ANNO 13 - NUMERO 40 Inverno 2007/2008 · Karate-Do Kenkyu Kai di Cerenova. Roberta Shinko Roncallo:...

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La Struttura della IOGKF…………..pag.3 Lettera di Higaonna Sensei….. ..….pag. 4 Incontri ravvicinati tra scienza e mistica………………………...….….pag.5 L’attualità della Parola del Buddha………………………...pag.11 Judo-Moralità e pratica fisica.…….pag.12 3° Trofeo chojun Miyagi…...….…..pag.18 L’Allenamento……………………..pag.19 Cucinare la Vita….....…...…………pag.21 Agenda IOGKF Italia.........……..…pag.23 Sapore di Samu…………………….pag.24 Nei Numeri Precedenti..............…...pag.27 ANNO 13 - NUMERO 40 Inverno 2007/2008 Notiziario di informazione del Tora Kan Dōjō Honbu Dōjō dell’International Okinawan Goju-Ryu Karate-Do Federation Italia Zen Dōjō affiliato all’Istituto Italiano Zen Sōtō

Transcript of ANNO 13 - NUMERO 40 Inverno 2007/2008 · Karate-Do Kenkyu Kai di Cerenova. Roberta Shinko Roncallo:...

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    La Struttura della IOGKF…………..pag.3

    Lettera di Higaonna Sensei….. ..….pag. 4

    Incontri ravvicinati tra scienza e mistica………………………...….….pag.5

    L’attualità della Parola del Buddha………………………...pag.11

    Judo-Moralità e pratica fisica.…….pag.12

    3° Trofeo chojun Miyagi…...….…..pag.18

    L’Allenamento……………………..pag.19

    Cucinare la Vita….....…...…………pag.21

    Agenda IOGKF Italia.........……..…pag.23

    Sapore di Samu…………………….pag.24

    Nei Numeri Precedenti..............…...pag.27

    ANNO 13 - NUMERO 40 Inverno 2007/2008

    Notiziario di informazione del Tora Kan Dōjō

    Honbu Dōjō dell’International Okinawan Goju-Ryu Karate-Do Federation Italia

    Zen Dōjō affiliato all’Istituto Italiano Zen Sōtō

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    Paolo Taigō Spongia : 45 anni, cintura nera 5° dan, Maestro Federale Fijlkam, Responsabile nazionale

    e Capo Istruttore I.O.G.K.F. per l’Italia. Monaco novizio Zen Sōtō.

    Silvia Kōjun Arriga: 33 anni, impiegata, terapista Shiatsu, cintura nera 2° dan assistente di dojo, pratica Karate-Do e Zen al Tora Kan Dojo di Roma. Fabrizio Angelici: 33 anni, cintura nera 3°dan, insegnante di Karate-Do responsabile del Dojo Karate-Do Kenkyu Kai di Cerenova. Roberta Shinko Roncallo: 38 anni, cintura Blu, pratica Karate-Do e Zen al Tora Kan Dojo di Roma.

    Tora Kan Dojo è il notiziario informativo dell’Associazione Tora Kan di Via di Selva Can-dida 49 in Roma, Honbu Dôjô dell’International Okinawan Goju-Ryu Karate-Do Federa-tion Italia e Dôjô di pratica Zen riconosciuto dall’Istituto Zen Sôtô Shôbôzan Fudenji. E’ diffuso tra gli Allievi della scuola con cadenza stagionale con l’intento di fornire uno strumento di approfondimento culturale relativamente ad argomenti attinenti le Discipline praticate nella Scuola e ad ogni argomento di interesse comune. Ogni Allievo della Scuola e membro IOGKF Italia può contribuire alla realizzazione del notiziario con articoli, foto, traduzioni e con ogni altra possibile forma di collaborazione. Si prega di consegnare in segreteria il materiale da pubblicare nel prossimo numero entro il 15 Febbraio 2008.

    immagine di copertina: Morio Higaonna Sensei in Junbi Undo

    Tora Kan Dojo Anno 13° n. 40

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    La Struttura della I.O.G.K.F.

    Honorary Chairman: An’ichi Miyagi Chairman and Chief Instructor: Morio Higaonna

    Technical Advisors: Haruyoshi Kagawa, Eiko Miyazato, Masatake Ota Shuichi Aragaki, Hidenobu Goya, Seizen Uehara,

    Shotatsu Nakamoto, Daikaku Chodoin.

    Argentina -- Gustavo Tata Australia -- Joe Roses Austria -- Raoul Werner Walter Wogel Azerbaijan Republic -- Allahverdiev Tarverdi Aflan Bermuda -- Bobby Smith Belarus -- Viktor Grinevich Belgium -- Patrick Curinckx Canada -- Tetsuji Nakamura Chile -- Rodrigo Sepulveda T. Czech Republic -- Lubomir Moucka Denmark -- Henrik Larsen England -- George Andrews, Ernie Molyneux F.R. Germany -- Peter Lembke France -- Bemard Cousin Georgia, Rep. of -- Paata Chelidze Hong Kong -- Lam King Fung Hungary -- Ferenc Szigetvari Iceland -- Gretar Om Halldorsson India -- Pervez Mistry Israel -- Leon Pantanowiz Italy -- Paolo Francesco Spongia Japan -- Morio Higaonna Kazakhstan -- Karmenov Amangeldi

    Mexico -- Ricardo C. Olalde-Tirado Moldovia -- Viktor Panasiuk Namibia -- Carl van der Merwe Netherlands -- Sydney Leijenhorst New Zealand -- Mark Gallagher Norway -- Rune Forsberg Hansen Okinawa -- Katsuya Yamashiro Peru -- Victor de la Rosa Poland -- Adam Litwinshiki Portugal -- Jorge Monteiro Puerto Rico -- Ricarte Rivera Scotland -- John Lambert Singapore -- Chris de Vet Slovenia -- BogdanVukosavljevic South Africa -- Bakkies Laubscher Spain -- Luis Nunes Sweden -- Bjom Jonzon Tadjikistan -- Oleg Khen Turkey -- Fatih Ince Ukraine -- Alexandre Grishniakov United States -- Miko Peled Venezuela -- Shunji Sudo

    IOGKF Nazioni Aderenti & Capo Istruttori

    IOGKF ITALIA Dôjô riconosciuti

    Honbu Dôjô: Tora Kan (Sensei Paolo Spongia) Via di Selva Candida 49 Roma tel. 06/61550149 Dôjô: Tai Ji (Sensei Davide Incarbone) Via dei Cybo 6 Roma tel. 06/66157020 Dôjô: Ryū Kan (Sensei Arcangelo Landi) Via Bistagno 90 Roma Tel. 066243274 Dôjô: Scuola di Karate-Do (Sensei Roberto Ugolini) Via Pietro Sterbini 12 Roma Tel. 06/68805454 Dôjô: Chojun Miyagi Dojo (Sensei Ricardo Peirano) Via Basilicata 14 Olbia Tel. 0789 / 26428 Dôjô: Karate do Kenkyu Kai (Sensei Angelici Fabrizio) Technofitness, Cerenova, 3383696353 Dôjô: Sui Shin Kan (Sensei Salustri Miriam) Istituto Galilei Via Conte Verde 3394620752 Dôjô: Bu Shin Kan (Sensei Proietti Valerio)a.s.d. Palmarola Isola dello Sport Via Varzi n° 73 Tel.0630998391 Dôjô: Hakutsuru (Sensei Zandi Ermes) Via Roma, San Pietro Viminario (PD)Tel. 3284851893 Dôjô: Centro Don Orione (Sensei Beppe Manzari) via della Camilluccia 120 , Roma Tel. 3475778354

    IOGKF Administrative Office

    Mr. Tetsuji Nakamura Administrative Director

    1055 Shawnmarr Rd Unit#9, Mississauga, Ontario L5H 3V2, Canada

    IOGKF Honbu Dojo Higaonna Dojo

    42-22-3 Chome Makishi Naha-shi

    Okinawa-ken 900 Japan

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    (wa-armonia)

    Benvenuti al 2008 e all’inizio

    del resto della vostra vita. E’ la Vigilia del Nuovo Anno e l’arrivo di un nuovo anno è un momento entusiasmante.

    E’ anche un’occasione per riflettere sulla nostra buona fortuna e inventariare le nostre benedizioni.

    Nel 2008, dovremo affrontare molte sfide in anticipo e prepararci a quel che potremmo realizzare lavorando in armonia per aiutarci l’un l’altro a crescere e a realizzare i nostri sogni. Insieme, lavorando in armonia e seguendo la Regola d’oro della vita, possiamo realizzare un significativo salto in avanti nel miglioramento di ogni situazione.

    Noi tutti abbiamo, individualmente e collettivamente a nostra disposizio-ne un tesoro di conoscenze, talento, e risorse che se utilizzate al loro

    pieno potenziale possono veramente rendere quest’anno che sta arrivando il migliore in assoluto sia nella nostra vita familiare che professionale.

    Sforziamoci tutti nel 2008 di lavorare in armonia per rendere questo mondo un miglior posto per vivere e lavorare.

    Ora vorrei cogliere questa opportunità per augurare ad ognuno di voi e alle vostre famiglie il meglio che il Nuovo Anno possa portare. Possa essere colmo di gioia e pace nella vostra vita personale, soddisfacente nel vostro lavoro e possa il vostro cammino portarvi ad incontrare nuovi, inesplorati ed entusiasmanti orizzonti che vi stimolino a continuare a crescere verso vostro pieno potenziale.

    Felice Nuovo Anno Morio Higaonna IOGKF Chief Instructor 10th dan

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    Traduzione di P.Taigō Spongia

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    1. Nella mia vita di fisico, il mio interesse principale è stato sempre rivolto al profondo cambiamento che ha avuto luogo nelle definizioni e nelle idee nei pri-mi tre decenni di questo secolo. Tale cambiamento continua ancora nelle attuali teorie sulla materia. Nella fisica, i nuovi concetti hanno generato una modifica drammatica dell'immagine che abbiamo del mondo, portando dalla concezione meccanicisti-ca di Descartes e di Newton ad una concezione olistica ed ecologica molto simile alla visione del mondo propria dei mistici di tutti i tempi e di tutte le tradizioni. Non era facile per i fisici, all'inizio del secolo, accettare questa nuova visione della realtà. La penetrazione nel mondo atomico e subatomico li portava a contatto con una realtà estranea ed inattesa. Nei loro sforzi di afferrare questa "altra realtà", gli scienziati si rendevano conto che le definizioni fondamentali, il loro linguaggio, anche lo stesso loro modo di pensare non erano adatti a descrivere gli atomi ed i fenomeni subatomici. I loro problemi non erano soltanto di natura intellettuale; in realtà essi si trovavano in una crisi profonda che era poi una crisi emotiva, direi addirittura esistenzia-le. Ci voleva parecchio tempo per superare questa crisi, però alla fine venivano ricompensati con la cognizione profonda della natura e struttura della materia. Io sono giunto a ritenere che la nostra società nel suo insieme si trovi oggi in una simile crisi, evidente alla vista di tutti noi. Basta dare uno sguardo ai gior-nali: abbiamo una crisi economica, una crisi ambientale, una crisi nell'assistenza sanitaria ecc. Credo che si tratti solo di sfaccettature della medesi-ma crisi e che questa crisi fondamentalmente sia una crisi della percezione. Come la crisi della fisica degli anni '20, anch'essa si fonda sul nostro tentativo di applicare i concetti di una visione obsoleta del mondo ad una realtà che non può più essere descritta ricorrendo a tali concetti. Questa visione obsoleta del mondo è la stessa alla quale in un primo momen-

    to ricorrevano i fisici per descrivere il mondo degli atomi: la visione del mondo secondo la scienza classica cartesiana e newtoniana. Viviamo oggi in un mondo integrato globalmente in una rete, nel quale i fenomeni biologici, fisiologici, sociali e ambientali sono fra di loro correlati e inter-dipendenti. Per poter adeguatamente descrivere questo mondo, abbiamo bisogno di una prospettiva ecologica che la visione cartesiana del mondo non è in grado di fornire. Ci serve dunque un nuovo paradigma, una nuova visione della realtà, una trasformazione fondamentale del nostro pensiero, della nostra percezione e della nostra scala di valori. L'inizio di una tale trasformazíone, di un passaggio dalla visione meccanicistica alla visione olistica o ecologica della realtà, si intravede già dappertutto ed è probabile che il cambiamento dei paradigmi domi-ni i prossimi anni. La profondità e dimensione globale della nostra crisi consentono di prevedere come conseguenza dei cambiamenti attuali una trasformazione in misura mai vista; è probabile che lo sviluppo dell'intero pianeta sia giunto ad una svolta. 2. La nuova concezione della realtà che si sta formando ora negli avamposti della scienza mostra una grande somiglianza con la visione dei mistici, in particolare con la visione della tradizione mistica d'Oriente. Per poter descrivere le somiglianze è utile mettere a confronto il nuovo paradigma con la vecchia concezione del mondo, quella della scienza classica; si potrebbe anche dire, con la concezione tradizionale dell'Occidente che risale agli atomisti greci Democrito e Leucippo e che, evolvendosi, ebbe la sua più chiara formulazione nel Seicento con Galilei, Descartes, Newton, Bacone ed altri. L'interpretazione della natura di Descartes parte da due settori separati e reciprocamente indipendenti: il settore della materia e il settore della mente.

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    di Fritjof Capra

    È questo un intervento all'incontro di Alpbach (Tirolo) del settembre 1983. Pubblicato sulla rivista Paramita

    (Tradotto dalla versione tedesca di Júrgen Koch da Brigitte Weber)

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    L'universo materiale per lui era una macchina, e nient'altro che questo. La natura funzionava secondo leggi meccaniche ed era possibile spiegare e descrive-re tutto nel mondo della materia sulla base della composizione e del movimento dei suoi componenti. Descartes estendeva questa concezione meccanicisti-ca anche agli organismi viventi: piante ed animali per lui erano semplicemente macchine ed anche se gli esseri umani possedevano un'anima, tutto ciò che riguardava il corpo umano era una macchina, alla pari degli animali. Questa inquadratura mentale è stata portata a trionfale compimento da Newton. Isacco Newton sviluppò una formulazione matematica stringente che diede sostanza alla struttura mentale cartesiana. Dalla metà del Seicento fino alla fine dell'Ottocento il modello newtoniano della realtà ha dominato l'intero pensiero scientifico. Il predominio dei concetti ed interpretazioni newtoniani prosegue fino al XX secolo inoltrato, quando succede una cosa interessante: mentre le altre scienze consideravano il modello newtoniano come una corretta descrizione della realtà e ad esso adegua-vano le proprie teorie, i fisici nello stesso periodo di tempo abbandonavano i concetti newtoniani, costretti dalle sperimentazioni della ricerca nucleare a svilup-pare una concezione del mondo completamente diversa. Una concezione che è olistica e che presenta somiglianze con le concezioni predominanti in Orien-te. In contrasto con la concezione meccanicistica del mondo, il pensiero orientale --e qui vorrei sottolineare che mi riferisco al pensiero orientale solo per sempli-cità, in quanto anche in Occidente esistono molte tradizioni basate sulla medesima visione, che però in Oriente era la visione predominante - i mistici orien-tali ed i mistici in genere partono dall'idea che tutte le cose e fenomeni che noi percepiamo con i nostri sensi sono fra di loro correlati, collegati e dipendenti gli uni dagli altri, rappresentano tutto sommato soltanto aspetti diversi di una medesima realtà ultima. La no-stra inclinazione di scomporre il mondo percepito in cose singole e separate, e di vivere noi stessi nel mondo come tanti "ego" isolati, viene intesa come un'illusione, suscitata dal nostro intelletto che tutto misura e classifica. Nella filosofia buddhista la si chiama avidya e la si intende come uno stato mentale confuso che deve essere superato, come il Dalai Lama ha spiegato ampiamente nella sua relazione. Questa divisione della natura e del nostro ambiente in oggetti separati è certamente utile e necessaria per la vita quotidiana. Tuttavia, non esiste alcun fondamento

    reale che la giustifichi. In linea di principio, non esistono oggetti separati; per il mistico orientale tutte le cose hanno una natura fluente e mutevole. Cito ancora il Dalai Lama: a seconda dello stato della coscienza, si ha una diversa percezione delle cose, i contorni variano. Questa variabilità dei contorni è as-sai caratteristica per le tradizioni spirituali. Che sono dinamiche. Mutamento, movimento, trasformazione, flusso: ecco gli elementi essenziali della loro comprensione del mondo. Il cosmo viene inteso come entità indivisibile, sempre in movimento, vivo, organico, spirituale e materiale insieme! 3. Ora cercherò di mostrare come le principali caratte-ristiche di questa visione del mondo emergono anche nella fisica e nelle altre scienze. Nell'ottica della fisica odierna, l'universo materiale non è un sistema meccanico composto di oggetti isolati. Non possiamo scomporre il mondo in particelle piccolissime indipendenti le une dalle altre. Nello studio della materia, la natura non ci offre componenti fondamen-tali isolate, bensì un intreccio complicato di relazioni fra parti di un insieme integrato. Questo concetto di rete o di intreccio è oltremodo importante, penso, e rappresenta la nuova fondamentale metafora che sostituisce oggi l'immagine di elementi e componenti isolati. Due anni fà, giunto in Germania ed Austria dopo una lunga permanenza in America,, mi sono im-battuto nel concetto del "pensare in forma di reti" o "intreccio". e questo modo di pensare in reti o intrecci è, mi pare, assai caratteristico per il nuovo paradigma. Allo stesso tempo è anche una metafora caratteristica delle tradizioni mistiche. Consentitemi di citare a questo proposito la fisica Werner Heisenberg che scrive: "Il mondo appare come un tessuto complicato di eventi, nel quale collegamenti di ogni tipo si danno il cambio, si sovrappongono o si presentano congiuntamente, determinando in tal modo la struttu-ra dell'insieme". L'esperienza ed interpretazione del mondo da parte dei mistici è molto simile. Prendiamo, ad esempio, la seguente osservazione di Shri Aurobindo: "L'oggetto materiale sarà qualcosa d'altro rispetto a quello che vediamo ora. Non una cosa isola-ta stillo sfondo o circondata dalla restante natura, ma una parte indivisibile, in modo sottile addirittura un'espressione dell'unità di tutto ciò che vediamo". Mi sia permesso di citare come ulteriore esempio Henry Stapp, un mio collega che lavora a Berkeley e che - come David Bóhm - si occupa molto delle interpreta-zioni fondamentali della teoria quantistica. Stapp scrive: "Una particella elementare non è un'entità

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    indipendente e non ulteriormente divisibile; in ultima analisi è un fascio di relazioni con altri oggetti". Si confronti tale affermazione con quella del saggio buddhista Nagarjuna: "Le cose devono la loro essenza e natura alle loro reciproche relazioni, e niente è di per sé". 4. Ora vorrei passare da questa prima tematica del collegamento e della dipendenza reciproca di tutti i fenomeni, della rete o struttura interattiva, al secondo punto che caratterizza la fisica moderna: la natura dinamica della realtà. Anche questo tema attraversa tutte le teorie fisiche, ma assume particolare peso nella teoria della relativi-tà che è la seconda teoria importante nella fisica. Come sicuramente saprete, la teoria della relatività ha apportato drastiche modifiche al nostro modo di intendere lo spazio e il tempo. Ci ha dimostrato che lo spazio non esiste come entità tridimensionale separata dal tempo. Piuttosto, esiste un continuo quadridimen-sionale "spazio-tempo", nel quale le tre dimensioni dello spazio sono indissolu-bilmente intrecciate con la dimensione unica del tem-po. Pertanto, nella teoria della relatività non possia-mo mai parlare dello spazio senza esprimerci contempo-raneamente anche sul tem-po, e viceversa. Con questa teoria noi viviamo da oltre 75 anni - forse non dovrei dire "noi"; comunque, alcuni di noi - ed i fisici hanno ora completa familiarità con la sua for-mulazione matematica. Ciò nonostante, non abbiamo - o almeno la maggior parte di noi non ha - alcuna esperienza diretta di questo "spazio-tempo" quadridi-mensionale, e perciò abbiamo grosse difficoltà nel trattare tali concetti nel linguaggio d'ogni giorno e nell'esperienza quotidiana. Dominiamo l'aspetto mate-matico e fisico, siamo in grado di applicare la teoria, di predire determinati eventi, e così via; però quando occorre parlare delle cose che succedono realmente, abbiamo grosse difficoltà. Evidentemente, la stessa situazione esiste anche nelle tradizioni mistiche. Sembra che i mistici siano in grado di raggiungere stati eccezionali della coscienza, durante i quali tra-scendono il mondo tridimensionale della realtà quoti-diana per vivere una realtà superiore e, come essi spesso dicono, multidimensionale. Aurobindo parla di una trasformazione sottile che apre al senso della vi-sta un qualcosa come una quarta dimensione.

    E - come nella realtà della teoria della relatività, o, come diciamo noi, nella fisica relativistica - è molto difficile, se non impossibile, esprimere tale realtà dell'esperienza meditativa nel linguaggio di tutti i giorni. Ma quando mistici e fisici parlano di altre dimensioni, forse non intendono la stessa cosa. Può darsi che parlino di fenomeni diversi; tuttavia, è sorprendente che le loro esperienze abbiano condotto i mistici ad una visione dello spazio e del tempo che assomiglia molto a quella dei fisici. L'intero mondo mistico orientale sembra avere una comprensione intuitiva di ciò che si potrebbe chiamare il carattere spazio-temporale della relatività. Ancora ed ancora si sottolinea il fatto - altrettanto importante nella fisica relativistica - che spazio e tempo sono collegati tra di loro inscindibilmente. Per fare un esempio, lo studio-so buddhista D.T. Suzuki scrive: "È un puro fatto d'esperienza che non vi è alcuno spazio senza tempo, e alcun tempo senza spazio". Questa frase sarebbe adatta per fare da epigrafe ad un qualsiasi libro sulla teoria della relatività speciale e rappresenta precisa-

    mente il risultato della teoria di Einstein. 5. Credo che sarete d'accordo con me che i concetti di spazio e di tempo sono centrali per noi nel descrivere la natura. Quan-to detto non vale soltanto per la scienza, ma anche per la filoso-

    fia, l'arte e l'esperienza quotidiana. Ogni volta che ci orientiamo nel nostro mondo, ci serviamo dei concetti di spazio e tempo. Quando questi concetti fondamen-tali vengono profondamente modificati, si può preve-dere che anche molte altre cose cambino. Precisamen-te questo è successo nella fisica: abbiamo una nuova inquadratura di riferimento del pensiero, il cosiddetto sistema relativistico, che porta a molte e significative conseguenze. La più importante di esse è forse la conoscenza del fatto che la massa non è che una forma di energia, che nella massa di ogni oggetto è immagazzinata energia. Questi sviluppi, l'unificazione di spazio e tempo e la scoperta dell'equivalenza di massa ed energia, hanno avuto un'influenza profonda sulla nostra concezione della materia. Nella fisica moderna, la materia non viene più rapportata a qual-che sostanza materiale. Anche se le particelle elemen-tari hanno una certa massa, questa massa è - come già dicevo - una forma d'energia. L'energia, a sua volta, è sempre accompagnata da processi, da attività. Come

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    “Una particella elementare non è un'entità indipendente e non ulteriormente divisibile; in ultima analisi è un fascio di relazioni con altri oggetti".

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    nella vita di tutti i giorni possiamo sviluppare una grande attività quando siamo carichi di energia e abbiamo un potenziale per essere attivi, così anche nella scienza: l'energia è una misura dell'attività. Le particelle elementari sono fasci d'energia, cioè modelli di attività. Questi modelli energetici del mondo subatomico formano strutture atomiche e molecolari stabili, costitutive della materia, alla quale conferiscono l'apparente durezza e solidità, che ci fanno credere che la materia consista di sostanza materiale. Al livello macroscopico del quotidiano è molto utile avere l'immagine di una sostanza materia-le, ma quando si avanza verso dimensioni sempre più piccole, questa immagine perde l'utilità. Sappiamo tutti che le strutture del nostro ambiente sono compo-ste di atomi, che gli atomi sono composti di particelle elementari e che le particelle elementari non hanno alcuna sostanzialità materiale. Quando le osserviamo, non vediamo mai una sostanza materiale. Adopero naturalmente una metafora quando dico "non vedia-mo mai"; certamente non possiamo vedere nulla, in quanto sono troppo piccole. Tuttavia, attraverso le nostre sperimentazioni abbastanza raffinate, non possiamo mai constatare un qualcosa che assomigli ad una sostanza materiale. Quello che osserviamo

    sono modelli dinamici che continuamente si trasfor-mano l'uno nell'altro, un balletto incessante di energia. Da tutto ciò possiamo capire che l'immagine del mondo della fisica contemporanea è per sua essenza una visione ecologica. Essa sottolinea il fattore fondamentale della reciproca relazione e dell'interdipendenza di tutti i fenomeni, nonché la natura intrinsecamente dinamica della realtà fisica. 6. Per poter allargare questa visione alla descrizione degli organismi viventi e dei fenomeni sociali, dobbiamo andare oltre i limiti della fisica. Attualmen-te esiste già un'impostazione che sembra rendere possibile in maniera ideale il trasferimento di tali pen-sieri ad altri settori. Questa impostazione è nota come la teoria dei sistemi. Secondo la teoria dei sistemi, il mondo viene rappresentato attraverso i concetti di relazioni ed integrazioni. I sistemi sono degli insiemi integrati, le cui caratteristiche non possono essere ri-condotte a quelle delle loro unità più piccole. L'approccio sistemico rivolge la sua attenzione non ai componenti fondamentali, bensì ai principi fondamentali dell'organizzazione. Quali sono dunque questi sistemi? Nella natura si trovano esempi a bizzeffe. Ogni organismo - dal più piccolo batterio attraverso il vasto campo delle piante e degli animali fino all'uomo - è un insieme integrato, è un sistema vivente. Le cellule sono sistemi viventi, lo sono anche i tessuti composti di cellule e gli organi composti di tessuti. Tuttavia, i sistemi - sistemi viventi - non si limitano al singolo organismo o alle sue parti. Ci sono anche sistemi sociali, come la famiglia o una comunità, e ci sono sistemi ecologici, che uniscono fra di loro un'intera rete di organismi e di materia inanimata in reciproca interazione. Tutti questi sistemi naturali sono degli insiemi, le cui parti-colari strutture derivano dall'interazione e dalla reciproca dipendenza delle loro parti. Le caratteristi-che sistemiche vengono distrutte quando il sistema viene scomposto - fisicamente o teoricamente - in parti isolate. Anche se possiamo distinguere all'inter-no di ogni sistema le singole parti, la natura dell'insie-me rimane tuttavia qualcosa di diverso rispetto alla somma dei suoi componenti. Un'altra caratteristica importante dei sistemi è la loro natura essenzialmente dinamica. Le loro forme non sono strutture rigide, bensì espressione viva dei pro-cessi di fondo. Pertanto, pensare in sistemi significa sempre pensare in processi. La forma o la struttura viene portata in relazione ai processi, il legame in relazione all'interazione e gli opposti si uniscono

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    nell'oscillazione. Come la visione della fisica contemporanea, così anche la visione della teoria dei sistemi è ecologica e sottolinea le relazioni reciproche e l'interdipendenza di tutti i fenomeni, nonché la natura dinamica dei sistemi viventi. Come la fisica moderna, anch'essa presenta tanti parallelismi con il modo di vedere delle tradizioni spirituali. 7. Non mi resta abbastanza tempo per spiegare meglio questi parallelismi. Mi sia soltanto concesso di menzionare alcuni concetti della "scienza dei siste-mi", che trovano una loro corrispondenza nelle tradi-zioni spirituali: il rapporto fra vita e morte, il concetto del libero arbitrio, il concetto del karma, il rapporto fra mente, materia e coscienza. Oggi riconosciamo che l'analogia fra i punti di vista della scienza e dei mistici non si esaurisce nel campo della fisica, ma può essere estesa ad altre scienze, grazie alla teoria dei sistemi. Direi che una tale convergenza fra scien-za e spiritualità non è affatto casuale. La nuova inter-pretazione della realtà è una interpretazione ecologi-ca, con un significato che va ben oltre le esigenze im-mediate della tutela dell'ambiente. Io adopero il con-cetto `ecologia' in un senso molto vasto. Anche se è vero che la coscienza ecologica viene confermata dal-la scienza moderna, essa tuttavia si fonda su una per-cezione della realtà che va oltre il campo della scien-za. È la comprensione intuitiva dell'unità di tutta la

    vita, dell'interdipendenza delle sue innumerevoli ma-nifestazioni, dei circuiti di cambiamento e trasforma-zione. Se il concetto della mente umana viene inteso come quello della coscienza attraverso cui il singolo si sente unito al cosmo intero, allora diventa evidente che la coscienza ecologica per sua natura intrinseca è una coscienza spirituale, in quanto questo fondamen-tale legame del singolo con il cosmo intero si rivela un fattore centrale sia per la coscienza ecologica, sia per quella spirituale. In effetti, l'immagine del legame con il tutto si espri-me già nella parola "religione", che deriva dal latino religare, ovvero "collegare strettamente". Lo stesso pensiero è contenuto anche nella parola orientale yoga che significa "unificazione". Pertanto, non è sor-prendente che la nuova visione della realtà sia compa-tibile con molte concezioni delle tradizioni mistiche. Si può ora confermare con un buon grado di sicurezza ciò che molti uomini e donne del nostro secolo, all'ovest e all'est, hanno espresso in termini più specu-lativi, e cioè: l'interpretazione mistica del mondo, chiamata anche philosophia perennis, rappresenta lo sfondo filosofico più convincente per i concetti e le teorie della scienza contemporanea. Le implicazioni di tutto questo sono notevoli. Può darsi che l'armonia fra saggezza orientale e scienza occidentale possa indicare la via verso l'armonia della famiglia umana intera; oppure, come si è espresso in maniera eccellente il Dalai Lama: verso il suo nirvana.

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    Tora Kan Dojo Anno 13° n. 40

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    Capo Istruttore IOGKF del Sud Africa Membro del Comitato Esecutivo IOGKF

    l’allievo più anziano del Maestro

    Morio Higaonna

    Sensei Bakkies sarà coadiuvato dal Capo Istruttore e

    Responsabile Nazionale d’Italia IOGKF

    Sensei P.Taigo Spongia

    Sensei P. Taigo Spongia

    presso Impianto Sportivo Comunale Battistini

    Roma Via Mattia Battistini angolo Via Giuseppe De Luca (metro A fermata Battistini)

    Per informazioni ed adesioni chiedete al vostro Sensei

    1/2 Marzo 2008 (Stage) e 29 Febbraio (Lezione Cinture Nere)

    Per la seconda volta in Italia

    Sensei Bakkies Laubscher 8°dan

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    “ Ci sono fra di voi, o monaci, alcuni che apprendono l’insegnamento: hanno letto molto e molto ascoltato e sono diventati esperti in quello che si può conoscere con la lettura e con l'ascolto. Ma non sempre hanno verificato il senso dell'insegnamento con l'esperienza personale e quindi sfugge a loro il fatto che non si può avere una conoscenza chiara e non si ricava alcuna saggezza da concetti il cui significato non sia stato oggetto di esperienza personale. Ci sono praticanti che accolgono gli insegnamenti non come indicazioni per avanzare lungo il cammino spirituale, ma come materia per uno scambio di opinioni. Costoro non colgono lo scopo per cui si apprende l'insegnamento e, non essendosi correttamente confrontati con esso, rimangono prigionieri dell'illusione e della sofferenza. Questi praticanti hanno afferrato male l'insegnamento. È come se un cacciatore di serpenti velenosi, trovandone uno, lo afferrasse per il corpo o per la coda: il serpente gli si rivolterebbe contro e gli morderebbe la mano, il braccio o altro, procurandogli forti dolori o addirittura la morte. E perché tutto questo? Perché, o monaci, quel cacciatore aveva afferrato male il serpente. Così pure può accadere che insegnamenti male afferrati siano causa di danno e di sofferenza. Questo capita a quei praticanti i quali ritengono che l'insegnamento sia rivolto soltanto all'intelletto o sia utilizzabile solo come oggetto di discussione. Ci sono invece praticanti abili che afferrano bene gli insegnamenti, ne ricavano con saggezza il senso e dopo essersene intellettualmente impadroniti, ne sperimentano il significato con la pratica e il sapere intuitivo e diretto. Costoro non apprendono gli insegnamenti solo per dedurne delle opinioni o per utilizzarli nelle discussioni, ma ne colgono con chiarezza il senso profondo e ne ricavano grande vantaggio per la propria liberazione, avendoli bene afferrati. E’ come quando un cacciatore di serpenti velenosi, trovandone uno, ne blocca prima la testa contro il suolo con un bastone forcuto e poi lo solleva afferrandolo saldamente per il collo. In questo caso il serpente non può morderlo e fargli male, anche se gli si attorcigliasse attorno alla mano, al braccio o altrove. Questo succede perché il cacciatore ha saputo afferrare bene il serpente. Così pure, o monaci, se saprete afferrare correttamente il senso del mio insegnamento, ne avrete grandi benefici. Ma se non riuscite a coglierne bene il significato, parlatene con me oppure con qualche praticante anziano ed esperto".

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    Dal Discorso 22 del Majjhima Nikaya del Canone Pali Giuseppe De Lorenzo, Edizione La Terza, 1925

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    di John Cunningham

    Jigoro Kano, sin dal 1889, si riferisce al judo definendolo “un metodo educativo di crescita fisica, mentale e morale”, nel quale la pratica fisica diventa “modello del modo di gestire la propria vita privata e quella sociale”. Frasi del genere sono ricorrenti nei dojo di judo, insieme ai principi fondamentali emanati da Jigoro Kano: Sei Ryoku Zen Yo e Jita Kyoei, spesso tradotti con “Massima Efficienza” e “Benessere e vantaggio reciproco”. E’ triste però rilevare che quando un nuovo allievo entusiasta chiede cosa abbiano a che fare questi nobili ideali con il proiettare o strangolare il prossimo, persino i migliori insegnanti si facciano piccoli e cerchino di celare il proprio panico. Che connessione c’è? Quale significato? La mia intenzione è di fare un tentativo di trattare brevemente questo argomento insolito o addirittura sconosciuto a molti di noi. Un punto di partenza Il programma educativo del Kodokan di Jigoro Kano gravita attorno al cosiddetto “Principio delle Tre Culture”, identificabili come cultura intellettuale, morale e fisica. Ciò significa che il Sig. Kano promuoveva uno sviluppo equilibrato dell’individuo tramite questi tre percorsi interconnessi. Egli argomentava questo sostenendo che “Al giorno d’oggi l’educazione è eccessivamente incline alla formazione intellettuale, e se non si fa qualcosa per correggere ciò, ne risentiranno negativamente e saranno carenti la formazione fisica e quella morale”. Kano proseguiva asserendo che se una persona non è “efficace nel perseguire gli obiettivi della vita”, ogni tipo di formazione è inutile essendo inutile la vita stessa. E l’obiettivo della vita, secondo Kano, è fare qualcosa di utile alla società. Egli arriva a dire che “se un individuo non si rende utile alla società, la sua esistenza è vana”. In questo modo egli stabilisce l’obiettivo finale del judo “realizzare se stessi per essere utili al mondo”. Ancora Kano asserisce che

    ognuno debba organizzare la propria vita in modo da accelerare il raggiungimento di questo obiettivo. Durante la ricerca volta a delineare il modo per ottenere questi risultati, egli sviluppò una gerarchia di gradienti o elementi necessari per la vita (una sorta di piramide) e la sua struttura. La base di questa piramide, il gradino essenziale che si deve raggiungere, è la sopravvivenza. Non si può arrivare a nulla se non si sopravvive, nessun traguar-do può essere conseguito. Senza la vita, intelligenza e morale non hanno significato. È necessario quindi che ognuno sviluppi un corpo forte e sano che possa essere veicolo per la mente e per lo spirito, ed è altre-sì necessario che ognuno impari a proteggerlo. Egli scrive “la conservazione della vita è una delle cose più importanti”. Per Kano “la vita” è “il corpo”, ed il corpo è il punto di partenza, l’elemento principale che sta sopra ogni altra cosa. Questo non vuol dire che Kano fosse contrario all’idea che si possa sacrifi-care la propria vita qualora se ne presenti la necessi-tà. Egli asseriva che in “circostanze normali” la salvaguardia della propria vita, e quindi del proprio corpo, fosse fondamentale; ma che in circostanze straordinarie il proprio sacrificio fosse necessario e giusto se utile a servire il bene comune. Lo stadio successivo della piramide, subito dopo per importanza ed elemento principale per realizzarsi nella propria vita, è l’aspetto morale. Una persona potente senza moralità è come una pistola che non può puntare il bersaglio; i risultati della sua opera sarebbero disastrosi. Infine lo stadio più alto della piramide, quello della mente e dello spirito (intelletto), è qui che si rende possibile la realizzazione di un comportamento virtuoso. A grandi linee possiamo quindi dire che formarsi un corpo robusto ed acquisire i mezzi per la difesa per-sonale sia il primo gradino verso il conseguimento degli obbiettivi elevati del judo. Ma è tutto qui?

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    Articolo tratto dal sito judo-educazione.it che ringraziamo Le riflessioni ed i principi espressi nell’articolo che segue sono perfettamente attinenti alla nostra pratica del Karate-Do e ricordiamo quanto importante sia stato lo scambio tra Jigoro Kan Sensei e Chojun Miyagi Sensei nello sviluppo del Goju-Ryu.

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    Sei Ryoku Zen Yo Il principio fondamentale del judo non è ju (adattabilità) o wa (armonia), oppure go (forza), e non è neanche limitato al confronto fisico. Kano indicò come principi fondamentali del judo: Sei Ryoku Zen Yo e Jita Kyoei. Forse questi principi ci guideranno nella nostra ricerca per riuscire a comprendere le relazioni fra mente e corpo, fisico e morale. Incominciamo con Sei Ryoku Zen Yo. “Sei” si riferi-sce alla parte essenziale, mistica, o eterea di qualco-sa; in cinese si pronuncia jing, ed è recepito come una quantità di energia vitale che viene trasferita in ogni persona dai genitori nel momento del concepi-mento. Questa energia ci viene donata in una deter-minata quantità e non può essere rimpiazzata o reintegrata una volta persa o consumata. Quando questa viene consumata o se comunque finisce, l’individuo muore. Questo è un concetto basilare, persino più del ki. “Ryoku” significa “potere o for-za”. Kano utilizza quindi questi termini per esprimere il concetto dell’energia o della potenzialità essenziale propria dell’individuo, la basilare forza vitale o energia vitale che ognuno di noi possiede. Da ciò deriva che “sei ryoku” sia tradotto a volte come “vitalità o energia”. Poiché in Occidente non siamo abituati a pensare al corpo come ad un qualcosa per-meato di energia, percepiamo e traduciamo questi concetti come “sforzo” o qualcosa del genere. “Zen” in questo contesto significa “buono, giusto, virtuoso, migliore”. “Yo” sta per “uso”. Quindi “Sei Ryoku Zen Yo” è un richiamo ad “utilizzare le pro-prie risorse/energie nel modo più giu-sto (corretto, virtuoso) ed efficiente (migliore, intelligente)”. Ci ricorda di non sprecare le nostre vite, ma an-che di indirizzare bene e nel modo più efficiente i nostri sforzi. Il judo fisico (la pratica) rende com-pletamente tangibili al praticante que-sti aspetti, e solo la comprensione tan-gibile e profonda è quella utile. Posso provare a spiegare il colore blu ad un cieco, utilizzando il miglior linguag-gio e tutte le metafore possibili, ma niente di questo si avvicinerebbe a come io sto vedendo il blu. Allo stes-so modo, niente può rendere l’idea dello sforzo sprecato in un’azione mal diretta e confusa, e della meraviglia di

    un’azione ben diretta ed efficiente, se non provando-lo di persona contrapponendosi ad un compagno in un combattimento simulato per la vita o la morte (shiai). Tutto diventa perfettamente chiaro. Quando vediamo un judoka piccolo proiettare con energia sulla materassina un avversario più grande, robusto e per nulla consenziente, ci appare chiaro in un modo molto particolare che cosa sia l’uso abile ed efficiente delle nostre capacità. Jita Kyoei Questo principio, spesso combinato con “Jiko no kansei”, estende il principio precedente, e rende chia-ra la sua più ampia applicazione. “Jiko no kansei” significa “perfeziona te stesso”. ”Ji-ta kyo” significa letteralmente “se stessi e gli altri in cooperazione”, ispirando in questo modo la consueta traduzione come “mutuo (reciproco)”. “Ei” si riferisce a “successo, gloria, prosperità”- quindi, in questo caso, “mutuo vantaggio e benessere” o “mutuo progres-so”, fornendo l’idea che quando uno progredisce en-trambi ne beneficiano. Jita Kyoei è un fondamento promulgato da Kano per il perseguimento del progresso personale di ognuno. Uscendo dall’epoca feudale, la società giapponese era molto incentrata sul collettivo e non sull’individuo. Infatti, attività ed iniziative individua-li, e interessi privati erano visti con disprezzo. C’è un detto giapponese che dice: “il chiodo che sporge richiama il martello”. Kano sostiene, comun-que, che la società è costituita da individui. Poiché ognuno di noi è membro della società, l’unico modo per far progredire la società stessa è quello di farne

    progredire gli individui. Questo concetto era rivoluzionario per i giapponesi e per il loro modo di pensare, e senza dubbio era relazionabile in una certa misura con gli studi di Kano sui pen-satori liberali occidentali come John Stuart Mill. Nel Tao the Ching, Lao Tse scrive: “Attraverso la moderazione si può immagazzinare la riserva di capacità ne-cessaria per la generosità”. Parimenti, Kano rileva che per essere in grado fornire un apporto significativo alla società, bisogna migliorare se stessi. Per poter contribuire bisogna avere la capacità di contribuire. Il progresso personale non è egoistico se chi lo persegue non perde di vista l’obiettivo che questo sia utile alla società. Un individuo forte ed in piena efficienza può contribuire molto a migliorare il mondo. Una persona debole,

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    indecisa, inefficiente non può contribuire in alcun modo alla società, e può addirittura esserne un peso. Perciò il progresso individuale è di grande utilità per la società. Jiko no Kansei, Jita kyoei, è quindi un richiamo a migliorare te stesso, ad arrivare ad ottenere il meglio da te, perché facendolo fai progredire la società. Così con ogni uchikomi che esegui, con ogni ora che impieghi in randori ti stai preparando a dare il tuo apporto alla società. Inoltre, i tuoi sforzi sono anche di aiuto agli altri che si stanno esercitando con te nel dojo. A ciò si deve aggiungere che non si può migliorare se stessi non rispettando gli altri o i propri rapporti con la società. Il perseguimento del proprio progresso richiede considerazione nei confronti del prossimo e di essere al servizio della collettività. Quest’idea comprende e unisce i concetti di servizio alla collettività e di autorealizzazione, rappresentan-do “il meglio che puoi essere”. Kano sostiene che “lo scopo della vita è quello di svilupparsi bene spiritualmente e fisicamente, e di ottenere il più alto livello di realizzazione che la cultura attuale sia in grado di offrire.” Perciò l’auto-realizzazione (perfezionamento) è il traguardo, ed esso non può essere raggiunto da soli. Inoltre, il successo dell’individuo che si attiene a quest’ottica è un successo per la società. Oltre che aiutando a costruirsi un corpo robusto, in che modo la pratica fisica del judo fornisce lezioni di vita che inducono ad una miglior comprensione dei propri rapporti con la società e con il prossimo? La risposta ci viene dall’esperienza di allenamento di Kano come studente nel koryu o scuole delle antiche arti marziali. Heiho Le arti marziali giapponesi hanno una storia lunga. Il termine più ampio per definire queste discipline è heiho (anche detto hyoho), solitamente tradotto come “strategia”. Questa traduzione è un po’ fuorviante. Letteralmente heiho è traducibile con qualcosa di simile a “leggi di guerra”. Giocando sul fatto che ci sono due parole (ideogrammi) che si pronunciano allo stesso modo ma hanno significati molto differen-ti, gli anziani ancora oggi recitano l’aforisma “heiho wa heiho desu!”, che può significare: “Heiho è heiho” oppure “le leggi naturali della guerra sono le medesime leggi naturali dell’equilibrio sociale”. Nelle arti marziali, heiho si riferisce alle leggi naturali che governano il confronto, sia quello violento che quello di altro tipo. È stato detto che sia impossibile avere padronanza del vero heiho senza

    aver anche sviluppato uno stato mentale naturale e moralmente corretto. “Ho” o più propriamente hou è una legge, una regola naturale o principio che gover-na l’azione. Dire che qualcosa è governato da leggi naturali comprende di per sé diversi concetti. Implica infatti che queste leggi, le regole che determinano come e perché le cose succedono, sussistano al di fuori della percezione individuale. Tali leggi naturali esistono, e possono essere svelate tramite uno studio attento. Perciò heiho, inteso come leggi della guerra, non è una strategia nel senso degli approcci che si escogitano per affrontare un avversario. È piuttosto la comprensione del modo particolare con cui un esercito o un guerriero affrontano una data situazio-ne. Con tale comprensione si possono analogamente intraprendere le azioni appropriate anche in situazio-ni che ci sono ignote. Si può decidere il modo di agire appropriato per una data situazione solo se si conoscono le leggi naturali coinvolte. Heiho non è tattica, ma un insieme di principi generali che, una volta compresi (scoperti), guidano tutte le tue azioni sul campo di battaglia. Heiho non è un insieme di trucchi, ma piuttosto la cognizione dei principi guida che governano l’azione umana. Il significato di “heiho è heiho”, allora, è che i princi-pi (leggi naturali) che governano l’azione umana sui campi di battaglia governano anche l’azione umana nelle usuali vicende sociali. Ciò avviene perché l’elemento centrale di entrambi i casi è l’individuo umano. Questo fa sì che gli studenti di heiho (e delle arti marziali) siano di conseguenza studenti della natura umana e del comportamento sociale. Ciò for-nisce loro un mezzo per comprendere meglio se stes-si e il mondo che li circonda. Allo stesso modo, nel suo significato più antico, l’arte marziale è qualcosa di più del solo combattimento. Bujutsu e Budo Una delle principali fonti di confusione è l’inadeguatezza delle solite traduzioni dal giapponese di termini come bujutsu e budo. La parola bu è tradotta usualmente come “marziale” o “guerra”, e bujutsu come “arte/i marziale”. Il dizionario di giapponese antico, il Setsumonkiji, spiega che l’ideogramma per bu è costituito da due alabarde incrociate (lunghi coltelli fissati alle estremità di lunghi bastoni o aste), con il simbolo di “fermare” posto fra di loro. Bu significa far cessare la violenza e ristabilire la pace. Jutsu sono le arti. Il termine Jutsu è scritto con un ideogramma abbastanza complesso. La parte esterna, che comprende la parola gyo, mi fu dapprima descrit-

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    ta come un disegno rappresentante l’orma di un piccolo animale. Ho poi sentito altri descrivere i segni come il disegno stilizzato di un incrocio di strade che, sinceramente, io non riesco a vedere. In realtà il significato della parte esterna dell’ideogramma deriva da questo: “dirigersi” oppure “andare o fare” o ancora “applicare uno sforzo per fare qualche cosa”. È lo stesso termine gyo che tro-viamo in shugyo (sforzo austero). Alcuni interpreta-no la parte centrale dell’ideogramma in modo foneti-co, ad intendere “estrema dedizione”. Sone-sensei la definisce come un “bastone di fuoco”. Egli ha raccontato che fra le attrazioni degli spettacoli popolari dei tempi antichi, c’erano esibizioni di magia nelle quali gli illusionisti usavano polvere da sparo su un bastone per far apparire qualcosa insieme ad un lampo di luce, o adoperavano bastoncini molto simili alle “stelline scintillanti” che usiamo nei giorni di festa. Quindi, la più semplice traduzione considerabile per jutsu è “arte o mestiere” ma anche “trucco, magia o stregoneria”. Questo riguarda l’idea per cui ogni magia appare come un evento soprannaturale; essa è invece il risultato di una estrema dedizione, di pratica e di studio, che elevano una abilità (mestiere) al punto da far sembrare che questa debba essere soprannaturale. Questo è il significato di jutsu. Non è solo essere bravi in qualche cosa, ma è di esserlo tan-to da sembrare magici. Il senso della parola è che attraverso la pratica severa e continuativa si raggiunge una capacità tale che sicuramente la bravura viene scambiata per magia. C’è un termine più vecchio, bugei, nel quale gei significa capacità o metodi di base. L’ideogramma per gei è un disegno raffigurante qualcuno che tiene in mano una pianta, sia perché l’abbia appena pianta-ta o perché si stia prendendo cura di lei. Gei significa coltivare ponderatamente qualcosa, oppure è il risul-tato di questa coltivazione. In altre parole, è l’abilità che deriva dall’accurata coltivazione di un individuo e dei suoi talenti. Il mio sensei mi diceva sempre di sviluppare kakushi gei, le abilità o i talenti nascosti, e che è importante non mostrare palesemente e inopportunamente ciò che sai fare. Kakushi gei conferisce facoltà all’individuo, e aiuta a dotarlo di un particolare senso di autoconsiderazione. Per esempio, un tipico gei di un falegname sarebbe la capacità di segare un pezzo di legno ottenendo un bel taglio dritto. Jutsu è una elevazione di gei. “Do” è un po’ più complicato; si riferisce infatti a

    principi o filosofie, così che quando Kano scelse di chiamare la sua disciplina Judo come antitesi a Jujutsu, egli fu anche insistente nell’indicare che questa insegnerebbe principi, invece di espedienti o abilità individuali. Uno dei talenti apparenti di Kano fu la sua capacità di gestire una grande quantità di faccende in pochissimo tempo. Egli era in grado di fare ciò perché si focalizzava sull’individuazione dei principi fondamentali delle discipline che studiava, al fine di cogliere significati che fossero al di là del vasto assortimento di abilità e “stratagemmi” insegnati da queste scuole che trattavano tecniche per attacchi e difese. Do fa riferimento anche a filosofie di vita più genera-li, per questo la sua traduzione più comune è “via di vita”. In questo modo Kano ha voluto mettere in evidenza i principi di vita racimolati con gli studi delle arti marziali. Questo è proprio un riconosci-mento del vecchio “Heiho è heiho!”. Inoltre, in giapponese, la “lettura on” (lettura foneti-ca) di questo ideogramma kanji è “michi”. “Do” è la “lettura kun” (lettura semantica) dello stesso ideogramma kanji. Si potrebbe ipotizzare che questa scelta di lettura non sia accidentale. C’è un altro aspetto da considerare riguardo al fatto che Kano, nel chiamare la sua disciplina judo, ha utilizzato il termine do in luogo del termine jutsu. Secondo il modo di pensare giapponese, tutte le cose risiedono nel loro ambiente. Affinché una cosa sia in armonia (wa) con questo suo ambiente essa deve seguire il suo michi. Ogni cosa ha un michi da seguire. Il michi del cane è abbaiare e ficcare il naso in giro; il michi dell’albero è offrire la sua ombra in estate e coprire il terreno con le sue foglie in autunno, e il michi dell’acqua è di essere acqua. Tut-te le cose in natura seguono il loro michi, a parte una sola eccezione: il genere umano, che può scegliere di non seguirlo. Uomini e donne infatti hanno honshin “cuore”, “sensibilità”, “un corretto pensiero interno o coscienza”. Se essi seguono il loro honshin allora seguono anche il loro michi. Se una persona confonde il mondo che vede con il mondo della realtà, allora essa confonde l’ombra con la materia. Questa persona diviene sper-sa e disorientata, e si allontana sempre di più dalla sua vera natura. Si separa dalla verità che è in lei, perde fiducia in se stessa, diviene sconsiderata e immorale, razionalizza le proprie azioni e diventa inappagata e infelice. Il modo per tornare a michi è di seguire l’honshin. Sfortunatamente, la percezione che si ha dell’honshin

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    può corrompersi durante questo processo, e può quindi indurre in errore. Le arti del campo di batta-glia e le sue realtà di vita e di morte, forniscono uno specchio chiaro dell’anima, e offrono un modo per ripristinare la visione dell’honshin e ritornare al mi-chi. Tu non puoi vedere te stesso tanto chiaramente come quando ti trovi faccia a faccia con la tua morte, sia in termini reali (campo di battaglia) che in termini simbolici (randori e shiai). Con la caduta del governo feudale Tokugawa nel 1868 e l’inizio della restaurazione Meji, Kano vide i temi dei campi di battaglia come qualcosa con cui imparare e contemporaneamente con cui preservare il vecchio ryuha, che stava andando perso. Egli, in effetti, si impegnò a sostenere che il più grande valore delle arti marziali è nel comprendere che i principi del campo di battaglia sono anche i principi di vita, che heiho è heiho, e che l’addestramento per il campo di battaglia fornisce un metodo per ripristinare il michi di un’individuo, che in questo modo consegue pace e auto-realizzazione. Secondo Kano, questa linea logica di conservazione e popolarizzazione delle arti marziali, in contrapposi-zione a quella che le concepisce solo in funzione del puro combattimento, dovrebbe essere presentata prioritariamente. Ciò non voleva significare che alcu-ne parti di quelle discipline avrebbero dovuto essere scartate, ma piuttosto che sebbene la necessità dei campi di battaglia non ci riguardi ormai più, noi dovremmo tuttora praticare le discipline di combatti-mento per i benefici generali che esse apportano. Inoltre, per produrre esiti positivi ognuno dei due aspetti di queste discipline necessita dell’altro. “Heiho wa heiho desu” ci ricorda che la pratica delle arti marziali è una interazione sociale, e che il dojo è un microcosmo, ed è un modello del mondo. Quello che impariamo reciprocamente nel dojo è direttamen-te applicabile ovunque e con tutta la gente. Nel dojo possiamo persino vedere le cose più chiaramente, per via della chiarezza che offrono le situazioni di combattimento. In questo modo, la pratica del Judo permette di imparare molto circa la vita, il conflitto, la relazione con il prossimo e sulla società in genera-le, poiché ci aiuta a capire le persone e noi stessi. La pratica nel dojo ci permette di fronteggiare avver-sità in un ambiente controllato e sicuro, e di svilup-pare forza d’animo, pazienza e determinazione in risposta ad esse. Data la costante immagine di atti-nenza con i campi di battaglia che viene proiettata sul vecchio ryuha, si sono lentamente insinuati siste-

    mi di insegnamento pericolosi ed estremi. Visti l’attenzione e l’interesse suscitati da queste discipli-ne, Kano raccomandò che i vecchi sistemi di insegnamento venissero perfezionati, e che fossero adottati ove possibile dei metodi più moderni e sicu-ri, per ridurre i rischi e gli effetti negativi dell’allenamento. Questo nuovo approccio rielaborato agli antichi me-todi di combattimento è diventato noto con il nome di budo. Sin dai tempi di Kano il budo è comunque andato lentamente ad assumere una accezione leggermente differente. Sono emerse forme di budo che hanno tentato di far proprio l’allenamento rigido delle vec-chie discipline, ma che ne hanno rimosso molti com-ponenti e applicazioni volti al combattimento, rite-nendo quest’ultimo non necessario a queste nuove forme di do. In questi nuovi tipi di discipline i meto-di atti ad uccidere l’avversario sono considerati non necessari per la formazione del carattere umano. La moralità ti rende più forte? Il Judo, come alcune altre forme di budo fornisce un veicolo per lo sviluppo dell’individuo, e quindi della società. Tuttavia sorge spontanea la seguente doman-da: esiste un aspetto più pratico ed immediato di que-sto allenamento morale? Sinteticamente: c’è. L’antico giapponese, attingendo in modo rilevante dal Taoismo cinese e dal nativo Shinto, aggiungendo nozioni di ki e di fisiologia umana, sviluppò una teo-ria su come l’energia sia prodotta dal corpo umano. Questa teoria può essere riassunta come segue: Honshin-I -Shin -Ki -Ryoku/Kei La moralità entra in campo come risultato naturale derivante dall’essere tornato al tuo michi guidato dal tuo honshin. Seguendo il proprio michi si è in armonia con tutte le cose, e le nostre azioni sono inevitabilmente corrette. Non è necessaria alcuna imposizione esterna di principi morali, e neanche nessuna elencazione di principi specifici. Basandosi sui principi fondamen-tali non si può che fare la cosa giusta. Makoto o sem-plicemente ma, è considerato la “vera” virtù; è l’essere sincero con te stesso, l’essere sincero col tuo honshin, e conseguentemente l’esserlo anche col tuo michi. Quando si segue il proprio michi, si è ben inseriti in se stessi e nell’universo. Di conseguenza diventa possibile avere un proposito semplice e chiaro, basato sull’armonia amorevole. Questo proposito è chiamato i o yi. Esso è puro intento, senza azione; è una visione cristallina, al di là di parole o immagini; è simile alla concezione che

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    c’è nel cuore del pittore nell’istante prima che il pennello tocchi la tela; è lo spirito guida che conduce lo scalpello dello scultore. Nel mo-mento di i, l’individuo e l’universo (attraverso il già sperimentato mi-chi) sono uniti verso un unico sco-po, talmente importante da non poter venire espresso. Questo i a volte viene chiamato i-wi, che si-gnifica “intenzione di vita”. Senza honshin l’individuo non può trovare il suo michi. Senza michi l’individuo non può trovare unità, non può vedere se stesso come par-te propria di un universo più gran-de, e l’intenzione (i) non può esse-re pura e cristallina. Una volta che tutto questo è a po-sto, la volontà o la parte sublime dell’individuo entra in gioco. Que-sta è chiamata shin. E’ quel miste-rioso, divino bagliore di fulmine che ci unisce alle cose più elevate. Allora la volontà muove il ki (equivalente al chi cinese) che a sua volta fluisce attraverso i vari canali del corpo per attivare i mu-scoli e produrre un m ovimento concentratissimo e libero da con-trasti (interni). Di conseguenza kei è la più alta forma di azione fisica, ed è essenzialmente la stessa cosa del chin o jin cinese. Se un guerriero non segue honshin e non vive in armonia con il proprio michi al fine di trovare il più alto percorso morale, come conseguenza l’energia di cui dispone è insufficiente. A causa di questa grave lacuna tale guerriero diventa debole. Quindi la moralità è una chiave per accedere alla forza e al successo sul campo di battaglia. Allo stesso modo, l’energia fisica e il successo di una persona rendono l’idea del suo grado di comprensione di makoto, e quindi della sua moralità. Così, le arti marziali fondate su questi principi forni-scono un metodo diretto per valutare la propria crescita morale, il proprio progresso spirituale, e certamente il proprio livello di auto-realizzazione. Questo è un aspetto dell’idea di Kano quando asseri-sce che il judo è una cultura morale. Tramite questo strumento critico l’auto-perfezionamento è certamen-te molto di più che una semplice possibilità. Quindi,

    non è che gli aspetti fisici del judo siano fondamen-talmente separati dai “buoni” ideali relativi al perfe-zionamento dell’animo umano. I due aspetti sono indissolubilmente legati e complementari sotto tutti i punti di vista. Conclusioni C’è una relazione fra la moralità e la pratica fisica nel judo. Questa relazione è molto di più di quello che potrebbe rappresentare un interesse accademico. Essa è decisiva nel raggiungimento degli obiettivi del judo, nel diventare la migliore persona che si possa essere, nel fornire il miglior contributo alla società e nel conseguire il proprio miglior livello di combat-tente. Le lezioni su questi argomenti non dovrebbero essere riservate ai giorni di pioggia o per elucubra-zioni filosofiche tra veterani. Ora più che mai si presenta la necessità di riesaminare il nostro judo e di verificare se siamo conformi ai canoni indicati dal fondatore.

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    Risultati CINTURE GIALLE-ARANCIO RAGAZZI

    1° PELLICCIOTTA GIACOMO RYU KAN 2° GIACOMINI MANUEL TAI JI 3° CORTANI FEDERICO TAI JI

    CINTURE GIALLE-ARANCIO ADULTI 1° FLEGO DAVIDE TORA KAN 2° LILLI MATTEO RYU KAN 3° BUHUS ALBERT KEN KYU KAI

    CINTURE GIALLE-ARANCIO FEMMINILE 1° MERNONE STEFANIA TORA KAN 2° ARCARI MARIANNA TORA KAN 3° FOGLIETTI ELISA BU SHIN KAN

    CINTURE VERDI – BLU FEMMINILE 1° YOUSSEF HODA TORA KAN

    2° RONCALLO ROBERTA TORA KAN 3° OTTAVIANI ERIKA TORA KAN

    CINTURE VERDI – BLU ADULTI FINO A 72 Kg. 1° CORRADINI MATTEO TORA KAN 2° CARLESI MATTEO RYU KAN 3° PAPA DAVIDE RYU KAN

    CINTURE VERDI – BLU ADULTI OLTRE 72 Kg. 1° GIANNINI DANIELE TORA KAN 2° GRECO GIOVANNI TORA KAN 3° CONSORTE SAVERIO TORA KAN

    CINTURE MARRONI - NERE ADULTI FINO A 75 Kg. 1° MARTELLI DIEGO TORA KAN 2° GUTU EDUARD KARATE-DO KENKYU KAI 3° SBRAGA PAOLO TAI JI

    CINTURE MARRONI - NERE ADULTI OLTRE 75 Kg. 1° MURRI EMANUELE TORA KAN 2° ARCARI MARIO TORA KAN 3° FIORI VALERIO RYU KAN

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    Rubrica a cura di Sensei Fabrizio Angelici

    Conoscere ed approfondire ciò che riguarda il miglioramento e l'ottimizzazione della condizione fisica può essere di interesse e di aiuto a tutti coloro che per passione, per ricerca o per lavoro si occupano e/o praticano attività fisica/sportiva. Attraverso le pagine di questa rubrica proveremo a dare un'idea di quelli che sono gli elementi che concorrono al miglioramento e l'ottimizzazione della condizione fisica e della prestazione, considerando accanto ai principi generali le caratteristiche e le esigenze di una pratica particolare e complessa come è quella del Goju Ryu di Okinawa.

    Alimentazione ed Esercizio Fisico 2 a Parte

    La differenza più rilevante tra l'alimentazione di un soggetto sedentario e un “atleta” risiede princi-palmente nelle “quantità” o meglio nel fabbisogno calorico necessario. L'aumento dell'attività fisi-ca richiede un aumento del dispendio energetico e quindi una maggiore richiesta di “combustibile”. Il maggiore introito calorico deve essere però attentamente commisurato all'aumentata richiesta energetica, pena la trasformazione della quota calorica eccedente in grasso decisamente poco utile. Attenzione anche che questo combustibile non sia esclusivamente “povero”, ossia costituito solamente da cibi estremamente calorici ma privi di altri importanti nu-trienti (vitamine, minerali, fibre): 100 gr di pasta e 4 cucchiai di zucchero hanno più o meno le stesse calorie ma non sono decisamente la stessa cosa. Per aumentare la quota calorica è preferibile quindi scegliere cibi quali carboidrati complessi (pasta, riso, cereali) , frutta, frutta secca (molto più calorica) ed in minor parte grassi di alto valore come l'olio di oliva o quelli contenuti nella frutta secca e nei semi. Per quel che riguarda il fabbisogno proteico in caso di esercizio fisico ( necessario principalmente alla ricostruzione dei tessuti muscolare, connettivo) questi può arrivare fino a circa 1,5 g/kg di pe-so corporeo; una normale alimentazione che preveda il consumo giornaliero (variando quanto più possibile la tipologia di alimento) di carni (possib. bianche come pollo, tacchino, coniglio), pesce, uova, ma anche legumi riesce tranquillamente a coprire la aumentata richiesta proteica; un eccesso di proteine non favorisce particolarmente la prestazione e può affaticare notevolmente il lavoro dei reni per il loro smaltimento. L'aumento dell'introito calorico deve essere accompagnato da un relativo aumento dell'assunzione di acqua; la adeguata idratazione è condizione essenziale per tutta una serie di meccanismi fisiolo-gici tra cui la termoregolazione, la gestione della pressione arteriosa e molto altro : in particolare durante periodi di intensa attività fisica l'apporto di liquidi ad integrazione di quelli perduti tramite sudore e traspirazione deve essere assolutamente garantita : la scarsa idratazione compromette seriamente la prestazione se non la salute stessa dell'atleta. La suddivisione dei pasti nella giornata dovrebbe comprendere 3 pasti principali più 2 “spuntini” questa ripartizione in 5 momenti permetterebbe all'organismo di gestire meglio l'energia durante l'arco della giornata, migliorando la tolleranza al glucosio, favorendo l'utilizzazione del grasso cor-poreo e la diminuzione di peso. E' consigliabile evitare di assumere alimenti particolarmente difficili da digerire (carni, grassi) nel-le 2 ore 2ore e ½ prima di un allenamento (o di una competizione); da preferire in caso carboidrati e proteine “leggere” (pesce, carni magre). Anche per l'assunzione di zucchero prima di un impegno fisico è bene fare attenzione: una quantità eccessiva può impegnare lo stomaco e dare, dopo una prima sensazione di maggiore energia, un

    (Continua a pagina 20)

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    brusco calo glicemico (ipoglicemia reattiva). La cosa migliore potrebbe essere assumere mezz'ora prima una bevanda con una concentrazione di zucchero non oltre i 2,5gr per litro (questa concentra-zione non crea nessun problema di svuotamento gastrico). Durante l'allenamento normalmente non c'è bisogno di fornire alcun alimento all'organismo : solo in caso di esercizio prolungato nelle attività di resistenza o in allenamenti particolarmente lunghi, come ad esempio alcuni Gasshuku, è necessario reintegrare la quota di liquidi e può essere utile fornire una quota di carboidrati; il metodo migliore è utilizzare una bevanda ipotonica (per favorire l'assorbimento dei sali minerali), con una concentrazione di zucchero (magari un mix di maltodestrine-rapido utilizzo e fruttosio) al 2,5% (vedi sopra). L'assunzione di alimenti più complessi come frutta (banane) o altro in eventi di tre o quattro ore ha una valenza più psicologica che rischia di impegnare eccessivamente lo stomaco. Successivamente all'allenamento invece è essenziale (in particolare dopo allen. particolarmente intensi) ricostituire le riserve energetiche dell'organismo e reintegrare le sostanze perdute: nei minuti immediatamente successivi l'impegno fisico tra l'altro si crea una situazione fisiologica (“periodo finestra”) in cui l'organismo è maggiormente predisposto ad “assorbire” sostanze nutritive: si può quindi assumere a breve un alimento leggero (possibilmente liquido) ricco di carboidrati al fine di riempire le riserve di glicogeno muscolare consumate nell'esercizio. In seguito si può consumare un pasto più vario e completo, costituito ad esempio da pesce o carne, frutta, acqua ed un dolce leggero. Riassumendo quindi:

    • possibilmente suddividere i pasti della giornata in 3 principali e 2 spuntini • assumere adeguate quantità di carboidrati complessi e di proteine (da alimenti poco grassi • assicurare una adeguata assunzione/integrazione di acqua (circa 1ml/kcal) • evitare di assumere alimenti pesanti fino a 2ore1/2 prima dell'allenamento (o gara) il pasto precedente deve essere costituito da carboidrati e proteine “magre” • prima e durante allenamento (in particolare se prolungato) solo acqua o bevande zuccherate

    al 2,5% subito dopo l'allenamento (intenso) acqua e un alimento leggero (possibilmente li-quido) ricco di carboidrati.

    • il pasto successivo l'allenamento deve essere vario e completo

    (Continua da pagina 19)

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    “Quando siamo intimi con il cibo che mangiamo, c’è intimità con tutte le cose; quando siamo in intimità con tutte le cose, siamo in intimità con il cibo che mangiamo.”

    Vimalakirti Nirdesa sutra

    Questo spazio vuole essere un modo nuovo, divertente e interessante, per parlare di cucina non solo legata alla nostra cultura-tradizione, ma anche a quella di altre tradizioni. Iniziamo così a spolverare vecchi e nuovi libri di cucina, sperando che tutti voi raccogliate l’invito a collaborare a questa rubrica, ritrovando magari quelle vecchie ricette tramandate da nonna a madre, che molti di noi tengono custodite gelosamente in qualche quaderno. Naturalmente ce ne saranno per tutti i gusti… Oggi parliamo di...

    Rubrica a cura di Silvia Kōjun Arriga

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    Curiosità…

    Tofu, nome giapponese del caglio ottenuto dal latte di soia. Questo alimento, chiamato doufu in Cina, paese da cui provie-ne, è prodotto da oltre 2.000 anni e ha un ruolo importante nella cucina asiatica. I giapponesi lo scoprirono intorno all’VIII secolo e lo chiamarono Tofu, poi grazie a loro è ormai conosciuto nel mondo occidentale. Il Tofu è chiamato anche patè, caglio o formaggio di soia. Quest’ultima denominazione genera confusione, sia perché il tofu non è fermentato, né stagionato, né maturato, e non è un latticino, sia perché il formaggio di soia effettivamente esiste ma è un’altra cosa. Generalmente commercializzato in blocchi rettangolari, il tofu ha una consistenza gelatinosa ma soda, che sorprende la prima volta che lo si assaggia e ricorda quella di un budino. Il tofu è insapore, ma può essere aromatizzato a piacere per-ché assorbe il gusto degli alimenti con cui viene preparato.

    Ingredienti

    2 Melanzane Sale

    150 g di fagiolini freschi Olio extra-vergine d’oliva

    2 cucchiai di Tamari 200 g di Tofu fresco

    2 cucchiai di semi di sesamo

    Spuntate e lavate le melanzane, tagliatele a cubetti, co-spargetele di sale e lasciatele riposare 20 minuti, affin-ché possano eliminare l’acqua amarognola che conten-gono. Nel frattempo pulite e lessate i fagiolini in acqua salata. Trascorso il tempo previsto, sciacquate le melan-zane, asciugatele su un panno pulito e fatele saltare in padella con alcuni cucchiai d’olio, finché sono soffici. A quel punto aggiungete il tamari (Salsa di soia prodotta esclusivamente con fagioli o con panello di soia, ossia il residuo della pressatura dei fagioli) e, ultimate la cottura assieme ai fagiolini precedentemente lessati al dente e, al tofu tagliato a cubetti. Spolverate infine con semi di sesamo e portate in tavola.

    Tofu alla Cinese

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    Avviati i lavori di ampliamento di Fudenji: il progetto è diretto alla realizzazione dei Sette Edifici (Schichi-do-garan) della Tradizione. Il complesso a chiostro sarà così articolato: Sodo, Hondo - Tempio o Sala del Dharma, Dai-kui - Cucine, Yokushitsu - i bagni, Tosu - Servizi igienici, un auditorium, alloggi per gli ospiti, San-mon - il portale d'accesso. Il piano di sviluppo prevede edificazioni a breve, medio e lungo termine. A breve, il nuovo Sodo (che nascerà dalla ristrutturazione dell'attuale laboratorio) e i servizi igienici; successivamente gli altri edifici e gli alloggi adibiti a foresteria. Dogen Zenji, nello Shobogenzo Zuimonki (II, 6), dice: "Sto ora cercando di costruire un Sodo (monastero e chiostro Zen) e chiedo contributi. Mentre questo richiede molto sforzo da parte mia, non ritengo che questo stimoli necessariamente la crescita del Buddha-Dharma (…). Dal momento che non c'è posto per studiare desidero provvedere ad un luogo che permetta ai discepoli di praticare lo Zazen. Anche se non dovessi riuscire nel mio progetto non avrò rimpianti perché nel futuro qualcuno - vedendo in piedi anche una sola colonna - sarà portato naturalmente a pensare all'aspirazione che ora mi anima". Mettere un piede nella strada, cioè praticare, equivale oggi a raggiungere la meta e ricominciare con un nuovo entusiasmo proprio perché la vera riuscita è non avere rimpianti, qualunque cosa accada. Nell'esercizio di ogni cosa anche una sola colonna, una pietra, un mattone - nel dono dello spirito, nello spirito del dono disinteressato - sono tutta l'aspirazione (bodaishin), il nostro sforzo, i suoi frutti e la liberazione dal risultato. In dono, una pietra posata è una prima pietra che si posa su tutto il modo o che sostiene ogni mondo. Lo spirito del dono, la prima perfezione tra le Sei Paramita, è l'inizio e la fine, la buona mente, il buon principio a cui tutto si riconduce a da cui tutto costantemente risorge.

    F. Taiten Guareschi

    “ Di cosa discutevate ?”, mi chiede il Maestro. “Di come finanziare i lavori di edificazione del monastero”, rispondo. “Non perdete tempo a discutere. Raccogliete le foglie, pulite le scale, bruciate incenso. Solo così arriveranno le offerte per costruire il Tempio. Il Tempio si costruirà con i sacrifici ed il cuore puro.”

    R. Myoren Giommetti

    Costruiamo insieme Fudenji

    Potete contribuire tramite Bonifico Bancario: c/o B.P. di Vicenza

    intestato a : Istituto Italiano Zen soto Shobozan Fudenji coordinate bancarie: ABI 5728 CAB 65730

    c/c 43334 Cin: N

    o in qualunque modo riterrete opportuno. Ringraziamo fin d’ora per la generosità.

    La Comunità di Fudenji

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    Ogni primo mercoledì di ogni mese Lezione Cinture Nere (Assist. e Resp. Dojo) Tora Kan Honbu Dojo

    27 Gennaio 2008 Seminario d’Inverno IOGKF Italia

    4/8 Febbraio 2008 Kangeiko Tora Kan Honbu Dojo

    1/2 Marzo 2008 Stage condotto da Sensei Bakkies (29 Febbraio lezione Cinture Nere)

    Roma

    Aprile 2008 (data da stabilire)

    Sensei no Gasshuku Stage aggiornamento e perfezionamento insegnanti

    Honbu Dojo

    Maggio 2008 (data da stabilire)

    Seminario di Primavera Bambini

    Maggio 2008 (data da stabilire)

    Seminario di Primavera Adulti

    12/15 Giugno 2008 (data da confermare)

    Ken Zen Ichinyo Gasshuku Fudenji

    20/26 Luglio 2008 World Budo Sai Okinawa, Giappone

    Ricordiamo che la pratica Zen presso il Tora Kan Dojo si tiene regolarmente il:

    Martedi’ ore 05:50/06:50 Venerdì ore 05:50/06:50

    ogni 2° Sabato del mese dalle 19:30 alle 22:00 Un Venerdì del mese dalle 21:30 alle 23:00

    Possono prendere parte alle sedute di pratica tutti gli interessati. Chi si avvicina alla pratica per la prima volta lo deve far presente al Dojo

    per essere opportunamente introdotto. Tel.:06-6155 0149 Altre informazioni e il calendario del Dojo sul sito: www.torakanzendojo.org

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    Tora Kan Dojo Anno 13° n. 40

    Mi sono avvicinata al Samu più per la curiosità di conoscere meglio il Dojo e Sensei che altro. Pensavo: conoscendo meglio il luogo dove si pratica e lavorando a fianco del mio Insegnante, imparerò sicuramente qualcosa di inatteso...e in più credevo fosse l’occasione per restituire qualcosa per il prezioso Insegnamento ricevuto, non sapendo, che ancora una volta sarei stata io a ricevere. Nell'imparare a fare il Samu al Dojo, ho riscoperto le sensazioni che provavo quando ancora bambina mia nonna Concetta mi mostrava come pulire la casa, seguendo sempre la stessa logica ogni volta. Cosa che oggi, chissa perchè...mi fà pensare ad un kata, " prima spolvera , poi spazza ed in ultimo lava il pavimento.." illustrando il tutto con l’azione. I pochi detersivi, candeggina (odiata da i miei zii), il "pronto" con i panni per spolverare ricavati da vecchie lenzuola, vecchi quotidiani ed alcool per i vetri, il buon profumo del sapone da bucato... Le sue mani sapienti usavano ogni cosa con cura ed in ultimo tutto veniva riposto nello "sgabuzzino" bene in ordine, ogni cosa al suo posto, solo una spugna veniva tenuta a parte, quasi nascosta, poggiata ad asciugare sopra un tubo attacato dietro il water. Durante le pulizie un consiglio ricorrente mi veniva dato " stai dritta con la schiena, tieni tu la scopa in mano ma lascia che lei faccia il suo lavoro". Ora rileggo grandi cose tra quelle frasi semplici dette in dialetto calabrese, allora tra me brontolavo "e quando si

    muove la scopa se non la passo io” dimenticando che io senza la scopa non avrei potuto spazzare. Comunque alla fine il risultato era magnifico, l'aria sembrava più pulita....la testa pure. Sarà per questo che sento in me la voglia di condividere, so che è difficile farlo sinceramente e spesso mi vedo troppo affrettata ma tardare troppo è ugualmente sbagliato. Mi appare ora più chiaro come in ogni gesto sincero e gratuito che compiamo c’è sempre qualcosa che ci accompagna oltre quel gesto, che ci rigenera senza consumarci, che restituisce alla vita il suo pieno significato.

    di R. Shinko Roncallo

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    Campagna abbonamen t o 2007/08

    Il giornale ‘Tora Kan Dojo’ è da 13 anni l’apprezzatissimo veicolo di informazione dei Dôjô IOGKF Italia.

    Pubblica articoli riguardanti la Storia, la Filosofia, la Cultura vicina alle Arti Marziali, inoltre articoli sullo Zen, sull’allenamento, le cronache degli eventi….è insomma il giornale delle nostre scuole che non può mancare nella biblioteca di ogni serio praticante della IOGKF Italia.

    Esce in 4 numeri l’anno accademico, un numero ogni stagione.

    Da quest’anno per favorirne una diffusione più capillare e una puntuale consegna promuoviamo una campagna d’abbonamento.

    Gli abbonati all’edizione cartacea riceveranno al Dojo di appartenenza la propria copia all’uscita di ogni nuovo numero.

    Mentre gli abbonati all’edizione in formato digitale riceveranno via e-mail il giornale in formato .pdf

    ABBONAMENTO STAGIONE 07/08 - 4 NUMERI -

    16 Euro edizione cartacea—10 Euro edizione digitale

    costo della singola copia fuori abbonamento: 5 Euro

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    Una settimana di pratica nel mezzo dell’Inverno

    Da

    Lunedì 4 Febbraio 2008 a

    Venerdì 8 Febbraio 2008

    Tutte le mattine

    dalle ore 06:00 alle 07:00

    Tora Kan Honbu Dōjō

    Possono partecipare alle sedute di pratica tutti gli allievi dei Dojo IOGKF Italia a partire dal grado di cintura gialla e dai 12 anni di età.

    La quota di partecipazione all’intero Kangeiko è di 16 Euro. Chi intende partecipare a singoli allenamenti verserà la quota di 6 Euro.

    Per iscriversi all’intero periodo apporre il proprio nominativo sull’apposito modulo apposto all’Honbu dojo Tora Kan entro il 30 Gennaio 2008.

    Per partecipare a singoli allenamenti iscriversi entro il giorno precedente.

    A coloro che completeranno l’intero Kangeiko verrà consegnato un attestato di partecipazione.

    Le iscrizioni saranno a numero chiuso di partecipanti

    Cos’è il Kangeiko

    Il termine Kangeiko si può tradurre con Pratica nel freddo. Si tratta di un periodo di pratica che va dalla settimana al mese che nei Dôjô tradizionali di Arti Marziali in

    Giappone apre il nuovo anno. La pratica si svolge nel Dôjô con le finestre aperte o all’aperto in modo da accogliere il clima invernale che, ricordiamo, in Giappone è

    particolarmente rigido. Iniziare il nuovo anno con il Kangeiko ha lo scopo di attingere all’energia della natura in

    un momento di forte simbolismo iniziatico che vuole rappresentare un auspicio per un

    energico anno di pratica e consolidare lo spirito comunitario all’interno del Dôjô.

    Tora Kan Dojo Anno 13° n. 40

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    Essendo la finalità primaria del nostro notiziario l'informazione culturale relativa alle Discipline praticate nella nostra Scuola. Chi non fosse in possesso dei numeri precedenti di "Tora Kan Dojo", vista anche l'importanza dei temi trattati, può farne richiesta alla segreteria

    Sperando di fare cosa utile riportiamo a seguire i sommari dei numeri precedenti:

    Anno I numero I Luglio 1995 Introduzione.................................................del M° P.Spongia Storia del Goju-Ryu (I parte) Allo Stage del M° Sudo....di E.Frittella,M.Salustri ,D.Manzari Zen e Arti Marziali.....................................del M°P.Spongia Calendario attività Federali e Sociali KENKON significato del simbolo La Tora kan ha adottato una bimba vietnamita

    Anno I numero II Novembre 1995 Introduzione.....................................del M°P.Spongia La Storia del Goju-Ryu (2a parte) Training Autogeno. I Kata del Goju-Ryu: Gekisai Dai Ichi e Ni...del M° P.Spongia Esami Tora Kan Zen e Arti Marziali (2a parte).........del M° P.Spongia Questa Terra è Sacra I precetti dell'Okinawa Goju-Ryu Calendario. L'Arbitro.................................di G. Manzari Medicina Sportiva : L'integrazione Alimentare......del Dott.D.Incarbone

    Anno II numero 3 Febbraio 1996 Introduzione......................del M°P.Spongia Miyamoto Musashi.........del M°P.Spongia Il Libro dei Cinque Anelli......di M.Musashi Medicina Sportiva : I danni del Fumo.....del Dott.Onconi Lo Sport e i Bambini.............del M°P.Spongia Zen - La Tora kan come Dojo Zen Zen - Perchè Zazen........................... di L.D.Lestingi Il Significato della Cintura Nera..............del M°P.Spongia I Kata del Goju-Ryu - Saifa......................del M°P.Spongia L'Arbitro - Ippon o Waza-ari ? ................di G.Manzari Calendario

    Anno II numero 4 Giugno 1996 Introduzione................................................del M° P.Spongia Intervista al Maestro Shunji Sudo...........di G. Manzari Il Mandarino della Presenza Mentale..... del M° T.Nhat Han I kata del Goju-Ryu : Seiyunchin..............del M° P.Spongia Zen -"Camminando distrattamente..."......di C.Devezzi Shoto Niju Kun.......................................del M° G.Funakoshi Il Giardino Zen...............................................di G.Micheli L'Arbitro : Comportamento vietato e penalità...di G. Man-

    Anno III n° 7 Marzo/Maggio 1997 Da Cuore a Cuore : cinque giorni con Higaonna Sensei............... del M°P.Spongia Esami di graduazione Due parole sulla Kick Boxing.......................... .....di Antonio Caffi Una tradizione non ancora riscoperta................del M° Taiten Guare-schi Calendario Provvisorio eventi L'arbitro: Modifiche al regolamento.....................di Manzari Giusep-pe Poesia Zen Risultati Gare Una Strana eredità................................................di Valerio Proietti

    Anno III n° 8 Estate 1997 Ken Ogawa e la grandezza mancata..........................di John Yacalis L’Arte Marziale come Arte Educativa....................di Jigoro Kano Esami di graduazione.............................................. I Regolamenti della Kick Boxing..........................di Antonio Caffi Poesia Zen e non................................................. Accomunati dalla pratica............................ di Massimo Abbrugiati Una Strana eredità................................................di Valerio Proietti

    Anno IV n°10 Inverno 1997 Non Perdete la Memoria.......................................di P. Spongia Hojo Undo l’allenamento supllementare........di John Porta e Jack McCabe Le regole del Full Contact..................................di Antonio Caffi Poesia Zen e non La Tora Kan ai nazionali Csain................di Daniela Manzari Sforzarsi di perfezionare la personalità......di H. Kanazawa Una strana eredità.......................................di Valerio Proietti

    Anno III n° 9 Autunno 1997 Karate-do Gaisetsu...............................................del M° C. Mi-yagi One MoreTime...................................................di A. Bini Okinawa 1998.....................................................del M° Higaon-na Un allenamento straordinario anzi normale.........di G. Manzari Poesia Zen e non................................................. Nei numeri precedenti.......................................... Riconoscimento del Kobudo Kyokai .................... Antichi Metodi.....................................................di J. Marinow Una Strana Eredità................................................di V. Proietti

    Anno IV n°11 Primavera 1998 Shuichi Aragaki.........................................di P. Spongia Aikido ovvero............................................di E. Vitalini Perchè parlare di Yoga oggi........................di Stefania Amici Poesia Zen e non Sulle Arti Marziali...................................del rev. Taiten Guare-schi Una strana eredità.......................................di Valerio Proietti