Alessandro Manzoni

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Alessandro Manzoni Alessandro Manzoni nasce a Milano, il 7 marzo del 1785 dal nobile Pietro Manzoni e da Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria, autore del noto trattato contro la pena di morte "Dei delitti e delle pene". È molto probabile che il padre naturale di Alessandro fosse Giovanni Verri, un amante della madre. In seguito alla separazione dei genitori, il piccolo Alessandro, che aveva sette anni, viene mandato a studiare in collegi religiosi, dove rimarrà fino ai sedici anni. Qui, pur giudicato uno studente svogliato ottiene una buona formazione classica ed il gusto letterario. La madre, dopo la separazione dal marito, dal 1792 convive con il colto e rico Carlo Imbonati, prima in Inghilterra, poi in Francia A quindici anni sviluppa una passione per la poesia e comincia a scrivere alcuni sonetti. Tra il 1803 ed il 1805 il giovane Manzoni frequenta l'ambiente illuministico dell'aristocrazia e dell'alta borghesia milanese. Conosce Vincenzo Monti, suo idolo letterario, e Giuseppe Parini, portavoce degli ideali illuministici. Nel 1805, Alessandro Manzoni va a vivere a Parigi, dove la madre risiedeva in compagnia di Carlo Imbonati, alla cui morte Manzoni compose il carme "In morte di Carlo Imbonati". A Parigi, dove risiede fino al 1810, Manzoni conosce lo storico Claude Fauriel, che diveneta suo amico e gli trasmette l’interesse per la storia. Nel 1808, sposa la ginevrina Enrichetta Blondel, di regione calvinista e nel 1810, dopo la nascita della prima figlia si "converte" alla religione cattolica, frutto di lunghe meditazioni. Prima conseguenza della conversione fu la stesura degli "Inni Sacri", cinque composizioni poetiche che celebrano le solennità più importanti della Chiesa; fra queste la più famosa è "La Pentecoste". Dopo la conversione giustifica la presenza del male nel mondo, così come gistifica anche le ingiustizie, che non tollerava. Tra il 1820 ed il 1822 scrisse due tragedia: "Il conte di Carmagnola" e "Adelchi", nelle quali i protagonisti sono personaggi storici del passato, presentati come eroi che lottano contro i soprusi del potere. Emerge il tema della divina provvidenza, i cui disegni appaiono imperscrutabili.

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Alessandro Manzoni, vita ed opere

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Alessandro Manzoni

Alessandro Manzoni nasce a Milano, il 7 marzo del 1785 dal nobile Pietro Manzoni e da Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria, autore del noto trattato contro la pena di morte "Dei delitti e delle pene". È molto probabile che il padre naturale di Alessandro fosse Giovanni Verri, un amante della madre.

In seguito alla separazione dei genitori, il piccolo Alessandro, che aveva sette anni, viene mandato a studiare in collegi religiosi, dove rimarrà fino ai sedici anni. Qui, pur giudicato uno studente svogliato ottiene una buona formazione classica ed il gusto letterario. La madre, dopo la separazione dal marito, dal 1792 convive con il colto e rico Carlo Imbonati, prima in Inghilterra, poi in Francia

A quindici anni sviluppa una passione per la poesia e comincia a scrivere alcuni sonetti. Tra il 1803 ed il 1805 il giovane Manzoni frequenta l'ambiente illuministico dell'aristocrazia e dell'alta borghesia milanese. Conosce Vincenzo Monti, suo idolo letterario, e Giuseppe Parini, portavoce degli ideali illuministici.

Nel 1805, Alessandro Manzoni va a vivere a Parigi, dove la madre risiedeva in compagnia di Carlo Imbonati, alla cui morte Manzoni compose il carme "In morte di Carlo Imbonati". A Parigi, dove risiede fino al 1810, Manzoni conosce lo storico Claude Fauriel, che diveneta suo amico e gli trasmette l’interesse per la storia.

Nel 1808, sposa la ginevrina Enrichetta Blondel, di regione calvinista e nel 1810, dopo la nascita della prima figlia si "converte" alla religione cattolica, frutto di lunghe meditazioni. Prima conseguenza della conversione fu la stesura degli "Inni Sacri", cinque composizioni poetiche che celebrano le solennità più importanti della Chiesa; fra queste la più famosa è "La Pentecoste". Dopo la conversione giustifica la presenza del male nel mondo, così come gistifica anche le ingiustizie, che non tollerava.

Tra il 1820 ed il 1822 scrisse due tragedia: "Il conte di Carmagnola" e "Adelchi", nelle quali i protagonisti sono personaggi storici del passato, presentati come eroi che lottano contro i soprusi del potere. Emerge il tema della divina provvidenza, i cui disegni appaiono imperscrutabili.

Manzoni opera grandi innovazioni nelle tragedie e altrettante ne farà nel romanzo storico. Egli rifiuta le regole dell'unità di tempo e di luogo, mentre accetta quella dell'unità d'azione. La tragedia nacque nel mondo greco-romano e aveva delle regole precise basate sull’unità di tempo, di luogo e di azione, cioè il dramma doveva svolgersi nel giro di 24 ore e in solo luogo. Il romanticismo dal punto di vista letterario si oppone a queste regole della cultura classica. Manzoni si oppone a tutto ciò perché ritiene che le regole limitino il genio creativo del poeta.

Manzoni nelle e tragedia introducendo una importante novità: il coro. Esso esisteva già nell'età greco-romana, ma aveva una funzione diversa, era come una voce fuori campo. Manzoni lo definisce "il cantuccio", dove esprime i propri pensieri e i propri sentimenti; in questo cantuccio egli può esprimere i propri giudizi; in questo modo non altera la storia, non altera il "vero storico", che per Manzoni è sempre prioritario. Altre opere importanti del Manzoni sono: le Odi "Marzo 1821" e "5 Maggio" ed il romanzo sorico "I Promessi Sposi".

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Nel "5 maggio", celebra la morte di Napoleone in chiave cristiana, perché immagina che egli sul punto di morte si rimette alla provvidenza divina. La grandezza di Napoleone è dovuta alla grandezza di Dio, nel quale il signore ha lasciato una impronta di sé.

In "marzo 1821", incita gli italiani all'indipendenza dagli austriaci. Per il Manzoni l'indipendenza dei popoli dagli stranieri era un disegno divino.

La quiete familiare del Manzoni venne rotta da numerosi lutti, a partire dalla morte dell’adorata moglie, Enrichetta il 25 dicembre 1833. Il dolore di Manzoni fu tale che, quando nel 1834 cercò di scrivere “Il Natale del 1833”, non riuscì a completare l'opera.

Durante la malattia della moglie, Manzoni non aveva mai cessato di sperare nella guarigione, invocando Dio. A tormentare l’animo del poeta non fu solo la morte della moglie, ma anche lo strazio di vedere respinta da Dio la sua supplica. Quella morte proprio nel giorno che santifica la nascita di Gesù, il giorno di Natale 1833 mise a dura prova la sua fede: quando Manzoni attendeva che il Bambino redentore gli portasse in dono il miracolo della guarigione, vedeva invece morire l'amatissima Enrichetta.

Il 20 settembre del 1834 Manzoni assistette alla morte dell'adorata figlia primogenita Giulia, già moglie di Massimo D'Azeglio. Il 2 gennaio 1837 sposò Teresa Borri, vedova del conte Decio Stampa e madre di Stefano. La nuova moglie di Manzoni, al contrario di Enrichetta, aveva una forte personalità e proprio a causa di questo suo carattere forte entrò in conflitto con l'anziana suocera.

Negli anni successivi altri lutti turbarono la vita del poeta: la figlia Cristina muore il 27 maggio 1841; due mesi dopo muore la nonna Giulia Beccaria; nel 1844 muore l'amico Fauriel; nel 1855 l'amico Rosmini; quindi l'anno successivo la figlia Matilde, da tempo ammalata di tisi; nel 1861 muore anche la seconda moglie, Teresa.

Il 29 febbraio del 1860, un anno prima della proclamazione ufficiale dello stato unitario fu nominato senatore del Regno di Sardegna per meriti verso la patria. Nel 1864 come senatore votò a favore dello spostamento della capitale da Torino a Firenze, in avvicinamento a Roma, che ancora non faceva parte del Regno d’Italia.

Negli ultimi anni della sua vita scrisse due saggi: un saggio storicio intitolato “La Rivoluzione francese del 1789 e la Rivoluzione italiana del 1859: saggio comparativo” ed un saggio sulla lingua italiana intitolato “Dell'unità della lingua e dei mezzi di diffonderla”. Nel 1868, come presidente della commissione parlamentare sulla lingua, Manzoni cercò di trovare una soluzione pratica alla diffusione del fiorentino in tutta Italia

Il 6 gennaio del 1873, all'uscita dalla chiesa di San Fedele di Milano, cadde sbattendo la testa su uno scalino, procurandosi un trauma cranico. A partire da quel momento le sue facoltà intellettive cominciarono a scemare. Morì il 22 maggio di quello stesso 1873, un mese dopo la morte del figlio maggiore, Pier Luigi. I solenni funerali furono celebrati il 29 con la partecipazione delle massime autorità dello Stato. Il corpo riposa nel famedio, il recinto degli uomini illustri del cimitero monumentale di Milano.