ANTICRISI DAY PLAY&WORK
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ANTICRISI DAY
PLAY&WORKSentieri per ragionaree camminare insieme
La Fiorida, Mantello, 9 Ottobre 2009
ANTICRISI DAY
PLAY&WORKSentieri per ragionare e camminare insieme
Finito di stampare nel mese di ottobre 2009da Automoticon - Via Farini, 11 - 50121 FIRENZE FI
Printed in Italy1a edizione
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Trovate di seguito alcune riflessioni che sono “sentieri“ del nostro incontro. Ci auguriamo che favoriscano il confronto e siano di stimolo
per il nostro lavoro.
Pl inio Vaninicon la sua concretezza individua un terreno di attività anche
istituzionale, anche di lobby, per il Dealer
Fausto Antinuccici racconta cosa viene fuori dalla prima lettura dei bilanci 2008
Umberto Selettoripropone una lettera già comparsa su InterAutoNews, che vuole essere una riflessione sull'organizzazione orizzontale, dispiegata sul territorio
dei Dealer e sulla centralità del mercato di prossimità
Andrea Mauroci parla del recupero di efficienza mettendo l’accento sul costo del
lavoro in concessionaria
Alberto Riditratta il ciclo di vita dei servizi after sales e l’importanza delle azioni di
marketing locale
Marco Biagiottiriflette su relazioni e nuove tecnologie, dandoci anche un quadro di
quale sia la situazione dei Dealer nell’uso e nella conoscenza di Internet
Roberto Vaccanici offre un testo sull'analisi delle attitudini; già... perché spesso
pensiamo che noi, o i nostri uomini, siamo tutti al posto giusto, ma spesso il primo e più grande problema è proprio questo
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I testi di questo volume sono stati appositamente formattati con lo scopo di evidenziare le caratteristiche particolari e uniche dei
messaggi contenuti.
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approcci degli autori.
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rilasciati con licenze libere.
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Concessionari su la testa!
di Plinio [email protected]
Certamente la crisi è pesante, globale e va ben oltre il settore dell’automotive. Però gli operatori dell’automobile devono far sentire la loro voce su alcune questioni che prescindono dalla crisi e la cui soluzione darebbe una mano ad uscirne.
Proviamo ad individuare alcuni temi caldi:
• Iva sulle vetture usate cedute con detrazione al 40%: la recente circolare dell’Agenzia delle Entrate (n. 8/E del 13 marzo 2009) ha seppellito ogni speranza circa la possibilità di evitare di assoggettare totalmente ad Iva la cessione delle vetture acquisite da clienti che precedentemente hanno detratto il 40%. Significa aumentare mediamente del 10% il costo di ogni usato o se preferite aumentare i listini di vendita della stessa percentuale. Il mercato non può recepire questo aumento, ma soprattutto è iniquo che il sistema fiscale italiano “lucri” per l’ennesima volta sull’auto. Non ci si può adeguare alle normative UE un giorno ed il giorno dopo infrangerle contando sulla bonomia e l’assenza della categoria.
• Rottamazioni: ormai un provvedimento del governo è buono o cattivo solo dall’impatto mediatico che esso ha. La rottamazione è una buona cosa per il mercato perché i media testimoniano che il numero di immatricolazioni regge rispetto all’anno scorso. La voce degli operatori dovrebbe anche far rilevare che il mix di vendita precipita verso il basso di gamma con conseguente crollo dei margini, che le concessionarie dopo aver fatto da banca alle case costruttrici oggi lo fanno anche ai clienti ed allo Stato per i contributi sulla rottamazione, che con le vendite da rottamazioni le concessionarie non coprono i costi ordinari.
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• Fiscalità generale: perché non provare a proporre alcuni benefici fiscali permanenti per coloro che acquistano certe tipologie di vetture? Proviamo a fare alcune proposte:
1. Possibilità di ammortizzare il costo dell’auto fino a € 50.000 per aziende e professionisti che acquistano vetture euro 5;
2. Detrazione totale dell’Iva per le aziende che acquistano vetture a Gpl/Metano;
3. Ritorno alla totale detraibilità per gli autocarri con portata inferiore ai 35q fino a 5 posti;
4. Ritorno della durata minima dei leasing sulle vetture a 36 mesi.
Sono solo alcune considerazioni che hanno lo scopo di stimolare un’azione comune della categoria che fino ad oggi non è stata sufficientemente incisiva perché debole nelle basi che la fondano.
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Una debacle annunciata.
di Fausto [email protected]
% su fatturato totale 2005 2006 2007 2008
Margine operativo lordo 2,11% 2,19% 2,21% 1,80%
Reddito operativo 1,45% 1,58% 1,60% 1,12%
Oneri f inanziari 0,80% 0,80% 1,00% 1,10%
Utile ante imposte 0,84% 0,91% 0,77% 0,11%
Utile netto imposte 0,26% 0,29% 0,21% 0,27%
Reddito operativo su capitale investito 13,9% 15,0% 15,6% 8,5%
Reddito netto su capitale netto 4,3% 4,8% 3,6% 3,2%
Debiti onerosi su ricavi totali 9,7% 10,3% 11,1% 12,5%
Loss dealers (as % of total) 26,2% 25,3% 27,7% 46,4%
(Fonte – Italiabilanci)
Certamente non ci si aspettava nulla di diverso.I dati ufficiali ad oggi confluiti nel nostro sistema (1.200 bilanci), confermano ciò che si temeva:
1. Il settore non crea valore. Anzi il 2008 ha iniziato a “bruciare risorse”. Si è passati da un utile netto medio tra lo 0,2% e lo 0,3% del fatturato del triennio 20052007 ad una perdita di circa 0,3% nel 2008; nel 2008 è stato eroso il 3,2% del capitale d’impresa;
2. Si sta virando in maniera preoccupante verso una leva finanziaria eccessiva (il rapporto "Debiti onerosi/Fatturato" è passato dal 9,7% del 2005 al 12,5% del 2008);
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3. Il 25% dei dealer censiti ha un rapporto tra debiti onerosi e cash flow operativo superiore a 5. Ciò significa che sarà in grado di rimborsare il debito bancario accumulato, attraverso autofinanziamento, in non meno di 60 mesi;
4. Il maggior ricorso a fonti esterne di finanziamento si traduce in un aumento del peso degli oneri finanziari sul fatturato che è cresciuto dallo 0,80% del 2005 all’1,1% del 2008. La flessione della curva dei tassi di interesse ne ha solo in parte attutito l’effetto;
5. È di immediata evidenza l’iniquità della norma fiscale che prevede la deducibilità degli interessi passivi nella misura del 30% del margine operativo lordo in un settore dove oltre il 60% del margine lordo è assorbito proprio dagli oneri f inanziari;
6. È cresciuta in maniera esponenziale la % di concessionari che chiude il bilancio in perdita (si è passati dal 26,2% del 2005 al 46,4% del 2008);
7. Lo stock medio presente in concessionaria al 31 Dicembre 2008 copriva 3 mesi di vendite. È un valore elevato che genera indebitamento ed inevitabili problematiche di gestione logistica e commerciale. Oltre il 40% dei concessionari al 31 Dicembre 2008 aveva in casa più di 3 mesi di stock.
Vale la pena sottolineare, comunque, che se è vero che il 2008 può, a buon titolo, essere definito l’annus horribilis per chi esercita l’attività di imprenditore dell’auto, la genesi del male va rintracciata in un passato, più o meno recente, in cui si è pensato che un mercato prossimo ai 2.500.000 di immatricolazioni fosse la norma. Tutto era tarato per sostenere quel livello di industry: dagli obiettivi commerciali alla retail capacity.
Volumi e share erano spinti da pratiche commerciali “improprie” e l’alimentazione artificiale di segmenti promiscui come noleggio e km0, con immediato travaso nel più ricco mercato “privati”, era diventata una necessità.
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Il credito al consumo era elargito a piene mani.L’accesso al credito bancario, relativamente facile, ancora non aveva sperimentato il rigore delle norme di Basilea 2.
Eppure, anche in condizioni di apparente abbondanza, ciò che non abbondava erano i margini dei concessionari.Dopo aver coperto l’alto premio di rischio legato al settore, il rendimento sul capitale investito, intorno al 15%, poco (o nulla) lasciava in termini di remunerazione netta. Non solo. Il 15% era destinato, per la gran parte, ad irrobustire i bilanci del sistema bancario e solo in minima, risibile parte a remunerare il capitale proprio. Tant’è che dal 2005 al 2007 la concessionaria media ha premiato l’azionista alla stregua di un BTP decennale. Nel 2008 ha addirittura cancellato una porzione del suo patrimonio.
Il collasso dell’economia ha investito, quindi, un’impresa già debole nei parametri fondamentali del business. Il ridimensionamento del mercato, la restrizione del credito bancario, la contrazione del credito al consumo non hanno fatto altro che aggravare uno stato di salute già compromesso. E la velocità della crisi non ha consentito di adeguare, altrettanto velocemente, strutture ed organici ai nuovi livelli quantitativi del mercato. E di quest’ultimo punto soffriranno largamente i bilanci 2009.
I commenti sopra riportati fanno riferimento ad una media nazionale.Non mancano, anche nel 2008, imprese brillanti con conti economici da manuale e strutture finanziarie e patrimoniali modello. Variegata è la realtà aziendale a seconda del brand rappresentato, dell’area geografica presidiata ovvero della classe di fatturato.
Nel corso del meeting che si terrà il prossimo 9 Ottobre in quel di Sondrio, sarà mia cura e piacere offrire, a quanti parteciperanno, un panorama ampio sul mondo che da molto tempo occupa, e forse oggi preoccupa, il vostro pensiero.
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Il concessionario dentro la crisi della distribuzione auto.Tra l’urgenza del recupero di rappresentanza e l’affermazione della sua autonomia imprenditoriale.
di Umberto [email protected]
Impresa prevalentemente familiare, fucina di ceto medio produttivo in una società dove le quattro ruote comandano.Potremmo così sinteticamente dare una rappresentazione, che vada un po' bene a tutti, del Concessionario auto.
Nell'immaginario collettivo americano il Concessionario auto è legato indelebilmente a quella fortunata immagine figurata, usata da John Kennedy nel 1960, contro Richard Nixon. “Comprereste un auto usata da quest’uomo?”È a quella frase che si attribuisce la svolta dei consensi, nello scontro elettorale del 1960.
Un uomo, il concessionario, ricettore della fiducia del cliente...
Dovremmo chiederci che cosa sia rimasto di questa immagine.Molto realisticamente ben poco!
Questa rappresentazione, fortemente positiva del Dealer tra fine mese, vendite pilotate, tormentati cambi di management nelle case, km zero, crisi da sovraproduzione e anche opportunismi spesso dettati dalla debolezza, è cosa comune, un pezzo alla volta è scomparsa.
Un Dealer spesso schiacciato dalle obiettive ragioni di crisi di sistema, che si trova nella posizione del "collo di bottiglia", a dover sopportare tutta la tensione del sistema.O se vogliamo come la fetta di mortadella di un panino, addentato da una parte da un mercato di clienti sempre più disincantati ed esigenti e dall’altra da un sistema produttivo che non accetta (o se
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vogliamo non può permettersi) ridimensionamenti e quindi inevitabilmente “spinge” come se ci fosse sempre spazio.
Con il rischio di essere sempre più lontani dal “nostro” cliente.O perlomeno di non essere più riconosciuti come nucleo della relazione necessaria per comprare od aggiustare un’auto.
Dovremmo probabilmente partire proprio da qui, dalla crisi di rappresentanza “sociale” del Dealer auto, per coniugare una nuova possibile “marcia della consapevolezza”.
Questa consapevolezza di incidere troppo poco, ancorché di grande frustrazione di fronte al declino di aziende spesso con storia di più generazioni, è un grido di dolore che attraversa l’Italia dei Dealer.Va detto che in questo senso l’organizzazione della rappresentanza nel mondo dei Dealer ha seguito la strada obbligata del rapporto con il mandante, spesso anche in modo confuso, perché il mandante è pur sempre quello che ti paga.
Poche le esperienze che possano dirsi di rappresentanza professionale, sporadici i contatti con le associazioni economiche, sostanzialmente nulle, a parte espressioni marginali di rapporto con la politica o con il sociale, lo sviluppo di relazioni sul territorio.
Eppure, proprio sul territorio ci sono i clienti, che ti possono riconoscere e scegliere...
Certo contribuisce al non sviluppo della relazione “orizzontale” sul territorio l’intensità della rete, troppo uno sopra all’altro i Dealers, troppa concorrenza e, si sa, la concorrenza non favorisce la solidale relazione.Pur tuttavia è a livello di comunità locale che l’impresa Dealer può avere la maggiore visibilità ed i maggiori vantaggi.E non va dimenticato che livelli occupazionali offerti ed investimenti, cosa non marginale, sono prima di tutto valori riconducibili alla qualità del territorio in cui si vive.
E poi l’Italia, tranne forse Roma e Milano, è provincia, e la dimensione provinciale dovrebbe favorire la personalità dell'impresa.
Ma spesso i Dealers, in questo campo, nei loro comuni, o nelle loro province, contano meno dei barbieri.
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È questa una questione sottile, che presume molto più di un ragionamento fondato sul buonsenso, nella maggior parte dei casi per le aziende-dealer richiede una rilettura critica della propria attività.Troppo spesso, in nome della salvifica relazione con la casa, il Dealer non ha fatto nulla per relazionarsi con il proprio mercato di prossimità, che, vorrei qui ricordare, è composto di persone ancor prima che di targhe.
Parliamo quindi di una priorità per il Dealer: recuperare rappresentanza, forse anche identità, nei sui mercati.
Tutto questo presume un nuovo sviluppo orizzontale delle relazioni con chi è nella stessa situazione, con i colleghi, con quelli che vendono ed aggiustano automobili.Non c’è da farsi illusioni: nessuno può farcela da solo.
Ma uno spazio per la creatività individuale c’è.
Per ricercare la matrice dell’identità territoriale, una nuova relazione tra impresa della distribuzione auto e territorio è possibile.Quando Fiat, tre anni fa mi sembra, fece la convenzione con Ikea per l’arredamento di concessionaria, a me veniva in mente quale formidabile opportunità di relazione poteva essere fare, ogni paio d’anni, il mercatino dei mobili usati in concessionaria, rivolto ai giovani, agli studenti, alimentando così il volano della clientela, ricambio e relazione...Assolutamente fuori dal contesto delle cose realistiche, fatto di ammortamenti ed altro, ma se volete, nella sua struttura visionaria, un gesto di speranza.
Il contatto con il cliente passa da dove questo conduce la sua esperienza di vita. Ed il Concessionario, in questo senso, è sicuramente il più vicino alla vita del Cliente.
Del resto questa proposizione del Dealer nel suo territorio, quasi un approccio, per usare un ragionamento che oggi piace: a km zero, corretto e pulito, per il cliente, prima ancora che essere un diritto del Dealer, quello di riappropriarsi della propria identità di azienda sul territorio, è una maledetta necessità per ridare dinamica al proprio ruolo di impresa.
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È da lì che passa il peso specifico di un operatore rispetto ad un altro, mica da altre cose.Gli investimenti, le organizzazioni, i mandati rischiano di essere espressioni sterili, se non addirittura di rivolgersi contro l’azienda stessa, diventando minacce per la sopravvivenza, se non sono nutrite da un forte protagonismo nel proprio mercato, che possiamo anche chiamare senza retorica, ambiente.
Esiste una possibilità razionale per farcela?
Assolutamente si, esistono delle esperienze vincenti.Una esperienza vincente: AsConAuto, più di 600 Dealer, messi insieme dal pragmatico interesse di entrare, prima che combatterlo, nel mercato degli indipendenti con una proposta di ricambi originali.Mettendo insieme le competenze per risolvere le criticità: incassi, promozione ed animazione commerciale, e mantenendo le specificità dove non serve stare insieme (fatturazione individuale, magazzino decentrato).Non che tutto sia così scontato, ma resta pur tuttavia un formidabile esempio, estremamente incoraggiante, di relazione orizzontale tra i dealers.La crisi poi, ha sconvolto l'ABC della distribuzione auto, infliggendo uno stop alle concentrazioni di dealership, recuperando il dinamismo dell’azienda familiare, valorizzandone la sua flessibilità.Non che non si debbano affrontare i temi dell’efficienza del settore, semplicemente, in un settore sottocapitalizzato, la gelata della finanza ha finito col premiare i più flessibili dal punto di vista dei costi ed i meno vulnerabili come sbilanciamento patrimoniale.
E ciò impone a tutti una differente pesatura del valore nella distribuzione auto.
C’è ancora da chiedersi se esistono spazi per un diverso esprimersi dei Dealers?
Sicuro che si.
Intanto come dice il proverbio “chi fa per sé...”.Quante volte abbiamo letto, proprio su questo giornale, del valore strategico della marca del Dealer?Ma spesso la marca è rimasta la ragione sociale, niente di più.
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È questo uno spazio, quello della prevalenza dell’identità aziendale, che chi lo ha usato bene ha avuto indubbi risultati.
Poi, mettere in evidenza le proprie caratteristiche di impresa.
Cominciare a condividere le informazioni che servono.La questione della cassetta degli attrezzi.O se vogliamo, dei parametri su cui fasare la propria attività.
Questo esercizio può non essere soltanto un’ulteriore elaborazione statistica, un'ennesima osservazione sullo stato di salute del settore; ancor più, può diventare uno strumento di misura per le imprese, sul quale si possono innestare positivamente best practices, ulteriori strumenti di gestione di interessi comuni (quali la finanza d’impresa, il valore dell’usato, l’acquisto di mezzi di comunicazione), momenti di relazione con le categorie sociali, relazioni con gli attori.
Certo, non sarà così facile scalfire l’individualismo e la resistenza culturale che caratterizzano le relazioni tra i Dealers, ma il momento è giusto.Ci sono troppe aziende sane, che vorrebbero pensare a vendere ed aggiustare auto con profitto, e che si trovano costrette a fare tutt’altro.Queste aziende, e lo abbiamo visto anche nelle espressioni qualificate dei nuovi Dealer, per esempio nella tavola rotonda di InterAutoNews sull’esperienza di “Con noi al Nada” al Dealer Day, hanno oggi mezzi e determinazione per voler fare la loro strada.
Ed ancora, credo vada detto, questo percorso può da una parte interessare tutti, perchè anche le Case oggi hanno bisogno di stabilità nei rapporti, e dall’altra dovrebbe recuperare tutto ciò che già è stato fatto, sia dalle Organizzazioni di Categoria, che dagli investitori privati.
Non esistono parrocchie e non esistono cordate, esiste solo la centralità dell’impresa-Dealer auto, che deve trovare al più presto il giusto set up per il profitto d’impresa.
New York, 7 Giugno 2009
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Servizio al cliente e remunerazione dell’impresa.
di Andrea Mauro [email protected]
È vero, dovremmo concentrare i nostri sforzi per costruire valore nei servizi e nell’offerta al cliente, per estrarre maggiore ricchezza dall’impresa.
È vero, dovremmo sbilanciarci oltre, per rendere qualitativamente irripetibile ed indimenticabile il rapporto tra Concessionaria Auto e Cliente.
Questa dovrebbe essere la reale variabile della buona dealership rispetto a quella meno buona, considerando la tendenza all’appiattimento dello sconto percentuale e del margine sulle vendite di nuovo.
ICDP 2003 2006ExxonMobil Meeting – 9 Maggio 2008 1
Tariffe di manodopera in € (2006)
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80
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120
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Rip. Aut. Rip. Ind. Rip. Aut. Rip. Ind. Rip. Aut. Rip. Ind. Rip. Aut. Rip. Ind.0
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40
60
80
100
120
140
Tariffa oraria media manodopera Tariffa minima Tariffa massima
Fonte: ICDP 2006 – Le tariffe includono l’IVA
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Lo spazio teorico dovrebbe esserci, essendo noi posizionati nella fascia più bassa delle tariffe orarie in Europa, con la Germania quasi al doppio ed UK quasi al triplo.
Tra l’altro, la realtà che dovrebbe spingere questa rivalutazione purtroppo è ben più magra.
Più che alla ricchezza dobbiamo dedicarci alla sopravvivenza: il quadro è pesante, basta vedere l’osservatorio appena esposto da Fausto Antinucci.
Ed è un problema non procrastinabile: il recupero di efficienza, le leve che il Dealer ha, non sono poi così estese, così innumerevoli, così infinite.
Non possiamo recuperare sui margini del prodotto perché non governiamo il mercato dell’offerta, la concorrenza intrabrand, le chilometri zero, il noleggio e il fleet management condizionano e controllano il mercato.
Non possiamo agire liberamente sui volumi, perché tutti noi siamo consapevoli della maturità del mercato, infatti nelle province in cui non c’è concorrenza intrabrand e dove operano dealer capaci, i margini che si ottengono possono superare di 3 o 4 punti il reddito operativo sul fatturato, rispetto a province in cui ci sono più mandati della stessa marca.
Il tutto è lasciato nelle mani di manager che spesso ragionano solo per convenienza!
Certo possiamo fare manutenzione organizzativa, ristrutturare i costi, ridurre gli sprechi, ma una delle poche opportunità di “salvezza” è agire sul valore del lavoro venduto, chiamiamolo pure, prezzo della manodopera.
È vero, siamo schiacciati dagli Autorizzati e, soprattutto, dagli indipendenti che con le loro flessibilità (flessibilità o sommerso?) e la loro facilità di fruizione da parte del cliente finale, usano la manodopera come sconto ed il ricambio – spesso non originale – venduto con ottimi margini.
Però è anche vero che il sistema non fa nulla perché questo si modifichi, né a livello normativo, né a livello ispettivo: solo pochi brand fanno la differenza cercando di cautelare la propria rete.
Gli standard attuali non impediscono il proliferare di autorizzati a cui vendere ricambi – a volte a scapito dei concessionari che rischiano per proprio conto – e a cui i controlli sulle garanzie vengono effettuati con minor attenzione proprio per tenerli in vita!
Ma dobbiamo dire che molto spesso, con l’ansia della fidelizzazione a tutti i costi sul “pezzo di ferro”, i più conservatori sono proprio i nostri mandanti.
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Ancora una volta l’abbraccio infernale delle NSC – che negli standard fissano anche il numero dei tecnici, il rapporto produttivi/improduttivi e le ore di formazione tecnica – getta alle ortiche questa qualità anziché lavorare per farla diventare valore percepito per il Cliente finale, costringendoci ad attività di dumping nel post vendita.
È del resto ciò che succede anche per il riconoscimento del rimborso della tariffa di manodopera negli interventi in garanzia e nei Contratti Assistenza Programmata. Infatti il rimborso di questa tariffa, a seconda del brand, è calcolata senza regole precise, tenendo come parametro la manodopera a cliente. Certo, possiamo capire che la Casa Auto si aspetti dai propri Dealer di essere trattata come il migliore cliente, ma molto spesso il taglio dei costi riconosciuti va ben oltre una condizione di miglior favore. Ovvio che tutto è comunque riparametrato al 50% rispetto alla media Europea!
Lo spazio c’è, ma non c’è la chiarezza e soprattutto non c’è la voglia di combattere né nostra né delle NSC per aiutarci con budget non loro, bensì dei produttori e fornitori di componenti.
E noi dobbiamo mettere a posto i nostri bilanci!
E dobbiamo dircelo chiaro: non ha senso che noi investiamo in qualità dell’Assistenza, dalle tute, all’attrezzatura, alle ore di formazione, per poi dover subire l’appiattimento delle tariffe.
È giunto il momento di fare chiarezza insieme su questo problema.
Magari favorendo confronti con gli altri Dealers nelle associazioni, nei consorzi, ai meeting di marca, ma non possiamo più procrastinare questo recupero di efficienza. Dobbiamo fare squadra, TUTTI INSIEME, per poter affrontare le varie problematiche:
- La normativa fiscale, giuslavorista e le relazioni con i mandanti per standard e formazione;
- i rapporti con i fornitori, siano essi Case Auto, produttori di sistemi informativi a supporto delle vendite o per il controllo di gestione;
- le enormi spese di comunicazione, rese inefficaci per via di contenuti appiattiti su piani di marketing a livello nazionale se non addirittura europeo;
- la forza contrattuale delle concessionarie di pubblicità;- ecc., ecc...
Se poi saremo bravi nell’usare queste risorse, o parte di esse, per “personalizzare” il nostro rapporto con il cliente, ecco che allora “dare di più per ottenere di più” diventerà finalmente non solo l’esercizio astratto di una intenzione, ma una concreta strada per la riqualificazione del nostro lavoro.
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Prendiamo l’efficienza media che un bravo addetto può esprimere nell’anno e valutiamo l’opportunità di aumentare la manodopera di 40,00 euro orari: tenendo in considerazione che il tempo di intervento medio per ogni passaggio varia da un’ora e un quarto per i brand generalisti fino a tre ore per i premium, la fattura a cliente aumenterebbe mediamente di appena 80 euro, a fronte di un calo dell’efficienza intorno al 20%; in questo modo saremmo in grado di offrire un servizio migliore, sia nella qualità che nella quantità dei contenuti: potendo finalmente coccolare il nostro cliente.
Ore fatturate Tariffa oraria Fatturato per tecnico
Regime attuale
1750 € 40 = € 70.000
Soluzione auspicata
1500 € 80 = € 120.000
VANTAGGIO PER IL DEALER € 50.000,00
Questa strada di riqualificazione del costo di manodopera oltre a farci fatturare € 50.000,00 in più per ogni tecnico dovrebbe essere sostenuta con fermezza da tutta la filiera distributiva, a partire dalle Case Auto e dalle associazioni di marca, come segno di concretezza, ma anche come segno di rispetto per la diversa professionalità e per il diverso valore del lavoro svolto dai Concessionari.
Quasi il 50% dei Dealer ha chiuso il bilancio 2008 in perdita. E se, senza velleitarismo, avessero recuperato € 50.000,00 per ogni operaio?
Non finiremo mai di ringraziare la Federaicpa, insieme a tutte le associazioni di marca e ancor di più i loro Presidenti e rappresentanti. Questi nostri partner lavorano sul territorio nel tentativo di cautelarci; compiono sforzi mostruosi, forti della loro grande determinazione ed autorevolezza; ma in realtà non hanno né poteri né deleghe.
È arrivato dunque il momento di unirci tutti assieme dando effettivamente mandato ad un organo che possa veramente rappresentare gli interessi di tutti, e non solo di qualcuno; che sia veramente in grado di parlare a nome di tutti; che sia veramente ascoltato da tutti; fino ad allora rimarremo sempre dei grandissimi commercianti, che con la speranza di diventare imprenditori, rimettono ad altri le sorti delle loro aziende!
Dobbiamo dare dimostrazione di essere uniti e di voler far finire questa guerra tra poveri!
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Meno male che c’è l’assistenza…
di Alberto [email protected]
Un amico concessionario, qualche mese fa, si lamentava perché un salonista di
una cittadina vicina vendeva vetture a clienti che, poi, si presentavano da lui per
l’assistenza. “Che vadano a farsela fare da chi gliel’ha venduta”, mi diceva
lasciandomi più che perplesso.
Un altro concessionario, al contrario, ha chiesto se era possibile entrare in
contatto con i proprietari di vetture di importazione parallela presenti nel suo
territorio per offrire, con un benvenuto, i suoi servizi di assistenza.
Il primo rivelava il chiaro segnale di una certa insofferenza verso l’assistenza,
ritenuta, più che altro, un fastidio e un costo; il secondo, intelligentemente,
considerava l’assistenza un investimento ed una occasione per aumentare giro
d’affari e patrimonio clienti.
Per carità, sono solo due casi, ma sono due casi reali e rivelano quanto spazio ci
possa essere per sviluppare di più e meglio l’importante risorsa dell’assistenza.
Non solo fonte di margine, ma anche una chiave strategica di fidelizzazione del
cliente. In un mercato andato improvvisamente in crisi in termini di vendita di
vetture, l’assistenza ha già dato in molti casi il proprio apporto al sistema,
generando ricavi fondamentali nell’economia della concessionaria. Eppure,
nonostante le tecniche del marketing post vendita si siano molto sviluppate ed
evolute, ci sono ancora enormi margini di miglioramento. Il punto è che le
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attività post vendita non sono facili e richiedono dedizione attenta e continua,
oltre a tecniche e strumenti di marketing evoluti. Quando gli operatori delle
concessionarie si sono resi conto dell’aumentata e fondamentale importanza
dell’assistenza, sia in termini di ricavi che di fidelizzazione del cliente, si sono
trovati generalmente impreparati, per risorse e cultura di settore. Il recupero
non è né rapido, né facile. Le migliaia di Officine Indipendenti continuano a
ricevere i generosi regali delle Concessionarie Ufficiali che non riescono a
trattenere i propri clienti, nel migliore dei casi, oltre la scadenza della garanzia.
I clienti rimangono, cioè, nei primi due anni, quando le manutenzioni e le
riparazioni valgono poco in termini di ricavi. Ma le statistiche dicono che è dal
terzo anno che il fatturato in riparazioni ha una forte impennata. Dunque li
lasciamo andare esattamente quando potremmo ottenere i maggiori risultati.
Se il mercato dell’auto è nella sua fase di maturità, a dir poco, quello della
Assistenza possiede ancora un forte potenziale di sviluppo. Ma occorre
dedicarvi energie e continue attenzioni, essere in grado di costruire con il
cliente una relazione che duri nel tempo. E, una grande riflessione deve essere
fatta sulla percezione del valore che il cliente attribuisce al nostro servizio di
assistenza. Un cliente passa ad una officina indipendente perché ritiene di
spendere meno e di ottenere lo stesso risultato. Noi sappiamo che non è così,
ma non facciamo molto, non abbastanza per fargli percepire la differenza. E’
solo dannoso e inutile abbassare i prezzi, occorre aumentare il valore della
prestazione. E’ quello, il valore, che il cliente compra e che è disposto a pagare.
Se non riusciremo a valorizzare la prestazione, non potremo nemmeno
aumentare il costo della mano d’opera, tra i più bassi d’Europa. Ma soprattutto
continueremo a perdere clienti. Quando un cliente se n'è andato, è difficile
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recuperarlo. Ed è meno facile vendergli una nuova macchina. Il punto, allora,
sembrerebbe proprio questo: far percepire il maggior valore della prestazione.
Pensiamo agli investimenti in comunicazione delle Case costruttrici: anche
senza scendere in particolari, è del tutto evidente la differenza abissale tra gli
investimenti pubblicitari commerciali e quelli, veramente molto rari, relativi
all’assistenza. Ed ecco, allora, a fronte del disinteresse delle Case, che emerge il
ruolo veramente straordinario delle attività di marketing locale delle
Concessionarie che si fanno carico di alimentare le loro officine. Ma il punto
principale rimane irrisolto: si ottengono maggiori presenze nelle Officine, ma
non si costruisce una sufficiente coscienza del valore dell’assistenza, delle
ragioni per le quali è preferibile quella ufficiale, in altre parole ed in sintesi,
non si giustifica sufficientemente il suo maggior valore.
Cosa fare allora? La strada passa sicuramente attraverso la cura del cliente e
della sua massima soddisfazione. Dobbiamo capire quali sono le esigenze e
trasformarle in opportunità, accentuare le attenzioni al momento critico dello
scadere dei fatidici due anni di garanzia, far pesare ed avvertire la differenza con
le altre proposte di assistenza. Ci sono delle iniziative di successo che
meriterebbero di essere allargate e che si basano su attività di relazione col
cliente. Piccole attenzioni, tuttavia strategiche, perché sottolineano la necessità
di mantenere efficienza, attraverso le piccole manutenzioni e la cura della
vettura. E che creano occasioni di incontro per creare e mantenere il rapporto
con il cliente. Fargli capire che a lui ci teniamo e che per tutelare il suo
investimento di solito elevato per l’acquisto di un’auto, è meglio affidarsi a chi
conosce bene non soltanto quell’auto, ma anche il suo guidatore. E qui si entra
in un altro importante, anzi fondamentale discorso. Conoscere ed analizzare il
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circolante, della nostra marca, ma anche di quelle comparative, è il presupposto
per capire le esigenze dei diversi segmenti di clienti e poter confezionare le
proposte più coerenti. La nuova sfida per il marketing assistenza è questa:
aggiungere alla cura della vettura, quella per la persona. Diviene patrimonio
essenziale per la Concessionaria il database, la capacità di realizzarlo,
organizzarlo e gestirlo. Non è una novità che per fare tanto e bene, occorre
conoscere tanto.
E bene.
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Chiedi di più alla tecnologia informatica.Durante una crisi, un piccolo passo può rappresentare un enorme salto. Di qualità. Non nel buio.
di Marco [email protected]
Premessa
In momenti di crisi, quando tutti fanno un passo indietro, è sufficiente restare fermi per essere un passo avanti; ma perché restare fermi quando è possibile continuare ad avanzare?
Sì, continuare ad avanzare... è possibile? Perché? Semplicemente perché nei momenti felici sono stati tralasciati degli aspetti fondamentali che sembravano solo "accessori" se non addirittura superflui.
Chi non ha curato e sviluppato questi aspetti in passato, in questo momento, difficile per molti, si sta chiedendo: "Ma cosa sarebbe questa crisi? Di cosa state parlando?".
Quando tutto sembra andare per il meglio si tende a dare per scontate molte cose: un prezzo competitivo abbinato a un prodotto/servizio valido è tutto quello che serve.
E le relazioni? Non servono a niente? No, non è altro che roba inutile inventata per far divertire la gente di marketing...
Eccoci al punto. Di non ritorno. Ma solo per alcuni: quelli che non continuano a leggere ;)
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Il trasferimento dell'emozione
"Marketing": quella che in passato sembrava una parola magica (troppo spesso snobbata) è oggi diventata una parola chiave. Oggi il marketing, infatti, deve andare ben oltre la campagna pubblicitaria o la promozione aggressiva: deve essere un sentimento.
Il marketing, in fin dei conti, altro non è che il generatore di quella emozione che si deve trasferire nel momento, delicatissimo, in cui chi produce entra in contatto con chi consuma affinché uno scambio si realizzi.
Questo passaggio di valore, questo di più caratterizzato da elementi intangibili, come si misura? Principalmente il trasferimento può essere misurato come differenza tra il valore complessivo percepito dal cliente e il "costo" che ha dovuto sostenere per ottenerlo (il costo d'acquisto comprende il prezzo del prodotto/servizio, il tempo impiegato per lo sforzo di ricerca, valutazione e comparazione, la titubanza e la sempre più importante tensione psicologica)
di più = Valore Percepito Costo d'acquistodi più = Valore Percepito Costo d'acquisto
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C osto di Pro duzio ne Utile
Prezzo di V endita Sfo rzo d'Acquisto
C o sto d'Acquisto di p iù
V alo re Percepito dal C liente
C osto di Pro duzio ne Utile Sfo rzo d'Acquisto di p iùdi p iù
L'alimentazione continua del di più
Alcune aziende cercano di massimizzare questo di più cercando di contenere al massimo i prezzi di vendita compatibilmente con il mantenimento di un'adeguata qualità di prodotto/servizio. Non sono le sole al mondo ad adottare questa strategia: tutte lo fanno... chi più, chi meno; è la natura della competizione: se tutti hanno lo stesso di più nessuno ha un vero di più.
Se è vero che in concorrenza perfetta, nel lungo periodo, i profitti tendono ad azzerarsi, è a maggior ragione vero che il di più tende ad azzerarsi molto più velocemente: il dinamismo di mercato lo erode giorno dopo giorno, ora dopo ora... e con esso, le speranze che il cliente riesca ancora a "innamorarsi". In conclusione:
• chi non si muove vede trasformarsi il di più in di meno,• chi si muove "normalmente" vede trasformarsi il di più in zero,• chi si muove più velocemente e meglio degli altri trasforma1 il
di più in un nuovo di più che gli altri non hanno.
Come proteggere, o meglio, rinnovare ogni giorno questo vantaggio competitivo? Se tutti sono in grado di ridurre i prezzi mantenendo una qualità soddisfacente e, quindi, se lo scenario è quello di prodotti e servizi potenzialmente fungibili, l'unica via è quella di riuscire a differenziarsi.
Come fare? Una strada può essere quella di individuare, stabilire e rafforzare le relazioni con la propria clientela e con quella potenziale: trovare, conoscere, comunicare, ascoltare, coinvolgere; ovvero capire, anticipare, soddisfare... "di più" dei concorrenti.
È necessario dotarsi di solide basi informative per poter conoscere la struttura del mercato, delle sue dinamiche e dei comportamenti dei clienti acquisiti e potenziali per essere in grado di sviluppare relazioni forti, durature e a doppio senso.
1 Si noti l'uso del termine "trasforma" al posto dei precedenti "vede trasformarsi" che denota un'attività fattiva e strategica.
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Sì, a doppio senso: in qualsiasi relazione è importante saper parlare, ma saper ascoltare lo è "di più".
L'interazione deve essere paritaria ed entrambi i soggetti devono avere la facoltà di eseguire le proprie mosse, esprimere le proprie opinioni e manifestare liberamente i propri sentimenti.
Nel gioco della seduzione umana, quando due persone si incontrano e iniziano a conoscersi, a un certo punto, non si è più in grado di capire chi sta seducendo chi: è in quel momento che scocca la scintilla... che nasce l'amore.
Le feste, le cene, le vacanze e i balli lenti finiscono, ma l'amore, se vero, resta. In un mercato in continua evoluzione, i prezzi e i prodotti/servizi possono cambiare da un giorno all'altro, ma le relazioni, se vere, restano. È quel fenomeno che nel mercato e nella seduzione è indicato con una sola, unica, parola: fedeltà.
Le relazioni come forme di conoscenza e di fedeltà reciproche
Mantenere salda una relazione rappresenta un'attività complessa e articolata ma molto meno dispendiosa di quella necessaria per stringerne di nuove. Sia per chi produce, che per chi consuma.
La gestione delle relazioni richiede la conoscenza non solo del cliente ma anche della sua esperienza d'acquisto, del suo comportamento, delle sue attitudini, dei suoi sogni, del ricorso ai sevizi accessori, del suo umore. È un processo che comporta che il cliente abbia la stessa facoltà: conoscere sotto tutti i punti di vista quell'azienda che è in grado di trasferirgli l'emozione.
Non è sufficiente sapere con chi stiamo parlando e chi stiamo ascoltando ma è fondamentale anche definire come ci si debba relazionare. Non basta conoscere il chi, ma è indispensabile sapere anche il come; la lingua inglese ci viene ancora una volta in aiuto: WHOHOW.
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Internet e le nuove tecnologie, se ben utilizzate e rese fruibili a chi si occupa di marketing (che non necessariamente deve essere un hacker), rappresentano una rivoluzione nella gestione relazionale proprio in ottica di reciproca conoscenza e fedeltà: non solo perché favoriscono interazioni e colloqui virtuali continui, 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, ma perché consentono analisi sintetiche e analitiche di ogni tipo, indispensabili supporti in un processo decisionale che voglia essere efficace ed efficiente.
Questi strumenti sono estremamente potenti e regalano tutta quella libertà di analisi di cui, chi si occupa di marketing, ha bisogno da sempre: i limiti di un computer non sono imposti dalla sua memoria RAM o dal suo hard disk, ma dalla fantasia di chi lo usa.
Automotive (o^o), emozione (:*) e tecnologia (@)
Per un dealer automotive, l'utilizzo delle nuove tecnologie in ottica di marketing è indispensabile per riuscire a individuare quei gruppi di utenti con caratteristiche simili (target) e per poter gestire le diverse relazioni correttamente: in buona sostanza per rispondere alla domanda "come interagire con chi?".
La risposta corretta e tempestiva a questa domanda dipende essenzialmente dall'organizzazione delle informazioni disponibili che provengono dai vari reparti (vendite, servizi, aftersales, usato), dalle varie sedi, dalle varie iniziative speciali e dal mercato (circolante di zona).
Generalmente un dealer multibrand, multisede e multiattività si trova di fronte a una serie esponenziale di database che ospitano informazioni importanti ma non sempre di facile elaborazione o, addirittura, acquisizione.
Questo perché le varie case madri, quando non li impongono, consigliano determinati software o formati di registrazione dei dati che non sempre sono compatibili tra di loro.
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Numero Database = Numero Database = Numero Marche × Numero Sedi × Numero attivitàNumero Marche × Numero Sedi × Numero attività
Un dealer che gestisce X marche, ha Y sedi e Z attività si trova a dover gestire X*Y*Z diverse fonti informative. Non sempre (leggi: quasi mai) è possibile considerarle in modo organico e sistematico come la logica WHOHOW, indispensabile per la corretta gestione delle relazioni, richiederebbe.
Ci sono tante fonti ma manca un bicchiere per raccogliere l'acqua a disposizione.
Per scoprire se la propria organizzazione segue correttamente la logica WHOHOW è sufficiente provare a rispondere alle domande che seguono:
• Quanti e quali clienti sono stati persi lo scorso anno?
• Quanti clienti della vendita sono passati negli ultimi due anni anche in officina?
• Qual è l'intervallo medio che intercorre tra passaggi in officina in base al tipo di vettura?
• Quali sono i clienti fedeli alla marca? Quali invece sono fedeli al dealer?
• Qual è il target più "redditizio" per singolo accettatore? Quali sono le performance di ogni accettatore o venditore rispetto al cliente che hanno di fronte?
• Quanti passaggi sono ipotizzabili per il prossimo mese sulla base dell'analisi dei comportamenti della clientela after sales? Quale potrebbe essere il relativo fatturato?
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Ogni dealer, considerando le informazioni disponibili, potrebbe rispondere quasi "scientificamente" a queste domande: in quanti riescono a farlo in meno di un'ora? In quanti riescono a farlo in meno di un giorno? In quanti riescono a farlo? In quanti avranno ucciso il loro tecnico informatico perché dice "No! Non è possibile2"?
L'unico modo per poter rispondere a queste domande in tempo reale è quello di disporre di un unico database centrale che integri tutte le varie fonti informative: dotarsi di informazioni tempestive e sistematiche rappresenta un vantaggio notevole in ottica di analisi e di previsione ma soprattutto di individuazione delle metodologie da seguire per favorire il rinnovamento continuo del di più attraverso la gestione strategica e tattica delle relazioni e delle interazioni.
Ma la gestione delle relazioni attraverso strumenti informatici va ben al di là della disponibilità di un formidabile strumento di analisi come un database integrato.
Il cliente, a pensarci bene, è ignaro dell'esistenza di questo strumento, ma ha altri punti di osservazione "informatica" che invece valuta attentamente durante tutte le fasi del suo processo decisionale d'acquisto e di emozione. In particolare: sito web aziendale, contatto via email e mercato dell'usato su Internet. Tutti elementi fondamentali per il di più.
Elementi "informatici" del di più
Gestione dellerelazioni
Gestione delSito web
Contattovia email
Usato suInternet
2 Il computer può essere considerato come una delle invenzioni più importanti nella storia dell'umanità. È sempre stato, però, un "bene strumentale" e tale deve restare: uno strumento da utilizzare per ottenere in modo corretto le informazioni che servono. Il computer si deve "piegare" alle esigenze informative, non devono essere le esigenze informative che si devono "piegare" al computer. Diffidate di tutti quegli informatici che dicono "No. Non si può". Qualsiasi cosa abbia un senso logico, il computer la può fare: basta dargli le giuste informazioni. E spesso costa anche meno di quel che si possa pensare. Un informatico dovrebbe sempre e solo rispondere "Sì".
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Si tratta, sostanzialmente, di tutte attività di ConTatto3 e relazione con il cliente effettivo e potenziale che passano attraverso Internet: se ieri non era fondamentale gestirle adeguatamente, domani, forse, sarà già troppo tardi per farlo.
Negli ultimi anni, fortunatamente, molti dealer stanno cercando di sviluppare delle competenze volte al contatto con il cliente "fisico" (inteso come persona che è fisicamente in officina o concessionaria) e alle corrette metodologie di approccio: ma che differenza c'è tra un'accoglienza "umana" per chi si reca presso un dealer e quella "informatica" per chi naviga sul sito web di un dealer? L'aggiornamento, con quale frequenza avviene? Una volta al giorno? Una volta all'anno? O al decennio? Non è da escludere che su qualche sito di dealer potrebbe ancora comparire la "Nuova Panda Italia '90" tra le novità...
Che differenze ci sono tra il modo di salutare, presentarsi e interagire nel salone e tra il modo di rispondere, presentarsi e interagire via email? Quanti concessionari sanno davvero come rispondere? In quanti sanno che una mail dovrebbe essere inviata non solo in formato html ma anche in formato testo per favorire la più ampia leggibilità? In quanti sanno che è necessario chiamare telefonicamente se dopo un periodo di tempo dall'invio della risposta non si hanno segni di vita? Chi sa che a una email è fondamentale dare immediatamente una risposta, anche automatica, di "presa in consegna"?
Vogliamo parlare dell'usato? Il mercato dell'usato passa prima da Internet che in salone; in questo, anche in Italia, siamo avanti: chiunque sia interessato a comprare una macchina usata e abbia un minimo di cultura informatica (leggi: abbia accesso a Internet4) andrà subito su qualche sito web specializzato. Per trovare cosa?
3 Cesare Soresina, ConTatto, InterAutoNews 20074 Il 61,3% della popolazione tra gli 11 e i 74 anni, quasi 30 milioni di italiani, ha un accesso
a Internet da qualsiasi luogo (casa, ufficio, scuola, università). Fonte: AW Trends, Audiweb 2009
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Spesso delle descrizioni superficiali, una scarsa attenzione ai servizi accessori e delle foto improponibili (sempre che le foto ci siano o siano vere). Pochissimi dealer pubblicano dei video: fare un video, di qualità accettabile, oggi ha un costo quasi irrisorio5.
Conclusioni
In un periodo in cui tutti sgomitano per farsi spazio, anche il più piccolo dettaglio può rappresentare l'elemento chiave per la sopravvivenza o l'annientamento. Si considerino la gestione delle relazioni e le strategie Internet pure dei "piccoli dettagli", ma si sappia che grazie al loro utilizzo strategico è possibile salvaguardare quel di più che consente di sopravvivere.
Il di più rende unici.
Solo questa unicità può trasformare un passo avanti in un salto.
Di qualità. Non nel buio.
5 Una buona camera per avere una qualità usoInternet non supera i 100 150 euro. Un venditore, in momenti di scarsa affluenza, può diventare un buon regista: chi meglio di lui può conoscere i punti di forza e di debolezza di qualsiasi vettura nuova o usata?
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Al la vol ta del le at t i tudini .Riflessioni sulle attitudini imprenditoriali.
di Roberto Vaccanirober to.vaccani@sdabocconi. i t
I l prof i lo at t i tudinale imprendi tor ia le
Nella mia esperienza di consulenza aziendale mi capita frequentemente di lavorare a fianco di imprenditori di prima generazione. La loro frequentazione costante mi ha convinto del fatto che, pur agendo in situazioni aziendali e di mercato molto diverse, posseggono alcune costanti psicologiche. Rispondono ad un profilo attitudinale comune, spiccano per alcune dominanti che li caratterizzano in termini di marcati tratti di personalità. Parlo di imprenditori di prima generazione poiché le caratteristiche imprenditoriali non sono clonabili e si edificano nelle particolari avventure di vita, non percorrono vie genetiche. Molti figli di imprenditori potranno essere azionisti, potranno possedere discrete qualità e competenze manageriali, ma difficilmente posseggono profili di personalità imprenditoriale. Gli imprenditori di prima generazione hanno edificato imprese, non le hanno ereditate.Rispetto al processo decisionale l’approccio imprenditoriale risulta visibilmente alto in termini di ascolto veloce, eclettico, multifattoriale ed intuitivo, tende a non indugiare in analisi e progetto, passando repentinamente alla fase decisionale. La centratura sull’al to ascol to e l’alta
capaci tà decis ionale risulta vincente nei confronti dei contesti oggettivi, produttivi e commerciali.La non spiccata attitudine a dedicare tempo e costanza all’analisi comparata ed al progetto ponderato non depone a favore della comprensione e della
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scelta di collaboratori affidabili e coerenti alle aspettative.La selezione degli individui richiede un alto e costante monitoraggio.L’approccio imprenditoriale rivela solitamente una non comune capaci tà di
le t tura sistemica , essenziale e panoramica senza eccedere in dettagli secondari. L’approccio sistemico permette loro di considerare contemporaneamente più fattori in gioco ed i legami più significativi che li caratterizzano con una capacità di intuito a largo raggio. Solitamente la non
r i levante at t i tudine anal i t ica li trova poco portati a considerare i dettagli e le misurazioni puntuali e numeriche degli elementi organizzativi. È perciò suggeribile che agli imprenditori si affianchino collaboratori più analitici, in grado, quindi, di compensare la possibile scarsa propensione al calcolo puntuale ed alla precisione.L’approccio imprenditoriale è spesso caratterizzato da uno stupefacente
pensiero opportuni tà , in grado di superare le difficoltà, percepite come sfidanti e non deprimenti. Ciò che per molti individui appare come fallimento, per la psicologia imprenditoriale prende le sembianze di apprendimento e di stimolo per una reazione creativa e vincente.Questo approccio che sfiora, a volte, il velleitarismo, si muove su una traiettoria ottimista in grado di euforizzare gli errori, di tramutare i vincoli in opportunità, attivando progetti protagonistici autorealizzantisi. La bassa
at t i tudine al pensiero vincolo trova, a volte, gli imprenditori sorpresi da dinamiche di crisi o flessioni di mercato che non presidiano tempestivamente poiché le sottovalutano o, addirittura, non le vogliono vedere.Gli imprenditori sono generalmente dotati di una non comune energia
leader ist ica . Sono dei potenti adattatori ambientali, scarsamente adattivi.La loro tempra energetica si alimenta di reazioni sfidanti, all’interno di attività che hanno edificato protagonisticamente e che conoscono come le loro “tasche”. In definitiva la loro forza di influenzamento ambientale prende alimento da un “gioco” organizzativo che si identifica con il loro principio del piacere, da avventure che essi hanno intrapreso per scelta e non per bisogni o costrizioni, facendo combaciare attitudini e mestiere.
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Schema di rappresentazione del prof i lo at t i tudinale imprendi tor iale
Per approfondire adeguatamente l'argomento è consigliata la lettura del documento Conoscenze, attitudini e professioni di Roberto Vaccani consegnato con questo volume.
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È visionario, lo so, fare programmi per Ottobre, ma mettiamolo lì, ci aiuti come idea, l'idea di camminare insieme...
Umberto Seletto*
*Via EmailDate: 20090131 17:45From: [email protected]: Undiscolsed RecipientsSubject: Nada 2009 Anticrisi Team building Day
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