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Antonio Porta Marcia Theophilo Birago Diòp Erri de Luca Giacomo Leopardi Ryszard Kapuscinski Senghor & Pasolini Bernard Dadiè Aminata Traorè Ben Amushie “ l’artista non è qualcuno che trascrive il mondo, quanto piuttosto il suo rivale” ( André Malvaux)

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Page 1: Antonio Porta Marcia Theophilo Birago Diòp Erri de Luca Giacomo Leopardi Ryszard Kapuscinski Senghor & Pasolini Bernard Dadiè Aminata Traorè Ben Amushie.

• Antonio Porta

• Marcia Theophilo

• Birago Diòp

• Erri de Luca

• Giacomo Leopardi

• Ryszard Kapuscinski

• Senghor & Pasolini

• Bernard Dadiè

• Aminata Traorè

• Ben Amushie

“ l’artista non è qualcuno che trascrive il mondo, quanto piuttosto il suo rivale”

( André Malvaux)

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Per noi ragazzi, che abbiamo affrontato e analizzato a fondo il tema della desertificazione, è fondamentale sottolineare quanto questo fenomeno rappresenti una minaccia non solo per le regioni coltivabili e la conseguente economia dei paesi che ne sono soggetti, ma soprattutto per l’immenso e prezioso patrimonio culturale che queste terre, così ricche di vita, madri di popoli dalla saggezza millenaria, custodiscono gelosamente.“Un coltivatore di un suolo povero non raccoglie altro che povertà”, dice una tradizione orale del Mali, come dargli torto?Il degrado dei suoli della difficile Africa, la deforestazione della verde Amazzonia, il progressivo avanzamento della feroce e barbarica umanità capitalista, determinano sofferenza e povertà per gli uomini che vi abitano, distruzione del loro sapere, scomparsa di quei valori che costituiscono i cardini di una società diversa, rendendo sempre più difficile la sopravvivenza di una tradizione culturale così unica.Decisi così ad ascoltare le voci di chi sperimenta sulla propria pelle la realtà di primordiali equilibri ora violati, siamo penetrati in un mondo nuovo ai nostri occhi e abbiamo imparato a comprenderne la delicata essenza che, incisiva, ci ha trasmesso il suo nobile canto di dolore.

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Abbiamo contemplato la sacralità chel’Africa attribuisce ad un albero, capace

disalvare la vita ad un uomo; all’acqua,indispensabile rigeneratrice, dalla qualeemergono le più grandi ispirazionimitologiche; all’autorevole terra, aspra egenerosa.

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La poesia è connaturata nel popolo africano nello stesso modo in cui è connaturata la spiritualità, che unisce come un cordone ombelicale l’uomo alla natura.Questo spirito è evidente nella religione tradizionale africana dove i luoghi di culto assumono una valenza sociale: la foresta sacra è il luogo dove vengono sepolti gli antenati, dove avvengono i riti di iniziazione e dove vengono incoronati i re, i capi tribù, i capi clan e i capi villaggi.

La foresta è un grande teatro dove si compiono metamorfosi dello stato dell’essere.L’albero sacro, nella cosmologia delle culture africane, oltre ad essere un abituale luogo di socializzazione dove vengono raccontati miti e leggende, ha una valenza religiosa anche per i riti d’iniziazione. Esso per gli africani non è, un “oggetto di commercio” ma è la “vita stessa”: un cosmo che contiene verità, conoscenze e ricchezza naturale, perché come si dice in Niger, «l’albero in Africa precede gli uomini e il deserto li segue».

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L’albero che diffonde la sua ombra, è molto più di un albero:

è la vita stessa. Le molte leggendedella mitologia africana esprimono un mondo

permeato da una profonda religiosità caratterizzata dalla dimensione collettiva

e non individuale degli africani, come attestano filosofi e poeti.

Nella religione tradizionale assumono perciò valenza sociale i luoghi di culto, di cui la foresta sacra e l’albero

rappresentano la massima espressione. Tra questi, il fico selvatico, il mango, il balanites,

e soprattutto il mitico baobab, le cui molteplici radici sono un

autentico “museo” della memoriae delle diaspore dell’Africa.

Una leggenda africana, raccontata dal grande scrittore polacco Ryszard Kapuscinski, che ha a lungo soggiornatoin Africa dice…

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L’Amazzonia ci ha offerto i suoni, gli odori, i colori della foresta; le musiche, i ritmi, le ragioni delle sue tante genti.In questi luoghi un intimo rapporto tra l’uomo e l’universo collega natura e storia, un ancestrale rispetto è insito nella loro coesistenza; quel rispetto che permette la valorizzazione di ogni cosa, anche se apparentemente irrilevante, perché esistente e parte integrante di un significativo microcosmo.Gli uomini convivono in tribù, grandi famiglie solidali, il cui bene più prezioso è la memoria.Il poeta ha un ruolo enciclopedico, si serve della poesia come veicolo di trasmissione dei valori in cui la comunità si riconosce; la condivisione di una storia determina così parentele e alleanze.Il poeta sorveglia il sonno degli antenati, preserva l’incolumità del ricordo dei loro gesti, conserva nei suoi versi la pienezza simbolica del loro significato. Lasciatici alle spalle una società dai ritmi frenetici, abbiamo allargato gli orizzonti delle nostre menti, abbandonando le orecchie al ritmo sommesso della natura, che impetuoso, nella sonorità della parola, dà vita alla perpetua danza di due mondi che vivono all’unisono.

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“Folle risata la tua, dall’eco affilatamanioca selvaggia è il tuo riso

le tue carezze, il tuo acuto piacereKùpauba vive, va e viene

fino a che il sole scompare, di giornotra foglie, erbe, insetti, decompostematerie vegetali; ci moltiplicheremoil movimento non è deserto, è fiumeruba, saccheggia, bevi ciò che vuoi

questo fiume è abbondantenon si ferma, ma continua

per cantare il suono delle paroleAçana, Yanà, Nacaira

Caja, Pacaba, Maçarandubaogni parola è un essere, parole che scrivo

io vedo un’aria piena di paroleforesta mio dizionarioparole vive e masticate

aspre di cammini già percorsiAçana, Tapajura, Igarapè

ogni parola un essere, risuona affilata.Kupaùba aprì gli occhi e apprese a leggere.”

(Foresta mio dizionario; “Amazzonia respiro del mondo” di Marcia Theophilo)

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Sotto il baobab, al chiarore della luna, l’anziano narratore di storie intrattiene bambini, ragazzi e giovani per trasmettere, sotto forma di racconto, la sapienza. Il narratore africano conclude spesso la storia con una sentenza, un proverbio, un aforisma. La tradizione e la saggezza popolare non distinguono il sacro dal profano, la prosa dalla poesia, il sogno dalla realtà. Poesia, proverbio, sapienza codificata nel ritmo dei tamburi parlanti sono sovente inseriti nel rito, nell’incantesimo, nella magia. Rimandano ai riti primordiali. Toccano quel mondo di animali, di oggetti dove si reincarnano o vivono gli spiriti degli antenati che bisbigliano con il vento tra le fronde, che borbottano nel fuoco scoppiettante, che scatenano la loro ira con il tuono e se vogliono, ti colpiscono con il fulmine.

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Di quegli stessi antenati Birago Diòp, un poeta del Senegal, ci parla cosi`:

“Ascolta più` spessoLe cose che gli esseri.

La voce del fuoco si sente.Odi la voce dell’acqua.

Ascolta nel ventoI singhiozzi del cespuglio.

E` il respiro degli antenati.”

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Un imperativo, una supplica. Il poeta lancia un invito e ci svela l’importanza di un ritorno a sentire la natura ed a un rapporto di simbiosi con essa. Questa e` la sensibilità che abbiamo perso per ascoltare gli “esseri”, per pensare alle vicissitudini quotidiane senza dare importanza all’ essenza delle “cose”, della natura che continuamente ci parla. Anche Erri de Luca, scrittore e poeta napoletano, lancia un appello …“Ai sapienti di oggi, alle loro dispute sui torti dei vari punti cardinali, manca il senso della natura. Il mondo è governato da gente di città che non distingue un faggio da un ciliegio …Ci vogliono i poeti per dare il tu all’immenso e intervistarlo …”La natura e’ superiore all’uomo, nessuno può dominarla senza comprenderne appieno l’importanza; l’abbiamo sempre saputo, ma non siamo stati in grado di accettare il nostro ruolo subordinato, cercando di distruggere ciò che è fuori del nostro controllo.

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Ritroviamo questo messaggio anche nelle “Operette Morali” di Leopardi in cui descrive la natura, durante un dialogo con un islandese:

“ era una forma smisurata di donna seduta in terra, col busto ritto, appoggiato il dosso e il gomito a una montagna; e non finta ma viva; di volto mezzo tra bello e terribile, di occhi e di capelli nerissimi; la quale guardavalo fissamente; e stata così un buono spazio senza parlare, all'ultimo gli disse.

Natura. Chi sei? Che cerchi in questi luoghi dove la tua specie era incognita?Islandese. Sono un povero Islandese, che vo fuggendo la Natura; e fuggitala quasi tutto il tempo della mia vita per cento parti della terra, la fuggo adesso per questa.Natura. Così fugge lo scoiattolo dal serpente a sonaglio, finché gli cade in gola da se medesimo. Io sono quella che tu fuggi.Islandese. La Natura?Natura. Non altri.”

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Uno dei proverbi più ripetuti in Costa d’Avorio dice: “Lo straniero ha grandi occhi, ma non vede.” Noi occidentali abbiamo gli occhi offuscati, ciechi, e pur ascoltando l’urlo di questi popoli, se non ci riconosciamo nel canto dei loro poeti e se non capiamo che questo mondo non deve per forza eliminare il nostro, ma completarlo, non potremo mai scoprire che hanno molto da offrirci. Questa cultura ci appartiene, anche se l’abbiamo nascosta sotto lo smog, sotto la scienza della perfezione, sotto la tecnologia, sotto il desiderio di ricchezza.

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A questo proposito Senghor, un poeta senegalese, scrive:“Vedevo nel sogno paesifino ai quattro angoli dell'orizzontesottomessi alla riga,alla squadra, al compasso;falciate le foreste,distrutte le colline,nei ceppi valli e fiumi.Per quanto è grande la terra vedevopaesisotto una griglia di ferro tracciatada mille rotaie.E poi vedevo i popoli del sudformicaio in silenzio al lavoro.E' santo il lavoroma non va più col gestoritmato dai tam-tame dalle stagioni che tornano.

Gente del sud nei cantieri, nei porti,nelle miniere,nelle officine,segregati la seranei borghi miserabili.Accumulanomontagne d'oro rosso,montagne d'oro nero:e muoiono di fame!”

E’ la cultura della vita, della tradizione, della natura che noi distruggiamo. L’Africa come dice Pasolini è “l’unica alternativa”, e`quell’oasi nel deserto che mantiene vivo un tesoro di valore inestimabile. È “un continente, una pianta a sé stante, un cosmo vario e ricchissimo. È solo per comodità che lo chiamiamo Africa”.

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Un grandissimo valore tra le tribù africane è attribuito alla poesia, canto all’unisono di un popolo. Sempre Senghor in un suo scritto afferma che “la poesia non deve morire. Dove starebbe altrimenti la speranza del mondo?”. La poesia non deve morire, in lei risiede la forza di una tradizione, forza del passato e del presente, ancora di speranza. In Africa se in un villaggio capita un disastro, la gente rimane paralizzata dal dolore: il poeta interpreta l’avvenimento e tutti si identificano in ciò che egli afferma. Tutto d’un tratto quel fatto non spaventa più, ha un volto, un nome, un messaggio che esorcizza il fato e dà un senso al morire. Secondo Bernard Dadie` il poeta è:“Il capitano a pruaChe cerca nelle nubi trasportate dl ventoL’occhio potente della terra.”Egli fa uscire la creazione dal silenzio, si fa interprete della storia e tutti nel villaggio devono seguire la sua ispirazione quasi divina. Il poeta è un profeta, la voce di un popolo, il testimone, il cantore della collettività, il veggente, e` il portavoce della natura e del suo battito primordiale.

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Dio ha creato luoghi ricchi di acqua in modo che l'uomo possa

vivere ed ha creato

il deserto per far si che l'uomo possa trovare la propria anima.

Poesia Tuareg

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SU QUESTO TEMA SI SONO ESERCITATI POETICAMENTE

ALUNNI LICEALI DEL CAMEROUN….

L’acqua nella mia vita

L’acqua, la vita

L’acqua:fonte di vita

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Con il tuo nome monosillabicoTu sei quella che placa la nostra sete,

tu sei quella che pulisce i nostri legumi,tu sei quella che scioglie il grasso dal mio corpo,

tu sei quella che aiuta a lavare le stoviglie, a fare il bucato,Tu sei semplicemente l’acqua!

L’acqua dei miei pomeriggi assolati,amici miei ho bisogno di un po’ d’acqua,

per rinfrescarmi il cervello,andrei ovunque per procurarmene

andrei a Marouaoppure a Garoua regioni del Cameroun

proseguirei fino all’Adamaouaper trovare un po’ d’acqua fresca

Dico acqua fresca e non piuttosto acqua di vitanon intendo acqua che inebria

ma acqua che permetta di vivere.Acqua, tu sei il liquido di cui Dio non creò nulla di eguale

Io sono il messaggero degli assetati Io sono lo stregone dei disidratati

Venite,venite da meVi dirò quel che ho visto

Vi darò quel che mi hanno datoMi hanno detto che l’acqua è indispensabile alla vitaMi hanno detto che occupa i ¾ del globo terrestre

Mi hanno detto che provoca spesso danni ai rivieraschiEcco quel che mi hanno detto

AssaggiatelaPrenderete gusto alla vita

Questa era la voce di TCHOMGIN Gérard (Liceo Mballa II)

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La vita è piena di invidieTra le quali una vitale.

E’ per tutti lo stessoSenza di lei non ci sarebbe la vita

La vita si appoggia su parecchi pilastriTra i quali uno fondamentale.

E’ per ogni cosa lo stesso,ogni giorno si cerca la sopravvivenza.

Questo bisogno vitale,questo pilastro fondamentale

questa invidia dell’acqua,il bisogno permanente dell’acqua.

Acqua per lavorare,Acqua per divertirsi,

Acqua per fare qualunque cosaAcqua per vivere.

(Questa era la tenera voce di TCHUISSEN Angela)

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L’acqua, genesi della creazione,divino disegno creatore.

Cosa più dell’acqua è mondo?Cosa più dell’acqua è vita?

Mare delle madri nutrici, fertilità delle nostre radici di vita,Acqua sana, per una salute durevole,

fonte di vita, di felicitàNiente è paragonabile al tuo gusto naturale,

e anche il tuo sapore indecisoesalta la felicità di ogni sete.

71% del pianeta blu,l’acqua vagabonda sulla terra

come il vento, alla ricerca dell’infinito..Fonte di vita!!!

Tu sei goccia di vita nei deserti etiopici.Dissetando ogni giorno le esistenzeTu sei luce e sole dei nostri bisogni

Regina del potere naturaleVoce delle voci per eccellenza

Segreto inedito dei focolai di carestia.L’acqua è la vita!!!

Dalla fonte al ruscello,dal ruscello al fiume,

dal fiume al mare,dal mare all’oceano,

dall’oceano alla pioggia,l’acqua è fonte di vita.

L’acqua bagna la natura,come le nubi galoppano nel cielo,

per l’umanitàl’acqua è goccia di vita.

( Questa era la voce suggestiva di LONTE EMMAN )

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E adesso la poesia di un poeta esule del Camerun..

IL FIUME

Mio nonno disse:“Nipote mio,

guarda il fiume:sii come l’acqua:Unito e distinto,

immobile e corrente, trasparente e coerente,ma soprattutto tenace.Il fiume è senza colpa.”

Mi disse:“Non imitare il fiumeche ingoia i ruscelli

che lo fanno ingrassare!”Nipote mio:

sii quel fiumeche fa scorrere l’acqua

nei due sensi(Teodoro Ndjock Ngana)

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DESERTIFICAZIONE

Nel mondo “civilizzato” spesso l’uomo non è più capace di trovare la propria anima.

Forse per questo motivo lo sta trasformando in un deserto.