14. ORGANIZZAZIONE SOCIALE, POLITICA E TERRITORIO · ORGANIZZAZIONE SOCIALE, ... (politica fiscale,...
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14. ORGANIZZAZIONE SOCIALE, POLITICA E TERRITORIO
FIORENZO PARZIALE SOCIOLOGIA GENERALE UNIVERSITA’ LUMSA-ROMA A.A. 2016-2017
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14. ORGANIZZAZIONE SOCIALE, POLITICA E TERRITORIO
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14.1. ORGANIZZAZIONE SOCIALE
Come una società si organizza = combinazione di economia, politica, cultura
e.. territorio
I processi economici sono governati, regolati, plasmati all’interno della dimensione
politica
Politics (architettura politica: es. costituzione, sistema dei partiti, etc.) influisce
sulle Policies (politica fiscale, politica sociale, politica economica, politica del lavoro,
etc.)
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Politics (politica) Policies (risultati dell’azione
politica)
Polity
Per Polity si intende il consenso da parte della collettività al potere politico e la
coesione nell’ambito della società
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Ma chi prende le decisioni, anche nelle democrazie?
Teorici elitisti
Gaetano Mosca (1858-1941): le maggioranze non sono
organizzate e sono eterogenee, invece le minoranze, le
èlites, sono coese ed organizzate e perciò sono sempre
loro a comandare
Robert Michels (1876-1936): possiamo affermare che
esiste una “legge ferrea dell’oligarchia” = ad esempio
anche i sindacati dei lavoratori per funzionare si
professionalizzano e diventano organizzazioni
autoreferenziali, legate agli interessi dei dirigenti; lo
stesso vale per i partiti, anche quelli di massa
Vilfredo Pareto (1848-1923): sono i più dotati e scaltri a
comandare, le élite dominano sulla massa
Teorici pluralisti
Studiosi come Joseph Schumpeter (1883-1950) evidenziano
l’esistenza di gruppi che competono per il potere
La politica dipende dal consenso della società, soprattutto
in quelle complesse e altamente differenziate come quelle
moderne, quando esiste un regime democratico
Dahl (1981): policentrismo delle società democratiche
Pluralismo degli interessi in gioco (es. Confindustria e CGIL
in Italia)
Pluralismo delle èlites vs Wright Mills (1959) che notava
negli USA la concentrazione del potere politico nelle mani
di un’élite industriale e militare, coesa
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Democrazia come insieme di individui direttamente legati alla volontà generale
(Rousseau) o come insieme di individui che si associano (Tocqueville)?
Associazioni come reti sociali che sviluppano senso civico, cooperazione e
partecipazione sociale
Putnam (1993) parla di capitale sociale come rete insieme di relazioni che producono,
coordinamento, fiducia e lealtà = Cartocci (2004) parla di patrimonio collettivo, utile
alla produzione del bene comune grazie a una visione oblativa (donarsi e rispettare
l’altro)
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Putnam parla delle virtù civiche delle piccole e medie città dell’Italia centro-
settentrionale vs familismo del Sud Italia
Capitale sociale come reti sociali, che contengono informazioni, fiducia, credito
(Coleman, 2005)
Capitale sociale bonding (identità di gruppo, ma anche chiusura sociale e tornaconto
personale dei membri) vs capitale sociale bridging (fucina del coordinamento sociale
generalizzato perché produce rispetto e cooperazione verso gli altri, anche quelli fuori
dalla rete)
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Una questione rilevante
Nelle società attuali assumono sempre più potere le lobbies
Lobby = gruppi di interesse che sono anche gruppi di pressione verso governo,
parlamento, politica e dirigenti pubblici (= convincere il potere politico della bontà di
una politica favorevole a certi interessi perché essa sarebbe favorevole anche alla
società nel suo insieme)
Lobbies potenti vs Lobbies dei deboli (queste ultime sono organizzazioni forti che si
muovono per questioni relative a interessi deboli rispetto all’apparato industriale-
capitalistico-finanziario: es. ambientalismo, difesa di stranieri e senza tetto, etc.)
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Le lobbies possono essere riconosciute e regolamentate, oppure possono operare
nell’ombra..in ogni caso si pone una questione di fondo:
il pluralismo delle lobbies è effettivamente garante del pluralismo democratico?
Il pluralismo degli interessi quale grado di eguaglianza consente? Tutti gli interessi
hanno lo stesso grado di “corrispondenza” con i principi democratici?
Più in generale democrazia e mercato sono indissolubilmente legati o antitetici?
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È una questione complessa, perché il mercato è stato sviluppato dalla borghesia che
ha rotto con l’Ancient Regime e ha avviato il processo di democratizzazione (v. SLIDES
13), ma è altrettanto vero che il mercato può distorcere le relazioni sociali e produrre
nuove diseguaglianze che mettono in discussione il buon funzionamento della
democrazia
Un compromesso tra democrazia e mercato, o più precisamente tra democrazia ed
economia capitalistica è stato costituito dal Welfare State del ‘900
Esso può essere considerato come l’esito di un processo di allargamento della
cittadinanza. Questo processo oggi si mostra reversibile (crisi di welfare, mercato,
capitalismo e democrazia)
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LA CITTADINANZA
Status che riconosce a un individuo con certe caratteristiche un insieme di diritti e
doveri rispetto allo Stato
Eguaglianza tra i cittadini vs Ancient Regime (i rivoluzionari francesi si chiamavano l’un
l’altro “cittadini”)
Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (1789):
Il cittadino dispone sì di diritti inalienabili ed assoluti, ma il loro esercizio dipende
strettamente dalla legge e quindi dalla nazione sovrana della cui volontà la legge si fa
espressione (Stato di diritto liberale: v. SLIDES 13)
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Thomas Humphrey Marshall (1893-1981)
Cittadinanza e classe sociale (1950)
Processo lineare secondo Marshall:
diritti civili (‘700-‘800: diritto di proprietà, parola, pensiero, stampa, etc.)
diritti politici (‘800-‘900: partecipazione alle decisioni pubbliche soprattutto attraverso
il diritto di voto passivo ed attivo) diritti sociali (‘900: diritto a un insieme di
servizi e benefici che garantiscano l’eguaglianza sociale e non solo formale rispetto a
diverse aree del benessere psichico e materiale: diritto alla salute, diritto all’istruzione,
diritto alla sicurezza sociale da anziani, diritto alla sicurezza contro infortuni sul lavoro,
diritto all’occupazione, etc.)
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Il terzo tipo di diritti è più debole e variabile, oggi è in crisi perché è stato indebolito il
welfare state che li garantiva (v. dopo)
MA LA CRISI DEL WELFARE CHIAMA IN CAUSA LA CRISI DELLA CITTADINANZA STESSA,
PERCHE’ LA SOCIETA’ E’ DIVENUTA PIU’ COMPLESSA PER VIA DEGLI IMPORTANTI
MUTAMENTI ECONOMICI CHE STANNO ATTRAVERSANDO IL CAPITALISMO (V. SLIDES 6
E 7)
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IL TRANSNAZIONALISMO
Partiamo dall’ambiguità di fondo della cittadinanza: segna confini, include alcuni (in
genere gli abitanti nati e residenti in un Paese e figli di genitori che già hanno acquisito
lo status di cittadini = ETNOS), ma esclude gli altri, gli stranieri
Zincone (2003) parla di 4 problemi di esclusione insiti nella cittadinanza, e cioè:
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1. Diritto o no a risiedere in un territorio (base talvolta dell’identità nazionale al punto
tale da spingere a razzismo/nazionalismo, etc. fonte della cittadinanza
terra/sangue o storia?)
2. Emancipazione del soggetto come attore pienamente adulto: lo straniero, il nuovo
arrivato, decide con noi o subisce le nostre decisioni (diritto al voto)
3. Il non cittadino quando ha diritto ad usufruire di una serie di servizi sociali? Mai,
solo se lavora e paga le tasse, come tutti gli altri cittadini
4. Standardizzazione: la cittadinanza, anche quando pluralistica e tollerante, richiede
un minimo di regole e norme comuni che si oppongono alla piena autonomia delle
singole comunità etnico-culturali nello stesso territorio (i figli dei rom devono
andare a scuola in Italia, in Francia negli uffici pubblici non si ostentano oggetti
sacri, etc. etc.)
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MA OGGI I CONFINI TRA STATI IN UN’ECONOMIA GLOBALE SONO PIU’ FLUIDI (V. SLIDES
15) E SOPRATTUTTO LO STESSO “POPOLO RESIDENTE IN UN TERRITORIO (IL DEMOS)”
PUO’ INCLUDERE SOGGETTI DI ETNIA DIFFERENTI:
ES. ITALO-AMERICANI NEGLI USA, FIGLI DI SENEGALESI PRIVI DI CITTADINANZA MA
NATI IN ITALIA E CHE QUI VIVONO DA MOLTI ANNI..
I CONFINI TRA ETNIE CONSIDERATI UN TEMPO “NATURALI” MOSTRANO LA LORO
NATURA SOCIALE: IL SENSO COMUNE VIENE MESSO IN DISCUSSIONE (V. SLIDES 1)
Figli di stranieri nati in Italia che non votano, italiani residenti all’estero che partecipano
alle elezioni italiane, persone con doppia cittadinanza..tutto si è complicato
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Nella pratica chi è più cittadino, costruttore della partecipazione sociale propria e
altrui?
Aisha, 25 anni, rappresentate degli studenti universitari o l’altro che bighellona non
partecipando al voto né compiendo alcuna azione di partecipazione sociale?
La cittadinanza si costruisce anche dal basso: le pratiche possono mettere in
discussione l’ordine sociale e i principi di legittimazione dello stesso
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Pratiche istituzioni
Gli atti di cittadinanza come pratiche anche nuove che portano a riconoscimento
sociale, mediante il conflitto e la messa in discussione dell’ordine sociale, e trasformano
la cittadinanza
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14.2. WELFARE STATE
WELFARE: BENESSERE (COLLETTIVO)
STATE: LO STATO PROGRAMMA, FINANZIA ED EROGA SERVIZI VOLTI AL BENESSERE MEDIANTE POLITICHE E SERVIZI SOCIALI (SANITA’, PREVIDENZA, ASSICURAZIONE
SOCIALE, ISTRUZIONE, SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI)
WELFARE STATE (BEVERIDGIANO-KEYNESIANO) COME SISTEMA DI INTEGRAZIONE SOCIALE TIPICO DELLA SOCIETA’ INDUSTRIALE: SI SVILUPPA IN MANIERA DIVERSIFICATA
NEI PAESI INDUSTRIALIZZATI NEL CORSO DEL NOVECENTO
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“Compromesso tra capitalismo e democrazia”: William Beveridge, economista liberale inglese, propose nel 1942 un piano per un servizio sanitario nazionale gratuito e un sistema pensionistico; welfare come sistema di tutele che accompagna i cittadini “dalla culla alla tomba”.
Le politiche sociali hanno l’obiettivo di proteggere i cittadini dai rischi sociali, cioè dall’esposizione ad eventi che incidono sulle condizioni di vita delle persone (povertà,
disoccupazione, analfabetismo o scarsa istruzione, malattia, disabilità, ecc.).
SICUREZZA SOCIALE, COME COMPROMESSO TRA CLASSI SOCIALI
ORIGINI. Il welfare in alcuni Paesi nasce su iniziativa dell’elite politica (Es. Bismarck già alla fine dell’Ottocento; negli USA per far fronte alla crisi del 1929) per costruire il consenso attorno alla società industriale e allo Stato moderno; in altri Paesi si afferma in seguito alla crescita del movimento operaio e sindacale (società di mutuo soccorso, welfare dal basso e successiva “statalizzazione”: l’informale che si formalizza; oppure
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alleanza tra classi sociali subalterne: es. piccola borghesia agricola e classe operaia in Svezia)
1. REGOLAZIONE DEL MERCATO E LOGICA RE-DISTRIBUTIVA BASATA SU CITTADINANZA
2. SERVIZI SOCIALI DI QUALITA’ = DIPENDENZA E INEFFICIENZA O PIU’ EGUAGLIANZA E LIBERTA’ DA SVANTAGGI?
3. DAL TIPO DI WELFARE DIPENDE IL MODO DI CONCEPIRE LA QUALITA’ DELLA VITA E IL RUOLO DEL LAVORO
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Welfare come patrimonio dell’Europa occidentale
TIPI DI WELFARE (ESPING-ANDERSEN, 1990)
WELFARE LIBERALE: PROVA DEI MEZZI E ASSISTENZA SOLO A “FASCE DEBOLI” + INVESTIMENTO IN ISTRUZIONE (PAESI ANGLOSASSONI: work, not welfare)
WELFARE CONSERVATORE-CORPORATIVO: SERVIZI EROGATI IN BASE ALLA POSIZIONE OCCUPAZIONALE, CENTRALITA’ PENSIONI E ASSICURAZIONE (GERMANIA, BELGIO, FRANCIA: welfare through work)
WELFARE SOCIALDEMOCRATICO: UNIVERSALISMO, SERVIZI PAGATI CON FISCALITA’ GENERALE: PREVENZIONE, RIPARAZIONE E PROMOZIONE (SVEZIA, DANIMARCA, FINLANDIA, NORVEGIA: welfare and work)
WELFARE FAMILISTICO-SOLIDARISTICO: versione debole del welfare conservatore-corporativo, pensioni ed erogazione denaro a famiglie, meno servizi sociali (Europa meridionale: Spagna, Italia, Portogallo, Grecia: welfare and work through family)
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I diversi tipi di welfare possono essere valutati in termini di:
de-mercificazione: diminuzione della necessità di passare attraverso il mercato per soddisfare i bisogni
de-stratificazione: attenuazione dei differenziali di status occupazionale e di classe sociale
ASPETTI CONDIVISI DAI DIVERSI REGIMI DI WELFARE STATE: crescita spesa pubblica per servizi collettivi rispetto all’Ottocento-prima metà del Novecento (passaggio da Stato di diritto liberale a Stato di diritto costituzionale): dal 10% al 30-50% del reddito nazionale (non solo sicurezza-amministrazione, ma anche servizi di integrazione sociale). Istruzione e Sanità come servizi universalistici (3/4 sono coperti da spesa pubblica), con eccezioni degli USA (copertura: solo 50%: Piketty, 2014)
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TENDENZE DEGLI ULTIMI 30 ANNI
Mutamento della domanda sociale
· La società è oggi più frammentata, complessa e individualizzata = nascita di nuovi bisogni
· Bisogno di autorealizzazione professionale che non può essere soddisfatta da mero sostegno economico
· Crescita delle diseguaglianze e crisi economica fa allargare la platea dei soggetti che necessitano di protezione sociale
· Invecchiamento attivo da parte di una popolazione sempre più anziana
· Cambiamento demografico sta comportando anche trasformazione della società in senso multiculturale (v. anche questione della cittadinanza transnazionale)
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Risposta in termini di policies
· Riduzione dell’intervento statale e privatizzazione
· Maggiore investimento in educazione (servizi prima infanzia, scuola, formazione continua, etc.)
· Decentramento e importanza degli enti locali nel gestire le poche risorse a disposizione
· Welfare mix e intervento del Terzo settore (volontariato, cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, etc.)
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14.3. TERRITORIO: LE CITTA’
LE RIFLESSIONI SULLA CRISI DEL WELFARE STATE CI PORTANO AD AFFRONTARE UN TEMA
CLASSICO DELLA SOCIOLOGIA QUALE IL RUOLO DELLO SPAZIO NELL’ORGANIZZAZIONE DELLA SOCIETA’
Lo spazio non è, di per sé, una forma, ma produce forme nello strutturare i rapporti di
interazione. Qualunque sia il contenuto di questi rapporti (economico, affettivo,
politico) a partire dallo spazio si definisce una specificità del rapporto di interazione. Le
forme spaziali sono quindi quelle configurazioni di relazioni sociali che trovano nello
spazio la loro concretizzazione (Simmel, 1908).
Centro-Periferia; Confini tra dentro e fuori etc. sono categorie della sociologia, in
particolare di quella simmeliana, che evidenziano la centralità dello spazio nella
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costruzione dei fenomeni sociali (pensiamo alla vita dei ragazzi in un piccolo centro
piuttosto che in città; il fare lezione in un’aula piccola o in aula magna..etc.)
Per l’intero ‘900 i sociologi quando parlavano di società si riferivano spesso alla società
nazionale; oggi con la GLOBALIZZAZIONE (v. SLIDES 15) è più complesso parlare di
società nazionale
La globalizzazione presuppone da un lato una società mondiale, dall’altro lato
l’esistenza di più “regioni” (v. SLIDES 15) = RITORNO DELL’INTERESSE SOCIALE E
SOCIOLOGICO PER IL LOCALE: le società locali (Bagnasco, Negri, 1994; Bagnasco, 2012).
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RICORDA:
SOCIETA’ NAZIONALE E’ CMQ UN COSTRUTTO (V. SLIDES 09)
CAPITALISMO, SOCIETA’ INDUSTRIALE E STATO NAZIONE SORGONO DALLA
DIMENSIONE LOCALE (V. SLIDES 06, 07 E SLIDES 12)
CENTRALITA’ DELLA CITTA’: CIVILTA’- CITTA’ - CIVILTA’
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La città nel Mondo Antico
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La città nel Medioevo e nella società industriale
Origini: città principato e città mercato (Weber, 1922)
Centralità in Europa per via della centralità della borghesia e dei ceti legati a mestieri,
commercio vs “città asiatiche” dove le èlites (mussulmane e non) erano formate da
feudatari comunque legati alla campagna, mentre i cittadini non erano soggetti
autonomi, liberi (vs formazione di una solida società civile in Europa)
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La città oggi: Paesi industrializzati e Paesi emergenti
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Le periferie del mondo
Città europee: centralità del centro storico, forte radicamento territoriale, ricco
patrimonio culturale e maggiore refrattarietà a mutamento urbanistico profondo
(differente è la situazione negli USA così come nei Paesi emergenti o poveri)
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TENDENZE ATTUALI CONVERGENTI SU SCALA GLOBALE:
PERIURBANIZZAZIONE (fine dei villaggi rurali e nascita di “centri dormitori”,
anonimi, con buona dotazione di servizi e collegati a città medio-grandi, sebbene
queste possano essere anche relativamente lontane)
CITTA’ SPRAWL (diffusione della città in campagna)
AGGLOMERAZIONE E CONURBAZIONE (fusione di città)
RURBANIZZAZIONE (campagna si urbanizza, cittadini vanno a vivere in campagna
portando con loro stili cittadini, ma lo spostamento è dettato anche dalla ricerca di
una condizione di vita più sostenibile..)
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14.4. CITTA’ E STRATIFICAZIONE SOCIALE
La città come spazio sociale (Scuola di Chicago: Park, Burgess, Wirth)
Quartieri operai e popolari, quartieri piccolo borghesi, quartieri medio-alto borghesi
L’analisi va fatta anche a livello diacronico: spostamento dei gruppi sociali all’interno
della stessa città = cambiamento morfologico della città
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La concentrazione e la segregazione
Per mestiere
Per minoranza sociale (etnica, religiosa, sociale..)
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Ghetti = segregazione estrema
Le gated communities: la segregazione volontaria dei ricchi (es. città del Sud del
Mondo)
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Rivolte urbane
segregazione = assenza di integrazione
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Gentrification: quando si imborghesisce una zona popolare
(lett. gentry era la nobiltà di campagna inglese)
Riqualificazione ma anche aumento del valore degli immobili e poveri/ceti popolari
rischiano di essere scacciati dal loro quartiere, per andare a vivere in zone ancora più
degradate
NB. I nuovi abitanti sono giovani ad alta istruzione, in genere professionisti-lavoratori
qualificati; ma vi sono anche casi di iper-gentrification con ricchi che “invadono” interi
quartieri
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Politiche urbanistiche volte ad attrarre investimenti: un esempio è la studentification
(processo di costruzione di biblioteche, locali di svago, facoltà universitarie) che attrae
studenti (e successivamente giovani professionisti)
Politiche alternative, volte alla mixitè (mescolanza sociale per contrastare la
gentrification): le scelte abitative si associano anche ad altre scelte (professionali,
educative, etc.: es. concentrazione di scuole altolocate vs concentrazione di scuola “di
periferia”)