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Giro d’Italia 2015 Spunti tecnici dalla corsa rosa Discussioni Dalla scelta dei rapporti a qualche polemica tattica: l’occhio tecnico su queste tre settimane Cosa scelgono i pro’ Ogni corridore ha le sue preferenze ma a consigliarlo sono pure la squadra ed i suoi tecnici. Le bici del futuro Abbiamo trovato cose ancora non sul mercato. Curiosato tra le soluzione tecniche delle bici da cronometro.

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Gli spunti tecnici dal Giro d'Italia 2015

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g l i s p e c i a l i d i c y c l i n s i d e . c o m

Giro d’Italia 2015Spunti tecnicidalla corsa rosa

Discussioni

Dalla scelta dei rapporti a qualche polemica tattica: l’occhio tecnico

su queste tre settimane

Cosa scelgono i pro’

Ogni corridore ha le sue preferenzema a consigliarlo sono pure la

squadra ed i suoi tecnici.

Le bici del futuro

Abbiamo trovato cose ancora non sul mercato. Curiosato tra le soluzione tecniche delle bici da cronometro.

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TRE VOLTES-WORKS

Alberto Contador, Fabio Aru e Mikel Landa hanno regalato spettacolo sulle strade del Giro d’Italia 2015, hanno infiammato gli animi dei tifosi e alla fine sono saliti sul podio a braccia alzate, con il sorriso e la gioia di essere entrati nella leggenda. Tre campioni, una sola bicicletta: Specialized S-Works Tarmac. Scopri la leggenda su Specialized.com

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Il girovisto da noi

bbiamo seguito il Giro 2015 guar-dando le biciclette. L’avventura la fanno gli uomini e le loro gambe. Le bici fanno la loro parte e non

è cosa da poco. Ci siamo accorti, da scelte e voci dette più o meno apertamente, che anche tra gli addetti ai lavori a volte c’è qualche incertezza sui materiali. Il livello tecnologico raggiunto ha portato a molte differenziazioni che è op-portuno conoscere per sfruttarle al meglio.Il Giro d’Italia è anche sperimen-tazione. Le aziende “usano” le grandi corse a tappe come banco di prova dei materiali che dovran-no immettere sul mercato. Test funzionali e di resistenza (è im-portante anche verificare come si comportino i componenti nel-lo stress di un lavoro quotidiano fatto anche senza troppe cure, come è giusto che sia: le bici-clette sono delicate, ma devono anche funzionare bene in tante situazioni).Abbiamo visto il gruppo senza fili ma anche il ventinove, per osare sulle salite dove pure chi corre in bicicletta di professione rischia di mettere il piede a terra. Se poi c’è lo sterrato e non puoi alzarti

sui pedali c’è poco da fare: serve agilità. Ma non è solo per que-sto che si utilizzano rapporti così corti: si può far lavorare la catena con una linea migliore.Poi ci sono state le polemiche. Una battuta detta da Cipollini al momento giusto ha scatenato il sospetto e, alla fine, anche l’UCI che è dovuta intervenire per to-gliere i dubbi che nei telai di qual-cuno si potesse nascondere un motorino per andare più forte. Nulla di fatto (e nelle prossime pa-gine vi spieghiamo anche perché) a parte qualche chiacchiera in più di cui non si sentiva il bisogno.E la tattica? È vero che le regole

impongono precise limitazioni sui chilometraggi, ma il dubbio resta: se i corridori che voleva-no vincere il Giro avessero osato qualcosa di più? Dove sono finiti quegli attacchi da lontano che fanno scrivere i campioni con la C maiuscola e li rendono epici an-che se non vincono tutto? Ma alla fine è stato un Giro dav-vero spettacolare e pure incerto. A cominciare dalle singole tap-pe spesso finite come non ci si aspettava. E la conclusione finale a Milano, con l’arrivo di due cac-ciatori furbi e fortissimi ne è la prova.

A

ediToRialeDI GUIDO P. RUBINO

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INDICE

3 EDITORIALE

Guardare il Giro dal punto di vista della bicicletta. Quanti spunti ci sono!

6 e se la differenza la

facessero i materiali? Ok la forza, ma per sfruttarla al meglioci vogliono i materiali giusti. Alcune idee.

10 Le biciclette spaziali

delle cronometroIl massimo della tecnologia, nel ciclismo,si esprime nelle prove contro il tempo.

14 prove di cambiata

senza fili Alta tecnologia e intanto c’è chi sperimenta nuove soluzioni che vedremo sul mercato.

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Un girovisto dallebiciclette

16 bici col motore?

contador se la rideUn cambio di bici ha innescato polemichee un sospetto. Ma è possibile?

20 Il giro

ha due velocita’Corridori e addetti ai lavori sono spesso a tutta. Poi c’è il pubblico. Il fascino del Giro.

18 Non e’ solo questione

di marketingSapere cosa usano i corridori è fondamentale anche per la comunicazione aziendale.

24 Quella voglia difar saltare il banco

Pensieri di un lunedì di riposo del Giro. E se qualcuno avesse osato? Chissà.

28 Una risorsa chiamata

ventinove I rapporti corti e cortissimi non sono un’onta, anzi! Li usano anche i pro’ e non solo per agilità.

30 specialized: una

tarmac tutta rosa Ecco la bici del vincitore, così come l’ha portata sul traguardo finale di Milano.

“Giro d’Italia 2015, spuntitecnici dallaCorsa Rosa”è una pubblicazione della testatagiornalistica Cyclinside.com, magazine on line di tecnica della bicicletta da corsa (e non solo).

Cyclinside.comè un periodicoregistrato pressoil Tribunale di Roma con n° 333/2008 dl 18/9/2008 di proprietà di Guido P. Rubino P.I. 10439071001 Iscrizione al ROC(Registro Operatori della Comunicazio-ne) n° 18570 del 5/8/2009Copyright © Tuttii diritti riservati.Testi e immagini non possono essere riprodotti neanche parzialmentesenza previa autorizzazione scrittada parte della redazione. Per qualsiasirichiesta oinformazioni scrivere a [email protected]

Prendete il Giro d’Italia, togliete i corridori: restano biciclette, materiali e uominiche lavorano perché tutto sia perfetto. Ma i corridori forti non sono solo quelliche ne hanno di più. Parliamo anche un po’ di tattica e di strategie.

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e se a fare la

differenzafossero anche

i materiali?

evoluzione TaTTicaIN GIOCO ANChE LE BICI

el ciclismo moderno c’è un problema tecnico. Non si tratta di biciclette che non funzionano bene, quelle ci sono sempre state e qualche problema ci sarà sempre, dal cavo che si spezza, alla gomma che si buca proprio nel momento sbagliato. Il problema è tecnico, o meglio, di conoscenza tecnica.Le biciclette si sono evolute, non è solo questione di fibra di carbonio e pesi e neanche di rigidità che aumenta del 10-15 per cento ogni anno, a sentire certe campagne pubblicitarie. Roba che dovremmo pedalare su bici dure come pie-

tre se fosse vero (contando da quanto si dicono cose di questo tipo – che sì, hanno decisamente appeal e sono più immediate di altre comunicazioni).

Il peso, abbiamo visto, non è cambiato molto. Siamo ancora fermi a quella regola, datata 2000, quindi più di un’era geologica dal punto di vista della tecnologia, che limita la leggerezza a 6,8 chilogrammi. Ma non è nemmeno questo il problema. Anche se può essere impor-tante il modo in cui questo peso viene distribuito sulla bicicletta.

Tecnologia da conoscere

C’è una quantità di tecnologia, invece, che si è evoluta ed ha portato a disposizione dei corridori tanti componenti che possono davvero

permettere una personalizzazione assoluta della bicicletta.

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Giro

d’ita

lia te

cnico

Si è detto più volte, anche su Cyclinside.com, come la differenza tra un paio di ruote e un altro possa essere importante nel definire (e cambiare radicalmente) le caratteri-stiche di una bicicletta. Importantissime sono pure le gomme, la tipologia di tubolare o di copertoncino adottata e, ancora di più, la pressione di gonfiaggio. Tutto chiaro? Sembra, ma poi arrivano voci di errori grossolani da parte delle squadre, comprese quelle che hanno un “tecnico” al loro interno che serve a consigliare le scelte dei materiali volta per volta. Errori spesso agli occhi di tutti, quando un corridore, all’im-provviso, non sembra più in grado di guidare la bicicletta come sa nei tratti tecnici.

Visto il nostro lavoro, capita di parlare con i responsabili delle aziende e a volte ci ven-gono confessate, candidamente, scelte azzardate e senza basi scientifiche.«Le gomme? Al massimo della pressione!» ci diceva tempo fa un meccanico prima di una corsa che prometteva molta pioggia. E le ruote, spesso, vengono scelte ad alto profilo a prescindere. Anche quando nella gamma del produttore ci sono modelli molto diversi tra loro, comprese quelle con cerchio a basso profilo, come una volta. Che però piace meno a chi pedala.Anche nella scelta dei pattini freno a volte le soluzioni sono discutibili. Ormai, con i cerchi praticamente tutti in fibra di carbonio è probabile che nelle squadre non ci sia-no neanche tra i ricambi i pattini per l’alluminio. Ma c’è chi candidamente ammetteva di non fare differenze tra alluminio e carbonio. “Tanto i corridori sanno come si frena”.

l

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Giro

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cnico

Su questo non abbiamo dubbi, ovviamente, ma quanto potrebbero rendere in più con i materiali giusti per l’occasione?Nello specifico, ad esempio, il problema del carbonio è che non disperde il calore così come avviene per l’alluminio. Questo fa sì che i normali pattini in gomma tendano a sciogliersi letteralmente (o peggio, a restare incollati – è successo) sul cerchio in composito. Problema abbastanza remoto per i pro’ che solitamente evitano azioni frenanti lunghe.Tuttavia, pensare di lasciare una ruota in composito con pattini per alluminio è una scelta poco saggia. Tanto più per una squadra che non ha certo problemi di disponi-bilità.

Dov’è il problema allora? Probabilmente nella scarsa convinzione delle dotazioni tec-niche, le cui caratteristiche salienti spesso vengono interpretate come sovrastrutture del marketing e non considerate nelle loro reali possibilità. Ovviamente non vogliamo generalizzare (ci sono meccanici e corridori che sono molto attenti a quello che forni-scono le aziende e, anzi, sono degli interlocutori privilegiati per chi sviluppa i prodotti), come è pure vero che il marketing a volte si lascia prendere la mano.

La sensazione, a volte, è che si tenda a dare ai corridori la bicicletta tecnicamente più evoluta perché si ritiene comunque meglio, ma a prescindere dall’utilizzo del momen-to. Tanto poi sarà l’abilità del corridore a saperla domare

A sentire certi discorsi, però, verrebbe voglia di tornare indietro nel tempo: bici in acciaio e cerchi in alluminio.

Ritorno al passato?

Davvero, a volte, viene da pensare che si dovrebbe tornare indietro. È una provoca-zione ovviamente, ma la tecnologia non serve se sfruttata male, diventa pure contro-producente.

6dettagli

C’è chi studia a fondoi materiali a disposizione

per poter dare a ogni corridore la bici con l’assetto migliore. Ci si potrebbe basare

una tattica

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Non è vero che la standardizzazione

di alcune parti delle bici ha appiattito le possibilità di scelta.

E dietro c’è sempre tanta artigianlità.

Ci sono troppi, anche nel gruppo dei corridori, che vedono la rigidità come sinonimo di massima prestazione. È una caratteristica di cui tenere conto, ma non è affatto det-to che la rigidità assoluta sia la cosa migliore. Né su un telaio, né sulle ruote. La rigidità non fa assorbire la strada, non asseconda le curve e nemmeno il fondo stradale. Anzi, rischia di far perdere aderenza. Una gomma troppo rigida ha una cattiva scorrevolez-za: la pressione deve essere commisurata al peso ma anche alle caratteristiche della gomma. Per questo non esiste una pressione ideale applicabile per tutti allo stesso modo.Ma pensare che “più rigido è, meglio è” è come pensare di fare una discesa stando completamente rigidi sulla bici. Nella migliore delle ipotesi si andrà più piano, nella peggiore si rischierà di cadere, perché non si assorbiranno le caratteristiche della strada. Ecco, la bici deve fare la stessa cosa e parliamo di discesa perché è il percorso che più mette in risalto le caratteristiche tecniche.Ma abbiamo visto come pure in pianura, con le bici da cronometro (che sono rigide e notoriamente “dure” da guidare) possano andare in crisi. In una crono, però, questa caratteristica è accettabile, perché se pure si perde qualcosa su una curva, è maggio-

re il vantaggio altrove. Una ruota molto rigida rischia di non perdonare in curva e in una discesa tecnica.Se poi è ad alto profilo e c’è vento c’è un problema in più.Lo stesso si può dire per un telaio e, forse ancora di più, per una forcella. Ferma re-stando l’abilità dei corridori di riuscire a fare discese meglio di qualsiasi comune mor-tale, un aiuto da parte della bicicletta può essere una cartuccia in più da sparare al momento giusto, ma occorre sapere perfettamente di cosa si può disporre. Altrimenti è come se uno sciatore scegliesse sci e scioline in base ai colori che più lo aggradano in quel momento.

Materiali e strategie

Probabilmente tanti corridori che sono in gruppo oggi, che non hanno mai avuto possibilità (e piacere) di guidare un telaio in acciaio, dovrebbero provare com’è il com-portamento di una forcella in acciaio in discesa, con ruote a basso profilo e partire da questa sensazione per capire quanto possa cambiare il comportamento di una bicicletta. Non è detto che quello sia il migliore in assoluto (né immaginiamo corridori che vogliano tornare all’acciaio), ma si potrebbero studiare delle strategie diverse a seconda del percorso e, magari, fare la differenza.

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Le bici spaziali

delle crono

na cronometro non comincia quando il primo corridore pren-de il via. Parte da molto tempo prima. Abbiamo sentito di Fabio Aru che la cronometro del Giro l’ha provata già da prima che co-

minciasse la Corsa Rosa. L’ha studiata assieme al personale della squadra per individuarne i punti salienti e capire dove sfruttare le sue caratteristiche e dove, invece, difendersi e risparmiare. C’è da stare in bici più di un’ora, logico che sia così.

La tattica la fanno anche le aziende però. C’è chi, a partire dal via del primo corri-dore, ha iniziato a valutarne tempi e com-portamento della bicicletta sul percorso. Il meteo è la variabile in più e non è affat-

to detto che ciò che vale per i primi sarà lo stesso per gli ultimi che partiranno.

Già dalla mattina ci sono state macchine sul percorso a fare test e valutare ogni tratto di strada. Stavolta, più che mai, è servito un contatto diretto tra corridore e ammiraglia. Questa diventa un vero e proprio centro di strategia pronta ad in-formare il corridore delle eventuali mo-difiche da apportare alla tattica di corsa. I corridori di classifica hanno aggiorna-menti in tempo reale sul percorso che trovano davanti. Probabilmente hanno deciso la pressione delle gomme pochi attimi prima di salire sulla rampa di par-tenza. Poi via, concentrati come sanno ma con, nelle orecchie, le informazioni dell’andamento della corsa. E certo è un

U

Un sincronismo perfetto: l’atleta e la suabicicletta. Se poi è una cronosquadre ci deveessere affiatamento anche tra i corridori.Massima attenzione alle biciclette!

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giro

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Precisione della bicicletta e anche

del ciclista. Il misuratore di

potenza aiuta molto. Ma a volte è meglio

non guardarlo.

vantaggio per Fabio Aru, che è partito per ultimo, dopo aver conquistato in maniera un po’ rocambolesca (ma che dicevamo della fortuna che aiuta chi la cerca?).Una crono, poi, è anche un momento di sperimentazione. Sappiamo che nella mattinata i tecnici Speciali-zed (che fornisce le bici ad Aru, Contador e Uran) sono stati all’opera sul p e r c o r s o per speri-mentare tecno -l o g i a d i te le -m e -

tria (che però, a quanto abbiamo avuto modo di capire, non è stata impiegata in gara) per migliorare ancora il rendimento del corridore durante le crono e poterne monitorare tutti i parametri in tempo re-ale. Tecnologia già utilizzata su pista dalla

casa americana per verificare le posizioni sulla bici da

cronometro dei suoi atleti.

Insomma, una c r o n o m e -

tro ad alta t e c n o -

l o g i a q u e -sta.

s

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Nelle bicicletteda cronometro moderne sterzo

e forcella sono spesso integrati direttamente

nel telaio per dare una linea più

aerodinamica.

JA tutta!

Nessun compromesso nelle gare contro il tempoLa differenza può essere anche di pochi decimi di scondo. E allora diventa

importante curare ogni minimo

dettaglio

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Risolti i problemi di comunicazione, ecco debuttare il primo sistema di trasmissionesenza fili. Il vantaggio? Pulizia estetica,rapidità di montaggio e precisione.

Prove di cambiatasenza fili

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Sarebbeun bel passo avantil’abbandono dei cavi.Il futurosembra giàsegnato.Eccoviun’anteprima propriodal Giro.

Un segreto nascosto sotto al nastro del manubrio e nella centarlina

ggirandoci tra le biciclette su-per tecnologiche della pri-ma tappa (a cronometro a squadre) del Giro d’Italia 2015, abbia-mo scovato, tra le mani del mecca-

nico della Ag2r, una bicicletta con cambio e deragliatore elettronici di Sram con funzionamento wireless. L’unità wireless sem-brerebbe identica per cambio e deragliato-re e viene coman-data attraverso un’interfaccia che è apparsa modif icata rispetto a q u a n -

to visto in precedenza. Dall’in-terfaccia, montata in po-

sizione centrale sul manubrio, partono i cavi che portano ai pulsanti di cambiata

nascosti sotto il na-stro manubrio. Le prove, ormai, sono

in stato avanzato. C’è da aspettarsi

il nuovo gruppo già per settem-

bre? Di sicuro gli americani non po-

tranno aspettare tanto. Se i corridori, per rego-

lamento, devono correre con componenti di serie, il

mercato non potrà attende-re troppo tempo.

A

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BaTTuTe, ma neanche TRoppo, visTo che si è mossa addiRiTTuRa l’uci peR veniRea ispezionaRe le BicicleTTe. il RisulTaTo? nessuna BicicleTTa TRuccaTa TRovaTa ma l’avviso a non pRovaRci nemmeno. a Ben guaRdaRe non ne vale nanche la pena

Bici col motore?

contador se la ride

Bici a motore al Giro d’Italia? Certo che detta così e buttata lì da un ex campione come Mario Cipollini la cosa fa discutere. Ora, senza stare a giudicare l’opportunità o meno delle uscite di Cipollini, tor-niamo sul discorso motorino sulle biciclette da corsa.

Assunto che un motorino in una bicicletta da corsa possa essere inserito (ne avevamo parlato già cinque anni fa – qui l’articolo) e ovviamente chi produce questo oggetto dice che ne vende “molti” (numeri tutti da verificare, ma non c’è alcun problema a credergli), il sospetto è il risultato di un ragionamento ovvio: se ne vende tanti, qualcuno li usa. Tanto più che si è già detto come questo sistema, piuttosto rumoroso nel kit in vendita, possa essere si-lenziato abbastanza facilmente: basta sostituire gli ingranaggi metallici con altri in teflon, meno durevoli, ma perfetti allo scopo dell’inganno. Anche la batteria può essere facilmente nascosta nel telaio. Isomma, tutto si può, ma non è questo il caso. O alme-no, se si fa un’affermazione, bisogna avere pronto qualcos’altro. Il sospetto, infatti, non fa prove, solo chiacchiere, e andarci dietro

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giro

d’ita

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è affascinante per molti, ma giornalistica-mente parlando, pure se fa vendere di più, non è accettabile. Anche perché c’è da fare un ragionamento inverso che rende chiaro come il “doping tecnologico” non sia paragonabile a quello chimico.Al di là della differenza evidente, quello chimico, che agisce sull’atleta, fa parte solo della sua sfera personale. Benché possa essere discutibile che un atleta possa fare tutto da solo e la squadra non si accorga di nulla, è comunque un ragio-namento plausibile.Diverso, invece, è truccare una bicicletta. Anche di questo si era già parlato ai tem-pi pure dei sospetti infondati e fantasiosi della bici di Cancellara alle Classiche. La bi-cicletta di un corridore va in mano ai mec-canici, più di uno, per cui il coinvolgimento non è più solo del corridore. Difficile im-maginare che i meccanici si accordino col corridore, all’insaputa degli altri e, soprat-tutto, del resto della squadra. Poi, se un campione utilizza una bici truccata, è inim-maginabile che lo faccia all’insaputa del di-rettore sportivo. E così, probabilmente, si può salire nel ragionamento coinvolgendo tutto il team, o quasi. E già la cosa appare decisamente più difficile rispetto alla ba-nalità dei discorsi buttati lì al bar.E ancora: bici truccata, corridore, mecca-nici, team... ne dovrà essere molto proba-bilmente al corrente anche il costruttore della bici se, a quel che si dice, alcune mo-difiche riguardano anche la parte strut-turale del telaio. Potremmo provare a immaginare un lavoro “casalingo”, con la complicità di qualche artigiano e di un verniciatore bravo, tutto si può fare, tut-to si può immaginare, ma probabilmente siamo già, e da parecchio, nel campo della fantascienza. Anche perché, se una cosa del genere fosse pure possibile coinvol-gendo più persone, il rischio che qualcuno parli, prima o poi, è alto. I danni sarebbero devastanti, molto più di un corridore do-pato. Perderebbe in credibilità una squa-dra intera e anche uno sponsor che di soldi ne dà parecchi per promuovere il proprio marchio. E non stiamo parlando di biciclette sconosciute, ma di marchi le-ader nel mercato mondiale. Insomma, la bici truccata è fattibilissima, ma è impro-babile che venga usata.

La bici di Contador

Il rilancio del doping meccanico è avve-nuto in seguito al cambio di bici fatto

da Alberto Contador prima della salita dell’Abetone. ha senso cambiare la bici-cletta prima di una salita?Qui ci addentriamo in altri ragionamenti. Pur senza voler cambiare telaio ci potreb-bero essere modifiche nella scelta di ruote e rapporti (anche sulla guarnitura) diversi. Modifiche che è più facile fare cambian-do bici, che non sostituendo le ruote (per non parlare del resto).Poi, di questo cambio, non sono troppo convinti nemmeno in Specialized. «Si trat-ta più di un effetto placebo per il corridore

- ci fanno sapere dalla casa madre - anche perché se si parla di cuscinetti più scorre-voli e cose di questo tipo, il vantaggio che ci può essere in laboratorio è difficilmente rapportabile all’uso su strada dove i fatto-ri in gioco sono molti di più. E in ogni caso si paga con gli interessi il tempo di andare in fondo al gruppo, fermarsi, prendere la bici e ripartire e recuperare la posizione dopo aver pure perso il ritmo della peda-lata. Ammesso pure che nessuno scatti si paga con gli interessi quel poco che si guadagna.«Può avere più senso se c’è un discorso di cambio rapporti, certamente non con-ta il peso della bici, visto che il limite dei 6,8 chili non si può abbassare. Anche sul-le gomme: per molti meccanici maggiore pressione è sinonimo di più scor-revolezza. Abbiamo già dimostra-to che non è così. La pressione della gomma deve essere in base alla sua struttura e al peso del corridore. Gonfiarla il più possibile, senza tene-re conto degli altri fattori, significa rendere la ruota meno scorrevole perché assorbe meno le rugosi-tà della strada e fa per-dere potenza».Tutto sommato ha ragione Contador quando dice che il motorino lui lo ha nelle gambe. E possiamo per-donargli pure quell’umanità di cercare con-vinzione in un cambio bici. Ma il motorino, alla luce di queste cose, sembra decisamente fantascienza per un corridore e un team di questo livello.

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non e’ solo questione di

marketing

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hissà se l’avete notato il sipari-etto che si è creato nel Proces-so alla Tappa, la trasmissione della Rai dedicata ai commenti sul Giro, quando sono stati os-pitati alcuni direttori sportivi con le bici delle loro squadre.

Nella terza frazione del Giro, oltre alla pre-occupazione e agli auguri per Pozzovivo,

caduto a terra rovinosamente, si è parlato anche di tecnica. Non ci aspettavamo ap-profondimenti importanti, i tempi televisivi sono quelli e bisogna tenere conto del pub-blico che non va annoiato, però quando la conduttrice, Alessandra De Stefano (nella foto) ha chiesto ai direttori sportivi presenti con le bici dei loro team, di parlarne tecni-camente si è sfiorato il ridicolo. A parte le informazioni generiche, la cosa che ci ha fatto sobbalzare è stata la conclusione de-gli ospiti titolati che si sono accordati con un diplomatico “sono top di gamma, prati-camente si equivalgono tutte”. Ecco, sono sicuramente ottimi ds quelli intervenuti, ma in un paio di secondi hanno fatto fuori ri-cerca e campagne marketing delle aziende che li sponsorizzano. Un colpo secco e tanti saluti. Tanto le bici sono tutte uguali...Ora, è vero che in termini prestazionali Al-berto Contador ha vestito probabilmente la sua Maglia Rosa a prescindere dalla bici

su cui pedala, ma sparare così brutalmente forse non è stato molto saggio (diciamo così). Anche perché, soprattutto, dire che le top di gamma siano “tutte lì” non è corretto: le dif-ferenze ci sono eccome. Ovviamente non possono essere differenze da sport motor-istici, il motore sono sempre le gambe del corridore, ma ci sono biciclette con carat-teristiche molto diverse, che possono essere

adattate nel modo più corretto ai corridori che ci pedalano su e magari proprio su ques-to evidenziare le caratteristiche per cui il mar-chio di nome spende tanto. Il carro “Onda” di Pinarello ha un senso, così come la soluzione adottata da Cannondale per forcella e foderi bassi posteriori. E così via.Altrimenti è un po’ come quando si entra in un negozio e si chiede quale sia la differenza tra una bicicletta da 500 euro e una da 5.000. Rispondere che “una è più buona” non sod-disfa nessuno e non giustifica la differenza di prezzo. Neanche è servita l’esortazione della De Stefano che chiedeva, almeno, di rac-contare le esigenze particolari dei corridori. Silenzio da impreparati all’interrogazione. Le aziende che investono milioni di euro devono fare più attenzione ad informare bene cosa danno per correre ai propri team. Altrimenti si rischiano altri autogol clamorosi come questo.

Il Giro d’Italia porta in giro e dà visibilità a tanti marchi. Il costo è elevato ma visibilità e ritorno possono essere enormi.

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il giro ha due

velocita’

la pRima Tappa in linea ha deTTo suBiTo che il puBBlico c’è

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Pubblico e addetti ai lavori sono due facce della stessa medaglia. Stanchezza e fatica fanno parte dello spettacolo che fa bello il ciclismo.

l Giro d’Italia ha due marce. Una tranquilla, del pubblico che di-venta sempre di più e rimette nell’ordine giusto lo stupore per la partenza irlandese del

2014. Il pubblico che sale in bicicletta sul Testico per aspet-tare il passaggio dei corridori sulla prima salita della corsa e aspetta pazi-ente invadendo il Bar Pino che un incasso del genere forse lo fa in due mesi. E ne vale pure la pena, perché ha l’alimentari annesso e sì, c’è anche il “formaggio autoctono” che chiede qualcuno “perché sa, salendo in bici ho visto delle vacche”.Lo stesso pubblico che si entusiasma nell’arrivo a Genova, un boato da sta-dio che sale su fino al traguardo e poi prosegue in una ola di entusiasmo lungo i due giri del circuito cittadino col gruppo sbrindellato dalle cadute. Il Giro che diventa “violento” per la forza brutale espressa dai corridori e la gente che spinge per vedere meglio. Si azzuf-fano pure i fotografi rinchiusi in uno spazio troppo ristretto e forse qualcuno pecca di inesperienza a muoversi trop-po davanti agli altri. Cadute che fanno

fuori corridori e speranze e lasciano a brandelli le maglie e marchiano la pelle.

E anche un corridore ritrovato in tutta la sua potenza ed es-

perienza da pistard. Non si vince mica una volata

come quella di Viviani se non hai l’occhio e i tempi del pistard den-tro. Diciamolo forte a quelli che pensano che la pista sia solo una distrazione in-

utile. Progetti che par-tono da lontano, come

quello Orica Greenedge che vince la cronosquadre e

diventa il simbolo di un lavoro che porta tanti corridori ad alto livello e non solo un capitano.Il Giro è anche la maglia nera dell’ultimo in classifica che, a Genova, è quella arancione e blu di Manabu Ishibashi, giapponese, che in tutta quella confu-sione non cade ma, semplicemente, si stacca perché non ce la fa più. Il gruppo lo doppia sul circuito finale lasciandolo da solo più che mai, atteso dal massag-giatore e dai fotografi giapponesi. Ma anche da quella ragazzina orientale che si mette lì, espone la sua bandiera bi-anca col tondo rosso e aspetta la corsa, con la bocca coperta da un fazzoletto. Ovviamente rosa.

I

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Manabu Ishibashi è il corridore

giapponese di cui si parla nell’articolo.

Sopra a destra Quintana “junior”. Dayer è il fratello

più giovane di Nairo, vincitore

del Giro 2014. Per lui un inizio non

proprio facile.Qui a destra,

invece, la voce del Giro: Stefano

Bertolotti. È il bravo speaker che

tiene aggiornato ed entusiasma il

pubblico all’arrivo della tappa.

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quella voglia di

avventura e di far saltare

il banco

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TaTTica: se l’ammiRaglia osasse un di piùUN ATTACCO DA LONTANO È POSSIBILE NEL CICLISMO DI OGGI?

sTRaTegie sTudiaTe con cuRa, dove l’inTeResse può esseRe anche un piazzamenToonoRevole. e se invece ci si meTTesse in gioco di più? RischiaRe di peRdeRe poTReBBedivenTaRe la sTRada peR un successo che RendeReBBe immoRTali. non solo coRaggio

La fuga e la sfida fanno il fascino del ciclismo. Ottimo interprete Philippe Gilbert, sopra.Ma anche Aru ha detto la sua.

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FoTo pag. 25 e 27: ©ansa - dal zennaRo/peRi

Bisogna inventare qualcosa

Nelle letture tranquille del giorno di pau-sa ci è tornato in mente il Tour de Fran-ce del 1990, quando Chiappucci rischiò di vincere la maglia gialla grazie ad una fuga lasciata andare nelle prime giornate e con minuti che a un certo punto sem-brarono troppi da recuperare anche per il predestinato LeMond. L’americano, che poi vinse quel Tour, capì presto che non sarebbe riuscito a prevalere sul rivale solo con uno scontro faccia a faccia.

Allora si lavorò di strategia. In una tappa non impossibile LeMond mandò in fuga Pensec, compagno di squadra e vicino in classifica alla maglia gialla (faceva par-te anche lui di quella prima fuga iniziale e aveva pure indossato la maglia gialla prima di cederla all’italiano), tanto da im-

ome i barbieri, il lunedì, il Giro d’Italia risposa. E allora è il momento di sedersi, ma-gari in poltrona, a leggere un libro, oppure frugare negli appunti delle corse che furo-no e pensare al ciclismo.

Uno come Contador nondà molte spe-ranze di ribaltoni. Si prende anche la bri-ga di aggiudicarsi un traguardo volante dando la sensazione, poi, di giocare al gatto col topo nel finale di tappa dove ha deciso chi far vincere e chi far perdere, da campione, non da cannibale (avrebbe potuto vincere lui senza troppi problemi, almeno l’impressione che dava era que-sta). In un Giro fare favori può tornare utile.L’Astana, formazione decisamente forte, ha dichiarato di aver provato a inner-vosirlo, in realtà non è sembrato che lo spagnolo fosse intimorito, anzi, in certi momenti, se non fosse stato per la ma-glia diversa, sembrava che avesse degli ottimi gregari a scortarlo fino a Madonna di Campiglio. Tant’è che quando Landa e Aru hanno provato a scattare, era più in difficoltà lo stesso Aru che non Contador.Tracciando una riga, insomma, si può ra-gionevolmente affermare che Contador così non lo si batte a questo Giro. For-te e d’esperienza com’è è difficile pure sperare in una sua giornata storta (che comunque ha saputo controllare, nell’ul-tima tappa). ha pure dimostrato di esse-re più forte della sfortuna, si è ripreso da una caduta dolorosa e nell’altra, poco dopo, ha trovato un compagno di squa-dra pronto a dargli la bici più rapido di tutti. La squadra c’è.

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ENJOY

THE BIKE

WORLD

INTERNATIONAL B IKE EXHIBIT ION VERONA 11/14 settembre 2015WWW.COSMOBIKESHOW.COM

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pensierire Chiappucci. Questi dovette rispondere e, al suc-cessivo attacco di LeMond, non ebbe più la forza di reagire.

Ora, lasciandoci andare un po’ al fantaci-clismo, sarebbe stato bello ipotizzare un attacco da lontano di Landa (oppure di Aru), con uno dei due che rischiasse di fi-nire completamente fuori classifica (per-ché se va male...) ma, al tempo stesso, cercasse di ribaltare tutta la situazione. Non solo lasciando senza squadra Con-tador, ma cercando anche di farlo andare in crisi. Magari anche coordinandosi con gli altri in classifica generale.Questa è un’idea e certamente dalle di-chiarazioni di Martinelli (direttore sporti-vo di Aru e Landa) molto tiepide, non ci si aspettava chissà che attacchi. D’altra parte, nel ciclismo di una volta (livelli di-versi, anche dei gregari, va detto), que-ste cose si facevano e si osavano. Oggi ci auguriamo sempre che qualcuno ab-bia voglia di inventare e osare. Sarebbe decisamente più appassionante così che vedere corridori che difendono la posi-

zione in classifica, che avrà pure un va-lore, ma non dà passione. Il ciclismo è nella fantasia e nelle fughe da lontano. E visto che a Madonna di Campiglio si ri-cordava Pantani, ci si potrebbe ricordare del come sia entrato così bene nel cuore della gente, anche facendogli dimenti-care il resto per cui certo, non varrà la santificazione.

hall’attacco!Nel ciclismo moderno

gli attacchi da lontano, da parte degli uomini di

classifica, sono molto rari. D’altra parte un buon

piazzamento ha un valore economico

importante

Fabio Arue Alberto Contador. Sfida, stimae qualche “dispetto” agonistico.

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una risorsa chiamataventinove

le scelTe dei coRRidoRi pRoFessionisTiIL RAPPORTO PIù CORTO SERVE ANChE AD ATTACCARE

apporti da Mortirolo e Colle delle Finestre, rapporti da salita e ancora di più. Il Giro d’Italia ha definitivamente sdoganato le scelte super-agili, che non sono peccato nem-meno sulle biciclette dei professionisti. Roba che a montare certi ingranaggi ci si sente meno “gagliardi” degli altri e allora si tende a rifiutare persino la compact. Ma se serve perché rinunciarci?Tanto più se ci sono dei tratti sterrati, dove alzarsi sui pedali diventa un problema per la tenuta sul fondo stradale scivoloso.Un’esigenza pratica prima ancora che di stile della pedalata e di calcoli sulla potenza: senza certi rapporti si rischia di appesantire la pedalata e compromettere tutto. Una volta si pensava alla tripla, quando il pacco pignoni arrivava a sei o sette ingranaggi.

Oggi, con 11, non c’è nemmeno più il problema di dover saltare troppi denti tra un pignone e l’altro. Anche la compact può essere trascurata se die-

tro c’è un 29 (Aru ha fatto il Colle delle Finestre col 39, davanti, come ingranaggio più piccolo).

Qualcuno osa anche di più salendo sul Mortirolo, aumen-tando ancora dietro, oppure rimpicciolendo davanti. Anche andando oltre le specifiche dei componenti e

facendo attenzione a non fare danni, perché quelle indicazioni raccontate nei manuali tecnici della com-

R

alTRo che RappoRTo “da diFesa”. il 29 peRmeTTe di salvaRe le gamBe e seguiRe un RiTmo adeguaTo alle pRopRie FoRze anche su pendenze impoRTanTi. i coRRidoRi hanno sFRuTTaTo appieno la possiBiliTà. e l’assoRTimenTo non ne RisenTe più di TanTo

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giro

d’ita

lia te

cnico

Con la compact, anche senza il 29,

si può andare quasi ovunque. ponentistica non sono capricci d’ingegneri

che ne vogliono sapere sempre una in più “che poi tanto funziona lo stesso”. Andare fuori specifiche significa sfruttare le tolle-ranze, che ci sono sempre, ma col rischio di trovarsi con qualcosa di non funzionante in breve tempo. Soprattutto se il cambio poste-riore non viene montato nella versione a bilanciere lungo. Si rischia di spaccare tutto, oppure di veder penzolare la catena. D’altra parte, anche un 34x29 può essere sufficiente, no?Ci si avvicina sempre di più al rapporto 1:1, un giro di ruota per un giro di pedalata, roba che nemmeno in mountain bike a momenti.Però, se anche i corridori professionisti cercano questi rapporti un motivo c’è: dal tenersi una possibilità “d’emergenza” in caso di crisi, oppure sfruttare quel pignone in più per tenere meglio la linea di catena. E comunque, pensando a chi non pedala per professione, è la solu-zione per avere la possibilità di salire comunque a buon ritmo pure se la preparazione non è il massimo e con 11 velocità a disposizione non è nemmeno (troppo) un problema di scarso assortimento dei rapporti. Addio vecchio 25 allora. È il momento del 29 e se a dare l’esempio sono i professionisti c’è anche da osare di più. Come già succede dopotutto.

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specialized: una tarmac tutta rosa

Tutti gli sponsor a celebrare la vittoria dello spagnolo. Personalizzate

anche le rotellinedel cambio

FoTo di RoBeRTo BeTTini

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er l’ultima frazione del Giro d’Italia 2015, quella della passerella finale a Milano, Alberto Contador ha utilizzato una bicicletta particolare, co-struita apposta per celebrare la sua vittoria nella corsa a tappe italia-na. I tecnici Specialized gli hanno approntato un telaio Tarmac identi-co a quello che lo spagnolo utilizza abitualmente, ma completamente di colore rosa.Si tratta sempre della versione “Rider First Engineered” che è stato

realizzato assieme ai tecnici della McLaren per quanto riguarda lo sviluppo della fibra di carbonio. È un lavoro di ottimizzazione del composito che ha permesso, grazie alle simulazioni dinamiche, sfruttando lo stesso software adottato per le macchine di F1, di ottenere risultati ancora migliori rispetto al modello precedente utilizzato dai team sponsorizzati dalla casa americana.Con il nuovo telaio Specialized ha rielaborato tutte le misure andando di fatto a re-alizzare un progetto diverso per ogni taglia, ottimizzandone disposizione della fibra e geometria. La bicicletta è montata secondo le sponsorizzazioni della squadra, con gruppo Shimano Dura Ace elettronico e ruote Roval sempre di produzione Speciali-zed. Particolare la scelta dei dettagli rosa. Non solo il nastro manubrio e la sella, ma anche i pedali e, addiritture, le rotelline del cambio realizzate appositamente.

PRoberto Bettini, uno dei migliori fotografi al seguito del Giro d’Italia,ha colto le fasidi montaggio della bici per l’ultima tappa. Da notare la scelta della doppia sovrapposizione del nastro manubrio.

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