Approfondimento. Produzione di miele, come fare? Tecniche...
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Approfondimento. Produzione di miele, come fare? Tecniche, strategie e scelte di materiali
Non tutti gli apicoltori si pongono come obiettivo principale la produzione di miele,
alcuni hanno fatto scelte particolari orientandosi sul polline, la pappa reale o sulla
produzione di nuclei e servizio di impollinazione. Per molti però il miele rimane
l’obiettivo più importante o addirittura esclusivo nell’ambito delle proprie strategie
aziendali: questo articolo è dedicato proprio a questi apicoltori. La produzione di miele
dipende dagli andamenti stagionali, ma moltissimo anche dall’attività dell’apicoltore.
In basso arnie durante la fioritura della robinia nella prima decade di maggio 2018, il
tempo atmosferico non è stato certo clemente, ma le colonie più forti hanno già
riempito un melario di multiflora primaverile e due di acacia. Questo risultato si
ottiene solo con colonie molto forti, dato però che ciascuno ha una propria idea di
quando una famiglia di api è forte, fisso alcuni punti di riferimento legati al periodo
stagionale e alla quota a cui si lavora. Una colonia può essere considerata forte
quando:
In pianura il 15 marzo ha 5-6 favi di covata estesa e la cassa piena di api
In collina (500 m. s.l.m) il 10 aprile ha 5-6 favi di covata estesa e la cassa
piena di api
In montagna (1000 m. s.l.m) il 20 aprile ha 5-6 favi di covata estesa e la cassa
piena di api
10 maggio 2018 al termine della fioritura dell’acacia in pianura: le colonie forti hanno già riempito un melario di miele
multiflora prima della robinia e almeno altri due di robinia. Non si aggiungono altri melari perché lo spostamento è
imminente. Del resto i melari non possono essere tolti perché il miele non è maturo. Alcuni pesano più di 80 Kg.
Analizzo alcuni elementi importanti evidenziando le conseguenze di alcune scelte in
termini di produzione di miele.
Primo elemento: la forza della colonia Una colonia di api molto forte produce sempre più miele di svariate colonie deboli.
Questo antichissimo principio dell’apicoltura si basa su dati esperienziali che possiamo
osservare ogni anno.
Tuttavia per avere colonie di api forti servono scelte adeguate in alcuni momenti
cruciali:
1. Controllare bene l’infestazione autunnale da varroa con trattamenti tampone in
modo da invernare api sane
2. Invernare solo colonie forti su 8 favi di api e riunire le colonie deboli
3. Fare il pareggiamento degli alveari portando in produzione anche le colonie che
si sviluppano più lentamente in primavera
4. Controllare bene la sciamatura
5. In primavera per controllare la sciamatura non produrre nuclei, ma vere e
proprie famiglie di api con 7-8 favi di covata.
6. In presenza di colonie deboli riunire
Maggio 2008 alla fine della fioritura dell’acacia alcuni pali (quadrati con lato di 8 cm) si piegano pericolosamente sotto
il peso di alcune arnie con tre melari strapieni e bisogna correre ai ripari … Le postazioni erano state fatte
frettolosamente nel novembre del 2017 quando le arnie furono portate in pianura.
Secondo elemento: la grandezza del nido
Affronto anche questo tema perché lo ritengo importante e anche perché sono
possibili scelte decisamente poco appropriate sostenute anche dalle “mode” del
momento. Molti apicoltori (e anche molti rivenditori) promuovono l’utilizzo di arnie con
nido piccolo o molto piccolo come ad esempio arnie Dadant da 8 telai con melario o da
6 telai con melario. Altra tipologia è l’arnia “a produzione rapida” in cui il nido è
formato semplicemente da un melario Dadant a cui verrà sovrapposto l’escludi -
regina e il melario vero e proprio. Vi sono poi innumerevoli altre tipologie di arnie con
nido piccolo o piccolissimo perché molti apicoltori e ricercatori si improvvisano
promotori di nuovi tipi di arnie.
Qualche dato di fatto derivante dall’esperienza
1. Se provate a non mettere l’escludi – regina fra nido e melario di una colonia
molto forte in arnia Dadant da 10 favi noterete che la regina riempirà di covata
almeno 7-8 favi di melario oltre a quelli del nido. Questo dimostra
inequivocabilmente che il nido della Dadant è piccolo e non consente sempre
uno sviluppo ideale della colonia. Del resto il passaggio alla Dadant da 10 favi
(in origine era da 12) è stato dettato da esigenze di trasportabilità per la pratica
del nomadismo.
2. Se provate a tenere le colonie di api in arnie molto piccole come i nuclei Dadant
da 6 favi o in “arnie a produzione rapida” noterete che le api salgono a melario
molto prima la primavera, producono miele in anticipo, ma la quantità
complessiva prodotta è di molto inferiore rispetto a quella ottenuta da una
colonia che si sviluppa adeguatamente in un nido di dimensioni almeno pari alla
Dadant da 10 favi. Per di più il nido piccolo fa aumentare in modo esponenziale
la tendenza alla sciamatura. Se il vostro obiettivo è quello di produrre miele in
primavera presto a scapito della quantità può andare bene, ma la scelta non
avrebbe senso perché il valore commerciale del miele di aprile non è diverso da
quello di maggio o di giugno. Naturalmente un discorso a parte va fatto per le
arnie come la Langstroth che si utilizzano normalmente con due corpi di nido
sovrapposti.
Conseguenze pratiche
Dato che voglio produrre miele (e non voglio produrlo la primavera presto, ma voglio
produrne tanto) non utilizzo mai arnie con nido troppo piccolo, a mio modo di vedere
la Dadant da 10 favi è un buon compromesso fra grandezza del nido e facilità di
trasporto. Credo che le alternative più ragionevoli siano la Dadant da 10 favi o la
Langstroth da 10 favi con due corpi di nido. Sconsiglio nel modo più assoluto la
tecnica di lasciare sempre nel nido un diaframma per lavorare più comodamente
perché si toglie un favo ad un’arnia piccola che nasceva in origine da 12 favi e noi in
questo modo la riduciamo addirittura a 9 favi.
Terzo elemento: la nutrizione stimolante primaverile Le api depongono nettare nel melario solo quando il nido è completamente pieno di
covata e di scorte senza più nessuno spazio disponibile. Un melario messo a dimora su
un nido che lascia spazio per 10 – 15 Kg di miele resterà vuoto fino a che il nido non è
completamente riempito. La nutrizione primaverile ha tre scopi:
1. Favorire la deposizione da parte della regina e quindi uno sviluppo precoce della
colonia di api in modo che al momento della fioritura vi siano molte api e molta
covata.
2. Riempire il nido di scorte in modo che, al momento della posa del melario, le
api inizino presto a deporre il nettare nel melario.
3. Fornire scorte sufficienti perché dopo la posa dei melari non si può più nutrire e
il cibo deve bastare anche in caso di prolungato maltempo (le colonie di api
hanno il massimo consumo proprio un questo periodo)
Conseguenze pratiche
Chi non pratica la nutrizione stimolante primaverile avrà al momento della fioritura
colonie più deboli e produzioni di miele decisamente più limitate. La nutrizione
stimolante è uno dei pilastri dell’apicoltura. Chi mette a dimora i melari su nidi privi di
scorte produrrà pochissimo o nulla perché i primi 20 Kg di miele finiscono nel nido (si
noti che il costo del miele è di circa 12 Euro al Kg, quello dello sciroppo zuccherino per
la nutrizione circa 1 Euro al Kg … e i conti sono presto fatti.)
I favi pieni di miele quindi vanno bene, quelli come quello dell’immagine in basso con
covata e poco miele vanno anche essi bene solo se ai lati ci sono almeno 3-4 favi
pieni, i favi vuoti o parzialmente vuoti invece non devono più essere presenti quando
si smette di nutrire e si mette a dimora il melario.
Un favo di covata con poche scorte può andare bene purchè ai lati vi siano almeno 3-4 favi ben pieni di miele. Se così
non fosse i favi di covata devono avere decisamente più scorte rispetto a quello dell’immagine qui riportata.
Quarto elemento: fioriture e nomadismo L’apicoltore che produce miele e fa nomadismo è chiamato a scelte difficili ed
importanti:
Quali fioriture sfruttare?
Quando spostare le api?
Come scegliere fra due o più fioriture alternative che si sovrappongono?
In immagine spostamento di arnie dopo la prima tappa di nomadismo in pianura
veneta verso la Valsugana per la fioritura dell’acacia.
12 maggio 2018 spostamento di arnie dalla pianura veneta alla Valsugana. I melari non possono essere tolti perché il
miele non è maturo. Molte colonie avevano tre melari: uno è stato spostato sui nuclei per renderle meno pesanti e più
facilmente trasportabili.
Un primo elemento importante è quello di poter effettivamente scegliere fra fioriture
diverse: questo implica di avere diverse postazioni in posizioni opportune ed
alternative in cui poter spostare le arnie, postazioni ovviamente già definite in
anagrafe apistica nazionale e pronte all’uso.
Alcune fioriture in realtà si sovrappongono e rappresentano di fatto delle scelte
alternative: per esempio l’acacia in Valsugana e il prato di montagna dei 1000 metri di
quota si sovrappongono almeno parzialmente e dopo l’acacia è possibile sfruttare solo
l’ultima parte della fioritura del prato. Analogamente il tiglio e castagno in Valsugana e
il rododendro e pascolo di alta montagna si sovrappongono ed è possibile sfruttare
solo la prima settimana o decade della fioritura del tiglio se si vuole spostare le arnie
in montagna in tempo utile per il rododendro e il pascolo. Durante i periodi di
sovrapposizione di fioritura bisogna fare una scelta, l’unico modo per farla a ragion
veduta sarebbe quello di avere le arnie in una postazione e alcune arnie “sentinella”
nell’altra in modo da poter monitorare l’entità delle importazioni pronti allo
spostamento se lo si ritiene utile.
Anche la scelta del giorno dello spostamento fra due tappe di nomadismo non è del
tutto semplice. Spesso ci si trova a dover valutare se vi sia più importazione di nettare
nella postazione di partenza dove la fioritura sta finendo o in quella di destinazione
dove sta iniziando. Sbagliare anche solo di 5-6 giorni può significare una perdita di 10
– 15 Kg di miele per arnia.
Le fioriture ideali
Alcune fioriture possono riservare forti delusioni perché il tempo è bello, ma non vi è
importazione di nettare. Il vento e la siccità tendono a diminuire di molto la
produzione di nettare. Il caldo eccessivo porta a fioriture molto rapide con scarsa
produzione di nettare. Il tempo ideale sarebbe quello con temperature miti, terreno
ben bagnato, qualche pioggia notturna, ma tempo sostanzialmente bello: in queste
condizioni la fioritura dura a lungo e le piante producono molto nettare.
Qualche volta anche il meteo a lungo termine sui 15 giorni può aiutare: inutile andare
in alta montagna per il rododendro con previsioni di tempo brutto o incerto, a quel
punto meglio puntare su tiglio e castagno a fondovalle dove le temperature saranno in
ogni caso più miti.
Quinto elemento strategie Strategie per lo spostamento: pesi equilibrati
Al termine della prima tappa in pianura i melari non possono essere tolti perché il
miele non è maturo. Le arnie con uno o due melari hanno pesi abbordabili, quelle con
tre melari arrivano a pesare anche più di 80 Kg e non sono facilmente spostabili e
caricabili manualmente. Quest’anno dopo aver spostato un primo carico di queste
arnie ho sospeso i trasporti e dedicato una giornata allo spostamento di melari per
rendere più equilibrati i pesi: ho tolto un melario alle arnie che ne avevano tre
aggiungendolo ai nuclei dopo averli travasati in arnia. Lo spostamento dopo la prima
tappa può essere impegnativo perché se la produzione è buona o ottima le arnie,
nonostante la strategia di equilibrare i pesi, rimangono molto pesanti da trasportare.
Per lo spostamento dopo la seconda tappa invece è possibile agire in modo da avere
arnie facilmente trasportabili come vedremo qui di seguito.
Strategie per lo spostamento: smielare il miele maturo della prima tappa e
“impilare” i melari di miele non maturo
Alla fine della seconda tappa (acacia in Valsugana quota 500 m s.l.m) il primo miele
prodotto in pianura (multiflora di primavera e la prima acacia) è maturo ed è possibile
togliere almeno una arte dei melari e smielarli. Tuttavia rimangono colonie di api che,
una volta tolti questi melari, hanno ancora due o tre melari pieni o quasi pieni di miele
non maturo raccolto alla fine della prima tappa o nella seconda in Valsugana. Si
ripresenta quindi il problema del peso e della trasportabilità che in questo caso risolvo
“impilando” i melari pieni di miele non maturo e anche utilizzando quelli vuoti
appena centrifugati.
A destra sono visibili le arnie pronte per lo spostamento con un solo melario vuoto perché appena smielato o solo
parzialmente pieno con spazio per la produzione nella tappa di montagna. Più avanti sulla fila sono visibili alcune
colonie di api forti che rimarranno in questo apiario sulle loro arnie sono stati impilati da 3 a 5 melari pieni di miele non
maturo.
I melari pieni di miele non maturo vengono “impilati” su due tipi di colonie:
1. Nuclei di rimonta appena travasati in arnia (colonie ancora un po’ deboli)
2. Colonie che non vengono spostate in montagna, ma rimangono nell’apiario della
seconda tappa perché destinate alle postazioni per la produzione di tiglio e
castagno in Valsugana (colonie forti in produzione)
Sui nuclei impilo al massimo due melari con le loro api perché in ogni caso molte
torneranno nell’arnia di origine. Sulle colonie forti che rimangono in Valsugana impilo
di solito 5 melari. Questo perché le colonie che ricevono i melari devono essere
abbastanza forti per farlo maturare e per difenderlo da eventuali possibili saccheggi.
Sulle colonie che trasporto in montagna lascio un solo melario che, a seconda dei casi,
può essere:
1. Un melario vuoto per almeno metà che era già presente sull’arnia sotto a quelli
pieni che vengono spostati e “impilati”
2. Un melario appena smielato se quelli presenti sull’arnia sono tutti pieni e
vengono rimossi e “impilati” (situazione quest’anno per me frequente)
In questo modo alla fine si riesce a fare l’ultimo trasporto verso la montagna con arnie
leggere e facilmente trasportabili anche in presenza di produzioni importanti lasciando
maturare il miele su colonie che saranno spostate solo in seguito o rimarranno in loco.
Su questi nuclei appena travasati in arnia sono stati impilati al massimo 2 o 3 melari
Strategie per lo spostamento: spostare solo colonie molto forti
Il nomadismo implica un grande lavoro bisogna infatti:
1. Richiedere lo spostamento in anagrafe apistica
2. Preparare le postazioni nell’apiario di destinazione
3. Preparare adeguatamente le arnie
4. Caricare, trasportare e scaricare
5. Recarsi nelle postazioni di nomadismo per controllare gli alveari
Complessivamente servono tempo e lavoro, proprio per questo motivo vale la pena di
fare nomadismo solo con le colonie molto forti che lo meritano veramente, utilizzando
i nuclei e le eventuali famiglie deboli per impilare melari e far maturare il miele
lasciandole nell’apiario a valle.
Strategie per lo spostamento: un’occhiata alle previsioni meteo sui 15 giorni
Anche un’occhiata alle previsioni meteo sui 15 giorni può essere utile. Per esempio
sarebbe inutile o molto rischioso spostare le api in alta quota per produrre rododendro
con previsioni di tempo variabile o brutto: in questo caso meglio la fioritura di tiglio e
castagno sui 500 metri perché in presenza di tempo variabile alle quote basse le api
ancora volano, in alta montagna non escono nemmeno dall’arnia (ad una quota di
1700 metri in una giornata bella e caldissima, basta un nuvolone che copre il sole per
qualche ora per bloccare completamente il bolo delle api perché la temperatura
scende sicuramente sotto i 10 gradi centigradi)
Sesto elemento: le tecniche apistiche per la produzione di
miele In letteratura dedicata alle tecniche apistiche si annoverano numerosi esempi di
tecniche appositamente orientate alla produzione di miele. Alcune di queste tecniche
prevedono di lavorare con alveari orfani durante le fioriture più importanti nel
periodo dell’importazione di nettare. Dopo aver sperimentato alcune di queste
tecniche come ad esempio l’alveare grattacelo o l’orfanizzazione con formazione di
piccoli nuclei mi sono convinto che la tecnica “antica e classica” dell’operare con
colonie di api fortissime, ma non orfane funzioni molto meglio e spiego brevemente
anche il perché di questa mia convinzione che, si badi bene però, si basa soprattutto
sull’esperienza.
Le tecniche che prevedono l’orfanizzazione delle colonie durante il raccolto hanno due
importanti criticità:
1. La colonia, essendo orfana, arresta il proprio sviluppo per un periodo di tempo
significativo e vi sarà un indebolimento della famiglia che, per chi pratica il
nomadismo, avrà inesorabilmente un impatto negativo sulla produzione nella
tappa successiva.
2. Le api tendono a “intasare” il nido di scorte perché, mano a mano che nasce la
covata depongono nettare nel nido invece che nel melario. Questo per chi opera
con arnia Langstroth non è un problema perché basterà smelare i favi del nido
che sono uguali a quelli del melario fornendo favi vuoti nel nido (si possono
usare quelli appena centrifugati), per chi come noi opera invece con arnia
Dadant il problema c’è perché ci troviamo con il melario vuoto e con un nido in
cui non c’è più spazio per la covata.
Per questi motivi preferisco la tecnica classica colonie fortissime con la loro regina
non movimentando invece le famiglie più deboli.
Buon lavoro a tutti
Romano Nesler