5. 16012015 le chiesette di brenzone

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1 CONOSCERE IL BALDO – GARDA I° CORSO DI FORMAZIONE PER ANIMATORI TURISTICI AMBIENTALI 5° INCONTRO: VENERDI’ 16 GENNAIO 2015 LE CHIESETTE DI BRENZONE RELATORE: PROF. GIULIANO SALA E’ un po’ restrittivo parlare semplicemente di “chiesette” perché stiamo parlando di quattro chiese medioevali fra le quali abbiamo dei piccoli tesori sia dal punto di vista architettonico e dal punto di vista pittorico, quindi sono una ricchezza del nostro territorio, o sono stato qualche anno fa, invitato all’Ateneo di Salò a presentare un libro di studi Gardesani del Garda Occidentale e ho preso tutta una serie di immagini legate al culto dei Santi sul nostro territorio e sono rimasti stupiti i partecipanti della parte Bresciana, della ricchezza che abbiamo ma soprattutto Brenzone, la pittura del ‘300 a Brenzone ha delle scansioni eccezionali. Noi partiamo dagli affreschi di San Nicola ad Assenza, dall’Ultima Cena che è dalla fine del 1200 agli nizi del 1300, abbiamo gli affreschi datati 1322, da lì passiamo poi al 1349 datati nella chiesa di Sant’Antonio di Biasa al 1358 datati nella chiesa di San Pietro a Campo. Quindi abbiamo una scansione anche cronologica eccezionale, perché non è che ci sono molte date di riferimento su cui noi possiamo contare, quindi ritengo che “chiesette” va a diminuire l’importanza del tema. Si tratta senz’altro di un’espressione storica ed artistica del territorio molto importante. Ovviamente, quando noi parliamo di queste chiese, parliamo di architettura, parliamo di pittura, di date quindi di storia, perché non possiamo non inserire qualsiasi edificio nel suo contesto storico, soprattutto se parliamo di chiese che hanno avuto una funzione molto importante in quello che era il tessuto urbano del nostro territorio a partire dall’Alto Medioevo. Quindi io farei una piccola premessa di carattere storico a linee molto generali, soprattutto per capirci un po’ con la terminologia, perché si parla di chiesa, si parla di pieve, di cappella, oratorio, a volte vengono usati come sinonimi ma avrebbero un loro significato ben preciso. Per quanto riguarda la diffusione del Cristianesimo c’è una tradizione abbastanza leggendaria che vuole che questo sia avvenuto intorno al IV° secolo in concomitanza col vescovado di San Zeno a Verona che viene ricordato nel “Ritmo Pipiniano” (Vedi

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CONOSCERE IL BALDO – GARDA

I° CORSO DI FORMAZIONE PER ANIMATORI TURISTICI AMBIENTALI

5° INCONTRO: VENERDI’ 16 GENNAIO 2015

LE CHIESETTE DI BRENZONE

RELATORE: PROF. GIULIANO SALA

E’ un po’ restrittivo parlare semplicemente di “chiesette” perché stiamo parlando di

quattro chiese medioevali fra le quali abbiamo dei piccoli tesori sia dal punto di vista

architettonico e dal punto di vista pittorico, quindi sono una ricchezza del nostro

territorio, o sono stato qualche anno fa, invitato all’Ateneo di Salò a presentare un

libro di studi Gardesani del Garda Occidentale e ho preso tutta una serie di immagini

legate al culto dei Santi sul nostro territorio e sono rimasti stupiti i partecipanti della

parte Bresciana, della ricchezza che abbiamo ma soprattutto Brenzone, la pittura del

‘300 a Brenzone ha delle scansioni eccezionali. Noi partiamo dagli affreschi di San

Nicola ad Assenza, dall’Ultima Cena che è dalla fine del 1200 agli nizi del 1300,

abbiamo gli affreschi datati 1322, da lì passiamo poi al 1349 datati nella chiesa di

Sant’Antonio di Biasa al 1358 datati nella chiesa di San Pietro a Campo. Quindi

abbiamo una scansione anche cronologica eccezionale, perché non è che ci sono

molte date di riferimento su cui noi possiamo contare, quindi ritengo che

“chiesette” va a diminuire l’importanza del tema. Si tratta senz’altro di

un’espressione storica ed artistica del territorio molto importante. Ovviamente,

quando noi parliamo di queste chiese, parliamo di architettura, parliamo di pittura,

di date quindi di storia, perché non possiamo non inserire qualsiasi edificio nel suo

contesto storico, soprattutto se parliamo di chiese che hanno avuto una funzione

molto importante in quello che era il tessuto urbano del nostro territorio a partire

dall’Alto Medioevo.

Quindi io farei una piccola premessa di carattere storico a linee molto generali,

soprattutto per capirci un po’ con la terminologia, perché si parla di chiesa, si parla

di pieve, di cappella, oratorio, a volte vengono usati come sinonimi ma avrebbero un

loro significato ben preciso.

Per quanto riguarda la diffusione del Cristianesimo c’è una tradizione abbastanza

leggendaria che vuole che questo sia avvenuto intorno al IV° secolo in concomitanza

col vescovado di San Zeno a Verona che viene ricordato nel “Ritmo Pipiniano” (Vedi

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allegato 1 e 2) come colui che convertì la città “qui reduxit Verona ad baptismum” e

San Vigilio per quanto riguarda la parte alta del Lago perché era Vescovo di Trento.

Ovviamente diciamo che la diffusione del Cristianesimo non fu un fatto immediato

né legato all’azione meritevole dei due santi Vescovi ma fu un fenomeno lungo

soprattutto nel territorio extra-urbano nel contado, nei “Pagus”, il termine

Paganesimo deriva proprio da Pagus che significa abitanti del villaggio, nel senso che

gli abitanti del villaggio furono gli ultimi a convertirsi al Cristianesimo, e anche

quando il Cristianesimo si diffuse nel nostro territorio grazie alla presenza di

mercanti, di ufficiali, di persone cristianizzate, grazie agli eremiti che cominciavano

ad abitare le alture del Baldo, famosi i Santi Benigno e Caro che avevano l’eremo

sopra Cassone, grazie agli altri monaci soprattutto quelli dei grandi Monasteri del

nostro territorio per esempio quello di San Zeno di Verona, quelli del Monastero di

San Colombano e di Bobbio che aveva una dipendenza a Bardolino, il Monastero di

Santa Cecilia di Brescia per quanto riguarda la parte bassa del lago. Quindi diciamo

che fu un fenomeno abbastanza lento nel tempo e chiaramente ci fu una serie di

contaminazioni di quelli che erano i riti e le credenze passate e la nuova religione. I

recenti studi sulla chiesa di San Zeno di Castelletto hanno rilevato che questa chiesa

esisteva già nell’Alto Medioevo e non è l’unica, ma lì c’è stata una campagna

archeologica che ha trovato dei dati certi sui quali poter ragionare. Penso poi alla

Chiesa di San Severo di Bardolino, quella è documentata nell’893, la Chiesa di san

Zeno non è documentata prima del XII secolo però la sua struttura ci fa capire che è

una Chiesa Alto Medioevale che nasce nei pressi di un’antica villa romana, lo stesso

di Bardolino e di San Zeno, una Chiesa che ha funzioni cimiteriali, ad uso della gente

che va ad insediarsi intorno a quello che erano i ruderi dell’antica villa romana e che

quindi con lo sviluppo dell’insediamento acquisisce anche una dignità di Chiesa con

“cure d’anime” dove viene mandato un sacerdote a celebrare la messa ed occuparsi

dei fedeli e questo coinciderà poi con lo sviluppo della chiesa e del suo incremento

che vedremo meglio quando parleremo nello specifico.

Quindi in questo periodo abbiamo già le nostre prime chiese nei nostri insediamenti,

cioè intorno all’VIII, IX secolo, forse anche prima e in questo periodo è anche ovvio

pensare ad una organizzazione del territorio della Diocesi di Verona da parte dei

vari Vescovi i quali dividono quello che è il territorio extra-urbano in circoscrizioni

chiamate Pievi.

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Queste circoscrizioni possono essere più o meno ampie, facevano capo ad una

Chiesa Matrice, ad una chiesa importante la quale aveva un Arciprete, aveva dei

sacerdoti che vivevano in comunità e che erano alle dipendenze di questo arciprete,

la Chiesa Pievana o Pieve aveva all’interno un Fonte Battesimale, si amministravano

i Sacramenti, praticamente riproponeva nel territorio extra-urbano tutti i requisiti e

le competenze della cattedrale cittadina. Per quanto riguarda la situazione delle

Pievi nel territorio della sponda Orientale del Lago di Garda, abbiamo un documento

importante dell’anno 1145 che è una Bolla Pontificia di Papa Eugenio III, il quale si

rivolge al Vescovo Tebaldo di Verona e dice quale è la giurisdizione del Vescovo di

Verona. Per quanto riguarda il nostro territorio si fa menzione della Pieve di

Peschiera, quindi risalendo il Lago della Pieve di Lazise, quindi Cisano, poi Garda e

infine Malcesine. Si nota che quando si arriva sull’alto lago c’è una grossa dilatazione

per quanto riguarda la vicinanza di queste chiese plebane. Il territorio di Brenzone

era quindi soggetto alla Pieve di Malcesine, la Pieve di Garda arrivava grossomodo

fino a Pai e Albisano, da Castelletto in su si era già dipendenti della Pieve di

Malcesine. Ovviamente la Pieve di Malcesine di Santo Stefano era la Chiesa

principale e da lì partivano i vari sacerdoti a celebrare le messe nelle varie Cappelle,

ecco perché il termine Cappella, perché se pensate da Garda a Malcesine c’è un

ampio territorio e quindi non c’era una chiesa a Garda e una a Malcesine, ce n’erano

diverse, molte anche nel territorio di Brenzone, queste chiese sono chiamate

appunto Cappelle e in queste si andava solamente ad assistere alla celebrazione

della messa, non ci si accostava ai sacramenti, non c’era la Fonte Battesimale, per i

Sacramenti, per il Battesimo bisognava andare alla Chiesa Matrice, alla Pieve, però

comunque era garantita la celebrazione della messa; un po’ alla volta i vari

Cappellani, su richiesta delle popolazioni locali, finirono per stabilirsi presso questi

insediamenti e col tempo si arriva all’evolversi di Parrocchie autonome cioè da

Cappella dipendente dalla Pieve cominciano ad esserci le prime Chiese Parrocchiali.

La prima è la chiesa di San Giovanni Battista di Brenzone che è già parrocchiale nel

1460. Tornando al nostro territorio quindi la Pieve di riferimento è Malcesine e

abbiamo diverse cappelle sparse nel territorio soggette alla Pieve di Malcesine. C’è

un documento molto importante riportato anche dal Borsatti nel suo datato

“Malcesine” del 1929. Si parla di un documento nel quale il Pontefice Adriano IV

indirizza un documento all’arciprete pievano di Malcesine Manfredo nel quale

elenca diritti della sua Pieve. Vengono nominate delle Chiese: San Zeno che è

riconoscibile nella Chiesa di San Zeno di Castelletto, la Chiesa di San Nicola

riconoscibile con la Chiesa di Assenza, poi c’è una Chiesa di Sant’Angelo che non si è

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mai riusciti finora ad identificare e poi c’è una formulazione che è stata spesso

equivocata che dice “Cappella Sancti Simeonis et Juda et Jovanni Evangelistae”,

secondo me è un’unica Chiesa. Nelle pubblicazioni passate spesso si è detto che le

Chiese erano 4 e si è identificato San Giovanni con la chiesa di Magugnano ma

questa è San Giovanni Battista e non San Giovanni Evangelista, ma la dicitura è

Cappella di Sant’Angelo, Cappella di San Zeno, Cappella di San Nicola e Cappella di

San Simone e Giuda e Giovanni Evangelista, per cui secondo me è una sola Chiesa

ma non so quale fosse. Se fosse da identificare nella Chiesa che si evolverà

Parrocchiale e che lo è nel 1460 dovremmo pensare a un mutamento di titolo

perché la Parrocchiale di Magugnano è intitolata a San Giovanni Battista, quindi

niente a che vedere con San Giovanni Evangelista.

Questo documento ci dà un’idea precisa della dislocazione delle chiese sul nostro

territorio.

Noi possiamo documentare l’esistenza di queste Chiese, anche attraverso i

documenti, come fatto di recente con un articolo sul “Gremal” dove ho potuto

dimostrare che anche a Campo esisteva una Chiesa fin dal XII secolo che

probabilmente è la chiesa che vediamo oggi ma completamente rifatta,

completamente ristrutturata nel 1300 quando ci fu anche l’intervento pittorico e

soprattutto nel 1700 quando venne rifatta completamente la facciata, però in un

documento si parla di un terreno e il riferimento è all’incrocio davanti alla Chiesa,

non c’è il titolo di questa Chiesa però, se noi guardiamo anche la posizione della

Chiesa di Campo adesso vediamo che c’è un incrocio davanti alla Chiesa, è un

quadrivio, infatti il termine che si legge sul documento “ad crucem” che io avevo

trascritto con la “C” grande intendendo come “alla Croce” come toponimo, poi,

parlando con il professor Vanarini dell’Università di Verona mi aveva detto che

secondo lui sarebbe stato meglio scriverlo con la “c” minuscola perché forse con

“croce” si intende il quadrivio quindi un nome comune e non tanto riferimento alla

presenza per esempio di una croce che dà poi il nome al toponimo.

Quindi abbiamo una presenza ricca, documentata sia dagli aspetti architettonici sia

dalle fonti storiche cartacee, pergamene e nei vari affreschi ecc.

Diciamo che nel XV Secolo, nel 1400, la prima ad evolversi a Parrocchiale sappiamo

che è la Chiesa di San Giovanni Battista e poi seguono via via tutte le altre fino a

raggiungere una situazione parrocchiale che è praticamente quella cha abbiamo

adesso. Naturalmente questa evoluzione nasce dall’esigenza della gente del posto

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che voleva avere più garanzie nella cura d’anime, nella richiesta da parte di alcuni

parrocchiani che volevano avere una parrocchia ad esempio per i battesimi, nasceva

un bambino e magari non era in ottima salute, era scomodo dover fare riferimento

sempre alla chiesa pievale e quindi sono proprio le varie comunità che spesso e

volentieri richiedono la presenza di un cappellano fisso che viene chiamato rettore

e si impegnano anche a mantenerlo. Queste parrocchie vengono dette di “jus

patronatus”, nelle quali o la comunità locale o qualche benestante locale si impegna

a dotare il futuro parroco di un beneficio stabile, fisso, non in denaro ma in terreni,

questi terreni costituiscono un beneficio, poi i terreni vengono locati e garantiscono

ogni anno una rendita che serve a mantenere il sacerdote e in parte anche la chiesa

anche se il sacerdote riceverà sempre un contributo dalla vecchia pieve. Queste

sono parrocchie di “jus patronatus” perché chi mantiene il sacerdote ha il diritto di

proporlo nella nomina, nel senso che se la comunità ha il patronato è vacante la

parrocchia, si rivolge al Vescovo indicando dei nomi e il Vescovo di solito

acconsentiva. La nomina “collazione” naturalmente è vescovile, non è la comunità

che nomina il parroco, questo lo fa il Vescovo accogliendo però i suggerimenti della

gente del posto. Esistono anche parrocchie di “libera collazione” queste si formano

dalla frantumazione dell’antica pieve senza che nessuno intervenga

economicamente per creare un beneficio parrocchiale e in questo caso è il Vescovo

che nomina direttamente il sacerdote senza ascoltare nessuno.

Detto questo, comincerei a parlare delle chiese partendo appunto da San Zeno, in

ordine cronologico.

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CHIESA DI SAN ZENO DE L’OSELET

FIG. 1 FIG. 2

FIG. 3

Che sia la più antica questo non lo si può dire, sappiamo però che è una chiesa

molto antica, lo sappiamo non tanto dai documenti che ce lo testimoniano

solamente a partire dal 1158 – 1159 ma dalla campagna di scavi che è stata fatta

FIG. 4

Questo disegno (Fig. 4) è stato ripreso da una pubblicazione della dottoressa

Brunella Bruno che ha condotto gli scavi sia presso la Villa Romana che presso la

Chiesa di San Zeno e ha messo in luce almeno tre fasi della Chiesa: la prima fase Alto

Medioevale e si vede chiaramente se si entra in chiesa, abbiamo una chiesa ad

un’unica navata, molto tozza con un’unica abside semicircolare, praticamente

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uguale alla prima parte della Chiesa di San Severo di Bardolino, poi abbiamo un

ampliamento sempre in epoca Alto Medioevale, quindi prima dell’anno 1000 che

prevede un allungamento verso Ovest della Chiesa e l’erezione probabilmente di un

campanile sul lato Nord, il quadrato che si vede probabilmente è la fondazione del

primo campanile della Chiesa. Quindi presumibilmente intorno al XII Secolo c’è

l’ampliamento successivo che dà alla Chiesa l’aspetto architettonico che ancora oggi

vediamo: una Chiesa a due navate la cui suddivisione è data dalla successione si

settori di muro e di colonne con due absidi vere e proprie e con una piccola absidiola

laterale sulla destra che non corrisponde in realtà ad una navata. Probabilmente il

campanile è un inserimento un po’ tardivo, secondo me non è coevo. Entrando in

chiesa si vede l’abside semicircolare che era praticamente in prossimità di quella che

è l’absidiola laterale.

La facciata della Chiesa (Fig. 1 e 3) è stata rifatta in funzione dell’innalzamento della

torre campanaria. Questa torre campanaria è stata inserita nel corpo della chiesa

romanica e quindi la facciata che prima doveva essere a doppio spiovente è stata

modificata e anche lo spiovente di destra è stato abbattuto in parte e rialzato per

appoggiarsi al campanile mascherando un poco quella che era l’anomalia della

facciata della chiesa che si presentava praticamente menomata dal punto di vista

architettonico con l’inserimento appunto della torre campanaria, tra l’altro un

inserimento massiccio.

Sul lato posteriore della chiesa (fig. 2), il lato rivolto ad est dove vediamo le tre

absidi, in realtà l’abside maggiore è quella di centro poi vediamo l’abside

settentrionale che è in fondo alla navata mentre l’absidiola di sinistra è un po’ a sé

stante e probabilmente anche quella serviva ad ospitare un piccolo altare.

L’architettura romanica, di cui questa Chiesa ne è un bell’esempio, che è

fondamentalmente un’architettura sacra, ha delle caratteristiche come ogni arte

sacra, e queste sono:

è didascalica, vuol dare un insegnamento, un messaggio;

è simbolica, questo messaggio non è dato direttamente ma va interpretato. Un

esempio banale di uso della simbologia, quando vediamo l’aquila dipinta nell’abside,

non si voleva significare l’aquila come animale ma è un richiamo all’Evangelista

Giovanni;

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è sostanzialmente un’arte povera, o meglio essenziale perché il concetto era che la

bellezza materiale non distraesse dalla bellezza dello spirito, questo detto in parole

molto semplici.

Aveva poi anche altre caratteristiche come:

la forma, è un’architettura solida, abbastanza robusta, contenuta, con l’uso di

colonne, di pilastri, con l’arco a tutto sesto, che è una delle caratteristiche

dell’architettura romanica;

l’orientamento della Chiesa, che è sempre, rigorosamente, con la facciata rivolta ad

Ovest in modo che l’abside coincida con l’Est i cui riferimenti simbolici sono evidenti:

l’Est indica il sorgere del sole e quindi chiaramente si fa sposare la posizione

dell’altare luogo sacro con il sorgere del sole quindi con la divinità e con il richiamo a

Gerusalemme con il Santo Sepolcro e tutto ciò che ne consegue, per non dire del

passaggio da Ovest a Est, il passaggio dal buio alla luce che simbolicamente è un

passaggio da una condizione di peccato alla redenzione.

La pianta stessa della chiesa sostanzialmente è data da una o più navate e

dall’abside che è semicircolare, quindi le figure geometriche sono il quadrato, per

estensione il rettangolo, e il cerchio. Nel linguaggio dei simboli il quadrato è un

simbolo terreno, materiale, umano, il cerchio è un simbolo del soprannaturale, del

divino ed ecco che la pianta della chiesa romanica è data dall’incontro del quadrato

con il cerchio quindi non raffigura altro che l’incontro dell’uomo con Dio all’interno

della chiesa.

Poi si evolverà in architetture più complesse, per esempio con le piante a croce, ma

già sostanzialmente anche nelle chiese più semplici, più povere, questi concetti

simbolici sono chiari e ripetuti fino alla nausea. Esempi: San Nicola ad Assenza, pur

essendo costruita già tardi perché adesso sappiamo quando è stata costruita questa

chiesa, che è una chiesa ancora in stile Romanico ma costruita nel 1349, cioè

quando il gotico era tardo, nelle città, da noi si costruiva ancora in stile Romanico.

Un esempio particolare è quello della Chiesa di San Michele di Gaium, che è

orientata con l’abside ad Est e quindi, quella che era la facciata era addossata alla

montagna, non si entrava da lì e infatti si entrava lateralmente o probabilmente

tramite una specie di struttura che faceva da scala dalla quale si scendeva e si

accedeva direttamente nella chiesa. Questo per spiegare questa aderenza alla

simbologia tipica dell’architettura Romanica anche nel nostro territorio.

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Il lato della chiesa più antica, il lato meridionale, dove c’è una piccola monofora che

è originale della Chiesa nel periodo Alto Medioevale.

All’interno si vede la suddivisione in due navate tramite l’alternarsi di settori di muro

e colonne. Si può vedere che è stato rimosso il pavimento e sono emerse le

fondazioni dei vari interventi che la chiesa ha subito nel tempo. Si vede poi una

colonna che è un riuso di un capitello, datato al primo secolo dopo Cristo, più o

meno, chiaramente ripreso dalla Villa Romana che era lì a pochi metri, addirittura un

piccolo vano della Villa Romana è inglobato nella chiesa. Dall’abside maggiore

possiamo vedere che la chiesa era interamente decorata di affreschi, purtroppo

l’abside ha perso quasi completamente quello che era il motivo che l’adornava, nella

fascia inferiore abbiamo un velario dipinto, una successione di veli che fa un po’

quasi da cornice e nell’abside abbiamo una successione di apostoli, nella parte più

bassa mentre nella mandorla, all’interno nel catino absidale, abbiamo la figura del

Cristo Pantocratore o il Cristo Benedicente. Da dire che la Mandorla è un motivo

classico dell’arte Romanica e Bizantina che viene ripetuto appunto anche nella

pittura trecentesca, qui è raffigurata la liberazione divina, e di solito si trova al

centro in atteggiamento benedicente con il libro in mano, il libro della divinazione. Si

vede poi l’absidiola laterale di meridione dove è rimasto solo il velario. La parte più

interessante è l’abside che c’è in fondo alla navata di settentrione che raccoglie un

piccolo ciclo dedicato al Battista, di recente è stata fatta anche l’ipotesi che magari

questa cappella fosse adibita a fonte battesimale ma secondo me non è così perché

la fonte battesimale è rigorosa espressione della Pieve, non abbiamo chiese

battesimali che non siano state Pieve. Questo ciclo raffigurato è molto importante,

San Giovanni Battista è un Santo di culto soprattutto fra i Longobardi, è un Santo

Alto Medioevale, antico, pensiamo anche a Torri, all’antica Parrocchiale di Torri

intitolata a San Giovanni Battista, quella che c’è verso il cimitero, quindi era un culto

molto diffuso nel nostro territorio, un culto antico di origini Longobarde appunto

come San Michele e San Giorgio. Sulle pareti sono raffigurati alcuni momenti

importanti della vita del Battista, sulla parete di settentrione c’è un vecchio, c’è un

angelo che ha un cartiglio che mostra a questo vecchio Santo (ha l’aureola) la barba

bianca, una folla di persone che assiste a questo fatto, a questo avvenimento

eccezionale che è l’apparizione dell’angelo a Zaccaria che era vecchio, lui e la moglie

non potevano avere figli, e arriva l’angelo nel tempio, mentre il sacerdote si

apprestava a fare un sacrificio con l’incenso, e predice la nascita del figlio, Zaccaria

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naturalmente rimane un po’ perplesso e dice “io sono vecchio e mia moglie lo

stesso, come faremo ad avere figli?” e viene punito, Zaccaria perde la parola.

C’è poi l’episodio che raffigura la nascita del Battista, è diviso in due sequenze, a

sinistra c’è il bambino nella culla, ci sono delle altre persone attorno quindi la

raffigurazione della nascita del Battista, sulla destra si vede lo stesso personaggio

che è Zaccaria, riconoscibile dall’aureola, dalla barba bianca, sta scrivendo su un

registro perché, sempre secondo il testo evangelico, quando chiedono che nome

dare a questo bambino, la moglie dice “lo chiameremo Giovanni” e i sacerdoti

chiedono “ma perché Giovanni che non c’è nessuno nelle vostre famiglie che si

chiama così?”, rimangono un po’ sorpresi, Zaccaria allora, che non può parlare

prende una penna e conferma, scrive “il suo nome è Giovanni” e quindi poi

riprenderà l’uso della parola. L’aderenza delle immagini è totale e uguale alle fonti

evangeliche.

Poi il Giovanni Battista ormai adulto compie la sua missione di profeta, di

anticipatore della venuta di Gesù e questa scena si riferisce alla predicazione del

Battista nel deserto, nel cartiglio si leggono solamente poche lettere ma

probabilmente si intuisce che il messaggio fa riferimento ad azioni dei penitenti

come si legge all’interno di quel cartiglio. Poi l’altro che chiude un po’ il cerchio,

l’epilogo dove abbiamo il Battista, se ci fossero equivoci c’è sopra la didascalia

Joannes, sopra l’aureola del santo, e viene decollato, viene il carnefice che taglia la

testa al Battista e quindi si è concluso il mini ciclo legato alla trasmissione

iconografica di San Giovanni Battista. Sono affreschi datati, è stato possibile farlo, in

passato si tendeva un po’ a postdatare questi affreschi, erano più le voci che li

attribuivano al XIII Secolo che non al XII, si parlava di dipinti del 1200, questo a causa

di accostamenti a volte impropri come quello degli affreschi di San Lorenzo di Tenno

dove c’è una decollazione che poi non è quella del Battista ma di San Romano e non

ha nulla a che vedere stilisticamente con questa e di recente l’esame dei caratteri

delle iscrizioni ha permesso ad uno studioso, Paolo Sartori, il quale confrontandoli

con altri, ha detto che queste iscrizioni sono della metà del XII Secolo. Quindi

affreschi del XII Secolo da mettersi in relazione con il Giudizio Universale della

Chiesa di Sant’Andrea di Sommacampagna, i caratteri che ci sono nei cartigli degli

angeli sono uguali, e secondo me, come ho detto di novità nel mio intervento sul

Gremal, li metto in riferimento con gli affreschi della Chiesa di San Fermo Maggiore,

la parte vecchia della chiesa, quella Benedettina, gli affreschi staccati (tolti e

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conservati in altro luogo) dall’abside di destra, dove i personaggi hanno molto in

comune nelle fattezze come i caratteri dei carteggi.

Sulla navata maggiore è raffigurata l’offerta di Abele e di Caino. Abele sulla destra

che tiene in mano l’agnello mentre, molto stilizzato, Caino tiene un covone, Abele

era pastore, Caino era contadino quindi offre i frutti della sua terra.

La facciata, come spesso troviamo nelle chiese romaniche sopra l’ingresso c’è un

affresco in cui si vede il Cristo Benedicente, simbolo della vita e secondo me questo

è coevo agli affreschi dell’interno, sempre un affresco romanico, lungo l’extra dosso

in alto si vedono i resti di una croce gemmata mentre sulla sinistra c’è il frammento

di un volto e c’è un’iscrizione che si ricollega a “agnus dei” dove anche questi

caratteri sono uguali a quelli degli affreschi all’interno. C’è poi una pittura che

raffigura San Cristoforo con il Bambino che è sempre stata datata abbastanza

indietro nel tempo ma secondo me è del trecento, XIV Secolo. Si trova come nella

stragrande maggioranza delle chiese all’esterno, sui muri esterni, per il semplice

fatto che il Santo era invocato, nel Medioevo, contro quella che era chiamata “la

mala morte” cioè la morte cattiva, cioè la morte improvvisa, accidentale, perché non

dà il tempo per un pentimento, non si ha il tempo nemmeno di pensare a quello che

succede, muori e se la persona non è nella grazia di Dio, è in condizione di peccato

se ne va diritta all’Inferno. Un tempo credevano molto a questo e quindi una delle

paure era quella di morire nel peccato mortale con una morte accidentale, e difatti

abbiamo tanti Santi come San Cristoforo che sono dipinti sull’esterno perché anche

passando, nel caso di San Cristoforo, una persona potesse rivolgersi a lui, recitare

una preghiera, una devozione ed erano convinti che questo sarebbe bastato a

proteggerli nell’arco della giornata dalla morte accidentale. San Cristoforo è anche

invocato contro il dolore, contro la sofferenza fisica; nell’affresco che c’è nella

Chiesa della S.S. Trinità a Torri l Bambino tiene un cartiglio dove si dice che chi vede

la mano di San Cristoforo, questa mano è nemica del dolore, allontana il dolore

questo con una traduzione molto libera e quindi la sua raffigurazione era

diffusissima nel nostro territorio addirittura anche nelle abitazioni civili come

vediamo anche in Via Manzoni a Bardolino, sulla parete esterna di una casa molto

antica c’è ancora attualmente l’immagine di San Cristoforo.

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CHIESA DI SAN NICOLA DI ASSENZA

FIG. 5 FIG. 6

FIG. 7 FIG. 8

Proseguendo in ordine cronologico andiamo ad Assenza. Sappiamo che la Chiesa di

San Nicola ad Assenza è documentata già dal 1159, ovviamente non aveva la

facciata che vediamo adesso in quanto ristrutturata in tempi molto più recenti in

stile Gotico per sposarla a quello che era stato l’ultimo intervento di ampliamento

della Chiesa. Comunque mantiene l’orientamento ad Ovest come appunto nelle

chiese Romaniche. Entrando si vede la zona Presbiteriale (Fig. 6) che è stata dovuta

ad un allungamento dell’originale Chiesa Romanica, l’abside era stato abbattuto e la

Chiesa è stata allungata in direzione Est, poi c’è stato un intervento più o meno

intorno al 1400 che ha allungato la Chiesa in direzione Ovest con gli “arconi Gotici”

che sono ben visibili e poi n linea con il campanile, dalla parte verso il lago, si è

aggiunto un altro corpo della Chiesa, quindi c’è stato un ampliamento ulteriore.

Gli affreschi dipinti sulle pareti risalgono all’ampliamento del 1300, esattamente al

1322 come anno di esecuzione. Sulla destra si vede la parete con un affresco tardo

quattrocentesco che richiama l’ampliamento della Chiesa anche laterale.

Per quanto riguarda gli affreschi abbiamo due momenti all’interno della Chiesa, sulla

parete settentrionale, a sinistra per chi entra, abbiamo quello che rimane di

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un’Ultima Cena, c’è l’esposizione dei Santi, a tale riguardo ci si chiedeva chi fosse

uno dei Santi raffigurati, la soluzione è molto semplice n quanto si tratta di San

Bartolomeo essendo scritto Bertolomeo, anche se è vero che poi è scritto con la “a”

ma quello non è lo stesso affresco essendo del 1322 mentre questo dell’Ultima Cena

è antecedente. Ci sono altri affreschi risalenti a qualche decennio dopo, in alto si

vede l’iscrizione, si vede appunto al data 1322 ed è la raffigurazione di San Giovanni,

poi c’è una raffigurazione di San Martino nell’atto di donare il mantello al povero,

poi un’associazione di Santi fra i quali c’è Santo Stefano (figg. 7 e 8) al centro, poi

un’altra associazione con San Zeno al centro, San Giovanni a sinistra e a destra San

Bartolomeo. Per quanto riguarda San Bartolomeo, gli attributi che lo caratterizzano,

genericamente sono due: il coltello perché secondo la tradizione venne scuoiato e

l’abito a fiori o vesti con motivi floreali perché secondo la tradizione agiografica* San

Bartolomeo venne legato ai rami secchi di un albero e quando iniziò a subire il

martirio il suo sangue bagnò i rami e questi rami ripresero vigore e germogliarono i

fiori, questa è la tradizione leggendaria, non esiste nelle fonti canoniche però sta di

fatto che San Bartolomeo è sempre raffigurato con un abito che richiama motivi

floreali, oltre al coltello, addirittura in altre raffigurazioni ha la sua pelle scuoiata

sulla spalla.

Poi si vede San Zeno. C’è una raffigurazione di una Trinità al femminile con

Sant’Anna, la madre della Madonna, che è il personaggio con le dimensioni

maggiori, poi in basso la Madonna e in braccio alla Madonna c’è il Bambino, mentre

sulla destra abbiamo la raffigurazione della Crocifissione con il sole e con la luna che

sono caratteristiche simbolicamente stanno ad indicare la dignità della persona, poi

abbiamo un ultimo riquadro con i Santi monaci, il primo è San Caro, poi c’è San

Nicola e San Benigno e poi l’ultimo Santo è Sant’Antonio, San Bartolomeo e forse

ancora San Nicola, se non ci fosse il titolo sopra non si potrebbero riconoscere

perché non hanno attributi specifici.

Questi affreschi sono emersi dopo i restauri condotti da Erminio Signorini e anche

sulla parte meridionale della Chiesa sono emersi degli affreschi di cui in particolare

vediamo una bilancia con una testa che fa riferimento al passaggio di sinistra che è

San Michele Arcangelo che è colui che pesa le anime colui che accoglie le anime per

*agiogràfico agg. [der. di agiografia] (pl. m. -ci). – Che riguarda l'agiografia: ricerche,

leggende, tradizioni a.; scrittore a., autore di biografie di santi.

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condurle al Cielo, è una figura importante è colui è a capo delle milizie celesti, è colui

che ha ucciso il drago, ma appunto è anche colui che pesa le anime e spesso viene

raffigurato con la bilancia, a fianco di San Michele Arcangelo abbiamo l’altro

Arcangelo, San Gabriele mentre la persona di lato è San Bartolomeo con ancora il

motivo vagamente floreale. Gli Arcangeli San Michele e San Gabriele sono anche

nella Canzone d’Orlando, nel passo della morte di Orlando, quando Orlando muore

lascia la sua anima a Dio e a prenderla vengono appunto i Santi Arcangeli Michele e

Gabriele che scendono e portano con sé l’anima nel Paradiso, questo appunto

secondo il testo della “Chanson de Roland”.

L’altra figura è Santa Lucia e sotto un frammento sempre della data 1322. Quello di

Santa Lucia è un culto molto diffuso nel Trecento nel nostro territorio, stranamente

dalla Sicilia arriva fin qua, anche la tradizione di portare doni ai bambini. Però c’è

stata una grande evoluzione nel culto di questa Santa Martire nel senso che è

diventata per antonomasia la protettrice della vista, dalle malattie degli occhi, in

realtà è stato un po’ un fraintendimento nel senso che il nome Lucia deriva da lux

cioè luce; i Romani davano questo nome a quelli che nascevano alla luce del giorno,

durante il giorno, Lucia o Lucio quindi significa “nato alla luce del giorno”. La luce

del giorno, nella prima età Cristiana diventa la luce della Fede, la luce della

Rivelazione, quindi è la luce interiore. Lucia quindi è la Martire che ha avuto la

rivelazione, la luce interiore, poi, in un periodo molto tardo, a partire dal Trecento

perché anche in questo caso non abbiamo gli occhi come attributo della Santa, a un

certo punto la tradizione vuole che Lucia si sia strappata da sola gli occhi e quindi

per questo viene evocata contro le malattie degli occhi e cominciano ad apparire

come attributo gli occhi sul piatto oppure gli occhi che tiene in mano ecc. e il dono ai

poveri, secondo Dino Coltro in un suo meraviglioso volume sui contadini veneti e i

Santi contadini ecc. diceva che questo deriverebbe da un’epidemia che accadde a

Verona intorno al Tredicesimo Secolo che colpiva soprattutto gli occhi e si dice che

appunto le madri avessero fatto un voto alla Santa perché proteggesse i bambini e

quindi che si fossero impegnate a dare dei doni e ciò spiegherebbe secondo lui la

tradizione di portare i doni nella ricorrenza di Santa Lucia, però c’è da dire che nella

tradizione agiografica di Santa Lucia lei, quando eredita dalla madre e si converte e

segue la sua via dona tutto ai poveri, quindi l’atto del dono è dovuto anche a questa

tradizione. C’è un’altra cosa significativa: le feste dei doni cadono tutte in dicembre

e al massimo a inizio gennaio, anche questo è un influsso di quello che c’era

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antecedentemente con i miti pagani precristiani. Abbiamo Santa Lucia il 13

dicembre, il Bambinello il 25, l’Epifania il 6 Gennaio, e anche San Nicola per esempio

a Bardolino il 6 dicembre, San Nicola o Niccolò è un Santo tipicamente lacustre, è

evocato contro i pericoli dell’acqua, delle tempeste, l’abbiamo dappertutto, chiese e

immagini dedicate a questo Santo.

Altro affresco, chiaramente più tardo, intorno alla fine del Quattrocento, con la

raffigurazione della Madonna col Bambino, affiancata da Santa Caterina

d’Alessandria che la vediamo con la ruota e da San Lorenzo con la graticola. Santa

Caterina d’Alessandria è la Santa più raffigurata nel nostro territorio, è la Santa della

Buona Morte, è invocata per avere una Buona Morte, cioè la morte nella Grazia di

Dio, perché secondo la tradizione della passione di Santa Caterina, sembra che

durante il suo martirio abbia evocato Gesù chiedendo intercessione per tutti coloro

che si fossero ricordati di lei e Gesù avrebbe risposto alla Santa che sarà presente

nel momento della morte dei suoi fedeli, ecco perché viene invocata per la Buona

Morte, insieme alla Maddalena che vedremo raffigurata accanto perché la

tradizione ci dice che prima di morire venne confessata e quindi morì n Grazia di Dio

e andò direttamente verso il cielo e infatti la vediamo spesso raffigurata con due

angeli a fianco che la innalzano al cielo.

La Pala dell’altare, della seconda metà del Cinquecento dove c’è San Nicola,

Sant’Antonio Abate, La madonna col Bambino e il nome del Committente, che non si

riesce a leggere. Io avevo supposto che fosse un componente della Famiglia

Spolverini che hanno il Palazzo vicino, perché anche nella visita pastorale il Vescovo

si raccomanda a Spolverini perché venga eseguito il legato. Il pittore rimane ignoto

ma sembra appartenere alla Bottega dei Bisoffi. Pala sull’altare laterale,

settecentesca, dove è raffigurato San Francesco mentre riceve le stimmati.

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CAMPO - CHIESA DI SAN PIETRO IN VINCOLI

FIG. 9

FIG. 10 FIG. 11

FIG. 12

La facciata (fig.9) è stata completamente rifatta nel Settecento e questo ha

comportato anche la perdita degli affreschi perché la Chiesa era interamente

affrescata, ora sono rimasti sulle pareti laterali, sull’altro lato mentre la facciata è

completamente spoglia. Lo stile è Romanico Campestre come anche a Biaza, quindi

con un’unica aula, l’abside semicircolare con l’orientamento sempre ad Ovest.

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Entrando ci si rende subito conto di quanto la chiesa sia ricchissima: è un patrimonio

di affreschi enorme.

FIG. 13

Vediamo un po’ in particolare.

Si entra e si nota subito che la parte interna della facciata è rimasta spoglia per i

motivi detti prima.

Sulle due arcate abbiamo la figura di sinistra che è San Giacomo che è riconoscibile

dal bastone del pellegrino per cui Santiago de Compostela protettore dei pellegrini,

dopo l’immagine con San Giacomo abbiamo l’apparizione dell’Arcangelo Gabriele

che preannuncia alla Vergine la nascita del Bambino, la Vergine la vediamo dietro al

leggio con le mani in segno di sottomissione, c’è il raggio della colomba dello Spirito

Santo che si dirige verso il capo della Madonna e poi l cartiglio con il pavone che

ripete i passi evangelici, quindi abbiamo la scena dell’Annunciazione mentre sulla

parte estrema della spalla la raffigurazione di Sant’Antonio Abate, riconoscibile dal

mantello monacale e dal bastone col campanaccio attaccato. In mezzo abbiamo

l’immagine della Pietà, il Cristo che esce dal Sepolcro con in evidenza le piaghe della

Passione, questo è un tema che si ripete abbastanza spesso nel Trecento.

Nell’abside, in mandorla, abbiamo il Cristo che benedice, ai lati abbiamo le figure

dell’Apocalisse, cioè il Leone, l’Aquila in alto poi l’uomo alato o l’Angelo e poi quella

che doveva essere il Bue. Che poi queste figure che compaiono nel testo

Apocalittico. Queste figure che compaiono nel testo Apocalittico sono state

abbinate ai quattro Evangelisti quindi con Marco il Leone, Giovanni l’Aquila, Matteo

l’Angelo e Luca il Bue. Ai lati ci sono altre figure, sulla sinistra c’è la Madonna, a lato

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si vede il frammento di un’altra testa che dovrebbe raffigurare San Giovanni

Battista. Anche questo è un tema riflessivo anche questo che viene chiamato in

gergo “desit” e praticamente non è altro che la raffigurazione del Cristo in mandorla

e della Vergine e di San Giovanni Battista che intercedono ai suoi piedi in favore

dell’Umanità, è un motivo abbastanza ricorrente nella pittura del Trecento.

Poi si vede la scritta che mi ha permesso, a suo tempo, di risalire all’autore perché

per fatalità conoscevo i pittori da un documento di Bardolino dove c’è Giacomo che

si firma come figlio di Federico e il documento era più tardo, quindi chiaramente si

tratta della Famiglia della Bottega dei Da Riva, originari di Riva col Maestro Federico

che si trasferisce nel nostro territorio e a Verona in seguito dell’acquisizione

dell’Alto Lago da parte della Signoria Scaligera, trovano ampia committenza nel

nostro territorio, pittori ai quali sono stati ricondotti anche altri affreschi, quelli di

Pai, quelli di San Nicola a Lazise, quelli della Chiesa di Sant’Apollinare in Prabi in

Trentino, nella Chiesa di Santa Lucia di Pescantina, quindi un pittore che dalla prima

apparizione a Campo si è un po’ irradiato e adesso è un nome noto fra gli studiosi

della pittura Veronese del Trecento.

In un altro riquadro si vede San Bartolomeo, ha il coltello e sulle spalle ha la pelle

che gli hanno levato, in mezzo c’è Cristo Crocifisso fra la Madonna e San Giovanni

Battista e poi c’è un Santo Vescovo. Ancora la raffigurazione San Bartolomeo sempre

sulla sinistra. San Bartolomeo era evocato soprattutto dai macellai, gente che aveva

a che fare con l’uccisione dei maiali, anche San Bortolo per esempio. Abbiamo una

prima raffigurazione di Santa Caterina d’Alessandria, Santa Lucia, quindi San

Giovanni Battista che tiene il cartiglio dove dice “io sono la voce di colui che grida

nel deserto”. Santa Caterina d’Alessandria è riconoscibile per la palma del martirio,

la palma è anche un segno di vittoria nell’arte classica, e la vittoria dei martiri è

quella del trionfo in nome di Dio sul suo stesso carnefice e quindi è un attributo del

martirio e nell’altra mano tiene il modellino di una ruota dentata che è lo strumento

con il quale la Santa ha subito il martirio.

Abbiamo poi un Santo Vescovo, un frammento di Madonna e un frammento di

iscrizione che mi ha permesso di poter datare, quello che si legge è una L, una X e

poi una L V e III e si vede il 58 in cifre romane naturalmente, che ovviamente

sottintende 1358, perché che sia una pittura del Trecento non ci sono dubbi.

Poi un’altra rappresentazione di un santo Vescovo che dovrebbe essere San

Bernardo, poi abbiamo San Pietro, poi abbiamo una Santa con una corona di fiori

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che all’inizio avevo interpretato come Santa Dorotea ma ora da quello che si legge

non sembra che si possa associare l’iscrizione a Dorotea ma sembra Flora, io non ho

mai sentito parlare di Santa Flora nei nostri territori e non mi sembra che ci sia un

culto particolare riferito a lei, però è quello che si legge, io resto comunque del

parere che il motivo iconografico richiama sempre Santa Dorotea e anche quella è

una Santa invocata per la buona morte, poi ancora Santa Caterina d’Alessandria. I

Santi sono ripetuti perché sono riquadri votivi e quindi il committente diceva al

pittore quello che doveva rappresentare, anche perché questi affreschi sono

espressione di fede, di religione ma forse maggiormente di uno status symbol, è

come quando in chiesa si vedono i banchi con le targhette delle famiglie più

benestanti del paese che erano ovviamene alle prime file, quindi c’è anche una certa

esibizione di uno status sociale, facevano capire che loro potevano permettersi di

pagare un pittore che venisse a dipingere per loro. I nomi dei Committenti sono

scritti sotto, Pietro è naturalmente Petrus. Vediamo poi una rappresentazione di

Sant’Antonio Abate, in mezzo una delle rappresentazioni che cominciano a

diffondersi nel Trecento con la Madonna della Misericordia. Il Trecento è stato

considerato il Secolo crudele, il secolo difficile, il Secolo della grande Peste, quella

del 1348 e quindi nasce questo culto verso la Madonna che viene vista proprio come

la Madonna Ausiliatrice e difatti sotto le falde del suo mantello, in questa figura, si

raccoglie la comunità di Campo, quindi è la gente di Campo che si fa ritrarre sotto al

mantello confidando nella protezione della Vergine, della Madonna della

Misericordia. Ai lati vediamo ancora la raffigurazione di Santa Caterina d’Alessandria

e poi la Maddalena, i lunghi capelli biondi e i vasi degli unguenti, è uno dei suoi

attributi, a volte viene raffigurata con le mani in avanti, nel passo del Vangelo

quando vede Gesù che esce dal Sepolcro e le dice “non mi toccare” e la Maddalena

si ferma in questo gesto oppure come detto prima mentre gli angeli la sollevano

verso il Cielo. Poi vicino alla finestra l’immagine di San Pietro in carcere, quando

viene liberato; San Pietro in Vincoli significa San Pietro in catene.

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BIAZA – CHIESA DI SANT’ANTONIO

FIG. 14

FIG. 15 FIG. 16

La Chiesa è stata dipinta nel 1322, lo stile è uguale a quello di San Pietro in Vincoli,

una unica navata e un’abside semicircolare e il campanile. Dopo i restauri sono

apparsi altri affreschi Trecenteschi che erano coperti dall’intonaco e sui quali era

stato sovrapposto un affresco di fine Quattrocento dovuto alla Famiglia Brenzoni, in

alto si vedono appunto gli affreschi del Trecento e sotto lo stemma dei Brenzoni.

C’è la raffigurazione dell’Ultima Cena dove, in particolare, si vede il momento

culminante, nell’immaginario Medioevale non è tanto l’atto in cui Gesù spezza il

pane e versa il vino, perché l’Ultima Cena è l’istituzione del Sacramento Eucaristico,

quindi dal punto di vista Liturgico Sacrale e per la Fede è quello il momento

fondamentale, ma tutti i dipinti si soffermano invece sul tradimento di Giuda, si

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vede chiaramente la mano di Gesù che porge un boccone a Giuda che è raffigurato

dall’altra parte del tavolo, quindi già escluso dal gruppo degli Apostoli, questo

probabilmente perché siamo in un’Età in cui il tradimento viene visto come il reato

più grave, lo stesso Dante mette i traditori dei parenti in fondo all’Inferno. Ricordo

anche su una pergamena le due parti sottoscrivendosi dicono che chi non si fosse

tenuto fedele a quanto sottoscritto possa perire insieme a Giuda traditore tra le

fiamme dell’Inferno. Quindi questo aveva molto colpito l’immaginazione

Medioevale, poi anche in un Mondo che viveva ancora nel retaggio Feudale dove il

vincolo di sudditanza fra l Signore e il suo Vassallo era dato dalla fedeltà e quindi la

mancanza di fedeltà è uno dei misfatti più atroci. Anche nell’Ultima Cena prevale

quello che è un elemento della tradizione popolare ai danni dell’elemento Cristiano,

il tradimento di Giuda.

Si vede appunto Giuda e la mano di Gesù e appunto Giuda è dall’altra parte del

tavolo. Spesso n altri dipinti Giuda ha la borsa dei 30 Denari avuti per il tradimento.

In un altro riquadro vediamo la raffigurazione di San Giacomo, riconoscibile dal

bastone del pellegrino e San Bartolomeo sempre con l’attributo del coltello.

Vediamo poi l’iscrizione dove si legge che questa chiesa fu iniziata nell’anno 1322 di

mercoledì 22 aprile e quindi gli affreschi possono essere solamente di quell’anno o

dell’anno dopo.

La parte sottostante è un affresco che andava a ricoprire quello Trecentesco, dovuto

alla committenza della Famiglia Brenzoni e, proprio mentre preparavo le immagini

per questa serata mi sono accorto di una cosa abbastanza importante che non avevo

mai scritto, io ho sempre datato questo affresco intorno alla fine del Quattrocento

perché avevo trovato un documento, oltre all’aspetto stilistico c’è un testamento di

questo Adelaido che è datato 1503 e vuole essere sepolto nella Chiesa di

Sant’Antonio sotto il monumento funebre della sua famiglia, quindi il monumento

funebre era sotto questi affreschi, ma sulla cornice in alto si vede una data 1481

questa è la data che ha scritto l’artista sulla cornice dell’affresco Trecentesco,

questo significa che nel 1481 l’affresco dei Brenzoni non era ancora stato fatto

perché l’affresco va a ricoprire anche la cornice, adesso si vede perché è crollato,

quindi il fatto che nel 1481 venga scritta la data su questa cornice ci fa capire che

l’affresco della famiglia Brenzoni può essere stato fatto dopo il 1481 e prima del

1503 quindi abbiamo un lasso di tempo ben definito.

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La pala dell’altare non ha grandi pretese, è una pala della fine del Settecento o primi

Ottocento e raffigura chiaramente il Santo Patrono quindi Sant’Antonio.

I termini per la comprensione del Romanico

Abside: parte semicircolare o poligonale della chiese posta in fondo alla navata maggiore o, talvolta, a quelle laterali Affresco: tecnica di pittura murale eseguita sull’intonaco fresco (infatti viene detto anche “a fresco”), in modo che i pigmenti colorati si leghino chimicamente all’intonaco in fase di asciugatura

Ambone: la tribuna o piattaforma rialzata usata per la lettura dei testi sacri e per la predicazione

Ambulacro: o deambulatorio, passaggio, interno ad una chiesa, che gira attorno all’abside

Antropomorfo: che ha sembianze umane Architrave: elemento posto orizzontalmente che chiude nella parte superiore un’apertura

Bassorilievo: decorazione scultorea in cui le figure emergono di poco in rilievo rispetto al piano di fondo Bifora: finestra divisa in due aperture grazie all’inserimento di una piccola colonna

Borghesia: Ceto medio cittadino, sorto nell’età comunale, che si posizionava ina fascia intermedia tra nobili e poveri

Campata: parte di costruzione architettonica delimitata da sostegni verticali (piedritti o colonne) Capitello: parte superiore della colonna, situata sopra al fusto, che funge da appoggio all'arco o all'architrave soprastante e riveste una grande importanza decorativa

Capriata: struttura tringolare, nelle chiese generalmente in legno, che ha la funzione di sorreggere il tetto

Cibòrio: edicola sostenuta da colonne che contiene un altare

Concio: blocco di pietra da costruzione, squadrato, solitamente usato per le pareti esterne

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Contrafforti: sostegno in muratura, a sezione decrescente salendo verso l’alto, utilizzato in architettura per contrastare la notevole forza orizzontale di alcune murature Controfacciata: lato della facciata principale situato all’interno dell’edificio

Coro: parte dell'abside destinata ai cantori Cripta: ambiente ristretto situato al di sotto della navata di una chiesa, solitamente usato come luogo di sepoltura Croce greca: si dice di piante di chiese in cui la lunghezza del transetto è uguale a quella della navata

Croce latina: si dice di piante di chiese in cui la lunghezza della navata è maggiore rispetto a quella del transetto Cupola: copertura emisferica data dalla rotazione di una curva lungo un asse verticale Cuspide: caratteristica di una curva in cui la parte superiore risulta maggiormente acuta

Deambulatorio: o ambulacro, passaggio, interno ad una chiesa, che gira attorno all’abside

Feritoia: piccola apertura nello spessore murario, alta e stretta

Lanterna: parte terminale di una cupola, costituita da una specie di tiburio con finestre o aperture e copertura

Lesena: rilievo decorativo verticale di una parete muraria, a sezione semicircolare o rettangolare, solitamente ripetuto ritmicamente

Liberi comuni: tipo di governo medievale in cui il potere era assunto prima dalle famiglie più importanti poi dalle corporazioni artigiane Lingue volgari: lingua parlata dal popolo, in contrapposizione alla lingua latina che invece era utilizzata dai ceti colti

Loggia: galleria con arcate o pilastri posto nella parte superiore dell'edificio

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Mandorla: motivo ornamentale, simile a una mandorla, che circonda la figura di Gesù, di Maria o dei santi

Matroneo: loggiato interno alla chiesa, situato al di sopra delle navate minori e affacciato sulla navata centrale; era riservato alle donne

Monofora: piccola finestra che si chiude, nella parte superiore, in forma semircolare

Nartèce: ambiente d’ingresso di una chiesa, in particolare di quelle paleocristiane, addossato all'esterno o immediatamente all'interno della facciata principale; era il luogo dove stavano i non-battezzati ed i penitenti, considerati non ancora degni di entrare nella casa di Dio

Navata: spazio interno di una chiesa delimitato da colonne o pilastri; le chiese possono essere a una o più navate, in cui la maggiore o centrale è quella che termina con l’abside maggiore

Neofita: detto di persona che si è recentemente convertito ad una specifica dottrina religiosa

Oculo: apertura a forma circolare

Opus sectile: mosaico composto da tessere di marmo e pietre tagliate in varie forme, disposte in

modo da creare disegni geometrici

Pala d'altare: dipinto di grandi dimensioni su tavola, tela o bassorilievo, raffigurante soggetti sacri, collocato sopra gli altari delle chiese

Paliotto: parte anteriore dell’altare che può essere costituito da diversi materiali Paramento: superficie di una struttura muraria

Parasta: pilastro di sostegno, dal profilo piatto, parzialmente sporgente dal filo di una parete

Polittico: pala d'altare divisa in più scomparti variamente decorati che sono dotati di una cerniera in modo da ruotare e potersi chiudere l'uno sugli altri

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Presbiterio: ambiente della chiesa in cui è situato l’altare maggiore, a volte sopraelevato dal resto dell’edificio tramite alcuni gradini Prònao: portico anteriore di un edificio sacro Pròtiro: avancorpo che ripara l'entrata, solitamente formato da un arco sorretto da due colonne

Quadrilobato: detto di chiesa a pianta centrale con quattro semicerchi, rispettivamente uno per lato del quadrato

Quadriportico: portico costruito sui quattro lati di uno spazio quadrato, tipico dell’architettura paleocristiana e romanica

Rosone: grande finestra circolare, variamente decorata, presente in facciata

Scagliola: composto formato da stucco e pigmenti colorati che, lavorato, crea un materiale simile al marmo, usato come imitazione di quest’ultimo Semicolonna: elemento decorativo a sezione semicircolare addossato ad una parete Serizzo: varietà di granito

Strappo: metodologia usata nel restauro degli affreschi, in cui si separa lo strato di colore superficiale dal supporto originale per poi applicarlo su un altro supporto opportunamente preparato Strombatura: svasatura dei muro fatta in corrispondenza dell'apertura di una porta o di una finestra

Stucco: materiale costituito da un impasto di calce spenta, marmo, sabbia e altre componenti, usato per eseguire decorazioni in rilievo

Tiburio: copertura esterna della cupola

Timpano: parete di forma triangolare, liscia o decorata a rilievo, compresa tra la parte orizzontale sottostante ed i due lati obliqui che la concludono

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Transetto: navata trasversale che interseca, solitamente all’altezza del presbiterio, la navata centrale; a seconda che sia lungo uguale o di meno rispetto alla navata centrale si parla di pianta a croce greca o latina Trifora: finestra divisa in tre aperture grazie all’inserimento di una piccola colonna

Vestibolo: vano di entrata di un edificio Volta: copertura curva di un ambiente

Zoomorfo: che ha sembianze di animale