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Titolo dell'opera originaleRIGVEDA – VELIKOE NAČALO INDIJSKOJ LITERATURY I KUL’TURY

contenuta inRigveda, Mandaly I-IV. Izdanie vtoroe, ispravlennoe. Izdanie podgotovila T.Ja. lizaren-kova, Moskva, Nauka, 1999.

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Tat’jana Jakovlevna Elizarenkova

IL RIGVEDA L’INIZIO DELLA LETTERATURA

E DELLA CULTURA IN INDIA

Introduzione e traduzione diLaura Sestri

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ISBN 978–88–548–4121–5

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: giugno 2011

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T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda

INDICE

Introduzione del Traduttore 7

I 11

Premessa 11

1.1. Preistoria dei Proto-Indo-arii 16

1.2. La cronologia assoluta del Rigveda e il suo

raffronto con la civiltà dell’Indo 21

1.3. Rigveda e Avesta 28

1.4. Il mondo materiale degli arii del Rigveda 35

1.5. La società aria all’epoca del Rigveda 51

II 59

2.1. Il Rigveda e la letteratura vedica 59

2.2. Il Sāmaveda 61

2.3. Lo Yajurveda 63

2.4. L’Atharvaveda 68

2.5. I Br×hmaða 78

2.6. ¨raðyaka e Upanióad 80

III 83

3.1. Il testo del Rigveda e la cronologia

relativa delle sue parti 83

3.2. Gli ¬ói, autori degli inni 91

3.3. Il contenuto del Rigveda 96

3.4. Religione e mitologia nel Rigveda 111

IV 131

4.1. La lingua e il dialetto del Rigveda 131

4.2. Lo stile del Rigveda 139

4.3. La metrica del Rigveda 170

4.4. Le traduzioni del Rigveda 179

Bibliografia 191

Aggiornamenti bibliografici a cura del Traduttore 203

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T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda

Introduzione del Traduttore

I translated the Rigveda because it became gradually my world, and I could not live

without it.

T.Ja. Elizarenkova

Il Rigveda non è solo uno dei monumenti letterari della civiltà uma-

na. Il Rigveda è anche un luogo. Un posto in cui una brillante mente

può trovare rifugio.

Tat’jana Jakovlevna Elizarenkova (1929-2007) è stata un’impor-

tantissima indologa russa. Tra i suoi grandi meriti vi è l’aver applicato

l’analisi strutturalista e semiotica agli studi vedici e l’aver considerato

il testo sia dal punto di vista pragmatico che da quello più generale del

processo comunicativo. In particolare, la studiosa ha approfondito le

interconnessioni tra il sistema linguistico vedico e lo stile del Rigveda,

mostrando che per poter comprendere la lingua di questo monumento

letterario è indispensabile tenere in considerazione il fatto che ogni

variazione di strato linguistico ed ogni elemento stilistico sono sog-

getti alla natura del testo sacro. È con questi presupposti che Eli-

zarenkova ha affrontato il complesso lavoro della prima traduzione

completa in lingua russa del Rigveda. Da un lato, la studiosa ha rite-

nuto necessario farlo poiché lo considerava un compito urgente non

solo per gli studi indologici russi ma anche, più in generale, per la

cultura russa. Dall’altro, tuttavia, vi è una motivazione più personale,

vi è un’urgenza di sopravvivenza intellettuale che fa da retroterra a

questo lunghissimo (33 anni) e sofferto compito: per 22 anni Elizaren-

kova è stata privata del diritto di attraversare la frontiera, è stata licen-

ziata dall’Università Statale di Mosca, dove insegnava hindi, le sono

stati impediti contatti con gli studenti.

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And I had to concentrate on something that would help me to get out of that

situation, and it was the translation of the Rigveda.

E ciò a causa della sottoscrizione, nel 1968, di una lettera di protesta

politica1.

Quella che proponiamo al lettore è la traduzione del saggio intro-

duttivo di Elizarenkova alla sua traduzione completa del Rigveda in

russo. Si tratta di una introduzione alla lingua e cultura vedica, un

prezioso contributo che rende agile un primo contatto con questo

affascinante mondo arcaico. Elizarenkova, infatti, si è avvalsa dei più

importanti studi in questo campo (nonostante le difficoltà di

reperimento del materiale, si confronti l’intervista), arricchendoli delle

sue personali intuizioni e dei suoi approfondimenti, soprattutto nel

campo dell’analisi linguistica e stilistica. L’autrice ha citato numerosi

studiosi indiani (e anche russi naturalmente), aspetto importante per

quel «dialogo scientifico» che è il presupposto della ricerca in gene-

rale. Inoltre, proprio al fine di rendere ancora più utile una traduzione

di questo tipo, si è cercato di integrare i riferimenti bibliografici forniti

da Elizarenkova con alcuni tra quelli apparsi dopo la pubblicazione

dell’opera (in alcuni casi anche prima) e dopo la scomparsa dell’autri-

ce2. Gli aggiornamenti sono segnalati in nota dal Traduttore e in una

sezione apposita della Bibliografia.

La bibliografia completa di T.Ja. Elizarenkova è invece consulta-

bile sul sito:

http://titus.uni-frankfurt.de/personal/galeria/elizaren.htm

Un ringraziamento particolare va al Professor Daniele Maggi, senza

il cui supporto non sarebbe stata possibile questa traduzione, al

Dipartimento di Ricerca Linguistica, Letteraria e Filologica dell’Uni-

versità degli Studi di Macerata e ad Anna Vladimirovna Toporova.

1 Si veda l’intervista rilasciata nella sua casa di Mosca il 30/10/2006 in SESTRI 2008.

2 Per le integrazioni bibliografiche ci si è avvalsi prevalentemente del contributo di

MAGGI 2008.

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Il Rigveda. L‟inizio della letteratura e della cultura in India

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T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda

I

Premessa

Ricca, multiforme, multilingue: questa è la letteratura indiana, la

quale possiede non meno di 3500 anni. Molto si è perso per sempre

nelle nebbie del tempo, ma senza dubbio il Rigveda rappresenta

l‟inizio di questa letteratura, un inizio niente affatto timido o incerto,

al contrario: esso fu in realtà brillante. Il Rigveda non sembra in alcun

modo un debole rivoletto dal quale, col tempo, nasce un grande fiume.

Il Rigveda può essere piuttosto paragonato ad un vasto e maestoso

lago che stupisce ancor di più rispetto a ciò da cui è stato generato,

che resta pur sempre la sua fonte. Ci deve esser stato infatti qualcosa

ancor prima dell' “inizio”, ma possiamo solo fare delle supposizioni al

riguardo. Il valore del Rigveda non è solo evidente, ma possiede anche

il merito di essere legato senza alcun dubbio ad un avvenimento

rivelatosi epocale per la storia dell‟India.

Intorno alla metà del II millennio a.C. nell‟India nord-occidentale,

nella regione dell‟attuale Pañjāb, dall‟ovest, attraverso i valichi del-

l‟Hindukush, iniziarono a penetrare bellicose tribù che si davano il

nome di arii (¦rya-). Queste tribù parlavano una delle antiche lingue di

origine indoeuropea, molto simile alla lingua delle tribù vicine che

popolavano l‟antico Iran. Gli arii si distinguevano non solo per le doti

militari, ma anche per il dono della lingua poetica, con la quale

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seppero rappresentare la loro percezione del mondo: com‟era e come

lo avrebbero voluto vedere. Gli inni divennero il principale tesoro di

queste tribù, costituendo la base di quella che sarebbe stata la futura

raccolta: il Rigveda [da qui in poi RV].

Per comprendere il ruolo fondamentale del RV nella cultura

dell‟India antica e anche nel più ampio contesto della cultura indo-

europea comune, occorre soffermarsi sulle condizioni da cui esso ha

avuto origine. Le migrazioni delle tribù degli arii costituirono un pro-

cesso di lunga durata che si protrasse per molti secoli e interessò con

le sue ondate un‟enorme estensione. Nel RV non ci sono concreti ri-

mandi alle migrazioni e ai tragitti delle tribù fino a che queste non

fecero il loro ingresso in India. Quando gli arii vi apparvero per la

prima volta, non possedevano solo carri da combattimento, ma anche

inni rivolti alle divinità che sostenevano i loro spiriti guerrieri, inni

che riflettevano i loro desideri di vittoria sui nemici, di gloria, di

ricchezza, di prole maschile e di prosperità. Questi inni erano tras-

messi oralmente di generazione in generazione all‟interno delle

famiglie sacerdotali. La poesia sacra dei diversi popoli si distingue in

generale per il suo essere arcaica e conservativa. Il RV mostra molti

paralleli, nell‟ambito della mitologia e del rituale, con l‟Avesta, monu-

mento letterario antico iranico (più tardo rispetto al RV); alcune figure

mitologiche poco chiare o immotivate, almeno così a prima vista, e

tratti di divinità rigvediche si decifrano dal confronto con i corris-

pondenti personaggi di altre antiche tradizioni indoeuropee (comprese

quella slava e baltica). Infine, alcune tecniche poetiche generali, alcu-

ne formule verbali arcaiche e, più in generale, la concezione della Pa-

rola come forza creatrice superiore, capace di dar forma al cosmo, col-

legano questo monumento poetico all‟antica poesia dei greci, dei

germani, dei celti e di altri popoli indoeuropei, contribuendo così a ri-

costruire alcuni frammenti o caratteristiche sostanziali della lingua

poetica indoeuropea (indogermanische Dichtersprache). Le testimo-

nianze del RV sono molto importanti al riguardo, anche perché questo

antichissimo monumento possiede un‟enorme mole (il RV è simile

all‟incirca all‟Iliade e all‟Odissea considerate insieme).

Il RV si è costituito come opera unitaria, come raccolta, già in

territorio indiano, essenzialmente nel Pañjāb, nel bacino dell‟Indo e

dei suoi affluenti, mentre nelle parti finali l‟opera, eterogenea a livello

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cronologico, già mostra accenni al Gange e allo Yamuna (l‟attuale

Jamna). Le tribù arie in quest‟epoca avanzano in India da nord-ovest

verso sud-est sui propri carri, saccheggiando le tribù indigene,

demolendo le loro fortezze, impadronendosi di ricchi bottini e,

gradualmente, mescolandosi con queste. Negli inni appaiono a volte

nomi di imperatori, non etimologizzati in ambito indoeuropeo, e

penetrano isolati prestiti dal dravidico, dall‟austroasiatico oppure da

fonti a noi del tutto sconosciute. In questo modo la cultura degli arii

inizia a fissare in sé elementi culturali appartenenti alle popolazioni

autoctone dell‟India, processo che conduce, in un secondo tempo, a

quella sintesi di etnie, religioni, culture così tipica dell‟India. L‟inizio

di tutto questo è stato racchiuso nel RV.

Possiamo farci un‟idea di come tutto ciò abbia avuto origine solo in

base alla raccolta stessa degli inni, poiché non abbiamo altre fonti di

conoscenza su questi tempi antichi, nessun altro elemento cronologico

attendibile. La prima data sicura in India è legata alla nascita del Bud-

dhismo nel VI secolo a.C., ma il RV e gli altri Veda più tardi furono

codificati chiaramente molto prima di questo. Così il RV risulta fonte

unica di notizie su ciò che avvenne in India settentrionale nel corso di

molti secoli a cavallo tra il II e il I millennio a.C. In virtù della sua

unicità, quest‟opera è la sola interprete di se stessa. La comparazione

con altri monumenti, anch‟essi appartenenti alla tradizione orale, deve

essere condotta con la massima cura, perché essendo questi monu-

menti posteriori, si corre il rischio di includere nel RV elementi im-

probabili dal punto di vista cronologico (è ciò che è avvenuto più di

una volta nei tentativi di interpretazione di numerosi passi oscuri del

RV).

Il Veda, la sapienza sacra (il Rigveda è il Veda degli inni), rac-

chiude al suo interno la somma delle conoscenze dell‟uomo di quei

tempi su di sé e sul mondo circostante: sulle divinità, sui demoni, sul

cosmo, sul rituale, sulla struttura sociale, sui valori etici e cosi via.

Poiché il RV è una raccolta di inni rivolti agli dei, ossia un‟opera

sacra, nelle intenzioni dei suoi autori, i cantori ¬ói, rientrava prima di

tutto l‟invocazione alle divinità sugli arii: prima la lode agli dei e

l‟esaltazione delle loro imprese, dei loro meriti e l‟invito a partecipare

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ai sacrifici; poi la richiesta del sostegno e del dono dei necessari beni

vitali per gli arii. Qui troviamo una situazione di scambio tra la

divinità e il suo adepto, tipico delle culture antiche. Uno dei più im-

portanti strumenti di influenza sulla divinità era l‟inno, formalmente

raffinato, magistralmente composto (oppure “tessuto”, secondo la ter-

minologia degli ¬ói), che rende con la lingua di simboli convenzionali

ciò che per gli arii era fondamentale e, allo stesso tempo, che nas-

conde dietro a bizzarre parole ciò che è recondito. Questa elevata arte

poetica della Parola Sacra si andava perfezionando con il susseguirsi

di generazioni di ¬ói, i quali raggiunsero una straordinaria maestria.

Tuttavia, la loro poesia sacra non era mai destinata alla descrizione

della vita effettiva della propria tribù. In modo indiretto, è possibile

osservare questa vita sia dal suo riflesso nella mitologia, sia da singoli

dettagli del rituale e dei riti, sia dalle diverse leggende. A volte, certo,

la vita reale irrompe direttamente nella narrazione degli avvenimenti

mitologici con il suono delle battaglie (con i loro cavalli, i carri, le

loro frecce ed archi), con le mugghianti mandrie di mucche, con i

drappelli militari che guadano i fiumi con i pesanti convogli di beni

depredati, ma la realtà impercettibilmente si trasforma nel mito, le

mucche diventano i nembi, i fiumi scorrono per i cieli e il tempo di

nuovo conclude il suo ciclo. Al centro del campo visivo degli ¬ói vedi-

ci resta un modello: uomo – dio, intorno al quale si dispone tutto il

resto. Questo modello possiede un grande significato conoscitivo per

lo studio della psicologia dell‟uomo antico, anche dal punto di vista

della storia della religione e dell‟etnografia.

È difficile non considerare il RV fonte da cui attingono le proprie

forze i più differenti settori della cultura indiana. La sapienza sacra

riuniva in sé tutto. L‟evoluzione successiva poi percorse la strada della

differenziazione. Tutte le principali scuole della filosofia classica in-

diana, in un modo o nell‟altro, si basano sulle posizioni insite nel RV,

ora assumendole ed elaborandole ulteriormente, ora polemizzando con

esse. La celebre linguistica indiana, il cui apice è rappresentato dalla

grammatica di P×ðini (V secolo a.C.), si è formata gradualmente sulla

base dei trattati fonetici (Pr×tiò×khya), scopo dei quali era la conser-

vazione della corretta pronuncia dei testi sacri vedici. Le scienze esat-

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te, come la matematica e la geometria, hanno origine dai calcoli legati

alla costruzione dell‟altare, costruzione orientata in base ai punti car-

dinali. L‟astronomia ha inizio con lo studio della posizione degli astri

nel cielo, i quali stabiliscono il momento dei sacrifici nel RV. L‟in-

duismo moderno affonda le proprie radici nella religione vedica,

alcuni elementi della quale, nel corso del tempo, si sono trasformati e

hanno preso posto in un nuovo sistema (si veda il culto di Vióðu, del

vedico Rudra che è diventato l‟induistico Èiva, del bráhman, preghiera

intesa come uno dei principi cosmogonici astratti ed altri). Il

Buddhismo e il Jainismo, nascendo inizialmente come religioni “ere-

tiche”, non divennero in India predominanti. A queste subentrò l‟In-

duismo. L‟allontanamento dal RV avvenne relativamente presto poi-

ché quest‟opera rimaneva estranea in certi aspetti e gradualmente sem-

pre più incomprensibile. Tuttavia, il RV ha mantenuto la sua autorità

senza pari fino ad oggi1. I mántra (versi) del RV accompagnano l‟in-

duista in tutti i momenti importanti nel corso della sua vita: nel mo-

mento della nascita, nell‟attribuzione del nome, nell'iniziazione del

brahmán2, durante le nozze e i funerali.

Con il RV ha inizio la letteratura indiana. In questa straordinaria

raccolta, che si è formata, conservata e trasmessa oralmente, sono de-

positati i fondamenti di quei generi che in seguito vennero rielaborati

nella letteratura epica e classica: la narrazione eroica (soprattutto gli

inni a Indra), la poesia lirica, la lirica filosofica e la drammaturgia (gli

inni-dialogo del RV). Nel RV per la prima volta appaiono alcune tra-

me che si incontrano in seguito nelle diverse varianti della letteratura

sanscrita e che si distinguono per il tradizionale orientamento verso

modelli antichi. Tale è la storia del mortale re Purūravas e della ninfa

celeste Urvaśī, che è alla base dell‟opera di K×lid×sa; la storia di Trita

che, lanciato nel pozzo, si salva grazie al sacrificio agli dei, eseguito

mentalmente, come riportato in modo dettagliato nel Mahābhārata; si

accenna nel RV anche alla trama di Èunaçòepa che si è liberato dai

ceppi, riflessa più dettagliatamente nei Br×hmaða, nel Mahābhārata e

1 RENOU 1955-1960, vol. VI; ID. 1965a.

2 Sacerdote. [N.d.T.]

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nel R×m×yaða; il tema del gigante cosmico Puruóa (uomo), sacrificato

dagli dei in modo tale che dal suo corpo si creasse l‟universo, è

elaborato nel RV e prosegue nella letteratura successiva a quella

vedica, ad esempio, nell‟Atharvaveda e nelle Upanióad. Infine, l‟an-

tica poetica indiana, nata ancor prima di Cristo e caratterizzata da

originalità e raffinatezza estreme, non sarebbe potuta esistere senza

l‟elevata arte poetica degli ¬ói vedici a lei precedenti, che giocano con-

sapevolmente con la lingua, che sono in grado di riprodurre con pit-

tura acustica il contenuto e di suscitare con la parola doppie immagini

(si veda la teoria dhvaní nella poetica medioevale indiana).

1.1. Preistoria dei Proto-indo-arii

Per la cultura dell‟India antica, il RV è stato senza dubbio l‟inizio

di tutto. Anche l‟opera stessa, tuttavia, guardandola da un‟altra pros-

pettiva temporale, ha avuto la sua preistoria. Più precisamente, questa

preistoria non è la stessa dell‟opera, ma è quella che ha creato il suo

popolo. L‟invasione degli arii in India rappresentò una delle ultime

ondate migratorie, preceduta da una lunga storia di migrazione di

popoli, portatori di dialetti indoeuropei dal luogo della loro abitazione

originaria. Lasciando da parte l‟ipotesi di una “antica patria”, che gli

studiosi circoscrivono molto ampiamente, ossia dalla penisola balca-

nica alle steppe pre-uraliche, rivolgiamo l‟attenzione alla migrazione

di quella parte di popoli indoeuropei che si dava il nome di arii. La pa-

rola ¦rya- è il nome che si diedero i lontani antenati degli indiani e

degli irani, la cui storia si sviluppò in modo parallelo per un deter-

minato periodo. Questi due popoli vennero uniti dalla migrazione in

regioni adiacenti e la lunga permanenza presso territori vicini portò al-

l‟origine della comunanza linguistica e culturale indo-iranica.

L‟attuale nome Iran proviene proprio da quell‟etnonimo * al geni-

tivo plurale (avestico airyanəm vaē¬ō> medio iranico Ērān ve¬, let-

teralmente “espansione degli arii”), indicazione dell‟antica patria se-

mi-mitica degli irani3.

3 ORANSKIJ

1963, pp. 20-22.

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Secondo l‟opinione più diffusa, si ritiene che nel periodo prece-

dente l‟invasione dell‟India di parte delle tribù, queste occupassero le

regioni dell‟Asia Centrale, poste presso l‟Amu Darja e Syr Darja fino

ai mari d‟Aral e Caspio (confronta ad esempio M. Mayrhofer, I.M.

D‟jakonov, T. Burrow). Da qui ebbero origine le migrazioni dei sin-

goli gruppi di arii nelle diverse direzioni. Uno di questi gruppi penetrò

in Afghanistan e poi in India. In base all‟ipotesi di T. Gamqrelije e di

V.V. Ivanov, il territorio dell‟antica patria originaria degli indo-

europeii coincideva con l‟Anatolia orientale, con il Caucaso meri-

dionale e con la Mesopotamia settentrionale (V-IV millennio a.C.). Da

qui, nella prima metà del III millennio a.C., le tribù indo-iraniche

comparvero nel nord dell‟Iran, e in seguito, attraverso l‟Afghanistan,

le prime ondate delle tribù indo-arie avanzarono verso est nell‟India

nord-occidentale4.

Alla fine della prima metà del II millennio a.C., nei territori del-

l‟Asia Minore e Anteriore si trovano tracce linguistiche della per-

manenza degli arii, le quali ricevettero il nome convenzionale di “lin-

gua mitannico-aria”5. Dall‟inizio del XX secolo, in seguito ai ri-

trovamenti degli scritti cuneiformi degli archivi di El-Amarna e

Bogazköi, e in seguito anche a quelli dei documenti di Mitanni, Nuza

e Alalach, divennero note agli studiosi le parole di provenienza aria,

inserite in testi di altre lingue. Si trattava di nomi di re e di nobili

(datati 1500 - 1300 a.C.), di terminologia appartenente all‟allevamento

di cavalli, di singoli nomi di divinità. Il loro carattere “ario” non può

suscitare dubbi, sebbene per via delle particolarità della scrittura cu-

neiforme, gli elementi di ambito fonetico restino poco chiari. I più

numerosi sono i nomi dei re e della nobiltà, alcune decine di parole,

che rappresentano molto probabilmente delle indicazioni di intere

dinastie ai vertici degli stati dell‟Asia Minore e Anteriore. Questi no-

mi per la maggior parte sono parole composte del tipo bahuvrīhi

(aggettivi con significato relativo) o tatpuruóa (sostantivi i cui membri

composti esprimono subordinazione dei casi), ad esempio: Indarota

(si veda nel RV indrotá- nom. pr. lett. “sostenuto da Indra”), Sumāla

(si veda nel Mahābhārata sumāla- nom. pr. di popolo, lett. “che pos-

4 GAMQRELIJE, IVANOV

1984, vol. II, cap. 12. 5 Si veda la bibliografia dei lavori principali in ELIZARENKOVA 1972, pp. 4-9.

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siede magnifiche corone”), Artaššumara (si veda ind. ötá- “legge

sacra” e smö- “ricordare”), Tušratta (ind. *duóratha “che possiede il

carro che reca danno [ai nemici]”), Bêrasßna (si veda nel Mahā-

bhārata Vêrasena nom. pr., lett. “che possiede un esercito di eroi”),

Êutarna (si veda il ved. Sutá- “succo di sóma spremuto” e ráða-

“diletto”, “delizia”) o Êutar(a)na (si veda nel RV sutaraðá- “facil-

mente transitabile”) ecc. Il grado della vocale della prima sillaba di

una serie di nomi appartenenti alla lingua “mitannico-aria” richiama

alla mente il grado allungato regolare in antico indiano della vocale

della prima sillaba nella formazione di nomi patronimici, ad esempio:

Bardaôwa (ind. *V×rddh×òva “figlio di Vöddh×òva”) confrontato con

Birid×ôwa (ind. *Vöddh×òva lett. “che possiede grandi cavalli”) o Sau-

mati (si veda l‟ind. *Saumati “figlio di Sumati” da Sumatí nom. pr.,

lett. “benevolo”) e altri.

È interessante notare che solo i nomi maschili della nobiltà pos-

siedono aspetto ario, mentre i nomi femminili in quegli stessi do-

cumenti appartengono alla lingua del luogo, cosa che testimonia i

matrimoni misti degli arii nobili con donne di famiglie locali regali e

altolocate. Il risultato è la veloce dissoluzione di alcuni vertici arii, e la

totale scomparsa di nomi arii dalla metà del XIII secolo a.C.

Nel trattato ittita del XIV secolo a.C. del mitannico Kikkul

sull‟allevamento di cavalli si incontra una serie di parole e di termini

specialistici di provenienza aria: wartanna “pista tonda (per l‟ad-

destramento dei cavalli)” (si veda l‟ind. vartana- “strada”, “curva”)

accompagnato dai numerali aika “uno” (ind. èka-), t(i)er(a) “tre” (ind.

trí-), panza “cinque” (ind. pañca-), šatta “sette” (ind. sapta-), nawa

“nove” (ind. nava-), ašwašanni “istruttore” (ind. áśva “cavallo” e

śam- “stancare”) e i nomi dei mantelli dei cavalli: paprunnu “mar-

rone” (ind. babhrú-, -nnu suffisso ittita), pinkarannu “giallo”, “rosso

rame” (ind. piægalá-), paritannu “grigio” (ind. palitá-).

Da quanto si può vedere, in quest‟epoca la terminologia per l‟al-

levamento dei cavalli degli arii, che riportavano le vittorie grazie ai

carri da guerra e ai cavalli aggiogati, si diffuse nei territori dell‟Asia

Minore e Anteriore.

Nel contratto matrimoniale stipulato nel XIV secolo a.C. tra il re

mitannico Mattivaza e la figlia del re ittita Shuppiluliuma, datagli in

Page 20: 74912 T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda seppero rappresentare la loro percezione del mondo: com‟era e come lo avrebbero voluto vedere. Gli inni divennero il principale tesoro di queste

T.Ja. Elizarenkova, Il Rigveda

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sposa, insieme ai giuramenti vengono menzionati i nomi di divinità

arie: Mitrašil (ved. Mitra), Uruwanaššil (ved. Varuða), Indara (ved.

Indra), Naôatianna (ved. N×saty×). Tra questi dei, Mitra-Varuða nel

RV sono legati a valori morali, in particolare al giuramento. Presso i

Cassiti era noto il dio del sole Êuri aaš (il dio del sole vedico è SÓrya).

Nei testi ittiti si trova il nome del dio del fuoco Akni (ved. Agni con la

stessa funzione), mentre nei nomi dei re dell‟Asia Anteriore è

possibile segnalare i nomi delle divinità Aššura (ved. Ásura-) e Jami

(ved. Yamī, sorella gemella del re dei morti Yama).

Possiamo vedere dunque che tre diversi ambiti lessicali tes-

timoniano la permanenza degli arii in questo territorio nella metà del

II millennio a.C.6 Sembra che gli arii non fossero molto numerosi e

che si dissolsero presto tra le popolazioni indigene. Dal punto di vista

sociale, gli arii appartenevano ai vertici della società. Sul fatto che la

loro lingua appartenesse al ceppo ario della famiglia indoeuropea non

vi è alcun dubbio. Sorsero tuttavia discordanze sulla loro identifica-

zione all‟interno di questo ceppo, ossia divergenze sul fatto che fos-

sero o meno indiani, irani oppure rappresentassero un altro gruppo di

queste lingue7. Attualmente la maggior parte degli studiosi ritiene che

la lingua “mitannico-aria” si debba considerare indo-aria sulla base

delle sue particolarità linguistiche. Accanto a ciò, T. Burrow nota

giustamente l‟insuccesso di questa denominazione per la lingua, i cui

rappresentanti non vissero mai in India, e propone di chiamarla proto-

indo-ario8. Secondo Burrow, la suddivisione della lingua aria in indo-

ario e iranico dovette avvenire prima che queste lingue si fossero

diffuse e consolidate di conseguenza sul territorio dell‟India e del-

l‟Iran, ossia ciò dovette avvenire all‟epoca delle precedenti migra-

zioni. A livello linguistico, il proto-indo-ario appartiene allo stadio

dello sviluppo della lingua antecedente alla migrazione in India e suc-

cessivo alla separazione dagli irani. Al proto-indo-ario risale il kafiro

(nel territorio dell‟odierno Afghanistan) che non deve essere visto co-

6 Il tentativo di smentire la teoria che si trattasse degli arii si è dimostrato sfortunato. Si

veda KAMMENHUBER 1968. 7 BURROW (1955, p. 30), inizialmente di questo ultimo avviso, lo rifiutò in seguito.

8 BURROW

1973, pp. 123-140.