che possono manifestarsi a livello fenotipico, sia le modificazioni sottostanti del DNA, se note (comprese le modificazioni di specifiche coppie di basi e le traslocazioni cromosomiche). Il termine ‘mutageno’ designa gli agenti che aumentano la frequenza delle mutazioni in popolazioni di cellule e/o di organismi. I termini più generali ‘genotossico’ e ‘genotossicità’ si riferiscono ad agenti o processi che modificano la struttura, il contenuto di informazioni o la segregazione del DNA, compresi quelli che danneggiano il DNA interferendo con i normali processi di replicazione o che alterano la replicazione del DNA in maniera non fisiologica

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(temporanea). I risultati dei test di genotossicità servono in generale come indicatori per gli effetti mutageni”.

miscele si indica che quando esistono dati per tutti i componenti della miscela o per alcuni di essi, “la miscela stessa è classificata come mutagena se contiene almeno un componente classificato come mutageno di categoria 1A, 1B o 2 in concentrazione pari o superiore al limite di concentrazione generico appropriato, salvo limiti diversi e specifici di mutagenicità delle singole sostanze”.

“cancerogenicità” “è cancerogena una sostanza o una miscela di sostanze che causa il cancro o ne aumenta l’incidenza. Le sostanze che hanno causato l’insorgenza di tumori benigni o maligni nel corso di studi sperimentali correttamente eseguiti su animali sono anche considerate cancerogene presunte o sospette per l’uomo, a meno che non sia chiaramente dimostrato che il meccanismo della formazione del tumore non è rilevante per l’uomo”.

tabella relativa alle categorie di pericolo per le sostanze cancerogene:

Per la valutazione della cancerogenicità delle miscele, “quando esistono dati per tutti i componenti della miscela o per alcuni di essi, la miscela stessa è classificata come cancerogena se contiene almeno un componente classificato come cancerogeno di categoria 1A, 1B o 2 in concentrazione pari o superiore al limite di concentrazione generico appropriato, salvo limiti diversi e specifici di cancerogenicità delle singole sostanze”.

classi e categorie di pericolo per effetti sull’ambiente.

due classi:

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Pericoloso per l’ambiente acquatico: “per tossicità acuta per l’ambiente

acquatico s’intende la capacità propria di una sostanza di causare danni a un

organismo sottoposto a un’esposizione di breve durata. La classe di pericolo

‘Pericoloso per l’ambiente acquatico’ è così differenziata: pericolo acuto per

l’ambiente acquatico; pericolo a lungo termine per l’ambiente acquatico”;

Pericoloso per lo strato di ozono: “per sostanza pericolosa per lo strato di ozono

s’intende una sostanza che, in base ai dati disponibili relativi alle sue proprietà e al

suo destino e comportamento ambientali previsti o osservati, può presentare un

pericolo per la struttura e/o il funzionamento dello strato di ozono della stratosfera.

Rientrano in questa definizione le sostanze elencate nell’allegato I del regolamento

(CE) n. 2037/2000 e s.m.i. del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno

2000, sulle sostanze che riducono lo strato di ozono”.

consigli di prudenza”, frasi che descrivono la misura o le misure raccomandate per ridurre al minimo o prevenire gli effetti nocivi dell’esposizione a una sostanza o miscela pericolosa conseguente al suo impiego o smaltimento. I consigli di prudenza sono suddivisi in base al tipo di pericolo trattato e sono individuati dalla lettera P con riferimento a: carattere generale (P1..), prevenzione (P2..), reazione (P3..), conservazione (P4..).

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UNI 10449 MANUTENZIONE PERMESSO DI

LAVORO

La norma nazionale UNI 10449, tratta del Documento "Permesso di lavoro", particolarmente importante nelle attività di manutenzione, nelle quali il Committente

e Assuntore (o Responsabile esecutore nel caso di lavori eseguiti da personale aziendale), raccolgono in modo sistematico e formalizzato, attraverso l'attribuzione

di precise competenze decisionali e gestionali delle figure coinvolte, tutte le informazioni necessarie ad eseguire un lavoro nel pieno rispetto della sicurezza. Il "Permesso di lavoro" è usuale per diverse tipologie di attività di lavoro, quali: lavori elettrici, scavi, uso di fiamme, ecc e importante anche in particolari ambienti di lavoro

come gli "

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Spazi confinati (UNI 10449) Spazi delimitati, normalmente chiusi ed eventualmente provvisti di aperture (per esempio passi d'uomo, boccaporti, coperchi, ecc.), in cui risulti materialmente possibile l'ingresso di persone,

per altra definizione lo standard americano OSHA 29 FR 1910.146 Permit-Required Coinfinated Space.

La norma individua le seguenti figure:

supervisore dei lavori: Persona nominata dal committente che tutela gli interessi dello stesso durante lo svolgimento dei lavori per la verifica delle obbligazioni contrattuali. Nota Nel caso di lavori eseguiti da personale aziendale, il supervisore dei lavori e una figura facente parte della struttura aziendale.

responsabile di unità: Persona che ha la responsabilità della conduzione dell'unita ove si esegue l'intervento, delegata dal legale rappresentante. responsabile operativo: Persona delegata dal legale rappresentante e dipendente dal

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responsabile di unita. E’ presente all'inizio e durante l'esecuzione del lavoro. Nota II responsabile operativo e spesso assimilabile al capoturno di una unità produttiva.

preposto: Persona delegata dall'assuntore a gestire i lavori. Nota Ai fini della presente norma, il preposto può far parte della struttura aziendale di manutenzione.

Permesso di lavoro: iter, firme e conservazione Il Permesso di lavoro deve essere strutturato in modo adeguato e seguire un iter procedurale corretto di compilazione e firme a seguire. Ogni firma apposta sul permesso di lavoro identifica la responsabilità, relativamente all'esattezza delle prescrizioni impartite, delle informazioni fomite e dei controlli eseguiti.Il permesso di lavoro deve essere conservato dall'assuntore nel luogo di lavoro per tutta la durata del lavoro stesso ed essere esibito ad ogni controllo richiesto dall'autorità competente.

Struttura del permesso di lavoro Nella struttura del permesso di lavoro, sono presenti alcune parti fondamentali e comuni a tutte le realtà;:

- Intestazione - Descrizione - Prescrizioni

- Lavori preparatori - Misure di sicurezza

- Autorizzazione inizio lavoro - Accettazione inizio lavoro

- Rinnovi - Dichiarazione di fine lavoro - Accertamento di fine lavoro

...

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UNI 10449:2008 Manutenzione - Criteri per la formulazione e gestione del permesso di lavoro

La norma ha lo scopo di definire i requisiti minimi per la formulazione, la compilazione e la gestione dei permessi di lavoro.La norma si applica in tutte le aree di lavoro nelle quali sono effettuati lavori di manutenzione, di miglioria e modifiche assegnati in appalto, per mettere in evidenza ed informare i lavoratori dei rischi specifici inerenti all'area di lavoro ed al lavoro stesso. Essa si applica, inoltre, in tutte le aree di lavoro nelle quali sono effettuati i lavori di manutenzione, di miglioria e modifiche di beni, eseguiti da personale aziendale, ad eccezione: - dei lavori di normale esercizio/gestione e di automanutenzione procedurizzati; - dei lavori eseguiti all'interno di officine autorizzate o di aree adibite a cantiere

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DVR ATEX POLVERI: GUIDA CEI 31-56 A EN

60079-10-2

Guida CEI 31-56 è la guida per l'applicazione della Norma CEI EN 60079-10-2:2010, un aiuto per i tecnici incaricati della classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione per la presenza di polveri combustibili, per i costruttori di Prodotti, per i datori di lavoro, per i progettisti degli impianti elettrici e non elettrici, per gli addetti alla sicurezza, per i verificatori e per quanti altri siano interessati alla salvaguardia e al miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori che possono essere esposti al rischio d’esplosione, nonché alla salvaguardia delle opere; essa deve essere utilizzata congiuntamente alla Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88).

Norme del TUS per il rischio atmosfere esplosive ATEX: CEI EN 60079-10-1 e 2 la Norma CEI EN 61241-10 (CEI 31-66) per le polveri combustibili e

la Norma CEI EN 60079-10 (CEI 31-30) per i gas, i vapori e le nebbie infiammabili

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sono indicate come riferimento per la classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione dal D.Lgs.81/08, nella Nota 3 dell’Allegato XLIX;

dette norme sono ora sostituite rispettivamente dalla Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88) e dalla Norma CEI EN 60079-10-1 (CEI 31-87), che devono essere intese come loro sostitute alla luce dell’evoluzione della Regola dell’arte (vedi art.28, comma 3 del D.Lgs. 81/08). La classificazione dei luoghi deve essere eseguita in linea con il dettato della Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88), prima edizione e per questo è possibile utilizzare tutti gli strumenti informativi che il progettista ritenga utili, purché siano idonei, applicabili al caso specifico ed in sintonia con la norma stessa; la presente Guida deve quindi essere intesa come uno di detti strumenti informativi.

Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 Nel D.Lgs. 81/08, artt. 17 e 28, è detto tra l’altro quanto segue.

Il datore di lavoro non può delegare la valutazione dei rischi con la conseguenza che spetta a lui il compito di elaborare il documento sulla valutazione dei rischi.

La valutazione dei rischi, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze e o preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.

Nel D.Lgs. 81/08, art. 293, integrato dal D.Lgs.106/09, art. 138 è detto anche:

1) Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell’allegato XLIX, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, classificate in base alla frequenza e alla durata della presenza di atmosfera esplosiva:

- Zone 0, 1, 2 per gas, vapori o nebbie infiammabili;

- Zone 20, 21, 22 per le polveri combustibili.

NOTA Le definizioni di zone riportate nell’allegato XLIX del D.Lgs 81/08 sono derivate dalla Norma CEI EN 61241-10 (CEI 31-66). Nell’ambito della presente Guida si fa riferimento alle definizioni della Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88) in quanto essa costituisce la naturale evoluzione della prima nell’ambito della Regola dell’arte.

2) Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui al comma 1 siano applicate le prescrizioni minime di cui all’allegato L (prescrizioni minime per il miglioramento della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive).

3) Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive in quantità tali da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori sono segnalate nei punti di accesso a norma dell’allegato LI (vedi Fig. 2.3-A) e provviste di allarmi ottico/acustici che segnalino l’avvio e la fermata dell’impianto, sia durante il normale ciclo, sia nell’eventualità di un’emergenza in atto.

La necessità o meno e la disposizione dei segnali e degli allarmi rientra tra i compiti del tecnico incaricato della valutazione del rischio di esplosione (non di chi esegue la

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classificazione dei luoghi). L’uso potrebbe essere dettato dalla necessità di avvertire di non introdurre in dette aree sorgenti d’innesco di qualunque tipo (es. attrezzi di lavoro) o di introdurle applicando specifiche procedure di lavoro; inoltre, potrebbe essere dettato dalla necessità di avvertire i lavoratori del pericolo, particolarmente nei luoghi dove non ci si aspetta la presenza di aree con pericolo di esplosione, es. un deposito di sostanze infiammabili, lo sfiato di una singola valvola di sicurezza del sistema di contenimento di una sostanza infiammabile, ecc.

Il segnale di pericolo deve essere realizzato con lettere in nero su sfondo giallo, bordo nero (il colore giallo deve costituire almeno il 50% della superficie del

segnale)

Segnale per indicare le zone con pericolo di esplosione

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Procedimento di classificazione dei luoghi pericolosi La classificazione dei luoghi è un metodo di analisi e di suddivisione convenzionale del luogo considerato in zone pericolose e zone non pericolose in relazione alla provenienza del pericolo d’esplosione e alla probabilità di presenza del pericolo.

Il procedimento di classificazione dei luoghi è il seguente, analogo a quello previsto per i luoghi con pericolo d’esplosione per la presenza di gas, vapori o nebbie infiammabili. Raccolta dati del luogo Per tutto il luogo considerato:

a) si raccolgono i dati generali di progetto b) si verifica l’applicabilità della Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88), c) si individuano le sostanze in qualunque stato fisico che, sotto forma di polvere combustibile o di particelle solide volanti combustibili possono formare con l’aria atmosfere esplosive e/o formare strati, d) si individuano gli ambienti e le loro condizioni ambientali Raccolta dati ambiente Per ciascun ambiente: e) si individuano le sorgenti di emissione (SE), le polveri combustibili emesse, il grado o i gradi di emissione di ciascuna di esse, definiti considerando le probabilità e le modalità di emissione; f) si verifica l’eventuale presenza di sistemi di bonifica (es. asportazione con sistemi artificiali di aspirazione, g) si analizza, ove necessario, l’influenza della contemporaneità delle emissioni sulla classificazione dei luoghi; h) si individuano le SE rappresentative di altre tra loro omogenee per caratteristiche costruttive e modalità di emissione, caratteristiche della polvere combustibile e condizioni ambientali,.

Definizione zone pericolose ed estensioni Per ciascun grado di emissione delle singole SE o di quelle rappresentative: i) si definisce il tipo o i tipi di zone pericolose, l) si determinano le estensioni delle singole zone pericolose, m) si stabilisce se esiste la possibilità o meno di formazione di strati di polvere al di fuori dei sistemi di contenimento ed il loro spessore,

. Preparazione documentazione Dopo aver determinato i tipi e le estensioni di tutte le zone pericolose originate dalle singole emissioni: n) si individuano le aperture interessate da zone pericolose, o) si valuta la possibilità di eseguire interventi atti a rendere poco probabile la formazione di atmosfere esplosive e limitare in numero e in estensione le zone più pericolose (zone 20 e 21), quali ad esempio la limitazione in numero e in portata delle emissioni continue e di primo grado, la bonifica come indicato nell’Appendice GC, p) si esegue l’inviluppo delle zone pericolose originate dalle singole sorgenti di emissione, q) si stabiliscono i dati per la definizione dei requisiti dei Prodotti, r) si prepara la documentazione tecnica di classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione, considerando il livello di progettazione in cui si opera,

Dati generali di progetto

Le seguenti informazioni di carattere generale, necessarie per classificare i luoghi con pericolo di esplosione, devono essere reperite con il contributo del committente, delle figure professionali che agiscono nell’ambito della sicurezza sul

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lavoro e del datore di lavoro. Si segnala l’opportunità di reperire i dati generali di progetto prima di dare inizio all’attività di classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione, per evitare errori e/o omissioni.

a) Dati del committente b) Dati del cliente finale o datore di lavoro c) Denominazione dell’opera oggetto della classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione (stabilimento, impianto, unità d’impianto, ecc.), sua destinazione d’uso (mangimificio, deposito di carbone, ecc.), indicazione della presenza di luoghi particolari con destinazione d’uso diversa. d) Ubicazione, indicare l’indirizzo relativo all’ubicazione dell’opera (Via, numero civico, Comune, CAP, Provincia). e) Scopo del lavoro (il tipo d'intervento richiesto deve essere chiaramente indicato e serve a definire correttamente i limiti di competenza del tecnico incaricato della classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione). L’intervento può consistere nella realizzazione di un nuovo impianto e nella trasformazione o ampliamento di un impianto esistente, può riferirsi ad un livello di classificazione preliminare o definitivo,. f) Descrizione schematica delle parti o unità di impianto oggetto dell’incarico che ne consenta l’identificazione ai fini della pericolosità, con la data di messa in servizio, una breve descrizione del tipo di produzione, della loro potenzialità, delle eventuali particolarità, facendo riferimento a disposizioni planimetriche (es. planimetria generale, altri disegni con piante e sezioni) ed eventualmente a schemi; le informazioni relative alla manipolazione, deposito, accumulo e utilizzo di polveri combustibili, la descrizione dei sistemi di sicurezza e relative modalità d’intervento. g) Vincoli posti dal committente e/o da Enti che ne hanno la facoltà. h) Altre informazioni ritenute utili

Verifica di applicabilità della Norma CEI EN 60079-10-2:2010 (CEI 31-88)

Occorre accertarsi che il luogo rientri nel campo di applicazione della Norma, Quando il luogo non rientra nel campo di applicazione della Norma non significa che non presenti pericoli di esplosione, ma che l’identificazione del pericolo, la determinazione della quantità e probabilità di presenza dell’atmosfera esplosiva (ripartizione in zone), l’estensione delle zone pericolose, nonché la valutazione del rischio d’esplosione, possono essere eseguiti con procedimenti diversi non considerati nella Norma e nella presente Guida; tuttavia, con le dovute cautele e per analogia, potrebbero essere adottati i procedimenti della Norma e della presente Guida.

Polveri combustibili e particelle solide combustibili volanti

Grandezza media delle particelle di polvere e granulometria

La grandezza media delle particelle è quella nominale che si assegna ad una polvere per una sua caratterizzazione, attraverso una prova specifica (es. utilizzando un setaccio con la dimensione delle maglie del setaccio attraverso cui si separa il 50% in massa del materiale vagliato, microscopia, sedimentazione in liquidi, ecc.).

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Granulometria di un campione di polvere - Indicazione in forma di diagramma

La grandezza delle particelle di una polvere è determinante per l’esplodibilità della polvere e per la possibilità di formare la nube esplosiva e per la persistenza di questa, prima che tutta la polvere sia depositata. Il campione selezionato per la valutazione deve essere rappresentativo della polvere prevedibile nell’ambiente nelle condizioni peggiori. Questo in quanto anche particelle di grandezza maggiore di 500 µm sottoposte a diverse operazioni (es. trasporto pneumatico) possono essere sminuzzate con formazione di frazioni più fini o creare comunque pericoli d’esplosione.

uno dei principi fondamentali della prevenzione contro le esplosione da polveri: le polveri generano sempre polveri più fini.

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Esempi Zone pericolose Nelle Figure seguenti sono riportati alcuni esempi di zone pericolose. Le dimensioni delle zone possono essere definite facendo riferimento a guide e raccomandazioni relative a specifiche industrie o applicazioni, a dati attendibili che consentano una corretta valutazione (es. con analisi operativa o con calcolo probabilistico basato su dati statistici idonei), a studi sperimentali di settori specifici,

...

Esempio di zone pericolose originate dallo svuotamento di contenitori in una

tramoggia priva di mezzi di aspirazione polveri, sita in ambiente chiuso in cui è prevista la possibilità di formazione di strati di polvere

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Esempio di zone pericolose originate da uno scarico, o anche travaso, continuo o frequente di polvere, in un recipiente aperto con bocca di scarico bassa sotto il

bordo del contenitore sito in ambiente aperto

Livelli di preparazione della documentazione di classificazione dei luoghi

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Per poter fare la valutazione, la classificazione dei luoghi dovrebbe essere preparata in due edizioni (livelli) distinte:

a) una edizione preliminare, da preparare nelle fasi iniziali della progettazione (progetto preliminare e/o definitivo secondo la Guida CEI 0-2) in concomitanza con la definizione della planimetria dell'opera, delle caratteristiche dei componenti che costituiscono i sistemi di contenimento delle sostanze infiammabili (impianti di processo) e degli edifici; essa dovrebbe contenere almeno:

- l’elenco dei dati generali e delle caratteristiche dell'impianto tecnologico; - l’elenco delle sorgenti di emissione più significative e già note; - una bozza di planimetria della classificazione, oppure una descrizione delle scelte effettuate per quanto attiene i sistemi di contenimento delle polveri combustibili e delle sostanze che possono produrle, gli ambienti, i sistemi di bonifica, ecc.;

b) una edizione definitiva (da preparare nella fase di progetto esecutivo secondo la Guida CEI 0-2), comprendente tutte le informazioni necessarie per una corretta definizione dei requisiti di sicurezza degli impianti e dei relativi Prodotti.

Tipi di documenti La documentazione tecnica di classificazione dei luoghi costituisce il risultato dell’attività svolta. Essa, nella sua edizione definitiva, è generalmente costituita da:

- relazione tecnica; - fogli dati; (eventuali); - relazione illustrativa dei calcoli eseguiti (eventuale); - disegni. Relazione tecnica La relazione tecnica è il documento che riassume tutto il lavoro di classificazione e raccoglie la documentazione relativa.Essa può costituire un documento a sé stante od anche far parte del “Documento sulla protezione contro le esplosioni” di cui all’art. 294, Titolo XI del D.Lgs. 81/08.Quando il luogo (opera) considerato è grande e costituito da tante parti o unità, può essere utile preparare una relazione tecnica generale e tante relazioni tecniche particolari quante sono le parti o unità di cui si effettua la classificazione dei luoghi.La relazione tecnica deve contenere:

a) i dati generali di progetto b) descrizione del procedimento di classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione con l’elenco delle principali disposizioni legislative, norme e guide tecniche di riferimento, dei dati di progetto, dei documenti di riferimento utilizzati; c) elenco delle sostanze in qualunque stato fisico che, sotto forma di polvere combustibile, possono formare con l’aria atmosfere esplosive e/o formare strati di polveri combustibili, con indicazione delle loro caratteristiche significative e delle condizioni operative nell’ambito del processo produttivo attuato; nonché l’eventuale individuazione delle polveri considerate rappresentative (utilizzate per le valutazioni

d) descrizione degli ambienti considerati e dei dati ambientali, sia interni, sia esterni e delle condizioni ambientali, compresi gli eventuali sistemi di bonifica, e) per ciascun ambiente, elenco delle sorgenti di emissione (SE), con indicazione della loro ubicazione, dei relativi gradi e modalità di emissione, nonché l’individuazione delle sorgenti di emissione (SE) considerate rappresentative (utilizzate per le valutazioni) e dei punti o parti di impianto non considerati sorgenti di emissione, v f) per ciascun ambiente, determinazione dei tipi ed estensione delle singole zone

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pericolose (riferite a ciascuna emissione), g) per ciascun ambiente, informazioni riguardanti la possibilità di formazione di strati di polvere al di fuori dei sistemi di contenimento e loro caratteristiche, °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

CEI EN 60079-10-2: aggiornata la norma

sulla classificazione dei luoghi con pericolo

di esplosione (Atex polveri)

Dal prossimo 20 febbraio la norma CEI EN 60079-10-2 "Atmosfere esplosive – Parte 10-2: Classificazione dei luoghi – Atmosfere esplosive per la presenza di polveri combustibili" sostituirà completamente l'attuale CEI EN 60079-10-2:2010-01". Le

modifiche principali riguardano l'estensione di alcuni articoli.

La norma tratta dell’identificazione e della classificazione dei luoghi dove sono presenti atmosfere esplosive dovute a polvere e strati di polvere combustibile, onde consentire un’adeguata valutazione delle sorgenti di accensione presenti in detti luoghi.I principi di questa norma possono anche essere seguiti nei casi in cui fibre combustibili o residui volanti combustibili possono causare un pericolo.

Questa nuova edizione della norma sostituisce completamente la CEI EN 60079-10-2:2010-01, che rimane applicabile fino al 20 febbraio 2018.

Cosa cambia rispetto alla precedente edizione della normaLa nuova norma non introduce modifiche tecniche rilevanti,

le modifiche principali in merito all'ESTENSIONE di alcuni articoli:

Articolo 4.1

Aggiunta la densità e la concentrazione della nube di polvere tra i paramenti da considerare per una emissione

Modificato il testo per la necessità di annotare sui disegni di classificazione, il livello di protezione richiesto (EPL)

Note 1 e 3 modificate nel testo normativo

Articolo 4.2 a)

Aggiunto il riferimento alla IEC 80079-20-2

Articolo 4.3

Aggiunta la sezione relativa alle competenze del personale

Articolo 7

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Aggiunto capoverso relativo agli strati di polvere che sollevati danno origine ad una nube

Articolo 8.1

Aggiunti i livelli di protezione delle apparecchiature (EPL) nell'elenco della documentazione

Aggiunta nota per avvertire sulla variabilità dei dati caratteristici delle polveri delle Pubblicazioni

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Norme UNI pubblicate nel mese di

gennaio 2018

UNI EN 15969-2:2018 - Cisterne per il trasporto di merci pericolose - Interfaccia digitale per il trasferimento dei dati tra l'autocisterna e le strutture fisse - Parte 2: Dati commerciali e logistici

UNI EN 15969-1:2018 - Cisterne per il trasporto di merci pericolose - Interfaccia digitale per il trasferimento dei dati tra l'autocisterna e le strutture fisse - Parte 1: Specifiche di protocollo - Controllo, misurazioni e dati evento

UNI CEI ISO/IEC TS 17021-9:2018 - Valutazione della conformità - Requisiti per gli organismi che forniscono audit e certificazione di sistemi di gestione - Parte 9: Requisiti di competenza per le attività di audit e la certificazione di sistemi di gestione per la prevenzione della corruzione

UNI CEI EN ISO/IEC 17025:2018 - Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e taratura

UNI CEI EN ISO/IEC 17011:2018 - Valutazione della conformità - Requisiti per gli organismi di accreditamento che accreditano organismi di valutazione della conformità

UNI/TR 11701:2018 - Informazioni acustiche sull'impianto di ascensori, montacarichi, apparecchi similari e relativi componenti, a supporto della progettazione dell'edificio, ai fini del contenimento dei livelli sonori all'interno dell'edificio

UNI EN ISO 4254-12:2018 - Macchine agricole - Sicurezza - Parte 12: Falciatrici rotative a disco e a tamburo e trinciatrici

UNI EN 15004-9:2018 - Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 9: Proprietà fisiche e progettazione dei sistemi a estinguenti gassosi per l'agente estinguente IG-55

UNI EN 15004-8:2018 - Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 8: Proprietà fisiche e progettazione dei sistemi a estinguenti gassosi per l'agente estinguente IG-100

UNI EN 15004-7:2018 - Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 7: Proprietà fisiche e progettazione dei sistemi a estinguenti gassosi per l'agente estinguente IG-01

UNI EN 15004-10:2018 - Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 10: Proprietà fisiche e progettazione dei sistemi a estinguenti gassosi per l'agente estinguente IG-541

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UNI EN ISO 5175-2:2018 - Attrezzature per la saldatura a gas - Dispositivi di sicurezza - Parte 2: Dispositivi senza arresto di fiamma

UNI EN ISO 5175-1:2018 - Attrezzature per la saldatura a gas - Dispositivi di sicurezza - Parte 1: Dispositivi con arresto di fiamma

UNI EN 1853:2018 - Macchine agricole – Rimorchi – Sicurezza UNI EN 16944:2018 - Trattrici e macchine agricole - Accesso normalizzato alle

informazioni di riparazione e manutenzione (RMI) - Requisiti UNI EN 15695-2:2018 - Trattrici agricole e forestali e macchine irroratrici semoventi

- Protezione dell'operatore (conducente) da sostanze pericolose - Parte 2: Filtri, requisiti e procedure di prova

UNI EN 15695-1:2018 - Trattrici agricole e forestali e macchine irroratrici semoventi - Protezione dell’operatore (conducente) da sostanze pericolose - Parte 1: Classificazione della cabina, requisiti e procedure di prova

UNI 11325-12:2018 - Attrezzature a pressione - Messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione - Parte 12: Verifiche periodiche delle attrezzature e degli insiemi a pressione

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Formazione: la normativa e le

responsabilità dei formatori

nei luoghi di lavoro la formazione dei lavoratori, uno degli elementi più importanti per ogni strategia di prevenzione, deve essere concepita alla stregua di una vera e

propria misura di sicurezza, e questa misura deve essere necessariamente “efficace” nella reale tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Ed è la

stessa giurisprudenza a ricordarci, con diverse sentenze, che tale formazione oltre ad essere “documentata” ma deve anche essere “effettiva” ed “efficace”.

Le regole legali della formazione e la Conferenza Stato-Regioni

le regole che disciplinano la formazione dei datori di lavoro/RSPP, RSPP, lavoratori, dirigenti e preposti “sono puntualmente delineate agli articoli 32 (RSPP e ASPP), 34 (DL/RSPP) e 37 (per lavoratori, dirigenti e preposti) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modifiche e integrazioni”.E in queste disposizioni legislative si può trovare l’esplicitazione di principi generali come quelli per cui:

“la formazione in materia di salute e sicurezza è misura di prevenzione essenziale che va, innanzitutto, ‘mirata’ alla valutazione dei rischi;

la formazione va svolta e aggiornata in relazione al cambio di attività e/o di esposizione ai rischi in azienda;

la formazione va aggiornata.

la salute e sicurezza è materia a competenza «ripartita» tra Stato e Regioni al momento abbiamo “ben 5 diversi Accordi in Conferenza Stato-Regioni che integrano (ma talvolta anche modificano) le regole legali”:

21 dicembre 2011 - Accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano per

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la formazione dei lavoratori ai sensi dell’articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81: accordo del 21 dicembre 2011 per lavoratori (dirigenti e preposti);

21 dicembre 2011 - Accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sui corsi di formazione per lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi ai sensi dell’articolo 34, commi 2 e 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81: accordo del 21 dicembre 2011 per DL/RSPP;

25 luglio 2012 - Adeguamento e linee applicative degli accordi ex articolo 34, comma 2, e 37, comma 2, del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni e integrazioni: Accordo del 25 luglio 2012, di integrazione e chiarimento;

Accordo del 22 febbraio 2012 concernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell’articolo 73, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche e integrazioni: Accordo del febbraio 2012 (attuazione articolo 73, comma 5, d.lgs. n. 81/2008);

Accordo 7 luglio 2016 - Accordo finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni: Accordo del 7 luglio 2016 per RSPP e ASPP ma che incide su «altra» formazione.

La formazione è un processo educativo la reale finalità della formazione “viene colta più che in ogni altra sede nelle sentenze relative a questioni nelle quali gli infortuni sul lavoro sono causati da comportamenti imprudenti, negligenti e/o imperiti del lavoratore o del preposto”.In simili casi la giurisprudenza “non si limita ad un controllo formale sulla formazione irrogata (verificando l’esistenza di un attestato coerente con le previsioni di cui agli Accordi in Conferenza Stato-Regioni) ma si interroga sulla ‘effettività’ ed ‘efficacia’ della formazione, vale a dire sul suo effetto finale in termini di cambiamento della condotta del discente”. E questo indirizzo è coerente con la definizione che il “Testo Unico” in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008) fornisce della «formazione», “intesa come vero e proprio ‘processo educativo’, nel quale, quindi, essenziale è l’aumento del bagaglio di conoscenze del discente (lavoratore su tutti)”.

La qualificazione del docente gli accordi “non definiscono le ‘caratteristiche’ dei soggetti formatori (intesi come docenti)” che sono state individuate dalla Commissione consultiva”.E il documento di riferimento è stato approvato in data 18 aprile 2012 ed è stato recepito nel decreto interministeriale del 6 marzo 2013.

è “compito del docente dare evidenza (e non solo ‘autodichiarare’) del possesso dei requisiti normativi. La dimostrazione va fornita con ogni mezzo idoneo allo scopo”. E va garantita “evidenza anche all’aggiornamento”.

La responsabilità del docente formatore non esiste nel Testo Unico un reato che “possa essere commesso dal docente”. Tuttavia esistono reati “che vanno ascritti a chi ha un ruolo (es.: preposto) in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Dunque il docente può

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rispondere penalmente di un fatto ove abbia una ‘posizione di garanzia’ (esempio: Cass. pen., n. 15009/2009, che condanna un preposto come docente). In ogni caso civilisticamente “il docente va ritenuto un ‘professionista’ (articolo 1176 c.c.)” e come tale “può rispondere per svolgimento di attività qualitativamente inadeguata al livello professionale di riferimento”.non si può escludere una responsabilità penale (in casi particolari, quando l’omesso o erroneo svolgimento di funzione professionale abbia inciso, anche solo in parte, sulla causalità dell’evento infortunistico) che concorra con quella di altri (tipicamente il datore di lavoro)”.

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Nuovo infortunio: da una sentenza

suggestiva ad una sentenza creativa

Da "nuova malattia" a "nuovo infortunio": la sentenza della Cassazione 1048/2018 applica il principio sancito dalla sentenza della Corte Costituzionale 46/2010 anche all'evento infortunio. Ovvero da una sentenza suggestiva ad una sentenza creativa.

la Corte di Cassazione, dando seguito al principio statuito dalla Corte Costituzionale sulla “nuova malattia”, applica il concetto di “nuovo infortunio” a seguito di aggravamento, dopo il termine revisionale, anche nel settore infortuni.In questa nuova procedura ripete gli stessi errori metodologici della Corte Costituzionale, facendo da una parte il richiamo all’art.80 del T.U., non applicabile in quanto i due eventi fanno riferimento a due normative diverse (D.P.R. n.1124/1965 e D.Lgs 38/2000) e dall’altra, come la Corte Costituzionale aveva manipolato il concetto di aggravamento, mescolando il concetto di “nuova inabilità” con “nuova malattia”, in questo caso, la Cassazione, effettua il medesimo misunderstanting confondendo “nuova inabilità” con “nuovo infortunio”.

Il caso in sintesi

Un soggetto a seguito di evento del 23.12.1994 si vedeva costituire una rendita in data 28.3.1995 con percentuale dell'11%, confermata una prima volta in revisione il 30.10.1998.In sede di revisione decennale, richiesta nei termini, si vedeva confermare l’11%, effettuava opposizione ex.art.104 e, dopo collegiale concorde, singolarmente, da parte dell’Inail, veniva riconosciuta una nuova invalidità nella misura del 27% con decorrenza 1.8.2007, ampiamente oltre il termine decennale in cui la variazione poteva e doveva essere considerata.

L’infortunato contestava, come è noto la cosiddetta collegiale non è vincolante, anche dette conclusioni e citava l’Inail in giudizio per maggior danno.

In Tribunale, il CTU nominato con un elaborato scarno di tre pagine, senza alcuna obiettività a supporto dei vari passaggi, ed ignorando del tutto i termini revisionali ampiamente scaduti, riconosceva una rendita corrispondente al 40 % di inabilità a decorrere dal primo febbraio 2007, al 50% dal primo gennaio 2008, e del 70% dal primo aprile 2010, tutte variazioni intervenute dopo il trascorrere del decennio, confermava tale progressione, fuori dai termini revisionali, anche dopo le osservazioni del CT Inail scrivendo “che il peggioramento decisivo del quadro clinico è del febbraio 2017 e per questo riconosciuto il danno del primo febbraio 2007” senza nulla aggiungere.

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Il Tribunale, singolarmente, al fine di “condividere” le suddette conclusioni, con aggravamenti oltre il periodo di osservazione, affermava che nella collegiale del novembre 2017 veniva segnalata, anche da parte Inail, “..la mancata stabilizzazione dei postumi” ed interpretando in maniera non consona la norma di cui all’art.83, ritenne che lo “..spirare del termine revisionale è la sussistenza di condizioni fisiche stabili” e quindi non era questo il caso concreto, per cui aderiva integralmente alle conclusioni peritali sino all’ultima valutazione del 2010.

Nel processo di Appello, la Corte correttamente osservava che il termine revisionale dei dieci anni è una presunzione assoluta, e pertanto che “il suddetto principio è incompatibile” con le conclusioni del Tribunale, sull’aggravamento dei postumi successivamente al termine di scadenza del decennio, pertanto cassava l’aggravamento del 70%, ma in maniera incomprensibile dapprima affermava che, essendo stato il 27% riconosciuto anche dall’Inail in sede di Collegiale dal 1.8.2007, il maggior danno si sarebbe verificato “..nell’ambito del limite decennale ex. art. 83 T.U., altrimenti l’Inail non avrebbe accolto la revisione.” (errore amministrativo!), e che detto danno per il CTU ha riconosciuto pari al 40%, e 40% doveva essere e poi senza alcuna spiegazione giuridica riconosceva anche un 50% dal gennaio 2008, nonostante nella stessa sentenza la stessa Corte si fosse espressa diversamente sull’aggravamento post-decennio

La Cassazione cui si è rivolta l’Inail, fa chiarezza definitiva su un punto, il termine decennale della revisione è e resta INVALICABILE, e NON GIUSTIFICATO un aggravamento ai sensi dell’art.83, e gli aggravamenti successivi a detto termine, non possono essere presi in considerazione ma, poi per il caso di specie indica ai fini di una “maggior tutela”, come soluzione, l’estensione agli infortuni del principio di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n.46/2010.

Valutazioni sulla sentenza Allorché uscì la sentenza della Corte Costituzionale n. 46/2010 commentammo (1) il tutto sottolineando gli sforzi della Corte per non dichiarare i limiti temporali revisionali dell’art.83, e la sua incostituzionalità, soggiungendo che “la motivazione adottata sembra una forzatura per non “verificare” se in concreto il termine quindicinale della revisione, anche in costanza di rischio (o anche di nuovo rischio su stessa patologia). consenta una vera tutela integrale e “sposta” la soluzione mediante l’applicazione dell‟art. 80; che, nello specifico, appare una “revisione” mascherata. Il principio ora stabilito trasforma la “nuova inabilità” in “nuova malattia”; la decisione presa appare forzata e lo si comprende dal passaggio: “…anche il caso in cui, dopo la costituzione di una rendita per una determinata malattia professionale (“vecchia”, quindi, in contrapposizione alla “nuova”), il protrarsi dell’esposizione al medesimo rischio patogeno determini una “nuova” inabilità che risulti superiore a quella già riconosciuta..” in cui si effettua uno scambio in corsa, , tra il concetto di “malattia” e di “inabilità” che sono del tutto diversi. “La lettura degli atti, con le conclusioni cui si è pervenuti nel caso specifico – aggravamento di una ipoacusia trascorso il quindicennio, che era stato portato all’attenzione della Corte Costituzionale, evidenzia che la trattazione appare costellata di fraintendimenti -di metodo e di merito - da par te dei diversi attori nelle fasi del giudizio; alla fine si è giunti ad una valutazione ed interpretazione del nuovo principio dettato dalla sentenza, solo parzialmente, coerente con l’enunciato principio di diritto, non rispecchiando - nella concreta applicazione - il significato reale del comma 6 dell‟art.13 del D.Lgs 38/2000.”.In concreto nella sentenza 1048/2018 la Corte di Cassazione, dando corso a quanto prospettato dalla sentenza 46/2010 della Corte Costituzionale, ha espresso il seguente principio di diritto: “Il termine per l’esercizio del diritto alla revisione della rendita Inail stabilito dall’art. 83 d.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124, si riferisce

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esclusivamente all’eventuale aggravamento ed alla consequenziale inabilità derivante dalla naturale evoluzione dell’originario stato morboso, mentre, allorché il maggior grado di inabilità dipenda da una concausa sopravvenuta, sempre necessariamente originata dalla lesione generata dallo stesso infortunio, deve trovare applicazione la disciplina dettata dall’art. 80 del citato decreto” e questa è la massima che si ritrova, anche, sul sito ius explorer in relazione a detta sentenza,In verità allorché la stessa si esprimeva sul concetto di “nuova malattia” - essendo la nuova ipotetica fattispecie (“nuovo infortunio”) insorto dopo il 9.8.2000 non poteva essere applicato l'art.80 ma, semmai, il comma 6 dell'art.13 del D.Lgs 38/2000 che non permette l’unificazione dei postumi contrariamente a quanto rappresentato nelle motivazioni di entrambe le due importanti sentenze.detto comma 6 dell’art.13 era stato rimesso di fronte alla Corte Costituzionale per presunta incostituzionalità in riferimento all’art.38, ma ha superato oltre dieci anni fa, il vaglio in quanto la Corte Costituzionale (7) ne ha rigettato l'ipotesi di incostituzionalità I “due eventi infortunio” sono avvenuti, incontrovertibilmente, a cavallo di due regimi diversi - T.U. n.1124/1965 ed il D.Lgs 38/00 - appare quindi non corretto fare una rendita unica ex. art.80 come indicato dalla Cassazione, ma se si vuole dare corso comunque al “nuovo principio” applicare l’articolo 13, comma 6 seconda parte del D.lgs 38/2000.Nel caso di specie, ad una menomazione a carico dell’arto inferiore dx. seguiva, oltre i limiti revisionali, seguiva una sequela di “aggravamenti” sino all’amputazione dello stesso arto dovuta a concausa sopravvenuta, che lo stesso Inail non escludeva correlabile, in qualche modo, con l’evento primario.Se si adottasse il principio stabilito della Corte con applicazione ex. art.80 si dovrebbe pervenire, alla fine, ad una unica rendita con il valore tabellato con riferimento alla “amputazione” di coscia al terzo medio, se invece, correttamente, venisse applicato il comma 6 dell’art.13, il soggetto manterrebbe la rendita cristallizzata al decennio con riferimento all’attitudine al lavoro al decennio cristallizzata, e si vedrebbe riconosciuta una nuova rendita con postumi in danno biologico in base all’aggravamento, non riconosciuto come tale ma, come nuovo infortunio.Infatti, stante il dettame normativo di cui all’art.13, comma 6, seconda parte (8), al soggetto compete la rendita in godimento fissata entro il decennale con riferimento all’attitudine al lavoro, ed una ulteriore rendita in relazione al danno biologico a seguito del “nuovo infortunio”.l’Inail con lettera prot. 6724 bis del 4.7.2015, a seguito di richiesta di chiarimenti circa la corretta interpretazione del comma sopra citato, dava indicazioni inequivocabili illustrando come comportarsi, nelle diverse situazioni possibili, e se per interpretare correttamente il periodo “..senza tenere conto delle preesistenza..” scriveva doverosamente che la “..formulazione letterale della disposizione di cui si tratta, facendo riferimento al „grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale‟ lascia chiaramente intendere che il danno da indennizzare è esclusivamente la menomazione ricadente nel regime del danno biologico in sé considerata” dall’altra, ed è il caso posto all’attenzione della Corte, veniva esplicitato ed aggiunto che “Resta fermo, infine che qualora una menomazione ricadente nel nuovo regime concorra con postumo vecchio regime già indennizzato, e nel complesso i due danni comportino la perdita assoluta della funzione svolta dell’apparato, dal senso o dall’organo, la valutazione della menomazione dovrà rispettare il valore tabellato previsto per la perdita totale, anche se il soggetto risulta già indennizzato e continuerà a non percepire una rendita, per la parziale perdita del medesimo apparato, senso o organo”.

Cassazione Civile, Sez. Lav., 17 gennaio 2018, n. 1048 - Aggravamento dei postumi da infortunio sul lavoro

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QUESITO PREVENZIONE INCENDI

Installazione di un portone REI scorrevole:

quando fornire l'omologazione?

Il Quesito presentato

Dovrei installare un portone REI scorrevole su una parete riqualificata e certificata (lastre lana di roccia), pertanto l'idea è realizzare un telaio e/o trave orizzontale con

tubolari in acciaio rivestiti con pannelli certificati, fissare il tutto alla muratura portante. Ho trovato un produttore che propone tale soluzione omologata. Alla mia

richiesta di visionare l'omologazione, me ne è stata data in visione solo uno stralcio perchè mi verrà resa all'atto della fornitura. Dalla visione dello stralcio mi accorgo che l'estensione dell'omologazione alla dimensione massima è inferiore a quella

occorrente. Il fornitore mi ha risposto che il D.M .20/04/2001 permette di immettere sul mercato porte resistenti al fuoco "di grandi dimensioni", cioè di dimensioni oltre

a quelle specificate nell'omologazione per estensione. -È corretto fornire copia dell'omologazione solo all'atto della fornitura? Come faccio

a progettare l'intervento se non conosco tutti i dettagli della prova di laboratorio? -Per porte scorrevoli di "grandi dimensioni" il D.M. 20/4/2001 non dice esattamente

che per dimensioni superiori al 50% del campione provato va estesa l'omologazione, nonché, va fornita una relazione descrittiva degli accorgimenti

tecnici adottati?

Secondo l'Esperto

La trave portante deve essere realizzata in tubolare d'acciaio (CE) 200x100mm con coibentazione in lana di roccia ad alta densità (se non ricordo male 150 kg/m3). In caso di realizzazione di struttura portante, anche i montanti devono essere dello stesso tipo di tubolare. La trave va rivestita con doppia lastra nelle parti a vista e

con stuccatura dei giunti. Per l'aspetto delle omologazioni non è prevista, tantomeno obbligatoria, la

consegna dei documenti prima della fornitura (e del saldo...). In alcuni casi vengono anticipate copie conformi del certificato di omologazione o del rapporto di prova. Sicuramente un produttore serio, deve rendere disponibili le schede tecniche del

prodotto riportanti ingombri e pesi per il calcolo statico e le ulteriori valutazioni da parte del professionista incaricato.

Per quanto riguarda la relazione descrittiva degli accorgimenti tecnici adottati, il D.M. 20/4/2001 citato, specifica che i limiti di estensione si applicano a porte di

qualsiasi tipologia "escluse le scorrevoli". Questi portoni sono al di fuori del regime omologativo.

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EN 1090-1:2009+A1:2011: APPLICAZIONE

PIASTRE DI ANCORAGGIO :SENTENZA

CORTE DI GIUSTIZIA UE

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SENTENZA CORTE DI GIUSTIZIA UE DEL 14.12.2017 - PIASTRE DI ANCORAGGIO CON FUNZIONE STRUTTURALE APPLICAZIONE EN 1090-1:2009+A1:2011

In base alla Sentenza Corte di giustizia UE del 14 dicembre 2017 (causa C-630/16), i prodotti da costruzione come le piastre di ancoraggio e simili destinate ad essere

fissate nel cemento prima della sua solidificazione e utilizzate per fissare i pannelli della facciata e i sostegni in muratura all’intelaiatura degli edifici rientrano, se hanno funzione strutturale, nell’ambito di applicazione della norma EN 1090-

1:2009+A1:2011.

Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 14 dicembre 2017 (Causa C-630/16) - (2018/C 052/14)((Rinvio pregiudiziale - Condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione - Norma armonizzata EN 1090-1:2009+A1:2011 - Criteri di determinazione dell’ambito d’applicazione di una norma adottata dal Comitato europeo di normalizzazione (CEN) in forza di un mandato della Commissione europea - Piastre di ancoraggio destinate ad essere fissate nel cemento prima della sua solidificazione e utilizzate per fissare i pannelli della facciata e i sostegni in muratura all’intelaiatura degli edifici))

Dispositivo La norma EN 1090-1:2009+A1:2011, intitolata «Esecuzione di strutture di acciaio e di alluminio - Parte 1: Requisiti per la valutazione di conformità dei componenti strutturali», deve essere interpretata nel senso che prodotti come quelli di cui al procedimento principale, destinati a essere fissati nel cemento prima che indurisca, rientrano nel suo ambito d’applicazione, se hanno funzione strutturale, nel senso che la loro rimozione da una costruzione provocherebbe immediatamente una diminuzione della sua resistenza.

GUUE C 52/11 del 12.02.2008

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VALUTAZIONE RISCHIO ATEX LAVORO:

QUADRO TECNICO-NORMATIVO

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La sicurezza nei luoghi di lavoro con pericolo di esplosione è regolamentata, a livello europeo, dalla direttiva 1992/92/CE "ATEX Lavoro" (ATEX - ATmosphères

EXplosibles).

La direttiva 1999/92/CE (XV Direttiva particolare lavoro) è relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive definite come: “miscele con l'aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri in cui, dopo accensione, la combustione si propaga all'insieme della miscela incombusta”.

La direttiva è stata recepita in Italia tramite il D.Lgs. 233/03 e successivo Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 s.m.i. (titolo XI).

Il datore di lavoro deve ripartire in zone le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.Per la classificazione delle aree o dei luoghi si può fare riferimento alle norme tecniche armonizzate relative ai settori specifici, tra le quali:

- EN 60079-10 (CEI 31-30) “Classificazione dei luoghi pericolosi” e successive modificazioni; - EN 61241-10 (CEI 31-66) “Classificazione delle aree dove sono o possono essere presenti polveri combustibili” e successive modificazioni; e le relative guide: - CEI 31-35 e CEI 31-56; e per l’analisi dei pericoli, valutazione dei rischi e misure di prevenzione e protezione, alla norma: - EN 1127-1” Atmosfere esplosive. Prevenzione dell’esplosione e protezione contro l’esplosione. Parte 1: Concetti fondamentali e metodologia”. Le norme tecniche sono “in pratica” cogenti.

Valutazione rischio ATEX lavoro | Tabella quadro tecnico - normativo

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Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 s.m.i. Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. TITOLO XI - PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE

CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 287 - Campo di applicazione

1. Il presente Titolo prescrive le misure per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive come definite all’articolo 288. 2. Il presente Titolo si applica anche nei lavori in sotterraneo ove è presente un’area con atmosfere esplosive, oppure è prevedibile, sulla base di indagini geologiche, che tale area

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si possa formare nell’ambiente. 3. Il presente Titolo non si applica: a) alle aree utilizzate direttamente per le cure mediche dei pazienti, nel corso di esse; b) all’uso di apparecchi a gas di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661; c) alla produzione, alla manipolazione, all’uso, allo stoccaggio ed al trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili; d) alle industrie estrattive a cui si applica il Decreto Legislativo 25 novembre 1996, n. 624; e) all’impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale e aereo per i quali si applicano le pertinenti disposizioni di accordi internazionali tra i quali il Regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), l’Accordo Europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN), l’Organizzazione per l’Aviazione civile internazionale (ICAO), l’Organizzazione marittima internazionale (IMO), nonché la normativa comunitaria che incorpora i predetti accordi. Il presente Titolo si applica invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva.

Articolo 288 - Definizioni 1. Ai fini del presente Titolo, si intende per: «atmosfera esplosiva» una miscela con l’aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri in cui, dopo accensione, la combustione si propaga nell’insieme della miscela incombusta. 1-bis Per condizioni atmosferiche si intendono condizioni nelle quali la concentrazione di ossigeno nell’atmosfera è approssimativamente del 21 per cento e che includono variazioni di pressione e temperatura al di sopra e al di sotto dei livelli di riferimento, denominate condizioni atmosferiche normali (pressione pari a 101325 Pa, temperatura pari a 293 K), purché tali variazioni abbiano un effetto trascurabile sulle proprietà esplosive della sostanza infiammabile o combustibile.

ALLEGATO LI SEGNALE DI AVVERTIMENTO PER INDICARE LE AREE IN CUI POSSONO

FORMARSI ATMOSFERE ESPLOSIVE (articolo 293, comma 3)

Area in cui si può formare un’atmosfera esplosiva

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Al fine di facilitare la comprensione del segnale, al di sotto di esso devono essere riportate le seguenti indicazioni: PERICOLO ESPLOSIONE e DANGER EXPLOSION

Norme tecniche armonizzate

CEI EN 60079-10-1 (CEI 31-87):2016 CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88):2016 CEI EN 60079-14 (CEI 31-33):2015 CEI EN 60079-17 (CEI 31-34):2015 CEI EN 60079-31 (CEI 31-89):2015 Guida CEI EN 60079-10-1 (CEI 31-35):2012 (non allineata ultima versione della norma Ed. 2016) Guida CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-56):2010 (non allineata ultima versione della norma Ed. 2016) Guida CEI EN 60079-14 (CEI 31-108):2016 CEI EN 60079-20-1 (CEI 31-90):2010 CEI EN 60079-25 (CEI 31-79):2012 CEI EN 60079-0 (CEI 31-70):2013

CEI EN 60079-10-1 (CEI 31-87):2016 Atmosfere esplosive - Parte 10-1: Classificazione dei luoghi – Atmosfere esplosive per la presenza di gas

La presente Norma tratta la classificazione dei luoghi ove possono manifestarsi dei pericoli associati alla presenza di gas o vapori o nebbie infiammabili e può essere utilizzata come base per effettuare la corretta scelta ed installazione di apparecchiature per l'uso in un luogo pericoloso. Essa si applica ai luoghi in cui vi può essere il pericolo di accensione dovuto alla presenza di gas o vapori infiammabili, in miscela con aria in condizioni atmosferiche normali, ma non si applica a: a) miniere con possibile presenza di grisou; b) luoghi di trattamento e produzione di esplosivi; c) luoghi dove il pericolo può manifestarsi per la presenza di polveri o fibre combustibili, ma i principi della Norma possono essere usati per valutazioni con presenza di miscele ibride (si veda inoltre la Norma CEI EN 60079-10-2); d) guasti catastrofici o rari malfunzionamenti non compresi nel concetto di anormalità trattato in questa Norma; e) applicazioni commerciali ed industriali dove viene utilizzato solo gas a bassa pressione (per esempio in apparecchi di cottura, in riscaldatori di acqua ed usi simili), dove l'installazione soddisfa i requisiti di regole e codici relativi al gas; f) locali adibiti ad uso medico; g) ambienti domestici.

La presente Norma rappresenta una revisione tecnica dell'edizione precedente.La presente Norma sostituisce completamente la CEI EN 60079-10-1:2010-01, che rimane applicabile fino al 13-10-2018. La presente Norma riporta il testo in inglese e italiano della EN 60079-10-1; rispetto al precedente fascicolo n. 14705E di marzo 2016, essa contiene la traduzione completa della EN sopra indicata.

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Decreto del Ministero dell'Interno 3 agosto 2015 Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.

CAPITOLO V.2 AREE A RISCHIO PER ATMOSFERE ESPLOSIVE Scopo e campo di applicazione Valutazione del rischio di esplosione. Misure per la riduzione del rischio di esplosione Misure per la riduzione del rischio per gli occupanti Prodotti impiegabili Opere da costruzione progettate per resistere alle esplosioni Riferimenti

V.2.3 Misure per la riduzione del rischio di esplosione

1. Per la riduzione del rischio di esplosione possono adottarsi le seguenti misure: a. misure di prevenzione, che riguardano la riduzione delle probabilità di formazione ed innesco di una miscela esplosiva; b. misure di protezione, che comportano la mitigazione degli effetti di un'esplosione entro limiti accettabili; c. misure gestionali, che prevedono la riduzione del rischio di esplosione mediante adozione di procedure di corretta organizzazione del lavoro e dei processi produttivi. 2. Le misure di prevenzione e gestionali sono sempre da preferire alle misure di protezione; si deve ricorrere alle misure di protezione quando non è possibile ricondurre il livello di rischio ad un livello accettabile con la sola applicazione di misure di prevenzione e gestionali. 3. Per il conseguimento del livello di sicurezza equivalente richiesto dalle disposizioni legislative anche comunitarie e le norme tecniche vigenti, le misure impiegabili sono riportate nelle tabelle V.2-3 e V.2-4.

un elenco di attività rientranti nel campo di applicazione del Codice che potrebbero essere interessate da aree a rischio per atmosfere esplosive (Fonte VVF).

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...

Guide INAIL/ISPESLIl rischio di esplosione, misure di protezione ed implementazione delle Direttive ATEX 94/9/CE e 99/92/CE Guida alla certificazione Direttiva 94/9/CE - ATEX in materia di prodotti destinati ad essere utilizzati in atmosfere potenzialmente esplosive - Parte 1

Guide UEGuida di buona pratica a carattere non vincolante in vista dell'attuazione della direttiva 1999/92/CE relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive

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Sulla necessità di provare la necessità

dell’utilizzo dei DPI

La Corte di Cassazione si pronuncia in merito ad una sentenza sull’omessa dotazione di occhiali di protezione per il lavoratore. Si annulla la sentenza e si rinvia

ad un'analisi più adeguata sull'indispensabilità dei DPI.

dispositivi di protezione personali, “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo” (art. 74, D.Lgs. 81/2008). Dispositivi che devono essere impiegati – continua il Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008) – “quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro” (art. 75) Tuttavia non sempre è facile comprendere nei luoghi di lavoro se l’utilizzo di una protezione per gli occhi e il viso, in relazione alle condizioni poste dall’art. 75 del Testo Unico, sia necessaria.

una recente sentenza della Corte di Cassazione, la sentenza n. 56104 del 15 dicembre 2017, relativa ad un ricorso in relazione ad un giudizio relativo ad un

infortunio avvenuto per carenza di occhiali di protezione, a parlare della necessità che i giudici di merito nel ritenere indispensabile l'utilizzo del DPI menzionino la

“fonte di prova di tale assunto”.

Nella pronuncia della Corte di Cassazione si indica che la Corte di Appello di Ancona ha, in questo caso (6 settembre 2006), “dichiarata l'improcedibilità dell'azione penale per intervenuta prescrizione del reato”, confermato le “statuizioni civili di condanna emesse dal Tribunale di Macerata nei confronti di C.M. per il reato previsto dall'art.590, commi 2 e 3, cod. pen. per avere, in qualità di datore di lavoro, omesso di munire il lavoratore D.Y. di occhiali di protezione, così cagionando al medesimo lesioni personali con postumi consistenti nell'indebolimento permanente della vista”

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Contro tale sentenza ricorre C.M., “limitatamente alle statuizioni civili, deducendo violazione dell'art.606, comma 1, lett.b) cod.proc.pen. in relazione all'art.590 cod. pen., violazione dell'art.606, comma 1, lett.c) in relazione agli artt. 192 e 603 cod.proc.pen. e comunque mancanza della motivazione”.

il contenuto dell’art. 606 del Codice di procedura penale:

Art. 606. Casi di ricorso.

1. Il ricorso per cassazione può essere proposto per i seguenti motivi:

a) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri;

b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale;

c) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza;

d) mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell'istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall'articolo 495, comma 2;

e) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame.

(…)

Il ricorrente lamenta, in particolare, che la Corte di Appello “abbia affermato che l'attività lavorativa richiedeva certamente l'utilizzo di occhiali di protezione nonostante l'Ispettore della sicurezza sul lavoro, sentito come testimone, avesse ritenuto non indispensabile tale presidio, trascurando di spiegare le ragioni del diniego di accertamento mediante perizia di quanto dichiarato dal testimone”.

conclusioni della sentenza. In linea di principio si indica, per quanto concerne il vizio di motivazione, che la Corte di Cassazione “ha più volte affermato che il giudice del gravame di merito non è tenuto ad esaminare espressamente ogni elemento istruttorio acquisito nel corso del processo, né a fornire espressa spiegazione in merito al valore probatorio di tutte le emergenze istruttorie, laddove dall'esame di alcune prove a sostegno della decisione possa implicitamente desumersi l'irrilevanza o l'inattendibilità delle prove contrarie, essendo necessario e sufficiente che spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dalle quali si dovranno ritenere implicitamente disattese le opposte deduzioni difensive ancorché non apertamente confutate. In altre parole, non rappresenta vizio censurabile l'omesso esame critico di ogni questione sottoposta all'attenzione del giudice di merito qualora dal complessivo contesto argomentativo sia desumibile che alcune questioni siano state implicitamente rigettate o ritenute non decisive, essendo a tal fine sufficiente che la pronuncia enunci con adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono ritenuti determinanti per la formazione del convincimento del giudice (Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 25498801; Sez.6, n.49970 del 19/10/2012, Muià, Rv.25410701; Sez.4, n.34747 del 17/05/2012, Parisi, Rv.25351201; Sez.4, n.45126 del 6/11/2008, Ghisellini, Rv.24190701)”.

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Tuttavia – continua la Cassazione - valutando la sentenza impugnata alla luce di tale principio “ne emerge una motivazione carente e non satisfattiva. I giudici di merito hanno affermato che le mansioni alle quali era addetto il lavoratore rendevano indispensabile l'utilizzo degli occhiali di protezione senza menzionare la fonte di prova di tale assunto, limitandosi a ritenere infondata l'opposta tesi introdotta nel giudizio dall'Ispettore che aveva svolto il sopralluogo nel cantiere nell'immediatezza del fatto e senza esaminare le istanze difensive tendenti all'integrazione istruttoria”.

E si ritiene, invece, necessario che il giudice di merito “fornisca precisa e adeguata analisi del complessivo quadro probatorio alla luce delle specifiche argomentazioni difensive in merito all'elemento materiale del reato. Laddove con l'atto di appello sia stata denunciata la contraddittorietà o insufficienza della prova in ordine ad uno degli elementi costitutivi del reato oggetto di accertamento, e la sentenza gravata contenga anche una decisione sugli interessi civili, il giudice di secondo grado, pur prendendo atto della sopravvenuta causa estintiva del reato, è infatti chiamato a valutare approfonditamente il compendio probatorio (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 24427301; Sez. 6, n. 5888 del 21/01/2014, Bresciani, Rv. 25899901; Sez. 5, n. 28289 del 06/06/2013, Cologno, Rv. 25628301; Sez. 6, n. 16155 del 20/03/2013, Galati, Rv. 25566601)”.

Inoltre le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno, altresì, recentemente precisato che, “nel caso in cui il giudice di appello dichiari non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato senza adeguatamente motivare in ordine alla responsabilità dell'imputato ai fini delle statuizioni civili, l'eventuale accoglimento del ricorso per cassazione proposto dall'imputato impone l'annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, a norma dell'art. 622 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 40109 del 18/07/2013, Sciortino, Rv. 25608701): formula di annullamento che, pertanto, è quella da privilegiare nel caso di specie, con rinvio al giudice civile che deciderà anche sulle spese processuali per questa fase di giudizio”.

In definitiva il ricorso è ritenuto fondato e la Corte di Cassazione “annulla la sentenza impugnata agli effetti civili e rinvia per il giudizio sul punto al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio di cassazione”.

Corte di Cassazione Penale – Sentenza 15 dicembre 2017, n. 56104 - Omessa dotazione di occhiali di protezione per il lavoratore. Rinvio per un'analisi più adeguata sull'indispensabilità di essi

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Obbligo di aggiornamento per l’uso di alcune

attrezzature di lavoro

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E’ in scadenza il 12 marzo 2018 il termine entro il quale devono aggiornarsi alcuni operatori abilitati alla conduzione di

particolari attrezzature di lavoro..

Scade il 12 marzo 2018 il termine ultimo per l'adempimento dell'obbligo di aggiornamento per alcuni dei soggetti abilitati alla conduzione di particolari

attrezzature di lavoro di cui all’art. 73 comma 5 del D. Lgs n. 81/2008 e s.m.i. e le cui modalità sono state definite dall'Accordo raggiunto nell’ambito della Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nella seduta del 22/2/2012.

Con tale Accordo, entrato in vigore il 12/3/2013, sono state individuate e riportate nella sezione A) dell’Allegato A le attrezzature per la conduzione delle quali è necessario possedere una specifica abilitazione. Esse sono le:

le piattaforme di lavoro mobili elevabili (PLE)

le gru a torre

le gru mobile

le gru per autocarro

i carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo (a braccio telescopico,

industriali semoventi, sollevatori/elevatori semoventi telescopici rotativi)

i trattori agricoli o forestali

le macchine movimento terra (escavatori idraulici, a fune, pale caricatrici

frontali, terne, autoribaltabile a cingoli)

le pompe per calcestruzzo.

Lo stesso Accordo Stato Regioni del 22/2/2012, al punto 6, ha anche stabilito che l’abilitazione deve essere rinnovata entro i 5 anni dalla data di rilascio dell’attestato previa verifica della partecipazione a un corso di aggiornamento avente una durata minima di 4 ore delle quali almeno 3 ore relative agli argomenti dei moduli pratici di cui agli allegati III e seguenti. Con esso inoltre è stata riconosciuta, al punto 9.1, una formazione pregressa alla sua entrata in vigore e più precisamente sono stati riconosciuti validi i corsi già effettuati entro tale data purché possedessero però, per ciascuna tipologia di attrezzatura, i seguenti requisiti:

“a) corsi di formazione della durata complessiva non inferiore a quella prevista dagli allegati, composti di modulo teorico, modulo pratico e verifica finale dell’apprendimento;

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b) corsi, composti di modulo teorico, modulo pratico e verifica finale dell’apprendimento, di durata complessiva inferiore a quella prevista dagli allegati a condizione che gli stessi siano integrati tramite il modulo di aggiornamento di cui al punto 6, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del presente accordo;

c) corsi di qualsiasi durata non completati da verifica finale di apprendimento a condizione che entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del presente accordo siano integrati tramite il modulo di aggiornamento di cui al punto 6 e verifica finale dell’apprendimento”.

Con riferimento poi alla data di decorrenza dei 5 anni era stato stabilito, al punto 9.2, che:

“Gli attestati di abilitazione conseguenti ai corsi di cui al punto 9.1 hanno validità di 5 anni a decorrere rispettivamente dalla data di attestazione di superamento della verifica finale di apprendimento per quelli di cui alla lettera a), dalla data di aggiornamento per quelli di cui alla lettera b) e dalla data di attestazione di superamento della verifica finale di apprendimento per quelli di cui alla lettera c)”.

Quest’ultimo punto però è stato successivamente modificato dall’Accordo Stato Regioni del 7/7/2016 sulla formazione degli RSPP/ASPP, che come è noto ha provveduto anche a modificare altre disposizioni riguardanti la formazione in generale in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ed è stato in parte riscritto così come di seguito indicato:

“Gli attestati di abilitazione conseguenti ai corsi di cui al punto 9.1 hanno validità di 5 anni a decorrere rispettivamente dalla data di entrata in vigore del presente accordo per quelli di cui alla lettera a), dalla data di aggiornamento per quelli di cui alla lettera b) e dalla data di attestazione di superamento della verifica finale di apprendimento per quelli di cui alla lettera c)” per cui è stata sostanzialmente modificata la data di decorrenza dei cinque anni per i soggetti di cui alla lettera a), così come emerge dal confronto delle due espressioni sopra evidenziate e sottolineate.

Pertanto, in conclusione, coloro che con l’entrata in vigore dell’Accordo Stato Regioni del 22/2/2012 sull’abilitazione di particolari attrezzature di lavoro hanno usufruito del riconoscimento della formazione pregressa e cioè coloro che a tale data, e cioè al 12/3/2013, avevano già completata la loro formazione con i requisiti indicati nella lettera a) del punto 9.1, compresa la effettuazione della verifica finale di apprendimento, dovranno completare il loro aggiornamento entro il 12/3/2018.

Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano - Accordo del 22 febbraio 2012 concernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell’articolo 73, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche e integrazioni.

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Movimentazione manuale: rischio da

sovraccarico biomeccanico al rachide

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Informazioni sulla diffusione e sulle conseguenze sulla salute del rischio da sovraccarico biomeccanico al rachide correlato alla movimentazione manuale dei

carichi (MMC). Le patologie della colonna vertebrale e la normativa.

Sappiamo che i rischi correlati alla movimentazione manuale dei carichi sono ampiamente diffusi, malgrado la continua evoluzione tecnologica nel mondo del lavoro, in molti comparti lavorativi. E le patologie muscolo-scheletriche in generale, specificatamente

quelle afferenti la colonna vertebrale, sono diventate una “problematica di significativo spessore oltre che diffusione, con risvolti psico-sociali, economici e medico-legali, sia nella

popolazione generale, che in quella lavorativa”.

Ed è ampiamente dimostrato che il sovraccarico biomeccanico al rachide, “ovvero la ripetuta sollecitazione meccanica dei differenti distretti della colonna vertebrale” e principalmente di quello dorsolombare, “a seguito essenzialmente di attività di movimentazione manuale di carichi, possa indurre alterazioni degenerative anche irreversibili”.

La diffusione delle affezioni cronico degenerative

il sovraccarico biomeccanico e di conseguenza la movimentazione manuale di carichi (MMC), suo principale fattore di rischio, “possono essere correlati a tutta una serie di affezioni cronico degenerative a livello della colonna vertebrale, comuni nella popolazione generale, ma anche in quella lavorativa, nel qual caso vengono definite in maniera generica con il termine di Low Back Pain (LBP)”.tali LBP “sono al secondo posto tra i dieci problemi di salute più rilevanti nei luoghi di lavoro (NIOSH - National Institute for Occupational Safety and Health)”.

Alcuni dati statunitensi rilevano che:

il Low Back Pain determina una media di 28,6 giorni di assenza per malattia ogni 100 lavoratori;

è la principale causa di limitazione lavorativa nelle persone con meno di 45 anni di età;

sono le affezioni croniche più diffuse”.

E anche nel nostro paese queste patologie sono tra le principali ragioni di non idoneità o idoneità con prescrizione da parte dei medici competenti.

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Le conseguenze sulla salute dei lavoratori

la colonna vertebrale è “una struttura complessa, costituita da differenti elementi, i principali dei quali sono rappresentati dalle vertebre, dai dischi intervertebrali, oltre che da muscoli e legamenti, con funzioni di sostegno e movimento, ma anche di protezione delle strutture nervose. La colonna presenta tre curve fisiologiche a livello cervicale (lordosi), dorsale (cifosi) e lombare (lordosi) ed è in grado generalmente di sopportare carichi notevoli”. In particolare ogni elemento “svolge una funzione ben precisa, ma specificatamente le vertebre hanno funzione di sostegno, inserzione e protezione degli altri elementi ed i dischi intervertebrali oltre a connettere i corpi vertebrali, funzionano da cuscinetti capaci di assorbire e distribuire gli stress meccanici. Il disco intervertebrale costituito da un nucleo gelatinoso rivestito da un anello fibroso, è in grado di sopportare carichi anche notevoli, deformandosi a seguito dello stimolo meccanico e recuperando dimensioni e forma originari con la cessazione dello stesso”. Se tuttavia viene sottoposto ad un carico eccessivo, con superamento dei limiti di tolleranza, “è possibile l’instaurarsi a carico del disco, di processi degenerativi che in prima analisi determinano la comparsa di dolore”. Ed è proprio l’attività di movimentazione manuale dei carichi che può “determinare carichi discali superiori ai limiti definiti tollerabili è pari a 275 kg nelle femmine e 400 kg nei maschi o addirittura il superamento del carico di rottura dell’unità disco-vertebra fissato a circa 650 kg”.

schema che riassume alcuni livelli di carico sul disco tra la III e la IV vertebra lombare (L3-L4), di un soggetto di 70 kg di peso in diverse posture e condizioni di carico:

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Inoltre con l’invecchiamento si assiste ad un “decremento nella resistenza ed elasticità del disco intervertebrale, con conseguente progressiva perdita della capacità da parte dello stesso, di fungere da vero e proprio elemento ammortizzante interposto fra le vertebre”. E l’invecchiamento del disco viene poi accentuato dall’effettuazione di sforzi eccessivi e dalla vita sedentaria, oltre che dalla MMC e dall’assunzione di posture fisse”.

anche al di là del carico, il disco risente notevolmente anche “delle caratteristiche biomeccaniche della colonna: il baricentro del corpo è anteriore rispetto alla colonna e la caduta in avanti è impedita dall’azione dei muscoli posteriori che fungono da leva. Se i bracci di leva hanno la stessa lunghezza, per bilanciare un peso di 40 kg occorre esercitare una forza analoga e sul fulcro appoggiano 80 kg. Se invece i bracci di leva hanno lunghezza diversa, come accade per la colonna vertebrale, il fulcro dovrà sopportare un peso maggiore: ad esempio se la lunghezza del braccio di leva è tre volte maggiore, per bilanciare un peso di 40 kg occorre esercitare una forza di 120 kg e sul fulcro (cioè sul disco intervertebrale) appoggiano 160 kg”. In definitiva per bilanciare questo peso i muscoli posteriori “devono esercitare una forza molto superiore perché il braccio di leva dei muscoli è di soli 5 cm così, tanto maggiore è la distanza del peso sollevato dal corpo, maggiore sarà il carico che la colonna deve sopportare”.

Le patologie della colonna vertebrale descrizione delle principali patologie della colonna vertebrale:

artrosi: “dolore locale causato dalla presenza di protuberanze ossee che si formano sul bordo della vertebra (becchi artrosici). Se questi comprimono un nervo, determinano la comparsa di formicolii e dolori nel territorio di innervazione di quel nervo”;

ernia del disco: “si origina quando la parte centrale del disco intervertebrale (nucleo polposo), attraversa l’anello fibroso che lo racchiude, fuoriuscendo dal disco e provocando la compressione dei nervi spinali, con dolore irradiato alla schiena (lombalgia) e alla gamba (sciatica)”;

lombalgia acuta (o colpo della strega): “è caratterizzata da dolore acutissimo per una reazione immediata dei muscoli e altre strutture della schiena, a seguito di modalità di movimentazione scorretti o sovraccaricanti. Compare nel giro di poche ore e va considerata come infortunio se è correlabile con l’attività lavorativa”.

Il sovraccarico e la normativa

norme tecniche (ISO 11228-1, ISO 11228 – 2, ISO 11228 – 3 e UNI EN 1005-2) ma

alcune indicazioni legislative riferimento al contenuto del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D. Lgs. 81/2008).

articolo 168 (obblighi del Datore di Lavoro) il datore di lavoro “deve adottare tutte le misure necessarie (organizzative o tecniche), in particolare attrezzature meccaniche per evitare la necessità di una movimentazione dei carichi da parte dei lavoratori (comma 1)”. E qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, tenendo conto dell’allegato XXXIII del Testo Unico, ed in particolare:

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a) organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione assicuri condizioni di sicurezza e salute;

b) valuta, se possibile anche in fase di progettazione, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione tenendo conto dell’allegato XXXIII;

c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie dorso-lombari, adottando le misure adeguate, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell’ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base all’allegato XXXIII;

d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41, sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio di cui all’allegato XXXIII.

Commissione Consultiva Permanente per la salute e sicurezza sul lavoro - Buone Prassi -Documento approvato nella seduta del 27 novembre 2013

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Imparare dagli errori: le cadute senza

scarpe di sicurezza

Esempi di infortuni in cui è stata rilevata l’assenza di dispositivi di protezione dei piedi in relazione a cadute in piano o a cadute di gravi dall’alto. Gli infortuni, i fattori

causali e i criteri di scelta del DPI.

eventi infortunistici da caduta in cui si evidenzia una mancata fornitura o un mancato utilizzo delle scarpe di sicurezza.

I casi

Il primo caso riguarda un infortunio avvenuto in un punto vendita.

Una addetta di mercato (cassiera), entra nel corridoio che porta allo spogliatoio, in quanto deve prendere servizio nel punto vendita ove è impiegata. Improvvisamente, nel percorrere il corridoio scivola in terra a causa del pavimento bagnato, urtando

violentemente il viso in terra e battendo il piede destro contro il pavimento.

Il pavimento era bagnato per cause ignote. Immediatamente viene soccorsa dai colleghi che le prestano le prime cure prima del trasporto al vicino ospedale ove viene riscontrata

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una contusione cranica non commotiva con ferita lacerocontusa labiale superiore e frattura del V metatarso piede destro.Al momento dell'infortunio la cassiera indossava scarpe con la parte posteriore aperta (sul tallone) come ciabatta. L'azienda inoltre dispone di ditta esterna per l'effettuazione delle pulizie e dei lavaggi, con precisi compiti e procedure di lavoro che prevedono anche l'utilizzo di cartellonistica per evidenziare le zone bagnate con pericolo di caduta. Scarsa importanza è data agli accessori d'abbigliamento. Le dipendenti devono infatti indossare la divisa, ma viene lasciata la libertà di indossare scarpe proprie (nell'intento di far utilizzare ai dipendenti calzature di adeguato confort specie se in presenza di particolari problemi anatomici). Non sono state contemplate fonti di rischio derivanti dall'utilizzo di calzature proprie, anche perche la natura dell'attività non lasciava presupporre problematiche in tal senso.

Questi i fattori causali dell’incidente rilevati dalla scheda:

“scarpe di proprietà dell'infortunato”; “assenza di segnaletica”.

Il secondo caso riguarda un infortunio con caduta di materiale sul piede.

Un lavoratore viene investito alla punta del piede destro dalla caduta di un bancale in legno che sta posizionando su una pila dove sono stoccati altri bancali riportando la frattura della falange ungueale del 1°dito del piede destro.

Il lavoratore non indossa le scarpe antinfortunistica in quanto non fornitegli dal direttore della filiale XXXX contrariamente a quanto previsto dal D.V.R.

Fattori causali:

caduta di un bancale in legno che l'infortunato stava posizionando; scarpe antinfortunistiche non fornite.

Il terzo caso riguarda un infortunio avvenuto in una fase di movimentazione manuale.

Un lavoratore è impegnato a movimentare insieme ad un collega un pacco di piastrelle di marmo.Durante questa operazione al collega scivola dalle mani il pacco

che cadendo colpisce al piede destro l'infortunato che non indossava scarpe antinfortunistiche.

L'infortunato ha riportato una frattura al piede destro.

Questi i fattori causali rilevati:

“al collega scivolava di mano il pacco di piastrelle”; “Mancato utilizzo di scarpe antinfortunistiche”.

le indicazioni normative, con riferimento all’Allegato VIII del D.Lgs. 81/2008, segnalano che per la protezione dei piedi “nelle lavorazioni in cui esistono specifici pericoli di ustioni, di causticazione, di punture o di schiacciamento, i lavoratori devono essere provvisti di calzature resistenti ed adatte alla particolare natura del rischio. Tali calzature devono potersi sfilare rapidamente”.

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alcune delle caratteristiche che devono avere le scarpe di sicurezza.

In particolare devono essere “comode, leggere e tali da consentire la traspirazione:

in gomma se richieste buone caratteristiche dielettriche; con puntale di acciaio e solette antiperforazione se rischio da schiacciamento

o perforazione; alte ai malleoli ed imbottite se vi è rischio di urti o contusioni; a rapido sfilamento in caso di infortunio o intrappolamento; con suole antisdrucciolevole se si ha accesso su suoli instabili”.

alcune informazioni sui criteri di scelta dei DPI per i piedi

“prima di scegliere il modello più adatto all’utilizzatore, tra calzature basse o alla caviglia, stivali al polpaccio o al ginocchio o alla coscia, è indispensabile conoscere i rischi legati all’ambiente di lavoro, le condizioni ambientali e la mansione di colui che le deve indossare”. Ed è necessario operare una scelta “fra le tre differenti categorie di calzature antinfortunistiche (S, P, O), in base ai rischi meccanici, e poi, se necessario, in base ai requisiti supplementari. Quando, ad esempio, è presente il rischio di caduta di gravi e di schiacciamento delle dita (imprese edili, industrie metallurgiche, lavori agricoli, demolizioni di fabbricati, ecc.) a seconda dell’entità del rischio saranno necessarie calzature di sicurezza o di protezione con puntali (SB, da S1 a S5, PB, da P1 a P5). Quando è presente il rischio di perforazioni della suola da parte di oggetti appuntiti (es. ristrutturazione di rustici, lavori stradali, lavori su impalcatura, demolizioni, cantieri edili in generale ed aree di deposito) è necessario come requisito aggiuntivo la resistenza alla perforazione (P)”.

la scelta di calzature inadatte “può comportare problemi e rischi aggiuntivi per l’operatore: peso eccessivo della calzatura, suola troppo rigida, cattiva traspirazione, sensibilizzazione, scorretta posizione del piede sul piano di calpestio o scelta inadatta rispetto al suolo su cui si deve camminare, fanno sì che l’operatore rinunci all’utilizzo di questi DPI, esponendosi così al rischio”.

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Congedo obbligatorio paternità lavoratore

dipendente, nota Inps

Congedo padre lavoratore dipendente. È stata pubblicato da Inps il messaggio n.661 del 13 febbraio 2018 sui congedi obbligatori e facoltativi spettanti in caso di paternità nel 2018.La nota ricorda che da gennaio 2018 il padre lavoratore dipendente ha diritto a quattro giorni di congedo obbligatorio e a un quinto giorno facoltativo in alternativa all’astensione obbligatoria della madre. Il congedo dovrà essere fruito entro cinque mesi dalla nascita del figlio, adozione, affidamento nazionale internazionale.

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Sulla carenza di sicurezza e

sull’inquinamento dei fatti

La Cassazione si sofferma su un ricorso relativo ad un infortunio mortale con archi sollevati da un mezzo meccanico e alla responsabilità del datore di lavoro.

L’inadeguatezza della valutazione, delle misure di sicurezza e l’occultamento del reato.

Quanti sono gli infortuni che avvengono anche perché non si tiene conto a sufficienza della stabilità delle macchine, della sicurezza dei carichi sollevati? Quante volte manca

un’adeguata valutazione dei requisiti di sicurezza di un’attività a rischio? E in quanti casi si arriva addirittura a cercare di dissimulare un infortunio mortale per nascondere il nesso

causale con le carenze di sicurezza?

Sentenza n. 52534 del 17 novembre 2017 che affronta un ricorso relativo ad un infortunio mortale con archi sollevati da un mezzo meccanico e alla responsabilità, accertata già nei primi due gradi di giudizio, del datore di lavoro.

Nella sentenza si indica che la Corte di Appello di Salerno ha confermato la pronuncia con la quale il Tribunale di Salerno aveva dichiarato T.G. “colpevole del reato previsto dall'art. 589, secondo comma, cod. pen. commesso ai danni di S.M.B. in data antecedente e prossima al 21 maggio 2007. Con la stessa sentenza è stata dichiarata l'improcedibilità dell'azione penale per il diverso reato previsto dall'art. 367 cod. pen. in quanto estinto per prescrizione”.

S.M.B. lavorava presso il cantiere dell'impresa XXX di T.G. s.r.l., a latere di un macchinario di sollevamento, “quando era stato colpito da archi di forma allungata sollevati da tale mezzo meccanico; le circostanze della morte non erano state messe in discussione dall'imputato, che per occultare il reato aveva trasportato, unitamente al coimputato T.L., il cadavere dell'operaio in altra località abbandonandolo in una cunetta per simulare un incidente stradale previo danneggiamento della bicicletta della vittima”. in particolare l'infortunio “si era verificato per l'uso scorretto del sollevatore telescopico, sul cui dispositivo di presa del carico, costituito da forche, erano stati appoggiati gli archi; la caduta era avvenuta mentre gli archi venivano trasportati ad un'altezza superiore ai 30 centimetri da terra previsti dal manuale d'uso senza assicurarne la stabilità; i requisiti di sicurezza dell'operazione non erano stati valutati nel documento della sicurezza aziendale; il mezzo meccanico non presentava difetti di funzionamento ed, al momento dell'infortunio, era manovrato dall'imputato, amministratore unico dell'impresa e datore di lavoro, che doveva caricare gli archi su un diverso macchinario idoneo al loro trasporto per il montaggio nelle serre”.

Il ricorrente propone poi ricorso per cassazione per i seguenti motivi:

a) vizio di motivazione “in relazione alle risultanze documentali e testimoniali circa la condotta dell'imputato; la prova della responsabilità del ricorrente è stata desunta dalle dichiarazioni contraddittorie rese da due informatori (C.V. e R.F.) nell'immediatezza del fatto; è illogica la valutazione come piena prova delle dichiarazioni rese da uno dei due

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informatori, laddove nella medesima sentenza si è affermato che quanto dichiarato da persona informata sui fatti può essere utilizzato esclusivamente ai sensi dell'art. 500, comma 2, cod. proc. pen. per le contestazioni;

b) violazione di legge in merito alle concause che hanno contribuito al verificarsi dell'evento, avendo il giudice di appello fondato responsabilità sul precetto generale di cui all'art. 2087 cod. civ. senza collegare la condotta dell'agente al principio di colpevolezza, trascurando che, a seguito degli accertamenti eseguiti dall'ufficio ISPES, l'unico rilievo mosso all'impresa era l'omesso aggiornamento del corso linguistico per la mano d'opera straniera e l'assenza del box spogliatoio;

c) omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena, sebbene le prove fossero contrastanti ed incerte, l'affermazione di responsabilità fosse basata sulla mera qualità di titolare dell'impresa”.

risposte della Corte di Cassazione.

il primo ed il secondo motivo di ricorso sono inammissibili.

Si sottolinea, , che il tribunale aveva “elencato le emergenze istruttorie (dichiarazioni di B.G. e M.F. acquisite ai sensi dell'art. 512 cod. proc. pen. senza opposizione della difesa, dichiarazioni di M.I. e Z.V. acquisite su consenso delle parti, dichiarazioni iniziali di C.V. e R.F., poi inverosimilmente ritrattate e, per R.F., confermate da un'intercettazione telefonica del 28 maggio 2007) che dimostravano che alla guida del mezzo fosse T.G. ed aveva sottolineato che quest'ultimo, quale datore di lavoro, avrebbe dovuto approntare le misure antinfortunistiche prescritte per il sollevamento degli archi indipendentemente dalla circostanza che manovrasse o meno il mezzo in prima persona. La Corte di Appello, richiamando le analitiche argomentazioni già svolte dal tribunale sui medesimi temi oggetto di appello, ha rimarcato l'assenza di contestazioni in merito alla dinamica dell'infortunio ed in merito alla qualifica di T.G. quale amministratore unico” della società XXX e datore di lavoro, ribadendo che, secondo il manuale d'uso, lo spostamento del mezzo “doveva essere effettuato a forche basse e con carico da imbracare in caso di spostamento con braccio elevato oltre 30 centimetri da terra”.Inoltre si indica che le dichiarazioni rese da C.V. e da R.F. “sono state richiamate per sottolineare come persino tali testimoni, che la difesa aveva richiamato a sostegno dei propri assunti, avevano riferito che il carico non fosse imbracato e si stesse trasportando a quota di almeno due metri di altezza. Le dichiarazioni rese da C.V. sono state, poi, valutate altresì quale prova dei fatti in quanto acquisite su consenso delle parti ai sensi dell'art. 493, comma 3, cod. proc. pen.”.E nel ricorso – continua la sentenza n. 52534 - si sovrappongono “argomenti inerenti al nesso di causalità (concause dell'evento) al tema della colpa (errore determinato da altri e da circostanza che l'imputato non aveva possibilità di conoscere), ignorando che la Corte di Appello ha analiticamente richiamato i profili di colpa specifica ascrivibili all'imputato quale datore di lavoro (inadeguatezza del documento rischi e sicurezza in relazione alle operazioni di movimentazione dei carichi, omissione di misure organizzative per ridurre al minimo i rischi correlati all'uso del carrello elevatore). I motivi del ricorso, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.) debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale del motivo di ricorso è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si

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contesta; confronto qui del tutto mancante”.

alla risposta relativa al terzo motivo di ricorso.

Anche in questo caso il motivo di ricorso è ritenuto infondato.

La Corte di Appello ha “ritenuto, con motivazione congrua e non sindacabile in questa sede, che la condotta complessivamente tenuta dall'imputato, improntata all'inquinamento del fatto con frapposizione di ostacoli alla sua ricostruzione e connotata da assenza di resipiscenza, non consentisse di applicare le circostanze attenuanti generiche. Tale valutazione ha, con evidenza, influito anche sul giudizio prognostico funzionale al diniego della sospensione condizionale della pena, corroborato dalla rilevata reiterazione di condotte penalmente rilevanti in materia antinfortunistica, dunque fondato su valutazione discrezionale esente da vizi ed insindacabile in questa sede”.

In conclusione la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Sovraccarico biomeccanico: valutazione

dei rischi e prevenzione

Indicazioni sul rischio di sovraccarico biomeccanico degli arti superiori con riferimento alle metodologie per la valutazione dei rischi. Gli interventi di

prevenzione di tipo strutturale, organizzativo e formativo.

Le patologie muscolo-scheletriche sono ormai tra le patologie professionali più diffuse in Italia e in tutta Europa e, tra queste patologie, sono molto comuni quelle a carico degli arti superiori, come, ad esempio, tendiniti, epicondiliti e sindromi del tunnel carpale.

I livelli della valutazione dei rischi

In ogni caso la valutazione “si articola su tre livelli:

1° livello: “ha lo scopo di individuare la presenza potenziale di fattori di rischio indicando se l’azienda appartiene ad un comparto a rischio anche facendo riferimento ai dati presenti in letteratura. In questa prima fase è importante conoscere sempre:

o il ciclo tecnologico, o le mansioni lavorative,

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o se ci sono operazioni con compiti ripetitivi e non ripetitivi e loro durata nel turno”;

2° livello: finalizzato alla stima del rischio, richiede una competenza più specifica relativamente al problema ergonomia, con individuazione dei compiti ripetitivi e dei rispettivi cicli. All’interno di ciascun ciclo si procede all’individuazione dei principali fattori di rischio;

3° livello: finalizzato a quantificare il rischio con utilizzo delle metodiche più comuni e con individuazione degli interventi di prevenzione. Prevede l’intervento di personale esperto e opportunamente formato alla applicazione dei metodi di valutazione”.

I principali fattori di rischio lavorativo:

Ripetitività-frequenza: “Presenza di eventi (cicli, tipi di posture) che si ripetono nel tempo, sempre uguali; si parla di alta ripetitività (frequenza azioni/min.) se ci sono cicli di lavoro con durata inferiore a 30 secondi o se oltre il 50% del tempo di ciclo è speso eseguendo lo stesso tipo di azione. Si può stimare dal numero di oggetti prodotti o lavorati per turno, o dal conteggio dei movimenti ripetitivi conteggiati in un minuto;

Forza: Impegno biomeccanico per compiere una azione (o sequenza di azioni); la forza può essere intesa come esterna (forza applicata-contrazioni dinamiche) o interna (tensione sviluppata nei tessuti miotendinei ed articolari-contrazioni statiche);

Posture incongrue: Sono posture e movimenti articolari estremi o le posture non estreme ma mantenute a lungo nelle principali articolazioni degli arti superiori, in relazione ai movimenti svolti durante il ciclo lavorativo;

Recupero inadeguato: Periodo di tempo nel turno di lavoro in cui non vengono svolte azioni con gli arti superiori, con conseguente inattività di uno o più gruppi muscolari (es. pause di lavoro). È condizione nota in ergonomia che risulta più vantaggiosa dal punto di vista biomeccanico una condizione di lavoro con pause più numerose anche se di breve durata rispetto ad una condizione con pause di recupero protratte ma meno numerose e non adeguatamente distribuite. Nella versione 2000 del metodo OCRA si considerava quale condizione ottimale la presenza di una pausa di almeno 5 minuti ogni 60 minuti di lavoro; nella versione 2005 sono indicati (seppur dati non scientificamente validati) tre fasce di rischio in rapporto ai tempi di recupero:

una pausa di 8-10 min ogni 50-60 min lavorati: rischio = 0 una pausa di 5-7 min ogni 70-110 min lavorati: rischio = 0,5 una pausa di meno di 5 min ogni 110 min lavorati: rischio = 1

Fattori complementari: Sono fattori non sempre presenti nei compiti ripetitivi ma possono considerarsi amplificatori del rischio (es. uso di strumenti vibranti, lavori di precisione, esposizione a basse temperature, uso di guanti che interferiscono con l’abilità manuale richiesta dal compito, compressioni localizzate su strutture anatomiche della mano, ecc.)”.

Chiaramente la co-presenza di più fattori di rischio “aumenta la probabilità di sviluppare patologie da sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore da lavoro ripetitivo”.

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I metodi di valutazione del rischio di sovraccarico

RULA - Rapid Upper Limb Assessment: Check-list “per valutare postura e forza di collo, tronco e braccio. Prevede un limite di azione”;

OSHA: Tre Check - list denominate A, B e C. La Check-list A “valuta i fattori di rischio (ripetitività, forza, vibrazioni, deformazione da contatto, ambiente, ritmo di lavoro, postura) per collo, spalla, gomito, polso e mano”;

Strain Index: “Permette di calcolare l’indice di rischio tramite la raccolta dei seguenti dati: intensità e durata dello sforzo, frequenza di azione, postura, ritmo di lavoro e durata del compito”;

OCRA: la check-list “analizza i singoli fattori di rischio (ripetitività, postura, forza, recupero, fattori complementari) e rapportandolo al numero di azioni effettivamente svolto permette di ottenere l’indice di rischio”.

Una volta evidenziata l’esistenza del rischio, “si può procedere con metodi di analisi più complessi come il metodo OCRA o il metodo HAL che prevedono uno studio preliminare dell’organizzazione del lavoro ed il successivo esame dei singoli fattori di rischio su un videotape rappresentativo del ciclo lavorativo. Questi due metodi vanno applicati solo da personale esperto e adeguatamente formato sull’applicazione dei metodi valutativi”

OCRA Index: “è un metodo di analisi quantitativo riferito al distretto mano-polso-avambraccio-spalla che considera 5 variabili lavorative (ripetitività, forza, postura, tempi di recupero, fattori complementari), valuta ciascuna variabile e permette il calcolo del numero di azioni tecniche raccomandate secondo fattori moltiplicativi attribuiti a ciascuna variabile”;

HAL: “è un metodo di analisi quantitativo riferito al distretto mano-polso-avambraccio, applicabile ad attività lavorative che comportano l’esecuzione di azioni o movimenti ripetuti per almeno 4 ore al giorno”.

La prevenzione del rischio di sovraccarico Qualora dalla valutazione si rilevi un significativo rischio da sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore “vanno attivate tutte le misure di prevenzione previste dalla normativa vigente (D. Lgs. 81/08) e, anche in questo caso, si dovranno prediligere interventi di prevenzione primaria (di tipo strutturale, organizzativo e formativo) e solo successivamente gli interventi di prevenzione secondaria (sorveglianza sanitaria)”.

In particolare gli interventi strutturali sono “volti alla riprogettazione della postazione lavorativa alla luce dei parametri ergonomici indicati in letteratura ed evidenziati dalla valutazione del rischio, per consentire lo svolgimento della mansione in condizioni ottimali”.

alcuni esempi di interventi strutturali:

come contenere il rischio postura: “per quanto riguarda il fattore postura, vanno evitati i movimenti o le posizioni incongrue protratte che costringono l’articolazione ad operare oltre il 50% della loro massima ampiezza di escursione. Si parte sempre dal principio che il lavoro con arti in posizione corretta prevede un disegno corretto della postazione lavorativa (altezza adeguata del piano di lavoro e del sedile, adeguate aree operative per gli arti superiori).

o per la spalla: evitare attività a quote prossime o superiori all’altezza delle

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spalle. o per il gomito: evitare prono-supinazioni massimali, specie se ripetute e con

uso di forza, evitare i contraccolpi e reazioni di chiusura; o per il distretto mano-dita: evitare prese di precisione (pinch), prese ad

uncino o palmari, movimenti e sforzi ad alta ripetitività, evitare compressioni localizzate e limitare l’uso di un singolo dito;

o per il polso: evitare posture incongrue sia statiche che dinamiche, evitare sforzi ripetuti in prensione, non usare la mano come battente ed evitare l’uso di strumenti vibranti con contraccolpo”;

come contenere il rischio forza: “Vanno evitati compiti che richiedono eccessivo sforzo muscolare. Tra l’altro i due fattori postura e forza sono strettamente collegati in quanto la presa sfavorevole di polso e mano, riduce molto la capacità di applicare forza (ad es la mano in posizione di presa di precisione o pinch, può sviluppare solo il 25% della forza totale di prensione). Pertanto per ridurre il fattore di rischio forza possono essere seguite alcune indicazioni: evitare l’uso massimale di forza anche occasionale utilizzando strumenti meccanici, leve, utilizzare strumenti con presa comoda, rivestiti di materiale non scivoloso, di temperatura adeguata (né troppo caldi o troppo freddi)”.

Invece gli interventi organizzativi sono finalizzati a “migliorare gli aspetti relativi alla elevata frequenza delle operazioni che vengono eseguite, alla carenza di pause adeguate, la rotazione del personale tra postazioni lavorative a diverso indice di rischio”. Questi interventi risultano particolarmente utili “quando la mansione prevede alta ripetitività dei gesti e/o il recupero insufficiente”. spesso sufficiente ottimizzare la quantità e la qualità delle azioni tecniche compiute in un ciclo ricercando le azioni inutili o accessorie (ad es

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azioni aggiunte dal lavoratore ma non necessarie ai fini del compito lavorativo o legate a difetti tecnici), distribuendo le azioni tra i due arti superiori, introducendo sistemi di lavorazione semiautomatiche, sdoppiando la postazione stessa se i gesti sono molto numerosi, o ruotando nel turno il personale addetto ad una mansione a rischio”. Nelle tabelle del documento sono riportate varie indicazioni utili per gli interventi strutturali.

gli interventi formativi che, “fornendo una informazione/formazione adeguata sul rischio specifico e sulle possibili conseguenze per la salute, permettono al lavoratore di lavorare con modalità operative più sicure. È un intervento complementare a quelli strutturali ed organizzativi e rivolto sia a lavoratori che a tecnici di produzione, capi reparto, datori di lavoro e dirigenti aziendali”.

sorveglianza sanitaria che ha lo scopo di verificare l’idoneità del lavoratore alla mansione specifica sia in fase di assunzione che periodicamente.

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Le immagini dell’insicurezza Fil di ferro

strutturale

i “tralicci” non poggiano a terra e non hanno un sostegno autonomo, ma la soluzione adottata è quella di un ancoraggio con “fil di ferro strutturale”.

qualche dubbio:

Lo schema di montaggio ricalca quanto previsto dal produttore delle strutture? Qualcuno avrà calcolato l’effetto vela del “pannello” agganciato alla tensostruttura? Qualcuno avrà progettato le modalità di aggancio? Qualcuno avrà verificato che l’ancoraggio corrisponda alla buona tecnica?

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Sulla responsabilità del CdA nelle società di

capitali per un infortunio (19.10.17)

Nelle società di capitali gli obblighi di prevenzione infortuni posti a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di

amministrazione salvo il conferimento di una valida delega della posizione di garanzia.

Si esprime ancora una volta la Corte di Cassazione in questa sentenza sul soggetto destinatario degli obblighi di prevenzione degli infortuni in una società di capitali e quindi su chi nell’ambito della stessa è responsabile nel caso dell’infortunio di un lavoratore dipendente legato a carenze di misure di sicurezza e con violazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Nelle società di capitali, ha ribadito la suprema Corte, gli obblighi di prevenzione degli infortuni posti a carico del datore di lavoro, in coerenza con i principi già affermati dalla stessa Corte, gravano

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indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione salvo la presenza di una delega, validamente conferita, della posizione di garanzia.

Il caso, l’iter giudiziario e il ricorso in cassazione La Corte d'appello ha confermata la sentenza del Tribunale, con la quale la legale rappresentante di una ditta di trasporti era stata condannata per il reato di cui all'art. 590 comma 1, 2 e 3 cod.pen., in relazione all'art. 71 comma 3 dell’allegato VI, punto 3.1.6, del D. Lgs n. 81/2008. Era stato contestato all’imputata, nella sua qualità oltre che di legale rappresentante, di datore di lavoro e di responsabile del servizio di prevenzione e protezione della ditta di trasporti, di avere cagionato a un lavoratore dipendente delle lesioni per colpa generica e specifica (consistita nella violazione della norma sopraindicata), consentendo che lo stesso, a bordo di una motrice dotata di gru e nel corso dello svolgimento di alcune operazioni di scarico di tubazioni in acciaio, svolgesse l'attività lavorativa senza adottare adeguate misure tecniche ed organizzative per inidoneità degli accessori di sollevamento in dotazione in funzione del carico da movimentare e delle altre condizioni in cui l'attività lavorativa si era svolta

L'imputata ha proposto ricorso a mezzo del proprio difensore formulando alcune motivazioni. In particolare la stessa ha dedotto un vizio della motivazione in ordine alla posizione di garanzia da essa rivestita, avendo la Corte d'appello confuso il ruolo di "responsabile tecnico", figura avulsa dalla materia infortunistica, con quella del responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Il Tribunale, secondo la ricorrente, non avrebbe ravvisato una sua posizione di garanzia quale componente del consiglio di amministrazione ma per un ruolo di responsabile del servizio di prevenzione e protezione per il quale non vi era stata una formale investitura. Comunque, ha aggiunto, non era stato dimostrato che avesse omesso colposamente di segnalare una situazione critica nota impedendo al datore di lavoro di attivarsi per assumere le necessarie precauzioni.

Le decisioni della Corte di Cassazione Il ricorso è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione inammissibile. La stessa Corte ha fatto osservare in particolare, con riferimento alla posizione di garanzia assunta dall'imputata, che la Corte di merito, rispondendo alle censure svolte dall'appellante, aveva ritenuto che la documentazione acquisita (visura camerale allegata dalla difesa) confermasse come, alla data dell'infortunio, la stessa fosse, non solo consigliere del consiglio di amministrazione della società e datore di lavoro, ma anche consigliere delegato e responsabile tecnico, e aveva sottolineato altresì che aveva sottoscritto il documento di valutazione dei rischi della cui idoneità si era discusso. Da tale complessa condizione soggettiva, quindi, la Corte territoriale ha tratto l'esistenza di una specifica posizione di garanzia alla quale aveva ricondotto il dovere di vigilanza violato e, ancor prima, l'obbligo di imposizione di regole prudenziali orientative dei comportamenti dei lavoratori, in relazione ai presidi specifici a tutela della loro sicurezza, riportate nella imputazione.

In conclusione il ragionamento svolto dalla Corte territoriale è stato ritenuto dalla Corte suprema del tutto coerente con i principi, anche di recente affermati dalla stessa, secondo cui “nelle società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia”.

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Per l’inammissibilità del ricorso, infine, la Corte di Cassazione ha condannato la ricorrente al pagamento, oltre che delle spese processuali, della somma di 2.000 euro in favore della cassa delle ammende.

Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 48285 del 19 ottobre 2017 (u.p. 26 settembre 2017) - Pres. Ciampi – Est. Cappello – P.M. Cardia - Ric. P.A. – Nelle società di capitali gli obblighi di prevenzione infortuni posti a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione salvo il conferimento di una valida delega della posizione di garanzia.

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Medico competente: per l’ingresso di una

nuova sostanza chimica

La richiesta collaborazione del Medico Competente, col Datore di Lavoro ed il Servizio di Prevenzione e Protezione, alla redazione ed all’aggiornamento del

Documento di Valutazione dei Rischi, trova nella gestione del RISCHIO CHIMICO una delle sue più puntuali applicazioni. Al di là degli aspetti legati alla SICUREZZA

delle sostanze chimiche (infiammabilità, esplosività, ecc…), è di fondamentale importanza la conoscenza di tutte le potenzialità che tali sostanze hanno nel poter

causare danni alla salute dei lavoratori.

Può spesso capitare, nei processi richiedenti uso diretto delle sostanze chimiche, che l’ingresso di nuove sostanze sia veicolato da campioni di prova e/o da forniture provvisorie inviate direttamente agli utilizzatori aziendali, evitando così la presa di

conoscenza da parte del servizio di Prevenzione e Protezione e, soprattutto, del Medico Competente.

Se in una prima fase il pericolo può essere contenuto dalla piccola quantità o da un uso occasionale, l’adozione in forma continuativa delle sostanze può poi rappresentare un nuovo rischio NON VALUTATO e come tale PERICOLOSO a prescindere.

Occorre da parte di tutti gli attori di salute e sicurezza aziendali, essere a conoscenza della tracciabilità di ogni sostanza ed un censimento, quale che sia l’uso del prodotto, sempre aggiornato. La valutazione del rischio chimico ne risulterà avvantaggiata e sarà documentalmente inattaccabile per tempi, modi ed azioni.

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In caso di situazioni aziendali risultanti da anni di usi, conservazioni e modifiche dei prodotti chimici, si suggerisce un check riepilogativo; questa procedura porterà ad evidenziare le eventuali giacenze di prodotti non più in uso (o addirittura mai usati) e che potranno opportunamente essere avviati allo smaltimento.Le sostanze in uso saranno poi gestite secondo necessità ed il Protocollo Sanitario del Medico Competente potrà essere aggiornato a quel momento e nel prosieguo delle attività.

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Regolamento REACH: gli obblighi nel

settore delle costruzioni

Qual è l’impatto del Regolamento REACH sul settore delle costruzioni? Quali sono gli obblighi principali degli utilizzatori di sostanze chimiche nel settore edile?

applicazione del Regolamento REACH in edilizia.

Benché il settore delle costruzioni utilizzi una grande varietà di prodotti chimici in tutte le fasi del ciclo costruttivo – ad esempio dalla realizzazione delle strutture portanti degli edifici alla rifinitura di pavimenti e pareti o montaggio degli infissi – spesso in questo comparto il Regolamento REACH ( Regolamento 1907/2006), non è applicato.il comparto dell’edilizia “rappresenta circa il 9% della produzione dell’industria chimica in Italia con un valore di produzione vicino ai 5 miliardi di euro”. E l’impiego di sostanze chimiche nel comparto delle costruzioni “è in continuo aumento ormai da diversi anni

Gli utilizzatori a valle nel settore delle costruzioni le aziende, i lavoratori e i professionisti operanti nel settore delle costruzioni sono considerati utilizzatori a valle (downstream users), dove un utilizzatore a valle “è un’azienda o un soggetto che utilizza sostanze chimiche:

per produrre miscele che sono utilizzate da altri soggetti della catena di approvvigionamento, oppure

per altri scopi che non prevedono successiva distribuzione della sostanza (es. produzione di articoli, attività professionali etc.)”.

In particolare “quando gli utilizzatori a valle sono aziende che operano in siti industriali, di piccole o grandi dimensioni, sono definiti utilizzatori industriali. Quando i lavoratori usano sostanze o miscele per attività non industriali, sono considerati utilizzatori professionali”. E i lavoratori del comparto delle costruzioni “possono rientrare sia nella categoria degli utilizzatori industriali (ad esempio lavoratori di aziende che producono sostanze, miscele e articoli per l’edilizia) che degli utilizzatori

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professionali (es. coloro che lavorano, con varie mansioni, nei cantieri edili, o i lavoratori autonomi)”.

I rischi da esposizione a sostanze chimiche i rischi da esposizione a sostanze chimiche nel settore delle costruzioni, “non sono limitati ai soli lavoratori edili, ma coinvolgono anche altre categorie di lavoratori, i consumatori la popolazione generale e l’ambiente. Tali rischi, riguardano l’intero ciclo di vita delle sostanze e in particolare:

I lavoratori delle aziende che producono sostanze usate nella formulazione di miscele o nella produzione di articoli utilizzati in edilizia;

I formulatori industriali di prodotti per edilizia (vernici, collanti, malte etc.); Gli utilizzatori professionali (lavoratori impegnati in attività di cantiere); La popolazione generale potenzialmente esposta alle sostanze rilasciate dai

materiali e rivestimenti utilizzati in edilizia”.

la filiera di settore, nelle costruzioni, “è molto articolata e le sostanze utilizzate appartengono a tutte le categorie di pericolo, da non pericolose (sostanze non classificate) a molto pericolose (sostanze CMR, PBT etc.)”. E la “conoscenza di dettaglio del ciclo di vita delle sostanze e la valutazione dell’uso e della esposizione in tutte le fasi del ciclo di vita rivestono una particolare importanza per la definizione delle misure appropriate di gestione del rischio da parte del dichiarante e per le eventuali azioni di tipo normativo da parte delle Autorità”. In questo senso i dichiaranti, per poter effettuare la CSA (valutazione della sicurezza chimica) hanno bisogno “di ricevere informazioni corrette sugli usi e le condizioni di uso delle sostanze dagli utilizzatori a valle”. L’esito della CSA viene utilizzato per redigere il rapporto sulla sicurezza chimica (CSR) che è parte integrante del fascicolo di registrazione.

alcune informazioni sulla funzione e sugli obblighi degli utilizzatori a valle nel settore delle costruzioni.

Gli obblighi degli utilizzatori di sostanze chimiche gli obblighi principali degli utilizzatori di sostanze chimiche nel settore edile “sono gli stessi degli altri utilizzatori a valle. In sintesi gli utilizzatori di sostanze chimiche devono:

1. “fornire informazioni ai loro fornitori relativamente al proprio uso ed alle condizioni d’uso. Il dichiarante riceve queste informazioni dai vari attori nella catena di approvvigionamento, ne valuta il rischio e decide se includere tale uso tra gli usi identificati nel fascicolo di registrazione. Il fornitore deve comunicare il motivo di un eventuale rifiuto al suo cliente se ritiene che l’uso ponga dei rischi non accettabili per la salute umana o per l’ambiente”;

2. “individuare e mettere in atto le misure di controllo del rischio indicate nella scheda dati di sicurezza. Questa operazione deve essere effettuata entro 12 mesi dalla ricezione di una SDS per una sostanza registrata”;

3. “attuare le misure comunicate nello scenario d'esposizione”; 4. “informare immediatamente il fornitore qualora disponga di nuove informazioni circa

i pericoli della sostanza o se ritiene non adeguate le indicazioni sulla gestione dei rischi”.

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quando un utilizzatore a valle del comparto edile riceve uno scenario di esposizione, “deve anche verificare se lo scenario d'esposizione copre il proprio uso della sostanza e le relative condizioni di uso. Se l'uso e/o le condizioni d'uso della sostanza, in quanto tale o in una miscela, non sono coperti dallo scenario d'esposizione, sono disponibili diverse alternative, tra le quali:

attuare le condizioni d'uso descritte nello scenario d'esposizione ricevuto; rendere noto l'uso / le condizioni d’uso al fornitore, allo scopo di dare al fornitore la

possibilità di includerlo tra gli ‘usi identificati’ e ricevere uno scenario d'esposizione aggiornato;

sostituire la sostanza con una sostanza diversa per la quale non è necessario uno scenario d'esposizione o sono disponibili uno o più scenari d'esposizione che ne coprano le condizioni di utilizzo. In alternativa, modificare il processo in modo che non sia richiesta la sostanza;

trovare un altro fornitore che fornisca la sostanza o la miscela con uno scenario d'esposizione che ne copra l'uso;

elaborare una relazione sulla sicurezza chimica dell'utilizzatore a valle (DU CSR), verificando prima se sono applicabili esenzioni”.

la relazione sulla sicurezza chimica degli utilizzatori a valle (DU CSR) “non è necessaria nei seguenti casi:

la sostanza per la quale l’uso non è coperto non richiede la scheda dei dati di sicurezza(per esempio è una sostanza non classificata);

la relazione sulla sicurezza chimica per la sostanza non è richiesta in fase di registrazione (questa informazione può essere fornita dal fornitore);

la sostanza sia presente in una miscela a una concentrazione inferiore a quella per cui è necessaria una relazione sulla sicurezza chimica;

l'utilizzatore a valle usi la sostanza o la miscela in un quantitativo totale inferiore a una tonnellata all'anno;

l'utilizzatore a valle usi la sostanza per un'attività di ricerca e sviluppo orientata ai prodotti e ai processi (PPORD)”.

la relazione sulla sicurezza chimica dell'utilizzatore a valle “deve essere predisposta entro dodici mesi dalla ricezione della scheda di dati di sicurezza per una sostanza

registrata”.

gli utilizzatori di sostanze chimiche del comparto delle costruzioni che utilizzano sostanze soggette ad autorizzazione e/o restrizione “hanno l’obbligo e la responsabilità di:

adottare le misure indicate nella licenza di autorizzazione qualora si usi una sostanza inclusa nell'elenco delle sostanze soggette ad autorizzazione (Allegato XIV di REACH);

verificare che l’uso della sua sostanza sia consentito (e verificare le condizioni) se la sostanza è inclusa nell'elenco delle sostanze sottoposte a restrizione (Allegato XVII di REACH)”.

E i formulatori di miscele utilizzate nel comparto delle costruzioni “devono fornire ai clienti le informazioni appropriate sui pericoli e le condizioni di uso sicuro della loro miscela”.

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L’importanza dell’applicazione del Regolamento REACH “l’aspetto chiave per una corretta ed efficace applicazione del Regolamento REACH è la comunicazione nella catena di approvvigionamento che richiede la collaborazione di tutti gli attori della catena stessa”. E tale aspetto ha rilevanza strategica “soprattutto nel comparto delle costruzioni, ove vengono utilizzate moltissime sostanze chimiche di diversa natura e pericolosità e dove i rischi da esposizione non riguardano solo i lavoratori del comparto edile, ma anche i lavoratori delle aziende produttrici di materiali da costruzione, la popolazione generale e l’ambiente”. Inoltre gli usi di tali sostanze “differiscono notevolmente nelle varie fasi dei processi costruttivi e una corretta valutazione e gestione dei rischi da esposizione per la salute dei lavoratori che costruiscono le opere, della popolazione generale, che tali opere utilizza e dell’ambiente richiede conoscenze di dettaglio delle sostanze del funzionamento dell’intero comparto”.è proprio la conformità agli obblighi previsti dal Regolamento REACH che “garantisce l’uso sicuro delle sostanze utilizzate nel comparto delle costruzioni e tutela la reputazione dei produttori e, delle aziende che a vario titolo operano nelle costruzioni e degli utilizzatori finali nei paesi dell’Unione Europea offrendo loro vantaggi sotto il profilo delle attività rispetto ai produttori e agli utilizzatori finali non operanti nei paesi dell’UE”. È grazie a tale Regolamento che gli operatori delle costruzioni appartenenti ai paesi UE “hanno l’opportunità di dimostrare che essi producono ed applicano prodotti di alta qualità, realizzati ed utilizzati in condizioni sicure dal punto di vista della tutela dell’ambiente e della salute delle persone”.

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Rischio biologico: monitoraggio ambientale

degli organismi di vigilanza

sul controllo della contaminazione microbiologica su superfici di ambienti di lavoro. Monitoraggi ambientali per il controllo degli alimenti, la verifica della sanificazione e

la salubrità degli ambienti.

monitoraggio ambientale a supporto del controllo degli alimenti, con riferimento alle analisi microbiologiche dei tamponi di superficie nelle industrie alimentari poiché “le condizioni degli ambienti dove vengono prodotti gli alimenti possono influire in maniera importante sulla loro qualità igienica, il controllo dell’efficacia delle pratiche di pulizia delle superfici e delle attrezzature utilizzate nella produzione riveste un ruolo fondamentale nella prevenzione delle malattie trasmesse da alimenti”.gli stessi regolamenti comunitari sottolineano l’importanza, ai fini della verifica del rispetto dei criteri, “di prelevare campioni dalle aree di produzione e manipolazione degli alimenti”. In particolare il Regolamento (CE) n. 2073/2005 e s.m.i. relativo ai ‘criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari’, fa riferimento alla ricerca di Listeria monocytogenes “nei

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settori di produzione di alimenti pronti per il consumo che, potendo essere contaminati da tale microrganismo, costituiscono un rischio per la salute pubblica”.

i “parametri microbiologici che di norma vengono determinati sui tamponi di superficie effettuati nelle zone di produzione e manipolazione degli alimenti sono:

Conta dei microrganismi aerobi mesofili a 30°C (metodo di riferimento ISO 4833- 1:2013), quale indicatore generico di contaminazione;

Conta di Enterobatteriacee (metodo di riferimento ISO 21528-2:2004) quale indicatore più specifico in termini di igiene, dato che a questa famiglia appartengono numerosi microrganismi di cui alcuni di origine ambientale e altri di origine fecale;

Ricerca di Listeria monocytogenes (metodo di riferimento ISO 11290-1:1996/Amd 1:2004) quale microrganismo patogeno responsabile di malattie a trasmissione alimentare dovute a contaminazione secondaria data la sua notevole capacità di sopravvivenza nell’ambiente soprattutto a causa della sua elevata psicrofilia” (la capacità di vivere a temperature basse).

il laboratorio, sulla base della valutazione delle “serie temporali dei dati provenienti dal monitoraggio in regime di autocontrollo e dal controllo ufficiale, ha definito delle classi di contaminazione’ cui rapportarsi per dare poi una valutazione qualitativa dell’entità della contaminazione delle superfici indagate. In particolare le classi di contaminazione sono state calcolate definendo i valori minimi, medi e massimi dei dati raccolti dopo l’applicazione delle procedure di sanificazione”. Ed è stato possibile “elaborare un modello che attualmente viene applicato ad ogni struttura per la valutazione qualitativa del ‘grado di pulizia’ in base al quale è possibile esprimere un giudizio sull’efficacia delle pratiche di sanificazione”.

tabella con i criteri di valutazione del grado di pulizia dopo sanificazione applicati sul territorio di competenza dell’Asl Lecco (ora confluita nella ATS della Brianza).

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monitoraggio ambientale come strumento di verifica della salubrità degli ambienti di vita e di lavoro.

le indagini ambientali per la valutazione della salubrità dei luoghi di vita prevedono il “campionamento di svariate matrici ambientali: aria; polvere; acqua di rete e, l’esecuzione di tamponi di superficie”. In particolare i punti da sottoporre a campionamento “vengono definiti a seguito del sopralluogo e della consultazione delle planimetrie dell’edificio e degli impianti. I risultati ottenuti dai tamponi sono valutati congiuntamente a quelli delle altre matrici ambientali

le tipologie di superfici campionate:

condotti di distribuzione dell’aria nei punti di ispezione: “questi campionamenti hanno il fine di verificare l’efficacia degli interventi di pulizia programmata (in casi particolari il controllo viene effettuato prima e dopo l’effettuazione della pulizia); i parametri ricercati di norma sono la conta dei microrganismi aerobi mesofili a 30°C (CBT) e la carica micetica (CM). I ceppi batterici e micetici isolati vengono sottoposti a identificazione. Il confronto con le specie rinvenute nel bioareosol degli ambienti serviti dall’impianto di aerazione permette di stabilire in che misura lo stato di pulizia dell’impianto incida sulla qualità dell’aria indoor;

superfici degli ambienti in prossimità delle bocchette di distribuzione dell’aria: anche in questo caso, di norma, si ricercano CBT a 30°C e CM. Molto importante l’identificazione delle specie micetiche: il confronto con quelle isolate dal bioareosol e dalla polvere depositata negli interstizi consente di identificarne la possibile provenienza (attività antropica, impianti aeraulici) e stabilire le modalità più appropriate per la loro eliminazione;

superfici/piani di lavoro destinati a particolari utilizzi: in alcune tipologie di ambienti indagati (ad esempio centri estetici, spa, alberghi), nel corso delle ispezioni può rendersi necessario valutare anche l’efficacia delle procedure di sanificazione adottate dal personale. In questo caso oltre a CBT e CM possono essere ricercati anche altri parametri quali stafilococchi, Pseudomonadaceae, Enterobatteriacee”. inoltre il campionamento “viene effettuato prima e dopo le operazioni di sanificazione e al termine delle analisi viene calcolato il tasso di abbattimento, dato dal rapporto fra la concentrazione del parametro dopo la sanificazione e dello stesso prima della sanificazione. Sulla base dei dati storici si considerano accettabili tassi di abbattimento ≤ 0,1 UFC/cm2 (conta microbica in relazione alle unità formanti colonie, ndr) per CBT e ≤ 0,3 UFC/cm2 per CM”.

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Storie di infortunio: sogni bruciati

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Industria siderurgica, lavorazione metalli La storia di un infortunio in un’isola di fusione automatica. Un lavoratore viene investito da vapori di metallo fuso che provocano gravi ed estese ustioni e la

carbonizzazione della mano sinistra. L’incidente e le raccomandazioni.

Che cosa è successo In un’isola di fusione automatica, un lavoratore con qualifica di sbavatore è stato colpito da un caricatore a tazza ed è stato spinto contro il forno di fusione a crogiolo. La mano e l’avambraccio sinistri sono entrati nel forno che aveva una temperatura di 750°C e il lavoratore è stato investito da vapori di metallo fuso che hanno provocato gravi ed estese ustioni di 2° e 3° per circa il 55% della superficie corporea totale e carbonizzazione della mano sinistra. L’infortunio ha portato a un’assenza di oltre 800 giorni e a tutt’oggi non risulta chiuso.

Chi è stato coinvolto Samir, 30 anni, sposato, di nazionalità turca, “sbavatore :era in azienda da circa 6 anni e lavorava per una cooperativa appaltatrice che forniva al committente servizi di magazzinaggio e facchinaggio e lavori di sbavatura-lucidatura.

Dove e quando L’infortunio è avvenuto nel 2014, verso le 3 e mezza di una notte di fine marzo, in una fonderia di metalli non ferrosi, in cui lavoravano circa 30 lavoratori. In azienda si producono semilavorati in metallo (elementi costitutivi per macchine affettatrici) tramite la fusione a gravità a mezzo di conchigliatrici (stampi). Il ciclo produttivo prevede, come prima fase, che i lingotti siano portati a fusione tramite alcuni forni a metano con successiva aggiunta di materiale già fuso proveniente dal forno più capiente installato in una zona deposito. Nella fase di fusione dei lingotti nei forni delle “isole di fusione” avviene anche l’affinazione e il degasaggio della materia prima con l’utilizzo di gas argon e sali in pastiglie. Per mezzo di alimentatori-caricatori automatici a tazze, il metallo fuso viene quindi versato in stampi d’acciaio montati su macchine conchigliatrici oleodinamiche poste in prossimità dei forni. La tazza, collegata a un braccio meccanico, si muove scorrendo automaticamente su un binario che la porta dal forno alla conchigliatrice e viceversa; quando la tazza si trova al di sopra del forno si immerge nel metallo fuso prelevando il quantitativo necessario per la colata e poi trasla fino alla conchigliatrice dove versa il contenuto all’interno dello stampo. Il semilavorato viene poi affinato, utilizzando seghe automatiche a nastro, quindi sbavato e rifinito con sbavatrici a nastro e infine messo a magazzino pronto per la consegna. Alcune isole di fusione sono manuali, altre sono semi-automatiche e automatiche. Tutte sono costituite da un forno di fusione a crogiolo e da una conchigliatrice oleodinamica; l’alimentatore-caricatore a tazza è presente nelle isole semi-automatiche e automatiche; queste ultime hanno anche un robot di scarico che preleva i semilavorati dalla conchigliatrice e li deposita su uno scivolo di scarico.

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Il giorno dell’infortunio, durante il turno notturno, erano presenti tre lavoratori della cooperativa: uno operava alla sbavatura e altri due erano, diversamente da quanto stabilito dal contratto d’appalto, adibiti alla fusione. L’infortunato si trovava appunto nell’isola di fusione automatica, in prossimità del forno a crogiolo. La fonderia, stava vivendo un momento di particolare crescita delle richieste. Proprio a causa dell’andamento positivo sul mercato, il carico di lavoro era così elevato da far funzionare i forni di fusione 24 ore su 24. Durante il giorno i forni di fusione erano utilizzati, correttamente, dai dipendenti della fonderia, mentre di notte dai lavoratori turchi della cooperativa.

Che cosa si stava facendo Quella notte Samir doveva caricare i lingotti di materiale non ferroso nel forno a crogiolo dell’isola di fusione automatica. Inoltre, doveva prelevare i semilavorati e depositarli sopra un bancale per la successiva operazione di sbavatura eseguita da un altro lavoratore. Periodicamente doveva effettuare l’operazione di pulizia dalle scorie che si formano sulla superficie del forno e con un “raschietto” toglieva le impurezze a impianto in funzione.

A un certo punto Mentre Samir si trova davanti al forno per togliere le scorie, sopra la griglia utilizzata per favorire l’inserimento dei lingotti al suo interno, con le spalle rivolte verso la conchigliatrice, viene colpito e trascinato dalla tazza verso l’interno del forno.

Dalle dichiarazioni dei colleghi:… quando sono arrivato Samir era incastrato sopra il forno e la tazza era in movimento e lo spingeva più dentro al forno, perché era in movimento da sinistra verso destra e non si fermava. Samir aveva il braccio sinistro appoggiato al forno ed era la parte del corpo più avvolta dalle fiamme …... lui era incastrato tra la tazza e il

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forno ma ancora non era bruciato. Sono corso da lui e ho subito provato a tirarlo fuori prendendolo dai piedi. Poiché non ci riuscivo lui mi urlava di fermare il robot ma io purtroppo non sapevo come si faceva perché nessuno me lo ha mai spiegato ...... ho schiacciato il pulsante d’emergenza; nonostante ciò la tazza e il relativo braccio meccanico non si sono spostati per cui, spaventato ancora di più, ho riprovato a trascinarlo per i piedi con più forza e sono riuscito a liberarlo ...… ci ha fatto lavorare sui macchinari, anche se nessuno di noi ha mai frequentato corsi di formazione … la macchina “in sequestro” era arrivata da poco e nessuno sa bene come funzioni …

Cosa si è appreso dall’inchiesta l’infortunio ha avuto luogo in un contesto di lavoro irregolare e clandestino e, in particolare:

l’infortunato, straniero in stato di clandestinità, lavorava in nero per una cooperativa che aveva in appalto dall’azienda committente (quella dove è avvenuto l’infortunio), lavori di “facchinaggio e sbavatura”;

da qualche settimana veniva però utilizzato per svolgere compiti lavorativi diversi da quelli oggetto dell’appalto e per i quali non aveva avuto alcun tipo di formazione e addestramento, su una macchina a lui sconosciuta e non collaudata, in orario notturno e prolungato;

questo a seguito dell’elevato numero di ordinativi, in costante incremento, che l’azienda committente doveva soddisfare; l’azienda committente peraltro aveva un certo numero di dipendenti in cassa integrazione straordinaria.

Per quanto attiene più strettamente alle questioni di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro:

non sono state fornite al lavoratore le informazioni, la formazione e l’addestramento adeguati per l’utilizzo dell’“isola di fusione”, che richiede conoscenze e responsabilità particolari in relazione ai rischi specifici ai quali sono esposti gli addetti;

l’attività lavorativa svolta dall’infortunato al momento dell’infortunio non rientrava tra i servizi che la cooperativa appaltatrice doveva contrattualmente fornire al committente;

l’isola di fusione automatica, da intendersi quale “macchina” ai sensi dell’art. 2 della direttiva macchine, era composta da un forno a crogiolo a metano non marcato CE, da una conchigliatrice (stampo) oleodinamica anch’essa non marcata CE, da un alimentatore/caricatore a tazza marcato CE e da un robot di prelievo del pezzo fuso dalla conchigliatrice marcato CE (acquistato nel 2013). L’insieme di macchine così predisposto non era stato collaudato e pertanto era da intendersi non marcato CE e quindi non conforme alle specifiche disposizioni legislative e regolamentare di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto;

nonostante l’isola di fusione automatica non fosse stata ancora collaudata e non fosse ancora stato valutato il rischio relativo al suo utilizzo nel contingente contesto ambientale, era inserita nel processo produttivo della fonderia e in funzione da più di un mese;

i rischi derivanti dall’impiego dell’isola di fusione non sono stati adeguatamente valutati; infatti, l’isola era priva di adeguate protezioni perimetrali, barriere materiali o immateriali che impedissero l’accesso dei lavoratori alle zone pericolose, con elementi mobili (alimentatori a tazze, stampi delle conchigliatrici, robot) contenenti materiale fuso a una

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temperatura di 750°C o che arrestassero i movimenti pericolosi prima di accedere alle zone pericolose;

al momento dell’infortunio, non erano presenti in azienda procedure di lavoro scritte e approvate relative alle isole di fusione.

Raccomandazioni

La presenza di lavoratori in appalto/di cooperative che in pianta stabile lavorano sulle linee di un’azienda è di per sé un rischio perché diluisce e confonde funzioni (chi deve fare cosa) e responsabilità. Simili soluzioni organizzative, se adottate, richiedono un’elevata capacità di coordinamento e una rigorosa valutazione dei rischi aggiuntivi derivanti dalla “estraneità” di una parte del personale. È necessario che ci siano modalità di verifica e controllo sulla regolarità contrattuale del personale esterno che opera in azienda (ad es. elenco lavoratori, tesserino identificativo, ecc.): la presenza di lavoro “irregolare”, oltre a determinare una incapacità sostanziale di sottrarsi a incarichi in situazione di pericolo, indica la mancanza di strumenti culturali per la comprensione dei rischi tale da bloccare eventuali azioni informali di autotutela dei lavoratori;

Una “attrezzatura di lavoro” costituita assemblando due o più “macchine” prodotte da altri o autoprodotte, inserite in uno specifico contesto lavorativo, deve essere sottoposta a certificazione CE (3) e collaudata prima della definitiva messa in servizio ;

In ogni caso, le aree degli impianti potenzialmente pericolosi devono essere adeguatamente segregate ad esempio con barriere materiali e/o immateriali per impedire l’accesso volontario o involontario alla zona pericolosa della macchina da parte di un operatore e per proteggere le zone di accostamento tra parti mobili (robot) e fisse (forno) oppure installando pavimentazione a “uomo presente” ovunque sia vietata la permanenza del personale durante il funzionamento in automatico della macchina ;

Gli impianti automatici (robot e simili), laddove traslino in prossimità di aree accessibili alla maestranze, devono avere un lampeggiante che ne evidenzi la lavorazione in atto ; deve essere presente un pulsante di emergenza per l’arresto macchina chiaramente identificabile e immediatamente accessibile nell’area con potenziale presenza di lavoratori ; è ragionevole prevedere che l’arresto di emergenza comporti anche un limitato movimento di ritorno per liberare la persona intrappolata .

Le protezioni e i sistemi protettivi (microinterruttori, fotocellule, barriere amovibili, ecc.) devono essere controllate periodicamente per valutarne la funzionalità e in caso di guasto è fondamentale ripristinarne il funzionamento nel più breve tempo possibile ;

Nelle lavorazioni ove gli operatori sono esposti a schizzi di materiale fuso o comunque ad alte temperature, il datore di lavoro deve dotare i lavoratori di Dispositivi di Protezione Individuale idonei alle lavorazioni in atto e vigilare costantemente sul loro utilizzo ;

In un contesto lavorativo quale quello qui descritto, una efficace organizzazione del lavoro deve prevedere:

o la definizione di adeguato contratto di fornitura servizi da parte delle cooperative, con individuazione dei relativi preposti per controllo e coordinamento dell’attività ;

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o la comunicazione, da parte del datore di lavoro committente, di dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare le ditte/cooperative appaltanti ;

o l’attenta analisi di tutti i rischi, in particolare per operazioni eseguite manualmente (carico manuale lingotti, affinazione, degasaggio ecc.) con la individuazione di idonee misure di preventive e protettive (ad es. procedure di lavoro); l’aggiornamento della Valutazione del Rischio in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza del lavoro, compresa la valutazione dei rischi connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro (l’affidamento in appalto di parte delle lavorazioni è sempre e comunque significativa) ;

o la suddivisione delle fasi di lavoro con individuazione del personale, formato, da adibire ai diversi compiti lavorativi, le indicazioni di corretto utilizzo delle attrezzature impiegate nelle diverse fasi, le procedure di lavoro individuate a seguito della valutazione dei rischi, le istruzioni operative per lo svolgimento delle operazioni in sicurezza (ad es. procedure di pulizia, di manutenzione), da verificare e redigere anche in collaborazione con gli operatori addetti, la scelta dei DPI (quali, quando utilizzarli, ecc.);

o la specifica gestione del lavoro su turni e del lavoro notturno: individuazione dei preposti per conto della cooperativa e per conto del committente, gestione delle emergenze, valutazione della possibile presenza di lavoratori “isolati”, gestione dei rischi da interferenze, ecc. ;

Il datore di lavoro deve assicurare a ciascun lavoratore una formazione sufficiente e adeguata in materia di salute e sicurezza, tenendo in debito conto le loro conoscenze linguistiche ;

Deve essere chiaramente e contrattualmente definito, in tema di formazione, informazione e addestramento del personale, cosa compete al committente e cosa invece compete alle imprese/cooperative appaltanti : i datori di lavoro, coordinandosi, devono provvedere affinché tutti i lavoratori siano informati sui rischi e istruiti su come contenerli, per ogni attrezzatura di lavoro messa a loro disposizione i lavoratori incaricati dell’uso dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano un addestramento adeguato . Inoltre, tutti i lavoratori devono sapere cosa fare in caso di attivazione degli arresti di emergenza ed essere periodicamente addestrati alle procedure di lavoro e pulizia delle macchine e alle procedure di emergenza;

Deve essere presente e facilmente accessibile, presso l’unità produttiva, idonea e completa documentazione relativa a: valutazione dei rischi, compresi quelli di interferenza, misure di prevenzione e protezione attuate, dispositivi di protezione individuali adottati , procedure di lavoro (ad es. procedure di caricamento lingotti, pulizia scorie, ecc.), di regolazione (da compiere con ciclo di lavoro manuale, semiautomatico o completamente automatico), di pulizia, di manutenzione; ogni attrezzatura deve essere corredata dalla documentazione prevista dalla normativa di legge (dichiarazione di conformità, libretto di uso e manutenzione, log-book manutenzioni e riparazioni, ecc.) ;

Nel caso di lavorazioni complesse quali quelle qui descritte è auspicabile la predisposizione di procedure e istruzioni operative scritte nonché di fogli di lavoro controfirmati dai lavoratori, al fine di definire le singole operazioni in maniera sequenziale e garantirne la sicurezza di esecuzione;

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E’ utile sviluppare e adottare una procedura per la rilevazione e l’analisi organizzata degli infortuni, degli incidenti e dei mancati infortuni (near miss). Si tratta di analizzare incidenti accaduti che non hanno dato luogo a infortunio per pura casualità, con l’obiettivo di trovare e attuare soluzioni di miglioramento e di promuovere cambiamenti nei comportamenti organizzativi, affinché diventi improbabile che l’evento possa ripetersi, con conseguenze dannose per i lavoratori coinvolti .

Come è andata a finire I responsabili della fonderia sono stati sottoposti a processo e con loro anche l’azienda dagli stessi amministrata ai sensi del D.Lgs 231/2001 (normativa sulla responsabilità degli enti).Gli imputati e la stessa fonderia hanno chiesto di essere giudicati con rito abbreviato (accettando in tal modo di essere giudicati sulla base degli atti delle indagini ed evitando il dibattimento, usufruendo per tale ragione di uno sconto di pena pari ad un terzo).I capi di accusa sono stati confermati dal Tribunale che ha pertanto condannato gli imputati (i quali facevano tutti parte del consiglio di amministrazione della fonderia) per il reato di lesioni personali gravissime colpose (art. 590, comma 2 e 3 c.p.), il reato di omissione colposa di cautele contro gli infortuni sul lavoro (art. 451 c.p.) oltre che per le contravvenzioni alla normativa antinfortunistica ai sensi del D.Lgs 81/2008 non estinte a seguito dell’ottemperanza delle prescrizioni impartite e del relativo pagamento.

proprio a causa delle gravi violazioni alla normativa antinfortunistica è stata necessaria l’emissione da parte del Pubblico Ministero di un decreto di sequestro preventivo in via d’urgenza avente ad oggetto l’intera fonderia (misura cautelare che è stata convalidata dal GIP presso il Tribunale e avverso alla quale non è stata proposta alcuna impugnazione).La società si è quindi prodigata al fine di ottenere il dissequestro ottemperando alle prescrizioni impartite dagli organi di vigilanza, pagando le relative sanzioni ed effettuando un esborso per la messa in sicurezza dell’intero complesso produttivo complessivamente pari ad oltre € 350.000,00 (oltre le sanzioni). Il Tribunale ha altresì dichiarato la responsabilità della società per l’illecito alla stessa contestato (art. 25 septies D.Lgs 231/2001) condannandola al pagamento della sanzione pecuniaria di € 60.000,00 (ridotta a € 40.000,00 in ragione della diminuente per il rito prescelto), oltre alla confisca del profitto del reato coincidente con il risparmio di spesa relativo ai presidi di sicurezza omessi per l’importo di € 17.000,00.

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Sulle responsabilità per la mancata formazione

specifica

La Corte di Cassazione si pronuncia in merito ad un infortunio con un trapano a colonna e alle responsabilità del direttore di stabilimento per la mancata formazione specifica. È sufficiente la formazione generale per l’impiego del trapano a colonna?

Sono diverse le sentenze della Corte di Cassazione che affrontano il tema delicato

della formazione o, più specificatamente, della mancata formazione.

una sentenza degli ultimi giorni del 2017 interviene in particolare sulla formazione

specifica. Sentenza della Corte di Cassazione n. 57977 del 29 dicembre 2017 relativa

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ad un ricorso in merito al giudizio su un infortunio con un trapano a colonna e alle

responsabilità del direttore di stabilimento per la mancata formazione specifica.

Nella pronuncia della Corte di Cassazione si indica che la Corte d'appello di Venezia, in

data 29 maggio 2017, “in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Venezia in data

19 febbraio 2015, ha assolto T.R. dal reato a lui ascritto (lesioni personali colpose con

violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro) per essere l'imputato non

punibile per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis cod.pen.)”.

L’evento infortunistico e le responsabilità il fatto oggetto del processo “si è verificato il

12 marzo 2010 in danno di N.B., operaio addetto a manutenzioni elettriche, il quale,

impegnato nella foratura di una piastra in acciaio ed utilizzando a tal fine un trapano

a colonna, accortosi che la punta del mandrino oscillava perché non era ben fissata,

inseriva la mano sotto la protezione di cui era dotato il trapano per cercare di

stringere il mandrino e bloccare la punta, ma la rotazione del mandrino trascinava la

mano ed il pollice dell'operaio, il quale ritraeva la mano per liberarsi dalla presa, ma

senza premere il pulsante d'emergenza né aprendo lo schermo di protezione

(manovra che avrebbe interrotto il movimento rotatorio del mandrino), così

provocandosi le lesioni”. E all'imputato, nella sua qualità di responsabile della

sicurezza e direttore dello stabilimento XXX è contestato “di non avere adottato le

misure necessarie affinché l'uso del trapano a colonna fosse consentito ai soli

dipendenti provvisti di specifica ed adeguata informazione, formazione ed

addestramento. In primo grado il T.R. era stato condannato alla pena di giustizia; la sua

responsabilità é stata quindi ritenuta anche dalla Corte di merito, salvo qualificare il fatto

come particolarmente tenue ai fini del citato art. 131 -bis cod.pen.”.

Il convincimento della Corte di merito circa la responsabilità del T.R. “si é fondato,

nell'essenziale, sul rilievo che il N.B. non aveva ricevuto una specifica formazione

circa l'impiego in sicurezza del macchinario che egli stava utilizzando al momento

dell'incidente, e che la sua condotta, pur negligente, non aveva avuto portata

interruttiva del nesso di causalità tra l'omessa specifica formazione (ascritta al T.R.)

e l'evento lesivo”.

I motivi del ricorso alla il primo motivo si indica che la “lagnanza” riguarda l'assunto,

“sostenuto nella sentenza impugnata, secondo il quale sarebbe stata omessa, da parte del

T.R., una specifica formazione e informazione del dipendente sui rischi collegati

all'operazione di stringimento del mandrino con le mani: secondo il deducente vi era stata,

invece, non solo la generale formazione del N.B. in materia di sicurezza del lavoro, ma

altresì una formazione specifica da parte del collega M.; ed inoltre vi erano sul sito cartelli

segnaletici che vietavano di intervenire con le mani a macchina in moto e di fermare

sempre il trapano per le operazioni di lubrificazione, pulizia e riparazione. Il rischio che il

N.B. aggirasse il dispositivo di protezione presente sulla macchina non era prevedibile,

secondo il ricorrente, tanto più che per tale movimento il lavoratore dovette eseguire una

mossa contorsionistica; ed inoltre il divieto di avvicinare gli arti agli organi in movimento

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era stato oggetto dei corsi di formazione sulla sicurezza, come dichiarato dal teste

O.N.R.”.

Le indicazioni della Corte di Cassazione Riguardo al primo motivo, che viene

considerato infondato, si indica che nella sua posizione di garante per la sicurezza e

direttore dello stabilimento, il T.R. era “tenuto a rendere edotti i lavoratori dei rischi

specifici cui sono esposti e a fornir loro adeguata formazione in relazione alle mansioni cui

sono assegnati, e perciò dev'essere chiamato a rispondere degli infortuni occorsi in caso

di violazione di tale obbligo (Sez. 4, Sentenza n. 11112 del 29/11/2011, dep. 2012, Bortoli,

Rv. 252729; Sez. 4, Sentenza n. 39765 del 19/05/2015, Vallani, Rv. 265178)”. Ed è al

riguardo “emerso, invero, che il N.B. aveva bensì ricevuto una formazione a carattere

generale sui rischi di infortuni, ma non una formazione specifica in tema di impiego

in sicurezza del trapano a colonna (e quindi in riferimento ai rischi specifici di un

uso scorretto del macchinario), e ciò, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente,

é stato dichiarato dal teste O.N.R., sentito su sollecitazione della difesa dalla Corte

d'appello”. Quanto poi alle indicazioni “fornite al N.B. dal collega M., che viene indicato

come preposto dal ricorrente, la Corte di merito precisa che costui fornì al N.B. le

informazioni necessarie su come impiegare il trapano, ma non sui rischi specifici del

macchinario. È poi corretto il richiamo della Corte veneziana alla giurisprudenza di

legittimità secondo la quale non è sufficiente, per escludere la colpa e ritenere assolto

l'obbligo di informazione ai lavoratori da parte del soggetto garante, l'apposizione di

segnaletica o di cartelli di divieto di intervenire con le mani sulla macchina in

movimento (cfr. Sez. 4, n. 6398 del 18/01/2012, Gortani, n.m.)”.

Inoltre quanto alla prevedibilità della condotta del lavoratore, che il ricorrente ritiene

doversi escludere, “essa va di contro ritenuta sussistente ed è comprovata, in primo luogo,

proprio dalla presenza dei cartelloni di divieto cui fa riferimento il ricorrente e, in secondo

luogo, dalla presenza del dispositivo di protezione di cui era corredato il macchinario:

cautele, queste, che si spiegano solo con l'esigenza di prevenire ed evitare, per quanto

possibile, il rischio che, per qualsivoglia ragione, i lavoratori addetti al trapano a colonna

inseriscano le mani a contatto con il mandrino o con altre parti in movimento. Rischio che,

perciò, era sicuramente già noto e deve ritenersi altrettanto sicuramente non esorbitante

dall'alveo della prevedibilità”.

secondo motivo del ricorrente, considerato ugualmente infondato, e al nesso di

causalità la Corte indica che il N.B. non aveva ricevuto una formazione sui rischi

specifici del macchinario che egli stava impiegando al momento dell'infortunio. E il suo

comportamento “non poteva sicuramente qualificarsi come caratterizzato da

imprevedibilità: il fatto stesso che il rischio nella specie concretizzatosi fosse anche

prevedibile (come si é appena osservato in relazione alla presenza di segnaletica e di

dispositivi tesi a prevenire tale rischio) concorre ad escludere che il comportamento del

N.B. in occasione dell'infortunio potesse qualificarsi come abnorme, o comunque

eccezionale e imprevedibile. Né tanto meno tale comportamento poteva dirsi ‘eccentrico’,

sia rispetto alle mansioni assegnate al lavoratore, sia rispetto al rischio governato dal T.R.

nella sua qualità: rischio che imponeva all'imputato, come garante, di adibire i lavoratori a

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mansioni rischiose (come quella di operare presso un macchinario di cui erano certamente

previsti, per quanto detto, i profili di pericolosità) solo dopo averli adeguatamente formati,

informati ed addestrati con riguardo ai rischi specifici delle operazioni loro affidate”.

Le conclusioni della Corte di Cassazione la Corte indica, che al di là del ricorso deve

constatarsi che è “decorso il termine di prescrizione del reato stesso”.

In conclusione la Corte di Cassazione “annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché

il reato è estinto per prescrizione”.

Corte di Cassazione Penale – Sentenza 29 dicembre 2017, n. 57977 - Infortunio con

un trapano a colonna. Responsabilità del direttore di stabilimento per la mancata

formazione specifica

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Rischi nel settore tessile: controllo tessuti e

macchine

Focus su due macchine usate nel comparto confezione: macchina controllo tessuti

e macchina avvolgipezza.

Tutte le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere

conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamenti di recepimento delle

direttive europee. Non solo è importante verificare che i vari requisiti essenziali di

sicurezza (RES) delle macchine siano conformi a quanto riportato nella direttiva

macchina, ma è necessario che le macchine siano utilizzate da personale che

conosca le buone prassi e i comportamenti sicuri.

rischio macchina presente nel reparto “Ricevimento, controllo, preparazione del

tessuto” del comparto confezione macchina controllo tessuti e sulla macchina

avvolgipezza.

Le macchine controllo tessuti (anche “tribunale” o “specchio”) sono utilizzate per il

controllo delle caratteristiche qualitative del tessuto: “tali macchine permettono

all’operatore di poter rilevare eventuali difetti delle pezze riscontrabili ad occhio nudo. In

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alcune realtà aziendali esiste la possibilità di un controllo automatico: alcune macchine,

soprattutto per il controllo di tessuti a quadri o a righe, sono dotate di telecamere, che,

mediante un software di acquisizione e confronto, verificano la correttezza della trama e

dei disegni”.

organi di comando della macchina. i dispositivi di comando “devono essere sicuri e

scelti tenendo conto dei guasti, dei disturbi e delle sollecitazioni prevedibili nell’ambito

dell’uso progettato dell’attrezzatura. Organi di comando non scelti secondo una corretta

valutazione e considerazione della realtà produttiva possono causare situazioni pericolose

derivanti ad esempio da rotture impreviste date da sollecitazioni di servizio, avarie

dell’hardware o nel software del sistema di comando, azionamenti della macchina inattesi

o accidentali ecc.”. E è necessario “utilizzare le macchine e i suoi relativi elementi di

comando secondo quanto riportato nel manuale d’uso e manutenzione”.

all’avviamento. L’avviamento della macchina “deve essere possibile soltanto tramite

un’azione volontaria su un dispositivo di comando previsto a tal fine”. E lo stesso

vale:

“per la rimessa in marcia dopo un arresto, indipendentemente dall’origine;

per l’effettuazione di una modifica rilevante delle condizioni di

funzionamento”.

all’arresto, la macchina “deve essere munita di un dispositivo di comando che

consenta l’arresto generale in condizioni di sicurezza. Ogni posto di lavoro deve

essere munito di un dispositivo di comando che consenta di arrestare, in funzione dei

pericoli esistenti, tutte le funzioni della macchina o unicamente una di esse, in modo che la

macchina sia portata in condizioni di sicurezza. Il comando della macchina deve essere

prioritario rispetto ai comandi di avviamento”.

la macchina “deve essere munita di uno o più dispositivi di arresto di emergenza,

che consentono di evitare situazioni di pericolo che rischino di prodursi

nell’imminenza o che si stiano producendo”.

sono escluse da quest’obbligo:

“le macchine per le quali il dispositivo di arresto di emergenza non può

ridurre il rischio, perché non riduce il tempo per ottenere l’arresto normale

oppure non permette di prendere le misure specifiche che il rischio richiede;

le macchine portatili tenute e/o condotte a mano”.

macchine avvolgipezza (rollatrici), macchine impiegate “per la formazione del rotolo di

pezza (bobina)” che “hanno anche il compito di calcolare il metraggio del tessuto”.

Due sono gli elementi di pericolo

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presa e trascinamento: “la presenza di rulli motorizzati e non, per la circolazione

della pezza all’interno della macchina, e i loro sistemi di trasmissione del moto,

possono causare presa e trascinamento degli arti superiori degli addetti con

conseguente schiacciamento. Interventi correttivi: i rulli per lo scorrimento del

tessuto devono essere dotati di sistemi di protezione contro il rischio di presa e

trascinamento attraverso ripari fissi o dispositivi di interblocco, sistemi di

rilevamento della presenza dell’operatore che blocchi la macchina anche in caso di

contatto accidentale (ad esempio fotocellule)”;

elettrocuzione, folgorazione: “controllare lo stato di conservazione delle

apparecchiature e cavi elettrici della macchina, adottando un continuo processo di

manutenzione svolto da personale esperto e qualificato”. E “disporre di un impianto

elettrico a norma di legge con relativa dichiarazione di conformità”.

aspetti ergonomici, con riferimento alla movimentazione manuale dei carichi e alle

posture incongrue.

le postazioni di lavoro “possono creare condizioni ergonomiche sfavorevoli con

conseguenti rischi da sovraccarico biomeccanico del rachide e degli arti”. E “posture

incongrue anche fisse e movimentazione manuale dei carichi (fasi di carico e

scarico della pezza, attrezzaggio macchina, ecc.) possono determinare

affaticamento dei distretti articolari che comportano disturbi dell’apparato muscolo

scheletrico, neurovascolare e osteoarticolare a carico del rachide e degli arti.

alcuni interventi correttivi: “progettare e organizzare la postazione lavorativa in modo da

eliminare, ove ciò non sia possibile ridurre i rischi, derivanti da sovraccarico del rachide

e/o degli arti superiori secondo le indicazioni tecniche fornite dalla normativa (UNI EN ISO

11228 parte 1-2-3). Adottare misure tecniche, ad esempio ausili di carico meccanici o di

altra tipologia, volte all’eliminazione, o ove ciò non sia possibile, alla riduzione del rischio

da movimenti ripetitivi e movimentazione manuale dei carichi. Le misure organizzative (ad

esempio pause, turnazioni, ecc.) devono essere conseguenti a quelle tecniche qualora

queste non siano riuscite a ridurre il rischio a livelli di tutela adeguati”.

problema della polvere.

“il continuo scorrimento di pezze all’interno della macchina, cioè nel trasporto tra i rulli,

può causare la diffusione nell’ambiente di lavoro di polveri derivanti dalle fibre che

costituiscono la stoffa, che a loro volta potranno molto probabilmente, presentare sostanze

chimiche adsorbite derivanti da precedenti lavorazioni. Inoltre ulteriore causa di diffusione

di sostanze chimiche adsorbite sui tessuti, è rappresentata dal trattamento effettuato

attraverso il complesso sistema costituito dalla rete di vaporizzazione. Infatti, il vapore

erogato da quest’ultima può comportare l’asportazione di sostanze chimiche disperdendo

il tutto nell’ambiente di lavoro”. E tutto questo può favorire negli operatori eventuali

“patologie irritative di cute e mucose delle prime vie respiratorie e degli occhi”.

Questi alcuni interventi correttivi:

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sostituire tessuti con sostanze chimiche potenzialmente pericolose con tessuti

che non presentano tali sostanze;

adottare sistemi di aspirazione localizzata per la captazione delle polveri, se

ciò non dovesse risultare realizzabile o non completamente risolutivo circa il

problema menzionato, in aggiunta si può ricorrere alla progettazione di un sistema

ventilazione generalizzato che non presenti rischi supplementari per i lavoratori”.

Commissione Consultiva Permanente per la salute e sicurezza sul lavoro - Buone

Prassi -Documento approvato nella seduta del 27 novembre 2013

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EQUIPAGGIAMENTI ELETTRICI DI

MACCHINE UTENSILI: IEC TS 60204-

34:2016

Pubblicata da IEC e CEI l'Ed. 1.0 della Specifica tecnica per gli Equipaggiamenti elettrici di macchine utensili non portatili: IEC TS 60204-34:2016

IEC TS 60204-34:2016 Sicurezza del macchinario - Equipaggiamento elettrico delle macchine - Parte 34: Requisiti per macchine utensili

La IEC TS 60.204-34:2016 si applica agli equipaggiamenti elettrici, elettronici ed

elettronici programmabili e sistemi di macchine utensili non portatili a mano durante il lavoro, inclusi gruppi di macchine che lavorano insieme in maniera

coordinata. In questa parte della norma IEC 60204, per macchine utensili si intendono, tutte le

macchine per la lavorazione del metallo, legno, plastica e pietra, funzionanti mediante formatura o asportazione di materiale.

Nell’agosto del 2016 è stata pubblicata la Specifica Tecnica IEC TS 60204-34 che integra, con indicazioni particolari, alcune clausole della norma IEC 60204-1 per l’applicazione specifica agli equipaggiamenti elettrici delle macchine utensili.

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Si deve sottolineare che, seppur di valenza inferiore, l’esistenza di una Specifica Tecnica non può essere ignorata, in particolare quando viene richiamata dal contratto o viene resa più vincolante a livello nazionale.

Campo di applicazione La Specifica Tecnica copre gli equipaggiamenti e i sistemi elettrici, elettronici ed elettronici programmabili di macchine utensili non portatili a mano durante il lavoro, inclusi gruppi di macchine che lavorano insieme in maniera coordinata.

Per macchine utensili si intendono tutte le macchine per la lavorazione di materiali allo stato solido (metallo, legno, plastica e pietra) operanti per formatura o asportazione di materiale.

Fra le macchine utensili coperte dalla Specifica Tecnica vi sono le seguenti (l’elenco non è esaustivo): - torni (ad es. torni controllati manualmente senza controllo numerico, torni con controllo manuale e limitata capacità di controllo numerico, torni e centri di tornitura a controllo numerico, macchine automatiche per tornitura a uno o più mandrini); - fresatrici (tra cui alesatrici); - centri di lavoro; - piallatrici; - foratrici; - rettificatrici; - macchine per la lavorazione laser; - macchine a elettroerosione (EDM) (tranne il circuito di potenza che genera la scarica); - segatrici per il taglio a freddo del metallo; - cesoie a ghigliottina; - presse piegatrici idrauliche; - presse meccaniche (o idrauliche, pneumatiche).

I circuiti in cui l’energia elettrica viene utilizzata direttamente come strumento di lavoro sono esclusi da questa parte della Norma IEC 60204.

IEC TS 60204-34:2016 Safety of machinery - Electrical equipment of machines - Part 34: Requirements for machine tools

IEC TS 60204-34:2016 applies to electrical, electronic and programmable electronic equipment and systems of machine tools not portable by hand while working, including a group of machines working together in a co-ordinated manner. In this part of IEC 60204, machine tools means all machines for the working of metal, wood, plastics and stone, operating by forming or removal of material.

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ACCESSI MACCHINARIO LE NOVITÀ

INTRODOTTE DA EN ISO 14122-X:2016

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Con la pubblicazione, delle edizioni 2016 delle norme della serie EN ISO 14122-

1/2/3/4:2016 (Comunicazione 2016/C 332/01 del 09 Settembre 2016 dell'elenco delle norme armonizzate per la Direttiva macchine), riguardanti piattaforme, passerelle e scale (mezzi di accesso a punti delle macchine non a livello del suolo), sono state

modificate in modo significativo le precedenti edizioni EN ISO 14122-1/2/3/4:2010 (cessata Presunzione di Conformità il 31.12.2016).

La progettazione dei mezzi di accesso permanenti al macchinario, dovrà essere effettuata secondo i nuovi standard (in PoC).La presente norma internazionale è stata elaborata

nell'ambito di un mandato conferito al CEN dalla Commissione Europea e l'Associazione europea di libero scambio per fornire un mezzo per soddisfare i

requisiti essenziali della Direttiva 2006/42/CE. Una volta che lo standard è riportato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea ai sensi di tale direttiva ed è implementata

come norma nazionale in almeno uno Stato membro, il rispetto della norma, entro i limiti del campo di applicazione, è "Presunzione di conformità" per il rispetto dei seguenti

Requisiti Essenziali dell'Allegato I della Direttiva macchine 2006/42/CE:

1.6.2. Accesso ai posti di lavoro e ai punti d'intervento utilizzati per la manutenzione La macchina deve essere progettata e costruita in modo da permettere l'accesso in

condizioni di sicurezza a tutte le zone in cui è necessario intervenire durante il funzionamento, la regolazione e la manutenzione della macchina.

1.5.15 Rischio di scivolamento, inciampo o caduta Le parti della macchina sulle quali è previsto lo spostamento o lo stazionamento delle persone devono essere progettate e costruite in modo da evitare che esse scivolino,

inciampino o cadano su tali parti o fuori di esse. Se opportuno, dette parti devono essere dotate di mezzi di presa fissi rispetto all'utilizzatore che gli consentano di mantenere la

stabilità.

LE NORME FONTE UNI

UNI EN ISO 14122-1:2016

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Sicurezza del macchinario - Mezzi di accesso permanenti al macchinario - Parte 1: Scelta di un mezzo di accesso fisso tra due livelli La norma fornisce i requisiti generali per l'accesso alle macchine fisse e una guida relativa alla scelta corretta dei mezzi di accesso quando non è possibile accedere alle macchine fisse direttamente dal livello del terreno o da un piano. La norma si applica ai mezzi di accesso permanenti che fanno parte di una macchina fissa, alle parti regolabili non motorizzate e alle parti mobili dei mezzi di accesso fissi. Data entrata in vigore : 29 settembre 2016 UNI EN ISO 14122-2:2016 Sicurezza del macchinario - Mezzi di accesso permanenti al macchinario - Parte 2: Piattaforme di lavoro e corridoi di passaggio La norma fornisce i requisiti per piattaforme di lavoro e corridoi di passaggio non motorizzati che fanno parte di una macchina fissa e per le parti regolabili non motorizzate e parti mobili dei mezzi di accesso fissi Data entrata in vigore : 29 settembre 2016

UNI EN ISO 14122-3:2016 Sicurezza del macchinario - Mezzi di accesso permanenti al macchinario - Parte 3: Scale, scale a castello e parapetti La norma fornisce requisiti per scale non motorizzate, scale a castello e parapetti che fanno parte di una macchina fissa, per parti regolabili non motorizzate e per parti mobili dei mezzi fissi di accesso. Data entrata in vigore : 13 ottobre 2016 UNI EN ISO 14122-4:2016 Sicurezza del macchinario - Mezzi di accesso permanenti al macchinario - Parte 4: Scale fisse La norma fornisce requisiti per scale fisse che sono parte di una macchina fissa, per parti regolabili non motorizzate e per parti mobili di sistemi di scale fisse. Data entrata in vigore : 13 ottobre 2016 °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ IMPIANTI

ERRATA: SANZIONI IN CAPO ALL'IMPRESA

A seguito di constatazione di violazione, da parte dell'Organo di vigilanza, quale errata dichiarazione di conformità rilasciata da una impresa installatrice rispetto al modello Allegato I previsto dall’articolo 7 del DM 37/08 (violazione accertata, ad esempio, a seguito di controllo sulla verifica periodica dell’impianto elettrico e di messa a terra), impone allo stesso la comunicazione alla CCIAA competente per territorio, ai sensi dell’art. 15 dello stesso decreto Ministeriale, la CCIAA provvederà alla comminazione delle sanzioni, previste da: - Art. 15. c 1 per violazioni alla Dichiarazione di Conformità (Art. 7) - Art. 15 c. 2 per altre violazioni (altri obblighi) - Art. 15. c.3 annotazione registro dell'Impresa (violazione comunque accertate Art. 15. c 1 e 2) - Art. 15. c.4 sospensione temporanea dell'iscrizione dell'impresa dal registro (per violazione reiterata tre volte)

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Da parte degli Ordini professionali su proposta dei soggetti accertatori: - Art. 15. c.5 Provvedimenti disciplinari a carico dei professionisti iscritti nei rispettivi albi (alla terza violazione delle norme) Quindi, per entrambe le violazioni di cui all'Ar. 15 c.1 e 2, la CCIAA provvede all'annotazione, ai sensi dell’art. 15 c. 3, negli appositi registri e documenti. DM 37/2008 Art. 15. Sanzioni c. 4: "La violazione reiterata tre volte delle norme relative alla sicurezza degli impianti da parte delle imprese abilitate comporta altresi’, in casi di particolare gravita’, la sospensione temporanea dell’iscrizione delle medesime imprese dal registro delle imprese o dall’albo provinciale delle imprese artigiane, su proposta dei soggetti accertatori e su giudizio delle commissioni che sovrintendono alla tenuta dei registri e degli albi"

DM 37/2008 Art. 7. Dichiarazione di conformità 1. Al termine dei lavori, previa effettuazione delle verifiche previste dalla normativa vigente, comprese quelle di funzionalità dell'impianto, l'impresa installatrice rilascia al committente la dichiarazione di conformità degli impianti realizzati nel rispetto delle norme di cui all'articolo 6. Di tale dichiarazione, resa sulla base del modello di cui all'allegato I, fanno parte integrante la relazione contenente la tipologia dei materiali impiegati, nonché il progetto di cui all'articolo 5.

DM 37/2008 Art. 15. Sanzioni 1. Alle violazioni degli obblighi derivanti dall'articolo 7 del presente decreto si applicano le sanzioni amministrative da euro 100,00 ad euro 1.000,00 con riferimento all'entità e complessità dell'impianto, al grado di pericolosità ed alle altre circostanze obiettive e soggettive della violazione. 2. Alle violazioni degli altri obblighi derivanti dal presente decreto si applicano le sanzioni amministrative da euro 1.000,00 ad euro 10.000,00 con riferimento all'entità e complessità dell'impianto, al grado di pericolosità ed alle altre circostanze obiettive e soggettive della violazione. 3. Le violazioni comunque accertate, anche attraverso verifica, a carico delle imprese installatrici sono comunicate alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, che provvede all'annotazione nell'albo provinciale delle imprese artigiane o nel registro delle imprese in cui l'impresa inadempiente risulta iscritta, mediante apposito verbale. 4. La violazione reiterata tre volte delle norme relative alla sicurezza degli impianti da parte delle imprese abilitate comporta altresì, in casi di particolare gravità, la sospensione temporanea dell'iscrizione delle medesime imprese dal registro delle imprese o dall'albo provinciale delle imprese artigiane, su proposta dei soggetti accertatori e su giudizio delle commissioni che sovrintendono alla tenuta dei registri e degli albi. 5. Alla terza violazione delle norme riguardanti la progettazione ed i collaudi, i soggetti accertatori propongono agli ordini professionali provvedimenti disciplinari a carico dei professionisti iscritti nei rispettivi albi. 6. All'irrogazione delle sanzioni di cui al presente articolo provvedono le Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura. 7. Sono nulli, ai sensi dell'articolo 1418 del Codice Civile, i patti relativi alle attività disciplinate dal presente regolamento stipulati da imprese non abilitate ai sensi dell'articolo 3, salvo il diritto al risarcimento di eventuali danni.

Circolare n. 3651/C del 17 febbraio 2012 Con la Circolare n. 3651/C del 17 febbraio 2012, il Ministero dello Sviluppo Economico ha definito il rapporto tra la disciplina dell'articolo 16 della legge n. 46/1990 e l'articolo 15

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del D.M. n. 37/2008 in tema di applicazione delle sanzioni per violazioni relative alla installazione di impianti tecnologici e alla comunicazione alla Camera di Commercio dei verbali sanzionatori. In allegato alla circolare il Ministero ha riportato il Parere del Consiglio di Stato del 23 gennaio 2012, n. 319/2012, appositamente interpellato sulla materia dallo stesso Ministero.

Parere MISE del 16 febbraio 2012, Prot. 0032838 Con il Parere del 16 febbraio 2012, Prot. 0032838, inviato alla Camera di Commercio di Ravenna, il Ministero dello Sviluppo Economico ha chiarito che per l'installazione di impianti elettronici per l'allontanamento incruento dei volatili nell'ambito delle pertinenze di edifici è necessario essere in possesso del riconoscimento della lettera B, eventualmente limitata alla sola attività di installazione di impianti elettronici.

Parere a CCIAA di Ferrara e Trento del 5-10-2011 procedura sanzionatoria prevista all’art.15

Il Mi.S.E. ha rappresentato che il compito relativo alla determinazione dell’ammontare delle sanzioni (di cui all’art.15 del D.M. 37/2008) e relativa irrogazione, spetti alla Camera di commercio, tenuto conto di quanto previsto al comma 6 del medesimo articolo.

Il soggetto avente potere di accertamento delle violazioni (ad esempio il Comune) è tenuto, a parere del Mi.S.E., a trasmettere il rapporto con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni (a norma dell’art.17 della legge n. 689/81) nonché ad indicare l’ammontare della pena prevista per consentire il pagamento in misura ridotta (pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo, della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo).

Decreto 22 gennaio 2008 n. 37 Circolare 3651/C del 17 febbraio 2012 Parere del 16 febbraio 2012, Prot. 0032838 Dichiarazioni di conformità Impianti D.M. 37/08 Legge 5 marzo 1990 n. 46

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Colorazione Bombole UNI EN 1089-3:

Fonte VVF

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Colorazione Bombole UNI EN 1089-3: Fonte VVF

Con i Decreti del 7 gennaio 1999 (Codificazione del colore per l'identificazione delle bombole per gas trasportabili) e del 14 ottobre 1999 (Nuova colorazione delle bombole

destinate a contenere gas per uso medicale elencati nella Farmacopea ufficiale italiana) il Ministero dei Trasporti e della Navigazione, ravvisata l'opportunità di armonizzare le

colorazioni distintive per l'identificazione delle bombole tra i vari Paesi della Comunità europea, sia ai fini della sicurezza sia allo scopo di agevolare la libera circolazione delle

merci, ha disposto l'applicazione della norma UNI EN 1089-3.

Tale norma non viene applicata agli estintori e alle bombole GPL. UNI EN 1089-3

Bombole trasportabili per gas - Identificazione della bombola (escluso GPL) - Parte 3: Codificazione del colore

La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 1089-3 (edizione luglio 2011).

La norma specifica un sistema di codificazione del colore per l'identificazione del contenuto delle bombole ad uso industriale o medico, con particolare riferimento alle

proprietà del gas o della miscela di gas.

La norma non si applica alle bombole che contengono gas di petrolio liquefatto (GPL) o agli estintori.

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Inail, Banca dati agenti biologici ambienti

di lavoro

Banca dati agenti biologici. Inail ha pubblicato informazioni circa accessi e finalità riguardanti la banca online per la gestione dei dati sulla contaminazione microbiologica degli ambienti di lavoro. Si tratta di un applicativo online, al quale si può accedere come visualizzatori o come utilizzatori, che ha l’obiettivo di condividere dati e rilevazioni, favorire la diffusione di conoscenza e prevenzione. Una rete che possa sostenere la comprensione del rischio biologico e della contaminazione microbiologica. I dati riguardano ambienti di lavoro, monitoraggio ambientale, sintesi, documenti immagini e video. Sono organizzati per settori e attività produttive.

Info: Inail accesso Banca dati agenti biologici e ambienti di lavoro

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Inail, circolare su installazione e utilizzo di

impianti audiovisivi di controllo

Impianti audiovisivi sui luoghi di lavoro, articolo 4 Legge n. 300/1970.

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È stata pubblicata dall’Ispettorato nazionale del lavoro la circolare n. 5 del 19 febbraio 2018 con indicazioni operative al personale ispettivo su norme e prassi riguardanti l’installazione e l’utilizzo a norma di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo. La circolare riprende quanto introdotto in materia dagli articoli 23 del d.lgs. n. 151/2015 e art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 185/2016 affronta in particolare quattro aspetti: Istruttoria delle istanze presentate; Tutela del patrimonio aziendale; Telecamere; Dati biometrici.

“L’attività di controllo, pertanto, è legittima se strettamente funzionale alla tutela dell’interesse dichiarato, interesse che non può essere modificato nel corso del tempo nemmeno se vengano invocate le altre ragioni legittimanti il controllo stesso ma non dichiarate nell’istanza di autorizzazione”. La tutela del patrimonio aziendale è una delle ragioni che possono giustificare il controllo a distanza dei lavoratori, ma la sua applicazione va affrontata con attenzione. “In tali fattispecie, come ricorda il Garante della privacy, i principi di legittimità e determinatezza del fine perseguito, nonché della sua proporzionalità, correttezza e non eccedenza, impongono una gradualità nell’ampiezza e tipologia del monitoraggio, che rende assolutamente residuali i controlli più invasivi, legittimandoli solo a fronte della rilevazione di specifiche anomalie e comunque all’esito dell’esperimento di misure preventive meno limitative dei diritti dei lavoratori.Del resto, anche secondo la Corte di Cassazione, la sussistenza dei presupposti legittimanti la tutela del patrimonio aziendale mediante le visite personali di controllo, va valutata in relazione ai mezzi tecnici e legali alternativi attuabili, all’intrinseca qualità delle cose da tutelare, alla possibilità per il datore di lavoro di prevenire ammanchi attraverso l’adozione di misure alternative (Cass. sent. n. 84/5902)”. Vanno tenuti in considerazione i criteri del valore e della asportabilità dei beni. Il quesito non riguarda impianti antifurto che vengono installati quando sul luoghi di lavoro non sono presenti dipendenti.Telecamere, Rete, intranet, controllo da remoto, registrazione. L’accesso da remoto in tempo reale va espressamente autorizzato su precisa motivazione. L’accesso alle registrazioni sia in loco che da remoto va tracciato con log conservati per almeno sei mesi. “Non va più posta più come condizione, nell’ambito del provvedimento autorizzativo, l’utilizzo del sistema della “doppia chiave fisica o logica”.Le norme per la videosorveglianza si applicano anche ai luoghi aziendali esterni con accesso occasionale, sempre autorizzato da organizzazioni sindacali e Ispettorato.

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Inail: la sicurezza nei lavori elettrici in alta

tensione

Indicazioni per la sicurezza dei lavoratori che si occupano dell’esercizio e della manutenzione dei sistemi elettrici di impianti ad alta tensione e per i lavoratori che

svolgono l’attività nei pressi di tali impianti. La normativa e le definizioni.

Per la maggior parte dei lavoratori “il rischio elettrico è qualcosa a cui sono esposti solo a seguito del venir meno delle barriere di sicurezza di cui sono stati dotati in fase

realizzativa gli impianti o le apparecchiature”, vi sono invece “lavoratori, come quelli che si occupano dell’esercizio, della manutenzione o delle verifiche dei sistemi elettrici, che hanno particolarmente a che fare con il rischio elettrico durante l’attività lavorativa”.

Inoltre ci sono anche lavoratori che “svolgono la propria attività lavorativa nei pressi di impianti elettrici, pur non avendo direttamente a che fare con essi, ad esempio

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per la potatura di piante o per attività in cantieri che si sviluppano nei pressi di elettrodotti”.

Quando un lavoro comporta un rischio elettrico?

il Testo Unico fornisce alcune indicazioni e rimanda per ulteriori particolari alle norme tecniche pertinenti. La norma tecnica internazionale che disciplina i lavori

elettrici è la norma CEI En 50110-1:2013. Le norme tecniche nazionali che disciplinano i lavori elettrici sono la norma CEI 11-27 (di cui a gennaio 2014 è stata pubblicata la IV edizione per allinearla alla norma internazionale) e la norma CEI 11-

15 (specifica per i lavori in alta e media tensione)”.

definizioni riportate dal documento con riferimento alle zone di interesse per la valutazione del rischio elettrico.

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Le definizioni : Ai sensi della legislazione e della normativa sui lavori elettrici “i lavori si dividono in:

lavori con rischio elettrico e lavori senza rischio elettrico significativo.

I lavori con rischio elettrico, a seconda della distanza dai conduttori, possono essere classificati a loro volta in lavori elettrici e lavori non elettrici.

A loro volta i lavori elettrici, a seconda della distanza dai conduttori, si dividono in lavori in prossimità di parti attive e lavori sotto tensione.

definizioni:

Zona di lavoro con rischio elettrico: “Zona all’interno della quale sono compresi tutti i lavori con rischio elettrico. All’interno di tale zona di lavoro devono essere garantite le misure di prevenzione. nessun estraneo deve entrarvi senza autorizzazione”. È suddivisa in: zona di lavoro sotto tensione, zona prossima, zona di lavoro non elettrico;

Zona di lavoro sotto tensione (DL) (definizione 3.3.2 della CEI 11-27): “Spazio, delimitato dalla distanza DL, intorno alle parti attive nel quale non è assicurato il livello di isolamento atto a prevenire il pericolo elettrico;

Zona prossima (DV) (definizione 3.3.3 della CEI 11-27): Spazio esterno alla zona di lavoro sotto tensione delimitato dalla distanza DV;

Zona di lavoro non elettrico (DA9) (definizione 3.3.4 della CEI 11-27): Spazio esterno alla zona prossima delimitato dalla distanza DA9”;

Lavoro elettrico: “Qualsiasi attività lavorativa che si svolga a distanza minore o uguale alla distanza DV (Tabella A.1, CEI 11-27) da parti attive accessibili di linee e di impianti elettrici o che si svolga fuori tensione sulle stesse parti attive è definita ‘lavoro elettrico’, in quanto espone il lavoratore a rischio elettrico, sia che operi direttamente sulle parti attive in tensione o fuori tensione dell’impianto elettrico, sia che svolga lavori di qualsiasi natura in prossimità di un impianto elettrico [CEI 11-27, punto 3.4.2];

Lavoro non elettrico: Il lavoro svolto a distanza minore di DA9 (Tabella 1 – Allegato IX, Testo Unico) e maggiore di DV da parti attive accessibili di linee e di impianti elettrici (costruzione, scavo, pulizia, verniciatura, ecc.) è definito ‘lavoro non elettrico’ [CEI 11-27, punto 3.4.3]. nei titoli degli art. 83 e 117 del Testo Unico è usata la parola ‘prossimità’ per definire la zona delimitata dalla distanza d < DA9. Nella norma CEI 11-27 è definita ‘zona prossima’ la zona tale che DL < d ≤ DV. Per evitare confusione tra le due terminologie, nel documento si è scelto di riferirsi alla zona di lavoro non elettrico usando a volte la locuzione ‘in vicinanza’, che compare nel testo dell’art. 83 del Testo Unico;

Lavoro senza rischio elettrico significativo: Se il lavoro è svolto a distanza maggiore o uguale a DA9 da parti attive non protette o non sufficientemente protette allora tale lavoro può ritenersi senza rischio elettrico significativo [CEI 11-27, punto 1], a condizione che il limite di cui all’Allegato IX del Testo Unico sia rispettato (il rispetto dei limiti di cui all’Allegato IX del Testo Unico è ritenuta, quindi, una condizione sufficiente ai fini della sicurezza elettrica);

Lavoro sotto tensione: Lavoro in cui un lavoratore deve entrare in contatto con le parti attive in tensione o deve raggiungere l’interno della zona di lavoro sotto tensione con parti del suo corpo o con attrezzi, con equipaggiamenti o con

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dispositivi che vengono da lui maneggiati [CEI 11-27, punto 3.4.4]. Si svolge a distanza minore o uguale alla distanza DL (Tabella A.1, CEI 11-27) da parti attive accessibili. Sono considerati lavori sotto tensione anche quelli eseguiti sulle parti attive di un impianto elettrico che sono fuori tensione ma non sono collegate a terra ed in cortocircuito (art. 2, lett. b, d.m. 4 febbraio 2011);

Lavoro in prossimità di parti attive: Lavoro in cui un lavoratore entra nella zona di lavoro in prossimità con parti del proprio corpo, con un attrezzo o con qualsiasi altro oggetto senza invadere la zona di lavoro sotto tensione [CEI 11-27, punto 3.4.5]. Si svolge a distanza minore o uguale di DV e maggiore di DL da parti attive accessibili”.

I lavori con rischio elettrico

con riferimento alla tabella A.1 della CEI En 50110-1:2013 e alla Tabella 1, Allegato IX, del d.lgs. 81/2008, sono considerati lavori con rischio elettrico “i lavori svolti

nella zona di lavoro sotto tensione (d ≤ DL), nella zona di lavoro in prossimità (DL < d ≤ DV) e nella zona di lavoro non elettrico (DV < d < DA9)”.

In particolare i lavori che si svolgono nella zona di lavoro sotto tensione e nella zona di lavoro in prossimità “sono disciplinati dall’art. 82 del d.lgs. 81/2008, mentre i

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lavori che si svolgono nella zona di lavoro non elettrico sono disciplinati dall’art. 83 (art. 117 se i lavori si svolgono in un cantiere) del d.lgs. 81/2008. Per poter applicare l’art. 82 del d.lgs. 81/2008 è necessario conoscere la classificazione dei sistemi elettrici”.

per sistema elettrico si intende “la parte di un impianto elettrico costituito da un complesso di componenti elettrici aventi una determinata tensione nominale. La classificazione dei sistemi elettrici sulla base della loro tensione nominale, di interesse per l’applicazione del d.lgs. 81/2008, può essere trovata nell’Allegato IX al decreto stesso” ed è riportata per comodità nella seguente tabella del documento. “Qualora la tensione nominale verso terra sia superiore alla tensione nominale tra le fasi, agli effetti della classificazione del sistema si considera la tensione nominale verso terra”.

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Le immagini dell’insicurezza: Per fortuna

qualcuno mette il gilet ad alta visibilità.

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le immagini rappresentano il “limite” della mancata programmazione o forse della totale improvvisazione.

Premessa: Un carico di materiali ferrosi,

Realtà: un cassone probabilmente troppo corto (o forse era il carico troppo lungo),

Conseguenza naturale: un carico sporgente.

Risultato finale: una soluzione che soluzione non è.

il gilet ad alta visibilità diventa a tutti gli effetti lo “specifico” pannello segnalatore.

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il codice della strada prevede che qualsiasi sporgenza anche minima, deve essere segnalata mediante un pannello quadrangolare retroriflettente a strisce bianche e rosse di dimensioni di almeno 50 cm x 50 cm, posto all’estremità della sporgenza.

Codice della strada Art. 164 :

6. Se il carico sporge oltre la sagoma propria del veicolo, devono essere adottate tutte le cautele idonee ad evitare pericolo agli altri utenti della strada. In ogni caso la sporgenza longitudinale deve essere segnalata mediante uno o due speciali pannelli quadrangolari, rivestiti di materiale retroriflettente, posti alle estremità della sporgenza in modo da risultare costantemente normali all'asse del veicolo.

7. Nel regolamento sono stabilite le caratteristiche e le modalità di approvazione dei pannelli. Il pannello deve essere conforme al modello approvato e riportare gli estremi dell'approvazione.

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RIFLESSIONE

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“NON DICO CHE

POSSO FARE

TUTTO ….

DICO SOLO

CHE

LO FARO’

LO STESSO

NONOSTANTE TUTTO ….”

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GRAZIE DELL’ATTENZIONE E BUON LAVORO !