1 Le funzioni reali di variabile reale · 6 3 Le funzioni goniometriche 3.1 La misura degli angoli...
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1 Le funzioni reali di variabile reale
1.1 Le funzioni
Definizione
Una funzione 𝑓: 𝐴 → 𝐵 è una relazione che associa a ciascuno degli elementi di un insieme 𝐴 (il dominio)
uno ed uno solo degli elementi di un insieme 𝐵 (il codominio).
Una funzione è detta:
- iniettiva quando a elementi distinti del dominio corrispondono elementi distinti del codominio;
- suriettiva quando ciascun elemento del codominio è associato ad almeno uno degli elementi del dominio;
- biunivoca (o biettiva) quando è sia iniettiva che suriettiva.
Due funzioni 𝑓(𝑥) e 𝑔(𝑥) sono uguali se hanno identico dominio 𝐴 e codominio 𝐵 e se ∀𝑥 ∈ 𝐴 si ha:
𝑓(𝑥) = 𝑔(𝑥).
Una funzione in due (o più) variabili è una funzione che ha come dominio il prodotto cartesiano di due (o
più) insiemi.
1.2 La funzione reale di variabile reale
Una funzione 𝑓: 𝐴 → 𝐵 si dice funzione reale di variabile reale quando sia il dominio che il codominio
sono sottoinsiemi di ℝ. In questo caso la funzione può essere rappresentata su un piano cartesiano
riportando sull'asse delle ascisse i valori 𝑥 ∈ 𝐴 del dominio e sull'asse delle ordinate i valori 𝑦 ∈ 𝐵,
scrivendo: 𝑓(𝑥) = 𝑦. Con questa notazione si individuano dei punti sul piano cartesiano (𝑥, 𝑓(𝑥)) che
rappresentano i punti del grafico della funzione.
1.2.1 La funzione inversa di 𝑓(𝑥) = 𝑦
Nel caso che 𝑓: 𝐴 → 𝐵 sia una funzione biunivoca (o biettiva) se ne può definire la funzione inversa: la
funzione inversa di 𝑓 è la funzione biunivoca 𝑓−1:𝐵 → 𝐴 che associa ad ogni 𝑦 di 𝐵 il valore 𝑥 di 𝐴 tale
che 𝑦 = 𝑓(𝑥).
Per calcolare, se esiste, l’inversa della funzione 𝑓(𝑥) = 𝑦 si procede semplicemente a ricavare la
variabile 𝑥 in funzione della variabile 𝑦 nell’espressione 𝑓(𝑥) = 𝑦. Se la funzione inversa esiste solo in
una parte del dominio della funzione 𝑓, spesso la si definisce in un sottoinsieme del dominio in cui la
funzione risulti biunivoca.
1.2.2 La composizione di due funzioni
Siano 𝑓: 𝐴 → 𝐵 e 𝑔:𝐵 → 𝐶 due funzioni reali di variabile reale tali che il codominio di 𝑓 coincida
col dominio di 𝑔; allora si chiama funzione composta 𝑔 ∘ 𝑓: 𝐴 → 𝐶 la funzione che ad ogni elemento
𝑥 ∈ 𝐴 (cui corrisponde l’elemento 𝑓(𝑥) ∈ 𝐵) fa corrispondere l’elemento 𝑔[𝑓(𝑥)] ∈ 𝐶.
Si noti che, nel caso domini e codomini permettano di definire sia 𝑔 ∘ 𝑓 che 𝑓 ∘ 𝑔, in generale si ha che
𝑔 ∘ 𝑓 ≠ 𝑓 ∘ 𝑔.
1.3 Le trasformazioni geometriche: le isometrie
Una trasformazione geometrica nel piano è una corrispondenza biunivoca che associa a ciascun punto del
piano un unico punto del piano stesso (non si tratta di una funzione reale di variabile reale perché dominio e
codominio sono rappresentati dal piano ℝ ×ℝ e non da sottoinsiemi di ℝ).
Una trasformazione geometrica quindi associa a ciascun punto 𝐴 ≡ (𝑥, 𝑦) del piano il punto trasformato
𝐴′ ≡ (𝑥′, 𝑦′) mediante opportune equazioni della trasformazione. Si chiama punto unito della
trasformazione ogni punto che sia il trasformato di se stesso.
Le isometrie sono particolari trasformazioni geometriche che conservano le distanze, trasformando quindi
figure geometriche in figure congruenti.
1.3.1 Le traslazioni
Una traslazione è una isometria di equazioni:
{𝑥′ = 𝑥 + 𝑎𝑦′ = 𝑦 + 𝑏
⟹ {𝑥 = 𝑥′ − 𝑎𝑦 = 𝑦′ − 𝑏
Qualsiasi siano 𝑎, 𝑏 ∈ ℝ, l’effetto di una traslazione è quello di spostare ogni punto del piano
orizzontalmente del valore 𝑎 e verticalmente del valore 𝑏. Nel caso di una funzione 𝑓(𝑥) = 𝑦, si avrà
per il grafico della funzione traslata 𝑓(𝑥′ − 𝑎) = 𝑦′ − 𝑏 ⟹ 𝑦′ = 𝑓(𝑥′ − 𝑎) + 𝑏.
1.3.2 Le simmetrie
Le simmetrie sono isometrie che associano ad ogni punto del piano un punto ad esso speculare rispetto ad
una data figura geometrica. Noi ci occuperemo della simmetria assiale e della simmetria centrale.
La simmetria assiale è una simmetria rispetto ad una data retta 𝑟: ciascun punto 𝐴 ≡ (𝑥, 𝑦) del piano
viene associato al punto trasformato 𝐴′ ≡ (𝑥′, 𝑦′) in modo tale che la retta 𝑟 sia asse del segmento
𝐴𝐴′̅̅ ̅̅ ̅. La retta 𝑟 è detta asse di simmetria: è formata da tutti e soli i punti uniti della trasformazione.
La simmetria centrale è una simmetria rispetto ad un dato punto 𝑃: ciascun punto 𝐴 ≡ (𝑥, 𝑦) del piano
viene associato al punto trasformato 𝐴′ ≡ (𝑥′, 𝑦′) in modo tale che il punto 𝑃 sia punto medio del
segmento 𝐴𝐴′̅̅ ̅̅ ̅. Il punto 𝑃 è detto centro di simmetria: è l’unico punto unito della trasformazione.
Data una funzione 𝑦 = 𝑓(𝑥) si può dimostrare che:
𝑦 = −𝑓(𝑥) ha grafico simmetrico a quello di 𝑓(𝑥) rispetto all’asse 𝑥;
𝑦 = 𝑓(−𝑥) ha grafico simmetrico a quello di 𝑓(𝑥) rispetto all’asse 𝑦;
𝑦 = −𝑓(−𝑥) ha grafico simmetrico a quello di 𝑓(𝑥) rispetto all’origine.
Nel caso della funzione 𝑦 = |𝑓(𝑥)| è sufficiente notare che nei tratti in cui 𝑓(𝑥) ≥ 0 si avrà |𝑓(𝑥)| =𝑓(𝑥), mentre nei tratti in cui 𝑓(𝑥) < 0 si avrà |𝑓(𝑥)| = −𝑓(𝑥), con le ovvie conseguenze sul grafico.
2 Potenze ad esponente reale Abbiamo visto come una potenza ad esponente razionale richieda base non negativa per evitare possibili valori
negativi di un radicando ad indice pari; infatti per ogni 𝑎 ∈ ℝ (con 𝑎 > 0) 𝑎𝑚
𝑛 = √𝑎𝑚𝑛
. Sappiamo inoltre
che ogni numero reale 𝑥 può essere approssimato a piacere con un numero razionale 𝑚 𝑛⁄ (in cui 𝑚 è
intero e 𝑛 è naturale); allora la potenza reale (di base 𝑎 ≥ 0) 𝒂𝒙 ha senso come risultato della indefinita
e sempre più accurata reiterazione di tale approssimazione. Le proprietà delle potenze ad esponente reale sono
le stesse, ovviamente, di quelle ad esponente razionale:
𝑎0 = 1 𝑎𝑥𝑎𝑦 = 𝑎𝑥+𝑦 𝑎𝑥
𝑎𝑦= 𝑎𝑥−𝑦
𝑎𝑥𝑏𝑥 = (𝑎𝑏)𝑥 𝑎𝑥
𝑏𝑥= (𝑎
𝑏)𝑥
(𝑎𝑥)𝑦 = 𝑎𝑥𝑦
2.1 La funzione esponenziale
Si chiama funzione esponenziale la funzione reale di
variabile reale 𝑓(𝑥) = 𝑎𝑥 con 𝑎 > 0.
Nel caso banale 𝑎 = 1 la funzione si riduce alla retta
𝑓(𝑥) = 1.
A parte questo caso banale, la funzione esponenziale è:
positiva, poiché ∀𝑥 ∈ ℝ (con 𝑎 > 0) ⟹ 𝑎𝑥 > 0
strettamente monotona (quindi invertibile), poiché
∀𝑥, 𝑦 ∈ ℝ (con 𝑥 > 𝑦) ⟹ {𝑎𝑥 > 𝑎𝑦 se 𝑎 > 1𝑎𝑥 < 𝑎𝑦 se 𝑎 < 1
Ciò significa che 𝑓(𝑥) = 𝑎𝑥 è una funzione strettamente
decrescente per 0 < 𝑎 < 1 e strettamente crescente per
𝑎 > 1); infine, ha come dominio ℝ e codominio ℝ+.
2.2 I logaritmi
Dati 𝑎 e 𝑏 numeri reali positivi con 𝑎 ≠ 1, il logaritmo in base 𝑎 del numero 𝑏 è l'esponente a cui
elevare 𝑎 per ottenere 𝑏. Quindi:
𝑐 = log𝑎 𝑏 ⟹ 𝑎𝑐 = 𝑏 ⟹ 𝑎log𝑎 𝑏 = 𝑏
Le principali proprietà dei logaritmi sono le seguenti (con le indicazioni ln e log si intendono
rispettivamente il logaritmo in base 𝑒, numero di Nepero, e in base 10):
𝐥𝐨𝐠𝒂 𝒃𝒄 = 𝐥𝐨𝐠𝒂 𝒃 + 𝐥𝐨𝐠𝒂 𝒄
infatti se: 𝑥 = log𝑎 𝑏, 𝑦 = log𝑎 𝑐 , 𝑧 = log𝑎 𝑏𝑐 ⟹
𝑏𝑐 = 𝑎𝑧 = 𝑎𝑥 ∙ 𝑎𝑦 = 𝑎𝑥+𝑦
⟹ 𝑧 = 𝑥 + 𝑦
𝐥𝐨𝐠𝒂 𝒃𝒄 = 𝒄 𝐥𝐨𝐠𝒂 𝒃
infatti, se: 𝑥 = log𝑎 𝑏
𝑎𝑥 = 𝑏 ⟹ 𝑎𝑐𝑥 = 𝑏𝑐⟹
log𝑎 𝑎𝑐𝑥 = log𝑎 𝑏
𝑐⟹
𝑐𝑥 = 𝑐log𝑎 𝑏 = log𝑎 𝑏𝑐
𝐥𝐨𝐠𝒂 𝒙 =𝐥𝐨𝐠𝒃 𝒙
𝐥𝐨𝐠𝒃 𝒂
infatti, se: 𝑐 = log𝑎 𝑥 ⟹𝑎𝑐 = 𝑥 ⟹ log𝑏 𝑎
𝑐 =𝑐 log𝑏 𝑎 = log𝑏 𝑥 ⟹
𝑐 =log𝑏 𝑥
log𝑏 𝑎= log𝑎 𝑥 𝐥𝐨𝐠𝒂
𝒃
𝒄= 𝐥𝐨𝐠𝒂 𝒃 − 𝐥𝐨𝐠𝒂 𝒄
dai precedenti con 1 𝑐⁄ = 𝑐−1
𝐥𝐨𝐠𝒂 √𝒃𝒏=𝟏
𝒏𝐥𝐨𝐠𝒂 𝒃
dai precedenti con √𝑏𝑛= 𝑏
1
𝑛
2.3 Funzione logaritmica
Consideriamo ora (per 𝑎 > 0, 𝑎 ≠ 1) la funzione logaritmica:
𝑓(𝑥) = log𝑎 𝑥 ; è una funzione strettamente monotona
(decrescente per 0 < 𝑎 < 1 e crescente per 𝑎 > 1); ha come
dominio ℝ+ e come codominio ℝ.
2.4 Equazioni esponenziali e logaritmiche
L'equazione esponenziale elementare 𝒂𝒙 = 𝒃 (con 𝑎 > 0, 𝑎 ≠ 1,𝑏 > 0 ) ammette una ed una sola soluzione. Le equazioni
esponenziali più comuni sono classificate come segue.
2.4.1 Equazioni esponenziali riducibili alla stessa base
In questo caso, dopo aver ridotto l'equazione alla stessa base, è
sufficiente uguagliare gli esponenti; per esempio:
𝟓𝒙𝟐+𝟐 = 𝟏𝟐𝟓𝒙⟹ 5𝑥
2+2 = 53𝑥⟹ 𝑥2 + 2 = 3𝑥 ⟹ 𝑥2 − 3𝑥 + 2 = 0 ⟹ 𝑥1 = 1, 𝑥2 = 2
𝟐𝟕𝒙𝟐−𝟏 = 𝟏⟹ 33(𝑥
2−1) = 30⟹ 3𝑥2 − 3 = 0 ⟹ 3𝑥2 = 3 ⟹ 𝑥2 = 1 ⟹ 𝑥1,2 = ±1
√𝟕𝒙𝟐−𝒙
𝒙= 𝟒𝟗 ⟹ 7
𝑥2−𝑥𝑥 = 49 ⟹ 7𝑥−1 = 72⟹ 𝑥 − 1 = 2 ⟹ 𝑥 = 3
2.4.2 Equazioni esponenziali riducibili ad equazioni algebriche
In questo caso, dopo aver ridotto l'equazione ad una equazione algebrica mediante una sostituzione
dell'incognita, si risolve l'equazione algebrica e poi si torna all'incognita iniziale; per esempio:
𝟗 ∙ 𝟗𝒙 − 𝟖𝟐 ∙ 𝟑𝒙 + 𝟗 = 𝟎⟹ 9 ∙ 32𝑥 − 82 ∙ 3𝑥 + 9 = 0 ⟹ 9𝑡2 − 82𝑡 + 9 = 0
⟹ {𝑡1 = 9 ⟹ 3𝑥 = 9 = 32⟹ 𝑥1 = 2
𝑡2 =1
9⟹ 3𝑥 =
1
9= 3−2⟹ 𝑥2 = −2
𝟏 − 𝟑−𝒙
𝟖= 𝟗𝟏−𝒙⟹ 1− 3−𝑥 = 8 ∙ 9 ∙ 9−𝑥⟹ 1− 3−𝑥 = 72 ∙ 3−2𝑥⟹ 1− (
1
3)𝑥
= 72 (1
3)2𝑥
⟹ 72(1
3)2𝑥
+ (1
3)𝑥
− 1 = 0 ⟹ 72𝑡2 + 𝑡 − 1 = 0 ⟹
{
𝑡1 =1
9⟹ (
1
3)𝑥
=1
9= (1
3)2
⟹ 𝑥1 = 2
𝑡2 = −1
8⟹ (
1
3)𝑥
= −1
8= 𝑖𝑚𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒
2.4.3 Equazioni esponenziali risolvibili con i logaritmi - Equazioni logaritmiche
Sia che si stia trattando una equazione esponenziale non riducibile oppure una equazione propriamente
logaritmica (cioè con l'incognita che compare nell'argomento di un logaritmo), lo scopo è di trasformare
l'equazione, grazie alle proprietà dei logaritmi, nella forma:
log𝑎 𝐴(𝑥) = log𝑎 𝐵(𝑥)
𝐴(𝑥)>0𝐵(𝑥)>0⇒ 𝐴(𝑥) = 𝐵(𝑥)
Se questo è possibile, si risolve l'espressione data avendo cura di verificare le soluzioni ottenute perché
potrebbero contravvenire alle condizioni di esistenza dei logaritmi di partenza. Alcuni esempi:
𝟏
𝟐𝐥𝐨𝐠(𝟐𝒙 − 𝟏) + 𝐥𝐨𝐠√𝒙 − 𝟗 = 𝟏 ⟹
1
2log(2𝑥 − 1) +
1
2log(𝑥 − 9) = 1 ⟹ log[(2𝑥 − 1)(𝑥 − 9)] = 2
⟹ log[(2𝑥 − 1)(𝑥 − 9)] = log 102⟹ (2𝑥 − 1)(𝑥 − 9) = 102⟹ 2𝑥2 − 19𝑥 − 91 = 0 ⟹
𝑥1 = 13, 𝑥2 = −7
2
La seconda soluzione è inaccettabile perché rende inconsistenti i logaritmi (le cui condizioni di esistenza
sono: 𝑥 >1
2 , 𝑥 > 9).
5
𝟗 ∙ 𝟓𝟑𝒙 = 𝟏𝟐 ∙ 𝟕𝟐𝒙⟹53𝑥
72𝑥=12
9⟹ (
53
72)
𝑥
=4
3⟹ log (
53
72)
𝑥
= 𝑥 log (53
72) = log
4
3⟹ 𝑥 =
log43
log (53
72) ⟹ 𝑥
=log 4 − log 3
3 log 5 − 2 log 7
2.5 Disequazioni esponenziali e logaritmiche
Le disequazioni logaritmiche, oppure quelle esponenziali alle quali possano applicarsi i logaritmi, sono
risolvibili quando si possa passare alla relativa disuguaglianza fra gli argomenti: è necessario ricordare che
in questo passaggio il segno della disequazione non cambia se la base è maggiore dell’unità, deve essere
invertito invece in caso contrario. Nel nostro corso applicheremo sempre logaritmi naturali o in base 10,
senza avere problemi per il segno della disequazione.
2.5.1 Disequazioni esponenziali risolvibili con i logaritmi - Equazioni logaritmiche
Sia che si stia trattando una disequazione esponenziale non riducibile oppure una disequazione propriamente
logaritmica (cioè con l'incognita che compare nell'argomento di un logaritmo), lo scopo è di trasformare
l'equazione, grazie alle proprietà dei logaritmi, nella forma (indipendentemente, come al solito, dal segno
della disequazione):
log𝑎 𝐴(𝑥) > log𝑎 𝐵(𝑥)
Se questo è possibile, si risolve l'espressione data avendo cura di verificare le soluzioni ottenute perché
potrebbero contravvenire alle condizioni di esistenza dei logaritmi di partenza. Ponendosi nel caso 𝑎 > 1, si
ha che questa disequazione è risolta dal sistema di disequazioni formato dalle condizioni di esistenza dei
logaritmi e dalla disequazione corrispondente degli argomenti:
log𝑎 𝐴(𝑥) > log𝑎 𝐵(𝑥) ⇒ {
𝐴(𝑥) > 0𝐵(𝑥) > 0𝐴(𝑥) > 𝐵(𝑥)
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3 Le funzioni goniometriche
3.1 La misura degli angoli
L’angolo (ciascuna delle due parti in cui un piano risulta diviso da due semirette con l’origine in comune) è
il soggetto dello studio della goniometria; più precisamente lo è la sua misura (ampiezza). Due angoli
congruenti hanno la medesima ampiezza, che può essere misurata a partire da un angolo campione utilizzato
come unità di misura. Nel sistema sessagesimale questa unità di misura (chiamata grado sessagesimale ed
indicata con °) è un angolo di ampiezza pari alla 360esima parte di un angolo giro; a sua volta, la
sessantesima parte di un grado è detta primo (') e la sessantesima parte di un primo è detta secondo (").
Questo sistema ha larga applicazione nell’uso comune e nella topografia: si pensi ad esempio al sistema di
coordinate geografiche formate da meridiani e paralleli. In campo scientifico invece viene utilizzato il
sistema analitico che utilizza come unità di misura il radiante (rad). Il valore in radianti dell’ampiezza di
un angolo viene definito come il rapporto tra la lunghezza dell’arco individuato su una qualsiasi
circonferenza con centro nel vertice dell’angolo e la lunghezza del suo raggio; la proporzionalità tra archi e
raggi di circonferenze concentriche garantisce l’univocità di tale unità di misura. Il radiante è un’unità di
misura adimensionale (è rappresentato dal rapporto tra due lunghezze); inoltre, poiché la circonferenza
misura 2𝜋𝑅, si ha che un angolo giro misura 2𝜋𝑟𝑎𝑑. Infine, la relazione tra l’ampiezza di un angolo 𝛼 in
gradi sessagesimali (𝛼°) e in radianti (𝛼𝑟𝑎𝑑) è data da:
𝛼𝑟𝑎𝑑 = 𝛼°𝜋
180°⟺ 𝛼° = 𝛼𝑟𝑎𝑑
180°
𝜋
3.1.1 Gli angoli orientati e la circonferenza goniometrica
Un angolo può essere anche visto come l’effetto della rotazione di una semiretta che abbia come centro di
rotazione la sua origine: l’angolo sarebbe la parte di piano “spazzata” dalla semiretta nel corso della sua
rotazione. La posizione iniziale della semiretta individua il lato origine dell’angolo, mentre la posizione
finale individua il lato termine dell’angolo. In questo senso possiamo parlare di angolo orientato:
l’orientamento è dato dal verso della rotazione; per convenzione, si pone positiva l’ampiezza di un angolo
ottenuto con una rotazione antioraria e negativa l’ampiezza di un angolo ottenuto con una rotazione oraria.
Dato un piano cartesiano, si chiama circonferenza goniometrica la circonferenza di raggio unitario che
abbia come centro l’origine degli assi. In questa circonferenza, preso come lato origine l’asse 𝑥 positivo,
ogni angolo da esso ottenibile è univocamente determinato dal punto di intersezione tra il lato termine e la
stessa circonferenza goniometrica; il punto (0,1) è detto origine degli archi.
3.2 Le principali funzioni goniometriche
Le funzioni goniometriche sono funzioni che associano un numero reale all’ampiezza di un angolo: in
generale quindi non sono funzioni reali di variabile reale, appunto perché la variabile è una quantità che
rappresenta un’ampiezza e può dimensionalmente essere rappresentata, ad esempio, da gradi sessagesimali.
Questo è il motivo per cui in campo scientifico si usa il sistema analitico, in cui le ampiezze sono
adimensionalmente rappresentate da radianti ed in cui quindi le funzioni goniometriche sono funzioni reali
di variabile reale.
A ciascun angolo 𝛼 individuabile sulla circonferenza goniometrica (che individua il punto 𝐵 ≡ (𝑥𝐵, 𝑦𝐵) di intersezione tra il lato termine e la circonferenza), la funzione coseno associa il rapporto tra il
corrispondente valore dell’ascissa ed il raggio (unitario), mentre la funzione seno associa il rapporto tra il
corrispondente valore dell’ascissa ed il raggio (unitario):
cos 𝛼 =𝑥𝐵𝑟= 𝑥𝐵
sin 𝛼 =𝑦𝐵𝑟= 𝑦𝐵
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3.2.1 Proprietà e grafici di seno e coseno
Alcune proprietà immediate di queste due funzioni sono date dal fatto che le ampiezze possono assumere
qualsiasi valore, quindi il loro dominio è
ℝ; il massimo e il minimo valore di
ascissa e ordinata dei punti della
circonferenza goniometrica sono 1 e
−1, quindi il loro codominio è dato
dall’insieme dei valori tra questi
compresi; inoltre, ogni volta che si
effettua una rotazione pari ad un angolo
giro i valori si ripetono nuovamente
identici, quindi le due funzioni sono
periodiche di periodo 2𝜋.
Inoltre, per il teorema di Pitagora si ha che 𝑥𝐵2 + 𝑦𝐵
2 = 𝑟2, quindi (visto che il raggio della
circonferenza goniometrica è unitario):
sin2 𝛼 + cos2 𝛼 = 1
Questa rappresenta la prima relazione
fondamentale della goniometria. Da
questa relazione si può ricavare il valore
di una delle due funzioni goniometriche
di un angolo quando se ne conosce il
valore dell’altra.
Una interessante considerazione
riguarda il fatto che si potrebbe usare
una qualsiasi circonferenza con centro
nell’origine (non necessariamente
unitaria) per la definizione delle due funzioni seno e coseno: infatti ogni angolo individuerebbe sulla
circonferenza generica e su quella goniometrica due angoli retti dati da ascissa ed ordinata del punto di
intersezione come cateti e raggio come ipotenusa: il fatto che questi due angoli siano simili garantisce
l’uguaglianza dei rapporti che definiscono ciascuna
funzione.
I grafici di seno e coseno sono chiamati sinusoide e
cosinusoide e sono sovrapponibili con una
traslazione orizzontale pari a 𝜋
2.
3.2.2 Le funzioni tangente e cotangente
Si definisce la funzione tangente come rapporto
(dove definito) tra la funzione seno e la funzione
coseno; si definisce la funzione cotangente come
reciproco (dove definito) della funzione tangente:
tg 𝛼 =sin 𝛼
cos 𝛼
ctg𝛼 =1
tg 𝛼=cos𝛼
sin 𝛼
Dal punto di vista geometrico, si può notare che la
funzione tangente assume, per ciascun angolo per
cui è definita, il valore della lunghezza del
SINUSOIDE
COSINUSOIDE
Figura 1
8
segmento staccato sulla retta tangente alla circonferenza goniometrica nell’origine degli archi (0,1) dal
prolungamento del raggio. Analogamente, la cotangente assume il valore della lunghezza del segmento
staccato sulla retta tangente alla circonferenza goniometrica nel punto (1,0) dal prolungamento del raggio.
Infatti, facendo riferimento alla tangente, per la similitudine dei triangoli 𝑂𝐵𝐶 e 𝑂𝐴𝐺, si ha che (vedi
figura 1):
tg 𝛼 =sin𝛼
cos𝛼=𝐶𝐵̅̅ ̅̅
𝑂𝐵̅̅ ̅̅=𝐺𝐴̅̅ ̅̅
𝑂𝐴̅̅ ̅̅= 𝐺𝐴̅̅ ̅̅
3.2.3 Valori delle funzioni goniometriche di angoli particolari
Con banali considerazioni su angoli particolari (0,𝜋
6,𝜋
4,𝜋
3,𝜋
2) che corrispondono a configurazioni riferibili a
triangoli equilateri o rettangoli isosceli sulla circonferenza trigonometrica, si ottengono i seguenti valori:
sin 0 = cos𝜋
2= 0 tg 0 = ctg
𝜋
2= 0
sin𝜋
6= cos
𝜋
3=1
2 tg
𝜋
6= ctg
𝜋
3=1
√3
sin𝜋
4= cos
𝜋
4=√2
2 tg
𝜋
4= ctg
𝜋
4= 1
sin𝜋
3= cos
𝜋
6=√3
2 tg
𝜋
3= ctg
𝜋
6= √3
sin𝜋
2= cos 0 = 1 tg
𝜋
2= ctg 0 = 𝑖𝑛𝑑𝑒𝑓𝑖𝑛𝑖𝑡𝑎
3.2.4 Le funzioni goniometriche di angoli associati
Si dicono angoli associati ad un qualsiasi angolo 𝛼 tutti quegli angoli che differiscono da 𝛼 di un multiplo
di 𝜋
2. Per questi angoli valgono le seguenti relazioni, facilmente derivabili dall’osservazione della loro
posizione sulla circonferenza goniometrica:
sin(𝜋 − 𝛼) = sin 𝛼 cos(𝜋 − 𝛼) = −cos 𝛼 tg(𝜋 − 𝛼) = −tg𝛼
sin(𝜋 + 𝛼) = −sin 𝛼 cos(𝜋 + 𝛼) = −cos 𝛼 tg(𝜋 + 𝛼) = tg 𝛼
sin(−𝛼) = sin(2𝜋 − 𝛼)= −sin 𝛼
cos(−𝛼) = cos(2𝜋 − 𝛼)= cos 𝛼
tg(−𝛼) = tg(2𝜋 − 𝛼) = −tg𝛼
sin (𝜋
2− 𝛼) = cos 𝛼 cos (
𝜋
2− 𝛼) = sin 𝛼 tg (
𝜋
2− 𝛼) =
cos 𝛼
sin 𝛼=1
tg 𝛼
sin (𝜋
2+ 𝛼) = cos 𝛼 cos (
𝜋
2+ 𝛼) = − sin 𝛼 tg (
𝜋
2+ 𝛼) = −
cos 𝛼
sin 𝛼= −
1
tg 𝛼
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3.3 Le equazioni goniometriche
3.3.1 Le equazioni goniometriche elementari
sin 𝑥 = costante cos 𝑥 = costante tg 𝑥 = costante
Relazioni principali da utilizzare nella risoluzione delle equazioni goniometriche elementari:
sin 𝑥 = sin(𝜋 − 𝑥) cos 𝑥 = cos(−𝑥) tg 𝑥 = tg(𝜋 + 𝑥)
𝒔𝒊𝒏 𝒙 = 𝒄𝒐𝒔𝒕𝒂𝒏𝒕𝒆
si ricerca la soluzione nel 1° e 4° quadrante (in cui i valori del seno variano tra -1 e 1, cioè assumono tutti i
valori possibili). Poi si applica la relazione:
sin 𝑥 = sin(𝜋 − 𝑥)
e si trova una seconda soluzione.
Infine a entrambe le soluzioni si aggiunge il periodo del seno (2𝑘𝜋).
𝒄𝒐𝒔 𝒙 = 𝒄𝒐𝒔𝒕𝒂𝒏𝒕𝒆
si ricerca la soluzione nel 1° e 2° quadrante (in cui i valori del coseno variano tra -1 e 1, cioè assumono tutti i
valori possibili). Poi si applica la relazione:
𝑐𝑜𝑠 𝑥 = 𝑐𝑜𝑠(−𝑥)
e si trova una seconda soluzione.
Infine a entrambe le soluzioni si aggiunge il periodo del coseno (2𝑘𝜋).
𝐭𝐠 𝒙 = 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞
si ricerca la soluzione nel 1° e 4° quadrante (in cui i valori della tangente variano tra −∞ e +∞, cioè
assumono tutti i valori possibili).
Infine alla soluzione si aggiunge il periodo della tangente (𝑘𝜋).
3.3.2 Equazioni goniometriche algebriche
𝑓(𝑥) = {sin 𝑥cos 𝑥tg 𝑥
⇒ 𝑎[𝑓(𝑥)]2 + 𝑏𝑓(𝑥) + 𝑐 = 0
Si risolvono con la sostituzione 𝑓(𝑥) = 𝑡 ricavando una equazione di secondo grado che ha, in generale, 2
soluzioni; da ciascuna di queste si ottiene una equazione goniometrica elementare.
3.3.3 Equazioni goniometriche lineari in 𝑠𝑖𝑛 𝑥 , 𝑐𝑜𝑠 𝑥
𝑎 𝑠𝑖𝑛 𝑥 + 𝑏 𝑐𝑜𝑠 𝑥 + 𝑐 = 0 Si risolvono mettendo a sistema l’equazione con la relazione goniometrica fondamentale: in pratica,
ricavando sin 𝑥 rispetto a cos 𝑥 (o viceversa), elevando al quadrato e sostituendo nella relazione
fondamentale: sin2 𝑥 + cos2 𝑥 = 1 si ottiene una equazione goniometrica algebrica. Alla fine è necessario
verificare ciascuna soluzione (senza periodicità) sostituendola nella equazione di partenza.
Nel caso il termine noto sia nullo:
𝑎 𝑠𝑖𝑛 𝑥 + 𝑏 𝑐𝑜𝑠 𝑥 = 0 (𝑐𝑜𝑛 𝑐 = 0) La soluzione si ottiene dividendo entrambi i membri per cos 𝑥 ottenendo una equazione elementare in tg 𝑥.
3.3.4 Equazioni goniometriche di secondo grado omogenee in 𝑠𝑖𝑛 𝑥 , 𝑐𝑜𝑠 𝑥
𝑎 𝑠𝑖𝑛2 𝑥 + 𝑏 𝑠𝑖𝑛 𝑥 𝑐𝑜𝑠 𝑥 + 𝑐 𝑐𝑜𝑠2 𝑥 = 0
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Si risolve dividendo entrambi i membri per cos2 𝑥 e ottenendo una equazione goniometrica algebrica in tg 𝑥.
Occorre discutere il caso: 𝑐𝑜𝑠 𝑥 = 0. Si possono presentare anche i seguenti casi particolari:
𝑎 𝑠𝑖𝑛2 𝑥 + 𝑐 𝑐𝑜𝑠2 𝑥 = 0 (𝑐𝑜𝑛 𝑏 = 0) Si risolve ugualmente dividendo entrambi i membri per cos2 𝑥 e ottenendo una equazione goniometrica
algebrica in tg 𝑥.
𝑏 𝑠𝑖𝑛 𝑥 𝑐𝑜𝑠 𝑥 + 𝑐 𝑐𝑜𝑠2 𝑥 = 0 oppure 𝑎 𝑠𝑖𝑛2 𝑥 + 𝑏 𝑠𝑖𝑛 𝑥 𝑐𝑜𝑠 𝑥 = 0 (𝑐𝑜𝑛 𝑎 𝑜𝑝𝑝𝑢𝑟𝑒 𝑐 = 0) Si risolvono mediante una scomposizione in fattori (si raccoglie nella prima cos 𝑥 e nella seconda sin 𝑥).
3.3.5 Equazioni goniometriche di secondo grado in 𝑠𝑖𝑛 𝑥 , 𝑐𝑜𝑠 𝑥
𝑎 𝑠𝑖𝑛2 𝑥 + 𝑏 𝑠𝑖𝑛 𝑥 𝑐𝑜𝑠 𝑥 + 𝑐 𝑐𝑜𝑠2 𝑥 = 𝑑 Usando la relazione fondamentale: sin2 𝑥 + cos2 𝑥 = 1 si ottiene:
𝑎 sin2 𝑥 + 𝑏 sin 𝑥 cos 𝑥 + 𝑐 cos2 𝑥 = 𝑑(sin2 𝑥 + cos2 𝑥) ⇒
⇒ (𝑎 − 𝑑) sin2 𝑥 + 𝑏 sin 𝑥 cos 𝑥 + (𝑐 − 𝑑) cos2 𝑥 = 0
ottenendo una equazione goniometrica omogenea di secondo grado.
3.4 Le formule goniometriche
3.4.1 Le formule di addizione e sottrazione
Con riferimento alla figura 2, sia 𝐵𝐾̅̅ ̅̅ ⊥ 𝑂𝐴̅̅ ̅̅ ; si ha che l’angolo 𝑄�̂�𝐾 vale α in quanto è dato dalla differenza
dell’angolo 𝑂�̂�𝐾 che vale:
𝑂�̂�𝐾 = 𝜋 −𝜋
2− 𝛽 =
𝜋
2− 𝛽
e l’angolo 𝑂�̂�𝑃 che vale:
𝑂�̂�𝑃 = 𝜋 −𝜋
2− (𝛼 − 𝛽) =
𝜋
2− 𝛼 − 𝛽
Si ha poi:
sin(𝛼 + 𝛽) =𝐵𝑃̅̅ ̅̅
𝑟=𝐵𝑄̅̅ ̅̅
𝑟+𝑄𝑃̅̅ ̅̅
𝑟=𝐵𝑄̅̅ ̅̅
𝑟+𝐾𝑁̅̅̅̅̅
𝑟
cos(𝛼 + 𝛽) =𝑂𝑃̅̅ ̅̅
𝑟=𝑂𝑁̅̅ ̅̅
𝑟−𝑃𝑁̅̅ ̅̅
𝑟=𝑂𝑁̅̅ ̅̅
𝑟−𝑄𝐾̅̅ ̅̅
𝑟
sin 𝛽 =𝐵𝐾̅̅ ̅̅
𝑟
cos 𝛽 =𝑂𝐾̅̅ ̅̅
𝑟
Inoltre, considerando il triangolo rettangolo 𝐵𝐾𝑄 si ha:
cos 𝛼 =𝐵𝑄̅̅ ̅̅
𝐵𝐾̅̅ ̅̅⇒ 𝐵𝐾̅̅ ̅̅ cos 𝛼 = 𝐵𝑄̅̅ ̅̅ ⇒
𝐵𝐾̅̅ ̅̅
𝑟cos 𝛼 =
𝐵𝑄̅̅ ̅̅
𝑟⇒𝐵𝑄̅̅ ̅̅
𝑟= sin 𝛽 cos 𝛼
Invece, considerando il triangolo rettangolo 𝑂𝐾𝑁 si ha:
sin 𝛼 =𝐾𝑁̅̅̅̅̅
𝑂𝐾̅̅ ̅̅⇒ 𝑂𝐾̅̅ ̅̅ sin 𝛼 = 𝐾𝑁̅̅̅̅̅ ⇒
𝑂𝐾̅̅ ̅̅
𝑟sin 𝛼 =
𝐾𝑁̅̅̅̅̅
𝑟⇒𝐾𝑁̅̅̅̅̅
𝑟= sin 𝛼 cos 𝛽
In definitiva si ha la formula di addizione del seno:
𝐬𝐢𝐧(𝜶 + 𝜷) = 𝐬𝐢𝐧𝜶 𝐜𝐨𝐬𝜷 + 𝐜𝐨𝐬𝜶 𝐬𝐢𝐧𝜷
Figura 2
11
Oltre a questo, considerando il triangolo rettangolo 𝑂𝐾𝑁 si ha:
cos 𝛼 =𝑂𝑁̅̅ ̅̅
𝑂𝐾̅̅ ̅̅⇒ 𝑂𝐾̅̅ ̅̅ cos 𝛼 = 𝑂𝑁̅̅ ̅̅ ⇒
𝑂𝐾̅̅ ̅̅
𝑟cos 𝛼 =
𝑂𝑁̅̅ ̅̅
𝑟⇒𝑂𝑁̅̅ ̅̅
𝑟= cos 𝛽 cos 𝛼
Invece, considerando il triangolo rettangolo 𝐵𝐾𝑄 si ha:
sin 𝛼 =𝑄𝐾̅̅ ̅̅
𝐵𝐾̅̅ ̅̅⇒ 𝐵𝐾̅̅ ̅̅ sin 𝛼 = 𝑄𝐾̅̅ ̅̅ ⇒
𝐵𝐾̅̅ ̅̅
𝑟sin 𝛼 =
𝑄𝐾̅̅ ̅̅
𝑟⇒𝑄𝐾̅̅ ̅̅
𝑟= sin 𝛼 sin 𝛽
Infine si ha la formula di addizione del coseno:
𝐜𝐨𝐬(𝜶 + 𝜷) = 𝐜𝐨𝐬𝜶 𝐜𝐨𝐬𝜷 − 𝐬𝐢𝐧𝜶 𝐬𝐢𝐧𝜷
Per quanto riguarda la tangente, si avrà per angoli 𝛼 e 𝛽 diversi da π
2 :
tg(𝛼 + 𝛽) =sin(𝛼 + 𝛽)
cos(𝛼 + 𝛽)=sin 𝛼 cos 𝛽 + sin 𝛽 cos 𝛼
cos 𝛼 cos𝛽 − sin 𝛼 sin 𝛽=
sin 𝛼 cos 𝛽 + sin 𝛽 cos 𝛼cos 𝛼 cos 𝛽
cos 𝛼 cos 𝛽 − sin 𝛼 sin 𝛽cos 𝛼 cos 𝛽
Da questa si ottiene la formula di addizione della tangente:
𝐭𝐠(𝜶 + 𝜷) =𝐭𝐠𝜶 + 𝐭𝐠𝜷
𝟏 − 𝐭𝐠𝜶 ∙ 𝐭𝐠𝜷
Dalle precedenti formule si ricavano le formule di sottrazione; per esempio, si avrà:
sin(𝛼 − 𝛽) = sin 𝛼 cos(−𝛽) + sin(−𝛽) cos 𝛼
Quindi si ottiene la formula di sottrazione del seno:
𝐬𝐢𝐧(𝜶 − 𝜷) = 𝐬𝐢𝐧𝜶 𝐜𝐨𝐬𝜷 − 𝐜𝐨𝐬𝜶 𝐬𝐢𝐧𝜷
Per il coseno si avrà:
cos(𝛼 − 𝛽) = cos 𝛼 cos(−𝛽) − sin 𝛼 sin(−𝛽)
E si ottiene la formula di sottrazione del coseno:
𝐜𝐨𝐬(𝜶 − 𝜷) = 𝐜𝐨𝐬𝜶 𝐜𝐨𝐬𝜷 + 𝐬𝐢𝐧𝜶 𝐬𝐢𝐧𝜷
Infine, per la tangente:
tg(𝛼 − 𝛽) =tg 𝛼 + tg(−𝛽)
1 − tg 𝛼 ∙ tg(−𝛽)
Da questa si ottiene la formula di sottrazione della tangente:
𝐭𝐠(𝜶 − 𝜷) =𝐭𝐠𝜶 − 𝐭𝐠𝜷
𝟏 + 𝐭𝐠𝜶 ∙ 𝐭𝐠𝜷
3.4.2 Le formule di duplicazione e bisezione
Avendo ottenuto delle relazioni che legano le funzioni goniometriche di somme di angoli alle funzioni dei
singoli angoli, è facile ottenere relazioni relative alle funzioni goniometriche del doppio (o della metà) di
angoli dati.
Infatti, ponendo 𝛼 = 𝛽 nelle precedenti formule di addizione, si ottiene:
sin(𝛼 + 𝛼) = sin 𝛼 cos𝛼 + cos 𝛼 sin 𝛼
cos(𝛼 + 𝛼) = cos 𝛼 cos 𝛼 − sin 𝛼 sin 𝛼
tg(𝛼 + 𝛼) =tg 𝛼 + tg 𝛼
1 − tg 𝛼 ∙ tg 𝛼
12
Queste diventano le formule di duplicazione di seno, coseno e tangente:
𝐬𝐢𝐧 𝟐𝜶 = 𝟐𝐬𝐢𝐧𝜶 𝐜𝐨𝐬𝜶
𝐜𝐨𝐬 𝟐𝜶 = 𝐜𝐨𝐬𝟐 𝜶 − 𝐬𝐢𝐧𝟐 𝜶 = 𝟏 − 𝟐𝐬𝐢𝐧𝟐 𝜶 = 𝟐𝐜𝐨𝐬𝟐 𝜶 − 𝟏
𝐭𝐠 𝟐𝜶 =𝟐 𝐭𝐠𝜶
𝟏 − 𝐭𝐠𝟐 𝜶
Si osservi che nella duplicazione del coseno si ottengono due ulteriori formulazioni utilizzando la relazione
fondamentale goniometrica. Da queste espressioni si ricavano le formule di bisezione; infatti possiamo
riferire la formula di duplicazione del coseno ad un angolo 𝛼 anziché 2𝛼 :
cos 𝛼 = 1 − 2sin2𝛼
2= 2cos2
𝛼
2− 1
Da queste si ricavano le formule di bisezione di seno e coseno:
𝐬𝐢𝐧𝜶
𝟐= ±√
𝟏 − 𝐜𝐨𝐬𝜶
𝟐
𝐜𝐨𝐬𝜶
𝟐= ±√
𝟏 + 𝐜𝐨𝐬𝜶
𝟐
Dividendo le precedenti si ottiene la formula di bisezione della tangente:
𝐭𝐠𝜶
𝟐= ±√
𝟏 − 𝐜𝐨𝐬𝜶
𝟏 + 𝐜𝐨𝐬𝜶
E’ importante notare che dei due segni che precedono la radice nelle precedenti formule solo uno è valido, e
per decidere qual è si deve conoscere il quadrante in cui cade il secondo lato dell’angolo considerato.