Affidamenti senza gara settori speciali (febbraio-marzo 2014) 2014... · gas, energia termica ed...
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GLI AFFIDAMENTI SENZA GARA NEI SETTORI SPECIALI !
(Avv. Daniela Anselmi) !
Roma, 19/21 marzo 2014 !!1. Affidamento appalti non strumentali
!L’art. 217 del D.lgs. n. 163/2006 stabilisce che “La presente parte non si applica agli
appalti che gli enti aggiudicatori aggiudicano per scopi diversi dall'esercizio delle loro attività di
cui agli articoli da 208 a 213 o per l'esercizio di tali attività in un paese terzo, in circostanze che
non comportino lo sfruttamento materiale di una rete o di un'area geografica all'interno della
Comunità.
Gli enti aggiudicatori comunicano alla Commissione, su sua richiesta, qualsiasi attività
che considerano esclusa in virtù del comma 1”.
Il primo motivo di esclusione previsto dalla disposizione in commento riguarda dunque gli
appalti aggiudicati dagli enti aggiudicatori dei settori speciali per fini diversi dall’esercizio delle
attività nei settori speciali stessi (appalti c.d. istituzionali).
Siccome rilevato dalla dottrina, la ratio di tale esclusione è da mettere in relazione con il
generale criterio impiegato dal legislatore per delimitare l’ambito oggettivo di applicazione della
disciplina sui settori speciali, criterio che presuppone l’accertamento di un nesso di strumentalità tra
l’attività svolta dall’ente aggiudicatore e le prestazioni oggetto del contratto.
Si tratta quindi di appalti che, secondo un criterio soggettivo, in quanto indetti dai soggetti
aggiudicatori di cui all’art. 207, sarebbero astrattamente assoggettabili alla disciplina dettata per i
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settori speciali e invece ne sono esclusi in ragione dell’oggetto della prestazione, che riguarda scopi
diversi dalle attività dei settori speciali.
Proprio alla luce di tale quadro normativo, la più recente ed autorevole giurisprudenza ha
pertanto affermato che l’assoggettabilità dell’affidamento di un servizio dettata per i settori speciali
non può essere desunta sulla base di un criterio solo soggettivo, relativo cioè al fatto che ad affidare
l’appalto sia un ente operante nei settori speciali, ma anche in applicazione di un parametro di tipo
oggettivo, attento alla riferibilità del servizio all’attività speciale (Cons. Stato, Ad. Plen., 1° agosto
2011, n. 16; cfr. anche sez. VI, 13 maggio 2011, n. 2919).
In applicazione del suddetto principio, il Consiglio di Stato, nell’individuare la normativa
applicabile ad una gara indetta per l’affidamento di un appalto avente ad oggetto il servizio di
pulizia ordinaria e straordinaria delle sedi della società appellante – operante prevalentemente nei
settori speciali di gas, acqua ed elettricità – ha concluso nel senso che “l’assoggettabilità
dell’affidamento del servizio di pulizia alla disciplina dettata per i settori speciali non può essere
desunta sulla base di un criterio solo soggettivo, relativo cioè al fatto che ad affidare l’appalto sia
un ente operante nei settori speciali , ma anche in applicazione di un parametro di tipo oggettivo,
attento alla riferibilità della pulizia all’attività speciale. Detto altrimenti, la pulizia rientra nella
normativa dei settori speciali quando è funzionale a detta attività, il che si verifica qualora si tratti
di proprietà immobiliari ed edifici che costituiscano parte integrante delle reti di produzione,
distribuzione e trasporto indicate negli artt. 208 ss. D.lgs. n. 163/2006. Il che pacificamente non è
nel caso di specie, posto che il servizio di pulizia oggetto delle contestate procedure di affidamento
riguarda gli edifici ove ha sede la società ricorrente, non già certo le reti utilizzate per l’esercizio
dell’attività dalla stessa società svolta” (Cons. Stato, sez. VI, n. 2919/2011 cit.).
Al riguardo, è stato osservato come la linea di confine tra servizi caratterizzati da scopi
“diversi” e servizi direttamente attuativi degli scopi propri dell’esercizio di attività rientranti nei
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settori speciali dipenda dalla interpretazione di un concetto indeterminato ed elastico, quale il nesso
di diretta finalizzazione del servizio da appaltare rispetto agli scopi propri dell’attività speciale,
costituente l’oggetto precipuo dell’attività del gestore.
Valorizzando adeguatamente il profilo finalistico dello “scopo” dell’appalto (convergente
con l’oggetto dell’attività speciale) è possibile attrarre l’appalto di servizi “comuni” alla sfera del
servizio “speciale” o “esclusivo” ogni volta in cui il servizio “comune” presenti un nesso di
strumentalità diretta e immediata con lo svolgimento del servizio “speciale” (cfr. TAR Campania-
Napoli, 30 gennaio 2004, n. 1140, confermata da Consiglio di Stato, sez. VI, 9 ottobre 2009, n.
6201).
!Al fine di meglio comprendere la disciplina e la ratio dell’art. 217 in esame, molto chiara è
la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 16/2011, che riguarda una procedura selettiva per
l’affidamento dei servizi di sicurezza e vigilanza privata a mezzo di particolari guardie giurate
presso i complessi immobiliari della Società ENI Servizi S.p.a., relativamente alla quale era stata
sollevata la questione circa la sussistenza o meno della giurisdizione del giudice amministrativo.
Preliminarmente, l’Ad. Plen. ha quindi rilevato come ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n.
163/2006, applicabile ratione temporis (ora art. 133, co. 1, lett. e), n. 1), c.p.a.), l’ambito della
giurisdizione del giudice amministrativo sulle procedure di affidamento di contratti relativi a lavori,
servizi, e forniture, è individuato sulla scorta di nozioni oggettive e soggettive tratte dal diritto
sostanziale dei pubblici appalti, occorrendo che vi sia una procedura di affidamento di pubblici
lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente,
all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza
pubblica previsti dalla normativa statale o regionale.
La procedura di affidamento ha in sé natura neutra, e si connota solo in virtù della natura
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del soggetto che la pone in essere, essendo indispensabile, sia per la sussistenza della giurisdizione
del giudice amministrativo, sia per l’applicazione del diritto pubblico degli appalti, che il soggetto
procedente sia obbligato al rispetto delle procedure di evidenza pubblica, in base al diritto
comunitario o interno.
Ad avviso dell’Ad Plen., la definizione della questione di giurisdizione implica, pertanto,
la soluzione delle seguenti questioni interpretative in ordine al diritto sostanziale degli appalti
pubblici:
a) la natura giuridica di ENI e ENI servizi s.p.a. e l’ambito di loro sottoposizione al codice
dei contratti pubblici;
b) l’ambito soggettivo ed oggettivo dei settori speciali;
c) se nel caso di specie l’appalto (servizio di vigilanza degli uffici di ENI e delle società
del gruppo) sia o meno riconducibile ai settori speciali di cui alla direttiva 2004/17/CE e alla parte
III del codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 e successive modificazioni;
d) in caso di risposta affermativa alla questione sub c), se, trattandosi di appalto di servizi
compresi nell’allegato II-B, cui si applicano solo gli artt. 68, 65 e 225, D.lgs. n. 163/2006, nonché i
principi del Trattato a tutela della concorrenza (art. 27, D.lgs. n. 163/2006), quale sia l’esatta
estensione del principio di trasparenza e, in particolare, se detto principio imponga o meno la
pubblicità delle sedute di gara;
e) in caso di risposta negativa alla questione sub c), se l’appalto vada considerato privato,
con conseguente difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, o se invece l’appalto ricada
comunque nell’ambito di applicazione dell’art. 27 D.lgs. n. 163/2006 e di conseguenza quale sia
l’estensione dei principi di trasparenza e imparzialità, e, in particolare, se detti principi impongano o
meno la pubblicità delle sedute di gara.
Con riguardo alla natura giuridica di ENI e di ENI Servizi s.p.a., non è contestato che si
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tratti di imprese pubbliche e non anche di organismi di diritto pubblico (secondo le definizioni
datene all’art. 3, co. 26 e 28 del D.lgs. n. 163/2006).
Questa distinzione è di fondamentale importanza in quanto le imprese pubbliche rientrano
tra gli "enti aggiudicatori" tenuti all’osservanza della disciplina degli appalti nei settori speciali (art.
207, D.lgs. n. 163/2006), mentre non sono in quanto tali e in termini generali contemplate tra le
"amministrazioni aggiudicatrici e altri soggetti aggiudicatori" tenuti all’osservanza della disciplina
degli appalti nei settori ordinari (art. 32, D.lgs. n. 163/2006).
Sotto tale profilo sono dirimenti i seguenti dati esegetici:
- l’art. 32, che indica i soggetti aggiudicatori nei settori ordinari, non contempla le imprese
pubbliche in quanto tali;
- l’art. 3, co. 28 e co. 29, che danno la definizione di impresa pubblica e indicano l’ambito
degli enti aggiudicatori, sono norme definitorie che vanno lette comunque in "combinato disposto"
con le specifiche previsioni che assoggettano ad obblighi di evidenza pubblica le imprese
pubbliche, e non possono essere interpretate come disposizioni che di per sé sole assoggettano le
imprese pubbliche a tutta la disciplina del codice;
- sul piano dell’interpretazione "storica", le imprese pubbliche, già sottratte al diritto dei
pubblici appalti, vi sono state attratte limitatamente ai "settori speciali", e non in termini generali.
Quanto all’ambito soggettivo e oggettivo dei settori speciali, nella decisione in commento
si osserva che:
- la direttiva 2004/17/CE, di cui il D.lgs. n. 163/2006 costituisce attuazione, come già la
direttiva sui settori speciali che la ha preceduta (e recepita in Italia con il D.lgs. n. 158/1995), è stata
varata al precipuo fine di garantire la tutela della concorrenza in relazione a procedure di
affidamento di appalti da parte di enti operanti in settori sottratti, per il passato, alla concorrenza e
al diritto comunitario dei pubblici appalti, i c.d. settori esclusi, che, dopo l’intervento comunitario,
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sono divenuti i settori speciali (ex esclusi);
- l’intervento del normatore comunitario, finalizzato ad attrarre alla disciplina di evidenza
pubblica settori in precedenza ritenuti regolati dal diritto privato, ha però ritenuto di mantenere i
connotati di specialità di detti settori, rispetto a quelli ordinari, mediante una disciplina più
flessibile, che lascia maggiore libertà alle stazioni appaltanti, e soprattutto restrittiva quanto
all’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione;
- conseguentemente, il diritto comunitario ha delimitato in modo rigoroso non solo
l’ambito soggettivo dei settori speciali (art. 207, D.lgs. n. 163/2006; artt. 2 e 8, direttiva 2004/17/
CE), ma anche quello oggettivo, descrivendo in dettaglio l’ambito di ciascun settore speciale;
- la stessa giurisprudenza comunitaria afferma che le previsioni della direttiva 2004/17/CE
devono essere applicate restrittivamente, con conseguente inapplicabilità della c.d. teoria del
contagio di cui alla giurisprudenza Mannesman (C. giust. CE 15 gennaio 1998 C44/96), che estende
il regime applicabile all’organismo di diritto pubblico a tutti i suoi appalti (C. giust. CE 10 aprile
2008 C-393/06, Aigner, parr. 26, 27, 30 "dagli artt. 2-7 della direttiva 2004/17 risulta che il
coordinamento da questa effettuato non si estende a tutti i settori dell’attività economica, ma
riguarda settori specificamente definiti, come del resto rileva il fatto che tale direttiva è
comunemente denominata «direttiva settoriale». Per contro, l’ambito di applicazione della direttiva
2004/18 abbraccia quasi tutti i settori della vita economica e giustifica così il fatto che essa venga
comunemente denominata «direttiva generale». Alla luce di quanto considerato, si deve già fin da
ora constatare che la portata generale della direttiva 2004/18 e la portata ristretta della direttiva
2004/17 richiedono che le disposizioni di quest’ultima siano interpretate restrittivamente (…) 30.
Di conseguenza, le disposizioni sopra menzionate non lasciano spazio all’applicazione, nell’ambito
della direttiva 2004/17, dell’approccio denominato «teoria del contagio», sviluppatasi a seguito
della citata sentenza Mannesmann Anlagenbau Austria e a.").
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Si ricorda poi che i settori speciali, che possono in astratto venire in considerazione avuto
riguardo alle parti appellanti, sono quelli di cui agli artt. 208 e 212, d.lgs. n. 163/2006, vale a dire
gas, energia termica ed elettrica, nonché prospezione, ed estrazione di petrolio, gas, carbone ed altri
combustibili solidi.
Il quadro è completato dall’art. 217, a tenore del quale la disciplina dei settori speciali non
si applica agli appalti che gli enti aggiudicatori aggiudicano per scopi diversi dall’esercizio delle
loro attività di cui agli articoli da 208 a 213 o per l’esercizio di tali attività in un Paese terzo, in
circostanze che non comportino lo sfruttamento materiale di una rete o di un’area geografica
all’interno della Comunità.
Avuto riguardo ai compiti di ENI e di ENI Servizi s.p.a., e avuto riguardo all’appalto per
cui è processo, che attiene ai servizi di vigilanza degli uffici amministrativi di ENI e altre società
del gruppo, l’Ad. Plen. ritiene che esso non rientri nei settori speciali, nemmeno come appalto ad
essi strumentale, quale sarebbe ad es. il servizio di vigilanza di una rete energetica.
Sotto il profilo in esame, ad avviso dell’Ad. Plen., difetta la finalizzazione del servizio di
vigilanza degli uffici della sede ENI agli scopi propri (core business) dell’attività speciale del
gruppo, di estrazione e commercializzazione del petrolio o del gas: la garanzia della sicurezza degli
uffici non è certo esclusiva del settore, né si pone ad esso in termini di mezzo a fine, né può essere
considerata come inclusa nella gestione di un servizio; diversamente, l’appalto sarebbe stato da
ricondurre nella disciplina dei settori speciali (cfr. Cons. St., ad. plen., 23 luglio 2004 n. 9 sul
servizio di pulizia delle stazioni ferroviarie a Grandi Stazioni s.p.a.).
Alla luce della già citata giurisprudenza della C. giust. CE, che impone un’interpretazione
restrittiva dei settori speciali, l’Ad. Plen. esclude pertanto la riconducibilità dell’appalto per cui è
processo a detti settori (C. giust. CE 10 aprile 2008 C-393/06, Aigne).
Si è pertanto in presenza di un appalto "escluso" dall’ambito di applicazione della
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disciplina dei settori speciali, ai sensi dell’art. 217, D.lgs. n. 163/2006, aggiudicato per scopi diversi
dall’esercizio delle specifiche missioni rientranti nei settori speciali, e non legato a tali missioni da
vincolo di strumentalità.
Ciò acclarato, occorre risolvere la questione centrale, sottoposta dagli appelli e
dall’ordinanza di rimessione, di quale sia la disciplina ad esso applicabile.
Ad avviso dell’Ad. Plen., si profilano in astratto quattro possibili soluzioni:
- applicazione della disciplina dei settori ordinari;
- applicazione dell’art. 27, D.lgs. n 163/2006;
- applicazione dei principi a tutela della concorrenza contenuti nei Trattati dell’Unione
europea;
- applicazione del diritto privato.
Optando per una delle prime tre ipotesi, vi sarebbe la giurisdizione del giudice
amministrativo, optando per l’ultima vi sarebbe quella del giudice ordinario.
Innanzitutto, l’Ad. Plen. esclude che l’appalto in questione, escluso, come già detto, dai
settori speciali, ricada nei settori ordinari e ciò alla luce della sopracitata distinzione, nel novero
degli enti aggiudicatori, tra le amministrazioni aggiudicatrici e le imprese pubbliche.
Nel caso di amministrazioni aggiudicatrici, che sono soggetti di diritto pubblico, non
sembrano esservi ostacoli ad ammettere che, per i loro appalti estranei ai settori speciali, si
riespande l’applicazione della disciplina degli appalti dei settori ordinari (come si argomenta dalla
già citata C. giust. CE 10 aprile 2008 C-393/06, Aigner, che, esclusa in un caso l’applicazione della
disciplina dei settori speciali, ha ritenuto applicabile quella dei settori ordinari in quanto la stazione
appaltante poteva essere qualificata come organismo di diritto pubblico).
Diversamente, nel caso delle imprese pubbliche, che sono enti aggiudicatori nei settori
speciali, ma non sono contemplati tra le amministrazioni aggiudicatrici nei settori ordinari, per gli
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appalti "estranei", aggiudicati per scopi diversi dalle loro attività nei settori speciali, la sottrazione
alla direttiva 2004/17/CE non comporta l’espansione della direttiva 2004/18/CE, ma piuttosto la
sottrazione ad entrambe le direttive comunitarie.
Tanto si desume dalla stessa matrice comunitaria della disciplina dei settori speciali: sia
dall’antecedente della direttiva 93/38/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993 che dalla direttiva
2004/17/CE si desume che tale disciplina mira a fronteggiare – mediante un avvicinamento alle
regole contrattuali imposte alle amministrazioni - la naturale chiusura dei mercati causata dalla
frequente condizione di monopolio degli esercenti quelle che per l’art. 90 (poi 86) del Trattato CE
sono "imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale".
Viceversa, al di fuori di questi settori speciali, cioè fuori dell’ambito degli oggettivi servizi
pubblici nominati, non vi è sostituzione all’attività amministrativa e pertanto non sorge la necessità
di assicurare normativamente la garanzia della concorrenza dei potenziali contraenti, mediante
l’imposizione di scansioni particolari del processo di formazione contrattuale; vengono infatti meno
la rilevanza e la peculiarità dell’attività che giustificano l’eccezionale attrazione e assoggettamento
a regole eteronome sulla formazione della volontà contrattuale con terzi; l’impresa pubblica è
comunque un’impresa e come tale agisce anch’essa con rischio, fine di lucro (art. 2082 cod. civ.) e
moduli privatistici: e questi debbono essere integri ad evitare claudicazioni rispetto alla concorrenza
(cioè restrizioni nell’ordinaria capacità di attività e di competizione).
La ricordata esigenza di tutela della concorrenza che dichiaratamente presiede alla direttiva
2004/17/CE sugli appalti nei settori speciali per la frequente condizione di monopolio in cui
versano quei servizi pubblici, non si ripete per queste altre attività delle imprese pubbliche. Queste
altre attività anzi, proprio per lo svolgersi in un mercato competitivo, paiono – salvo singole
patologie comportamentali - naturalmente portate verso la compressione dei costi dei contratti, e
perciò spontaneamente orientate all’apertura al mercato dei fornitori di beni e servizi: cioè verso il
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prezzo più basso o l’offerta economicamente più vantaggiosa, e senza che sia imposto da regole
esterne.
L’Ad. Plen. passa poi a verificare se all’appalto per cui è processo sia o meno applicabile
l’art. 27 D.lgs. n. 163/2006, il quale ha inteso tradurre in norma positiva nazionale una regola di
diritto giurisprudenziale costantemente affermata dalla C. giust. CE e cioè quella secondo cui ai
contratti sottratti all’ambito di applicazione delle direttive comunitarie sugli appalti pubblici si
applicano comunque i principi posti a tutela della concorrenza dai Trattati dell’Unione, e
segnatamente i principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità
(C. giust. CE, 3 dicembre 2001 C-59/00; comunicazione della Commissione CE, 2006/C 179/02).
Sotto il profilo in esame, nella decisione in esame si osserva come l’art. 27, che fa
specifico riferimento ai "contratti esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva
del presente codice", estende dunque l’applicazione dei principi dei Trattati europei a tutela della
concorrenza anche ai contratti "esclusi in tutto" dal codice: sono tali, ad avviso dell’Ad. Plen., solo i
contratti dallo stesso codice "nominati", ancorché al solo scopo di escluderli dal proprio ambito, e
non anche quelli da esso non menzionati, neppure per escluderli.
Così intesa la norma intende porre un principio di rispetto di regole minimali di evidenza
pubblica, a tutela della concorrenza e del mercato, ma tali regole minimali vengono imposte:
a) da un lato solo ai soggetti che ricadono nell’ambito di applicazione del codice appalti e
delle direttive comunitarie di cui costituisce recepimento, e per i contratti "esclusi" comunque
menzionati nel codice;
b) dall’altro lato ai contratti "nominati ma esenti", e non anche ai contratti "estranei".
Ne deriva che il citato art. 27 non contempla un "terzo settore" dei pubblici appalti, quelli
"esclusi in tutto o in parte", che si aggiunge ai settori ordinari e ai settori speciali, ma si riconnette
pur sempre agli appalti dei settori ordinari o speciali, e ai soggetti appaltanti di tali settori.
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In altre parole, i "contratti esclusi in tutto o in parte" sono pur sempre quelli che si
agganciano ai settori ordinari o speciali di attività contemplati dal codice.
Si tratta in definitiva di contratti che in astratto potrebbero rientrare nel settore di attività,
ma che vengono eccettuati con norme di esenzione, per le ragioni più disparate.
Ad avviso dell’Ad. Plen., diverso è il caso dei contratti di cui all’art. 217, ossia gli appalti
posti in essere dagli enti aggiudicatori dei settori speciali in ambiti diversi dalle attività dei settori
speciali, che sono i soli di interesse della direttiva 2004/17CE.
In siffatta ipotesi, si è in presenza di una diversa categoria, o meglio di una diversa nozione
di "appalto escluso".
Infatti mentre nelle altre ipotesi di appalti esclusi si tratta di specifiche tipologie (appalti
segretati, appalti di servizi o forniture aventi specifici oggetti e in astratto rientranti nel settore di
attività; v. artt. da 16 a 24, codice appalti), in questo caso non si tratta di appalti aventi uno specifico
oggetto, bensì di una categorie residuale, che comprende qualsiasi tipo di appalto estraneo al settore
speciale.
Non si tratta pertanto di appalti semplicemente "esclusi", - ossia rientranti in astratto
nell’ambito di applicazione delle direttive ma specificamente "esentati" - , bensì di appalti del tutto
"estranei" all’ambito di azione della direttiva 2004/17/CE.
A tale soluzione l’Ad. Plen. perviene alla luce delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE,
che operano una distinzione tra tre categorie:
a) appalti che non ricadono nelle direttive per ragioni di soglia;
b) appalti del tutto "esclusi";
c) appalti e concessioni di servizi cui si applicano solo poche previsioni delle direttive, e
dunque esclusi in (maggior) parte e inclusi in (minor) parte.
Vi è dunque una diversificazione delle cause di esclusione degli appalti dall’ambito di
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applicazione delle direttive.
In particolare, nel "genus" esclusioni l’Ad. Plen. individua almeno due tipologie, aventi
una diversa "ratio", gli appalti "esenti" e gli appalti "estranei".
Gli appalti "esenti" sono quelli in astratto rientranti nei settori di intervento delle direttive,
ma che ne vengono esclusi per ragioni lato sensu di politica comunitaria, quali, ad es., gli appalti
segretati, o i servizi di arbitrato e conciliazione, o acquisto o locazione di terreni e fabbricati, e le
stesse concessioni di servizi.
E’ tale anche il caso degli appalti "sotto soglia" e degli appalti di servizi di cui all’allegato
II B direttiva 2004/18/CE e XVII B direttiva 2004/17/CE.
Gli appalti "estranei" sono quelli esclusi perché sono del tutto al di fuori dei settori di
intervento delle direttive o dello stesso ordinamento comunitario, quali gli appalti da eseguirsi al di
fuori del territorio dell’Unione, o quali gli appalti aggiudicati dagli enti aggiudicatori dei settori
speciali per fini diversi dall’esercizio delle attività nei settori speciali.
Orbene, secondo l’Ad. Plen., con riguardo agli appalti di cui all’art. 217, aggiudicati per
scopi diversi dalle attività dei settori speciali, delle due l’una:
a) o l’ente aggiudicatore è un’amministrazione aggiudicatrice, e in tal caso l’appalto,
estraneo al settore speciale, ricade nei settori ordinari e dunque nel raggio di azione della direttiva
2004/18/CE;
b) o l’ente aggiudicatore è un’impresa pubblica, ossia un soggetto di diritto privato, e in tal
caso l’appalto, estraneo al settore speciale, non ricade nei settori ordinari e dunque nel raggio di
azione della direttiva 2004/18/CE, che non contempla tra le stazioni appaltanti le imprese
pubbliche; e neppure ricade sotto i principi dei Trattati, al cui rispetto devono ritenersi tenuti i
medesimi soggetti tenuti all’osservanza delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE in relazione agli
appalti da esse "esclusi", ma non anche in relazione agli appalti ad esse del tutto estranei.
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In conclusione, l’art. 27 sopra citato, letto alla luce della giurisprudenza della C. giust. CE,
impone il rispetto dei principi del Trattato a tutela della concorrenza, ai soggetti tenuti al rispetto del
codice appalti, in relazione ai contratti "esclusi" ma non anche ai contratti del tutto "estranei" agli
scopi e all’oggetto del codice e delle direttive comunitarie.
Alla luce delle medesime considerazioni, nella decisione de qua si esclude che agli appalti
"estranei" ai settori speciali, di cui all’art. 217, posti in essere da imprese pubbliche, siano
estensibili "i principi dei Trattati" a tutela della concorrenza.
Essendo l’appalto per cui è processo estraneo sia ai settori speciali, sia ai settori ordinari,
sia all’art. 27, di cui al D.lgs. n. 163/2006, ed essendo altresì sottratto ai principi dei Trattati, l’Ad.
Plen. afferma dunque il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e per converso la
giurisdizione del giudice ordinario.
Poiché, infatti, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e) del Codice del processo
amministrativo, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le
controversie relative a procedure di affidamento di lavori pubblici, servizi e forniture svolte da
soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa
comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa
statale o regionale”, ne consegue “la giurisdizione del giudice ordinario per gli appalti di cui
all’art 217 del Codice, aggiudicati per scopi diversi dalle attività dei settori speciali posti in essere
da imprese pubbliche atteso che non sono applicabili i principi dei Trattati a tutela della
concorrenza”.
!Sempre sotto il profilo in esame, interessante è altresì una deliberazione dell’AVCP (n. 11
del 27 marzo 2013), avente ad oggetto una gara bandita da Acque Spa per l’affidamento del
servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo di buoni pasto cartacei.
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Nel caso di specie, l’AVCP ha innanzitutto escluso la natura strumentale dell’appalto
rispetto alle attività del settore speciale nel quale opera la stazione appaltante ed ha però ritenuto
che il soggetto appaltante fosse tenuto all’osservanza delle disposizioni che regolano gli appalti nei
settori ordinari in quanto rientrante nel novero delle amministrazioni aggiudicatrici, o soggetti
aggiudicatori ai sensi dell’art. 32 del d.lgs. n. 163/2006.
Si riportano di seguito alcuni passi della deliberazione in esame.
“La questione che si deve risolvere è, quindi, l’esatto inquadramento della fattispecie in
relazione all’applicazione della disciplina normativa in tema di appalti.
In particolare, si deve:
i) definire la natura dell’appalto in questione, alla stregua della ripartizione operata sotto il
profilo oggettivo dal Codice dei Contratti Pubblici;
ii) verificare se, sotto il profilo soggettivo, sussistano i presupposti per ricondurre la gara di cui si
discute nell’ambito di applicabilità della normativa sull’evidenza pubblica, verificando se Acque
spa possa rientrare tra i soggetti tenuti, per la scelta del contraente, all’applicazione dettata nel
codice dei Contratti Pubblici e nel Regolamento (D.P.R. 207/2010);
iii) infine, in caso affermativo, chiarire se le doglianze manifestate da Qui! Group spa possono
trovare fondamento.
La prima questione è di agevole soluzione: si può affermare infatti che l’appalto, che ha
dato origine alla segnalazione, non è riconducibile nell’ambito dei “settori esclusi”: il servizio
sostitutivo di mensa per il personale di Acque Spa, non sembrerebbe strumentale e/o funzionale
all’attività speciale descritta nell’art. 209 che consiste nella messa a disposizione o gestione di reti
fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il
trasporto o la distribuzione di acqua potabile, e nell'alimentazione di tali reti con acqua potabile.
Sul punto è sufficiente richiamare la recente Delibera della Autorità nr. 101/2012, ove si afferma
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che il servizio sostitutivo della ristorazione aziendale mediante erogazione di buoni pasto per i
dipendenti del gruppo FNM non rientra tra gli appalti riconducibili ai “settori speciali ”.
Stabilito, quindi, che l’appalto di che trattasi non rientra tra quelli “strumentali” all’attività
svolta da Acqua spa (ex art. 209 D.Lgs 163/2006), si procede ad esaminare la seconda questione
sopra prospettata per stabilire se ad esso devono applicarsi le disposizioni di cui alla parte II del
Codice dei contratti pubblici, relative ai settori ordinari. Secondo le argomentazioni sostenute
dalla Stazione Appaltante, l’esclusione del requisito dei bisogni di interesse generale non aventi
carattere industriale o commerciale e la conseguente negazione della natura di organismo di
diritto pubblico, lascerebbe spazio alla figura soggettiva dell’impresa pubblica ed alla
sottoposizione agli obblighi procedimentali di evidenza pubblica limitatamente agli appalti
strumentali al settore speciale.
Preliminarmente, si fa riferimento ad un precedente dell’Autorità, rilevante nel caso di
specie, (Deliberazione n. 61 del 17 dicembre2008) ove, con riguardo alla società Nuove Acque
Spa che gestisce il servizio idrico nell’ATO n. 4 - Alto Valdarno -, si è osservato che se anche si
evitasse di qualificare quest’ultima come organismo di diritto pubblico, essa rientrerebbe
comunque nei soggetti di cui all’art. 32, lettera c), del D.Lgs. 163/2006. Ciò comporterebbe che
essa dovrebbe applicare in ogni caso la parte II del Codice per gli appalti “ordinari” (con le
uniche limitate deroghe sancite dal comma 2 dell’art. 32 in tema di verbali, progettazione,
programmazione e fase esecutiva).
Ciò posto, si parte dall’esame della posizione della società Acque S.p.A: essa, a partire dal 1
gennaio 2002, a seguito di affidamento da parte dell’Autorità dell'Ambito Territoriale Ottimale –
(ATO 2, ora Autorità Idrica Toscana), gestisce il servizio idrico integrato nelle sue varie fasi nel
Basso Valdarno, territorio che comprende 57 Comuni su cui abitano oltre 750.000 abitanti. Non vi
è dubbio che essa sia un Ente aggiudicatore nel settore della produzione, del trasporto o della
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distribuzione di acqua potabile di cui all’art. 209, come chiarito anche dall’Allegato VI C del
D.Lgs. 163/2006.
L’esame dello Statuto evidenzia che essa è una società per azioni costituita ai sensi dell’art.113
lett.e) del D.Lgs n.267/2000, a prevalente capitale pubblico locale (Statuto, art.6), costituita e
partecipata dall'ente titolare del pubblico servizio (Statuto, art. 1).
I soci pubblici di Acque Spa sono: Gea spa; Cerbaie spa, Pubbliservizi spa, Co.A.D.Consorzio
Acque Depurazione, Aquapur multi servizi spa, Pubbliservizi spa, Comune di Chiesina Uzzanese e
Comune di Crespina. Il socio privato, individuato con gara pubblica che detiene il 45% del
capitale sociale, è Acque Blu Arno Basso Spa, acronimo A.B.A.B..
Dalle disposizioni dello Statuto della società in esame si evince il concreto atteggiarsi della
relativa attività di gestione: rileva in proposito l’art. 3 del richiamato Statuto in base al quale la
società “Acque S.p.A.” ha per oggetto e scopo sociale la gestione integrata delle risorse idriche
nelle fasi di captazione, adduzione, distribuzione , fognatura e depurazione, la
commercializzazione dell’acqua sia per usi civili che per usi industriali e agricoli, la
progettazione e gestione dei sistemi di reti di acquedotto e fognature, la realizzazione e la gestione
delle opere ed impianti necessari alla gestione integrata delle risorse idriche, la ricerca e
coltivazione di sorgenti di acque minerali, l’imbottigliamento e la commercializzazione delle
stesse la gestione e la realizzazione degli impianti di potabilizzazione depurazione e smaltimento,
e l’organizzazione e la gestione dei servizi connessi all’intero ciclo delle acque. L’oggetto sociale
sembrerebbe dunque funzionale alla gestione di quel peculiare servizio pubblico che è il servizio
idrico integrato.
Dall’esame della Convenzione di affidamento sottoscritta in data 26 dicembre 2001 tra il Gestore
del Servizio Idrico Integrato (Acque spa) e l’ATO 2 “Basso Valdarno” si evince che l’Autorità
d’ambito ha affidato al gestore, in via esclusiva per 20 anni, il servizio idrico integrato, all’interno
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del proprio perimetro di servizio, immettendolo nel possesso dei beni e delle opere pubbliche
afferenti il servizio stesso, consentendo l’utilizzo degli impianti e delle canalizzazioni esistenti in
concessione (Convenzione, art. 3).
La società in esame sembrerebbe, quindi, rispondere al modello tradizionale della società mista
affidataria in via diretta di un servizio pubblico locale, con la scelta del socio privato fatta
mediante gara; essa, dunque, risulta agire in una situazione di monopolio di diritto e in esclusiva,
trattandosi qui di affidamento secondo la concorrenza per il mercato, e, nonostante tragga degli
utili dalla gestione del servizio, non può sostenersi che essa operi in un regime di concorrenza,
come cioè un qualsiasi imprenditore sottoposto ai vincoli della competizione in un mercato. Deve
peraltro sottolinearsi che essa risulta esercitare prevalentemente attività connesse al servizio di
gestione del servizio idrico integrato a favore dei Comuni dell’ATO 2 nel Basso Valdarno, né ha
alcun potere di influenzare il prezzo delle tariffe corrisposte dagli utenti (art. 16 Convenzione) che
costituiscono il proprio utile.
Per trarre le conseguenze da quanto finora illustrato con riferimento al profilo soggettivo
dell’Ente appaltante, discende che la soluzione della fattispecie può essere fornita dall’art. 32,
comma 1 lett. c) del D.Lgs 163/2006. Tale disposizione, infatti, pone a carico di tali particolari
società gli stessi vincoli previsti per le amministrazioni aggiudicatrici; questo consente di superare
e assorbire la questione prospettata dall’esponente (e negata dalla Stazione Appaltante) se
sussista, in questo caso, un vero e proprio organismo di diritto pubblico ovvero solo un’impresa
pubblica.
Il predetto articolo 32, nel disciplinare i soggetti tenuti all’applicazione del Codice dei
contratti pubblici (ed, in particolare, all’applicazione della Parte II sui settori ordinari), intende
esplicitamente equiparare alle amministrazioni aggiudicatrici anche altri soggetti aggiudicatori.
Tra questi ultimi, al comma 1, lett. c), figurano le società con capitale pubblico, anche non
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maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività
la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere
collocati sul mercato in regime di concorrenza, ivi comprese le società di cui agli articolo 113,
113-bis, 115 e 116 del d.lgs n.267/2000, testo unico sull’ordinamento degli enti locali. Al comma 3
l’art. in esame aggiunge poi che le società in questione non sono tenute al rispetto delle
disposizioni del D.Lgs 163/2006 (e, dunque, non sono tenute a seguire procedure di evidenza
pubblica) limitatamente alla realizzazione dell’opera pubblica o alla gestione del servizio per il
quale sono state specificamente costituite, se ricorrono le condizioni specificamente indicate dalla
norma al medesimo comma 3, numeri 1, 2 e 3; in particolare, il numero 1 si riferisce al caso in
cui “la scelta del socio privato è avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica”; il
numero 2 all’esigenza che questi abbia i requisiti di qualificazione; il numero 3 all’esigenza che la
società provveda in via diretta alla realizzazione dell’opera o del servizio in misura superiore al 70
per cento del relativo importo.
Nel caso di specie non può essere invocata l’esenzione di cui al predetto comma 3 dell’articolo 32.
Tale comma, infatti, mira ad escludere l’applicazione degli obblighi procedimentali quando il
socio privato viene selezionato mediante gara, al solo e ristretto fine di evitare duplicazioni di
procedimenti selettivi. Infatti, si allude solo (limitatamente, recita la norma) a quegli appalti che
attengono alla gestione del servizio per il quale la società è stata specificamente costituita. Ne
segue che questa eccezione non potrà mai valere per l’affidamento di un appalto così diverso dalla
gestione del servizio idrico, come quello attinente alla ristorazione.
Il collegamento con l’art. 32 nasce peraltro dal fatto che il Testo Unico Ambientale (D.Lgs.
152/2006) prevede, all’art. 150, comma 3, che la gestione del servizio idrico può essere affidata a
società miste di cui all’art. 113, del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali) e dal fatto che la società Acqua spa è stata costituita ai sensi
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dell’art. 113, lettera e) del TUEL 1 .
Da quanto sopra detto discende che nel caso di specie il soggetto appaltante sia comunque tenuto
all’osservanza delle disposizioni sull’evidenza pubblica ed, in particolare, delle norme di cui alle
parti I, II, IV e V del Codice con le uniche deroghe sancite dal comma 2 dell’art. 32, in quanto
rientrante nel novero delle amministrazioni aggiudicatrici, o soggetti aggiudicatori ai sensi
dell’art. 32 del d.lgs. n. 163/2006. Si ribadisce che la disposizione richiamata comporta un vincolo
ad applicare i procedimenti di selezione del contraente ad evidenza pubblica anche al di fuori del
ristretto ambito degli appalti che siano strumentali al singolo settore speciale.
Parimenti, nessun rilievo può essere attribuito alla circostanza che la società tragga degli utili
dalla gestione del servizio idrico integrato, o quello inerente la possibilità o meno da parte
dell’Ente Pubblico di ripiano delle perdite di bilancio. Tali elementi infatti, più volte ribaditi dalla
Stazione Appaltante nelle proprie controdeduzioni al fine di confutare la propria qualificazione
come organismo di diritto pubblico, non sono presi in considerazione dalla definizione di
“amministrazione aggiudicatrice” recata dall’art. 3 comma 25 del d.lgs. n. 163/2006 e dall’art.
32 sulle “amministrazioni aggiudicatrici e gli altri soggetti aggiudicatori” il quale a sua volta
alla lett. c) individua le società miste che realizzano lavori o producono beni o servizi non destinati
alla libera concorrenza (…)”.
!!Al fine di meglio chiarire la portata applicativa della disposizione in commento, si
riportano di seguito alcune casistiche prese in esame dalla giurisprudenza:
a) la fornitura di gasolio per il riscaldamento degli uffici postali non può essere posta in
relazione, neppure strumentale, con i servizi postali di cui all’art. 211, consistenti, a titolo
esemplificativo, nella raccolta, smistamento, trasporto, distribuzione di invii postali, od in servizi a
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questi connessi, o ancora in particolari servizi finanziari o di filatelia, con la conseguenza della sua
non riconducibilità alla disciplina prevista per i settori esclusi (TAR Lazio, sez. III ter, 5 novembre
2007, n. 10893, confermata da Consiglio di Stato, 27 aprile 2010, n. 2378);
b) rientra nel campo di applicazione dei settori speciali l’appalto avente ad oggetto la
manutenzione edile ed impiantistica, la fornitura combustibile, la pulizia ed igiene ambientale, la
raccolta, il trasporto e lo smaltimento rifiuti nei palazzi sede dell’amministrazione centrale della
Società Poste Italiane e cioè negli uffici dai quali si decide l’organizzazione del servizio postale
(TAR Lazio, sez. III ter, 27 febbraio 2008, n. 1793, non appellata);
c) la gara avente ad oggetto la fornitura di 1.500 computer portatili non costituisce, al di là
della qualificazione data all’appalto dall’ente aggiudicatore, un appalto rientrante nei settori speciali
in quanto l’acquisto di notebook non è collegato strettamente allo scopo istituzionale di un soggetto
operante nei settori speciali (Consiglio di Stato, sez. VI, 17 settembre 2002, n. 4711);
d) i lavori volti alla realizzazione di un parcheggio multipiano a pagamento nell’aeroporto
devono ritenersi strettamente collegati agli scopi istituzionali del soggetto operante nei settori
esclusi, in quanto un parcheggio deve ritenersi essenziale e strumentale per la struttura aeroportuale
(Consiglio di Stato, sez. VI, 4 gennaio 2005, n. 2);
e) l’affidamento di servizi di vigilanza armata e accoglienza relativamente agli uffici di
un’impresa pubblica operante nei settori speciali (ACEA S.p.a.) configura un appalto di cui all’art.
217 D.lgs. n. 163/2006 con conseguente giurisdizione del G.O. (TAR Lazio-Roma, sez. II ter, 16
dicembre 2011, n. 9844, non appellata);
f) l’appalto avente ad oggetto la predisposizione di una complessiva piattaforma di
supporto tecnico-gestionale del servizio dei trasporti pubblici locali rientra nei settori speciali come
appalto ad essi strumentale (TAR Campania-Napoli, 12 marzo 2013, n. 1419, non appellata).
!
! 20
Tornando ora all’esame della disciplina contenuta nell’art. 217, l’altra ipotesi che giustifica
l’esclusione dell’applicazione della disciplina sull’evidenza pubblica ha anch’essa carattere
oggettivo, concretandosi in appalti che riguardano l’esercizio delle attività proprie dei soggetti
aggiudicatori di cui all’art. 207, da svolgersi in un paese terzo, in circostanze che non comportino lo
sfruttamento materiale di una rete o di un’area geografica all’interno della Comunità.
In questo caso, a differenza che nell’ipotesi precedente, l’elemento oggettivo non concerne
in via diretta l’oggetto della prestazione dell’appalto, quanto piuttosto la circostanza che
quest’ultimo deve eseguirsi in un paese terzo, quindi non solo al difuori della Comunità in senso
territoriale-geografico, ma soprattutto in senso funzionale, non dovendo comportare lo sfruttamento
materiale di una rete o di un’area geografica all’interno della Comunità stessa.
!In relazione ad entrambe le ipotesi di esclusione di cui al primo comma dell’art. 217 in
esame, il secondo comma della medesima disposizione introduce l’obbligo degli enti aggiudicatori
di comunicare alla Commissione europea, su sua richiesta, qualsiasi attività che essi considerano
esclusa dall’applicazione della disciplina sui settori speciali.
Tale comunicazione è preordinata all’esperimento di verifiche e controlli da parte delle
competenti Istituzioni comunitarie sull’effettiva sussistenza nelle fattispecie concrete delle cause di
esclusione testè esaminate.
Al riguardo, la dottrina ha ipotizzato che la violazione dell’obbligo di leale collaborazione
con la Commissione può essere causa di inadempimento degli obblighi del Trattato e comportare,
quindi, una responsabilità dello Stato.
!Con riferimento agli appalti non strumentali, la nuova direttiva sulle procedure d’appalto
degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali (approvata il
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15 gennaio 2014), analogamente a quanto disponeva la direttiva 2004/17 (art. 20), prevede che “1.
La presente direttiva non si applica né agli appalti che gli enti aggiudicatori aggiudicano per scopi
diversi dal perseguimento delle loro attività di cui agli articoli da 8 a 14 o per l’esercizio di tali
attività in un paese terzo, in circostanze che non comportino lo sfruttamento materiale di una rete o
di un’area geografica all’interno dell’Unione, né ai concorsi di progettazione organizzati a tali fini.
2. Gli enti aggiudicatori comunicano alla Commissione, su richiesta, qualsiasi attività che
considerano esclusa in virtù del paragrafo 1. La Commissione può pubblicare periodicamente sulla
Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, a titolo d’informazione, gli elenchi delle categorie di
attività che considera escluse. Nel fare ciò, la Commissione rispetta il carattere commerciale
sensibile che gli enti aggiudicatori possono far valere quando comunicano queste
informazioni” (art. 19).
!!!2. Affidamento appalti esenti
!Siccome chiarito dalla decisione dell’Ad. Plen. n. 16/2011 sopra citata, gli appalti "esenti"
sono quelli in astratto rientranti nei settori di intervento delle direttive, ma che ne vengono esclusi
per ragioni lato sensu di politica comunitaria.
Al riguardo, l’art. 215 del D.lgs. n. 163/2006 precisa che “Le norme della presente parte si
applicano agli appalti che non sono esclusi in virtù delle eccezioni di cui agli articoli 17, 18, 19,
24, 25, 217 e 218 o secondo la procedura di cui all’articolo 219 e il cui valore stimato al netto
dell’imposta sul valore aggiunto è pari o superiore alle soglie seguenti:
a) 400.000 euro per quanto riguarda gli appalti di forniture e servizi;
! 22
b) 5.000.000 euro per quanto riguarda gli appalti di lavori”.
Con riferimento all’ambito di applicazione oggettivo, occorre innanzitutto evidenziare
come il Codice non ponga, nei settori speciali, previsioni specifiche in ordine al concetto di lavori,
servizi e forniture. Per esso valgono quindi, tenuto anche conto del rinvio generale contenuto
nell’art. 206 alle disposizioni del precedente capo I, le definizioni comuni recate dall’art. 3.
Ciò che è importante notare è che l’applicazione della normativa speciale viene legata alla
pura e semplice inerenza dei lavori, servizi e forniture all’attività di settore speciale in titolarità al
soggetto procedente e non anche alle caratteristiche qualitative di essi.
Ne è conferma a contrario la previsione del sopracitato art. 217, che invece esclude, come
visto, l’applicazione della normativa in esame per quegli appalti che gli enti aggiudicano per scopi
diversi dall’esercizio delle loro attività nei settori (nonché per l’esercizio delle stesse in un Paese
terzo, senza utilizzo di una rete o di un’area geografica all’interno della Comunità).
Venendo ora più specificamente al contenuto dell’art. 215 in esame, esso, come accennato,
delimita il campo di applicazione degli artt. 206/238 attraverso due strumenti complementari di
esclusione: uno di carattere speciale per tipi di contratto, l’altro riferito al valore economico
dell’appalto.
La prima tipologia di esclusione contemplata dalla norma riguarda i seguenti contratti:
➢ contratti secretati o che esigono particolari misure di sicurezza (art. 17);
➢ contratti aggiudicati in base a norme internazionali (art. 18);
➢ contratti di servizi esclusi (art. 19);
➢ appalti aggiudicati a scopo di rivendita o di locazione a terzi (art. 24);
➢ appalti aggiudicati per l’acquisto di acqua e per la fornitura di energia o di
combustibili destinati alla produzione di energia (art. 25);
➢ appalti aggiudicati per fini diversi dall’esercizio di un’attività di cui ai settori del
! 23
Capo I o per l’esercizio di una di dette attività in un Paese terzo (art. 217);
➢ appalti aggiudicati ad un’impresa comune avente personalità giuridica o ad
un’impresa collegata (art. 218);
➢ procedura per stabilire se una determinata attività è direttamente esposta alla
concorrenza (art. 219);
In secondo luogo, al fine di determinare l’ambito di applicazione della Parte III del Codice
vanno esclusi gli appalti che, oltre a non risultare già esclusi in virtù delle eccezioni sopra elencate,
abbiano un valore, stimato al netto d’imposta sul valore aggiunto, inferiore alla soglia di 400.000
euro per gli appalti di forniture e servizi e 5.000.000 euro per gli appalti di lavori.
!Per i sopramenzionati contratti esclusi troverà comunque applicazione l’art. 27 del Codice,
il quale stabilisce che “1. L'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi
forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del presente codice,
avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento,
trasparenza, proporzionalità. L'affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque
concorrenti, se compatibile con l'oggetto del contratto. L'affidamento dei contratti di
finanziamento, comunque stipulati, dai concessionari di lavori pubblici che sono amministrazioni
aggiudicatrici o enti aggiudicatori avviene nel rispetto dei principi di cui al presente comma e deve
essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti.
2. Si applica altresì l'articolo 2, commi 2, 3 e 4.
3. Le amministrazioni aggiudicatrici stabiliscono se è ammesso o meno il subappalto, e, in
caso affermativo, le relative condizioni di ammissibilità. Se le amministrazioni aggiudicatrici
consentono il subappalto, si applica l’art. 118”.
! 24
Anche la giurisprudenza, sulla premessa che tanto gli appalti "sotto soglia", che fruiscono
di una temporanea esenzione, che gli appalti e le concessioni di servizi "esclusi", che fruiscono di
un regime di parziale esenzione, rientrano negli scopi del diritto comunitario, è orientata nel senso
di ritenere che l'art. 27 citato estende l'applicazione dei principi del Trattato anche ai contratti
esclusi, per ragioni di soglia o di oggetto, intendendo porre un principio di rispetto delle regole
minimali di evidenza pubblica, a tutela della concorrenza e del mercato, da parte dei soggetti tenuti
al rispetto del codice degli appalti (cfr. Ad. Plen. n. 16/2011, cit. e Consiglio di Stato, sez. VI, 4
ottobre 2013, n. 4902).
!Infine, si segnala che nella nuova direttiva sulle procedure d’appalto degli enti erogatori
nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali (approvata il 15 gennaio 2014)
le ipotesi di esclusione sono contenute negli artt. da 18 a 23.
!!!3. Affidamenti diretti infragruppo
!L’art. 218 del Codice dei contratti disciplina gli “Appalti aggiudicati ad un’impresa
comune avente personalità giuridica o ad un’impresa collegata”, sottraendo all’applicazione delle
regole procedurali di evidenza pubblica dettate dal Codice i contratti aggiudicati all’interno di una
“relazione strutturale di collegamento” (Consiglio di Stato, parere 6 febbraio 2006, n. 355).
Il primo comma della disposizione in esame contiene innanzitutto la definizione di
“impresa collegata” ai fini dell’applicazione della disposizione medesima e cioè “qualsiasi impresa
i cui conti annuali siano consolidati con quelli dell’ente aggiudicatore a norma degli articoli 25 e
! 25
seguenti del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127 o, nel caso di enti non soggetti a tale decreto,
qualsiasi impresa su cui l’ente aggiudicatore possa esercitare, direttamente o indirettamente,
un’influenza dominante ai sensi dell’articolo 3, comma 28 del presente codice o che possa
esercitare un’influenza dominante sull’ente aggiudicatore o che, come quest’ultimo, sia soggetta
all’influenza dominante di un’altra impresa in virtù di rapporti di proprietà, di partecipazione
finanziaria ovvero di norme interne”.
Il comma 2 della disposizione in commento enuncia poi un precetto mentre il comma 3
fissa le condizioni di applicazione di tale precetto.
Il precetto si sostanzia nella declaratoria di inapplicabilità delle prescrizioni del Codice agli
appalti che hanno come parti:
a) un ente aggiudicatore con un’impresa collegata, o
b) una associazione o consorzio o una impresa comune aventi personalità giuridica,
composti esclusivamente da più enti aggiudicatori, per svolgere un'attività ai sensi degli articoli da
208 a 213 del codice con un'impresa collegata a uno di tali enti aggiudicatori.
In primo luogo, dunque, le prescrizioni del Codice sono inapplicabili agli appalti stipulati
tra un ente aggiudicatore e un’impresa collegata, dovendosi intendere per enti aggiudicatori, ai sensi
dell’art. 207, sia quelle amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche che svolgono una delle
attività di cui agli artt. 208-213, sia quei soggetti che non essendo amministrazioni aggiudicatrici o
imprese pubbliche annoverano tra le loro una o più attività di cui ai sopramenzionati artt. da 208 a
213 e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall’autorità competente di uno
Stato membro.
Gli appalti stipulati dai predetti soggetti con le imprese collegate, al ricorrere delle
condizioni indicate al successivo comma 3, sono dunque sottratti alla disciplina del Codice.
La seconda ipotesi riguarda, invece, i contratti di appalto che hanno come parti imprese
! 26
comuni composte da amministrazioni aggiudicatrici e imprese collegate.
Il comma 3 precisa poi che il comma precedente si applica:
a) agli appalti di servizi purché almeno l’80% del fatturato medio realizzato dall’impresa
collegata negli ultimi tre anni nel campo dei servizi provenga dalla fornitura di tali servizi alle
imprese cui è collegata;
b) agli appalti di forniture purché almeno il 80% del fatturato medio realizzato dall'impresa
collegata negli ultimi tre anni nel campo delle forniture provenga dalla messa a disposizione di tali
forniture alle imprese cui è collegata;
c) agli appalti di lavori, purché almeno l’80% del fatturato medio realizzato dall'impresa
collegata negli ultimi tre anni nel campo dei lavori provenga dall’esecuzione di tali lavori alle
imprese cui è collegata.
Al riguardo, la disposizione in esame precisa che se, a causa della data della costituzione o
di inizio dell’attività dell’impresa collegata, il fatturato degli ultimi tre anni non è disponibile, basta
che l’impresa dimostri, in base a proiezioni dell’attività, che probabilmente realizzerà il fatturato di
cui alle lettere a), b) o c) del comma 3.
Se più imprese collegate all’ente aggiudicatore forniscono gli stessi o simili servizi,
forniture o lavori, le suddette percentuali sono calcolate tenendo conto del fatturato totale dovuto
rispettivamente alla fornitura di servizi, forniture o lavori da parte di tali imprese collegate.
Si prevede ancora che le disposizioni del Codice in esame non si applicano, inoltre, agli
appalti aggiudicati:
a) da un’associazione o consorzio o da un’impresa comune aventi personalità giuridica,
composti esclusivamente da più enti aggiudicatori, per svolgere attività di cui agli articoli da 208 a
213, a uno di tali enti aggiudicatori, oppure
b) da un ente aggiudicatore ad una associazione o consorzio o ad un’impresa comune
! 27
aventi personalità giuridica, di cui l’ente faccia parte, purché l’associazione o consorzio o impresa
comune siano stati costituiti per svolgere le attività di cui trattasi per un periodo di almeno tre anni e
che il loro atto costitutivo preveda che gli enti aggiudicatori che la compongono ne faranno parte
per almeno lo stesso periodo.
Infine, l’ultimo comma dell’art. 218 delinea gli obblighi di notifica alla Commissione
europea preordinati all’esercizio da parte delle Istituzioni comunitarie delle attività di vigilanza e
controllo.
In particolare, il comma in esame impone agli enti aggiudicatori che intendono beneficiare
delle esenzioni dei commi 2, 3 e 4 di notificare alla Commissione dietro sua espressa richiesta le
informazioni concernenti:
a) i nomi delle imprese o delle associazioni, raggruppamenti, consorzi o imprese comuni
interessati;
b) la natura e il valore degli appalti considerati;
c) gli elementi che la Commissione può giudicare necessari per provare che le relazioni tra
l’ente aggiudicatore e l’impresa o l’associazione o il consorzio cui gli appalti sono aggiudicati
rispondono agli obblighi stabiliti dal presente articolo.
!In tema di affidamenti infragruppo, la nuova direttiva sulle procedure d’appalto degli enti
erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali (approvata il 15
gennaio 2014), analogamente a quanto disponeva la direttiva 2004/17 (art. 23), prevede che “1. Ai
fini del presente articolo, per “impresa collegata” si intende qualsiasi impresa i cui conti annuali
siano consolidati con quelli dell’ente aggiudicatore a norma della direttiva 2013/34/UE.
2. Nel caso di enti che non sono soggetti alla direttiva 2013/34/UE, per “impresa
collegata” si intende qualsiasi impresa:
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a) su cui l’ente aggiudicatore possa esercitare, direttamente o indirettamente,
un’influenza dominante; oppure
b) che possa esercitare un’influenza dominante sull’ente aggiudicatore; oppure
c) che, come l’ente aggiudicatore, sia soggetta all’influenza dominante di un’altra
impresa in virtù di rapporti di proprietà, di partecipazione finanziaria oppure di
norme interne.
Ai fini del presente paragrafo, i termini “influenza dominante” hanno lo stesso significato
che all’art. 4, paragrafo 2, secondo comma.
3. In deroga all’articolo 28 e ove siano rispettate le condizioni di cui al paragrafo 4 del
presente articolo, la presente direttiva non si applica agli appalti aggiudicati:
a) da un ente aggiudicatore a un’impresa collegata, o
b) da una joint-venture, composta esclusivamente da più enti aggiudicatori per
svolgere attività descritte agli articoli da 8 a 14, a un’impresa collegata a uno di
tali enti aggiudicatori.
4. Il paragrafo 3 si applica:
a) agli appalti di servizi, purchè almeno l’80% del fatturato totale realizzato in media
dall’impresa collegata negli ultimi tre anni, tenendo conto di tutti i servizi forniti
da tale impresa, provenga dalla prestazione di servizi all’ente aggiudicatore o alle
altre imprese cui è collegata;
b) agli appalti di forniture, a condizione che almeno l’80% del fatturato totale medio
realizzato dall’impresa collegata negli ultimi tre anni, tenendo conto di tutte le
forniture effettuate da tale impresa, provenga dalla prestazione di forniture all’ente
aggiudicatore o alle altre imprese cui è collegata;
c) agli appalti di lavori, a condizione che almeno l’80% del fatturato totale medio
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realizzato dall’impresa collegata negli ultimi tre anni, tenendo conto di tutti i lavori
eseguiti da tale impresa, provenga dall’esecuzione di tali lavori all’ente
aggiudicatore o alle altre imprese cui è collegata.
5. Se, a causa della data di costituzione o di inizio dell’attività dell’impresa collegata, il
fatturato degli ultimi tre anni non è disponibile, basta che l’impresa dimostri, segnatamente in base
a proiezioni dell’attività, che probabilmente realizzerà il fatturato di cui al paragrafo 4, lettera a),
b) o c).
6. se più imprese collegate all’ente aggiudicatore con il quale formano un gruppo
economico forniscono gli stessi o simili servizi, forniture o lavori, le percentuali sono calcolate
tenendo conto del fatturato totale derivante dalla prestazione dei servizi o l’esecuzione dei lavori,
per ciascuna di tali imprese collegate” (art. 29).
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