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Il presente volume è stato finanziato con il contributodel C.N.R.

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Guglielmo FerreroUna biografia intellettuale

Lorella Cedroni

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I edizione: novembre 2006

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A Eleuterio

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Indice

Capitolo I. Gli anni della formazione

1. Ferrero positivista

2. Ferrero socialista

3. Ferrero antimilitarista

Capitolo II. Le attitudini

1. La professione pubblicistica

2. Il “mestiere” dello storico

3. La vocazione accademica

4. L’attività letteraria

Capitolo III. Le esperienze

1. I viaggi e la guerra

2. Il fascismo e l’esilio

Capitolo V. Le tematiche

1. Stato, libertà e governo misto

2. Guerra e pace

Capitolo V. L’elaborazione teorica

1. La teoria della democrazia

2. La teoria della legittimità

Documenti

1. La riforma universitaria (1891)

2. Lo Stato e la libertà secondo uno scrittore italiano (1899)

3. La monarchia italiana e la situazione presente (1905)

4. Per una nuova democrazia (1924)

5. Le dittature in Italia. Depretis-Crispi-Giolitti-Mussolini (1924)

6. Promemoria a S. M. Tittoni (1928)

7. La Svizzera, un modello di Repubblica democratica (1942)

Opere, lettere e scritti pubblicati di G. Ferrero

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CAPITOLO I

GLI ANNI DELLA FORMAZIONE

Guglielmo Ferrero nasce a Portici (Napoli), il 21 luglio

1871 da stimata famiglia piemontese1. Dopo il liceo si iscrive ai corsi di diritto all’Università di Pisa e, in seguito a un viaggio a Torino, conosce Cesare Lombroso il quale, folgorato dal suo eloquio, lo sceglie come allievo invitandolo nell’aprile del 1889 a scrivere un libro sulla donna criminale2. All’epoca Ferrero ha solo 18 anni; ma questo incontro imprimerà una svolta decisiva alla sua esistenza e alla sua vita di studioso; trasferitosi di lì a poco a Torino, inizia ad occuparsi del tema della giustizia e del-le tradizioni giuridiche.

Così racconterà nei Colloqui con Bogdan Raditsa, suo genero, nel 1939: “Lombroso pensava che fosse necessario dare

1 Così si legge nella scheda del Casellario Politico Centrale (CPC), Mini-

stero dell’Interno, Pubblica sicurezza, Direzione degli affari generali e riserva-ti, Archivio Centrale dello Stato, Roma, busta n. 2033. Fasc. 868. “Suo padre e suo fratello sono ingegneri”. Connotati: Espressione fisiognomica intelligen-te; abbigliamento abituale signorile. Schedato come “socialista” al giorno 29.08.1894.

2 Le notizie sui primi anni della vita di Ferrero sono tratte dal manoscritto inedito di Gina Lombroso, Debuts Litteraires de G. Ferrero, s.d. Archivio Pri-vato di Famiglia (d’ora in poi APF). Per altri riferimenti si vedano: L. Cedroni, Voce G. Ferrero, redatta nell'Enciclopedia del pensiero politico, Roma-Bari, Laterza, 2000, pp. 240-241. Sul pensiero e l'opera di Ferrero si vedano C. Mon-gardini (a cura di), G. Mosca-G. Ferrero. Carteggio (1896-1934), Milano, 1980; G. Ferrero, Potere, con un'introduzione di L. Pellicani, Milano, 1981 e Marco editore 2004; G. Sorgi, Potere tra paura e legittimità. Saggio su G. Ferrero, Mi-lano, 1983; R. Baldi (a cura di), G. Ferrero tra società e politica, Genova, 1986; R. Giannetti, Rivoluzione, democrazia, legittimità nel pensiero politico di G.

Ferrero, Napoli, 1988; D. Pacelli, Una critica alla modernità:qualità, limiti e

legittimità nell'opera di G. Ferrero, Roma, 1989; L. Cedroni, I tempi e le opere

di G. Ferrero. Saggio di bibliografia internazionale, Napoli, 1993; Id., (a cura di), G. Ferrero. Itinerari del pensiero, Napoli, 1994; Id., L. Cedroni (a cura di), Nuovi studi su Guglielmo Ferrero, Roma, 1998

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al diritto una base non di principii astratti, ma di nozioni positi-ve sull’uomo e sulla società. Egli aveva fatto con questo metodo e con questa dottrina una rivoluzione nel diritto penale, ma mi diceva sempre che bisognava applicare questo metodo e questa dottrina anche al diritto civile, a tutto il diritto. Mi era così ve-nuta l’idea di studiare l’origine e lo sviluppo della Giustizia in-tesa nel senso concreto come l’insieme delle istituzioni e delle leggi che assicurano la giustizia – o quella che il mondo chiama così – nei rapporti fra gli uomini. Avrei dovuto studiare con il metodo positivo lo sviluppo dei tribunali, dei codici, delle leggi civili e penali; scoprire, se possibile, le leggi scientifiche di que-sto sviluppo affinché i legislatori se ne servissero per dare alla società delle buone leggi”3.

Spinto da questo interesse sceglie come argomento per la sua tesi di laurea in Giurisprudenza, il Simbolismo nel diritto che discute nel 1891 – il relatore è Giuseppe Carle – e dalla quale trarrà spunto per un lavoro molto più articolato sui Simbo-

li che uscirà nel 18934. Ferrero aveva composto questo lavoro in gran parte a

Bologna a partire dal 1890, dopo aver vinto una borsa di studio presso la facoltà di Lettere e storia, pur continuando i suoi studi di giurisprudenza all’Università di Torino, dove nel frattempo si erano stabiliti anche i genitori.

È a Bologna che Ferrero ottiene i primi successi di pub-blico, a partire dal discorso pronunciato in occasione della mor-te di Aurelio Saffi, e in quello in cui affronta lo spinoso tema della riforma universitaria: “Tre punti specialmente bisogna considerare: 1° Il carattere professionale e la divisione per Fa-coltà delle Università; 2° La tirannia, stabilita dalla legge, del professore ufficiale; 3° L’ordinamento interno”5. Del professore

3 B. Raditza, Colloqui con Guglielmo Ferrero seguiti dalle grandi pagine,

Lugano, Nuove edizioni Capolago, 1939, pp. 27-28. 4 G. Ferrero, I simboli in rapporto alla storia e filosofia del diritto, alla

psicologia e alla sociologia, Torino, edizioni Bocca, 1892. Recentemente è stato riedito a cura di Bruno Lauretano (Napoli, Edizioni scientifiche Italiane, 1995, Collana G. Ferrero, 1° volume).

5 G. Ferrero, La riforma universitaria, Discorso detto a Bologna il giorno

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ufficiale traccia un profilo spietato: egli “è l’arbitro e il signore unico della sua scienza, ha un popolo che la legge gli rinnova ogni anno e una ghigliottina per i riottosi, l’esame”; così come delle dinamiche accademiche che regolano le nomine dei liberi docenti contro le quali si scaglia e l’ordinamento universitario che serve “da riparo dietro cui la mediocrità si è organizzata formidabilmente; e serve ora di fortezza, da cui la mediocrità domina (…). La lotta scientifica non è in quelle eleganti partite di scherma innanzi alle Commissioni per le cattedre; ma è una vera battaglia combattuta dinanzi al giudizio del mondo, in cui vince chi fa prevalere un numero maggiore di idee e la vittoria è proclamata non dall’Accademia, ma dal fatto”6. E conclude di-cendo che bisognava sviluppare il più possibile la libera docen-za, dare la possibilità allo studente di scegliere tra il libero do-cente e il professore ufficiale e creare l’autorità universitaria at-traverso le elezioni di studenti e professori: “Molte diffidenze verso i grandi suffragi sono purtroppo legittime, ma non si capi-sce come la proposta di concedere il diritto elettorale agli stu-denti debba sollevare tanta opposizione (…) Io non so se la Scienza dominerà un giorno il mondo; se la ragione regolerà tutta la vita dell’uomo come ora regola il movimento di una macchina; se gli scienziati portati al sommo delle cose dal con-senso di tutti, governeranno, ministri non dell’egoismo di una classe, ma della giustizia universale. Ma so che per avvicinarsi a

22 febbraio 1891, in L’Università, Rivista dell’Istruzione Superiore, vol. V, n. 4, fascicolo di aprile 1891. Scritti politici e sociali pubblicati a cura dell’Associazione radicale universitaria, Bologna, Tipografia Gamberini e Parmeggiani, 1891. “Alle molte tracce di una barbarie non ancora spenta in Italia, all’analfabetismo del popolo, all’ignoranza delle classi colte, alla preva-lenza dei delitti di sangue sui reati contro la proprietà, alla involuzione sociale subita da certe parti della Sardegna, dove dalla agricoltura sono ritornati alla pastorizia, alla mafia alla camorra, aggiungete anche questa divisione delle Università per Facoltà (…) Tralascio che la divisione è insufficiente e incapa-ce di contenere tutta la varietà delle scienze moderne; che nelle nostre Univer-sità sono sconosciute certe nuove scienze di prima importanza, come l’antropologia, la psicologia sperimentale, la scienza dlle religioni, la storia dell’arte, l’etnografia (…)”.

6 Ibidem, p. 9-10.

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questo, che sembra il termine ideale del progresso umano, una cosa è necessaria: ordinare l’Università in modo da trarne la massima forza geniale, la massima luce di idee”7.

A Bologna contrae le prime amicizie della sua vita ma-turando sempre più la decisione di scrivere, una volta ultimato il libro sul simbolismo, una storia della giustizia. Si tratta di un’impresa che non porterà mai a compimento, ma per la quale decide di compiere un lungo viaggio a Londra 8.

Tornato in Italia si era messo a studiare gli appunti presi per scrivere un libro; ben presto però si rende conto che il tema è troppo vasto e che bisogna circoscriverlo a un preciso momen-to storico in cui la giustizia assume un’importanza rilevante nel governo: “Più studiavo e più questa famosa legge scientifica dello sviluppo del diritto, che avrebbe dovuto assicurare una buona giustiwia ai popoli dell’avvenire, mi sfuggiva. Accumu-lavo fatti e osservazioni e la sintesi non veniva fuori; perché ogni conclusione a cui mi pareva di arrivare esigeva nuove ri-cerche, che invece di risolvere il problema, lo complicavano. Mi pareva di camminare verso una meta che si allontanava di quan-to mi avvicinavo. In verità il piano dell’opera era assurdo per-ché la legge di sviluppo della giustizia che cercavano, non esi-steva, e quindi non potevo trovarla. Ma studiando le istituzioni giudiziarie in differenti epoche fui a un certo punto colpito dalle

7 Ibidem, p. 11. “So bene – aggiunge – che talora il favore delle studente-

sche seguirebbe il meno degno: ma d’altra parte l’elezione fatta dai professori si può dire più sicura? I fatti parlano: l’elezione va sospinta e risospinta dai rancori, dagli odim dalle invidie che dividono purtroppo i professori italiani; sicchè cade sopra un Rettore travicello, scherno e dileggio delle rane universi-tarie; o sopra un Rettore biscia che vuol comandare col terrore ed allora le ra-ne strepitano e il pantano si rimescola tutto”. Ivi.

8 Nel suo archivio privato e nell’Archivio Ferrero depositato dalla figlia Nina Ferrero Raditsa presso la Butler Library della Columbia University a New York, si possono consultare diversi manoscritti incompiuti ed inediti sul tema della giustizia, tra cui uno intitolato: La giustizia e la pietà, u. Ferrero ne parla nel 1939 nei Colloqui: “Certo è che (…) ho compilato un voluminoso incarto di appunti sulla storia della Giustizia umana, che posseggo ancora, nel tempo stesso in cui raccoglievo informazioni osservazioni nei paesi in cui soggiornavo”. Ibidem, p. 30.

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somiglianze, che le istituzioni penali presentavano in certe epo-che di decadenza e confusione: per esempio nel IV e V secolo dell’Impero romano e negli ultimi anni del regno di Luigi XVI. Queste somiglianze mi suggerirono l’idea di un libro sulla de-cadenza degli stati e delle nazioni, che avrebbe dovuto essere un prologo al libro sulla Giustizia”9.

Può darsi che “egli sia passato dal ruolo della giustizia a quello della legittimità – scriverà più tardi sua moglie, Gina Lombroso – e che ne sia venuto a conoscenza solo dopo quando restrinse gli studi alla storia di Luigi XIV. Si tratta di un’idea che si preciserà meglio negli anni successivi quando inizierà a viaggiare per l’Europa, da Parigi a Berlino, in Russia, in Fin-landia e in Norvegia”10.

Quando nel 1893 era partito per una serie di viaggi e soggiorni che dureranno – con alcune interruzioni – circa tre anni, fino al 1896 Ferrero si era prefissato due scopi: “continua-re nelle grandi biblioteche di Londra, Berlino e di Parigi le mie ricerche sullo sviluppo della giustizia e osservare i paesi. A Londra ho visto gli ultimi sprazzi dell’era vittoriana (1893-1894), l’Inghilterra ancora protestante, puritana, aristocratica, conservatrice. Un mondo che moriva. A Berlino (1894-1895) ho visto la Germania subito dopo la caduta di Bismark nel pieno fervore dello sviluppo industriale. Era una Germania che non voleva sentir parlare né di guerra né di conquiste. Ho assistito ai primi sforzi di Guglielmo II per lanciare la flotta. Tutti contrari! Nessuno ne voleva sapere. Ho lasciato la Germania, verso la metà del 1895, convinto che i tedeschi fossero il popolo più pa-cifico del mondo. A Mosca e a Pietroburgo sono stato nel-l’estate del 1895. Erano i primi tempi dell’imperatore Nicola II (…). L’impressione più forte fu quella di Mosca, mezza euro-pea, mezza asiaticam con l’infinito numero di chiesem dai cin-que minareti o verdi o azzurri o dorati. A Mosca ho visto Tol-stoj; fui condotto da lui da un professore di psicologia. Lo ri-

9 Colloqui, p. 31. 10 G. Lombroso, Debuts Litteraires de G. Ferrero, cit., in APF.

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cordo vestito da mujik11. A Parigi ho passato la prima metà del 1896: era un momento dei calma. Senza saperlo ho assistito all’incubazione del famoso “affaire”, dell’affaire Dreyfus”12.

Il risultato di questi viaggi sarà L’Europa giovane, un reportage politico e sociale tra i primi del genere a circolare in Italia, pubblicato nel 1897, dove Ferrero opera una vera e pro-pria “apologia dell’industrialismo” che piacque moltissimo al pubblico 13.

Nel 1895 consegue la laurea in Lettere e storia all’Università di Bologna. L’argomento questa volta è un altro, La decadenza delle colonie greche in cui la spiegazione evolu-zionistica viene messa alla prova. Per spiegare la trasformazio-ne del carattere degli abitanti Ferrero ricorre a una serie di dati antropologici e sociologici; è la testimonianza dell’esigenza di pensare al rapporto fra la dinamica e la statica delle istituzioni stabilendo una relazione, più o meno marcata fra progresso eco-nomico-sociale ed instabilità strutturale dei sistemi 14.

Nel 1896 inizia una collaborazione – che dal 1897 di-venterà fissa – al “Secolo”, allora organo del partito radicale, e che durerà, con qualche interruzione, per ben vent’anni, fino a quando nell’estate del 1923 Ferrero non sarà costretto a dimet-tersi15.

Soltanto un anno dopo l’uscita de L’Europa giovane, nell’autunno del 1898 Ferrero decide di scrivere un libro sulla decadenza dell’Impero romano; tuttavia, nonostante le intenzio-ni, ne risulterà – per sua stessa ammissione – soltanto “gigante-

11 Il mujik è un contadino russo. 12 Colloqui, cit., pp. 28-29. 13 L’Europa giovane, 1897. 14 C. Galli, L’inedita tesi di laurea di Guglielmo Ferrero presso

l’Università di Bologna (1893), “Il Pensiero politico” XVI, 3, (1983), pp. 410-436. Su questo punto si veda il bel saggio di Donatella Pacelli, La sociologia

di Ferrero: una rilettura della modernità, posto come Introduzione alla n.e. di G. Ferrero, La vecchia Europa e la nuova, Napoli, Esi, 2003, pp. 5-32.

15 In realtà già nel 1893 Ferrero era entrato a far parte della redazione de “Il Secolo” di Milano e nel 1894 aveva pubblicato un articolo su Il fenomeno

Crispi e la crisi italiana, per il quale era stato condannato a due mesi di domi-cilio coatto.

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sco frammento” di cento anni di storia, quella di due generazio-ni, di Cesare e Augusto, e non piuttosto la storia di cinque seco-li, come vedremo16.

Nel 1901 sposa Gina Lombroso, con rito civile, il 2 gennaio; Gaetano Mosca è loro testimone di nozze e nel 1903 nasce il loro primogenito Leo.

1. Ferrero positivista

Dalla collaborazione con il fondatore dell’antropologia

criminale in Italia, Cesare Lombroso, derivano alcuni studi spe-cifici di Ferrero – oltre al libro inchiesta La donna delinquente,

la prostituta e la donna normale, scritto con il suo maestro ed edito nel 189317 – pubblicati su riviste italiane e internazionali18.

Tra il 1893 e il 1894 esce, in due riprese, il saggio I vio-

lenti e i frodolenti in Romagna, nella serie del “Mondo crimina-le italiano”19. Si tratta, come ha scritto Dino Mengozzi in una

16 Come lo definisce Bogdan Raditza nei Colloqui, cit., p. 33. 17 C. Lombroso-G. Ferrero, La donna delinquente, la prostituta e la donna

normale, Torino, L. Roux, 1893. Ferrero era autore della prima parte, La don-

na normale. 18 Si vedano ad esempio di G. Ferrero, Le crime d’adultère son passé, son

avenir, Documents de Criminologie et de Mèdicine Legale, Editeurs Stork, Lyon e Masson, Paris 1894; Id., The Problem of Woman, from a bio-

sociological point of view, “The Monist”, s.d.; Id., La morale primitiva e

l’atavismo del delitto, “Archivio di Psichiatria Scienze penali e antropologia criminale”, Torino Fr.lli Bocca, 1896. In quest’ultimo saggio Ferrero elabora la teoria dell’atavismo per equivalenti, basata sul metodo che oggi defini-remmo dell’etologia comparata. Egli rintraccia l’atavismo del delitto nelle specie animali, anche se è un tratto culturale tipicamente umano: “Gli assassi-ni tra le scimmie sono rari, come sono rari i furti”, tuttavia si possono trovare azioni che sono “l’equivalente vero dei delitti di violenza dell’uomo” (…) “La scimmia commette un omicidio ridotto, perché anche la sua intelligenza, come la sua capacità materiale del bene, sono ridotte (…) Questa teoria dell’atavismo si basa dunque sul concetto degli equivalenti del delitto umano attraverso i diversi gradi di sviluppo”, Ibidem, pp. 38-39.

19 G. Ferrero, I violenti e i frodolenti in Romagna (guelfi e ghibellini, ba-

rattieri e panamisti), in A. Bianchi, G. Ferrero, S. Sighele, Il mondo criminale

italiano, 1889-1892, Milano, Zorini, 1893.

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recente edizione di quest’opera, di una letteratura “allora non rara, soprattutto in Francia, tanto da divenire quasi un genere dalla fine del Seicento (…) ma la struttura è ben diversa dal ve-rismo pittoresco a cui si faceva per lo più riferimento”. Questo di Ferrero è uno dei primi prodotti dell’antropologia criminale, “indirizzata in genere all’analisi dei comportamenti collettivi, che avrà, se mai, un corrispettivo più prossimo nella Psy-

chologie des foules (Paris, 1985) di Gustave Le Bon e soprattut-to, per quanto riguarda l’Italia, nell’Uomo delinquente di Cesare Lombroso, uscito nel 1876, il primo studio di antropologia so-ciale (…)”20.

L’opera nasce nell’ambiente studentesco bolognese, mentre era ancora studente a Lettere, dove tra l’altro aveva an-che diretto un giornalino studentesco e partecipato, come orato-re, a diverse conferenze. La principale novità di questo scritto sta in un passaggio fondamentale, individuato nella trasforma-zione della criminalità, dalle “società a tipo di violenza” e quel-le “a tipo di frode”, la prima comunitaria, la seconda prevalen-temente societaria, che Ferrero “traduceva in categoria interpre-tativa d’una fase dell’evoluzione sociale” verso la modernità21.

La medesima impostazione, di stampo prettamente po-sitivista, la si può riscontrare nei Simboli, nel saggio su Ibn Kaldoun e nell’Europa giovane.

Nei Simboli Ferrero, descrive, ad esempio il tatuaggio come un segno di atavismo, “l’artificio con cui la violenta pas-sione previene in anticipazione il pericolo della sua rapida e-stinzione”; è l’effetto “delle passioni violente e deve essere e-stremamente dinamogeno, disegno, cioè e non scrittura. L’uomo medio, invece, che poco o nulla ha da ricordare, non ha bisogno di questo artificioso sistema di segni che gli riporti continua-mente sotto gli occhi i ricordi che fuggono rapidi nel passato”22.

20 D. Mengozzi, Per un’edizione critica della “Romagna violenta e frodo-

lenta” di Guglielmo Ferrero, “Studi Romagnoli” XLIII (1992), marzo 1996, p. 437.

21 Ibidem, p. 440. 22 G. Ferrero, Simboli, p. 133.

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Padre intellettuale di questo saggio era stato Paolo Marzolo, ineguagliabile precursore di Lombroso, autore dei Monumenti storici rivelati dall’analisi della parola, l’unico suo lavoro pubblicato, e di molti altre “opere ciclopiche, piene di avvenire (che) ancora attendono l’ora della giustizia”23.

Nel saggio su Ibn Kaldoun, pubblicato nel 1896, Ferrero illustra l’idea fondamentale che la civiltà non è governata da una legge di progresso eterno “di sviluppo rettilineo in avanti; essa si svolge secondo un movimento ellittico per tornare al punto di par-tenza: il più alto grado di progresso di un popolo è anche il punto in cui comincia la decadenza”. La conseguenza è che né barbarie, né civiltà hanno un significato eterno, essendo due condizioni della vita umana che si succedono fatalmente24.

L’Europa giovane costituisce anch’essa un’interessante rappresentazione in chiave sociale, economica e culturale della società moderna secondo i principi e i convincimenti del positi-vismo evoluzionistico25.

Secondo Mosca, quest’opera avrebbe dovuto decretare l’ingresso ufficiale di Ferrero nella cultura italiana, come in altre parti del mondo dove il “fenomeno Ferrero” era già una realtà. Mosca la considerava di grande interesse e originalità in quanto “tratta di argomenti molto discussi, molto discutibili e sui quali è difficile trovare largo e generale l’interesse e il consenso dei letto-ri”; e vi individuava l’idea portante: l’agonia del cesarismo, ossia la patologica degenerazione di una forma politico-istituzionale che comportava una più ampia trasformazione sociale, caratterizzata dalla decadenza di una “società governata da classi che non rap-presentano il lavoro produttivo” e dall’affermarsi di una nuova

23 Ibidem, p. VI. Sul rapporto Marzolo, Lombroso, Ferrero, si veda il bel-

lissimo saggio di Niccolò Zapponi, Guglielmo Ferrero e il retaggio romantico

nella scuola di Lombroso, in L. Cedroni (a cura di), G. Ferrero, Itinerari del

pensiero, Napoli, Esi, 1994, pp. 63-73. 24 G. Ferrero, Un sociologo arabo nel secolo XIV, in “La Riforma Sociale”

fasc. 4, anno III, vol. VI (1896) pp. 221-235. 25 G. Ferrero, L’Europa giovane: studi e viaggi nei Paesi del Nord, Mila-

no Treves 1897.

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“società in cui tutti gli uomini vengono egualmente impegnati nel-la costruzione dell’opera collettiva” 26.

2. Ferrero socialista

L’esperienza del socialismo occupa una breve parentesi negli anni che vanno tra il 1890 e il 1896 anno della sua candi-datura elettorale27. Ben presto, infatti, egli tornerà su posizioni radicali e successivamente liberaldemocratiche28.

26 L’espressione “fenomeno Ferrero” fu coniata dallo stesso Mosca, il qua-

le fece una recensione entusiasta dell’Europa giovane; il saggio dal titolo, ap-punto, Il fenomeno Ferrero, comparve su “La Riforma Sociale” fasc. 12, anno IV, vol. VII (1897). Sul rapporto Mosca-Ferrero si veda il carteggio a cura di C. Mongardini, G. Mosca-G. Ferrero. Carteggio (1896-1934), Milano, Giuf-fré, 1980.

27 Così annota Paulucci di Calboli nel suo taccuino: "Ho incontrato Gu-glielmo Ferrero col quale ho parlato a lungo del caso Sighele, del nuovo Mini-stero, delle elezioni socialistiche, etc. Il Ferrero mi ha fatto intendere che egli è ben lontano dall'essere socialista, ma che questo momento non gli parrebbe adatto a fare una evoluzione. Era però molto contento d'esser riuscito il primo della lista socialista con più di tremila voti!", RPdC, Agenda 1896, 29 marzo.

27 Colloqui, cit., p. 28. 28 Quando Paulucci di Calboli l’incontrerà a Torino in ottobre, anche se

argomento privilegiato di conversazione saranno i progetti ferreriani di storia romana, Paulucci potrà registrare: “Le idee socialistiche del Ferrero mi paiono modificate: ha messo molta acqua nel suo vino e m’ha dichiarato che non ac-cetterà più di essere portato nella lista dei socialisti, dei quali rifiuta adesso molte idee in ispecie quelle sui servizi delle municipalità”. “Torino, 19. V. 1898, Via Gioberti 30. Caro Signore, ho letto nella Revue des Revues la recen-sione del mio Il Militarismo, che il Finot mi ha rivelato essere opera sua. Quanto mi abbia fatto piacere, non le so dire. Io, il Lombroso, quanti l’hanno letta, hanno tutti detto che era impossibile riassumere con più brevità lucidez-za e interezza il libro. Sono stato davvero sorpreso anche io di veder conden-sato in così poche parole l’essenziale di tutto il mio pensiero. Grazie anche delle gentili cose dette a mio riguardo. E poiché così l’occasione si offre di riannodare le nostre antiche buone relazioni di un tempo, vuole Lei gradire un esemplare del libro, in ringraziamento ed omaggio? Con cordiali saluti, mi creda, Guglielmo Ferrero”. Lettera allegata a copia del libro con dedica auto-grafa, in Fondo Librario Paulucci, Biblioteca Comunale Saffi, Forlì.

29 Paulucci accenna in agenda il 21 maggio a una sua risposta a Ferrero:

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Tra il 1890 e il 1893 Ferrero assiste alla prima indu-strializzazione italiana, il sorgere delle grandi fabbriche e la formazione “di un proletariato industriale e una borghesia di ricchi capitalisti”29; un fenomeno che lo porta a svolgere un’intensa attività propagandistica al fianco dei primi nuclei so-cialisti organizzati, attività che gli costerà una condanna a due mesi di domicilio coatto, nel 1894, dopo aver pubblicato sul “Secolo” un articolo sul fenomeno Crispi e la crisi italiana. L’anno dopo usciva il suo libro-denuncia La reazione e il feno-

meno Crispi che lo qualifica ulteriormente in senso democratico e anti-crispino militante30.

Nel 1891 aveva iniziato a collaborare con la rivista so-cialista di Filippo Turati e Anna Kuliscioff “Critica sociale”. Quando Ferrero scrive sui moti di Milano egli è ormai un “so-cialista” che mostra sempre maggior comprensione per una vi-sione liberale e antiprotezionista dei temi economici e sociali e che, mantenendo il radicale anticrispismo, tende a differenziare il giudizio sui vari esponenti della classe politica, registrando inoltre un tendenziale avvicinamento tra il programma del nuo-vo direttore dell’Avanti! Enrico Ferri, cui attribuisce il supera-mento del mito collettivista, e la riflessione del Giornale degli

Economisti, nonché di pensatori individualisti quali Vilfredo Pareto e Gaetano Mosca: lo stato di crisi dell’Italia, sospesa tra alti livelli di civilizzazione e scarsità di risorse, può per Ferrero essere superato, senza cadere né nel caos né nella reazione poli-tica, solo se un dialogo tra tali impostazioni innovative nei ri-spettivi campi, socialista e liberale, potrà svilupparsi31.

“Gli ho risposto stare a me di ringraziarlo per le belle ore che il suo libro m’ha fatto passare, e alludendo poi alle nostre antiche relazioni troncate così acer-bamente, ho aggiunto che se viene a Parigi, dovrà passare da me per mostrar-mi col fatto che l’apostolo della pace tra le nazioni non ammette lo stato di guerra, palese o latente, tra individui”, RPdC, Parigi 1898, op. cit., p. 138.

30 G. Ferrero, La reazione e il fenomeno Crispi, Torino, Roux, 1895. 31 G. Ferrero, Les Troubles d’Italie et l’Emeute de Milan, “La Revue des

Revues”, 1 giugno 1898, p. 457.

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3. Ferrero antimilitarista

Nel 1898 era uscito Il Militarismo, con il quale Ferrero sferrava un durissimo attacco contro la guerra e le istituzioni mili-tari, contribuendo ulteriormente a contrastare la svolta reazionaria di fine secolo oltre che a rendere esplicita la sua metodologia che sintetizza elementi storici, sociologici e psicologici32. Il volume raccoglieva un ciclo di conferenze tenute a Milano su incarico dell’Unione Lombarda.

Paulucci di Calboli ne aveva scritto una lunga recensio-ne apparsa anonima sulle colonne della RdR

33, che è in buona parte giocata in filigrana sullo stato del potere militare nella Francia dell’affaire Dreyfus: una Francia formalmente repub-blicana, ma ove gioca un ruolo sinistro un cesarismo militare, d’origine napoleonica34.

In Italia, invece, la genesi del “malessere militare”, la si poteva ricollegare a diverse cause, economiche e sociali, come attesta l’ampia letteratura militare35 – istituzionale36 e non37 –

32 G. Ferrero, Il Militarismo, Milano Treves 1898, una raccolta di dieci conferenze tenute tra il 7 febbraio e l'11 aprile del 1897.

33 [RPdC], “Contro la guerra: Il militarismo. Dieci conferenze di Gugliel-mo Ferrero (Milano, Treves 1898)”, La Revue des Revues, 15 maggio 1898, p. 449.

34 Dell’affaire Dreyfus, Ferrero si interesserà in particolare all’epoca del processo di Rennes con alcuni articoli per Il Secolo, il quotidiano diretto da quello stesso Ernesto Teodoro Moneta che l’aveva invitato a tenere una serie di conferenze a Milano tra il febbraio e l’aprile del ‘97, a nome dell’ “Unione Lombarda per la Pace”, poi confluite nel libro Il Militarismo. Vedi: Guglielmo Ferrero, La vecchia Italia e la nuova, a cura di Lorella Cedroni, Napoli, Edi-zioni Scientifiche Italiane, 1997

35 Dell’affaire Dreyfus, Ferrero si interesserà in particolare all’epoca del processo di Rennes con alcuni articoli per Il Secolo, il quotidiano diretto da quello stesso Ernesto Teodoro Moneta che l’aveva invitato a tenere una serie di conferenze a Milano tra il febbraio e l’aprile del ‘97, a nome dell’ “Unione Lombarda per la Pace”, poi confluite nel libro Il Militarismo. Vedi: Guglielmo Ferrero, La vecchia Italia e la nuova, a cura di Lorella Cedroni, Napoli, Edi-zioni Scientifiche Italiane, 1997

36 Dell’affaire Dreyfus, Ferrero si interesserà in particolare all’epoca del processo di Rennes con alcuni articoli per Il Secolo, il quotidiano diretto da quello stesso Ernesto Teodoro Moneta che l’aveva invitato a tenere una serie