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    Divina commedia. Inferno, a cura di P. Genesini 1

    Luniverso di Dante

    DIOserafinicherubini

    tronidominazioni

    virtpotest

    principatiarcangeli

    angeli

    GERARCHIE ANGELICHE

    credenti in Cristo credenti in Cristo

    venuto venturo

    CANDIDA ROSA

    purgatorio

    terraaria inferno aria

    Gerusalemme

    I CIELO: LUNAII CIELO: MERCURIO

    III CIELO: VENEREIV CIELO: SOLE

    V CIELO: MARTEVI CIELO: GIOVE

    VII CIELO: SATURNOVIII CIELO: STELLE FISSE

    IX CIELO: PRIMO MOBILE

    EMPIREO

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    Divina commedia. Inferno, a cura di P. Genesini 2

    La struttura dellinferno

    GERUSALEMME

    SELVA OSCURAPORTA

    ANTINFERNO IGNAVI ACHERONTE

    I CERCHIO NON BATTEZZATI LIMBOII CERCHIO LUSSURIOSI

    III CERCHIO GOLOSI

    IV CERCHIO AVARI E PRODIGHIV CERCHIO IRACONDI E ACIDIOSI STIGE CITT DI DITEVI CERCHIO ERETICI

    1 GIRONE: OMICIDI, PREDONI FLEGETONTEVIOLENTI 2 GIRONE: SUICIDI E SCIALACQUATORI

    VII CERCHIO 3 GIRONE: BESTEMMIATORI, SODOMITI, USURAI

    GRAN BURRATO

    FRAUDOLENTIVIII CERCHIO 1aBOLGIA: RUFFIANI E SEDUTTORI MALEBOLGE

    2aBOLGIA: ADULATORI3aBOLGIA: SIMONIACI4aBOLGIA: INDOVINI

    5aBOLGIA: BARATTIERI

    6a

    BOLGIA: IPOCRITI7aBOLGIA: LADRI8aBOLGIA: CONSILIERI FRAUDOLENTI

    9aBOLGIA: SEMINATORI DI DISCORDIE

    10aBOLGIA: FALSARI

    POZZO DEI GIGANTI

    TRADITORI 1aZONA: CAINA COCITOIX CERCHIO TRADIT. DEI PARENTI

    2aZONA: ANTENORATRADITORI DELLA PATRIA

    3aZONA: TOLOMEATRADITORI DEGLI OSPITI

    4aZONA: GIUDECCATRADITORI DEIBENEFATTORI

    LUCIFERO

    CENTRO DELLA TERRA

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    Divina commedia. Inferno, a cura di P. Genesini 3

    Canto I

    Nel mezzo del cammin di nostra vitami ritrovai per una selva oscurach la diritta via era smarrita.

    1

    Ahi quanto a dir qual era cosa duraesta selva selvaggia e aspra e forteche nel pensier rinova la paura!

    4

    Tant amara che poco pi morte;ma per trattar del ben chi vi trovai,dir de laltre cose chi vho scorte.

    7

    Io non so ben ridir comi vintrai,tantera pien di sonno a quel puntoche la verace via abbandonai.

    10

    Ma poi chi fui al pi dun colle giunto,l dove terminava quella valleche mavea di paura il cor compunto,

    13

    guardai in alto, e vidi le sue spallevestite gi de raggi del pianetache mena dritto altrui per ogne calle.

    16

    Allor fu la paura un poco queta

    che nel lago del cor mera duratala notte chi passai con tanta pieta.

    19

    E come quei che con lena affannatauscito fuor del pelago a la rivasi volge a lacqua perigliosa e guata,

    22

    cos lanimo mio, chancor fuggiva,si volse a retro a rimirar lo passoche non lasci gi mai persona viva.

    25

    Poi chi posato un poco il corpo lasso,ripresi via per la piaggia diserta,s che l pi fermo sempre era l pi basso.

    28

    Ed ecco, quasi al cominciar de lerta,

    una lonza leggera e presta molto,che di pel macolato era coverta;

    31

    e non mi si partia dinanzi al volto,anzi mpediva tanto il mio cammino,chi fui per ritornar pi volte vlto.

    34

    Tempera dal principio del mattino,e l sol montava n s con quelle stellecheran con lui quando lamor divino

    37

    mosse di prima quelle cose belle;s cha bene sperar mera cagionedi quella fiera a la gaetta pelle

    40

    lora del tempo e la dolce stagione;ma non s che paura non mi dessela vista che mapparve dun leone.

    43

    Questi parea che contra me venissecon la testalta e con rabbiosa fame,s che parea che laere ne tremesse.

    46

    Ed una lupa, che di tutte bramesembiava carca ne la sua magrezza,e molte genti f gi viver grame,

    49

    questa mi porse tanto di gravezzacon la paura chuscia di sua vista,chio perdei la speranza de laltezza.

    52

    E qual quei che volontieri acquista,e giugne l tempo che perder lo face,

    che n tutti suoi pensier piange e sattrista;

    55

    tal mi fece la bestia sanza pace,che, venendomi ncontro, a poco a pocomi ripigneva l dove l sol tace.

    58

    1. Nel mezzo del cammin di nostra vita (=a 35 anni)mi ritrovai per una selva oscura, perch avevo smar-rito la retta via. 4. Ahi, quanto arduo e dolorosoraccontare comera selvaggia, intricata e impraticabi-le questa selva, il cui solo pensiero mi rinnova la pa-ura! 7. Essa (=selva) tanto amara, che la morte lo poco di pi. Ma, per parlare del bene che vi trovai,

    dir delle altre cose che vi ho visto. 10. Io non soben dire come vi entrai, tanto ero pieno di sonno aquel punto in cui abbandonai la via del vero. 13. Ma,dopo che fui giunto al pi di un colle, dove termina-va quella valle che mi aveva riempito il cuore di pa-ura, 16. guardai in alto e vidi la cima [del colle] il-luminata gi dai raggi del pianeta (=il sole sta sor-gendo), che conduce il viandante dritto per ognistrada. 19. Allora si quiet un poco la paura, che nelprofondo del cuore mi aveva a lungo agitato in quel-la notte che io trascorsi con tanta angoscia. 22. E,come il naufrago, uscito fuori del mare e giunto alla

    riva, con respiro affannoso si volge indietro e guardale onde pericolose, 25. cos il mio animo, che ancorafuggiva, si volse indietro per riguardar la selva, chenon lasci mai (=accompagn sempre ogni) personaviva. 28. Dopo che ebbi riposato un po il mio corpoaffaticato, ripresi a camminare lungo il pendo deser-to [del colle], cos che il piede fermo era sempre ilpi basso. 31. Ed ecco che, quasi agli inizi della sali-ta, mi apparve una lonza leggera e molto veloce, cheera coperta di pelo screziato. 34. Essa non si allonta-nava da me, anzi impediva a tal punto il mio cam-mino, che mi volsi pi volte per tornare indietro. 37.Era il primo mattino ed il sole [primaverile] saliva incielo con le stelle dellAriete, che erano con luiquando lamore di Dio 40. fece muovere per la pri-ma volta quelle cose belle. Cos lora del giorno e ladolce stagione mi facevano ben sperare 43. di [averla meglio] su quella fiera dalla pelle variegata, manon tanto che non mincutesse paura la vista di unleone che mi comparve davanti. 46. Esso venivacontro di me con la testa alta e con una fame rabbio-sa, cos che anche laria sembrava temerlo. 49. E unalupa, che nella sua magrezza sembrava piena di ognidesiderio e che fece viver misere (=infelici) moltegenti, 52. mi caus sbito dopo tanto sgomento con

    la paura che incuteva il suo aspetto, che perdetti lasperanza di raggiungere la cima del colle. 55. E co-me lavaro, che accumula volentieri e che, giunto iltempo in cui perde la ricchezza accumulata, piange esi rattrista in tutti i suoi pensieri; 58. cos mi rese labestia senza pace, la quale, venendomi incontro, apoco a poco mi sospingeva nella selva oscura, doveil sole non penetra.

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    Divina commedia. Inferno, a cura di P. Genesini 4

    Mentre chi rovinava in basso loco,dinanzi a li occhi mi si fu offertochi per lungo silenzio parea fioco.

    61

    Quando vidi costui nel gran diserto,Miserere di me, gridai a lui,qual che tu sii, od ombra od omo certo!.

    64

    Rispuosemi: Non omo, omo gi fui,e li parenti miei furon lombardi,mantoani per patria ambedui.

    67

    Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi,e vissi a Roma sotto l buono Augustonel tempo de li di falsi e bugiardi.

    70

    Poeta fui, e cantai di quel giustofigliuol dAnchise che venne di Troia,poi che l superbo Ilin fu combusto.

    73

    Ma tu perch ritorni a tanta noia?perch non sali il dilettoso montech principio e cagion di tutta gioia?.

    76

    Or se tu quel Virgilio e quella fonteche spandi di parlar s largo fiume?,rispuosio lui con vergognosa fronte.

    79

    O de li altri poeti onore e lumevagliami l lungo studio e l grande amoreche mha fatto cercar lo tuo volume.

    82

    Tu se lo mio maestro e l mio autore;tu se solo colui da cu io tolsilo bello stilo che mha fatto onore.

    85

    Vedi la bestia per cu io mi volsi:aiutami da lei, famoso saggio,chella mi fa tremar le vene e i polsi.

    88

    A te convien tenere altro viaggio,rispuose poi che lagrimar mi vide,se vuo campar desto loco selvaggio:

    91

    ch questa bestia, per la qual tu gride,non lascia altrui passar per la sua via,ma tanto lo mpedisce che luccide;

    94

    e ha natura s malvagia e ria,che mai non empie la bramosa voglia,e dopo l pasto ha pi fame che pria.

    97

    Molti son li animali a cui sammoglia,e pi saranno ancora, infin che l veltroverr, che la far morir con doglia.

    100

    Questi non ciber terra n peltro,ma sapienza, amore e virtute,e sua nazion sar tra feltro e feltro.

    103

    Di quella umile Italia fia salute

    per cui mor la vergine Cammilla,Eurialo e Turno e Niso di ferute.

    106

    Questi la caccer per ogne villa,fin che lavr rimessa ne lo nferno,l onde nvidia prima dipartilla.

    109

    Ondio per lo tuo me penso e discernoche tu mi segui, e io sar tua guida,e trarrotti di qui per loco etterno,

    112

    ove udirai le disperate strida,vedrai li antichi spiriti dolenti,cha la seconda morte ciascun grida;

    115

    e vederai color che son contenti

    nel foco, perch speran di venirequando che sia a le beate genti.

    118

    61. Mentre ero spinto rovinosamente verso la valle,davanti agli occhi mi apparve uno, che in quel vastosilenzio appariva come unombra evanescente. 64.Quando lo vidi in quella grande solitudine, Abbi

    piet di me gli gridai, chiunque tu sia, ombra ouomo vivo!. 67. Mi rispose: Non sono un uomo,ma lo fui un tempo. I miei genitori furono lombardi,ambedue nativi di Mantova. 70. Nacqui sotto Giulio

    Cesare, seppur troppo tardi [per conoscerlo], e vissia Roma sotto il buon Augusto al tempo degli dei fal-si e bugiardi. 73. Fui poeta e cantai [le imprese] diquel giusto figlio di Anchise (=Enea), che da Troiavenne in Italia, dopo che la superba citt fu incendia-ta. 76. Ma tu perch ritorni a tanto affanno (=nellaselva)? Perch non sali il dilettoso monte, che ini-zio e causa di tanta gioia?. 79. Sei tu quel Virgilioe quella fonte che spande un fiume cos abbondantedi parole? gli risposi a fronte bassa per la vergogna.82. O decoro e luce degli altri poeti, concdimi iltuo aiuto in nome del lungo studio e del grande amo-

    re, che mi hanno fatto cercare le tue opere. 85. Tusei il mio maestro e il mio autore. Tu sei il solo dacui appresi lo stile tragico, che mi ha dato la fama.88. Vedi la bestia che mi ha fatto volgere indietro.Aitami, o saggio famoso, perch essa mi fa tremarele vene ed i polsi! 91. A te conviene (=tu dovrai)prendere unaltra strada rispose dopo che mi videin lacrime, se vuoi uscire da questo luogo selvag-gio. 94. Questa bestia, che ti costringe a chieder aiu-to, non lascia passare alcuno per la sua strada, ma loostacola tanto che lo uccide. 97. Ed ha una naturacos malvagia e cattiva, che non soddisfa mai la suasconfinata ingordigia e che, dopo mangiato, ha pifame di prima. 100. Molti sono gli animali con cui siaccoppia e ancor di pi saranno in futuro, finch ver-r il Veltro, che la far morire con dolore. 103. Que-sti cercher non terre n denaro, ma sapienza, amoree virt, e la sua origine sar tra feltro e feltro. 106.Sar la salvezza di quellumile Italia, per la qualemorirono uccisi la vergine Camilla, Eurialo, Niso eTurno. 109. Questi la caccer da ogni citt, finchlavr rimessa nellinferno, da dove la fece uscirelinvidia [del serpente verso Adamo ed Eva]. 112.Perci per il tuo bene penso e giudico che tu midebba seguire: sar la tua guida. Ti trarr di qui at-

    traverso il luogo eterno (=linferno), 115. dove udraile grida senza speranza [dei dannati] e vedrai gli spi-riti sofferenti degli antichi, che invocano la secondamorte (=quella dellanima, cio lannichilimento to-tale). 118. Vedrai coloro che sono contenti di starenel fuoco [del purgatorio], perch sono sicuri di an-dare, prima o poi, fra le genti beate.

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    Divina commedia. Inferno, a cura di P. Genesini 5

    A le quai poi se tu vorrai salire,anima fia a ci pi di me degna:con lei ti lascer nel mio partire;

    121

    ch quello imperador che l s regna,perchi fu ribellante a la sua legge,non vuol che n sua citt per me si vegna.

    124

    In tutte parti impera e quivi regge;quivi la sua citt e lalto seggio:oh felice colui cu ivi elegge!.

    127

    E io a lui: Poeta, io ti richeggioper quello Dio che tu non conoscesti,acci chio fugga questo male e peggio,

    130

    che tu mi meni l dovor dicesti,s chio veggia la porta di san Pietroe color cui tu fai cotanto mesti.

    133

    Allor si mosse, e io li tenni dietro. 136

    121. E, se vorrai salire fra quelle genti [in paradiso],sarai accompagnato da unanima pi degna di me (=Beatrice). Ti affider a lei, prima di lasciarti, 124.perch limperatore (=Dio), che regna lass, nonvuole che io entri nella sua citt, poich fui ribelle(=non conobbi) alla sua legge. 127. Egli impera sututto luniverso, ma governa da qui: questa la suacitt e qui sta il suo trono. Oh, felice colui che am-mette lass! 130. Io gli dissi: O poeta, in nome di

    quel Dio, che non conoscesti, ti prego di condurmidove ora dicesti, 133. affinch possa fuggire questomale (=la lupa) e peggio (=la dannazione eterna).Cos potr vedere la porta di san Pietro (=il purgato-rio) e coloro che tu dici tanto mesti (=i dannatidellinferno). 136. Allora egli si mosse ed io glitenni dietro.

    I personaggiDante (Firenze 1265) il protagonista del poema: a35 anni, quindi nel 1300, si smarrisce in una selvaoscura e, per tornare a casa, deve fare un lungo viag-

    gio attraverso i tre regni delloltretomba. Il nome delpoeta compare soltanto in PgXXX, 55. un perso-naggio multiplo: a) colui che compie il viaggio; b) colui che racconta il viaggio dopo che lha compiu-to; c) lautore del poema. Oltre a ci, ognuno diquesti tre personaggi , di volta in volta, poeta, poli-tico, credente, intellettuale, letterato, polemista, par-tigiano dellimperatore, esiliato politico, laico, logi-co, scienziato, teologo, uomo ora partecipe del dram-ma dei dannati ora ferocemente vendicativo. In parti-colare Dante lindividuoche si perde nella selva o-scura, ma nello stesso tempo il simbolo delluma-nit errante, pellegrina sulla terra, che cerca con lesue forze, ma inutilmente, la via della salvezza. Dantescrittore approfitta delle molteplici possibilit narra-tive, che gli permette la sua triplice dimensione(viandante, narratore, scrittore) e le ulteriori specifi-cazioni.Publio Virgilio Marone (Andes, presso Mantova,70 a.C.-Brindisi 19 a.C.) appartiene ad una famigliadi agiati proprietari terrieri. Studia a Cremona e a Mi-lano e si perfeziona a Roma. Vive a Napoli. Compo-ne le Bucoliche e le Georgiche. La sua opera mag-giore lEneide, dove canta Roma e lImpero instau-rato da Ottaviano Augusto. Nel Medio Evo uno dei

    pochi poeti classici conosciuti, e viene anche consi-derato un profeta (in Egloga, IX, avrebbe preannun-ciato la venuta di Ges Cristo, in realt stava cele-brando la nascita di Ottaviano, il futuro imperatore) eun mago. Dante lo sceglie come guida per linferno eil purgatorio, e lo fa diventare il simbolo delluma-nit pagana e della ragione umana insoddisfatta, checerca la salvezza ma che non pu trovarla, perchnon ha ricevuto il battesimo, in quanto vissuta primadella venuta di Ges Cristo.La selva oscura la selva in cui il poeta si perde (si-gnificato letterale), ma anche il simbolo del peccato

    (significato allegorico), che acceca la ragione e la vo-lont delluomo. Il colle indica la difficolt di rag-giungere la salvezza con le proprie forze, se la graziadivina, simboleggiata dal sole che sorge, non inter-viene. Il poema dantesco si deve leggere tenendo pre-

    senti i quattro sensi delle scritture (letterale, allegori-co, morale, anagogico), indicati gi nel Conviviocome gli strumenti da usare nella lettura delle opere.

    InIfI il significato allegorico dei personaggi parti-colarmente esplicito.Le tre fiere, la lonza, il leone, la lupa, sono il sim-bolo dei vizi (la lussuria, la superbia e lavarizia),che dominano i comportamenti umani e causano lelotte politiche e tutti i mali sulla terra. Nel MedioEvo gli animali avevano una grande importanza edesercitavano un grande fascino nellimmaginariocollettivo. La lonza un animale simile al leopardo.Il Veltro un cane da caccia, simbolo di un perso-naggio che verr. Sar capace di ricacciare la lupanellinferno e di riformare moralmente la societ,che nel presente corrotta. inutile volerlo identifi-care con un personaggio storico del tempo: il poetaesprime unaspirazione di rinnovamento morale espirituale, molto diffusa nella societ italiana del sec.XIII (da Francesco dAssisi alle varie correnti rifor-mistiche ed eretiche). Il testo permette di precisaresoltanto che sar un personaggio religioso. Oltre aci il poeta lo lascia volutamente indeterminato, perprovocare curiosit e un maggiore impatto emotivosul lettore. Comunque sia, il Veltro non sar un per-sonaggio mite e pacifico, perch far morire la lupacon doglia.Eurialo e Niso(eroi troiani),Camilla e Turno(eroi

    latini) sono accomunati, per indicare che la nuovacomunit sorgeva dal superamento della distinzionetra vincitori e vinti. La fonte di Dante Virgilio, E-neide, IX, XI, XII.

    Commento1. Dante ricorre allespediente narrativo del viaggio,ampiamente sperimentato nella letteratura dellanti-chit, ad esempio nellOdissea (il viaggio decennaledi Ulisse, che ritorna in patria dopo la caduta di Tro-ia) e nellEneide (il viaggio di Enea da Troia, con-quistata dagli achei e incendiata, fino alle spiagge

    del Lazio). Anche il viaggio nelloltretomba ha deiprecedenti: ancora nellEneide (il viaggio di Eneanegli inferi, per parlare con lanima del padre Anchi-se), in san Paolo (2 Cor12, 2-4) e nella letteraturadel suo tempo, ad esempioDe IerusalemeDe Babi-

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    lonia di Giacomino da Verona (fine sec. XIII) o ilLibro delle tre scritture di Bonvesin da la Riva(1250-1313ca.). Nel Medio Evo hanno una particola-re diffusione i poemetti allegorico-didascalici, chetrattano di viaggi nelloltretomba.2. Il poeta compie il viaggio con una guida, perchda solo non ce la farebbe. La guida Virgilio, un po-eta morto da oltre mille anni, che tuttavia lo accom-pagna soltanto per un certo tratto, nellinferno e nel

    purgatorio, fino al paradiso terrestre che si trova incima al purgatorio. Qui la sua funzione e le sue capa-cit di guida terminano, e subentra unaltra guida,Beatrice, che lo conduce per il resto del viaggio. Maanche questa seconda guida ha dei limiti e ad un certomomento cede il posto ad una terza guida, san Ber-nardo, che lo guida al cospetto dei beati e che chiedee ottiene lintervento di Maria Vergine affinch il po-eta abbia la visione di Dio.2.1. Anche la guida risulta un espediente letterariogi sperimentato nella letteratura classica, che parladiprotagonista (ilprimo personaggio) e di deutera-

    gonista (il secondo personaggio), i quali nel corsodel viaggio o dellavventura incontrano altri perso-naggi e affrontano insieme numerose difficolt, checon lingegno e con la fortuna riescono a superare.2.3. La sostituzione di una guida con unaltra comelaggiunta di sempre nuovi compagni nel corso delviaggio riesce a svolgere abilmente e, soprattutto,senza nessuna forzatura due compiti: a) sviluppare ildiscorso allegorico (Virgilio simbolo della ragione,la ragione come tale pu accompagnare il poeta perlinferno e il purgatorio, ma non per il paradiso; Bea-trice il simbolo della fede e, come tale, pu accom-pagnare il poeta in paradiso; ecc.); e b) rendere pivario, interessante e movimentato il viaggio agli oc-chi del lettore. Il poeta ha vivissimo il senso del di-scorso allegorico e, pi in generale, delle quattroscritture ed ha altrettanto vivo il senso della narra-zione sempre spettacolare, sempre rapida e semprecoinvolgente. Queste due dimensioni del poema rice-vono poi una veste retorica adeguata ed efficace, e sidispiegano costantemente in quel particolare respiroche la terzina dantesca.3. Il poeta si smarrisce nella selva oscura a 35 anni,cio a met della vita umana (la cui lunghezza ideale considerata di 70 anni), quando luomo raggiunge

    la maturit e dovrebbe ormai avere chiaro il significa-to dellesistenza. Il 35 anno coincide con il 1300,quando il papa Bonifacio VIII, il mortale nemico delpoeta, indce il primo giubileo, che fa affluire moltis-simi pellegrini a Roma e che fa sentire i suoi effettibenefici anche sulle anime del purgatorio incontratein sguito dal poeta (PgII ecc.).4. Le tre fiere fanno parte dellimmaginario e delle-sperienza medioevale, che affascinata dagli animali,in particolar modo dagli animali feroci. Gli animalicolpiscono per la loro forza, per la loro aggressivit,per la loro violenza, per il pericolo che costituiscono

    (luomo debole e si sente debole), per la loro rarite per la loro pura selvatichezza. Luomo medioevalefantastica di esseri mostruosi, che vivono in paesilontani: ciclopi con un occhio, oche con due teste,galline ricoperte di lana, uomini con quattro occhi,

    con corna e con zampe caprine, agnelli che nasconodagli alberi, uomini-albero, uomini con il collo lun-go o con le membra doppie. Che questi esseri esi-stessero realmente non importa (anzi la domanda completamente sbagliata), quel che conta che esi-stevano nellimmaginario collettivo.4.1. Le tre fiere sono ad un tempo animali fisici, ag-gressivi e violenti, e animali che appartengono almondo dellimmaginario, quel mondo con cui ogni

    epoca affronta e interpreta la realt. I tre animali reali e ad un tempo immaginari svolgono almenodue funzioni: a) riempionoe monopolizzano il mon-do dei simboli; e b) permettono un linguaggio sinte-tico con cui descrivere, interpretare e controllare larealt. Il secondo punto va chiarito: nel Novecento ilNeoempirismo logico cerca di elaborare un linguag-gio che abbia un rapporto biunivoco con la realt (o-gni parola indica una cosa). Il progetto fallisce: larealt non lo permette, perch troppo complessa. Ipensatori medioevali sono ammaestrati dalle infinitesfumature del linguaggio messe in luce dalla dialetti-

    ca (o logica), che vedono costantemente in difficoltnel descrivere il mondo dellesperienza. Perci im-maginano un sistema di segni pi complesso: i testivanno letti secondo i quattro sensi delle scritture; larealt va descritta ora direttamente (quando ci possibile), ora indirettamente (e questa forse lanorma). Ad esempio con la metafora, con lanalogia,con un sistema coordinato di pi punti di vista, ri-chiamandosi al contesto o ai principi primi. Essi a-vevano una chiara consapevolezza della complessitdel mondo e cercavano di reagire con un sistema te-orico ed interpretativo ugualmente complesso.4.2. In PgXXXII, 106-160, Dante descrive la storiadella Chiesa ricorrendo al linguaggio profetico del-lApocalissedi Giovanni levangelista. Tale linguag-gio adoperava simboli, numeri ed animali per parlaredella storia umana passata e futura. Nel canto gli a-nimali hanno questi significati: laquila simbolodellImpero, la volpe delle eresie, il drago dellAn-ticristo, il carro indica la Chiesa, infine la puttanadiscintae il drudoindicano rispettivamente il papa elImpero (o meglio il potere politico), che ora vannodaccordo ed ora sono in contrasto. Il ricorso ai sim-boli e agli animali avviene in modo pi articolato econsapevole.

    5. Virgilio appare a Dante per lungo silenzio, cioin quel vasto silenzio, mentre il poeta sta precipi-tando nella selva oscura. una inaspettata ncora disalvezza. Ma tale ncora risulta sbito assai alea-toria, perch il poeta latino risulta fioco, si vedemale, appare sbiadito nel gran diserto. Il poeta sirende sbito conto della situazione, come risulta dal-la domanda che pone: Aiutami, chiunque tu sia, oombra o uomo certo (v. 66). Ha davanti a sunombra, lombra di un morto; e lombra, nella ri-sposta, conferma di essere tale. Ma, in mancanza dimeglio, ci si affida anche ad unombra, allombra di

    un morto per uscire dai guai Il poeta abilmenterecupera tutte le storie paurose di apparizioni di de-funti, diffusissime nel Medio Evo e incrementatedalle prediche della Chiesa. Lincontro fra il poeta ela sua futura guida avviene quindi in un luogo carat-

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    terizzato da un grande silenzioe dallessere deserto.C soltanto il poeta, che sta cercando invano di la-sciare la selva oscura e lombra, lombra di un mortoche parla. Poco dopo il poeta viene a sapere che sitratta di un personaggio morto da 1319 anni. E siprospetta sbito la possibilit di dover fare un lungoviaggio con questombra! Il canto insiste con forzaanche sugli animali e sulle caratteristiche del paesag-gio. Gli animali costituiscono il pericolo; e il poeta

    abbandonato a se stesso in quel luogo vasto e silen-zioso, grande e solitario, che si distende tra la selvaoscura e il dilettoso monte. Il contrasto sempliceed efficace. Il lettore catturato dalla storia che stainiziando a leggere.5.1. Dante accoglie Virgilio con uno stile curato checontiene una domanda retorica Non sei tu forse?(v. 79) e una complessa captatio benevolentiae (vv.80 e 82-87): il poeta riconosce la sua dipendenza dal-le opere dello scrittore latino e chiede aiuto in nomedel suo impegno in tale studio. Per Dante ed il MedioEvo lo stile pi alto quello tragico, seguito dallo

    stile comico e da quello elegiaco. LaDivina comme-dia usa tutti e tre questi stili.5.2. Lesempio pi grande di captatio benevolentiaesi trova in If XXVI, 112-126: Ulisse simpegna apersuadere i marinai della sua nave, che in quantosudditi devono seguirlo in ogni caso. Ma llorazionpicciola del loro capo li trasforma: essi fanno deiremi ali per il folle volo nel mondo disabitato.6. Il poeta minacciato da tre animali che sono ilsimbolo di tre vizi. comprensibile che il discorsofatto poco dopo da Virgilio resti sullo stesso pianofisico-allegorico: un altro animale affronter e vin-cer la lupa (lanimale pi pericoloso ed infestante) egli altri due animali. Il Veltro la prima profezia delpoema. Unaltra, e sicuramente legata a questa, neverr in sguito: Beatrice, la guida che succede a Vir-gilio, annuncer lavvento di un cinquecento dieci ecinque (PgXXXIII, 43), che come il Veltro rinno-ver la vita spirituale e politica. Chi sia il personag-gioindicato da questo animale difficile dire. Le in-terpretazioni sono state infinite e si sono tutte indiriz-zate alla ricerca di un personaggio storicoche avessei requisiti richiesti. I personaggi cos trovati sono statinumerosi, ma per un qualche motivo nessuno di essirisultava completamente soddisfacente. Si potrebbe

    per anche pensare che la ricerca di tale personaggiosia una strategia completamente sbagliata, perch laposizione della questione potrebbe essere completa-mente sbagliata. I critici moderni si richiamano acri-ticamente allautorit e alla lettura dei primi com-mentatori trecenteschi e ne ripetono gli errori. E fan-no di Dante uno storico o un cronista, che informapedissequamente il lettore6.1. Dal Quattrocento in poi la filologia occidentaleva con accanimento alla ricerca di risposte sbagliate.Il caso pi significativo la questione omerica, iltentativo didentificare precisamente lautore o gli

    autori dei due poemi, lIliadee lOdissea. parados-sale: il critico e il filologo fa professione di fede distoricismo (un fatto, unopera, un avvenimento vainserito nel suo specifico contesto storico), ma poi,quando dalla teoria passa ai fatti, si dimentica di quel

    che aveva appena detto. Per il mondo acheo e, in ge-nerale, per tutto il mondo antico, non era importantelautore (che invece inizia ad essere importante dalsec. XV in poi), era importante lopera. E noi do-vremmo rispettare la loro cultura, la loro mentalit,il loro atteggiamento. E, se noi poniamo domandeche questa cultura non riteneva corrette, dovremmoessere del tutto consapevoli che esse non sonocor-rette. Ugualmente le risposte.

    6.2. La domanda circa lidentit del Veltro deve as-sumere una formulazione ben pi complessa. Il pro-blema del Veltro ha due aspetti fondamentali: a) chi il Veltro, cio che funzione ha questo animale, chescopo deve raggiungere; e b) qual la sua funzionesul piano narrativo. I due aspetti si possono benissi-mo fondere e rafforzarsi a vicenda.6.3. La risposta deve essere quindi pi morbida edanche pi complessa e non deve puntare a priorisul-la ricerca di un personaggio. Magari le cose stannodiversamente... Essa si trova individuando le funzio-ni che il poeta attribuisce allanimale (egli ricaccer

    nellinferno la lupa e tutti gli esseri mostruosi che hagenerato), ma tenendo presente il linguaggio profeti-co oggi del tutto scomparso con cui si esprime.Anche qui, come per la questione omerica il filo-logo cerca un individuo, quando per la cultura deltempo ed anche per la cultura filologica rettamenteintesa dovrebbe cercare qualcosaltro, qualcosa dimolto pi complesso. Il Veltro non n pu essereun individuo, perch nessun individuo ha la staturaper ricacciare allinferno tutti i figli della lupa. IlVeltro qualcosa di molto diverso che agisce in unmondo del tutto particolare: il mondo dellimma-ginario. Per Dante come per la cultura medioevale larealt non costituita dai fatti fisici ma dal mondoimmaginario che mette luomo a contatto con la re-alt profonda. Dove noi, botanici, vediamo un trifo-glio, i medioevali vedevano limpronta o il simbolodella Trinit. superficiale dire che noi abbiamo ra-gione ed essi torto. Ci che conta che essi vi vede-vano la Trinit ed agivano come se il trifoglio indi-casse la Trinit. Il Veltro un simbolo, resta un sim-bolo, agisce ed ha lo scopo di agire nel mondo deisimboli. Nessun personaggio storico capace di o-perare il rinnovamento che si reso necessario, per-ci Dante segue unaltra strada: profetizza lavvento

    di un personaggio di forte impatto nel mondo deisimboli. Cos crea attesa. Crea la cultura dellattesa edella profezia. E coloro che attendono fanno s chela profezia si autorealizzi. In questa cultura dellat-tesa si possono inserire e correttamente anche ipersonaggi storici in cui i critici hanno identificato ilVeltro. Nel Medio Evo per si praticava ancheunaltra strategia, ben pi efficace: la forzatura dei

    fatti o dei personaggi o dei simboliin modo che siadattassero ad uno stereotipo prefissato. Il caso pisignificativo del poema forse la storia edificante diRomeo di Villanova (PdVI, 127-142), che per di-

    gnit si licenzia nel momento di maggior bisogno;ma tutti i personaggi del poema sono costantementeplasmati e manipolati. Nella cultura del tempo bastafare riferimento alla letteratura edificante, che aveva

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    una storia lunghissima e che si realizzava soprattuttonelle agiografie dei santi.6.4. Una profezia deve essere per definizione oscura,altrimenti sarebbe una previsione. Sul piano narrativoloscurit della profezia del Veltro ha lo scopo dispingere il lettore a tentarne unidentificazione. Dantericorre anche in sguito a questa strategia che coin-volge il lettore e che lo costringe a fare ipotesi. I casipi significativi sono forse lidentificazione di colui

    che fece per viltade il gran rifiuto (IfIII, 59-60) e seil conte Ugolino della Gherardesca si cibato o menodelle carni dei suoi figli morti (IfXXXIII, 75). Il poe-ta ricorre alla strategia del coinvolgimento anche inaltri modi: presenta una problematica che coinvolgeil lettore, costringe poi il lettore ad identificarsi in unpersonaggio, pone il personaggio davanti a un di-lemma, in genere due alternative ugualmente validema che si escludono a vicenda. E lo costringe a sce-gliere. I casi pi significativi sono la scelta tra politi-ca e famiglia (Farinata degli Uberti e Cavalcante deCavalcanti, If X); tra famiglia ed esplorazione

    dellignoto (Ulisse,IfXXVI).6.5. Basterebbe dare unocchiata alla storia del Due-cento per capire quanto erano forti e diffuse le attesemillenaristiche: dallanno dellalleluja (1233) alladiffusione in tuttItalia dei disciplinati (1260), dallevarie profezie che, una volta non realizzatesi, provo-cavano la dispersione di coloro che erano in attesa,alle sette ereticali. Dante recupera la cultura del letto-re, ma comprensibilmente usa ad un livello teorico edartistico pi elevato e complesso limmaginario pro-fetico.6.6. Dante propone anche in sguito una questionesimile a questa del Veltro, anzi le due profezie sonotra loro collegate: chi il Cinquecento dieci e cin-que, cio il DVX, il DUX, il duce, come normalmen-te viene interpretato, e quali funzioni deve svolgere(Pg XXXIII, 42). La risposta potrebbe essere analo-ga. Il poeta per imbroglia il lettore, perch costringea chiarire chi il Veltro e chi il DUX (e quali com-piti e funzioni svolgono), e come si rapportano traloro. Ci non tutto: come si rapporta con questedue figure la missione che il poeta deve svolgere eche indicata espressamente in Pd XVII, 100-142.Questa strategia, che si propone di coinvolgere o me-glio dincuriosire il lettore, applicata a piene mani

    per tutta lopera: chi colui che fece per vilt il granrifiuto (IfIII), chi lanonimo fiorentino (IfXIII), seil conte Ugolino della Gherardesca si effettivamen-te cibato delle carni dei figli (IfXXXIII), chi Ma-telda (PgXXVIII) ecc. Insomma il poeta costringeillettore a fare una lettura attivadel poema. Se il letto-re lo dimentica o sgarra, subisce il tagliente giudiziodello scrittore.7. La profezia del Veltro si riallaccia al libro delleprofezie per eccellenza: lApocalisse. Nel corso del-lopera il poeta saccheggia a piene mani il testo diGiovanni e lo riserva ai momenti pi intensi e dram-

    matici del viaggio, quando parla della Chiesa edellImpero e delle tristissime condizioni in cui si tro-vano. La profezia del Veltro esposta in modo effi-cace, ma ben altre prove egli dar in sguito. Ci av-viene soltanto 5 o 6 anni dopo, quando incontra Bea-

    trice che si lamenta per linfelice situazione in cui sitrova la Chiesa (Pg XXXII, 106-160). Il Veltro siriallaccia a tutta la cultura profetica e millenaristica,che si era diffusa nel Medio Evo e che riesce a mo-dificare efficacemente la societ. Ma la persuasioneche la cultura sia capace di manipolare coscienze,desideri e volont, si trova espressa poco dopo neldialogo del poeta con Francesca da Polenta (If V,127-138).

    8. La profezia del Veltro, il bestiario e il mondo del-limmaginario medioevale permettono di mettere afuoco un problema che riguarda la corretta interpre-tazione della Divina commedia: qual il valore deiprimi commenti allopera dantesca. I critici di oggivi danno una grande importanza, convinti che i primicommentatori avessero la giusta cultura e la giustaprospettiva per un corretto approccio. Lipotesi inparte vera, in parte falsa. vera quando i primi letto-ri parlano di aspetti marginali del testo (chi un per-sonaggio, qual il corretto significato di una parola,dove si trova una via o un luogo, qual la fonte di

    un passo ecc.). falsa quando essi affrontano que-stioni pi difficili, che pensano di risolvere indivi-duando le fonti o il personaggio absconditus. In-somma quasi sempre. I due aspetti non sono mai sta-ti distinti.8.1. Il fatto che il testo dantesco estremamentecomplesso e che trovare la fonte di una citazione molto pi facile e gratificante, perch allinteressatod limpressione di avere capacit, cultura ed erudi-zione. E gli fa credere di avere esaurito tutte le pos-sibilit di lettura del testo. Una pura illusione. In re-alt questo approccio fallisce costantemente quandoil poeta si avventura in territori sconosciuti. Eppureegli stesso mette in guardia il lettore: O voi, che inuna barca piccoletta, desiderosi di ascoltare, aveteseguto il mio legno, che con un canto [pi dispiega-to] varca [nuove acque], tornate a riveder le vostrespiagge, perch forse, perdendo me, rimarrestesmarriti. Lacqua (=la materia), che io affronto, nonfu mai percorsa: Minerva spira (=gonfia le mie vele),Apollo mi conduce e nove muse mi mostrano le Or-se (=lOrsa Maggiore e lOrsa Minore) (PdII, 1-9).Ma, quando non si vuole ascoltare il testo e si vo-gliono lasciar liberi i propri pregiudizi, i risultati nonpossono essere che insipidi e stravolgenti.

    8.2. Dopo che ci si avvicinati in modo metodolo-gicamente corretto al testo, possibile formularecorrettamente le domande e cercare le risposte. Ci sipu aspettare di trovarsi davanti a diverse possibili-t, come nel caso di una espressione matematica: larisposta determinata, indeterminata, impossibile.Oltre a ci si devono considerare altri due aspetti: a)se il poeta aveva in mente una qualche risposta de-terminata o se aveva in mente una risposta indistinta;e b) se la risposta coinvolta o meno nella strategianarrativa, cio negli effetti speciali e spettacolari cheegli vuole ottenere sulla mente, sullanimo, sulla

    sensibilit del lettore. Insomma si potrebbe conclu-dere con presuntuosa sicurezza che lapproccio posi-tivistico al testo normalmente condannato allin-successo...

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    8.3. La tecnica dellindistinto compare in pittura conRembrandt Harmensz. Van Rijn (1606-1669), lulti-mo Tiziano Vecellio (1488/90-1576), gli impressio-nisti francesi (fine Ottocento) e gli espressionisti te-deschi (prima met del Novecento). Ed ha sempredisturbato e suscitato le condanne dei pensatori acca-demici e dei dilettanti della pittura, come in generesono i lettori criticidi Dante.8.4. Insomma dovrebbe essere chiaro e non lo

    mai stato che ci si deve preoccupare delle intenzio-ni di Dante, non di quello che sono riusciti a fare e adire i primi o i secondi o i terzi commentatori; e checi si deve alzare allaltezza della sterminata cultura diDante e non abbassarne il poema alla propria limitataesperienza umana e letteraria. E, poich questultimapossibilit pura illusione, anche facendo lavoro digruppo o ricorrendo allinaudita potenza dei motoridi ricerca dei computer, resta soltanto un atteggia-mento di umilt nei confronti dellopera, non per lamodesta della nostra intelligenza, ma per lillimitatagrandezza del poeta.

    8.5. Un fatto fra i tanti citabili ci deve far riflettere:dopo 600 anni due critici riescono a individuare dueacrostici che era sfuggiti a tutti gli altri lettori per seisecoli... Gli acrostici non sono neanche tanto nascostio di problematica accettazione: a) Medin lesse lacro-stico VOM, cio UOMO, in PgXII, 25-64 (1898); b)Flamini e, indipendentemente da lui, Santoro lessero

    LVE, cio la malattia venerea che porta questo nome,in PdXIX, 115-141 (rispettivamente 1903 e 1904).Daltra parte dovrebbe essere banale adoperare acro-stici per chi attribuisce normalmente quattro sensi al-le scritture.9. Il poeta mette insieme vincitori e vinti, troiani elatini, perch dagli uni come dagli altri sarebbe nataRoma. Anche in sguito metter insieme parti avver-se, cio guelfi e ghibellini (PgVI, 106-117). Soltantoil superamento della propria parte e la fusione dellefazioni avrebbe permesso di risolvere i conflitti so-ciali e di unificare in un corpo unito la societ. Iericome oggi.10. Sul piano narrativo il canto non ha un momentodi tregua: il poeta si perde in una selva oscura, pensadi essere capace di tirarsi fuori da solo dai guai. Inve-ce le cose si complicano. Arriva prima una lonza, poiun leone, infine una lupa, che gli sbarrano la strada e

    lo ricacciano nella selva oscura. Si dispera. Gli appa-re lombra di un morto. Virgilio, un poeta di 13 se-coli prima. Egli non ha alternative e gli chiede aiuto(non una decisione veramente saggia, ma quando lanecessit preme; poi per, nel canto successivo, sirende conto della decisione precipitosa e si pente).Quante volte il lettore nella sua vita si comportatoallo stesso modo! Virgilio si presenta e si mette sbi-to a fare il profeta: la lupa non ha mai lasciato passa-re anima viva e render infelici molte genti, finchnon arriver il Veltro ad ucciderla. Non pu passaredi l. Deve percorrere una strada molto pi lunga, per

    tornare a casa. Cos Dante accetta diniziare un viag-gio che si annuncia difficile e pauroso.10.1. Gli altri canti sono costruiti allo stesso modo. Illettore non ha mai un momento di tregua e mai unmomento di noia. I canti per sono sempre pressanti

    e mai noiosi, ma in modo sempre diverso. Cambianopersonaggi, argomenti trattati, linguaggio, compor-tamento di Dante o di Virgilio, ora sono accesi orasono tranquilli; ora nel loro interno hanno parti acce-se e parti tranquille; ora hanno una conclusione oraterminano in modo secco ecc. Se fossero tutti mo-vimentati e interessanti allo stesso modo, divente-rebbero noiosi a livello di meta-canto. Il poeta evitacostantemente questo rischio. Per indicare questa si-

    tuazione di estrema diversit e di estrema variet,servirebbe una terminologia adatta, ad esempio unapreposizione come iper o ultrada anteporre ai ter-mini: iper-vario, iper-coinvolgente.10.2. Anche le parole, i versi e le terzine sono coin-volte in questo processo estremo di coinvolgimentoe di attrazione del lettore. Sono sovra-densi: con-tengono pi riferiemnti e pi stratificazioni, e nellostesso tempo coinvolgono la mente e la memoria dellettore. Il protagonista molteplice. Anche i deutera-gonisti lo sono. La vita presentata come viaggio(eil lettore ha esperienza di viaggi, perci la sua me-

    moria attivata), la vita del protagonista richiama lavita umana, si presenta sbito una situazione di peri-colo ecc. Il processo di identificazione tra lettore eprotagonista inizia fin dal primo verso: Nel mezzodel cammin di nostravita10. Vale la pena di notare anche due figure retoricheparticolari: a) le similitudini del naufrago (vv. 22-24) e dellavaro (vv. 55-57); e la sinestesia l dovel sol tace, che unisce vista e udito (v. 60). Unaltrasinestesia si trova in If V, 28: come dogne lucemuto. Il linguaggio retorico non mai fine a sestesso, usato per valorizzare e accentuare le situa-zioni a cui si riferisce. Il lettore non deve leggere iltesto e dire razionalmente: Questa una sinestesiao una similitudine o una metafora. Deve identifi-carsi nella situazione del poeta e pensare di essere unnaufrago o un avaro o quel che la figura retorica in-dica. Se non lo fa, pone un diaframma tra se stesso eil testo.

    La struttura del canto semplice: 1) il poeta siperde in una selva oscura (simbolo del peccato); 2)cerca di raggiungere la cima del dilettoso monte; ma3) impedito da tre fiere (una lonza, un leone e unalupa), che lo ricacciano nella selva; 4) gli appare il

    poeta latino Virgilio, che gli preannunzia lavventodel Veltro, che caccer la lupa nellinferno, e che 5)gli indica unaltra strada, attraverso i tre regnidelloltretomba, per uscire dalla selva; 6) il poeta ac-cetta di seguirlo e i due si mettono in cammino.

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    Canto II

    Lo giorno se nandava, e laere brunotoglieva li animai che sono in terrada le fatiche loro; e io sol uno

    1

    mapparecchiava a sostener la guerras del cammino e s de la pietate,che ritrarr la mente che non erra.

    4

    O muse, o alto ingegno, or maiutate;o mente che scrivesti ci chio vidi,qui si parr la tua nobilitate.

    7

    Io cominciai: Poeta che mi guidi,guarda la mia virt sell possente,prima cha lalto passo tu mi fidi.

    10

    Tu dici che di Silvio il parente,corruttibile ancora, ad immortalesecolo and, e fu sensibilmente.

    13

    Per, se lavversario dogne malecortese i fu, pensando lalto effettochuscir dovea di lui e l chi e l quale,

    16

    non pare indegno ad omo dintelletto;

    che fu de lalma Roma e di suo imperone lempireo ciel per padre eletto:

    19

    la quale e l quale, a voler dir lo vero,fu stabilita per lo loco santou siede il successor del maggior Piero.

    22

    Per questandata onde li dai tu vanto,intese cose che furon cagionedi sua vittoria e del papale ammanto.

    25

    Andovvi poi lo Vas delezione,per recarne conforto a quella fedech principio a la via di salvazione.

    28

    Ma io perch venirvi? o chi l concede?

    Io non Enea, io non Paulo sono:me degno a ci n io n altri l crede.

    31

    Per che, se del venire io mabbandono,temo che la venuta non sia folle.Se savio; intendi me chi non ragiono.

    34

    E qual quei che disvuol ci che vollee per novi pensier cangia proposta,s che dal cominciar tutto si tolle,

    37

    tal mi fecio n quella oscura costa,perch, pensando, consumai la mpresache fu nel cominciar cotanto tosta.

    40

    Si ho ben la parola tua intesa,rispuose del magnanimo quellombra;lanima tua da viltade offesa;

    43

    la qual molte fiate lomo ingombras che donrata impresa lo rivolve,come falso veder bestia quandombra.

    46

    Da questa tema acci che tu ti solve,dirotti perchio venni e quel chio ntesinel primo punto che di te mi dolve.

    49

    Io era tra color che son sospesi,e donna mi chiam beata e bella,tal che di comandare io la richiesi.

    52

    Lucevan li occhi suoi pi che la stella;e cominciommi a dir soave e piana,

    con angelica voce, in sua favella:

    55

    O anima cortese mantoana,di cui la fama ancor nel mondo dura,e durer quanto l mondo lontana,

    58

    1. Il giorno se nandava e laria bruna toglieva dalleloro fatiche gli esseri viventi che sono sulla terra.Soltanto io 4. mi preparavo a sostener la guerra siadel cammino sia delle visioni angosciose, che riferirla mente che non erra. 7. O muse, o alto ingegno, oraaiuttemi. O memoria che scrivesti ci che vidi, quiapparir il tuo valore. 10. Io cominciai: O poeta che

    mi guidi, guarda se le mie capacit sono sufficienti,prima che tu mi faccia iniziare questarduo viaggio.13. Tu dici che il padre di Silvio (=Enea) [mentreera] ancora in vita and nei regni eterni e vi andcon tutti i sensi (=con il corpo). 16. Perci, selavversario di ogni male (= Dio) fu cortese con lui,qualora si pensi alle straordinarie conseguenze chedovevano procedere da lui, chi [egli era] e le qualit[che aveva], non appare indegno (=risulta compren-sibile) per un uomo capace di pensare. 19. Egli fuscelto nellempreo come padre di Roma e dellim-pero. 22. A loro volta Roma e limpero furono costi-

    tuiti per diventar il luogo santo ove siede il successo-re del maggior Pietro (=la sede papale). 25. In questadiscesa, per la quale tu lo celebri, ascolt cose chegli permisero di vincere e che portarono alla sedepapale. 28. Vi and poi il Vaso delezione (=san Pa-olo), per portare [dalloltretomba] un sostegno aquella fede, con cui inizia la via della salvezza. 31.Ma io perch debbo venirvi? E chi lo permette? Ionon sono Enea, non sono Paolo: n io n altri mi ri-tiene degno di questimpresa. 34. Perci io, se deci-do [sconsideratamente] di venire, temo di commette-re una follia. Tu sei saggio e capisci meglio di quan-to io dico. 37. E come colui che non vuole pi ciche prima voleva e per nuovi pensieri cambia propo-sito, tanto che non incomincia pi; 40. cos mi feciio su quella pendice ormai oscura, perch, rifletten-do sulle difficolt, gi ponevo termine a quel viag-gio, che ero stato cos precipitoso ad intraprendere.43. Se ho ben capito le tue parole rispose lombradi quel grande, la tua anima offesa da vilt, 46. laquale molte volte impedisce luomo, cos che lo di-stoglie da unimpresa onorata, come una cosa falsa-mente vista [fa volgere indietro] una bestia, quandopiglia spavento. 49. Per liberarti da questo timore, tidir perch venni e che cosa ascoltai nel primo mo-

    mento che provai dolore per te. 52. Io ero fra coloroche sono sospesi fra la salvezza e la dannazione(=nel limbo) e mi chiam una donna tanto beata ebella, che io la pregai di comandarmi. 55. I suoi oc-chi brillavano pi delle stelle e cominci a parlaresoave e piana, con voce angelica, nella sua lingua:58. O nobile anima mantovana, la cui fama duraancora nel mondo e durer a lungo quanto durer ilmondo,

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    lamico mio, e non de la ventura,ne la diserta piaggia impeditos nel cammin, che volt per paura;

    61

    e temo che non sia gi s smarrito,chio mi sia tardi al soccorso levata,per quel chi ho di lui nel cielo udito.

    64

    Or movi, e con la tua parola ornatae con ci cha mestieri al suo camparelaiuta, s chi ne sia consolata.

    67

    I son Beatrice che ti faccio andare;vegno del loco ove tornar disio;amor mi mosse, che mi fa parlare.

    70

    Quando sar dinanzi al segnor mio,di te mi loder sovente a lui.Tacette allora, e poi comincia io:

    73

    O donna di virt, sola per cuilumana spezie eccede ogne contentodi quel ciel cha minor li cerchi sui,

    76

    tanto maggrada il tuo comandamento,che lubidir, se gi fosse, m tardi;pi non t uo chaprirmi il tuo talento.

    79

    Ma dimmi la cagion che non ti guardide lo scender qua giuso in questo centrode lampio loco ove tornar tu ardi.

    82

    Da che tu vuo saver cotanto a dentro,dirotti brievemente, mi rispuose,perchio non temo di venir qua entro.

    85

    Temer si dee di sole quelle cosechanno potenza di fare altrui male;de laltre no, ch non son paurose.

    88

    I son fatta da Dio, sua merc, tale,che la vostra miseria non mi tange,n fiamma desto incendio non massale.

    91

    Donna gentil nel ciel che si compiangedi questo mpedimento ovio ti mando,s che duro giudicio l s frange.

    94

    Questa chiese Lucia in suo dimandoe disse: Or ha bisogno il tuo fedeledi te, e io a te lo raccomando .

    97

    Lucia, nimica di ciascun crudele,si mosse, e venne al loco dovi era,che mi sedea con lantica Rachele.

    100

    Disse: Beatrice, loda di Dio vera,ch non soccorri quei che tam tanto,chusc per te de la volgare schiera?

    103

    non odi tu la pieta del suo pianto?

    non vedi tu la morte che l combattesu la fiumana ove l mar non ha vanto?

    106

    Al mondo non fur mai persone rattea far lor pro o a fuggir lor danno,comio, dopo cotai parole fatte,

    109

    venni qua gi del mio beato scanno,fidandomi del tuo parlare onesto,chonora te e quei chudito lhanno.

    112

    Poscia che mebbe ragionato questo,li occhi lucenti lagrimando volse;per che mi fece del venir pi presto;

    115

    e venni a te cos comella volse;

    dinanzi a quella fiera ti levaiche del bel monte il corto andar ti tolse.

    118

    61. lamico mio, e non della fortuna (=lamico sin-cero e non di un momento), sul pendo deserto [diun colle] cos impedito nel cammino, che per lapaura si voltato indietro. 64. E temo che si sia gicos perso danimo, che io mi sia mossa troppo tardia soccorrerlo, per quel che io ho udito di lui in cielo.67. Ora va e aitalo con le tue parole suadenti e conci che serve alla sua salvezza, cos che io ne siaconsolata. 70. Io, che ti faccio andare, sono Beatrice

    e vengo dal luogo in cui desidero tornare. Lamore,che ora mi fa parlare, mi mosse fino a te. 73. Quan-do sar davanti al mio Signore (=Dio), ti loderspesso [per quel che farai]. Poi tacque. Io cos lerisposi: 76. O donna piena di quella virt (=la fedee la teologia), che permette alluomo di superare o-gni essere contenuto in quel cielo che compie i giripi piccoli (=il cielo della Luna), 79. il tuo comandomi tanto gradito, che lubbidirti, se gi fosse attua-to, sarebbe lento. Non devi far altro che esprimermi ituoi desideri. 82. Ma dimmi perch non temi discendere quaggi (=nel limbo), in questo centro

    (=linferno) dellampio luogo (=lempreo), in cuidesideri intensamente tornare. 85. Poich tu vuoisapere le cose tanto a fondo mi rispose, ti dirbrevemente perch non temo di venire qui dentro.88. Si devono temere solamente quelle cose che so-no capaci di farci del male, non le altre, che percinon fanno paura. 91. Dio per la sua grazia mi ha fat-to tale, che la vostra infelicit non mi commuove, nil fuoco di questo incendio mi reca danno. 94. In cie-lo una donna gentile (=la Vergine Maria) ha com-passione di questo impedimento (=la lupa) dove (=atogliere il quale) io ti mando, cos lass ella spezza ilsevero giudizio divino. 97. Questa si rivolse a Luciae disse: Il tuo devoto ha ora bisogno di te. Io te loraccomando . 100. Lucia, nemica di ogni crudelt,si mosse e venne al luogo in cui sedevo con lanticaRachele. 103. Disse: O Beatrice, vera lode di Dio,perch non soccorri colui che ti am tanto e che, peraver amato te, usc fuori della schiera del volgo?106. Non odi langoscia delle sue lacrime? Non vedila lotta mortale che combatte nella selva oscura, pipericolosa del mare? . 109. Al mondo non ci furo-no mai persone cos veloci a cercare il proprio utileo a schivare il proprio danno, come [fui veloce] iodopo che mi furono dette tali parole. 112. Venni

    quaggi (=nel limbo) dal mio beato seggio, confi-dando nella tua parola sapiente, che onora te e chilascolta. 115. Dopo che mi ebbe dette queste paro-le, volse gli occhi lucenti pieni di lacrime, perci mifeci pi rapido nel venire. 118. Venni da te, comeella volle, e ti sottrassi al pericolo di quella fiera, chetimped il cammino pi breve verso il bel monte.

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    Dunque: che ? perch, perch restai?perch tanta vilt nel core allette?perch ardire e franchezza non hai?

    121

    poscia che tai tre donne benedettecuran di te ne la corte del cielo,e l mio parlar tanto ben ti promette?.

    124

    Quali fioretti dal notturno gelochinati e chiusi, poi che l sol li mbiancasi drizzan tutti aperti in loro stelo,

    127

    tal mi fecio di mia virtude stanca,e tanto buono ardire al cor mi corse,chi cominciai come persona franca:

    130

    Oh pietosa colei che mi soccorse!e te cortese chubidisti tostoa le vere parole che ti porse!

    133

    Tu mhai con disiderio il cor dispostos al venir con le parole tue,chi son tornato nel primo proposto.

    136

    Or va, chun sol volere dambedue:tu duca, tu segnore, e tu maestro.Cos li dissi; e poi che mosso fue,

    139

    intrai per lo cammino alto e silvestro. 142

    121. Dunque, che c? Perch, perch ti fermi? Per-ch accogli nel tuo cuore tanta vilt? Perch non haicoraggio n sicurezza 124. dopo che tre donne bene-dette si curan di te nella corte celeste e dopo che lemie parole ti promettono un bene cos grande? 127.Come i fiorellini [di campo], chinti e richiusi per ilgelo notturno, dopo che il sole li illumina, si alzanotutti aperti sul loro stelo, 130. tale mi feci io con ilmio ardore stanco; e tanto il buon ardire mi corse

    per il cuore, che cominciai come una persona sicura:133. O pietosa colei che mi soccorse e cortese tuche ubbidisti sbito alle parole veritiere che ti disse!136. Tu con le tue parole mi hai fatto provare un taledesiderio di venire, che son tornato nel primo propo-sito. 139. Ora va, perch una volont sola in en-trambi: tu sei la mia guida, tu il signore, tu il mae-stro. Cos gli dissi. E, dopo che si mosse, 142.minoltrai per il cammino aspro e selvaggio.

    I personaggiLa Vergine Maria la Madre di Ges Cristo.Dallempreo, il cielo fiammeggianteo luminosose-de di Dio e dei beati, vede il poeta in pericolo e consollecitudine pensa ad aiutarlo. Ad essa il fedele sirivolge di preferenza, affinch interceda per lui pres-so il Figlio, ed il Figlio opinione comune nonpu dire di no alla Madre. Il suo culto sorge e si svi-luppa nel Medio Evo. Nel corso del poema Dante ri-propone pi volte lidea della Vergine Maria come dicolei che intercede per gli uomini presso Dio e rendepi facile lottenimento della grazia richiesta. In PdXXXIII, 40-45, essa intercede per lo stesso poeta,che desidera vedere Dio.Lucia (sec. IV d.C.) una santa di Siracusa, marti-rizzata ed accecata a causa della sua conversione alcristianesimo. Diventa la protettrice di coloro chehanno problemi alla vista e che perci si rivolgono alei. Nel Medio Evo i santi diventano protettori spe-cializzati delle varie malattie di cui erano afflitti i lo-ro devoti. Il personaggio ricompare in PgIX, 52-63 ePdXXXII, 137-138.

    Rachele, un personaggio della Bibbia, moglie di

    Giacobbe (Gn29, 16 sgg.). Nel Medio Evo rappre-senta la vita contemplativa in contrapposizione allavita attiva. Beatrice vicina a Rachele perch la teo-logia simile alla contemplazione.Beatrice di Folco Portinari (1266-1290), che nel1267 sposa Simone de Bardi, la donna a cui Dantededica la Vita nova (1292-93), una specie di diario incui il poeta parla del suo rinnovamento spiritualeprovocato dallamore verso di lei. Dopo la morte del-la donna Dante ha una crisi spirituale, da cui lamicoGuido Cavalcanti cerca di farlo uscire e di cui ella lorimprovera quando egli la incontra nel paradiso terre-

    stre (PgXXX, 55-57). Nel poema diventa il simbolodella fede e della teologia, perci essa, non pi Virgi-lio, sar destinata a guidare il poeta nel viaggio attra-verso il paradiso.

    Enea, figlio di Anchise e della dea Venere, il pro-tagonista dellEneide, lopera pi importante scrittada P. Virgilio Marone (70-19 a.C.), per celebrareRoma e lImpero di Augusto. Con i suoi compagnidi fuga lascia la citt di Troia in fiamme e va alla ri-cerca di una nuova patria. Giunge a Cartagine, dovela regina sinnamora di lui; poi in Campania, dovediscende negli inferi, per incontrare lombra del pa-dre Anchise; infine sbarca nel Lazio, la nuova patriache gli dei hanno stabilito per lui. Qui per devescontrarsi con le popolazioni locali, che sconfigge. Ilmatrimonio con Lavinia, figlia di Latino, re del La-zio (ma di antica ascendenza troiana), sancisce la fu-sione tra vincitori e vinti. Dalla sua discendenza sa-rebbero usciti Romolo e Remo, i fondatori di Roma(753 a.C.), e poi la gens Iulia, la famiglia romanache avrebbe dato C. Giulio Cesare, il fondatoredellImpero. Con questopera Virgilio si propone dicelebrare Ottaviano Augusto, che riesce a dare unlungo periodo di pace allImpero.Silvio figlio di Enea e di Lavinia.Paolo (Tarso 5/15 d.C.-Roma 64/67), ex persecuto-

    re della nuova religione, uno dei primi romani chesi convertono al cristianesimo. Ha unaccurata for-mazione rabbinica e farisaica e diventa il maggioreorganizzatore delle prime comunit cristiane, a cuiinvia numerose lettere. In una di queste dice che Diolo ha sollevato sino al terzo cielo, non sa dire se sol-tanto in anima o anche con il corpo (2 Cor12, 2-4).Dante lo chiama Vaso delezione, cio vaso prescel-to da Dio, in quanto ripieno dei doni dello SpiritoSanto. In Pd XXI, 127-128, lo chiama ancora ilgran vasello dello Spirito Santo.

    Commento1. Dante ricorre ad un nuovo espediente letterario, ildubbioe lincertezza, a cui seguono il rimproveroelincoraggiamento della guida, e quindi il ritornoalla primitivadecisione. Grazie a questo espediente

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    egli pu: a) confrontarsi con gli altri personaggi cheprima di lui hanno compiuto il viaggio nelloltretom-ba (Enea e san Paolo); e b) chiarire il significato delsuo viaggio (Enea ha reso possibile la nascitadellImpero; san Paolo ha portato dalloltretomba leprove per la fede; Dante indica profeticamente allu-manit errante la via della salvezza). In questo modod unidea concreta dellimportanza del viaggio. Daparte sua il lettore coinvolto e d il suo contributo,

    perch sa che dopo il peccato originale luomo nonpu salvarsi da solo e che deve contare sulle due isti-tuzioni la Chiesa e lImpero che Dio ha suscitatoper portarlo alla felicit terrena ed ultraterrena. Ilpoeta sempre attento ai problemi del linguaggio (isensi delle scritture, le tecniche della retorica, le tec-niche della narrativa), ma anche alla specifica culturadei suoi lettori. E a quella cultura egli si propone diparlare e riesce effettivamente a parlare.1.1. Il senso del viaggio per non indicato subito.Anzi la risposta di Virgilio fuorviante: in cielo tredonne proteggono il poeta, perci egli non deve ave-

    re paura di intraprendere il viaggio. Il lettore attentosi accorge che Virgilio non risponde. Forse non sa oforse non vuol dire la risposta. Forse non si eranemmeno posto la domanda, affascinato dalla bellez-za di Beatrice. Con questa mancata risposta Dantescrittore prepara un altro filo del poema e unaltratrappola per il lettore: nel corso del viaggio al poetaverranno fatte delle profezie, che saranno spigate daBeatrice, la quale spiegher anche il senso del viag-gio. Ma poi le cose andranno diversamente nellin-contro con Beatrice (PgXXX) e anche nella spiega-zione delle profezie (PdXVII).2. Il dubbio, lincertezza sono anche ostacoli inquesto caso ostacoli interni al personaggio , cherendono difficile il viaggio e perci meritevole losforzo del protagonista. La paura diniziare il viag-gio psicologicamente motivata: il protagonista evitale tre fiere, ma si mette in unimpresa lunga e perico-losa. E si accorge dei pericoli che lo aspettano nonsul momento, ma sbito dopo, quando riflette fred-damente e non pi sotto leffetto dello spaventoprovocato dalle tre fiere. Cos Virgilio pu rimprove-rarlo di vilt, pu rassicurarlo parlandogli delle tredonne che in cielo lo proteggono, e infine pu farloritornare nellantico proposito. La paura per per-

    mette allo scrittore di avere un momento di pausa permostrare al lettore le difficolt dellimpresa che ilprotagonista sta iniziando. Nel corso del viaggio poici saranno altri ostacoli ostacoli esterni , molto pigravi, che renderanno doloroso il cammino. Il prota-gonista deve conquistarsi la vittoria superando tuttigli ostacoli che incontra; e deve pagare con la fatica econ langoscia lesperienza straordinaria che sta fa-cendo. Ma non sar mai pi solo, perch ha catturatoun compagno di viaggio: il lettore ormai divenutola sua ombrae lo sar sino alla fine del viaggio.3. Il viaggio avviene nel tempo e presenta tutte le ca-

    ratteristiche della verosimiglianza: ha un inizio, unadurata e una conclusione; i giorni passano normal-mente ( notte, sorge lalba, mezzogiorno, pome-riggio, sera). Esso accompagnato da presagi orafavorevoli ora sfavorevoli. In If I, 37-42, il poeta a-

    veva detto che era primavera (e ci lo faceva sperarebene), quando si perde nella selva oscura; ora preci-sa che sta scendendo la sera e tutti gli esseri viventisi preparano al riposo, mentre egli si prepara ad ini-ziare il viaggio drammatico nelloltretomba (vv. 1-6). Per tutto il poema il lettore incontra indicazionitemporali, che pu raccogliere e organizzare e cherendono il viaggio pi realistico. Il viaggio allinfer-no dura un giorno (da venerd santo 8 aprile di sera

    fino a sabato santo 9 aprile tra le 16.00 e le 18.00),quello in purgatorio quattro giorni e mezzo (da Do-menica di Pasqua 10 aprile allalba fino a mercoled13 aprile verso mezzogiorno), quello in paradiso ungiorno e mezzo (da mercoled 13 aprile a mezzo-giorno fino alla sera dello stesso 13 aprile), per untotale di sette giorni, i giorni della creazione. Il poetasi era perso nella selva oscura gioved notte 7 aprilee per un giorno aveva vagato nel tentativo di uscirne.La raccolta di queste indicazioni temporali deve perservire alla memoria, per facilitare la memorizzazio-ne, non per altri scopi. Dante non un cronista del

    suo viaggio e il lettore non deve farsi cronista al po-sto dello scrittore o del protagonista.3.1. Vale la pena di chiedersi: perch i commenti e icritici si sprecano nel discutere se il viaggio inizia-to un giorno o un altro, nel 1300 o nel 1301, selanonimo fiorentino questo o quel suicida ecc.;insomma perch si sono sprecati a chiarire problemiche non si potevano chiarire o termini di secondariaimportanza, in quanto non aggiungevano n toglie-vano alcunch al poema. La risposta anche sempli-ce: si affrontano i problemi che si vedono, che nor-malmente sono i problemi pi semplici; si usa la po-ca cultura che si ha; e non si ha il coraggio di mette-re in discussione il tipo di lettura iniziato dai primicommentatori. In realt il poema dantesco ha valoreper le questioni complesse che presenta, e verso diesse il critico dovrebbe innalzarsi e impiegare le sueenergie, anzich abbassare lopera alla sua modestacultura.4. Nel dialogo tra i due poeti fanno la loro comparsaiprotettoridi Dante: la Vergine Maria, Lucia e Bea-trice. Essi lo hanno visto in pericolo ed accorrono insuo aiuto. Non lo fanno direttamente ( poco deco-roso): mandano un loro aiutante, Virgilio, che ac-corre sbito. I protettori sono ben tre (in genere c

    un protettore e un avversario, ad esempio langelocustode e il diavolo custode) e sono tre donne, legatetra loro da una scala gerarchica: il protettore divino(la Vergine Maria, a cui il poeta devoto, perch in-tercede per gli uomini presso il Figlio), quellosemidivino (santa Lucia, a cui devoto, perch pro-tegge la vista) e quello umano (Beatrice, che ha ama-to e dalla quale stato indirizzato verso la vita spiri-tuale). I protettori indicano anche i tre tipi diversi digrazia (preveniente, illuminante e cooperante), di cuiluomo ha bisogno per salvarsi.5. Le tre donne del cielo (la Vergine Maria, Lucia e

    Beatrice) sono donne stilnovistiche: esse vivono inparadiso e si preoccupano del loro fedele (le primedue) o dellinnamorato (la terza). Gli occhi di Bea-trice splendevano pi delle stelle (v. 55). Esse sipropongono di riportare Dante sulla strada della sal-

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    vezza, ostacolata dalle tre fiere. Beatrice per diventacompletamente diversa quando il poeta la incontraforse sei anni dopo in Pg XXX: ha perso i caratteristilnovistici ed divenuta una donna del cielo, inten-samente preoccupata per le sorti della Chiesa. Lostesso vale per la Vergine Maria, che egli incontraprima in Pd XXIII, poi in Pd XXXIII in un maresfolgorante di luce. In pochi anni la maturazione poe-tica stata sbalorditiva.

    5.1. Anche Francesca da Polenta una donna stilno-vistica, peraltro inserita in un contesto ben pi com-plesso e articolato (IfV). Ma poi Dante sapr tratteg-giare figure di donne che non saranno pi legateallesperienza letteraria giovanile: Pia de Tolomei(Pg V), Sapa da Siena (Pg XIII), Matelda (PgXXVIII), Beatrice (PgXXX), Piccarda Donati e Co-stanza dAltavilla (Pd III), la Vergine Maria (PdXXXIII). E che si sprofondano nella realt: la prosti-tuta Taide (If XVIII), Mirra (IfXXX), la femminabalba (PgXIX), la puttana sciolta che rappresentala Chiesa (Pg XXXIII), la ninfomane Cunizza da

    Romano e la prostituta Raab (PdIX).5.2. Dante scrittore pone avanti le mani e informasbito il lettore che nel poema ci sono anche delledonne. Qui ne indica ben tre, ma tante altre seguiran-no! Il lettore, che si preso un bello spavento quandoDante ha incontrato e ha chiesto aiuto a un morto, oratira un sospiro di sollievo e pensa alle donne prossi-me venture. Nella mente del lettore donnasignificadue cose: amoree sesso. Beatrice simbolo della teo-logia razionale un lapsus calamio una licenza poe-tica. Il romanzo promette bene, la lettura dunque nonsar affatto tediosa6. Il discorso con cui Virgilio cerca di persuadereDante a ritornare nel primitivo proposito costruitocon grande abilit retorica: incomincia con un asprorimprovero (la tua anima offesa da vilt...), sisviluppa in un racconto coinvolgente (Ero nel limboe venne da me Beatrice, a pregarmi di venire in tuoaiuto. La Vergine Maria ti ha visto in pericolo e si rivolta a Lucia...), si conclude con una domanda cheammette ununica risposta (Se in cielo hai tre donneche ti proteggono, perch ti fermi? Perch ascolti lavilt?). Dante si persuade e ritorna nel primo propo-sito. Un altro discorso persuasivo, particolarmenteintenso, quello che Ulisse fa ai suoi compagni:

    Fratelli, ormai siamo vecchi, togliamoci la soddisfa-zione di esplorare il mondo disabitato. Non siamonati per vivere come gli animali privi di ragione, maper dimostrare le nostre capacit e per conoscere ilmondo disabitato (IfXXV, 112-120).7. Il giorno stava tramontando e laria bruna, cio chestava divenendo oscura, toglieva dalle loro fatichegli esseri viventi. Soltanto il poeta si preparava a so-stenere la guerra (=la fatica e il peso) sia del cammi-no sia delle visioni angosciose, che poi la sua buonamemoria riferir. Dante si ricorda di Virgilio, Eneide,IX, 224-225. Non una buona idea iniziare un viag-

    gio di sera, dopo aver passato un giorno senza farniente. Normalmente si preferisce il primo mattino.Ma la situazione assolutamente straordinaria, comela guida, un poeta defunto da 1.319 anni, come il vi-aggio nei tre regni delloltretomba.

    7.1. La sera con cui inizia il viaggio preannunzia tra-vagli ed ben diversa da unaltra sera, piena di no-stalgia e di malinconia, di qualche giorno dopo: Eragi lora che volge il desiderio ai naviganti ed inte-nerisce il cuore nel giorno in cui han detto addio agliamici pi cari; lora che punge damore per la pro-pria terra il pellegrino novello, se di lontano ode unacampana, che sembri piangere il giorno che muore(Pg VIII, 1-6). Questa sera la sera del pellegrino,

    che partito la mattina da casa e che vorrebbe giessere di ritorno. Ma anche la sera dellesule, chevorrebbe tornare in patria, ma non pu farlo.8. Dante riconosce che Virgilio stato per lui guida,signore e maestro (v. 141). In tal modo ribadiscequanto aveva gi detto in If I, 79-87. La presenzadelle opere del poeta latino, soprattutto dellEneide, massiccia in tutte e tre le cantiche. Ma gli aspettipi interessanti sono che egli diventa guida perlinferno e per il purgatorio, che stabilisce un rappor-to complesso con il poeta, che simbolo della ra-gione e che come la ragione presenta incertezze e

    limiti. Ci appare soprattutto nella seconda cantica.Svolto il suo compito, se ne va alla chetichella senzadisturbare e senza chiedere ringraziamenti (PgXXX,43-51). Daltra parte egli, come simbolo della ragio-ne, non pu incontrare Beatrice, simbolo della fede edella teologia Egli ha quindi una complessit psico-logica e narrativa non minore di quella del protago-nista.8.1. Questa non sar la prima volta che Virgilio rim-provera il poeta. Lo far anche in IfXXX. Ma am-bedue i poeti si sentono rimproverati dalle parole iCatone, che invita le anime purganti ad andare a far-si belle (PgII). Casella, amico di Dante, aveva into-nato una canzone cos dolce, che aveva fatto dimen-ticare alle anime lespiazione delle pene e il viaggioai due poeti.9. Dante dice a Virgilio: Io non sono Enea, non so-no Paolo, non devo svolgere alcuna funzione impor-tante come la loro. Per di pi non mi sentoallaltezza del viaggio. Virgilio risponde che in cie-lo tre donne si sono attivate per lui. Ma non rispondecompletamente alla domanda del poeta, che avevainsistito sul carattere eccezionale del viaggio (egliera il terzodopo Enea e Paolo). La risposta sar datamolti canti dopo, in PdXVII, 106-142, e sar una

    delle tante sorprese che lo scrittore riserva a chi leg-ge: il trisavolo Cacciaguida dice al poeta che il viag-gio nelloltretomba voluto da Dio e che egli ha unamissione da compiere, riportare sulla via del benelumanit errante nel peccato.9.1. La domanda di Dante (vv. 10-38) formulatacon grande cura retorica ed ha un forte impatto emo-tivo. Ha una struttura argomentativa che si sviluppain diversi momenti: una richiesta di giudizio (vv. 10-12), una premessa (vv. 13-30), la domanda conse-guente (vv. 31-33), una conclusione che si riallacciaalla richiesta iniziale (vv. 34-36). Il materiale grez-

    zo stato esposto in modo lineare e distribuito orga-nicamente in vari momenti. Chi parla dimostra diaver capito il problema e di saperlo esporre in modochiaro ed efficace.

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    9.2. La risposta di Virgilio ugualmente curata: unrimprovero (vv. 43-51), una spiegazione che si di-spiega in un lungo racconto (vv. 52-120), una con-clusione (vv. 121-126). A cui seguono gli effetti:come i fiorellini di campo sotto il sole, cos il poetaritorna nel primo proposito e i due iniziano il viag-gio. Il tema della vilt poi ripreso nel canto succes-sivo, dove ha grande importanza (IfII, 46-69). Il con-trasto tra il comportamento di Dante e quello degli

    ignavi rende pi eroico il comportamento del poetaagli occhi del lettore.9.3. I momenti pi alti di questo linguaggio retorica-mente accurato sono forse il breve discorso di Ulisseai suoi compagni davanti alle colonne dErcole (IfXVI, 112-126), linvettiva di Dante allItalia (PgVI,76-151) e la preghiera di san Bernardo alla Vergine(PdXXXIII, 1-39).10. Il viaggio di Dante nelloltretomba pi impor-tante di quello dei suoi due predecessori: Enea va ne-gli inferi ad interrogare il padre Anchise, perch dallasua discendenza sarebbe nato limpero. Paolo arriva

    soltanto fino al terzo cielo ed ha lo scopo di portareargomenti a sostegno della fede. Il poeta invece ha loscopo ben pi grande e gravoso di visitare i tre regnidelloltretomba per salvare lumanit errante e perriportarla sulla via del bene. In questa direzione ope-rano anche il Veltro (If I, 100-111), una figura reli-giosa, e il DUX (PgXXXIII, 40-45), una figura poli-tica. Dante invece il laico che d il suo contributo eche sopra le parti: non coinvolto nella nullitdellimperatore n con la rissosit dei prncipi italiani(Pg VI, 76-87). Si anche allontanato dai guelfibianchi per far parte soltanto con se stesso (PdXVII,61-69). Non coinvolto neanche con la corruzione econ la simonia, che da secoli ha irretito il potere ec-clesiastico. Perci il suo grido, che colpir soprattuttoin alto, avr un maggiore credito (Pd XVII, 133-142). In questo modo egli non invade n il potere po-litico n il potere religioso, di cui aveva condannatopi volte la sovrapposizione. E trova il modo di sti-molare verso il rinnovamento luno e laltro, propo-nendosi come laico o come intellettuale a cui stannoa cuore le sorti dellumanit.11. Sul piano narrativo Dante applica e sovrapponedue soluzioni: a) svolge un discorso dentro un altro;e b) ricorre al discorso in medias res.

    11.1. Al poeta che si perso nella selva Virgilio rife-risce il discorso che ha avuto con Beatrice nel limbo.Ma a sua volta Beatrice riferisce a Virgilio nel limboil discorso che si svolto in cielo tra la Vergine Ma-ria, Lucia e lei. Si tratta quindi dellapplicazione delprincipio delle scatole cinesio della matrioska. Oltrea ci lo scrittore mette in scena laparte femminiledelcielo: le chiacchiere, i consigli e le decisioni di tredonne, e il lettore che avidamente ascolta i pettego-lezzi. Nel sguito Virgilio sostituito dallo stessoDante (IfXXX, 130-135): davanti a Dante che, esta-siato, si ferma ad origliare (v. 130), il poeta latino ha

    un improvviso e violentissimo attacco di bile o dira(vv. 131-135). Anche la ragione perde le staffe.11.2. Per non annoiare il lettore, per rendere pi av-vincente la trama, lo scrittore ha iniziato il raccontocon il protagonista in pericolo (IfI); poi, in un secon-

    do momento, ha raccontato che cosa succedeva con-temporaneamente (If II). Insomma ritornato indie-tro con la narrazione. La tecnica, indicata conlespressione latina in medias res (nel mezzo dellecose, cio nel mezzo dei fatti, nelmezzo del raccon-to), era gi nota (chi conosce soltanto linglese pudire flash back). Egli per non laccoglie passiva-mente, vintroduce linnovazione. Non racconta co-me il protagonista si messo in pericolo (anzi questi

    dice che non sa com finito nella selva oscura).Racconta come i protettori intervengono per fare u-scire il protagonista dal pericolo. Il risultato di tuttequeste operazioni che il protagonista incontra e facoppia con il deuteragonista.11.3. Il precedente pi significativo di flash back lOdissea: Ulisse racconta ai feaci le peripezie pre-cedenti (dallinganno del cavallo che ha permesso diabbattere Troia dopo dieci anni di inutile assedio allaprigione dorata presso la ninfa Calipso che si era in-namorata di lui, dalla partenza dallisola per ordinedi Zeus al naufragio nellisola dei feaci), i feaci gli

    danno una nave con cui riprende il viaggio. Da quelpoco che sa, Dante percepisce la grandezza di Ome-ro e giustamente ne fa il pi grande dei poeti (IfIV,88).11.4. Grazie alflash backil tempo del romanzo vie-ne movimentato e non riproduce pi supinamente iltempo della realt, che un tempo lineare, fatto dimomenti successivi. Il lettore quindi viene a cono-scere iprecedentidel presente, si incuriosice e vuolesapere come la storia si svilupepr nel futuro e comeavr fine. E legge lopera fino alla conclusione.12. Beatrice dice: lamico mio, e non de la ventu-ra (v. 61), cio colui che ha amato me in modosincero e non in modo occasionale, per motiviinteressati. E pi sotto ribadisce il giudizio riferen-do le parole di Lucia: Beatrice, loda di Dio vera,Ch non soccorri quei che tam tanto, Chusc perte de la volgare schiera? (vv. 103-105). vero ofalso il giudizio su Dante? Se si va a vedere comenel paradiso terrestre la donna accoglie il poeta, siresta perplessi (PgXXX, 73-75). In realt la situa-zione complessa: a) la donna non sta facendo undiscorso veritiero, ma un discorso persuasorio, per-ch deve ottenere laiuto di Virgilio; b) non deverendere conto a Virgilio dei suoi rapporti con il poe-

    ta, cos fornisce quella parte di verit che d impor-tanza a lei e al suo seguace (amando me, Dante uscito dalla schiera degli altri poeti, cio divenutoun personaggio ragguardevole, che vale la pena diaiutare). E Virgilio si sente contento: a) una donnadel cielo si rivolge a lui per chiedere aiuto; b) haloccasione di uscire dal limbo e di fare un lungo vi-aggio (e sotto la protezione del cielo); e c) vede ri-confermato il suo prestigio dopo la richiesta di aiutoe il riconoscimento di debiti espresso dal poeta (IfI,79-87). In modo implicito Dante dice: Io sono di-ventato famoso perch ho studiato Virgilio e ho can-

    tato Beatrice. In questo modo fa coincidere Virgi-lio e Beatrice, perci fa un grande complimento peril poeta latino. Insomma, quando riconosce il magi-stero di Virgilio, egli trova gi il terreno preparatodai complimenti di Beatrice.

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    13. Beatrice simbolo della fede e della teologia ra-zionale, come Virgilio simbolo della ragione e lefiere dei vizi. Essa dimostra un carattere triplice: a)accorre in aiuto al suo protetto come una madre amo-revole; b) capace di un articolato discorso che per-suade Virgilio, il quale non vede lora di ubbidire; ec) dura e implacabile con coloro che sono finitiallinferno. La loro sorte non desta in lei alcun senti-mento di compassione n alcun turbamento. Ma

    anche capace di commuoversi e di piangere: ricorrealle lacrime per essere pi convincente e persuasivaagli occhi di Virgilio. La personalit della donna su-bir una ulteriore evoluzione quando Dante la incon-trer in cima al paradiso terrestre (PgXXXIII). Unasorpresa per il lettore che n sar, pi che colpito,traumatizzato.14. Da un punto narrativo il canto estremamentecomplesso: si presenta come una serie di scatole ci-nesi che si aprono una nellaltra. Dante non se la sen-te pi di iniziare il viaggio, perci chiede chiarimentia Virgilio. Virgilio gli dice che Beatrice venuta da

    lui, nel limbo, a chiedergli di venire a soccorrerlo.Egli le chiede se non ha paura di scendere nellin-ferno. La donna risponde di no, che anzi le pene deidannati non la impietosiscono affatto e aggiunge an-che una spiegazione non richiesta: in cielo la VergineMaria aveva visto Dante in pericolo, perci si era ri-volta a Lucia che a sua volta si era rivolta a Beatrice,la quale era discesa da lui nel limbo. Beatrice riferi-sce le testuali parole che ha avuto con Lucia e le te-stuali parole che Lucia riferisce di aver avuto con laVergine Maria; a sua volta Virgilio riferisce il dialo-go avuto con Beatrice e i dialoghi che essa gli ha rife-rito. Il poeta latino accetta il compito, persuaso anchedalle lacrime della donna. Cos conclude il racconto.Quindi ritorna a Dante e al presente: in cielo ci sonotre donne che proteggono il poeta. Di che ha paura? Ilpoeta ritorna in modo circolare alla precedente con-vinzione di intraprendere il viaggio.14.1. Questa articolata serie di scatole cinesi mostrache Dante consapevole della struttura pluridimen-sionale del discorso. La realt lineare, ma il discor-so non riesce a presentarla in modo altrettanto sem-plice e deve creare un discorso complesso, fatto dimolteplici discorsi che si inseriscono e si colleganouno con laltro. Insomma il mondo dei simboli deve

    essere molto pi vasto del mondo reale. Il rapportobiunivoco tra segno e oggetto inadeguato e chi battequesta strada, come i neoempiristi logici dal 1929 inpoi, digiuno di filosofia ed anche di storia della fi-losofia.15. Come in If I, 22-24 (il naufrago) e 55-57 (la-varo), Dante accompagna le sue azioni con una simi-litudine: Come i fiorellini, cos egli (vv. 127-130). Le similitudini della prima cantica sono moltosemplici e lineari. Diventano sempre pi complessenelle cantiche successive.

    La struttura del canto semplice: 1) sta scendendola sera; 2) Dante ha un ripensamento, perch teme dinon avere le capacit per intraprendere il viaggio; 3)Virgilio allora lo accusa di vilt e gli racconta che incielo tre donne (la Vergine Maria, Lucia e Beatrice)

    si preoccupano del poeta; e, vedendolo in pericolo,si sono rivolte a lui, che accorso sbito; 4) il rim-provero finale di Virgilio fa ritornare il poeta al pro-posito iniziale.

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    Divina commedia. Inferno, a cura di P. Genesini 17

    Canto III

    PER ME SI VA NE LA CITT DOLENTE,PER ME SI VA NE LETTERNO DOLORE,PER ME SI VA TRA LA PERDUTA GENTE.

    1

    GIUSTIZIA MOSSE IL MIO ALTO FATTORE:FECEMI LA DIVINA PODESTATE,LA SOMMA SAPIENZA E L PRIMO AMORE.

    4

    DINANZI A ME NON FUOR COSE CREATESE NON ETTERNE,E IO ETTERNO DURO.LASCIATE OGNE SPERANZA,VOI CHINTRATE.

    7

    Queste parole di colore oscurovidio scritte al sommo duna porta;per chio: Maestro, il senso lor m duro.

    10

    Ed elli a me, come persona accorta:Qui si convien lasciare ogne sospetto;ogne vilt convien che qui sia morta.

    13

    Noi siam venuti al loco ovi tho dettoche tu vedrai le genti dolorosechanno perduto il ben de lintelletto.

    16

    E poi che la sua mano a la mia puose

    con lieto volto, ondio mi confortai,mi mise dentro a le segrete cose.

    19

    Quivi sospiri, pianti e alti guairisonavan per laere sanza stelle,per chio al cominciar ne lagrimai.

    22

    Diverse lingue, orribili favelle,parole di dolore, accenti dira,voci alte e fioche, e suon di man con elle

    25

    facevano un tumulto, il qual saggirasempre in quellaura sanza tempo tinta,come la rena quando turbo spira.

    28

    E io chavea derror la testa cinta,

    dissi: Maestro, che quel chi odo?e che gent che par nel duol s vinta?.

    31

    Ed elli a me: Questo misero modotegnon lanime triste di coloroche visser sanza nfamia e sanza lodo.

    34

    Mischiate sono a quel cattivo corode li angeli che non furon ribellin fur fedeli a Dio, ma per s fuoro.

    37

    Caccianli i ciel per non esser men belli,n lo profondo inferno li riceve,chalcuna gloria i rei avrebber delli.

    40

    E io: Maestro, che tanto grevea lor, che lamentar li fa s forte?.Rispuose: Dicerolti molto breve.

    43

    Questi non hanno speranza di mortee la lor cieca vita tanto bassa,che nvidiosi son dogne altra sorte.

    46

    Fama di loro il mondo esser non lassa;misericordia e giustizia li sdegna:non ragioniam di lor, ma guarda e passa.

    49

    E io, che riguardai, vidi una nsegnache girando correva tanto ratta,che dogne posa mi parea indegna;

    52

    e dietro le vena s lunga trattadi gente, chi non averei creduto

    che morte tanta navesse disfatta.

    55

    Poscia chio vebbi alcun riconosciuto,vidi e conobbi lombra di coluiche fece per viltade il gran rifiuto.

    58

    1. PER ME SI VA NELLA CITT CHE SI LA-MENTA, PER ME SI VA NEL DOLOREETERNO, PER ME SI VA TRA LA GENTEDANNATA. 4. LA GIUSTIZIA MOSSE IL MIOSOMMO CREATORE: MI FECE LA DIVINAPOTENZA, LA SOMMA SAPIENZA E IL PRIMOAMORE. 7. PRIMA DI ME FURONO CREATE

    SOLTANTO COSE ETERNE ED IO DURERETERNAMENTE. LASCIATE OGNI SPERANZA,VOI CHE ENTRATE. 10. Queste parole di colorescuro io vidi scritte sopra una porta, perci dissi: Omaestro, il loro significato mi duro. 13. Da per-sona esperta, egli mi rispose: Qui convien (= ne-cessario) lasciare ogni dubbio, convien (= necessa-rio) che ogni vilt sia morta. 16. Siamo giunti in quelluogo in cui ti ho detto che vedrai le anime dei dan-nati, che hanno perduto il bene dellintelletto(=Dio). 19. Poi mi prese per mano con volto sere-no, perci io mi ripresi, e mintrodusse nei segreti

    impenetrabili [delloltretomba]. 22. Qui sospiri,pianti ed alti gemiti risuonavano per laria senza stel-le. Al sentirli, io mi misi a piangere. 25. Lingue stra-ne, espressioni orribili, parole di dolore, accenti dirabbia, voci alte e basse e suoni di mani che colpi-scono 28. facevano un tumulto, che si aggira semprein quellaria eternamente oscura, come la sabbiaquando spira il turbine. 31. Io, che avevo la testapiena di dubbi, dissi: O maestro, che cos questotumulto che io odo? Chi questa gente, che apparecos sopraffatta dal dolore?. 34. Ed egli a me: Aquesta miserabile condizione sono condannate le a-nime spregevoli di coloro che vissero senza infamiae senza lode. 37. Sono mescolate a quella cattivaschiera degli angeli che non furono ribelli e neppurefedeli a Dio, ma che rimasero neutrali. 40. Li cac-ciano i cieli, per non esser meno belli, ma non li ac-coglie linferno profondo, perch i dannati si po-trebbero gloriare di averli come loro compagni. 43.Ed io: O maestro, che cos per loro tanto insop-portabile, che li fa lamentare cos fortemente?. Mirispose: Te lo dir molto brevemente. 46. Costoronon possono sperare di morire e la loro vita oscura tanto spregevole, che sono invidiosi di ogni altracondizione. 49. Il mondo non permette che si con-

    servi alcun ricordo di loro; la misericordia e la giu-stizia divina (=il paradiso e linferno) li sdegnano:non ragioniamo di loro, ma guarda e passa. 52.Guardando pi attentamente, vidi uninsegna che,girando, correva tanto veloce, che sembrava incapa-ce di restar ferma. 55. Dietro le veniva una cos lun-ga processione di gente, che non avrei creduto che lamorte avesse fatto tante vittime. 58. Dopo che ebbiriconosciuto qualcuno, vidi e conobbi lombra di co-lui che fece per vilt il gran rifiuto (=papa CelestinoV?).

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    Divina commedia. Inferno, a cura di P. Genesini 18

    Incontanente intesi e certo fuiche questa era la setta di cattivi,a Dio spiacenti e a nemici sui.

    61

    Questi sciaurati, che mai non fur vivi,erano ignudi e stimolati moltoda mosconi e da vespe cheran ivi.

    64

    Elle rigavan lor di sangue il volto,che, mischiato di lagrime, a lor piedida fastidiosi vermi era ricolto.

    67

    E poi cha riguardar oltre mi diedi,vidi genti a la riva dun gran fiume;per chio dissi: Maestro, or mi concedi

    70

    chi sappia quali sono, e qual costumele fa di trapassar parer s pronte,comio discerno per lo fioco lume.

    73

    Ed elli a me: Le cose ti fier contequando noi fermerem li nostri passisu la trista riviera dAcheronte.

    76

    Allor con li occhi vergognosi e bassi,temendo no l mio dir li fosse grave,infino al fiume del parlar mi trassi.

    79

    Ed ecco verso noi venir per naveun vecchio, bianco per antico pelo,gridando: Guai a voi, anime prave!

    82

    Non isperate mai veder lo cielo:i vegno per menarvi a laltra rivane le tenebre etterne, in caldo e n gelo.

    85

    E tu che se cost, anima viva,prtiti da cotesti che son morti.Ma poi che vide chio non mi partiva,

    88

    disse: Per altra via, per altri portiverrai a piaggia, non qui, per passare:pi lieve legno convien che ti porti.

    91

    E l duca lui: Caron, non ti crucciare:vuolsi cos col dove si puoteci che si vuole, e pi non dimandare.

    94

    Quinci fuor quete le lanose goteal nocchier de la livida palude,che ntorno a li occhi avea di fiamme rote.

    97

    Ma quellanime, cheran lasse e nude,cangiar colore e dibattero i denti,ratto che nteser le parole crude.

    100

    Bestemmiavano Dio e lor parenti,lumana spezie e l loco e l tempo e l semedi lor semenza e di lor nascimenti.

    103

    Poi si ritrasser tutte quante insieme,

    forte piangendo, a la riva malvagiachattende ciascun uom che Dio non teme.

    106

    Caron dimonio, con occhi di bragia,loro accennando, tutte le raccoglie;batte col remo qualunque sadagia.

    109

    Come dautunno si levan le foglieluna appresso de laltra, fin che l ramovede a la terra tutte le sue spoglie,

    112

    similemente il mal seme dAdamogittansi di quel lito ad una ad una,per cenni come augel per suo richiamo.

    115

    Cos sen vanno su per londa bruna,

    e avanti che sien di l discese,anche di qua nuova schiera sauna.

    118

    61. Immediatamente compresi e fui certo che questaera la schiera dei cattivi, che dispiacevano a Dio e aisu