4 - Giornalino di Luglio 2011

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ASSOCIAZIONE DON BOSCO Anno 1 N°4 1

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ASSOCIAZIONE DON BOSCO Anno 1 N°4

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INDICE :

La nostra associazione pag. 03

Attenzione alle false libertà pag. 07

Non è strano che…. pag. 08

Lettera ai ragazzi pag. 09

La storia di un santo pag. 10

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LA NOSTRA ASSOCIAZIONE

1 Giugno Don Domenico Facciorusso

In data 01 Giugno, Don Domenico Facciorusso ha tenuto un incontro con i ragazzi di questa Associazione sul tema: “Che cos’è la carità”, evidenziando il lavoro fatto l’anno scorso dai vari gruppi di volontari a favore degli extracomunitari presenti a Borgo Mezzanone e soprattutto ha evidenziato l’impegno e il lavoro fatto dai ragazzi di questa Associazione a favore dei fratelli più bisognosi. Il nostro ringraziamento a Don Domenico per l’opportunità che dà ai ragazzi di fare esperienze di amore fraterno. Che cos’è, dunque la CARITA’?

La carità è la madre dell’amore, di quell’ amore ch e caratterizza il cristianesimo, dell’amore che è superiore a ogni miracolo, e che d istingue i discepoli di Cristo.

La carità agisce come medicina per i nostri peccati , come detersivo che deterge la nostra anima, come scala che porta in cielo.

Insieme con la preghiera continua il cristiano ha b isogno anche di praticare continuamente la carità perché la carità è potente sopra ogni cosa e prepara la medicina del perdono.

Neanche la natura dell’acqua ha la forza e la capac ità di pulire e di togliere la sporcizia del corpo quanto la forza della carità ri esce a pulire la nostra anima. Così come non dovresti, con le mani macchiate dal peccat o, cominciare la preghiera, allo stesso modo non dovresti pregare senza pratica re la carità verso i nostri fratelli bisognosi.

La preghiera è come il fuoco, soprattutto quando pr oviene da un cuore puro e timoroso di Dio, questo fuoco, però, per arrivare a lle volte celesti, ha bisogno di essere alimentato dall’olio; e l’olio che alimenta questo fuoco è la carità verso i nostri fratelli. Dunque, versa olio abbondante, per sentire la gioia e per ottenere che la tua preghiera sia fatta con più vigore.

Il seme si chiama carità. Il seminatore, quando va a seminare, non considera che facendo ciò svuota i suoi granai, ma guarda avanti pensando al tempo in cui raccoglierà il frutto della sementa. Perché non esi tiamo quando si tratta di seminare sulla terra, nonostante sappiamo delle mal attie e degli animali che rovinano il nostro raccolto, ma esitiamo quando si tratta di seminare in cielo? E

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quale giustificazione troverai quando, seminando su lla terra, speri, facendolo di buon grado, mentre quando dovresti seminare in ciel o esiti e ti disinteressi?

2 Giugno U.A.L. a Mattinata

Alcuni ragazzi di questa Associazione (Alessio Papp alardo, Michele Prencipe, Jonas Vitulano, Francesco Brigida e Leo D’ercole) h anno partecipato ad un incontro che si è tenuto a Mattinata (FG) il 2 giug no, insieme a tutta l’Associazione U.A.L., compreso gli ammalati. Alle ore 10,00 sono partiti da Manfredonia e arriva ti a Mattinata alle 10:45 circa sono stati accolti da Don Luigi e dagli altri volon tari. La giornata incomincia subito con le Lodi Mattutine , la Santa Messa e la lettura del vangelo del BUON SAMARITANO – LC. 10,25-37. Commentando il Vangelo del BUON SAMARITANO, Don Lui gi ha spiegato che la parabola non si comprende se non si tiene conto del la domanda: "Chi è il mio prossimo? E, su questa domanda ci ha invitati a rif lettere e a dare una risposta. "Chi è il mio prossimo? Il mio prossimo non è solo il connazionale, ma anch e l'extracomunitario, non solo il cristiano, ma anche il musulmano, non solo il catto lico, ma anche il protestante. Gesù ha amato veramente tutti, senza chiedere a nes suno la carta d’identità razziale, o religiosa, o il certificato di buona co ndotta e di profitto spirituale. Aggiungerei subito che non è questa la cosa più imp ortante; la cosa più importante non è sapere chi è il mio prossimo, ma vedere a chi posso io farmi prossimo, ora e qui; per chi posso essere io il buon samaritano?

Per gli ammalati, con i quali abbiamo condiviso, o ggi, tante gioie, accompagnandoli sulla riva del mare, giocando e sch erzando con loro, incoraggiandoli e sostenendoli nella prova.

A loro si volge tutto il nostro sguardo perché sapp iano che noi, ragazzi dell’Associazione Don Bosco, siamo a loro completa disposizione e possono contare su di noi in qualsiasi momento. Un amico ci dice sempre che Dio permette la soffere nza, perché di fronte ad una persona che soffre, che è ammalata e magari malata terminale, anche la persona più cattiva di questo mondo può diventare, in quel momento quasi come Dio, piena di amore, di pietà, di compassione…..

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3 Giugno Con tanta sorpresa in questa giornata è venuto da noi un missionario di nome Luciano, il quale ci ha raccontato la sua esperienza. La cosa che più ci ha colpito è stata la descrizione che egli ci ha fatto sui bambini di queste popolazioni, i quali hanno sempre il sorriso sulle labbra. Bambini che nonostante tutte le violenze subite sulla pelle sanno abbracciare le loro sofferenze per amore di Gesù. Ora vi lascio con una domanda. Perché i bambini che vivono nel benessere sono sempre infelici?

24 Giugno

Incontro con padre Marciano Morra Venerdì 24/06/2011 è stato un giorno a dir poco

particolare per noi ragazzi dell’Associazione Don

Bosco.

In questa giornata abbiamo avuto l’onore di avere

con noi Padre Marciano Morra, responsabile

generale dei gruppi di preghiera di Padre Pio; un

uomo semplice, pieno di vita e molto aperto al

dialogo, come ha dimostrato la sua disponibilità

che ha avuto nel rispondere a tutte le domande

che gli sono state

poste.

L’incontro ha avuto inizio alle ore 20:30 circa. Non è stata la

solita conferenza dove è presente il relatore e il pubblico

che ascolta, ma è stato un dialogo amichevole tra il frate che

ha conosciuto personalmente Padre Pio e i ragazzi

dell’associazione.

Dopo la presentazione di Luciano Lotti è intervenuto il

presidente dell’associazione Antonio Di Napoli, il quale ha

presentato l’associazione stessa.

Molte sono state le domande formulate a Padre Marciano,

ed ora cercherò di fare una sintesi delle bellissime risposte

che i giovani hanno ricevuto.

� P. Pio era cosi duro come si dice?

P. Pio era anche duro, scontroso. Era cosi perché leggeva dentro l’animo della

persona e se in quella persona c’era qualcosa che non andava doveva scuoterla, e

quindi doveva essere duro. Questo suo carisma lo si riscontra anche quando

confessava, e quando dava l’assoluzione alla fine della confessione soffriva perché si

caricava lui stesso dei peccati delle anime.

� P. Pio aveva paura della morte?

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P. Pio non aveva paura della morte, anzi ha sempre pregato per morire. Voleva

morire per non deludere DIO.

� P. Pio come è riuscito a essere testimone nonostante tutto quello che ha subito?

E’ riuscito a fare questo, perché non si è mai vendicato. Nonostante tutte le

persecuzioni ricevute a sempre sperato e pregato, perché gli interessava solo la

salvezza di quelle persone che lo accusavano.

� P. Pio era divertente e ironico?

Si. Era un bel tipo. Si è sempre sforzato di tenere l’ambiente sereno, perché lui

riteneva che la gioia è un espressione vera dell’amore di Dio.

Come avete notato sicuramente sono risposte bellissime. Semplici ma profonde. Di

quest’incontro però, una frase in particolare è rimasta impressa nella nostra mente in

maniera indelebile: “Un santo è un peccatore, che non si

rassegna di rimanere tale”.

Questa frase a mio avviso è molto significativa per il tempo che stiamo vivendo, in un

tempo dove prevale il relativismo etico. Dove ognuno si crea la propria religione. Dove

tutto è concesso. Tutto è normale. Dovrebbe essere lo slogan di noi che ci riteniamo

cristiani.

Questo lo dico perché anche noi, piano piano, stiamo facendo nostro questo modo di

pensare, che va contro ogni logica divina.

Questo relativismo ci porta a conformarci alla mentalità del mondo, e ci porta a dire che la

santità non è una cosa

possibile, non si può

raggiungere. Come dice

questa frase, dobbiamo

odiare la nostra natura di

peccatori e dobbiamo

aspirare alla santità, alla

quale siamo chiamati.

Inoltre siamo chiamati alla

comunione con DIO e non

con il mondo. Siamo

chiamati alla comunione

con i fratelli; a essere

segno della presenza di

DIO, in un mondo che si

sta dimenticando di DIO.

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Attenzione alle false libertà. In questo numero, noi ragazzi e ragazze dell’Oratorio dell’Associazione San Giovanni Bosco, vogliamo lanciare un allarme a tutti gli adolescenti e non, che fanno uso di hashish e marijuana, i cosiddetti SPINELLI, CANNE o altri nomignoli che vengono utilizzati per indicare queste droghe. Come tanti ragazzi di Manfredonia, anche alcuni di noi appartenenti a questa Associazione, spinti dalla voglia di trasgredire, eravamo convinti che farsi uno spinello era come fumare una sigaretta anche perché si dice che hashish e marijuana sono delle droghe leggere e quindi ci siamo fatti ingannare. Fortunatamente, un amico, ci fece capire che eravamo in errore, spiegandoci quali sono i danni che procura fumare l’hashish e la Marijuana .

Marijuana e hashish L l’hashish e la Marijuana contengono una molecola che si chiama Tedraidrocanna- binolo, sostanza tossica e allucinogena estratta dalla canapa indiana (o cannabis). E' dimostrato che la cannabis è una sostanza che induce dipendenza nei fumatori abituali, oltre a indebolire il sistema immunitario. Nei consumatori abituali di cannabis è abbastanza comune l’instaurarsi della cosiddetta sindrome amotivazionale, caratterizzata da apatia, indifferenza affettiva, mancanza di interesse per il futuro, per i rapporti sociali e per il lavoro, perdita della memoria e della concentrazione, irritabilità eccessiva, emotività estremamente labile, perdita del coordinamento motorio e soprattutto assuefazione per cui si è tentati di non smettere. Molti consumatori hanno affermato di avere sintomi da psicosi, molto pericolosi per se stessi e per gli altri. Le tossine contenute nella cannabis sono simili a quelle del tabacco, ma più abbondanti e il modo di fumare la cannabis fa depositare una quantità di catrame nei polmoni superiore a quella depositata dal fumo di tabacco. Di conseguenza il consumo abituale di cannabis espone al rischio di cancro maggiormente rispetto al fumo di tabacco. Inoltre è dimostrato che la cannabis (come anche il tabacco) può provocare malformazioni al feto, se consumata da donne in stato di gravidanza. Il tetaidrocannabinolo, oltre a inibire le capacità di concentrazione e di guida, ha degli effetti molto più pericolosi e più subdoli, poichè dà la sensazione di essere più abili alla guida e la voglia di essere spericolati. Ecco perchè molto spesso i ragazzi hanno incidenti mortali il sabato sera. La controprova è che in molti casi i guidatori dei classici incidenti del weekend sono stati trovati in stato di alterazione psichica, dovuta all'assunzione di sostanze alcoliche, cannabis, ecstasy e/o altri stupefacenti. L'alcool è in assoluto la droga più pericolosa nella guida perchè fa assumere comportamenti spregiudicati e al contempo annulla il coordinamento motorio e la reattività. Tutte le droghe alterano le cellule cerebrali dopaminergiche, ossia quelle che ci fanno provare il piacere, dal più semplice al più intenso. L'alterazione non si verifica solo con droghe come cocaina, eroina, morfina o amfetamine, ma anche, in misura molto minore, con sostanze considerate più leggere come marijuana, alcool o nicotina. Il tossicodipendente perde ogni interesse per la vita perchè non ha più neuroni capaci di registrare il piacere di gustarsi un gelato o il bacio di una bella ragazza. Più usa droga, più

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i suoi neuroni si alterano, perchè di fronte a uno stimolo troppo forte questi imparano a non rispondere, diventando sordi alle normali sollecitazioni. I neuroni distrutti non si riformano, anche in caso di interruzione dal consumo di droghe. Il cervello riceve solo stimolazioni negative, depressive, di perdita della motivazione perchè è ormai sordo alle endorfine, le sostanze naturali che ci addolciscono la vita di ogni giorno. I neuroni della gratificazione infatti non hanno ancora smaltito la sbornia della droga e il tossicomane finisce per drogarsi non già per ottenere sensazioni paradisiache, bensì soltanto per sentirsi normalmente, cioè per stimolare nel solo modo rimastogli i suoi neuroni del benessere. Che ne dici? Non è meglio smettere che continuare a farti del male? Pensaci se ti è rimasto ancora qualche neurone che ti permette di pensare. Ragazzi,essendo questa un’età dove si costruiscono le basi per il futuro, oltre a fumarci LA CANNA ci fumiamo pure la vita.

Non è strano

Non è strano come la gente possa scartare Dio e poi chiedersi come mai il mondo sta andando a rotoli?

Non è strano come molte persone dicono 'Io credo in Dio' ma poi con i fatti seguono Satana (che, guarda caso, anche lui 'crede' in Dio)?

Non è strano come molta gente moltiplica e condivide migliaia di futili discorsi, senza mai parlare delle Meraviglie di DIO?

Non è strano come molta gente trova il tempo per fare sport, andare in vacanza, divertirsi ecc… e non trova mai il tempo per mettersi, con la preghiera, in dialogo con Dio, Gesù, lo Spirito Santo e la Madonna.

Non è strano che abbiamo paura dell’opinione che hanno gli altri su di noi e non ce né importa niente dell’opinione che ha DIO?

Non è strano che curiamo molto l’aspetto fisico e pur di apparire più belli siamo disposti a fare qualsiasi sacrificio e per la salvezza della nostra anima non siamo disposti a fare proprio niente.

Non è strano che non pensiamo mai che questa vita prima o poi la dobbiamo lasciare e che il nostro destino è il Paradiso e non l’inferno?

NON E’ STRANO???

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LETTERA AI RAGAZZI DELLA DON BOSCO

Cari ragazzi, è sempre il vostro anziano amico "incantato" che vi passa qualche sua riflessione tramite il vostro Agape. Nonostante i tanti disincanti che gli anni adducono, egli continua (obbligato, poi in altra circostanza vi dirà il perchè) a sperare in un mondo più libero e più giusto e di pari dignità tra gli uomini. Non vi scrive però per dirvi della sua speranza, ma di quella che vorrebbe coltivaste Voi, battendovi con coraggio per la conservazione e l'attuazione dei diritti e dei doveri segnati nel patto fondante della nostra comunità, la nostra Costituzione. Intanto riconosciamo l'Italia nostra Patria, solo e soltanto perchè (seppur Nazione, cioè un popolo dalla stessa storia, cultura, lingua, religione, tradizioni), siamo dentro uno Stato fondato su quel patto. E' il rispetto di quest'ultimo che legittima le istituzioni, sopratutto,il Parlamento nella produzione delle leggi, il Governo nel soddisfare i bisogni concreti della collettività, la Magistratura nel giudicare le liti tra privati o tra singoli ed enti. Ma la vigilanza sul rispetto di quel patto va conservato. L'egoismo di alcuni tenta costantemente di prevaricare quanto in esso è perennemente riconosciuto e dovrebbe essere assicurato a tutti; quando ciò accade bisogna ribellarsi. Abbiate in odio gli indifferenti, quelli che portano scritto in fronte "futtatinn". Tutte le volte (ed oggi spesso si verifica) che s'attenta ai vostri diritti di libertà, giustizia, democrazia, lavoro, disobbedite. Quei diritti nessuno ve li ha concessi, sono vostri d'appena nati e molti hanno dato la vita per essi. E non basta avere le mani pulite se ve le tenete in tasca. Non prendete esempi da noi cosiddetti "grandi" che accettiamo anche e supinamente quegli attentati e facciamo gli struzzi fingendo di non vedere. Guardatevi attorno. Infatti nessuno s'incazza, con fatti e non con privati borbottii, se da vent' anni i rappresentanti della cosa pubblica non vengono più scelti dai cittadini, grazie ad una infame legge elettorale; se tasse e pubblica corruzione aumentano; se alla disoccupazione giovanile si risponde solo con il libertinaggio dei narcotici e degli illusori messaggi dei media; se la scuola si riduce a parcheggio di una lunga gioventù miseramente mantenuta dai genitori o da nonni verso una maturità, sempre più differita e che forse potrebbe coincidere con la vecchiaia, e se si privilegia una scuola cui interessa più cosa pensare e non come pensare. Ebbene battetevi per il vostro futuro libero, che dipende solo e soltanto da Voi, senza condizionamenti; e che sia pulito come il vostro cuore. Cordialità

Manfredonia, 2/6/2011 Donato Caputo

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S.Domenico Savio Nome Santo Nome diffusissimo in Italia e in Spagna poiché lo ha portato in queste terre un grandissimo santo, San Domenico Guzman (1170-1221), fondatore dell’Ordine dei Domenicani. Questo nome significa “uomo consacrato a Dio”. E gli antichi cristiani chiamavano Domenico ogni battezzato, appunto perché il battesimo consacra chi lo riceve al signore.

15 Anni Di Santità Domenico Savio, soprannominato in piemontese “Minòt”, nacque il 2 aprile 1842 a San Giovanni, frazione di Riva presso Chieri, agli estremi confini della provincia e della diocesi torinese. Fu il secondo di ben dieci fratelli, figli di Carlo, che svolge l’attività di fabbro, e di Brigida Gaiato, sarta. Il piccolo Domenico venne battezzato nella chiesa dell’Assunta in Riva il giorno stesso. Alla fine del 1843 la famiglia si trasferì a Murialdo, frazione di Castelnuovo d’Asti, odierna Castelnuovo Don Bosco. Qui nel 1848 Domenico iniziò le scuole e nella chiesa parrocchiale del paese ricevette la prima Comunione l'8 aprile 1849. Proprio in tale occasione, all’età di appena sette anni, tracciò il suo progetto di vita che sintetizzò in quattro propositi ben precisi: “Mi confesserò molto sovente e farò la Comunione tutte le volte che il confessore me ne darà il permesso. Voglio santificare i giorni festivi. I miei amici saranno Gesù e Maria. La morte ma non peccati”.

Nel mese di febbraio del 1853 i Savio si trasferirono nuovamente, questa volta a Mondonio, altra frazione di Castelnuovo. Il 2 ottobre dell’anno successivo Domenico, ormai dodicenne, incontrò Don Bosco ai Becchi. Il santo educatore rimase sbalordito da questo ragazzo: “Conobbi in quel giovane un animo tutto secondo lo spirito del Signore e rimasi non poco stupito considerando i lavori che la grazia di Dio aveva operato in così tenera età”. Con la sua innata schiettezza il ragazzo gli disse: “Io sono la stoffa, lei ne sia il sarto: faccia un bell’abito per il Signore!”. Nel giro di soli venti giorni poté così fare il suo ingresso nell’oratorio di Valdocco a Torino. Si mise dunque a camminare veloce sulla strada che Don Bosco gli consigliò per “farsi santo”, il suo grande sogno: allegria, impegno nella preghiera e nello studio, far del bene agli altri, devozione a Maria. Scelse il santo come confessore e, affinché questi potesse formarsi un giusto giudizio della sua coscienza, volle praticare la confessione generale. Iniziò a confessarsi ogni quindici giorni, poi addirittura ogni otto. Domenico imparò presto a dimenticare se stesso, i suoi capricci ed a diventare sempre più attento alle necessità del prossimo. Sempre mite, sereno e gioioso, metteva grande impegno nei suoi doveri di studente e nel servire i compagni in vari modi: insegnando loro il Catechismo, assistendo i malati, pacificando i litigi. Una volta, in pieno inverno, due compagni di Domenico ebbero la brillante idea di gettare della neve nella stufa dell’aula scolastica. Non appena entrò il maestro, dalla stufa spenta colava un rigagnolo d’acqua. Alla domanda “Chi è stato?”, nessuno fiatò. Si alzarono i due colpevoli per indicare Domenico. Nessuno

purtroppo intervenne per dire la verità, così il maestro punì il santo bambino. Uscendo dalla scuola, però, qualcuno vinse la paura ed indicò al maestro i veri colpevoli. Chiamò allora Domenico per chiedergli: “Perché sei stato zitto? Così ho compiuto un’ingiustizia davanti a tutta la classe!”. Domenico replicò tranquillo: “Anche Gesù fu accusato ingiustamente e rimase in silenzio”.Un giorno due suoi compagni di scuola si insultarono e si pestarono. Lanciarono poi una sfida a duello. Domenico, che passava di lì diretto all’Oratorio, vide la scene e si rese immediatamente conto del pericolo. Toltosi dal collo il piccolo crocifisso che portava sempre con se, si avvicinò ai due sfidanti. Gridò loro con fermezza: “Guardate Gesù! Egli è morto perdonando e voi volete vendicarvi, a costo di

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mettere in pericolo la vita?”. Un giorno spiegò ad un ragazzo appena arrivato all’Oratorio: “Sappi che noi qui facciamo consistere la santità nello stare molto allegri. Facciamo soltanto in modo di evitare il peccato, come un grande nemico che ci ruba la grazia di Dio e la pace del cuore, di adempiere esattamente i nostri doveri”. Questi sono solo i più salienti aneddoti della vita di Domenico Savio, il cui più grande biografo fu San Giovanni Bosco. L’8 dicembre 1854, quando il beato papa Pio IX proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, Domenico si recò dinnanzi all’altare dedicato alla Madonna per recitarle questa preghiera da lui composta: “Maria, ti dono il mio cuore. fa’ che sia sempre tuo. Fammi morire piuttosto che commettere un solo peccato. Gesù e Maria, siate voi sempre i miei amici”. Due anni dopo fondò con un gruppo di amici la “Compagnia dell’Immacolata”: gli iscritti si impegnavano a vivere una vita intensamente cristiana e ad aiutare i compagni a diventare migliori. L’amore a Gesù Eucaristia ed alla Vergine Immacolata, la purezza del cuore, la santificazione delle azioni ordinarie e l’ansia di conquista di tutte le anime furono da quel momento il suo principale scopo di vita. Un giorno mamma Margherita, che era scesa a Torino per aiutare il figlio Don Bosco, disse a quest’ultimo: “Tu hai molti giovani buoni, ma nessuno supera il bel cuore e la bell'anima di Savio Domenico. Lo vedo sempre pregare, restando in chiesa anche dopo gli altri; ogni giorno si toglie dalla ricreazione per far visita al Santissimo Sacramento. Sta in chiesa come un angelo che dimora in Paradiso”.Furono principalmente i genitori e Don Bosco, dopo Dio, gli artefici di questo modello di santità giovanile ancora oggi ammirato in tutto il mondo dai giovani. Nell’estate del 1856 scoppiò il colera, malattia a quel tempo incurabile. Le famiglie ancora sane si barricarono in casa, rifiutando ogni minimo contatto con altre persone. I colpiti dal male morivano abbandonati. Don Bosco pensò di radunare i suoi cinquecento ragazzi, invitando i più coraggiosi ad uscire con lui. Quarantaquattro, tra i ragazzi più grandi, si offrirono subito volontari. Tra di essi in prima fila spiccava proprio Domenico Savio. Ammalatosi anch’egli, dovette fare ritorno in famiglia a Mondonio, dove il 9 marzo 1857 morì fra le braccia dei genitori, consolando la madre con queste parole: “Mamma non piangere, io vado in Paradiso”. Con gli occhi fissi come in una dolce visione, spirò esclamando: “Che bella cosa io vedo mai!”. Santo a tenera età Pio XI lo definì “Piccolo, anzi grande gigante dello spirito”. Dichiarato eroe delle virtù cristiane il 9 luglio 1933, il venerabile pontefice Pio XII beatificò Domenico Savio il 5 marzo 1950 e, in seguito al riconoscimento di altri due miracoli avvenuti per sua intercessione, lo canonizzò il 12 giugno 1954. Domenico, quasi quindicenne, divenne così il più giovane santo cattolico non martire. I suoi resti mortali, collocati in un nuovo reliquiario realizzato in occasione del 50° anniversario della canonizzazione, sono venerati nella Basilica torinese di Maria Ausiliatrice. E’ patrono dei pueri cantores, nonché dei chierichetti, entrambe mansioni liturgiche che svolse attivamente. Altrettanto nota è la sua speciale protezione nei confronti delle gestanti, tramite il segno del cosiddetto “abitino”, in ricordo del miracolo con cui il santo salvò la vita di una sua sorellina che doveva nascere. La memoria liturgica del santo è stata fissata per la Famiglia Salesiana e per le diocesi piemontesi al 6 maggio, in quanto l’anniversario della morte cadrebbe in Quaresima. Perché santo??? La salute delicata certo ne risente, ma la sua volontà è più forte di ogni ostacolo. Egli ha già un ideale, un sogno che lo attrae e lo recepisce e, per raggiungerlo, non guarda sacrifici.