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UNIVERSITÀ BOCCONI EDITORE a cura di Marzio A. Romani Il Bibliotecario Ricordo di Fausto Pagliari

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a cura diMarzio A. Romani

Il Bibliotecario

Ricordo di Fausto Pagliari

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Ricordo di Fausto Pagliari

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Prima edizione: giugno 2017

Stampa: Digital Print Service, Segrate (MI)

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Era nato a Cremona il 3 novembre 1877, da una famiglia benestante. Dal padre Riccardo, che aveva militato in gioventù fra le file garibal-dine, e che ora faceva il cambiavalute, avrebbe ereditato quegli ideali risorgimentali di eguaglianza e di giustizia sociale che lo avrebbero spinto, come accadde a molti giovani della piccola borghesia della sua città, a simpatizzare per il socialismo. Dopo aver frequentato il locale Istituto tecnico commerciale, il 4 novembre 1894, si si iscrisse alla Regia Scuola Superiore di Commercio di Venezia dalla quale, nel 1899, sarebbe uscito diplomato in Economia, statistica e diritto e successivamente, nel mentre frequentava a Vienna, un istituto di studi superiori, avrebbe conseguito due abilitazioni all’insegnamento nella scuola secondaria di 2° grado, una in Economia politica, Scienza delle finanze e Statistica (1900) e l’altra in Lingua tedesca (1902).

Pareva avviato alla carriera di insegnante – ed infatti ottenne una cattedra di economia e diritto in un istituto tecnico di Catanzaro - ma il destino lo volle a Milano dove Giovanni Montemartini, amico del padre, lo avrebbe chiamato all’Umanitaria, assegnandolo all’ufficio del lavoro, con il compito di dirigere una Scuola pratica di legislazio-ne sociale nella quale egli tenne diversi corsi di lezioni, che riunì poi in un volume dal titolo L’organizzazione operaia in Europa, che ancora oggi rappresenta una pietra miliare per la storia del sindacalismo1.

1 F. Pagliari, L’organizzazione operaia in Europa. Storia – Costituzione – funzioni , edito dall’Ufficio del Lavoro della Società Umanitaria, Milano 1909.

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Nel frattempo si avvicinava a Filippo Turati, dal quale avrebbe derivato la concezione del socialismo come umanità che si riscatta dalle tare della società borghese e come riorganizzazione della società sulla base della superiore capacità tecnica, politica e morale dei lavo-ratori2 e avrebbe iniziato a collaborare alla rivista “Critica sociale”, divenendone ben presto “un reporter di eccezione, il quale, senza muoversi dalla sua scrivania, con l’aiuto di riviste e libri, che non hanno segreti per lui, effettua[va] suggestivi itinerari nel mondo del lavoro e forni[va] approfondite relazioni, documentari sagacemente commentati, vasti panorami e primi piani che apri[vano] nuovi oriz-zonti al nascente movimento proletario e socialista”3.

Una consuetudine, quella di operare in maniera sempre più effi-cace su fonti secondarie e di avvicinarvi vieppiù alla carta stampata, che gli sarebbe stata estremamente utile nel momento in cui, nel 1924, il regime fascista decise di togliere ogni spazio all’Umanita-ria, sopprimendone le scuole e i servizi sociali, ridimensionandone drasticamente il ruolo e licenziandone diversi dirigenti, fra cui lo stesso Pagliari.

Ancora una volta il destino avrebbe giocato a suo favore: su suggeri-mento di Carlo Rosselli, allora assistente di economia nell’Università commerciale milanese, e di Piero Sraffa, il rettore (Angelo Sraffa) decise di assumerlo alla Bocconi, con il compito di potenziarne la biblioteca, che fino ad allora era stata condotta in maniera alquanto approssimativa e di farne una istituzione che fosse degna del ruolo che la Bocconi stava assumendo a Milano e nel Paese.

E così il 1 febbraio del 1925 il veterano socialista, nella biblioteca dell’Università, quasi casualmente, avrebbe trovato un ambiente congeniale al suo temperamento che lo portava a vedere e a giudicare tutto attraverso la carta stampata, nonché “un rifugio propizio ai

2 Giovanni Artero, Figure del socialismo riformista fra Lombardia e Piemonte, Buccinasco (MI) 2015, p. 51 e s.

3 Uno studioso del movimento proletario, in “Critica sociale. Numero speciale dedicato a Fausto Pagliari” n. 24, 20 novembre 1960, p. 3.

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suoi prediletti studi e alla sua vocazione di docente. Erano mutati gli allievi, ma non l’animo dell’insegnante e la sua operante simpatia per i giovani che assisteva validamente negli studi e spronava alla ricerca scientifica”4. E alla Bocconi sarebbe rimasto quarant’anni diventando “il bibliotecario” e uno dei punti di riferimento per studenti, giovani assistenti e docenti dell’ Università commerciale… e non solo.

A quanti, come me, non ebbero il privilegio di conoscerlo supplisce la penna felice di Libero Lenti che così ce lo descrive: ”Lo vedo come se fosse adesso, spuntare dietro una barricata di libri, mettersi con le gambe larghe e le mani in tasca, a intrattenermi col suo inconfon-dibile linguaggio, insieme dotto e popolaresco, fatto d’italiano e di milanese, ma sostenuto da citazioni in tutte le lingue del mondo. Gli si chiedeva informazioni bibliografiche ch’egli, con la sua memoria prodigiosa, era subito pronto a fornire […]. Pagliari, il veterano socialista nella biblioteca dell’Università Bocconi, tra tanti amici vecchi e nuovi, aveva finalmente trovato un ambiente congeniale al suo temperamento che lo portava a vedere ed a giudicare”5. Ma a noi, che non l’abbiamo conosciuto, resta un patrimonio per ora inedito: le centinaia e centinaia di lettere da lui scritte e ricevute, che il nostro archivio storico conserva e che pongono in luce le sue straordinarie qualità di operatore culturale e l’affetto, la stima e l’ammirazione che tutti, bocconiani e non, gli manifestavano.

Questo spiega perché, su suggerimento del prof. Guatri – e con il suo aiuto – abbiamo deciso di dedicare il prossimo volume della collana “Maestri della Bocconi” a questo Maestro non accademico. Un Maestro che, nella testimonianza dei tanti che lo frequentarono e si nutrirono dei suoi insegnamenti, “insegnava senza averne l’aria, come il filosofo antico che intratteneva gli Ateniesi sulla via per indurli alla ricerca della verità e alla conoscenza di se stessi. Senza parere, introduceva l’interlocutore nel mondo delle sue conoscenze, ch’era vasto e profondo, e lo lasciava con l’invito a proseguire da solo

4 Ibidem, p. 55 L. Lenti, All’Università Bocconi, in “Critica sociale”, cit., p. 14.

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[…]. Si abbeverava alle fonti della cultura con piacere inesausto e voleva partecipi gli amici a questo festino dello spirito che era anche il festino della sua vita”6.

E per stuzzicare la curiosità e l’interesse dei soci di questa istitu-zione oggi convenuti per l’assemblea annuale del sodalizio, per il volume in questione, che contiamo di avere in libreria in dicembre di quest’anno, abbiamo pensato, grazie alla complicità della dott.ssa Giacoletto, di raccogliere e ripubblicare il saggio che Luigi Guatri dedicò a Fausto Pagliari7, accompagnandolo con alcune delle lettere, che periodicamente “il bibliotecario” inviava ai suoi clienti più osti-natamente “morosi” per costringerli a riconsegnare il maltolto; per spingerli – come scriveva ad esempio nel gennaio del ’42 a Giorgio Pivato - alla “la restituzione di questi tre poveri vecchi fuorusciti che avrete già, come Ugolino, rosicati fino all’osso, e saranno da tempo dimenticati, come residui inutili, in qualche angolo”8.

Ma è soprattutto al prof. Guatri che abbiamo pensato, appro-fittando dell’occasione, per fargli, a nome di tutti di “Amici della Bocconi”, un piccolo dono anticipando i festeggiamenti coi quali, necessariamente, a settembre celebreremo i suoi primi novant’anni.

Achille Marzio Romani

6 Agli amici di Critica Sociale, in Ibidem, p. 2.7 L. Guatri, Li ho visti così. Protagonisti di università, industria, banca, professione

nell’ultimo mezzo secolo, Milano 2009, pp. 143-154.8 Cfr. infra p. 20.

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Fausto Pagliari

Ricordo con nostalgia l’oretta meravigliosa alla mensa: al freddo, con il risotto scotto ma con un gruppo di cari

amici fra i quali l’enciclopedico bibliotecario9

Come si viveva in Bocconi nell’immediato dopoguerra? Il clima umano risentiva ancora della guerra? Chi erano e com’erano i perso-naggi di allora? Ho posto questa inusuale e un po’ aggressiva raffica di domande al professor Luigi Guatri che, prima come studente, poi come assistente, docente, Rettore, amministratore delegato vicepre-sidente, ha costantemente frequentato – e frequenta – l’ateneo di via Sarfatti.

L’espressione del mio interlocutore, come al solito leggermente aggrot-tata, distaccata, di chi è intento a riordinare le idee, si è addolcita come d’incanto sino a un accenno di sorriso (in tutta evidenza rivolto ai suoi ricordi) ed ecco come mi ha risposto.

Da quando, a fine 1949, divenni assistente di Gino Zappa (e pri-ma che la professione mi impegnasse) passavo molte giornate

in università e alle 12.30 sedevo nella mensa al pianterreno, quasi sempre a un tavolo con gli amici e i colleghi più cari; fra di essi era presente anche Fausto Pagliari (foto a p. 338). Solo qualche volta, invitato dal Rettore Giovanni Demaria (foto a p. 336), mi sedevo al suo tavolo: era un onore, ma in realtà un disagio al quale aderivo proprio quando risultava inevitabile (e l’ora anticipata alle 12.30 ser-

9 Tratto da: Luigi Guatri, Li ho visti così - 1, Interviste di Ermes Zampollo, Egea 2009.

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viva anche a tal fine). Con me ricordo più volte Francesco Brambilla (foto a p. 338), Aldo De Maddalena (foto a p. 339), Tullio Bagiotti (foto a p. 339): devo dire che la mensa (la povera mensa post bellica, quella con i “bollini” della tessera annonaria) era da anni per me un ritrovo importante. Fin da quando, dall’inverno del 1946 (ancora senza il riscaldamento) le amiche di Treviglio neostudentesse di lingue (Lidia, Elsa e altre), dalle 11 (e anche prima, se del caso) si recavano in mensa per occupare un tavolo nei pressi dell’unica stufa allora funzionante, per se stesse e per i colleghi. E questi giungevano appunto al termine delle lezioni, alle 12.30. Un apporto essenziale alla sopravvivenza degli amici studiosi.

L’oretta trascorsa al tavolo per consumarvi il risotto troppo cotto (e fino al 1947 anche spesso freddo) era meravigliosa. Dopo la nomi-na ad assistente, con Pagliari e alcuni amici docenti era anche un godimento intellettuale.

Chi teneva banco era quasi sempre Francesco Brambilla: togliergli la parola fu sempre impresa difficile. Egli esponeva le sue teorie su tutti i problemi del mondo (dall’imminente guerra nucleare all’esau-rimento del petrolio, alla visita sulla Luna ecc.) sempre interessanti quanto mirabolanti. «Ti te set un geni, ma anca un grand confüs-iunari...» (“Sei un genio, ma anche un gran confusionario”), gli diceva al termine Pagliari, che conosceva tutte le principali lingue, ma che eleggeva il milanese-cremonese a “lingua per gli amici”. Così, quando si ricordava di un libro che avrei dovuto consultare, cominciava: «Ti te düvereset vardà ...» (“Dovresti guardare...”).

Qualche volta, il sabato, quando lo vedevo avviarsi verso casa, ovviamente a piedi, con un fagottello di libri legati con una funicella a tracolla (da catalogare nel fine settimana: questo era il suo weekend), mi offrivo di accompagnarlo, per sollevarlo dal peso. E lui qualche volta mi diceva: «Lo fai perché sono vecchio: ma guarda che dopo i 75 anni non si è più vecchi, perché comincia la “decrepitezza”». Frase che talvolta mi ritorna alla mente oggi, che i 75 anni li ho passati da più un lustro, e non amo essere considerato vecchio, mentre in realtà – nel linguaggio di Pagliari – sarei più che decrepito. Ma forse, mi dico, erano altri tempi... (o almeno spero).

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Fausto PaglIarI

Oggi, abituati come siamo ormai a sprecare le iperboli, diremmo il “mitico bibliotecario” della Bocconi, Fausto Pagliari, ha lasciato di sé, della sua sensibilità, della sua solida cultura, un ricordo eccezionale. Com’era, visto da vicino?

Chi fosse Pagliari emerge da alcuni “quadretti” scritti da bocco-niani. Molto significativo è quanto riportato da Aldo De Mad-

dalena10:

Fausto Pagliari, l’impareggiabile bibliotecario, con il ritorno della pace aveva riacquistato appieno la sua vitalità e il suo buonumore. Con i suoi “clienti” (così egli chiamava i frequentatori della biblioteca) indugiava in lunghe conversazioni che non erano solo una ragionata esposizione di preziosi consigli bibliografici o, più in generale, biblio-teconomici. Esse debordavano nel variegato terreno della storia recente e in quello della storia futura, nelle lusinganti prospettive politiche che il suo cuore di ex turatiano gli suggeriva. Un affascinante, spiritoso resoconto di una historia facta miscelato con quello di una possibile historia in fieri, raccontate in un sapido, stupendo vernacolo, italiano, ambrosiano e cremonese, di cui mi sarei giornalmente saziato quando, di lì a poco, nella seconda metà del 1946, entrai a far parte della biblio-teca bocconiana, perché l’entità e l’utilizzazione del materiale librario andavano crescendo senza soste e il caro, zelante professor Pagliari non era più in grado di dirigere da solo l’attività della biblioteca in continuo sviluppo.

Dev’essere stato un lavoro tutt’altro che semplice e per niente facile raccogliere libri in quegli anni, ancora condizionati dalle distruzioni e dalle limitazioni imposte dal conflitto nonché dalle condizioni tutt’altro che floride del bilancio d’ateneo.

10 M. Cattini, E. Decleva, A. De Maddalena, M.A. Romani, Storia di una libera Università, vol. III, Egea, Milano, 1997, p. 162.

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Infatti, lo ricorda molto bene Aldo De Maddalena nel già più voltecitato libro Storia di una libera Università11:

Maxima de nihilo nascitur historia, non ci sembra quindi inadeguato cogliere questa atmosfera di alacre inventiva, con cui si riuscì spesso a supplire ad alcuni bisogni fondamentali dell’attività scientifica, nella giocosa lettera che il bibliotecario di allora, il professor Fausto Paglia-ri – uno tra i grandi artefici di quell’inestimabile patrimonio librario e documentario costituito dalla nostra biblioteca – inviava a Paolo Baffi, altro celebre bocconiano già presso la Banca d’Italia: «Caro dottor Baffi, [...] quel bibliotecario fenomeno, come il fanciullo grasso del circolo Pickwick, ha appreso solo ora che ci sarebbe la possibilità per gli istituti culturali e persino privati studiosi di fare pagamenti in Inghilterra e negli Stati Uniti per acquisti di pubblicazioni o abbonamenti a periodici a condizioni di cambio di favore, dopo essersi finora grattato la pera per non sapere come avere pubblicazioni da quei lontani Paesi, salvo attra-verso i librai e a mezzo di cambio con il “Giornale degli Economisti” che sono stati per noi una vera cuccagna. [...] 28 dollari per Econometrica e sterline 12 e 12 scellini per il Journal of the Royal Statistical Society: una bella sommetta, almeno per noi che non siamo la Banca d’Italia, con tutto quel suo oro e quella carta. Vorrebbe lei illuminare questo “principe della biblioteconomia”, vero pulcino nella stoppa, facendogli sapere [...] cosa si deve fare per raggiungere l’onesto intento di pagare i debiti con il minor sacrificio?».

Molti grandi bocconiani furono amici di Pagliari. Ne vuol ricordare qualcuno?

Di lui scrisse l’indimenticato storico (e Rettore) Armando Sapori12

(foto a pp. 333 e 339).

11 Ivi, pp. XI-XII. 12 A. Sapori, «Sapeva tutto», in Critica Sociale, 24 dicembre 1960, p. 18; numero

interamente dedicato a Fausto Pagliari.

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Fausto PaglIarI

Il secondo che incontrai [all’Università Bocconi] fu Fausto Pagliari. Anche la biblioteca vive per lui, il bibliotecario, che padrone di tutte le materie, scorre la bibliografia, dai catologhi di antiquariato alle notizie delle riviste in tutte le lingue, e segnala volumi e articoli a ciascun inse-gnante. Con Pagliari, poi, chi abbia l’abbonamento con quell’agenzia di informazioni che procura tutti i ritagli delle recensioni delle opere, può risparmiare la spesa. Sa tutto, e quando capiti da lui ti fa trovare tutto pronto e magari copiato a macchina o a mano con la sua calligrafia netta e intelligente. Se sei in vacanza ti manda copie e riassunti fino a domicilio, e li accompagna con lettere piene di gusto umanistico, a parte la grande dottrina. È cremonese, parla in dialetto, e inciampa, direi meglio, accavalla le parole perché le idee si affollano troppo rapide, e da principio chi non ci ha pratica non ci capisce niente. Per me, ora, è come se fossi nato nella città di Farinacci; ma della fatica ce ne è durata, e mi sono aiutato con la sua mimica espressiva, e con la sua faccia aperta nella quale si legge animo e mente. Memoria di ferro come Palazzina, per lui le schede sono un di più, e se si cerca qualche cosa si fa prima a chiedergliela che ad andare agli schedari: ti porta sul posto e ti trova anche il punto che ti fa comodo. Con me ha fatto lega forse più che con ogni altro, perché nato archivista, sono anche un po’ bibliotecario: nel senso che sento il valore e la funzione della biblioteca e il rispetto per il libro. Per questo, rigoroso com’è con tutti, con me non tiene conto del regolamento, e se invece che tre opere ne porto a casa sei chiude gli occhi, o almeno volta la faccia di là. Ma guai però a non rendergliele alla prima richiesta: seccherei la fonte e guasterei l’amicizia.

Quando il 15 dicembre 1952 (anch’io ero presente tra i più giovani docenti) il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi presenziò in aula magna alla celebrazione del primo cinquantennio di vita della Bocconi (foto a p. 333), si preoccupò di cercare tra la folla Pagliari, che egli conobbe come bibliotecario ai tempi del suo insegnamento bocconiano in piazza Statuto, in anni ormai lontani. Non lo vide e in una lettera a Palazzina (del 17/12/1952) scrisse: «(...) Nella ressa non vidi Pagliari. Gli faccia i miei migliori auguri».

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Lei, professore ebbe qualche particolare esperienza di lavoro con l’ec-cellente bibliotecario?

Quando nel 1953 scrissi un impegnativo libro sui “costi di azien-da” (un tema serio, perché dovevo cercare di superare, ma

senza contraddirli, gli insegnamenti della mia Scuola), dovetti fare incetta di tutti i libri in argomento della biblioteca della Bocconi (foto a p. 340).

Allora il numero di prestiti consentiti era di tre libri (per volta). Io avevo bisogno di tutti: circa un centinaio, in massima parte stranieri (americani e tedeschi, perlopiù). Quasi tutti risalenti all’anteguerra: dopo il 1945 il flusso non era ancora ricominciato, o accadeva per pochissimi casi.

Pagliari cominciò ad accordarmi permessi di 4-5 libri per volta; ma dopo qualche mese li avevo quasi tutti. Gliene parlai con franchezza: «Nessuno li può sfruttare meglio di te – fu la sentenza – e se ci fosse qualche specifica richiesta, ne riparleremo». Non se ne riparlò fino alla fine del libro.

Quando gli dissi quanto mi fossero stati utili, anzi indispensabili, per capire a fondo la posizione di isolamento in cui la Scuola zap-piana si era posta e per cercare, in punta di penna, di apportarvi le integrazioni richieste dai tempi, ne fu felice, come se gli avessi fatto un regalo (che in realtà lui aveva fatto a me).

Un altro suo grande “cliente” era Bagiotti, che in biblioteca sta-zionava intere giornate (anche perché, all’epoca, era da escludere che un assistente potesse disporre non dico di un proprio ufficio, ma anche di una scrivania). Sennonché Pagliari, pur rispettandolo pienamente, non lo filava. «Ti te set püse a la man» (“Tu sei più alla mano”), mi diceva.

C’è un altro aspetto del carattere di Pagliari, poco noto, che pure merita attenzione e apprezzamento: la sua assoluta riservatezza sui fatti per-sonali; il suo pudore nel mostrarsi uomo di carattere, diciamo pure il suo coraggio.

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Nell’Italia dell’immediato dopoguerra era una diffusa abitudineper coloro che erano stati oppositori del fascismo ricordare (e

per taluni celebrare) il loro coraggio. Pagliari era stato un perseguitato dal fascismo, ma non gliel’ho mai sentito ricordare. Eppure i fatti sono ben noti. Scrive Marzio A. Romani13:

La fede socialista di Pagliari era ben nota; ma dopo il dicembre 1921, costretto a lasciare l’Umanitaria e assunto in Bocconi grazie all’inte-ressamento di Carlo Rosselli e di Piero Sraffa, pur non nascondendo la sua avversione al fascismo, si era ritirato nel suo particulare, dedican-dosi esclusivamente alla cura della sua amata biblioteca e di quanti la frequentavano. La sua pacata opposizione al regime e i suoi trascorsi non erano però stati dimenticati; prova ne sia che, a un mese dall’entrata in guerra, egli fu convocato in prefettura assieme ad altri oppositori del regime e, dopo essere stato trattenuto alcuni giorni in carcere, «con la biblioteca ridotta a Dante e Manzoni» (lettera del 11 luglio 1940), fu spedito al confino a Istonio Marina (l’attuale Vasto).Informato della cosa da Palazzina, Gentile in un primo momento fu molto cauto, adducendo la scarsa conoscenza che aveva del bibliotecario e consigliando di rivolgersi alle autorità locali: «Il caso è doloroso e non so come si possa intervenire. Non potrebbe “V”14 parlarne a voce al Questore o al Prefetto? Io poco posso fare, anche perché ho appena visto una volta Pagliari e non saprei cosa dire di lui. E ancora: «Aveva la tessera fascista? E come usava parlare della Guerra e della politi-ca attuale? Certi discorsi oggi possono compromettere gravemente e purtroppo se ne fanno tanti senza riflettere» (lettera del 9 luglio 1940). Prudenza e imbarazzo furono però ben presto superati dalle informa-zioni ricevute e dall’accertamento che il provvedimento aveva carattere generale, avendo interessato numerosi antifascisti non particolarmente invisi al regime.

13 M.A. Romani, Da ieri ho l’inferno nel cuore, Egea, Milano, 2000, pp. 12 e ss. 14 “V” è un’abbreviazione del nome del consigliere delegato del tempo, il dottor

Venino.

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Il meno preoccupato di quanto stava capitando, almeno a giudicare dalle sue lettere, era proprio Pagliari, che, dopo le apprensioni dovute all’arre-sto e alla carcerazione, viveva il confino come una sorta di vacanza non programmata, godendo di piaceri che da tempo non provava e convinto che, probabilmente, era il frutto di un eccesso di zelo di qualche ignoto burocrate (lettera del 15 luglio 1940).Il 9 luglio 1940 Palazzina scriveva a Gentile: «Eccellenza – stamane alle 7 un agente si è presentato all’abitazione del ns. ottimo bibliotecario – Prof. Fausto Pagliari. Via Lamarmora 14 – invitandolo in Prefettura. Per tutta la giornata non si è riusciti a saper nulla di lui e V.E. comprende con quali ansie della famiglia. Si può affermare con sicurezza che dacché egli è all’università ha diviso il suo tempo fra la casa e la biblioteca a cui ha dato l’appassionata sua direzione, senza minimamente occuparsi di politica, cattivandosi simpatia unanime di professori ed ex studenti, a cui è sempre stato largo di preziosi consigli nella preparazione delle tesi laurea specialmente (il Segretario politico del GUF lo conosce bene).Egli era socialista riformista. Crede V.E. opportuno intervenire presso il Prefetto in suo favore?Per unanime giudizio l’opera del Pagliari per la ns. biblioteca è impa-reggiabile.Con i migliori ossequi aff. Dr. G. PalazzinaPs. dalla figlia del Pagliari si sa che il padre è al cellulare, senza cono-scere il motivo: la pratica è di conseguenza all’Ufficio Politico della Questura.

Tra i nomi, proposti dal pro-Rettore dell’epoca (in assenza tempo-ranea del Rettore), il comandante del governo militare alleato di Milano, colonnello Charles Poletti, ne scelse alcuni per formare il Comitato per l’Epurazione del Personale Universitario. La scelta cadde su questi cinque commissari: Ugo Borroni, Giovanni Demaria, Remo Francescelli, Fausto Pagliari e Girolamo Palazzina.

Di quanta poca voglia i commissari, che pure avevano dovuto subire talvolta pesantemente (come Pagliari e Demaria) le vessazio-ni del fascismo (e che comunque furono sicuramente antifascisti), avessero di epurare docenti e dipendenti dimostra una sofferta let-

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Fausto PaglIarI

tera indirizzata in agosto 1945 al Comando alleato. La lettera (nel Riquadro 1 è riprodotto un brano) oltre a limitarsi ad accettare solo due proposte di epurazione, conteneva (anche se poi solcati da un rigo ma non cancellati) argomenti per rendere solo temporanea la sospensione.

Riquadro 1 Dalla lettera del Comitato di Epurazione

<<Milano, 27 luglio 1945 2 agostoAl Signor AA. VesselloMaggiore A.M.O. Ufficiale Regionale per l’EducazionePalazzo Montecatini – Stanza n. 55. MilanoSi fa seguito alle comunicazioni del Rettore prof. Greco in merito ai lavori della Commissione di epurazione di questa università, per trasmetterle copia del verbale della seduta del 2 corrente della Commissione stessa.La Commissione ha concluso – dopo aver esaminato le opposizioni al noti-ficato progetto di sospensione – di confermare le proposte di sospensione per i professori De Magistris e Martinotti; ma tenuto conto della tarda età di entrambi, delle situazione di famiglia del De Magistris, nonché della particolare forma mentis del Martinotti (matematica, astratta, avulsa della realtà pratica) la commissione ha ritenuto che sarebbe sufficiente sanzione una sospensione per un tempo limitato.Ripresi in esame i quattro casi precedentemente apparsi dubbi, ha rite-nuto non passibili di epurazione il prof. G. C. Colli e l’assistente Madia, ...............................

(Storia di una libera università, op. cit., vol. III, p. 9)

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Le lettere

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lettere

Milano 20/1/1942 XX

Caro Prof. Di Fenizio,Sono anch’io, e lo sapete bene, del parere che agli studiosi come

Voi la Biblioteca debba fare un trattamento il più generoso. Ma 12 volumi sono una razione rispettabile anche per un vorace mangia-libri del Vostro calibro. E, in ogni caso, vorrete ammettere che un prestito che risale al febbraio de 1940, come quello dell’Evand, e quello del Weckstead, del Pigou, dello Schneider, del Robinson, che vanno dal settembre al dicembre 1940, sono prestiti di eccezionale lunghezza, e sempre prestiti di rispettabile durata quelli del Moore, dell’Ackermann e consorte, del Cassel, del Lindahl, che si distribu-iscono in una serie temporale che va dal 1° aprile al settembre 1941. Se vorrete aggiungere che avete preso il Chamberlein nel novembre 1940 e ultimamente il Roos, si può dire che tutte le recenti opere più importanti di economia teoretica che la biblioteca possiede sono, da tempo più o meno antico, a casa Vostra; il che, vorrete ammettere, è una situazione abbastanza anormale, per una biblioteca economica come la nostra, la quale Vi ha anche eccezionalmente prestato il 27 dicembre le annate 1934-35 di Econometrica, per una pronta consul-tazione, che dura ancora.

È troppo irriverente da parte mia chiedervi che questi illustri personaggi della economia ritornino, dopo così lunga assenza, a casa loro a servire da rompicapo ad altri come Voi che hanno questo gusto dei problemi della scienza? Affettuosi saluti

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Milano, 21/1/1942 XX

Caro Prof. Pivato,nel passare le vecchie pratiche per cominciare una vita nuova nella

sede nuova, ho riveduto anche i conti dei prestiti dei nostri docenti, tutti morosi, in grado diverso sì, ma tutti morosi. Persino quel galan-tuomo del prof. Pivato è nella triste consorteria e, a prescindere delle opere del suo mestiere che ha dal luglio del 2941 e il Ceccherelli e il Corsani, di frequente consultazione, dalla fine di ottobre, ha anche lui i suoi bravi quattro libri dall0’aprile-giugno del 1940, un Psenicay (?). un Gini, un Clark, un Vito, opere queste tre ultime di economia generale, che interessano una larga cerchia di gente. Mi permetto di chiedervi subordinatamente la restituzione di questi tre poveri vecchi fuorusciti che avrete già, come Ugolino, rosicati fino all’osso, e saranno da tempo dimenticati, come residui inutili, in qualche angolo del Vostro studio.

Affettuosi saluti dal VostroBibliotecario

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lettere

Milano, 20/3/1942

Al Magnifico Rettoredell’Università commerciale L. Bocconi, QUI

A documentazione dell’opportunità di regolare i prestiti della biblioteca ai docenti, credo utile comunicare riservatamente alcuni dati sui relativi ai prestiti in corso, più significativi per il numero delle opere. Il prof. Zappa ha attualmente a prestito 93 opere, la cui data di prestito va dal 1928 al 1941 e precisamente: 8 opere da 10 a 14 anni; 5 dal 6 a 9 anni; 64 da 3 a 5; 16 da 1 a 2 anni. Di detti libri, 57 sono attinenti alla ragioneria e all’economia aziendale in genere e di essi 26 -23 del 1937- sono tutti relativi all’economia delle vendite, tema tra i più studiati dell’economia aziendale, e rappresentano la maggior parte delle opere più recenti possedute dalla biblioteca sulla materia. Le altre 36 opere sono di economia generale, per la maggior parte di economia teoretica, che interessano tutti gli studiosi dell’economia, anche fuori della specifica tecnica aziendale.

Il prof. Demaria ha 56 opere a prestito con date dal 1935 al 1942: 9 da 7 anni; 22 da 3 a 5; 15 da 1 a 2 anni; 10 dal 1942. Le opere per materia, si distribuiscono su una più larga varietà di argomenti e su un materiale infinitamente più cospicuo di quello dei prestiti del prof. Zappa: per la metà circa riguardano l’economia e la statistica teoretica e il resto, moneta e credito, storia e filosofia, politica, ecc. Ma anche queste sono tutte opere scelte nel loro settore.

Gli altri docenti hanno ciascuno a prestito un numero assai inferio-re di opere e da un periodo molto minore, ma che va solo in qualche caso da 1 a 2 anni. Anche per questi però, come nel caso citato del prof. Zappa, si tratta talora di opere tutte relative ad un solo specifico argomento, cosicché la più parte delle fonti di studio più importanti di un determinato soggetto sono in questo caso contemporaneamente fuori della Biblioteca. In parecchi casi una determinata opera, presa a prestito da un docente appena entrata in biblioteca, non ha più potuto essere consultata da altri per tutto un lungo periodo.

È da tener presente, a questo proposito, che la Biblioteca della

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Bocconi non è, come la maggior parte delle biblioteche universitarie, a disposizione esclusiva dei docenti e degli studenti; ma serve, in misura sempre più considerevole, ai laureati, professionisti o impiegati in posti di comando e di studio di grandi aziende o Istituti, i quali ricorrono alla Biblioteca, spesso anche da altre città, per necessità dei loro studi di economia teorica e pratica; né occorre ricordare l’importanza che questo fatto ha, sotto tutti gli aspetti, per l’Univer-sità, perché già rilevato ripetutamente nelle relazioni annuali della Biblioteca, e non per la sola Università, sarebbe da aggiungere, ma per la stessa continuità dell’azione feconda dei singoli docenti anche oltre la scuola.

L’anormale durata del prestito sottrae così alle richieste ripetute degli studiosi, e, per la natura stessa degli insegnamenti, tutti di un medesimo ramo di scienza, agli stessi docenti, un numero considere-vole di opere sempre scelte e tutte importanti, tenuto anche conto che i distributori, quando si tratta di docenti, non sollecitano di regola dalla direzione la domanda di resa di un determinato libro a prestito ai medesimi, se non nel caso di richieste particolarmente insistenti, ed è da ritenere che, per la qualità stessa delle opere, la maggior parete lo siano state occasionalmente nel corso di un lungo periodo durante il quale sono rimaste sottratte alla circolazione. Non infrequentemente, fra la richiesta e la resa, passa, del resto, un tempo considerevole.

La biblioteca si rende perfettamente conto delle esigenze scientifi-che dei nostri docenti, che hanno tutta la più cordiale sollecitudine e la sua piena comprensione; ma ritiene necessario provvedere affinché queste esigenze siano contemperate con quelle, non meno legittime, degli altri studiosi-docenti, studenti, laureati dell’Università. E per la simpatia benevola che si sa di godere tra i nostro egregi insegnanti, la Biblioteca ritiene anche di poter contare sulla loro collaborazione per regolare nel modo più conveniente i rapporti reciproci, sia per il numero che per la durata dei prestiti, nel comun fine del più ordi-nato funzionamento di un istituto dell’Università, al quale essi sono sempre stati larghi di tutto il prezioso contributo del loro costante interessamento e dell’alta [considerazione] della loro dottrina.

Il Bibliotecario

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Milano, 21/3/1942

Magnifico Rettore,Fra i professori non individualmente specificati nella nota del

sottoscritto sui prestiti a lungo metraggio, figurerebbe, salvo erro-re, il prof. Paolo Greco, il quale avrebbe a prestito dal 12.XII.1940 un’opera in ben due tomi di J. Steuart: An inquiry into the principles of political economy (London, 1767), che fa parte del fondo delle opere in edizioni pregiate e rare della Biblioteca, delle quali non è concesso il prestito esterno se non in via eccezionalissima.

Penso che all’autorità del nostro Rettore sarà più facile, che non al Bibliotecario, ottenere dal prof. Greco la restituzione dell’opera e mi permetto perciò di sollecitare il suo interessamento al riguardo.

Con deferenti ossequi.

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Il BIBlIotecarIo. rIcordo dI Fausto PaglIarI

Milano, 16/3/1942 XX

Caro Prof. Caprara,Probabilmente Voi avrete nella Vostra biblioteca, tra le altre rarità

bibliografiche, il “Chirone itinerante” del conte Alberto Caprara, contenente le “istruzioni per un aio destinato ad assistere i viaggi di un giovane principe” (Venezia 1688), con il quale ho fatto conoscenza in questi giorni. Deve essere l’autore uno dei maggiori del Vostro albero genealogico, come Voi scrittore di libri, lui di precettistica politica, Voi, come vogliono questi nostri tempi borghesi, di tecnica per “mercanti”. Se avete il libro, tenetevelo da conto come blasone avito. Ma il Pantaleoni, Studi storici di economia (Bologna, Zanichelli, 1936), che il Vostro Cacciaguida mi ha fatto tornare in mente, non è, come quello, una rarità bibliografica e Vi è stato facile averlo com’era Vostro desiderio, dal primo libraio al modesto prezzo di L. 25, cosicché potreste rendere tosto alla Biblioteca la sua copia, come Vi eravate impegnato di fare a volta di corriere, presente Vostro figlio, circa un mese fa, che sarebbe un malo esempio di un cattivo aio, dimentico dei precetti dell’avo, se il figlio venisse a saperlo, cosa che non voglio fare.

Cordiali saluti dal Vostro Bibliotecario.

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15 nov. 1943

Caro Professore,non so se tutto lo sconquasso degli ultimi mesi Le ha permesso di

accorgersi che Giorgio Fuà e Nuove Edizioni Ivrea non restituiscono i libri alla biblioteca.

Per me lo sconquasso è stato abbastanza grande, perché l’armisti-zio mi ha bloccato lontano dalla sede, mentre facevo una frettolosa visita in Ancona per presentare ai parenti la fidanzata (diventata mia moglie). Da lontano ho avuto la notizia che gli uffici della casa editrice sono stati chiusi e tutta la mia roba è stata imballata in un deposito sicuro.

Tra questa roba – che nelle circostanze attuali non posso andare a prendere né far venire – rimangono custoditi dalla S.A. Ing. C. Olivetti di Ivrea vari libri della Bocconi. Mi ricordo i seguenti titoli.

Schulz, Theory and Measurement of Demand; Mc Gregor, Entre-prise; Harrod, Trade cycle.

Avendo perduto il contatto con Dominedò, non so se vi sia stato già restituito Harrod, International Economy, che avevo affidato a lui nel luglio scorso con molte raccomandazioni di farlo riavere presto o a me o alla biblioteca.

Il libro di R. von Mises, Wahrscheinlichkeit Statistik u. Wahrheit e rimasto presso un traduttore delle Nuove Edizioni Ivrea, Dott. Ing. Vittorio Cavallotti, villa Cavallotti, Cernobbio (o via Quintino Sella 3, Milano), dal quale la Biblioteca potrebbe reclamarlo diret-tamente. Naturalmente, se ce lo restituiscono non occorre subito, sarà un vantaggio che la traduzione vada avanti. Il rapporto sulle assicurazioni di Beveridge, che intendevo offrire alla Biblioteca, è in mano di Einaudi che l’aveva preso a prestito molto tempo addietro e del quale non ho notizie recenti.

Per qualsiasi altra indicazione che vi occorresse, potete provare a scrivermi in Ancona, via Frediani 2; ma naturalmente non è detto che la casa continui a salvarsi dai bombardamenti e non è detto neppure che dal mio attuale rifugio di sfollato io riesca a sempre a mantenere i contatti con la città.

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Dove son rifugiato, mi godo la villeggiatura fuori stagione, senza un libro e con molto spirito di adattamento. Penso con nostalgia all’ambiente della Bocconi e, nell’attesa del ritorno, mando a tutti un caro saluto.

Riceva, caro Professore, le espressioni più cordiali. Giorgio Fuà.

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lettere

13/10/1945

Egr. Sig. Rodolfo Banfi

Milano – Corso Magenta 30

Mio caro Banfi,il dott. Guido Morpurgo Tagliabue, al quale abbiamo prestato

l’opera di Hook, Pour connaître Marx, sulla autorevole presentazione di suo padre, è stato qualche giorno fa sollecitato dalla Bibliote-ca telefonicamente al C.L.N., in sua assenza per tramite della sua segretaria, a restituire l’opera che ha a prestito del 7/VI/1944 per il periodo … di un mese.

La sollecitatoria non ha avuto effetto e La pregherei di voler inter-porsi personalmente, come figlio di papà, per un sollecito ritor-no all’ovile della pecorella smarrita; tanto più che il libro “di tutta moda”, è stato ripetutamente richiesto.

Colgo l’occasione per salutarLa amichevolmente

IL BIBLIOTECARIO

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Il BIBlIotecarIo. rIcordo dI Fausto PaglIarI

Milano 6/3/1946

Al dott. Vittorio Craxi

Milano – Via P. Diacono 9

Chiar.mo Sig. Dottore,mi congratulo personalmente con Lei della Sua nomina a Prefetto

di Como; ma, come Bibliotecario, mi permetterei di pregarLa di rimandare alla Biblioteca le sottoindicate opere da Lei prese a prestito per 15 giorni: le prime due del gennaio u.s., ma il Diritto sovietico del lavoro fin dal maggio dello scorso anno:

B.I.T., Les problèmes du logement en Europe depuis la guerre (1924).GRECO, La proprietà edilizia, ecc.Il diritto sovietico del lavoro (1950)

Con distinti salutiIL BIBLIOTECARIO

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Milano, 5/4/1946

Chiar. Prof. Marcello Boldrini

Milano – Piazza Carnaro 3

Caro Boldrini, annullata la scheda per un volume di Metron resta sempre in

sofferenza l’altra scheda di Metron vol. V che fu preso a prestito da te secondo il buon metodo italiano del “solo per pochi giorni”, fin dal 2 giugno 1945.

Può darsi che un prossimo giorno tu ti stanchi di avere anche que-sto altro estraneo tra i tuoi libri e lo rimandi a casa mia alla Bocconi. Ma, mano sulla coscienza, quando faccio delle difficoltà al prestito delle riviste, ho, sì o no, ragione? “Certo che hai ragione” dirai tu, ma da “brava taliana” [sic.], per quanto il migliore degli uomini, prote-sterai che non ti mollo la preda e protesterai quando te la richiederò, passati tutti i termini –e te la terrai, come questa volta, per 9 mesi, il tempo che basta per mettere al mondo un bel bambinetto.

Resto intanto in attesa di Metron vol. V°, che forse da mesi dorme i suoi sonni tranquilli in qualche angolino dimenticato e sarebbe ora che tornasse dal confino per essere rimesso in libera circolazione.

Coi saluti del tuoBIBLIOTECARIO

Suo malgrado

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Il BIBlIotecarIo. rIcordo dI Fausto PaglIarI

Milano, 5/4/1946

Chiar. Prof. Marcello Boldrini

Milano – Via Locatelli n° 1

Professore mio colendissimo.Proprio oggi avevo deciso di scriverti una lettera-protesta, alla

quale avrei fatto mettere una coda dal “padrone” per renderla più minacciosa, per le non avvenuta restituzione, ripetutamente promessa, promesse da marinaio, di quel famigerato volume del METRON, preso a prestito da te per 15 giorni e che ti sei tenuto un anno, o giù di lì.

Invece è successo il miracolo, Morini, Cerbero, mi avverte che in questo momento il figliol prodigo è tornato in famiglia, e in miglior stato di conservazione di quello storico, per cui la preventiva protesta si trasforma in una accompagnatoria delle ricevute delle opere rese, che allego.

Resta però inteso che, dato l’esperimento non confortante, l’even-tuale prestito di annate arretrate di riviste anche all’eccellentissimo prof. Boldrini, sarà fatto alle condizioni che saranno concordate di volta in volta tra il medesimo ed il sottoscritto e con garanzia morale che il “fattaccio” non si ripeterà più.

Buone vacanze e saluti cordialissimi, ad onta del tempo che ho perso a far mollare la preda a Marcello “duro da morire”

Tuo affez.IL BIBLIOTECARIO

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lettere

Milano, 31 maggio 1946

Al Prof. Ernesto D’Albergo

Milano – Via Pancaldo n° 9

Caro Prof. D’Albergo,Lei è giovane e può aspettare fiduciosamente lo scorrere del tem-

po, ma io sono vecchio come Seneca e, come lui, il tempo vola via paurosamente e non vi sono freni che tengano.

Crede Lei che mi sarà dato di vedere con questi occhi “mortali” quegli ultimi resti del “Capitale” di Marx travestito alla francese (Tomi V°/VIII°) che Lei, suppongo come filomarxista come molti economisti odierni, anche cattolici – vedi A. Breglia – ha voluto, di moto proprio, senza preventivo benestare, affidare ai rossi Bolognesi per la traduzione, nel lontano aprile del 1943, ai tempi felici dell’im-pero littorio in profetica previsione della Repubblichina socialista settembrina? E a che punto è il ritrovamento di quel Suo sig. L. Poretti, vivo o morto. Che, sotto il Suo usbergo e a suo rischio e pericolo, si è preso il vol. XI della Biblioteca dell’Economista, Serie V, espatriando poi da Milano, per rendersi irreperibile col nostro volume, che vale ora, come Lei sa, un piccolo tesoro?

So bene che Lei è solvibilissimo e non ho perciò per la Biblioteca preoccupazione alcune circa il possesso di questi libri perché, alla peggio, Lei farà onore alla Sua firma d’avallo; ma gradirei ricevere qualche assicurazione da Lei sulle probabilità non remote del recu-pero di questi reliquati di guerra, ancora durante il mio regno.

In questa attesa La saluto molto cordialmente, malgrado tutto, mentre dovrei soffiare come il Conte Zio del Manzoni per i fastidi che mi danno questi Suoi renitenti debitori e nostri.

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Il BIBlIotecarIo. rIcordo dI Fausto PaglIarI

R. UniveRsità degli stUdi di Bologna

Facoltà di economia e commeRcio Laboratorio di economia “Tullio Martello”Il Direttore

Milano, 17-VI

Caro prof. Pagliari,eccole soddisfatto il primo e più antico debito. Accludo, cioè, il vol. VII dell’edizione francese di C. Marx. Come

vede gioisco come Lei del recuperato bene, nonostante i rischi soprav-venuti in quel di Bologna e la “mala voluntas” di chi doveva restituire tempestivamente.

Sono alle prese, ora, con Poretti a cui torno a mandare racco-mandata con ricevuta di ritorno. Egli non si è ancora laureato, né ha tentato la laurea altrove, come risulta da una indagine che ho fatto esperire alla mia segreteria. Inoltre, come le dissi, è vivo e vitale; quindi è ancora nelle mie mani, ovvero rintracciabile e nella condi-zione di dover assolvere al proprio debito, se intende laurearsi. Ma spero che mi sia dato di ottenere prima la restituzione. Frattanto, Le sia di augurio l’invio di questo volume, accluso.

Con i migliori saluti Suo aff.mo Ernesto D’albergo.

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lettere

Milano, 19/6/1946

Al Prof. Ernesto D’Albergo

Milano – Via Pancaldo n° 9

Caro Prof. D’Albergo,ricevo di ritorno il vol. VII° della traduzione francese del “Capita-

le” di Marx, rientrato così totalmente in Biblioteca dalla lunga vacan-za in quell’Emilia rossa, un tempo tutta devota al russo Bakunin, che fu del Marx il più acerbo nemico e ne minò e distrusse l’opera nella I.ma Internazionale “di gloriosa memoria”; una vecchia guerra, del resto sempre nuova, e che sotto nomi diversi continua ai giorni nostri e continuerà anche quando saremo già da tempo polvere da boccali.

Le sono grato per la perseveranza con la quale sta inseguendo quel suo studente fuggitivo col nostro volume e, pare, ancor vivo. Meno male!

Ho il piacere di annunciarLe che sono finalmente riuscito a met-tere le mani sul famoso Tomo 2° dell’Enquête sur les changéments de structure du crédit et de la Banque, 1914-1918 nel quale è stato pub-blicato, nel lontano 1940 il vasto rapporto del Prof. E. D’Albergo su “Les banques italiennes” (p.247). Sono ormai cinque anni che gli faccio la posta e sono molto fiero della cacciagione.

Vedrò, se mi sarà possibile che, come nel buon costume italiano, il libro non finisca in mano di uno di quegli studiosi “altruisti” che lo sottrarrebbe a tempo indeterminato alla consultazione di altri, fino a quando fosse diventato un’opera di antiquariato. Intanto, per un mese almeno, farà bella mostra nella vetrina delle “novità” della Biblioteca come una primizia prelibata. Che poche, credo, siano le copie arrivate finora in Italia; tanto che, se avessi ancora da fare la tesi di laurea, potrei forse addottorarmi con gloria, saccheggiandola impunemente: non a Bologna si capisce.

Colgo l’occasione per salutarLa caramente comeSuo BIBLIOTECARIO

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Milano, 6 giugno 1946

Prof. Giordano Dell’Amore

Milano – Via F.lli Ruffini 5

Caro Prof. Dell’Amore,ho fatto inviare la sollecitazione a questo Suo, poco curante dei

termini, raccomandato romano e spero di potere, in un tempo non troppo lontano, ricevere i libri, certamente reperibili anche a Roma, e comunque non c’è ragione alcuna che facciamo questi servizi anche agli “stranieri” perché facciano i loro comodi, come lo fanno i nostri “indigeni”.

Ché, mentre siamo in questo spinoso campo delle sollecita-torie, vorrei cogliere la fortunata occasione per farLe presente che contro tutti i nostri accordi verbali e le Sue promesse, Lei ha in prestito libri da tempo così remoto, che credo opportuno di rivendicarne la proprietà della Biblioteca, prima che vadano in prescrizione.

Dei libri, tutti presi a prestito, secondo dichiarazione firmata, per 10 giorni, l’anzianità di prestito è la seguente:

1) PETIT e DE NAEYRAC 14/9/422) SERPIERI e DE LAVELEYE 21/9/433) I.I.A. e NOGARO 11/5 e 13/x/44

Degli altri la data del prestito va dal 29 gennaio al 5 settembre 1945.Come se non bastasse che dei libri siano restati fuori da poco meno

di dieci anni a poco meno di uno, figurano tra questi libri bloccati l’opera del Petit che Le ho già chiesto più volte; opere dell’Istituto Internazionale di Agricoltura e della Società delle Nazioni che, come. Lei sa, sono di continua consultazione e non vengono prestate che per brevi periodi di tempo; un volume degli “Atti dei Georgofili”, i quali, come pure sa, essendo una rivista di cui c’è la collezione, sarebbe esclusa senz’altro dal prestito e il prestito è perciò da con-

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siderare un atto di particolare favore fatto eccezionalmente a Lei e con cambiale a breve termine.

Veda quindi di mettersi in regola, oltreché colla carta firmata, colla coscienza, che Le rimorderà, non dubito un momento, di aver sottratto per così lungo tempo agli altri questo nutrimento scientifico destinato all’utile comune e non a quello “particulare” e mi rimandi i libri da troppo tempo esuli e, al più presto, quelli che costituiscono un vero e proprio pascolo abusivo.

Ma pare impossibile che io debba essere costretto periodicamente a scriverLe per ripetere sempre la stessa cantilena. Evidentemente v’è un difetto nel sistema e bisognerà rimediarvi rinnovando i patti.

Cordiali saluti dal SuoBIBLIOTECARIO

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Il BIBlIotecarIo. rIcordo dI Fausto PaglIarI

Milano 21/5/1947

Chiar.mo Prof. Gino Zappa

Venezia – Sanstae 2070 – Calle Pesaro

Illustre e caro Professore,Le segnalo, pur essendo probabile che Lei ne sia già a conoscen-

za, la recensione che del Suo libro sulle nazionalizzazioni è stata pubblicata nell’ultimo fascicolo della “Civiltà Cattolica” (Quaderno n° 2326 – Anno 98 vol. II del 17/5/1947), in un articolo generico sul problema, che potrebbe perciò forse sfuggire.

Colgo così l’occasione per trasmetterLe l’accluso estratto conto del Suo debito verso la Biblioteca, come Ella vede alquanto maggiore di quanto Lei stessa aveva, due anni fa, chiesto la proroga di un anno, che Le è stata concessa.

La graduatoria dell’anzianità rispettabilissima dei prestiti, che va dai 17 ai 6 anni, è riassunta in questa statistica.

Dal 1930 al 1936 opere 8Dal 1937 “ 30Dal 1938 al 1941 “ 23 Totale 61

Il grosso gruppo dei prestiti quasi decennali del 1937, Lei sa meglio di me, riflettono, nella massima parte, il fior fiore delle opere sulla tecnica mercantile che la Biblioteca possiede.

Lo so benissimo che questo capitale della Biblioteca datoLe a prestito per così lungo periodo darà frutti del più alto valore, quali non avrebbero dati, sommati insieme, quelli dei molti che avrebbero potuto nel frattempo usufruirne. Ma Ella stessa ha già iniziato lo smobilizzo e io non ho che da sperare che Ella lo porti a termine il più presto possibile; il che vorrebbe anche dire che il Maestro ha finito l’opera lungamente attesa, ciò di cui mi rallegro con lui di tutto cuore.

Ho segnato nell’elenco i libri, che, nella smobilitazione in corso,

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sarebbe desiderabile avessero la precedenza, perché sono libri di interesse generale e perciò sono stati anche quelli più ripetutamente richiesti da altri. Ma la smobilitazione di questi, come Lei mi ha assicurato, confido seguirà anch’essa sollecitamente, han servito, mi sembra, abbastanza lungamente con onore sotto le bandiere e, come i “grognards” di Napoleone, meritano tutti il loro congedo assoluto.

Ella perdonerà al Bibliotecario questa sua insistenza, tanto più che, in pratica, non ha avuto effetti maggiori di quelli della mosca cocchiera della favoletta, o non ha in alcun modo intralciato il Suo lavoro. È questo infatti il problema che più preoccupa la coscienza del bibliotecario: contemperare gli interessi dei singoli studiosi, dei re che edificano, colle necessità della Biblioteca. La carrozza di tut-ti, che deve essere a disposizione anche dei carradori: “Wo Kőnige banen, haben die Kȁrmer zu tun!”.

Accolga, caro Professore, gli affettuosi saluti dal SuoBIBLIOTECARIO

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Il BIBlIotecarIo. rIcordo dI Fausto PaglIarI

Milano, 25/7/1947

Prof. L. Lenti

Mio caro Lenti,sto facendo revisione a chiusura del bilancio semestrale delle

schede di prestito. Non sei tra i peggiori clienti, lo riconosco; non hai che 15 opere, un’inezia rispetto ad altri più voraci di te del pan della scienza.

Molto probabilmente parte dei libri sono a sbadigliare su qualche tavolo; altri non sai più dove li hai cacciati; ma se farai una revisione dei libri non tuoi, troverai, oltre a quelli della cui proprietà altrui si è perduta la traccia, anche questi nostri, per i quali c’è per ognuno la sua brava scheda di prestito, firmata talora dai tuoi messi, forse senza delega scritta, ma non monta. Trovati questi poveri figli di nessuno; ne farai un bel pacchetto e lo rimanderai alla Bocconi colla consueta premura.

Ma a me, in particolar modo, occorre riavere con sollecitudine: Istituto Centrale di Statistica,

1- Cause di morte2- Tavole di mortalità femminile 1935/37.

Però anche gli stranieri Huber e Landry, che ti sei presi caldi caldi appena arrivati e che nessun altro, dopo di te, ha più avuto il bene di vedere, sarebbero, in coscienza –parola di un cliente galantuomo- da rimandare e, con questi galli, anche il compianto tuo maestro Coletti, il bravo Bachi (collezione Carnegie) e il Maroi, per l’una o per l’altra ragione da non lasciar troppo a dormire fuori di casa.

Queste cose te le ho dette più volte a voce; ma la Vostra genera-zione non sente che l’altoparlante.

Ti scrivo, perciò, sperando che gli occhi vedano quel che le orec-chie non sentono e che tu regoli la tua posizione colla tua banca (tu dirai bancarella) della scienza.

Stammi sano e non serbare rancore al tuoBIBLIOTECARIO

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Milano 26/7/1947

Egr. Prof. Francesco Brambilla

Milano – Via Panzacchi, n° 6

Caro Brambilla,Tu hai già un posto d’onore nell’elenco degli eroi del nuovo Risor-

gimento e perciò hai diritto di essere trattato col rispetto che tocca alle icone. Questo lo so benissimo e so anche: “in chiesa coi santi e all’osteria coi fanti”. Io, come l’oste di Renzo, devo giudicarti dai tuoi rapporti, non con la storia d’Italia, ma col mio “negozio” e, sotto questo riguardo, tu sei un bell’“arrosto di codino”, ossia un “sofficiente lavaceci”.

Mi hai perso l’Allen, che in italiano costa sulle 3.000 lire carta e non è il testo che aspetto da te, ancora di là da venire. Adesso, alla maniera spiccia del partigiano in congedo, mi hai portato via niente-meno che due volumi del “Journal of the Royal Statistical Society” fin dal dicembre 1946 e chi sa dove saranno andati a finire, con questa tua testa nelle nuvole del matematico di razza. Hai fin dal 1942 il vol. 40 degli “Annals of Mathematical Statistics”. Riviste, secondo le norme che sai a memoria, [che] non devono essere prestate se non in via eccezionale, col consenso esplicito della direzione e per breve tempo, tenendo d’occhio la lepre.

Naturalmente, all’italiana, nessuno osserva i regolamenti, neppure qui a Milano, dopo di che, andati via di qui “i car tognitt”, non è più in uso l’unico toccasana incentivo-correttivo per l’italiano, che è il “bancaraus”.

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Il BIBlIotecarIo. rIcordo dI Fausto PaglIarI

Milano, 24/11/1949

Egr. Prof. Libero Lenti

Milano – Bastioni P.ta Nuova 12

Caro Lenti, l’“Ufficio recuperi” della Biblioteca il quale sta attenden-do alla revisione di fine d’anno dei clienti morosi indiscriminatamen-te, illustri od oscuri, richiama la mia attenzione sulla tua posizione, perché, come persona di riguardo, ti richiami io stesso all’ordine, non d’ufficio in via ordinaria come il comun volgo dei lettori.

La tua morosità è forse congenita nella schiatta, se si guarda al nome di famiglia, ma è in ogni modo abituale in te, Libero di nome ma di fatto Libertario, fin da quando eri un imberbe studentello e so che lo sputar sangue periodicamente per indurti alla resa dei conti è uno dei ricorrenti gravami d’obbligo della mia carica, in guerra perpetua coi tiratardi.

La mia sorpresa è stata nondimeno grandissima, quando ho visto coi miei occhi che tra i libri, da così lungo tempo in villeggiatura coatta al tuo provato domicilio, figurano ancora parecchi di quei derelitti, segnati in rosso nell’elenco, la cui sorte è così simile a quella dei nostri prigionieri nella Moscovia, perché te ne ho sollecitato inva-no la restituzione non so quante volte e tu ogni volta hai promesso solennemente, con quel faccione da galantuomo, di farli rimpatriare al più presto. “Ho promesso e sta sicuro!” Promessa da marinaio … d’agosto d’acqua dolce.

Dimmi tu cosa dobbiamo fare per riaverli, non potendo indurre Scelba a prestarmi “La Celere”. Dobbiamo ricorrere all’O.N.U.? O attendi forse che io vada in pensione a Musocco, per farli passare definitivamente in fureria, una volta scomparso questo molesto guardiano … che abbaia alla luna, pensando che “settant’anni boni so’ un passaporto per l’antri carzoni”? Sciagurato: e la coscienza ed il rimorso non sono dunque per Libero Lenti, uno dei maggiori e più reputati articolisti di un giornale “borghese” benpensante e rispettabile come il “Corriere della Sera”, il nuovo come il vecchio?

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Ma ci sono e ci conto coll’aiuto del diavolo, se ci credi, come spero, con questo ritorno universale all’ovile anche delle pecore rosse, invano scomunicate. Cordiale saluti dal tuo, per sua disgrazia e mala sorte

BIBLIOTECARIO

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UNIVERSITÀ BOCCONI EDITORE

U

www.egeaeditore.itISBN 978-88-8350-270-5

a cura diMarzio A. Romani

Il Bibliotecario

Ricordo di Fausto Pagliari

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