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CONFRATERNITA DI SAN JACOPO DI COMPOSTELLA IN PERUGIA PELLEGRINAGGIO “A STAFFETTA” ASSISI-SANTIAGO DE COMPOSTELA 5° settore Da Bordighera ad Arles I PARTECIPANTI 1 – dott. Nilo Marocchino, responsabile di settore*. Cell. 348 8225836 2 – Michele Castelli***. Cell. 347 5420172 3 – Giuseppe Sala****. Cell. 335 6946788 4 – Maria Radaelli****. Cell. 338 8222815 5 – Gianni Tomaello*. Cell. 347 2109859 6 – dott. Giorgio Buizza**: Cell. 3287049275 7 – Pasquale Zuppardi*. Cell. 331 1143672 8 – Teresa Ottonello*. Cell. 347 9336744 9 – dott. Carlo Morrone****. Cell. 339 1257209 10 – Maria Micheletto in Morrone**** 11 – Sebastiano Vada° 12 – Adriana Chiodi in Vada° 13 – Maria Teresa Costamagna° 14 – Lucia Prato°. Cell. 338 1495817 15 – Andrea Franceschi° 16 – prof. Alessandro Vertamy° 17 – arch. Carmelo Patea****. Cell. 333 2552139 18 – Anna Bonetto°. Cell. 348 8240048 19 – Manrico Canepari°. Cell. 340 5569292 20 – Antonina Gazzera°. Cell. 339 7972571 * Percorso completo da Bordighera ad Arles. ** Percorso da Bordighera a Mouries *** Percorso da Bordighera a St. Raphael **** Percorso da St. Raphael ad Arles ° Percorso da Bordighera ad Antibes N.B. Tutte le notizie storiche sono state desunte dai siti di google (wikipedia ecc) 1

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CONFRATERNITA DI SAN JACOPO DI COMPOSTELLA IN PERUGIA

PELLEGRINAGGIO “A STAFFETTA”ASSISI-SANTIAGO DE COMPOSTELA

5° settoreDa Bordighera ad Arles

I PARTECIPANTI

1 – dott. Nilo Marocchino, responsabile di settore*. Cell. 348 82258362 – Michele Castelli***. Cell. 347 54201723 – Giuseppe Sala****. Cell. 335 69467884 – Maria Radaelli****. Cell. 338 82228155 – Gianni Tomaello*. Cell. 347 21098596 – dott. Giorgio Buizza**: Cell. 32870492757 – Pasquale Zuppardi*. Cell. 331 11436728 – Teresa Ottonello*. Cell. 347 93367449 – dott. Carlo Morrone****. Cell. 339 1257209

10 – Maria Micheletto in Morrone****11 – Sebastiano Vada°12 – Adriana Chiodi in Vada°13 – Maria Teresa Costamagna°14 – Lucia Prato°. Cell. 338 149581715 – Andrea Franceschi°16 – prof. Alessandro Vertamy°17 – arch. Carmelo Patea****. Cell. 333 255213918 – Anna Bonetto°. Cell. 348 824004819 – Manrico Canepari°. Cell. 340 556929220 – Antonina Gazzera°. Cell. 339 7972571

* Percorso completo da Bordighera ad Arles.** Percorso da Bordighera a Mouries*** Percorso da Bordighera a St. Raphael**** Percorso da St. Raphael ad Arles° Percorso da Bordighera ad Antibes

N.B. Tutte le notizie storiche sono state desunte dai siti di google (wikipedia ecc)

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Domenica 02 03 2014Da Cordenons (PN) a Bordighera (Ritrovo partecipanti)

Partenza da Pordenone con il treno “Freccia Bianca 9705”: ore 6.21Treviso Centrale: ore 7.10/7.15

Vicenza (via Castelfranco): ore 8.01/8.05Verona P.N.: ore 8.33/8.35

Peschiera del Garda: ore 8.47/8.49Brescia: ore 9.12/9.17

Milano Stazione Centrale: ore 10.00Partenza del treno Intercity “741”: ore 11.10

Pavia: ore 11.33/11.35Voghera: ore 11.49/11.51

Genova Stazione di Piazza Principe: ore 12.38/12.55Savona: ore 13.25/13.29

Finale Ligure: ore 13.41/13.43Arrivo ad Albenga; fine corsa del treno causa interruzione linea: ore 14.00

Partenza del pullman per Bordighera all’esterno della Stazione Ferroviaria di Albenga: ore 14.18S. Remo Stazione Ferroviaria: ore 15.09/15.10

Arrivo nei pressi della Stazione Ferroviaria di Bordighera: ore 15.34Arrivo a Villa Garnier (Suore di S. Giuseppe di Aosta); tratto a piedi: ore 16.10

Arrivo dei Pellegrini Partecipanti: a partire dalle ore 16.30Visita guidata di Villa Garnier con il Sig. Luigi Ricci: ore 19.00/19.30

Cena: ore 19.30/20.50Pernottamento: a partire dalle ore 21.00

Mattinata caratterizzata da precipitazioni piovose diffuse alternate a intensa nuvolosità. Dalla tarda mattinata, qualche squarcio di sereno e sole poi via via in miglioramento con maggiore presenza di sereno specialmente durante tutto il pomeriggio. In serata cielo pressoché sereno e temperature gradevoli.Il trasferimento da Pordenone a Bordighera si è svolto, praticamente, in tre parti:- la prima, da Pordenone a Milano, con un convoglio ferroviario “Freccia Bianca 9705”, via Treviso,

Castelfranco, Vicenza, Verona, Peschiera, Brescia e Milano Centrale.- la seconda, con un treno Intercity da Milano ad Albenga, attraverso Pavia, Tortona, Genova Piazza

Principe, Savona, Finale Ligure e Albenga.- la terza, da Albenga a Bordighera, con un pullman messo a disposizione da Trenitalia, poiché la

linea ferroviaria, fino a Ventimiglia, era interrotta a causa di uno smottamento presso Andora Marina.

Bordighera (Burdigéa o Bordighëa in ligure) è un comune italiano di 10.400 abitanti circa della provincia di Imperia in Liguria. Quinto comune della provincia per numero di abitanti, interamente compreso nella conurbazione di Ventimiglia, è l'ente comunale più meridionale della regione.La geografia : La città è situata sulla costa della Riviera ligure di ponente, ubicata sul capo Sant'Ampelio a circa venti chilometri dal confine con la Francia, ai piedi delle Alpi Marittime. Dista dal capoluogo circa 36 chilometri. Suggestiva la frazione di Sasso arroccata sulla collina bordigotta. Si tratta del comune più a sud di tutta la Liguria: il punto più meridionale del comune corrisponde al capo Sant'Ampelio.Le montagne a picco sul mare provocano in presenza di venti settentrionali (fenomeno che si verifica durante l'inverno) un effetto favonico che rende la stagione fredda molto mite (la media giornaliera delle temperature di gennaio è prossima ai +10 °C) e, durante l'estate, fresche e vivaci brezze marine attenuano la calura, che comunque raramente è eccessiva (media giornaliera nei mesi di luglio e agosto di circa +24 °C).Notizie di carattere storico.Il borgo primitivo di Bordighera nacque intorno al V secolo a.C. grazie alla presenza dei Liguri, i quali si dedicarono all'agricoltura e alla pastorizia abitando in villaggi fortificati costruiti sulla sommità delle alture, in posizione strategica. Testimoni del fatto storico sono i due villaggi, che gli archeologi hanno denominato castellari, nel territorio di Bordighera. Il primo è nella zona di Montenero, mentre l'altro a Sapergo di fronte alla frazione Sasso, presso l'attuale casello dell'autostrada. Quello di Sapergo, scoperto nel 1970, ha restituito tracce di muri a secco dell'epoca preromana, accanto ad altre murature di epoca romana e medievale.In epoca romana fu aperta la Via Julia Augusta, nel 13 a.C., per collegare la Liguria alla Gallia, lungo il percorso dell'attuale Via Aurelia. Proprio di quest'epoca è il ritrovamento, nel 1955, di una tomba di epoca imperiale testimone di un probabile insediamento agricolo dell'Impero Romano nella zona.Nei primi anni del V secolo un religioso eremita di nome Ampelio (che diverrà poi sant'Ampelio) approdò su queste coste proveniente dalla Tebaide portando in dono - secondo la leggenda della cristianità - noccioli di dattero. È forse anche grazie a questa figura religiosa, Bordighera assunse poi il nome di "Regina delle palme", dando al comune una connotazione esotica.

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In una bolla di papa Bonifacio VIII del 1296 si cita il nome "Burdigheta" (da cui Bordighera) derivante forse dalla parola francese "bordigue", traducibile in italiano in "pescaia", ovvero una laguna artificiale chiusa da paratie di canne, utilizzata all'epoca dai pescatori che probabilmente già abitavano la collina sopra Capo Sant'Ampelio. Sempre dalla bolla si apprende che Burdigheta è già una piccola città alle dipendenze di Ventimiglia.Il 2 settembre 1470 alcune famiglie di Castrum Sancti Nicolai, oggi Borghetto San Nicolò (frazione odierna di Bordighera), riunitesi nella locale chiesa parrocchiale, decisero la riedificazione della città precedentemente abbandonata. Quest’assemblea segnò l'atto di fondazione di Bordighera in stile moderno: un borgo fortificato, alto sopra il colle e che guarda il mare.Nel 1543 i Turchi assediarono la città di Nizza, spingendosi poi verso la Riviera Ligure, assediando prima Bordighera e poi Seborga e Coldirodi, catturando uomini, donne e bambini.Nel 1797 con la dominazione napoleonica, Bordighera entrò a far parte della Giurisdizione delle Palme, compresa tra Taggia e Ventimiglia con capoluogo Sanremo all'interno della Repubblica Ligure e poi nel Primo Impero francese dal 1805.Nel 1815 il Congresso di Vienna assegnò la Liguria al Regno di Sardegna e la stessa Bordighera passò alla Divisione di Nizza, in provincia di Sanremo. Passerà poi al Regno d'Italia nel 1861 sotto la provincia di Imperia creata al tempo del Fascismo. A Bordighera avvenne il 12 febbraio del 1941 un incontro tra Benito Mussolini, allora capo del governo, e il caudillo Francisco Franco per discutere l'entrata in guerra della Spagna accanto dell'Asse.Le architetture religiose.La chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena nel centro storico di Bordighera Alta.La chiesa parrocchiale dell'Immacolata Concezione o di Terrasanta, officiata dai Frati Minori Francescani, edificata nel 1883 su progetto dell'architetto Charles Garnier.La chiesa Evangelica Valdese di Bordighera, voluta dal fondatore Moritz von Bernus e realizzata tra il 1901 e il 1904. Oggi la chiesa evangelica valdese è teatro, oltre alle proprie celebrazioni religiose, di concerti e conferenze in collaborazione con l'amministrazione comunale bordigotta e altre diverse associazioni culturali.L’ex chiesa anglicana di Bordighera, la cui fondazione risale al 1863 grazie ai primi ospiti inglesi che qui soggiornarono quasi stabilmente. Le funzioni religiose furono celebrate fino a pochi anni fa, poiché oggi la chiesa è divenuta di proprietà comunale che, dopo un accurato restauro, utilizza lo stabile come centro culturale polivalente per mostre o concerti.L’Oratorio di San Bartolomeo nel centro storico di Bordighera Alta. Come documenta una lapide posta sulla facciata qui avvenne la riunione, il 3 marzo 1673, dei rappresentanti dei borghi di Camporosso, Vallecrosia, San Biagio, Soldano, Borghetto San Nicolò, Vallebona, Sasso e Bordighera che decretò la separazione da Ventimiglia e l'istituzione della Magnifica Comunità degli Otto Luoghi.Architetture civili.Il Palazzo Comunale. Venne progettato dall'architetto francese Charles Garnier. Dapprima lo stabile fu sede della locale scuola e solo dopo fu scelto come sede municipale di Bordighera. All'interno del palazzo sono conservati alcuni interessanti dipinti, opera di artisti italiani e stranieri del XIX e XX secolo, tra i quali Pompeo Mariani (1857 - 1927), Giuseppe Piana (1864 - 1956), Giuseppe Balbo (1902 - 1980), Gianantonio Porcheddu (1920 - 1974) e Friedrich von Kleudgen (1846 - 1924). Sulla facciata dell'edificio è raffigurato lo stemma della cittadina rivierasca, un leone rampante su un albero di pino.Il Palazzo del Parco. In origine fu adibito all'attività alberghiera e dopo vari restauri venne quindi trasformato nell'attuale teatro con diverse sale espositive. Già sede storica del celebre Salone Internazionale dell'Umorismo fu negli anni cinquanta teatro di quattro importanti rassegne di pittura americana. Tra le varie personalità che parteciparono alla rassegna pittorica vi fu, nel 1953, il collezionista Peggy Guggenheim che offrì alla mostra diversi capolavori della pittura dei maestri d'arte statunitensi tra i quali Jackson Pollock, Man Ray, Sebastian Matta, Mark Rothko e Arshil Gorky. Nel giardino che circonda il palazzo, vi è un importante collezione di palme e altre specie botaniche, tra cui alcuni esemplari centenari di Cycas revoluta.La Villa Margherita. Sita nella cornice di via Romana, fu la residenza privata della regina Margherita di Savoia. Costruita tra il 1914 e il 1916 in stile neoclassico, dal 2011 è sede di un museo pinacoteca con le collezioni della Fondazione Terruzzi.La Villa Garnier (vedi descrizione sotto riportata).Dopo l’arrivo del pullman nei pressi della Stazione Ferroviaria di Bordighera, un tratto di strada cittadina prima lungo la via Aurelia poi lungo la parte più alta ha consentito, al termine del percorso di circa 1,7 km, di raggiungere Villa Garnier luogo d’incontro dei Pellegrini aderenti al quinto tratto del Pellegrinaggio di Confraternita, da Assisi a Santiago de Compostela, promosso dalla Confraternita Jacopea di Perugia in occasione degli 800 anni dall’ipotetico Pellegrinaggio di S. Francesco in Galizia. Questo quinto tratto, “guidato” dal Confratello dott. Nilo Marocchino di Saluzzo, prevede di raggiungere la città provenzale di Arles, al termine di quattordici tappe.Il magnifico complesso, sito al n° 11 dell’omonima via, alla morte della vedova dell’architetto Charles Garnier progettista e proprietario della Villa che reca il suo nome, lasciò la proprietà a un’associazione francese che la tenne per pochi anni, e fu quindi acquistata da un americano critico d’arte che a sua volta, non avendo eredi, la donò alla Diocesi di Ventimiglia-San Remo. Dal 1954 appartiene alla Congregazione delle Suore di San Giuseppe d’Aosta che ne hanno fatto un ottimo albergo e residenza per pellegrini in transito.

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Villa GarnierNel marzo del 1871, in seguito ai drammatici avvenimenti della guerra franco-prussiana, l’architetto parigino Charles Garnier (1825-1898) soggiornò nella cittadina di Mentone a villa Santa Maria, ospite degli amici Viale. Nel maggio successivo acquistò un terreno a Bordighera per costruirvi la sua abitazione in Riviera, luogo ideale per trascorrervi le villeggiature. Per coronare il suo desiderio scelse un luogo mistico, dove si ergeva una cappella dedicata a San Sebastiano nella zona dell'Arziglia. La chiesetta, utilizzata dal 1849 come scuola maschile, era situata fuori le mura della città su un terreno molto scosceso a ridosso del mare, sulla strada che conduceva alI'approdo dei pescatori bordigotti. Garnier s’innamorò di questo affascinante terreno immerso tra le palme e offrì al Comune la considerevole somma di 6.000 lire per l'acquisto. Fu attento a non rompere i delicati equilibri della cittadina privandola di servizi primari: propose al Comune che la somma pagata, sufficiente all'erezione di un nuovo edificio, fosse impiegata alla costruzione di una scuola per la quale offrì "uno schizzo"; l'amministrazione accettò l’offerta.Risolti i problemi di scelta del terreno, l'architetto cominciò a ideare la propria villa che fu edificata esattamente sul luogo dove sorgeva la chiesa di San Sebastiano che venne completamente demolita.L'unico disegno preparatorio pervenutoci, nel quale compare lo studio del campanile con archi moreschi, abbandonati nel progetto esecutivo, testimonia quale sia lo stile adottato come punto di partenza: probabilmente Garnier, considerando questo luogo un lembo di Palestina trapiantato in Italia, ritenne che il moresco fosse il riferimento più idoneo. Nella disposizione degli ambienti interni, estremamente razionale, Garnier assecondò I'andamento del paesaggio e la sua percezione, piuttosto che astratte leggi formali o compositive. L'elegante villa, semplice nelle finiture, divenne così un modello ripreso ripetutamente in tutta la Riviera e venne a costare, compresi i muri di contenimento, una somma piuttosto contenuta, ammontante a circa 75.000 franchi.La costruzione, distribuita su tre piani, messi in comunicazione da un un'elegante scala in legno, consacrava il piano terreno al ricevere e alla vita sociale; le dimensioni maggiori della sala da pranzo rispetto a quelle del salone erano giustificate probabilmente dal carattere e dalle abitudini di Garnier che amava gli incontri conviviali, durante i quali si dilettava ad improvvisare versi e discorsi. Al piano superiore invece si dovevano trovare i locali destinati alla vita intima. I numerosi pittori, ospiti dell' architetto Garnier, lasciarono sulle pareti del vestibolo vari affreschi: ricordiamo tra gli altri Lenepveu, Meissonier, Boulanger, Bida, Clairin nonché una serie di caricature dello stesso autore. Nel salone erano conservati invece alcuni dipinti della collezione di famiglia.Il parco, all'epoca ricco di piante esotiche di varie qualità, di molti fiori dai colori eclatanti e dai profumi penetranti, contava circa 600 specie diverse provenienti da ogni continente. A testimonianza dell'ospitalità e del cosmopolitismo dei visitatori rimane nei manoscritti del figlio Christian, morto qualche tempo dopo il padre, un interessante documento dove compare la frase: "Per visitare il giardino della villa Garnier, suonare alla seconda porta" tradotta in trentanove lingue diverse, tra le quali il giavanese, il siamese, il sanscrito, il malese, l'armeno, l’ebreo, il cinese. Tra gli alberi che arricchivano il parco si annoveravano gli olivi e le palme dattilifere che infondevano alla zona un carattere orientale, mentre le opunzie, i fichi, i limoni, le nespole e le piante grasse contribuivano ad accentuare il carattere mediterraneo. Edmondo De Amicis definì questo giardino “la reggia delle palme”.Da rimarcare che, sotto il profilo professionale, l’architetto Charles Garnier ha progettato l’Opera di Parigi (il più ambizioso progetto della capitale francese nella seconda metà dell’Ottocento), una sala del Casinò di Montecarlo, l’Osservatorio di Nizza e molte altre costruzioni in tutta la Francia; qui a Bordighera sue sono la Villa Bischoffsheim (poi ribattezzata Villa Etelinda), oggi sede Municipale, la Chiesa di Terrasanta e Villa Studio.A partire dal tardo pomeriggio, sono arrivati a Villa Garnier Nilo e tutti i Pellegrini che hanno dato la loro adesione per compiere totalmente o in parte questo “Cammino”; successivamente, dopo l’iniziale presentazione sono seguiti momenti di socializzazione soprattutto tra coloro che non si conoscevano. La cena, ottimamente predisposta dalle Suore, è stata preceduta da una breve visita “guidata” a questo magnifico complesso di ospitalità, da parte del Sig. Luigi Ricci, persona vicina alla congregazione delle Suore di Villa Garnier. La cena è stata servita nell’ampia sala da pranzo, unitamente agli ospiti presenti in vacanza qui a Bordighera, presenti anch’essi a Villa Garnier.Il convivio ha avuto termine con un briefing da parte di Nilo vertente sul programma di Pellegrinaggio relativamente ai giorni a venire e sulla logistica predisposta unitamente agli amici francesi della Confraternita Jacopea Provenzale. Si è conclusa così la serata e questa lunga giornata, vigilia dell’inizio del nostro Cammino; l’ottimo pernottamento che ne è seguito, è stata la logica conseguenza.

Tappa n°29 (Prima tappa del 5° settore)Lunedì 03 03 2014

Da Bordigheraal Santuario di Nôtre-Dame de Laghet a la Trinité

Km 37.50

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Sveglia: ore 6.30Colazione all’interno della struttura di accoglienza: ore 7.00

Partenza da Villa Garnier a Bordighera: ore 7.35Transito dalla Chiesetta di S. Ampelio: ore 7.45

Transito nei pressi della Stazione Ferroviaria di Bordighera: ore 7.55 (km 1.30)Inizio geografico di Ventimiglia: ore 8.37

Sosta caffè a Ventimiglia: ore 9.15/9.40 (km 8.00)Sosta: ore 11.05/11.10 (km 14.20)

Galleria prima dell’ex confine italo-francese interdetta al transitoper lavori in corso: ore 11.20 (km 15.40)

Sosta: ore 11.35/11.40 (km 16.00)Transito dall’ex confine italo-francese di S. Lodovico: ore 11.42 (km 16.50)

Inizio geografico di Menton: ore 11.43Inizio galleria in centro a Menton: ore 12.14 (km 18.60)

Inizio geografico del Comune di Roquebrune-Cap Martin: ore 12.53 (km 21.50)Sosta pranzo: ore 13.10/14.40 (km 22.60)

Incrocio con la strada che sale a “La Turbie”: ore 15.02 (km 24.80)Transito nei pressi del Castello e del vecchio villaggio di Roquebrune: ore 15.30

Fine del confine geografico del Comune di Roquebrune-Cap Martin: ore 15.40 (km 27.30)Incrocio con l’innesto per l’autostrada: ore 16.00 (km 28.80)

Inizio geografico del paese di La Turbie: ore 16.50 (km 33.00)Transito da centro del paese di La Turbie: ore 17.10 (km 34.30)

Arrivo al Santuario di Nôtre-Dame de Laghet (primo gruppo): ore 17.45 (km 37.50)Cena all’interno della foresteria del Monastero: ore 19.00

“Briefing”: ore 20.00Pernottamento: a partire dalle ore 20.30

Distanza percorsa: km 37.50Tempo di Tappa (7.35-17.45): 10h e 10’ (610’)

Soste (25’+5’+5’+90’):= 2h e 05’ (125’)Tempo effettivo di cammino: 8h e 05’ (485’)

Media oraria: (37.50x60):485 = km/h 4.21Partecipanti alla tappa: 15

La giornata, dal punto di vista meteo, ha avuto un andamento di grande variabilità. A condizioni iniziali di cielo sereno e sole, è subentrata da metà mattinata una nuvolosità sempre più intensa quindi, tempo molto perturbato con pioggia intensa e vento gelido fino in tarda serata e per tutta la nottata seguente il che ha messo a dura prova i Partecipanti a questa prima tappa, rivelatasi lunga e faticosa.Dopo la sveglia, la prima colazione a “self-service”, la preghiera e le foto di Gruppo, ha avuto inizio il “cammino” e la tappa odierna.La prima tappa prevedeva il trasferimento da Bordighera al Santuario di Notre-Dame de Laghet, non distante dall’abitato (e valico) di “ La Turbie”, sovrastante il Principato di Monaco, in località La Trinité.Dopo il commiato dalle Suore di Villa Garnier, si è iniziata l’odierna fatica scendendo al lungomare di Bordighera per seguitare lungo un percorso del tutto pianeggiante fino a Ventimiglia, intervallato da qualche tratto interno o lungo l’Aurelia, peraltro di poco conto. Bellissimi, verso ovest, i profili di Ventimiglia e Menton (Mentone) ancora illuminati, ma per poco, dal sole di primo mattino.Proseguendo lungo il mare e by-passato l’abitato di Vallecrosia, i presenti sono pervenuti infine al centro storico di Ventimiglia sostandovi per un momento di ristoro e di relax: il caffè di mezza mattina è…d’obbligo.Successivamente, dopo il breve stop, il Gruppo ha proseguito seguendo per un percorso articolato lungo il vecchio sedime dell’ “Aurelia”, ora interdetta pressoché interamente alla circolazione per lavori in corrispondenza di alcune gallerie l’ultima delle quali interdetta pure al transito pedonale, per cui si è dovuto proseguire per un sentiero molto suggestivo e panoramico “all’aperto”, tra roccioni strapiombanti, proprietà private e la superficie del mare.Raggiunto e attraversato in breve l’ex valico confinario di S. Ampelio ove, poco dopo inizia il confine geografico di Menton (Mentone), al termine di un tratto del locale lungomare, il Gruppo è pervenuto in corrispondenza dell’antico e suggestivo centro storico che, in tutta la sua straordinaria skyline costituita da case multipiano addossate l’una all’altra anche multicolore, si “presenta” abbarbicato e quasi “incollato” al pendio di un modesto rilievo collinoso che lo sovrasta.Superato un breve tratto in galleria, i Pellegrini, hanno raggiunto la parte più moderna della città superandola al termine di un articolato e non breve percorso tra le strade cittadine, alcune delle quali ingentilite da numerosi alberi di arance, tra alberghi e lussuose residenze.

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Superato in seguito il confine geografico tra i Comuni di Menton e Roquebrunne/Cap Martin, i Camminatori hanno potuto effettuare la sosta pranzo in corrispondenza di un bar-pizzeria della città. finalmente al riparo della pioggia che continuava senza sosta a cadere copiosa.Alla ripresa del cammino, i Pellegrini hanno raggiunto la parte alta di Roquebrunne superando alcune strade locali anche trafficate pervenendo, infine, alla strada statale che consente, in costante salita, sia di raggiungere l’autostrada che corre molto più in alto e anche l’abitato di Beausoleil, sia di scendere al sottostante Principato di Monaco, straordinario nella sua skyline costituita da palazzi di ogni tipo, dimensione e altezza; insomma uno splendido panorama purtroppo rovinato dalla pioggia incessante e da una certa densa foschia.Risalito lungamente e faticosamente il Col de la Turbie, sotto una pioggia a tratti torrenziale il Gruppo, nel tardo pomeriggio, è andato a raggiungere l’omonimo abitato ove, una parte piuttosto affaticata per la lunga salita, ha effettuato una breve sosta di ristoro.Superato l’abitato e compiuto lo scollinamento, il percorso è continuato ora in discesa quindi, sottopassato un ardito viadotto autostradale il Gruppo, piuttosto provato a causa del lungo ed estenuante percorso reso ancor più duro dalle avverse condizioni meteo verificatesi durante quasi tutta la giornata, è finalmente pervenuto al Santuario mariano di Notre-Dame de Laghet, in località “La Trinité”, qui accolto all’interno della relativa e accogliente foresteria.Laghet (in italiano Laghetto), è una frazione del comune di La Trinité, Dipartimento Alpes-Maritimes nella regione Provence-Alpes-Côte d Azur. Il toponimo prende il nome da una sorgente; Laghet è la trascrizione di piccola pozza d'acqua.Nel XV secolo Laghet era un piccolo villaggio con una cappellina dedicata alla Vergine, già meta di pellegrinaggi; ma fu l'ardente fede e la costanza di don Jacques Fighiera che nel 1625 fece un'opera di grande restauro e per venticinque anni rimase a servizio per diffondere la devozione della popolazione e dei pellegrini che giungevano ormai dal Piemonte, dalla Liguria e da tutta la Provenza. «Tu non hai scelto di apparire qui nel vallone del Laghet, ma i tuoi figli hanno riconosciuto che tu parli al loro cuore »: così canta una strofa dell'inno proprio dedicato alla Madonna di Laghet. In realtà è proprio così: in questo Santuario non si parla di apparizioni della Madonna o di particolari rivelazioni, ma di "prodigi"; tre in particolare vengono ricordati nell'anno 1652: la guarigione di un lebbroso, il rilascio di un prigioniero, la liberazione di un ossesso. Coinvolto personalmente nel terzo segno prodigioso, don Fighiera volle offrire, al posto della vecchia statua rovinata, la statua lignea della Madonna che lui possedeva e che era esposta nella chiesa di Èze, e tutta la comunità volle partecipare a quest’ offerta. È la stessa statua che il pellegrino può contemplare oggi sopra l'altare maggiore della bella cappella barocca del XVII secolo, attribuita all'architetto I. F. Guibert, con cappelle laterali decorate dai Carmelitani all'inizio del secolo XVIII. Nel 1674, infatti, il Vescovo di Nizza, ex provinciale dei Carmelitani di Torino, affidò il Santuario a religiosi del suo Ordine; così accanto al Santuario venne eretto il convento di Laghet. In seguito verranno chiamati i Carmelitani della provincia di Avignone a rimpiazzare i loro confratelli piemontesi. Segno della devozione, come in tanti santuari e cappelle, sono i numerosissimi ex voto che a Laghet tappezzano i muri del chiostro e della chiesa e colpiscono per la quantità e le forme, dalle lastre di marmo alle incisioni su vetro, dalle varie scritte ai semplici quadretti: per dire grazie alla Vergine dei molti "prodigi" compiuti ancora oggi.Al termine delle fatiche odierne, una doccia calda e il riassetto hanno contribuito in tutti i Partecipanti a stemperare le difficoltà della tappa; in camera con me si è sistemato Giorgio Guizza, di Bari, il quale farà l’intero Cammino fino ad Arles come il sottoscritto; abbiamo socializzato immediatamente e l’intesa è stata pressoché immediata !!!All’ora prestabilita, ci siamo ritrovati per la cena nella sala da pranzo del complesso ricettivo, ravvivata da alcune bottiglie di ottimo vino rosso offerto da due amici francesi locali, aderenti alla Confraternita Jacopea locale i quali, unitamente ad altri Confratelli, ci hanno organizzato le varie “reception” durante la marcia verso Arles. Cena a base di passato di verdure, croquette con carne, verdura lessa e riso lesso; dolce finale a base di ottimo cioccolato. Al termine breve “briefing” da parte di Nilo a proposito della tappa successiva poi, tutti a nanna. Domani sarà una tappa breve e di tutta tranquillità.

Tappa n°30 (Seconda tappa del 5° settore)Martedì 04 03 2014

Dal Santuario di Nôtre-Dame de Laghet a la Trinitéa Nice (Nizza)

Km 15.50

Sveglia: ore 7.00Colazione all’interno della struttura di accoglienza: ore 8.00

Partenza: ore 10.05

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Incrocio con il percorso “GR 51”: ore 11.15/11.40Incrocio con la strada dipartimentale che scende da “la Turbie” e si dirige verso Nice (Nizza),

in località Drap: ore 12.25 (km 7.00)Inizio geografico del Comune di La Trinité e sosta: ore 12.30/12.40

Sottopasso dell’autostrada prima dell’ingresso a Nice (Nizza): ore 13.30 (km 10.80)Sosta in corrispondenza della periferia di Nice (Nizza): ore 13.33/!3.45 (km 11.00)

Sosta in periferia a Nice (Nizza): ore 13.50/13.55Sosta in periferia a Nice (Nizza): ore 14.05/14.10

Transito in corrispondenza di un ponte ferroviario non distante dalla Stazione Ferroviaria cittadina: ore 14.20 (km 12.70)Sosta nella zona ospedaliera cittadina: ore 14.32/14.37

Sosta in corrispondenza di una rotonda stradale, dopo la zona ospedaliera, per il reperimento del complesso di ospitalità: ore 14.53/15.03

Arrivo al complesso di ospitalità denominato “Relais International de la Jeunesse” sito nella periferia settentrionale cittadina in località Clairvallon: ore 15.28 (km 15.50)

Distanza percorsa: km 15.50Tempo di Tappa (10.05-15.27): 5h e 22’ (322’)

Soste (25’+10’+12’+5’+5’+5’+10’) = 1h e 12’ (72’)Tempo effettivo di cammino: 4h e 10’ (250’)

Media oraria: (15.50x60):250 = km/h 3.72Partecipanti alla tappa: 15

Dopo una nottata di pioggia intensa e continua, il mattino si è presentato con un cielo totalmente coperto, plumbeo, e con residue precipitazioni peraltro piuttosto modeste. Da metà mattinata le piogge sono cessate e le condizioni meteo sono andate migliorando lentamente; così le nuvole sono andate pian piano diradandosi lasciando intravvedere sempre più ampi squarci di sereno e sole. Dal tardo pomeriggio cielo pressoché terso e temperature gradevoli.Dopo la colazione e una sosta prolungata in attesa di migliori condizioni meteo, al termine della preghiera comunitaria e delle immancabili foto d’assieme, a metà mattina ha avuto inizio l’odierna tappa che, dal Santuario di Nôtre-Dame de Laghet, è proseguita fino a Nice (Nizza).La parte iniziale del percorso si è svolta lungo il cosiddetto “sentiero del Santuario di Nôtre-Dame de Laghet”, ampiamente segnalato, fino all’incrocio con la “GR 51”. Scesi a lambire la base degli alti muri di sostegno del complesso, dopo aver sottopassato un ponticello, i Pellegrini hanno proseguito inizialmente in discesa, ove il sentiero presentava un fondo caratterizzato da affioramenti rocciosi bagnati e pertanto piuttosto scivolosi,i poi pressoché in piano fino ad attraversare un torrentello in corrispondenza di un guado.Raggiunta la strada asfaltata che scende verso Nice (Nizza) e che attraversa il fondo di una valle, il percorso è proseguito subito dopo lungamente, verso destra in continua e faticosa salita, che si è innalzata lungo fianco destro dell’ampia incisione valliva tra alberature e cespugliati sempreverdi in un ambiente alpino di grande suggestione. Superato questo lungo tratto, il percorso si è fatto piuttosto aereo rispetto al fondovalle ed è poi proseguito dapprima in piano poi in costante modesta discesa, tra coltivi e ulivet,i fino ad incrociare una strada ove termina il citato sentiero (o ha origine per chi viene dal fondovalle), e dove si trova il segnavia che contraddistingue il percorso della “GR 51”.Avvenuto qui il ricompattamento, al termine di una breve sosta, il Gruppo ha proseguito lungamente dapprima in falsopiano poi in costante discesa percorrendo una comoda strada asfaltata piuttosto articolata, a servizio di proprietà private locali, fino a raggiungere l’abitato di Drap ove si è incrociata una dipartimentale che, verso sinistra, si dirige verso la città di Nice (Nizza). Proseguendo lungo la strada asfaltata, piuttosto trafficata, il Gruppo ha raggiunto l’abitato di La Trinitè che ha attraversato completamente proseguendo verso il capoluogo nizzardo.Raggiunta la periferia di Nice (Nizza), dopo aver sottopassato il viadotto dell’autostrada, i partecipanti all’odierna seconda tappa del Cammino hanno sostato per un breve momento di relax e anche per consumare un veloce pranzo per poi proseguire e raggiungere la periferia della città.Superata una rotonda in corrispondenza di un viadotto ferroviario, non lontano dalla Stazione Ferroviaria cittadina, il Gruppo si è diretto verso destra lambendo, per un tratto di salita, un grande complesso ospedaliero raggiungendo successivamente un’ulteriore rotonda stradale. Da qui, non senza qualche problema di orientamento, si è poi raggiunto il complesso di ospitalità sito al n° 26 di Av. Scuderi in località Clairvallon, denominato “Relais International de la Jeunesse” immerso nel verde di un bellissimo parco alberato, in una zona periferica davvero tranquilla.Condivido la camera con Giorgio Buizza e Pasquale Zuppardi in un comodo locale da quattro posti letto con doccia interna (i servizi igienici sono invece esterni e comuni).Ceniamo all’interno della struttura che è ormai buio: zuppa di asparagi, purè, hamburger, formaggino di camembert, dessert al cioccolato, e tanta acqua. Alla fine di questa cena piuttosto spartana e quantitativamente piuttosto limitata, pulizia dei tavoli e recapito delle stoviglie in cucina…; mancava

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solo di effettuare anche il loro lavaggio!!! (mezza pensione il tutto per la modica spesa, si fa per dire,di € 35,50; per questo tipo di accoglienza la Spagna è molto più a buon mercato !!!).Nice (in italiano Nizza; in occitano nizzardo Niça) è una città della repubblica francese affacciata sulla Costa Azzurra di cui è il maggior centro, vicino alla frontiera con l'Italia, nel dipartimento delle Alpi Marittime. Nizza è il quinto comune della Francia per popolazione con 344.875 abitanti (circa 540.000 nell'agglomerato e poco più di 1.000.000 nell'area metropolitana). Il suo aeroporto intercontinentale Nice-Côte-d'Azur, posto alla periferia occidentale della città, con i suoi quasi dieci milioni di passeggeri (2009), è il secondo di Francia dopo quelli di Parigi. Si tratta di una città a vocazione turistica ed è la seconda città francese più visitata dopo Parigi.Geograficamente l'intero bacino del fiume Varo, con la città di Nizza, appartiene alla Regione fisica italiana. La città ha anche due piccoli fiumi di solito in secca durante l'estate: il Paviglione (in francese Paillon) e il Magnano (Magnan). Varie colline dominano la città, la più conosciuta di queste è la collina di Cimella con le sue rovine di epoca romana; la collina del Castello separa la città dal porto.Il clima è di tipo mediterraneo e assai mite.Il toponimo originale della città è, in italiano, Nizza, mentre in occitano è conosciuta come Nissa. Il toponimo francese della città è Nice e i suoi abitanti vengono chiamati niçois o niçards, "nizzardi" in italiano. Nella parlata locale il termine più comune è “nissart”. L'aggettivazione "Nizza Marittima", per differenziarla da Nizza Monferrato, è d'epoca sabauda.Secondo alcune fonti, l'etimologia del nome trarrebbe origine dal greco antico Νίκαία, che a sua volta deriva da Nike, cioè "vittoria". Un'altra ipotesi fa tuttavia risalire il nome della città al toponimo etrusco-italico Nikaïa.Anche se alcuni scavi archeologici (sito di Terra Amata) fanno risalire i primi insediamenti di progenitori umani addirittura a 400.000 anni fa, Nizza (Nicaea) fu fondata circa 2.500 anni fa dagli abitanti di Marsiglia e ricevette il nome di Nikaïa in onore alla vittoria sui liguri (Nike è il nome in greco della dea della vittoria). La città si trasformò velocemente in un importante porto commerciale della costa ligure. In età romana, ebbe una rivale molto importante, la vicina città di Cemenelum che continuò ad esistere fino all'invasione longobarda del territorio. Le rovine di questa città sono visibili a Cimiez, attualmente uno dei quartieri di Nizza. Nel VII secolo, Nizza si unì alla lega di Genova formata dalle città della Liguria. Nel 729 espulse i saraceni dal suo territorio.Durante il Medioevo, in quanto città italiana, Nizza partecipò alle numerose guerre italiane. Come alleato di Pisa fu nemica di Genova. Nel 1388 il comune di Nizza si mise sotto la protezione della famiglia comitale di Savoia, guidata da Amedeo VII, in funzione antiprovenzale (contea di Nizza).La forza marittima di Nizza andò aumentando progressivamente, e le sue fortificazioni furono ampliate e le sue strade migliorate. Nella guerra fra Carlo I di Spagna e Francesco I di Francia, essa soffrì molto, a causa anche di un'epidemia di peste che la colpì. Dopo qualche anno di guerra la pace fu stipulata grazie al Trattato di Nizza. Dopo dieci anni la città fu però nuovamente attaccata da Francesco I e dal pirata turco Barbarossa che conquisto la città. La peste ricomparve nel 1550 e nel 1580.Nel 1600, la città fu acquistata dal duca di Guisa, che ne aprì i porti e proclamò la libertà di commercio iniziando un periodo di prosperità. Nel 1642 gli spagnoli furono cacciati. Nel 1699 fu ceduta nuovamente al ducato di Savoia.Nel 1706 il castello fu distrutto dai francesi. L'anno successivo la controffensiva savoiarda giunse fino a Tolone, sottoposta anche a blocco navale dagli inglesi che avevano occupato le Isole di Lerino nella cui baia, bloccata dalla marina britannica, si trovava larga parte della flotta francese.Nel 1713 il Trattato di Utrecht riconobbe il dominio della città al Regno di Sicilia, del cui titolo fu insignito il duca sabaudo Vittorio Amedeo che, nel 1718, lo permutò con il Regno di Sardegna.L'8 settembre 1792 il ministro degli esteri del governo rivoluzionario francese Lebrun-Tondu diede ordine all'esercito d'invadere la Savoia e il 22 settembre dello stesso anno le truppe francesi, agli ordini del generale Montesquiou, entravano a Chambery. Anche la contea di Nizza si apprestava a subire la medesima sorte: Nizza venne abbandonata precipitosamente dal governatore piemontese, generale Courten, al primo apparire delle truppe francesi ed il 29 settembre 1792, alle ore 16, il generale francese d’Anselme entrava con le sue truppe in nella città, che fino a quel momento era appartenuta ai territori del regno di Sardegna, e v'instaurava un'amministrazione provvisoria.Il 27 novembre, con decreto della Convenzione, tutta la Savoia venne annessa alla Francia e poco dopo, il 13 gennaio 1793, la stessa sorte toccò a Nizza.Tuttavia, molto presto, l'opinione generale si volse contro i francesi a causa delle requisizioni ordinate dai militari, dei saccheggi e delle esazioni compiuti dalle truppe occupanti. Questi eccessi furono denunciati anche dal rappresentante delle autorità rivoluzionarie, inviato in missione nella zona, Filippo Buonarroti.Tutto ciò diede origine ad una spontanea reazione di resistenza clandestina della popolazione nizzarda alle soperchierie, quando non atrocità, compiute dalle truppe di occupazione francese e nasceva così il barbetismo. La volontà di scristianizzare il paese, com'era avvenuto in Vandea ed in Bretagna, le requisizioni militari e la coscrizione obbligatoria dei giovani seguita dal loro arruolamento forzato, aumentarono notevolmente le schiere dei barbets, i componenti del movimento armato semiclandestino detto appunto "barbetismo".Verso la fine della Rivoluzione francese la comparsa di briganti che mascheravano i loro atti di violenza spacciandoli per resistenza all'occupante, gettarono parecchio discredito sul movimento.

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L'annessione di Nizza alla Francia venne confermata all'inizio dell'epoca napoleonica, con l'armistizio di Cherasco del 1796, confermato poche settimane dopo dal Trattato di Parigi.L'anno 1799 vide un periodo di nuova, violenta, persecuzione religiosa, condotta dal generale francese di origine nizzarda André Masséna, che causò un forte incremento dell'attività dei barbets, i cui ranghi si rafforzarono notevolmente. Ai primi di maggio del 1800, le truppe austro-piemontesi, comandate dal generale Melas occuparono Nizza e gran parte della contea, ma il ritorno al regno di Sardegna durò molto poco: già a fine mese le truppe del generale francese Suchet la riportavano sotto il dominio della repubblica francese, occupazione poi consolidata con la vittoria di Napoleone Bonaparte a Marengo.Nel periodo consolare e successivamente in quello imperiale, l'atteggiamento delle autorità francesi divenne molto più conciliante con la popolazione, riducendo così i motivi di scontento che avevano dato origine alla nascita del barbetismo.Diciotto anni dopo tuttavia, con la caduta dell'impero napoleonico e l'avvento della restaurazione, Nizza tornò a regno di Sardegna con il trattato di Parigi del 1814. Giuseppe Garibaldi vi era nato nel 1807, quindi in un periodo in cui Nizza era francese.Nel 1860 Nizza fu nuovamente, e definitivamente, annessa alla Francia, assieme alla Savoia, in seguito agli Accordi di Plombières (1858) e al Trattato di Torino (1860), come compenso territoriale per l'aiuto dato dalla Francia al Risorgimento Italiano. L'annessione fu ratificata anche dal plebiscito della popolazione con 25.743 a favore, 160 voti contrari (i marinai nizzardi imbarcati sulle navi sarde, i soli elettori sulle cui schede comparisse il no) e 5.000 astenuti. Il plebiscito fu pilotato in funzione filo-francese, con il consenso dei Savoia e del Governo. Molti nizzardi si trasferirono in Italia, prevalentemente nelle località di Ventimiglia, Bordighera e Ospedaletti. Dopo l'annessione nacque un movimento che promosse l'annessione di Nizza all'Italia; questo movimento è conosciuto come Irredentismo italiano a Nizza. Qui, vi sono numerose tracce dell'appartenenza sabauda: nella omonima piazza si erge la statua di Giuseppe Garibaldi (oggi corredata da una iscrizione in francese dedicata "al nostro concittadino Giuseppe Garibaldi, eroe dei 2 mondi"), mentre nel centro vecchio, principalmente nella zona compresa fra la "Piazza del tribunale" e il “Molo degli Stati Uniti” (Quai des Etats Unis), si trovano ancora numerose tavole, che mostrano la contea di Nizza prima dell'annessione alla Francia, oltre alle chiese seicentesche e settecentesche, che esprimono il medesimo stile che ritroviamo a Torino.Nel 1882 l'architetto Carlo Guarnieri costruì il celebre Osservatorio di Nizza aiutato da Alexandre Gustave Eiffel, che ideò anche la Torre Eiffel a Parigi.Nel quadro della seconda guerra mondiale, l'11 novembre 1942, in risposta all'operazione Torch scatenata dagli alleati, Nizza venne occupata dalle truppe italiane. Grazie all'opera dell'avvocato ebreo Angelo Donati e del cappuccino Padre Maria Benedetto le autorità fasciste frenarono l'applicazione delle leggi antisemite e la deportazione degli ebrei.Dopo il ritiro del Regio Esercito a seguito dell'Armistizio di Cassibile, all'indomani dell'8 settembre 1943, la città fu occupata dalle forze tedesche. Nizza si distinse per la resistenza antinazista, fu vittima di rappresaglie e di deportazioni di ebrei che vi avevano trovato rifugio durante i mesi di occupazione da parte del Regno d'Italia. Fu brutalmente bombardata il 26 maggio 1944 dagli Alleati.Con lo sbarco alleato nel sud della Francia dell'agosto 1944 (Operazione Dragoon) Nizza passò sotto il controllo alleato (28 agosto).Dopo la liberazione, Nizza fu governata dal popolare sindaco Jean Médecin (sindaco dal 1947 al 1965) e successivamente da suo figlio Jacques Médecin (sindaco dal 1966 al 1990). Jacques Médecin ha lasciato la Francia nel 1990 in seguito a numerosi scandali di corruzione politica. Tre anni dopo fu catturato in Uruguay, estradato e condannato al carcere. L'attuale sindaco di Nizza, Christian Estrosi (eletto nel marzo di 2008) è membro del partito di destra UMP.Nel 2000 l'Unione Europea firmò nella città il Trattato di Nizza che modificava la struttura e il funzionamento dell'Unione.Nizza è una città a forte vocazione turistica, possiede la seconda capacità alberghiera di Francia e conta circa 4 milioni di turisti ogni anno. Oltre ad una serie nutrita di edifici otto-novecenteschi di notevole importanza per l’architettura è nota anche per le numerose strutture ospedaliere pubbliche e private la cui nomea travalica i confini della madrepatria. A ogni buon conto, bisogna rimarcare alcune tra le più importanti attrattive e realtà di questa bellissima città che ne fa, senza tema di smentite, una delle perle della Costa Azzurra.Promenade des Anglais: è l'elegante lungomare di Nizza, che rappresenta un luogo di incontro e di passeggio per turisti e per tutta la cittadinanza locale. È formata da due direttrici stradali, direzione est-ovest e ovest-est, e da una larga zona pedonale a ridosso della spiaggia. La passeggiata è spesso luogo di manifestazioni, esibizioni musicali, bancarelle nonché eventi quali il Carnevale di Nizza e la Battaglia dei fiori. Tipiche sono le sue seggiole blu (chaises bleues), dove è possibile sedersi e godersi la brezza marina.Place Masséna: E’ una delle più rappresentative piazze di Nizza. Dalla pavimentazione di mattonelle bianche e grigie, si innalzano le straordinarie opere d'arte moderna dell'artista Jaume Plensa: su piedistalli metallici sono posizionate figure umane dalle grandi dimensioni che al calar del sole si illuminano di colori vivaci. Ne sono 7: uno per ogni continente. Sullo sfondo della piazza la Galleria Lafayette. Stupenda anche la fontana dai flutti altissimi e il monumento dedicato alla Costa Azzurra.Place Garibaldi: È la piazza più antica di Nizza, i palazzi che la circondano sono di colore giallo. Al suo interno è presente una statua di Giuseppe Garibaldi, nativo di Nizza, rivolta verso l'Italia.

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Chiesa russa ortodossa di San Nicola: Si tratta di una chiesa ortodossa realizzata nel 1912 su ispirazione della Cattedrale di San Basilio sulla Piazza Rossa a Mosca, per venire incontro alla grande affluenza di nobili russi che nel XIX secolo si recavano a Nizza per evitare i rigori dell'inverno russo.Palazzo Lascaris: Costruito nella prima metà del Seicento in stile barocco genovese, appartenuto alla famiglia Ventimiglia-Lascaris di origine levantina è stato acquisito dal comune di Nizza nel 1942 diventando in seguito uno dei più importanti spazi museali dedicato anche a mostre temporanee. Si trova nella città vecchia.

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Tappa n°31 (Terza tappa del 5° settore)Mercoledì 05 03 2014

Da Nice (Nizza) ad AntibesKm 31.00

Sveglia: ore 6.00Colazione all’interno della struttura di accoglienza: ore 7.00

Partenza: ore 7.20Transito dalla Chiesa di S. Giovanna d’Arco: ore 7.57 (km 2.70)

Breve sosta in Piazza Massena in centro Città: ore 8.32/8.37 (km 4.80)Inizio del tratto lungo la Promenade des Anglais e breve sosta per foto: ore 8.35/8.40Sosta per incontro con Richard Pollice della Confrternita locale Jacopea: ore 9.10/9.15

Sosta lungo il tratto della Promenade: ore 9.25/9.35Sosta al Terminal n° 1 dell’Aerostazione di Nice (Aeroport Côte d’Azur): ore 10.15/10.45 (km 11.30)

Transito dal ponte che scavalca il fiume Var, anche inizio geografico del Comune di St. Laurent de Var: ore 11.05

Inizio geografico del Comune di Cagnes sur Mer; breve sosta: ore 11.45/11.50Sosta: ore 12.10/12.15

Sosta a Villeneuve-Loubet presso il “Comptoir Casinò Expresss Restaurant”: ore 12.35/13.10Transito dal porticciolo in corrispondenza dei grandi edifici multipiani “Baie des Anges”

a Villeneuve-Loubet; ore 13.20Transito nei pressi della Stazione Ferroviaria di Villeneuve-Loubet; ore 13.32

Sosta in località “Jod la Siesta-Casinò d’Antibes” e commiato dagli Amici Pellegrini di Saluzzo e Cuneo che, da qui, fanno rientro a casa: ore 14.05/14.10 (km 23.20)

Transito dal porticciolo di Antibes prima dell’accesso al centro cittadino: ore 14.40 (km 25.70)Sosta presso la Stazione Ferroviaria di Antibes: ore 14.50/15.00 (km 26.30)

Sosta presso un supermercato in centro ad Antibes: ore 15.10/15.35Sosta: ore 16.05/16.10

Arrivo al complesso parrocchiale di accoglienza di St Benois all’interno del promontoriodi Cap d’Antibes: ore 16.30 (km 31.00)

Cena autogestita: ore 19.00Pernottamento: ore 20.45

Distanza percorsa: km 31.00Tempo di Tappa (7.20-16.30): 9h e 10’ (550’)

Soste (5+5’+5’+10’+30’+5’+5’+35’+5’+10’+25’+5’) = 2h e 25’ (145’)Tempo effettivo di cammino: 6h e 45’ (405’)

Media oraria: (31.00x60):405 -= km/h 4.59Partecipanti alla tappa: 15*

*(n° 15 fino nei pressi di Antibes poi all’arrivo n° 6)Condizioni meteo, quelle odierne, caratterizzate da cielo terso pur con qualche nuvola presente a metà giornata, sole e temperature gradevoli. La tappa odierna si è svolta pressoché sempre lungo il mare “toccando” località della Costa Azzurra note e ambite per il clima e la bellezza dei luoghi.Espletate le consuete operazioni di “sveglia e riassetto”, al termine della colazione e delle preghiere mattutine, è iniziata questa terza tappa. La colazione, complessivamente, è stata discreta ed ha compreso succhi di frutta, the, caffè, latte, pane, burro e marmellate.Inizialmente la tappa si è svolta tra edifici residenziali, commerciali e del terziario, variegati per tipologia, volumetria e datazione, lungo piazze, strade e ampi viali dotati di settori ben distintii ciclopedonali, veicolari e dei servizi di mobilità pubblica il che denota una politica urbanistica di prim’ordine perseguita certamente non da oggi.Completato l’attraversamento cittadino, il Gruppo è pervenuto alla famosa “Promenade des Anglais”; trattasi di un lunghissimo percorso ciclopedonale lungomare, molto largo, tra la stretta spiaggia ghiaiosa e i vialoni che sottendono alberghi e residenze di lusso. La “passeggiata” si estende dalla città all’aeroporto nizzardo “Nice-Côte-d’Azur” per circa nove chilometri, ingentilita da piante lussureggianti, cespugliati sempreverdi e fioriture primaverili il tutto per conferire all’ambiente aspetti indiscutibilmente unici ma anche aristocratici.Al termine di una breve sosta per le foto di Gruppo, ma anche per godere dell tepore di questo sole foriero della vicina stagione primaverile, lo straordinario panorama verso occidente e il profumo emanato da un mare azzurro e liscio come l’olio, si è percorsa lungamente questa nota e famosa

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passeggiata tra una moltitudine di camminatori di ogni età, di cicloturisti, di cani, ma anche di persone anziane e/o diversamente abili.Inframmezzato da alcune brevi soste, il cammino è proseguito fino a raggiungere il Terminal n° 1 dell’aerostazione dell’aeroporto “Nice-Côte-d’Azur ove il Gruppo ha potuto effettuare una sosta per il brunch di mezza mattina. Qui, a causa di problemi fisici della signora Adriana, i coniugi Vada hanno continuato fino ad Antibes con un mezzo pubblico.Ripreso il cammino, la tappa è proseguita ancora lungo percorsi pedonali prospicienti la costa mediterranea, superando inizialmente il famosissimo complesso ippico di Cagnes sur Mer per poi raggiungere Villeneuve-Loubet, comune situato tra Cagnes-sur-Mer e Antibes, alla foce del fiume Loup; la città è composta dalla riunione di due villaggi precedenti: l'antico borgo di Villeneuve al suo interno, e il villaggio di Loubet sulle sponde del Mediterraneo.Ciò che caratterizza questo comune è principalmente un complesso di avveniristici edifici multipiano, la “Baie des Anges” le cui sinuosità formali e digradanti conferiscono all’area in cui sono realizzati, veramente un qualcosa di notevole e inconsueto. La “Marina Baie des Anges”, composta da quattro edifici, è stata la scommessa fatta nel 1960 dal promotore Jean Marchand di trasformare uno spazio costiero abbandonato, in parte occupato da un campeggio, in un complesso residenziale di lusso progettato dall'architetto André Minangoy e approvato dal Conseil Supérieur de l'Architecture et de l'Urbanisme. Oggi, questi 16 ettari, ospitano un porto turistico con 530 posti barca, un centro commerciale e quattro giganteschi edifici che ospitano circa 1500 alloggi. La struttura architettonica, attraente e futurista, ha ricevuto l'appellativo di "Patrimonio del XX secolo". I quattro edifici che formano la Marina sono denominati: l'Amiral, il Baronnet, il Commodore e il Ducal.Oltre a questo magnifico e moerno insediamento turisico-residenziale, il Comune di Villeneuve Loubet ospita:- Il Castello, fondato nel XIII secolo da Romée de Villeneuve, composto da di quattro edifici intorno a

un cortile interno di forma trapezoidale. In corrispondenza dei quattro angoli si erge una torre. Protetto da due muri di cinta dotati di merli e feritoie, il castello ha conservato l'aspetto austero di una fortezza medievale.

- Il villaggio provenzale centro della piccola città di Villeneuve. Ricostruito nel XVI secolo dopo le grandi epidemie che hanno determinato il suo declino, nel villaggio si trovano alcune porte risalenti al Rinascimento, la Chiesa di Saint-Marc, la cappella di Notre Dame d'Espérance, il lavatoio di Rue des Poilus, il Museo di Storia e Arte.

- Le Château de Vaugrenier, casa in stile palladiano costruita alla fine del XVI secolo.- Il museo militare, dedicato ai grandi conflitti del XX secolo che hanno coinvolto la Francia: le due

Guerre Mondiali (1914-1918, 1939-1945), la guerra d'Indocina (1945-1954), quella d'Algeria (1954 - 1962), gli interventi in Ciad e Zaire (1969-1984), Libano (1982-1987) e la guerra del Golfo (1991).

Ancora un lungo tratto di cammino lungomare ha separato Pra Loup da Antibes; ancora spiagge sabbiose e incomparabili panorami sia verso est che verso ovest. Prima di raggiungere Antibes, il Gruppo dei piemontesi di Cuneo e Saluzzo, come previsto,hanno lasciato il Gruppo per rientrare a casa. Dopo il commiato, i “superstiti” proseguono raggiungendo la stazione di Antibes ove hanno rincontrato i coniugi Vada in partenza per Bordighera.Ora il Gruppo si era drasticamente ridotto ma, non per questo, motivato ma soprattutto coeso; raggiunto il centro di Antibes, ha sostato in un supermercato per acquistare i generi alimentari per la cena autogestita dato che, nella struttura d’accoglienza che ci avrebbe accolto, avremmo trovato una cucina perfettamente attrezzata, completa e funzionante.Antibes Juan-les-Pins, o più semplicemente Antibes (in italiano storicamente Antibo e anche Antipoli in tempi più recenti, in greco antico Antipolis, in occitano Antíbol), è un comune francese di 76.600 abitanti circa (fino a 220.000 durante l'estate) situato nel dipartimento delle Alpi Marittime nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra. I suoi abitanti si chiamano antibois (in occitano provenzale antibolencs o antiboulen, in italiano antiboini). È il secondo comune del dipartimento delle Alpi Marittime, dopo Nizza.Il suo comune include Antibes e Juan-les-Pins. Ad Antibes c'è il Musée Picasso che si trova nel Castello Grimaldi (costruzione che risale al secolo XVI eretta sulle rovine dell'antica acropoli greco-romana) e contiene tutte le opere che Pablo Picasso eseguì durante il suo soggiorno ad Antibes, nel 1946. Fra le altre la notissima e acclamata Joie de vivre. Molti sono comunque i pittori, impressionisti e no, che negli ultimi centocinquanta anni hanno scelto di soggiornarvi per un certo tempo per ritrarre i suoi paesaggi e la sua luce incomparabile: ricordiamo Nicolas De Staël, che vi trovò prematuramente la morte, Claude Monet e Paul Signac, Hans Hartung. La vita della città è molto animata e colorata in ogni periodo dell'anno, con i suoi mille ristorantini di tutti i prezzi, i negozi, i locali, le botteghe d'arte, i variopinti mercatini. Altri posti molto visitati sono il Museo Peynet dedicato al grande artista e il Museo Archeologico (Bastion St. André, costruito da Sébastien Le Prestre de Vauban). Su Antibes, Victor Hugo scrisse: "Tout ici rayonne, tout fleurit, tout chante" ovvero "Qui tutto splende, tutto fiorisce, tutto canta". In luglio nella Pinède Gould di Juan-les-Pins si svolge da più di 40 anni un famosissimo Festival del Jazz, manifestazione internazionale a cui hanno partecipato e partecipano i più prestigiosi nomi del jazz mondiale. Tra Antibes e Juan-les-Pins si estende il famoso promontorio di Cap d'Antibes dove Francis Scott Fitzgerald ambientò parte del suo romanzo “Tenera è la notte” e dove sorgono alcuni tra i

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più esclusivi hotel del mondo, come l'Hotel du Cap-Eden Roc, e fastose ville private come il Château de la Croé e che ospita splendidi parchi fra cui il parco Thuret, un giardino botanico di 4 ettari. In cima al promontorio sorge il faro, accanto al Santuario della Garoupe. Da qui si gode una magnifica vista a 360 gradi, che va da Cannes alla Baie des Anges. Molto suggestiva, benché non agevole, la passeggiata a piedi sul litorale del Cap che inizia dalla spiaggia della Garoupe. Tra Fort Carré (a levante) e i bastioni della città vecchia (a ponente) c'è il maggiore porto turistico in Europa e il secondo del mondo: Port Vauban. Già importantissimo porto commerciale per la Antipolis dei Greci, mantenne la sua importanza strategica anche durante il Medioevo. Il Fort Carré è una fortezza del XVI secolo, uno dei massimi esempi di architettura militare in Europa, che sorge sulle rovine del Tempio di Mercurio. Vi venne imprigionato Napoleone Bonaparte dal 16 agosto al 14 settembre del 1794, dopo la caduta di RobespierreAl termine della spesa, si è superato il centro cittadino, piuttosto trafficato per la presenza sia di numerosissime persone che di autoveicoli, quindi il gruppetto dei Pellegrini ha proseguito il cammino inoltrandosi tra le vie periferiche della città avendo più di qualche problema di orientamento nel reperire il complesso di accoglienza; fortunatamente l’amico francese Richard Pollice, della Confraternita Jacopea Provenzale che oggi è stato, per così dire, il nostro “angelo custode” e ci ha infine indirizzato in modo da pervenire, al termine di questa terza e non breve tratta, alla foresteria del complesso parrocchiale di St. Benois, sita in posizione davvero tranquilla situato all’interno del magnifico promontorio di Cap d’Antibes ricco di vegetazione e di lussuose residenze.Ottimo il pernottamento ma soprattutto la cena autogestita a bassissimo costo: aperitivo con noccioline, pasta con salmone, riso alla cantonese, formaggio, biscottini, vino del Mont Ventoux e tante chiacchiere in allegria; insomma, un fine tappa inconsueto ma piacevolissimo e, come capita sempre in situazioni come queste, di grande spontanea socialità. Dopo tre giorni, ci troviamo a meraviglia !!!

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Tappa n°32 (Quarta tappa del 5° settore)Giovedì 06 03 2014

Da Antibes (St. Benoit)a Theoule-sur-Mer (St. Camille).

Km 26.00

Sveglia: ore 6.00Partenza: ore 7.00

Sosta colazione in un bar sul lungomare di Juan Les Pins: ore 7.42/8.07 (km 3.50)Inizio geografico del Comune di Golfe-Juan: ore 8.32

Sosta: ore 8.37/8.42 (km 5.60)Inizio geografico di Cannes: ore 9.30

Inizio passeggiata lungo la “Croisette”: ore 9.55 (km 11.80)Sosta: ore 11.15/11.25

Sosta pranzo nei pressi della Stazione ferroviaria di Mandelieu la Napoule: ore 12.10/13.10 (km 20.50)Inizio geografico del Comune di Theoule-sur-Mer: ore 13.27

Transito dalla Stazione Ferroviaria di Theoule-sur-Mer: ore 13.36Arrivo al complesso di ospitalità “Villa St. Camille” in corrispondenza del punto panoramico “Pointe de

l’Esquillon”: ore 14.25 (km 26.00)Cena all’interno del complesso di ospitalità: ore 19.00

Pernottamento: ore 20.30

Distanza percorsa: km 26.00Tempo di Tappa (7.00-14.25): 7h e 25’ (445’)

Soste (25’+5’+10’+60’) = 1h e 40’ (100’)Tempo effettivo di cammino: 5h e 45’ (345’)

Media oraria: (26.00x60):345 -= km/h 4.52Partecipanti alla tappa: 6

Bellissima giornata con cielo terso, sole e temperature tiepide iniziali ma po, in seguito, anche elevate per la stagione in corso. Anche oggi, la tappa ha visto il Gruppetto camminare sempre lungo il filo di costa, con visuali davvero mozzafiato, per certi tratti all’interno del Parco Nazionale dell’Esterel, vero paradiso per ciclisti, cicloamatori e non solo. Vegetazione lussureggiante, innumerevoli piante di mimose in fiore, baie e calette marine straordinarie per conformazione e “intimità”; questo il “contorno” di un percorso sicuramente indimenticabile.Lasciato di buon’ora il complesso di ospitalità, il Gruppo ha attraversato il promontorio di Cap d’Antibes raggiungendo in breve Juan les Pins e il suo magnifico lungomare in un “continuum” di alberghi, lussuose residenze, negozi alla moda (a quest’ora naturalmente chiusi) e locali di ritrovo, circondati dalla solita lussureggiante vegetazione.Durante il cammino attraverso il lungomare, il Gruppo ha sostato per la prima colazione in un bellissimo quanto moderno locale ove, ma forse solo per chi scrive può essere una novità, abbiamo potuto prendere atto di un moderno sistema di pagamento effettuato solamente attraverso una macchina automatica e non, come solitamente avviene, alla cassa del locale.Ripreso il cammino, il percorso è continuato verso Cannes per il magnifico lungomare parallelamente alla strada statale e alla linea ferroviaria che collega tutte le città della Costa Azzurra.Raggiunta la città di Cannes, abbiamo continuato lungo la famosa “Croisette” che interseca il grandioso Palazzo del Cinema e il porto turistico all’ormeggio del quale si sono potute notare imbarcazioni di ogni tipo e grandezza. Dalla parte opposta al lungomare, un “continuum” di lussuosi alberghi e condomini, costituisce una quinta interminabile che fa di questa città una delle mete più ambite del turismo e della vacanza.Cannes è la terza città del dipartimento francese Alpi Marittime nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra per popolazione dopo Nizza ed Antibes. Dista circa 31 km da Nizza, 48 da Monaco e 57 dalla frontiera italiana. Questo comune si estende sulla Costa Azzurra per quasi 9 km, ha alle spalle le Alpi Marittime e, nella parte ovest della città si trovano il comune di Le Cannet e il quartiere La Bocca.Stazione balneare della Costa Azzurra, Cannes è universalmente conosciuta per il suo Festival del film e la sua passeggiata della “Croisette”. Davanti alla città di Cannes sorgono le isole di Lerino: Sant'Onorato e Santa Margherita.L'area era già abitata nel II secolo a.C. Si ritiene che la tribù ligure degli Ossibiani abbia creato un insediamento chiamato Aegitna. Gli storici sono incerti sul significato del nome. L'area era un villaggio

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di pescatori, usato come scalo tra le isole di Lerino. Nel 69 d.C. divenne teatro di un violento conflitto tra le truppe di Otone e Vitellio.Nel X secolo, la città era nota come “Canua”. Il nome potrebbe derivare dalla parola "canna". Canua fu probabilmente un piccolo porto ligure, e successivamente un avamposto romano sulla collina Le Suquet, come testimoniano le tombe romane lì rinvenute. Sulla collina Le Suquet fu eretta nell'XI secolo una torre da cui si controllava il territorio paludoso in cui oggi sorge invece la città. La maggior parte delle antiche attività, soprattutto la difesa, si svolgevano sulle isole di Lerino e la storia di Cannes è la storia delle isole.Un attacco perpetrato nell'891 dai Saraceni, che rimasero fino alla fine del X secolo, devastò le campagne attorno a Canua. L'insicurezza delle isole di Lerino costrinse i monaci a stabilirsi sulla terraferma, sul Suquet. L'edificazione di un castello nel 1035 fortificò la città, che da allora assunse il nome di Cannes, e alla fine dell'XI secolo si diede inizio alla costruzione di due torri sulle isole di Lerino. Per costruirne una ci volle un secolo, per l'altra addirittura tre. Attorno al 1530, Cannes si rese autonoma dai monaci che avevano controllato la città per centinaia di anni e divenne indipendente. Nel XVIII secolo, sia gli Spagnoli che gli Inglesi tentarono di acquisire il controllo delle isole di Lerino (Lérins), ma furono cacciati via dai Francesi. Le isole passarono poi sotto il controllo di molti, come Jean-Honoré Alziary e il Vescovo di Fréjus. Le isole servirono per molti scopi; alla fine del XIX secolo, una di esse accolse un ospedale per i soldati della Guerra di Crimea.Henry Brougham, primo barone Brougham e Vaux comprò un appezzamento di terreno alla Croix des Gardes e fece costruire la villa Eleonore-Louise. Il suo impegno per migliorare le condizioni di vita della zona attrasse l'aristocrazia inglese, che fece anch'essa costruire delle residenze invernali. Alla fine del XIX secolo, furono completate diverse linee ferroviarie. Ciò favorì l'arrivo delle linee tramviarie. A Cannes furono realizzati progetti come il Boulevard Carnot, la rue d'Antibes e l'Hotel Carlton sulla Promenade de la Croisette. Dopo la chiusura del Casino des Fleurs (hôtel Gallia), fu costruito un edificio di lusso per la clientela ricca invernale: il Casino Municipal accanto al molo Albert-Edouard. Il casinò fu demolito e sostituito dal nuovo Palazzo nel 1979. Con il XX secolo arrivarono nuovi hotel di lusso, come il Miramar e il Martinez. La città fu modernizzata con un centro sportivo, linee tranviarie, un ufficio postale e scuole. Nel primo dopoguerra c'erano meno turisti tedeschi e britannici, ma più americani. Il turismo invernale aprì la via a quello estivo, così che fu costruito il casinò estivo alla Palm Beach. All'inizio del 1922 la città ospitò la Conferenza di Cannes, riguardante la riorganizzazione dell'Europa dopo la Prima guerra mondiale. Il consiglio cittadino ebbe l'idea di ospitare un festival cinematografico internazionale poco prima della seconda guerra mondiale. La prima edizione si aprì il 20 settembre 1946 e si tenne al Casino Municipal.Nizza è famosa per il suo lungomare, la Croisette, una delle più belle e spettacolari passeggiate del mondo ed è sede del famoso ed omonimo Festival cinematografico, nonché di un importante festival internazionale della pubblicità.Superata la città moderna e quella più antica prospiciente una bella e ampia piazza, dopo aver scattato alcune foto da inviare al Rettore Paolo Caucci richiesteci nel frattempo, si è ancora proseguito per un tratto di lungomare piuttosto lungo ma molto panoramico fino a raggiungere l’abitato di Mandelieu la Napoule ove è avvenuta la sosta pranzo in prossimità della locale stazione ferroviaria.Il successivo ultimo percorso, si è svolto seguitando lungo i marciapiedi di una strada piuttosto trafficata. Superata la periferia di Theoule Sur Mer, con ampi panorami verso est-nord/est in un tripudio di macchia mediterranea e mimose in fiore, la strada è proseguita in costante salita fino a un poggio “il Pointe de l’Esquilon”, alto sul mare un centinaio di metri, dove è situato il complesso residenziale di vacanze “Villa Saint Camille” usufruito in genere, da anziani e pensionati i quali possono accedervi per un periodo di riposo. Il complesso sorge in un’invidiabile posizione panoramica, si compone di alcuni padiglioni immersi nella natura del luogo e sovrasta il mare nonchè un sottostante insediamento turistico e residenziale con ville a schiera; insomma un luogo davvero incomparabile.All’arrivo, la “reception” ha offerto una bibita fresca poi ci sono state assegnate le camere; io e Giorgio Buizza dormiamo assieme anche questa notte ma ormai facciamo coppia fissa. La camera a due letti con servizi all’interno è davvero confortevole; inoltre, dall’ampio balcone, si gode un panorama mozzafiato.All’ora prestabilita, abbiamo cenato all’interno della struttura in una specie di semi self-service: antipasto a base di verdure miste, riso con vari tipi di pesce in sugo di panna, fragole e, tanta acqua !!!. Al termine un caffè al bar poi, dopo qualche momento di relax, il pernottamento.

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Tappa n°33 (Quinta tappa del 5° settore)Venerdì 07 03 2014

Da Theoule-sur-Mer (St. Camille) a St. RaphaëlKm 27.00

Sveglia: ore 6.00Colazione all’interno della struttura d’accoglienza: ore 7.00

Partenza: ore 7.30Transito da Cap Miramar: ore 7.53

Col de l’Esquillon: ore 8.00Inizio geografico dell’abitato di Miramar: ore 8.10

Inizio geografico dell’abitato di Le Trayas: ore 8.30Transito da Pointe du Cap Roux: ore 9.30

Inizio geografico dell’abitato di Anthéor: ore 10.00Inizio geografico dell’abitato di Agay: ore 10.40 (km 16.00)Sosta caffè all’inizio dell’abitato di Agay: ore 10.56/11.26

Incontro lungo la spiaggia di Agay con alcuni “Amis de St. Jacques - Provence-Alpes-Côte d’Azur”:Ore 11.35/1145

Centro Agay-bivio per Vallescure: ore 11.50Sosta: ore 11.52/11.57

Incrocio della strada asfaltata dipartimentale con il sentiero del Cammino Francese di St Jacques: ore 12.10/12.15

Culmine della salita al termine di una sterrata lungo il Cammino: ore 12.40Culmine della salita in corrispondenza dell’ampia strada asfaltata a servizio delle cave locali: ore 12.50

Sosta pranzo e spesa al supermercato nell’immediata periferia di St Raphaël: ore 13.40/14.40Inizio geografico di St. Raphaël: ore 14.41

Arrivo al “Residence des Dacones Jean Depus - Autoroute de Monde”: ore 15.00 (km 27.00)”Cena autogestita all’interno del Residence: ore 19.30

Pernottamento: ore 21.00

Distanza percorsa: km 27.00Tempo di Tappa (7.30-15.00): 7h e 30’ (450’)Soste (30’+10’+5’+5’+60’) = 1h e 50’ (110’)

Tempo effettivo di cammino: 5h e 40’ (340’)Media oraria: (27.00x60):345 -= km/h 4.76

Partecipanti alla tappa: 6Anche quest’oggi, giornata splendida dal punto di vista meteo con cielo totalmente terso, sole e caldo.Magnifica tappa soprattutto sotto l’aspetto panoramico, compiuta per molti tratti percorrendo la litoranea dipartimentale “D 6098” che corre alta, lungo la costa, piuttosto articolata a seguire le curve di livello del territorio montuoso caratterizzato da affioramenti, torrioni e rilievi variamente dimensionali di rocce rosse che scivolano fino al mare, caratteristiche di quest’area “l’Esterel”, Parco Nazionale a buon diritto; un vero paradiso terrestre !!!Il Massiccio dell'Esterel (in francese: massif de l'Esterel; in occitano provenzale: Esterèu secondo la norma classica e la norma felibriana) è un massiccio montuoso della Francia sudorientale, situato lungo la Costa Azzurra a cavallo tra i dipartimenti del Varo e quello delle Alpi Marittime.L'Esterel è un massiccio di forma ovaleggiante che si protende nel Mar Mediterraneo a mo' di leggero promontorio. Le sue coste dallo sviluppo frastagliato ed il suo paesaggio relativamente selvaggio offrono una netta soluzione di continuità con le zone densamente urbanizzate di Cannes e Antibes.Geograficamente il massiccio dell'Esterel è delimitato a SE dal Mediterraneo, a NE dal corso del fiume Argentière e dal golfo della Napoule, a SO dal fiume Argens e dalle città di Fréjus e Saint-Raphaël, nonché a NO dalle Prealpi di Provenza. Massima elevazione è il Mont Vinaigre (614 m).La Partizione delle Alpi del 1926 includeva il massiccio nel sistema alpino e lo legava alla sezione alpina Prealpi di Provenza.Secondo la più moderna letteratura il massiccio, per la sua conformazione geologica, non fa parte del sistema alpino. Conseguentemente la SOIUSA lo esclude dalle Alpi e lo inserisce nei cosiddetti Massicci di Bassa Provenza.Sotto il profilo strettamente geologico, l'Esterel è un massiccio erciniano. Alla fine del Paleozoico, circa 250 milioni di anni fa, si sviluppò un'intensa attività vulcanica con emissione di basalti e di rioliti.

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In seguito, nel Mesozoico, il massiccio subì una forte erosione. Nel Cenozoico e nel Quaternario l'orogenesi alpina fece ruotare il massiccio nel Mar Mediterraneo il quale si presenta con grandi faglie orientate est-ovest. Delle rocce dell'Esterel si trovano in Corsica Il clima dell'Esterel è prettamente mediterraneo, con inverni miti e asciutti ma estati calde e secche, sovente torride. Durante l'autunno, che normalmente è umido a causa della vicinanza del mare, le piogge possono essere di carattere torrenziale e causare una forte erosioneIl percorso, effettuato seguendo la citat dipartimentale, è stato a dir poco entusiasmante in un tripudio di profumi di primavera, alberature di mimose e macchia mediterranea, lambendo ville immerse nel verde fronteggianti il mare, in un continuum di falsipiani, “terrazze” d’osservazione dei panorami nei punti più interessanti, paesini e agglomerati residenziali di vacanze; non si contano le calette e le spiaggette tra innumerevoli insenature di rocce rossastre che il mare e gli agenti atmosferi hanno nel tempo via via trasformato in piccoli eden. Quello che si nota è che il territorio è sapientemente urbanizzato e le costruzioni, unifamiliari a uno o due piani al massimo, sono letteralmente immerse nella vegetazione che ammanta tutto il territorio. Anche qui bisogna parlare di politica urbanistica razionale e intelligente.Così, seguitando lungamente all’interno di questo incomparabile territorio e percorrendo i marciapiedi ciclopedonali presenti lungo la dipartimentale “D 6098”, lambita da un’incomparabile vegetazione, il Gruppetto ha raggiunto l’abitato di Agay qui sostando per il caffè di mezza mattina, all’ingresso del paese, in corrispondenza di un ottimo bar-panetteria, fronteggiante il golfo panoramico su cui si affaccia la cittadina.Ripreso il cammino lungo la spiaggia di Agay, abbiamo incontrato un gruppo di Confratelli Jacopei locali i quali ci attendevano non solo per finire con noi la tappa odierna ma anche per indirizzarci lungo il Cammino Jacopeo Francese “Provenzale e Tolosano” che, verso ovest, conduce a Santiago.Al termine dei momenti di socializzazione e delle foto d’assieme, dopo aver intersecato il tracciato Jacopeo all’uscita della cittadina, si è continuato tra coltivi e uliveti percorrendo un’ampia sterrata in salita fino a raggiungere il culmine di una collina e intersecare un’ampia strada asfaltata che in realtà avrebbe dovuto essere la circonvallazione di St. Raphaël ma che, in effetti, serve attualmente solo una cava di granito.Proseguendo per quest’arteria, poi seguitando lungo la ciclabile realizzata lateralmente, il Gruppo ha raggiunto la periferia di St. Raphaël sostando non solo per consumare il pranzo ma anche per effettuare, su suggerimento dei nostri amici francesi accompagnatori, la spesa in un vicino supermercato in funzione della cena serale autogestita all’interno del complesso d’accoglienza.Al termine della sosta, di nuovo in marcia per un breve tratto stradale al termine del quale, in corrispondenza della periferia di St. Raphaël, il Gruppo è pervenuto ad un complesso gestito di bunlalows per vacanze, all’interno di un’area alberata e tranquilla: il “Residence Vacances A.T.C. Routes du Monde”. Al complesso di ospitalità, gli amici francesi si sono accomiatati da noi non prima di averci dato alcune “dritte” per l’indomani.Al termine del riassetto, il Gruppo è stato raggiunto, come previsto, da Maria Radaelli e Giuseppe Sala, nonché dai coniugi torinesi Maria Micheletto e Carlo Morrone; Carmelo Patea, invece, è arrivato più tardi a St. Raphaël “recuperato” alla stazione ferroviaria locale con l’auto dell’amico francese Alberto il quale è stato con noi fino alla sera.La cena, autogestita all’interno di uno dei bungalow, è consistita in pasta al pomodoro, salmone affumicato, insalata, formaggio, vino e dessert. Alla cena ha pure partecipato un amico francese dei coniugi Morrone qui arrivato per incontrarli e salutarli. Alla fine, un comodo pernottamento.In posizione privilegiata tra Cannes & Saint Tropez, la cittadina di St. Raphaël dal fantastico litorale, gode di un “art de vivre” tutto particolare che risulta essere un buon compromesso tra la festività delle città vicine e la tranquillità del Var, regione conosciuta ed apprezzata per le sue spiagge incontaminate, scogliere rocciose, e una qualità di vita eccezionale. A soli 30 minuti da Cannes e a meno di un ora da St. Tropez, la cittadina di Saint Raphaël è luogo ideale per chi ama la tranquillità a breve distanza dalla festa.Il Casinò, le frequentate spiagge sabbiose, ville e hotel di lusso sono i fiori all’occhiello di questo centro che vanta anche un importante centro congressuale ed una clinica di “rimessa in forma” tra le più quotate d’Europa.Il nome Saint Raphaël ha origini romane, infatti sin dal mille questa zona era frequentata da romani e pellegrini di passaggio verso Marsiglia, la vicinanza all’allora importante centro religioso di Frejus, fece di Saint Raphaël un centro florido e ricco. Furono sempre i romani a costruirvi per primi magnifiche ville e dimore per signori o militari di rango, tutt’oggi restano alcune delle residenze più belle e meglio conservate della regione.Dopo il X° secolo furono i barbari e le incursioni di pirati ad influenzare Saint Raphaël, subendo saccheggi ed influenze moresche che oggi stimolano l’immaginario. I templari prima ed i Cavalieri dell’Ordine di Malta poi, riportarono la pace in queste zone e la città vanta ancora molte vestigia che ricordano l’ordine del Tempio. Anche Napoleone scelse Saint Raphaël come sbarco trionfale dopo le campagne in Egitto, una piramide costruita nel porto, ne ricordava l’evento.Già verso la metà del 1.800 la città divenne, grazie alla modernizzazione, un centro balneare di grande pregio anche grazie alla creazione delle ferrovie che la collegavano ad altri centri già conosciutissimi e frequentati da clientela internazionale di alto profilo. È in questi anni che nascono il Casinò ed alcune ville di particolare bellezza, una delle più particolari è la Villa Mauresque costruita dall’architetto Pierre

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Chapoulard conosciuto per il suo particolare stile moresco. Politici, scrittori, artisti e personaggi di rilevante importanza hanno soggiornato a Saint Raphaël ed hanno lasciato in eredità questo stile di vita tranquillo e amabile.L’Esterel con le sue infinite scogliere di roccia rossa e i suoi altopiani stile canyon americani, le piccole insenature e golfi nascosti, le lunghe spiagge sabbiose, l’accoglienza, il Casinò, Ville e Hotel di lusso fanno di Saint Raphaël, un luogo prediletto da una clientela esigente che ama la privacy senza discostarsi troppo dalle serate mondane di centri più animati.

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Tappa n°34 (Sesta tappa del 5° settore)Sabato 08 03 2014

Da St. Raphaël a Le MuyKm 20.50

Sveglia: ore 6.00Partenza: ore 7.00

Inizio geografico di Frejus: ore 7.05Sosta colazione nel centro di Frejus e visita alla Cattedrale di Saint Leonce: ore 7.50/8.20 (km 7.00)

Inizio geografico dell’abitato di Puget sur-Argens: ore 9.20Sosta dopo 9.00 km: ore 9.35/9.40

Sosta nella piazza del paese di Puget s.A.: ore 9.50/10.15Transito dalla periferia di Roquebrune (rotonda circonvallazione dipartimentale n° 7): ore 11.10

Sosta all’inizio geografico di Le Muy: ore 12.05/12.25Arrivo al complesso di ospitalità “Gîte Le Paradou”: ore 12.45

Rosario e S. Messa all’interno della Parrocchiale locale di St, Joseph: ore 17.30/18.45Cena presso il complesso di ospitalità: ore 19.30

Pernottamento: ore 21.00

Distanza percorsa: km 20.50Tempo di Tappa (7.00-12.45): 5h e 45’ (345’)

Soste (30’+5’+25’+20’) = 1h e 20’ (80’)Tempo effettivo di cammino: 4h e 25’ (340’)

Media oraria: (20.50x60):265 -= km/h 4.64Partecipanti alla tappa: 10

Ennesima giornata di alta pressione, bellissima come ieri ma più fresca per la presenza di aria. Da oggi camminiamo in dieci in quanto Michele, ieri, ha concluso il suo cammino a St. Raphaël mentre sono pervenuti nel pomeriggio, come già descritto nella cronaca di ieri, Maria e Giuseppe Sala, Carlo e Maria Morrone e Carmelo Patea. La tappa odierna, complessivamente, non è stata per nulla entusiasmante essendosi svolta essenzialmente lungo la strada statale n° 7 alquanto trafficata.Dunque eccoci alla giornata odierna. Partenza per tempo e in breve, dopo aver raggiunto il centro di Frejus, compiamo una fugace visita all’interno della bellissima chiesa dedicata a Saint Leonce de Frejus poi una breve colazione in un bar situato sulla piazza principale della città dove, casualmente, incontriamo una signora il cui marito era di origine purliliese (Palse di Porcia – Pordenone).Fréjus (in occitano Fréjus) è un comune francese di 52.953 abitanti situato nel dipartimento del Varo della regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Essa è ricca di monumenti risalenti all'epoca romana molto interessanti (acquedotto, anfiteatro, arena) e fu fondata da Gaio Giulio Cesare con il nome di Forum Julii, ovvero Foro di Giulio.E’ ancora presto e si stanno ancora allestendo le bancarelle del mercato settimanale.Lasciamo la città e, in periferia, transitiamo da alcune vestigia romane e all’esterno della grande arena le cui antiche murature sono state rinforzate e inglobate entro strutture in c.a.Nel parco antistante un monumento e alcune pannellature, ricordano la tragedia del 2 dicembre 1959 allorché la città venne colpita dall’onda di piena di 50 milioni di metri cubi d’acqua fuoriuscita a seguito del collassamento della diga di Malpasset. La tragedia provocò 421 morti distruggendo gran parte dell’abitato.E’ interessante conoscere quanto è avvenuto sia sotto il profilo ingegneristico che più propriamente legato a fattori idrogeologici. Vediamo di dare un quadro il più realistico di questa immane tragedia.Nel 1951 un grande e prestigioso studio di progettazione ed ingegneria, lo Studio Coyne & Beller, progettò quella che divenne la Diga di Malpasset; un manufatto di tipo “ad arco-cupola” ciòè con curvatura non solo in pianta ma anche in sezione verticale: lo stesso tipo della diga del Vajont, per citarne una a caso (quella del Vajont, per le sue colossali dimensioni, ha però resistito alle sollecitazioni dovute al crollo del monte Toc). Questa tipologia di sbarramento è molto idonea in siti ove il fiume scorre in strette valli incise tra rocce molto compatte e resistenti. Al contrario della diga a gravità (per esempio la Diga di Molare), che oppone il suo stesso peso alla spinta dell'acqua trattenuta, la diga ad arco-cupola grazie alla sua geometria trasmette gli sforzi generati alle pareti rocciose su cui è collegata. Per tale ragione queste dighe risultano molto sottili: quella di Malpasset era spessa 6,82 mt alla base ed 1,5 mt sul coronamento. Si può dire che tali dighe demandano la fatica di reggere la spinta del lago alle rocce delle valli su cui le strutture sono ancorate.

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Questa diga, alta 66 mt e con lunghezza della volta pari a 223 mt, venne realizzata tra il 1952 ed il 1954. Furono posati decine e decine di blocchi di calcestruzzo pesanti oltre 300 tonnellate e connessi fra loro e le rocce di fondazione tramite armature in acciaio e sigillati con malte ad elevata densità. L'ingegner Andrè Coyne era orgoglioso di poter progettare la diga ad arco-cupola più sottile al mondo: un foglio di calcestruzzo armato in grado di contenere un bacino di volume pari a circa 48 milioni di metri cubi. L'acqua era destinata al consumo idropotabile e all'irrigazione agricola. Come detto nel 1954 l'opera fu ultimata; a questo punto si sarebbe dovuto eseguire il lento collaudo dell'invaso. In generale le operazioni d’invaso e di svaso dei neonati bacini dovrebbero avvenire con grande cura e prudenza valutando gradualmente il comportamento della struttura della diga e delle sponde del lago. In questo caso, tale procedura si tramutò in una vera e propria “corsa al collaudo”.Il 1° dicembre 1959 tutti gli scarichi della diga erano ben chiusi per facilitare la costruzione di un ponte autostradale situato un centinaio di metri a valle della stessa diga. Intense precipitazioni fecero salire velocemente il livello del lago. Il 2 dicembre 1959 alle ore 21.13, la diga si fessurò improvvisamente “come un guscio d'uovo” nella parte centrale di massima curvatura. Il collasso della struttura fu praticamente immediato. Milioni di metri cubi di acqua si riversarono a valle formando un'ondata alta circa 40 mt. Questo autentico muro d'acqua percorse la stretta valle ad una velocità di 70 km/ora distruggendo dapprima i due piccoli villaggi di Malpasset e Bozon (nonchè l'autostrada in costruzione) e, dopo circa 20 minuti, raggiunse la cittadina di Fréjus posta 10 km più a valle. Quest'ultima ha antiche origini romane e fu tra i più importanti cantieri navali dell'impero. L'ondata di acqua e fango, ancora alta circa 3 mt, non ebbe pietà nè del ricco patrimonio storico ed artistico, nè tantomeno degli ignari abitanti: 5 persone su cento perirono per un totale di circa 420 vittime. 1000 furono gli ettari di terreni agricoli compromessi, 155 le abitazioni distrutte. L'inferno ebbe fine quando l'ondata raggiunse il Mediterraneo poco a valle della cittadina. Le furie delle acque furono tali che alcuni enormi blocchi costituenti il paramento della diga sono tutt'ora visibili a circa un chilometro e mezzo a valle di Malpasset. Sulle cause del disastro indagarono diverse commissioni d'inchiesta governative. Le ipotesi furono molte: sabotaggio, terremoto, meteoriti (!!!), vibrazioni generate dalle mine per la realizzazione di un tunnel autostradale ecc ecc. L'ing. Andrè Coyne, “si chiamò fuori” in quanto, solo sei mesi dopo la sciagura, morì a sessantanove anni avvilito dall'immane tragedia. Le indagini furono volte alla valutazione della resistenza del paramento della diga, delle sue spalle appoggiate alla roccia ed alla resistenza di quest'ultima. Queste non evidenziarono alcuna anomalia imputabile ai progettisti. Venne pure indagato per omicidio colposo l'ing. Jacques Durgeu del Dipartimento dell'Agricoltura francese per aver autorizzato l'opera. Ma nel 1963 (una data ricorrente...) lo stesso Durgeu portò a conoscenza di tutti i risultati di una sua commissione d'inchiesta che per la prima volta imputava allo studio di progettazione di non aver sufficientemente approfondito le problematiche riguardanti le rocce di fondazione. Nel 1964 Durgeu fu definitivamente scagionato e si iniziò a ipotizzare che il crollo fosse stato determinato ”da un imprevedibile spostamento della roccia sotto l'argine sinistro della diga”.L'Associazione delle Vittime del Fréjus indisse una causa contro lo studio di progettazione della diga. Due furono i fatti che emersero da questo procedimento che non portò ad alcuna condanna. Il primo fu che un mese prima del crollo, riprese fotografiche evidenziarono una deformazione della diga rispetto alle dimensioni originarie in una trentina di punti presi in considerazione sia sul paramento che in prossimità delle fondazioni. Tale fatto era a conoscenza dell'Ing. Durgeu che intimò all'Ing. Coyne di verificare lo stato della diga. La lettera contenente tale comunicazione arrivò nei giorni immediatamente precedenti il disastro e fu letta solo successivamente. Il secondo fatto emerse dall'immancabile testimonianza del guardiano della diga che sostenne di aver sentito forti vibrazioni sul paramento della diga a seguito della realizzazione della vicina autostrada. Gli esperti calcolarono che tali vibrazioni erano otto volte superiori al limite di sicurezza.Il Disastro di Malpasset, scosse fortemente l'opinione pubblica francese ma, al pari di altri disastri di tal genere, non vi furono né responsabili, nè condanne. Attualmente, per un Francese il nome "Malpasset" equivale ad un misto di indignazione e tristezza; un po' come il nome "Vajont" per noi Italiani, eccetto per l'indignazione... quella l'abbiamo persa da parecchio tempo! il Disastro di Malpasset del 2 dicembre 1959 è uno degli esempi più lampanti di causa geologico - strutturale. Il tentativo di chiamare in causa fattori esterni (terremoti, esplosioni, persino meteore) o l'imprevedibilità della natura non può in alcun modo adombrare le vere cause di questo disastro. Le rocce (sempre loro !!) su cui era fondata la diga erano costituite da gneiss e scisti. Trattasi in generale di rocce metamorfiche nelle quali, per effetto delle elevatissime pressioni a cui furono sottoposte in tempi geologici passati nelle profondità della terra, i minerali si sono orientati in una stessa direzione conferendo un tipico aspetto “a bande” o addirittura determinando una struttura scistosa connotata da un gran numero di fitte e ben sviluppate fogliazioni che rappresentano vere e proprie linee di debolezza della roccia. Queste rocce erano, o meglio, le loro fogliazioni, erano orientate in modo non sfavorevole rispetto alla diga. Inoltre, i probabili carotaggi eseguiti evidenziarono che gli gneiss si presentavano assai compatti. La situazione poteva sembrare ideale per la realizzazione della diga.

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Gli studi geologici eseguiti non identificarono però la presenza di una faglia sulla sponda sinistra. Non la identificarono o non gli diedero importanza? Questo non si sa, ma ciò che rimane evidente e che questa faglia era orientata trasversalmente (in senso opposto) ai piani di scistosità delle rocce (vedere schema). Questa configurazione geometrica si rilevò fatale. Negli ammassi rocciosi infatti, l'intersezione di due piani (la faglia e la scistosità, nel caso di Malpasset) determina la formazione di un cuneo roccioso. Nella “geologia quotidiana” lo studio dei piani di discontinuità è molto utilizzato in differenti ambiti, come per esempio, la stabilità di scarpate rocciose insistenti su strade. Nel caso di Malpasset, sfortunatamente, la conseguenza di tale configurazione fu ben peggiore, della caduta di qualche cuneo su una sede stradale. Proprio sopra questo cuneo, era stata fondata una diga! A peggiorare ulteriormente le cose fu la presenza di un riempimento di materiale all'interno della frattura (della faglia). Infatti, se la faglia fosse “stata vuota” cioè i due blocchi opposti fossero stati a diretto contatto, la resistenza della faglia (l'anello debole di tutto il sistema) allo sforzo imposto dalla diga sarebbe stato assai maggiore. Purtroppo però il materiale di riempimento della faglia era argilla! Quando il lago fu riempito, le pressioni nel cuneo aumentarono a dismisura. Le fogliazioni delle rocce trasferirono infatti queste sovrapressioni alla faglia e all'argilla in essa contenuta. Tali pressioni annullarono la forza di coesione all'interno dell'argilla e i blocchi rocciosi separati dalla faglia si mossero (come fossero due fette di pancarrè con in mezzo dell'insalata russa!). Non è inoltre da escludere che le vicine esplosioni per la realizzazione del’autostrada, abbiano ulteriormente aggravato il disequilibrio. Le dighe ad arco-cupola sono strutture rigide e non tollerano spostamenti di alcun tipo tanto meno movimentazioni d’intere porzioni di ammassi rocciosi su cui sono fondate. Ancora una volta, l'approssimativa conoscenza del sottosuolo causò un'immane tragedia che si sarebbe potuta evitare con una serie di sondaggi profondi eseguiti preliminarmente alla progettazione esecutiva dell'opera. Uscito definitivamente dalla città, il Gruppo si è incamminato per una strada asfaltata tra coltivi ed incolti piuttosto trafficata fino a pervenire al paese, di Puget sur Argens dove, si è sostato in corrispondenza della piazza principale; il paese è un comune francese di 6.850 abitanti circa, situato nel dipartimento del Varo della regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra.Uscito dall’abitato, il Gruppo ha proseguito per un lungo rettilineo alberato; intersecata infine la strada statale n° 7, che è stata lungamente percorsa, dopo aver lambito la periferia di Roquebrunne, è pervenuto infine al paese di Le Muy. all’inizio del quale ha preso alloggio presso una vetusta struttura in fase di recupero, denominata “Gîte Le Paradou”.Qui, accolti dal proprietario, i Pellegrini hanno avuto modo di rifiatare e rifocillarsi con alcune bevande da lui offerte poi tutti si sono sistemati nelle camere; come al solito io e Giorgio Buizza siamo assieme.Al termine del riassetto generale e della doccia, io e Giorgio abbiamo raggiunto il vicino ottimo e fornitissimo supermercato “Casinò”; qui ho acquistato alcuni generi per poter effettuare un pranzo veloce e spartano quindi, a seguire, un breve periodo di riposo e di siesta al tiepido sole odierno necessario anche per poter, come ogni giorno, redigere alcune paginette del diario.A metà pomeriggio, breve visita al centro di questo tranquillo e lindo paese, caratterizzate da un edificato a “cortina continua”, piuttosto vetusto, allineato lungo le strade ma ben conservato e formalmente corretto. Alle ore 17.30 S. Rosario nella chiesa parrocchiale cittadina, St. Joseph du Muy del XVI secolo quindi, a seguire, la S. Messa prefestiva con l’imposizione delle ceneri alla fine della cerimonia. Ottima la cena all’interno della struttura al calduccio di un bellissimo caminetto acceso: aperitivo, insalata mista, risotto di pesce, bollito di pollo con verdure, vino e fette di arancia con il cacao!!! E poi… a letto in camera naturalmente fredda e umida (ma siamo sopravissuti !!!).

Tappa n°35 (Settima tappa del 5° settore)

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Domenica 09 03 2014Da Le Muy a Lorgues

Km 22.00

Sveglia: ore 6.00Colazione: ore 7.00Partenza: ore 7.22

Transito in corrispondenza di un complesso industriale siderurgico: ore 8.10Rotatoria in corrispondenza della strada dipartimentale “D1556”: ore 8.32

Les Arcs sur Argens, anche chiesetta di Sainte Rosaline: ore 8.52Ingresso Chateau Font du Blac: ore 9.25

Sosta all’incrocio della sterrata con un’asfaltata secondaria locale: ore 9.32/9.37Incrocio con strada asfaltata intercomunale: ore 9.50

Sosta all’incrocio con dipartimentale “D57” in località “la Fabregue”: ore 10.40/10.45Sosta all’incrocio con dipartimentale “D73”: ore 11.00/11.20 (km 14.00)

Transito dalla Domaine “Chateau Roubine” (Les Mas de Candeliers),dell’Ordine dei Cavalieri di Malta: ore 12.00Guado del fiume “Florieye”: ore 12.20/12.45

Transito dalla “Chapelle de Notre Dame de Florieye” del XIII° sec.: ore 12.50/12.55 (km 18.00)Sosta all’incrocio con strada dipartimentale “D562”: ore 13.30/13.35

Arrivo alla “Collégiale de St. Martin de Lorgues”: ore 13.45/13.50Arrivo “all’Hotel du Parc” in centro a Lorgues: ore 13.55 (km 22.00)

Cena presso il Ristorante cittadino “Le Chris Sandier”,: ore 19.30Pernottamento: ore 21.00

Distanza percorsa: km 22.00Tempo di Tappa (7.20-13.55): 6h e 35’ (395’)

Soste (5’+5’+20’+25’+5’+5’+5’) = 1h e 10’ (70’)Tempo effettivo di cammino: 5h e 25’ (325’)

Media oraria: (22.00x60):325 -= km/h 4.06Partecipanti alla tappa: 10

Gran bella giornata, anche quella odierna, inizialmente piuttosto fredda ma poi il sole ha gradatamente riscaldato l’atmosfera sicché per tutta la giornata è stato veramente piacevole camminare con una temperatura da primavera inoltrata.Dopo la colazione all’interno della struttura ove si è cenato e trascorso la notte, il Gruppo si è rimesso in marcia attraversando il paese ancora assonnato anche se animato nel suo centro storico dal mercato in fase di allestimento.Superata la circonvallazione cittadina, (anche dipartimentale D 1555), si è proseguito per una comoda strada asfaltata secondaria che attraversa la periferia urbanizzata di Le Muy superando, in successione, case unifamiliari e infine un complesso siderurgico.Seguendo la segnaletica GR e del Cammino di Santiago francese, il Gruppetto si è inoltrato per un sentiero sterrato proseguendo verso occidente all’interno di un bosco di piante di medio fusto variabile per tipologie arboree, il quale è terminato in corrispondenza di un’ampia rotatoria da dove si è proseguito per una comoda strada asfaltata locale, lambita da vigneti e coltivi, fino a raggiungere la magnifica Domaine “Chateau St. Roseline” ove è eretta la chiesa dedicata alla Santa ma ancora chiusa al pubblico in quanto l’orario di visita era troppo in anticipo rispetto al nostro transito.Aggirata la proprietà, all’interno della quale si sono ammirati maestosi platani mirabilmente trattati in modo da mettere in risalto il complesso dei rami ancor privi del fogliame, si è proseguito per una comoda ampia sterrata in continui leggeri saliscendi lambita da boschetti di roverelle e lecci ma anche di radure coltivate a vigneti.Superati in progressione alcuni incroci con strade asfaltate locali, il Gruppo ha proseguito ancora per stradicciole e tratturi sterrati tra vigneti piuttosto “datati” e giovani impianti di ulivi, raggiungendo una zona amena e tranquilla, caratterizzata dalla presenza di qualche modesta azienda agricola ma anche di residenze di vacanze unifamiliari, immerse nel verde tra alberature di alto fusto pini marittimi e fioriture primaverili.Superata quest’area di un certo interesse ambientale, il Gruppo ha proseguito per un sentiero sterrato e molto ghiaioso sfociato poi in un’interpoderale tra i bassi vigneti “Les Mas de Candeliers” della Domaine “Le Chateau Roubine” di proprietà del Sovrano Ordine di Malta fondato dai Cavalieri dell’Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme.Aggirato il magnifico Castello, che sorge in posizione dominante sulla sottostante vallecola sapientemente vitata, il Gruppo ha proseguito per una strada asfaltata tra boschetti e coltivi fino a

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raggiungere un agglomerato di abitazioni in corrispondenza di un fiumiciattolo, il “Florieye” che si è superato guadandolo a piedi nudi.Oltrepassato questo divertente momento dell’odierno Cammino, il Gruppo ha raggiunto e superato la “Chapelle de Nôtre-Dame de Florieye” del XIII° secolo poi, seguitando lungamente per un stradicciola asfaltata, ha raggiunto una rotonda stradale alla periferia dell’abitato di Lorgues, sede dell’odierna tappa.Un lungo viale in leggera salita lambito da platani ma molto ben conservati, posti in una scenografica successione, ha infine indirizzato i Pellegrini alla “Collégiale de Saint Martin” (1704-1729), purtroppo chiusa al momento dell’arrivo ma situata nei pressi del centro della cittadina; da qui, in breve il Gruppo ha raggiunto l’Hotel du Parc ove sei persone hanno preso alloggio mentre le altre quattro sono state sistemate, peraltro molto bene, all’interno di una struttura parrocchiale vicina all’Hotel stesso.Dopo il riassetto, a metà pomeriggio, raggiunta la periferia cittadina, un gruppetto di Pellegrini composto dal sottoscritto, Maria, Giuseppe, Giorgio, Teresa e Carmelo, è salito all’Eremo di St. Ferréol al culmine di percorso gradinato denominato “Chemin de Croix des Capucines” che taglia un percorso stradale zigzagante lungo il fianco di un rilievo collinoso boscato che sovrasta l’abitato di Lorgues.Prima di cena, il Gruppo si è riunito preso la chiesetta di S. Francesco per la recita del S. Rosario unitamente ad alcune devote locali; al termine, attraversata la cittadina, siamo scesi al centro dove abbiamo ottimamente cenato al Ristorante “Le Chris Sandier”, un locale davvero “in” e dalla cucina piuttosto raffinata: mousse di patate e un sandwich composto da un filetto “al sangue” su un letto di zucchine e pasta fillo e, per finire, un delizioso dessert costituito da una deliziosa mousse al cioccolato e crema di nocciola in vasetto sigillato, un bicchiere di ottimo vino rosso e acqua minerale gassata, il tutto per la… modica spesa di € 27.00 !!! Infine il pernottamento assieme a Giorgio in camera, naturalmente fredda.

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Tappa n°36 (Ottava tappa del 5° settore)Lunedì 10 03 2014

Da Lorgues a CarcésKm 25.50

Sveglia: ore 6.00Colazione: ore 7.00Partenza: ore 7.40

Bivio nei pressi del Chateau “Le Martinett”: ore 8.07Transito dall’abitato di Pont sur Argens: ore 9.25

Sosta: ore 9.52/9.57Incrocio con dipartimentale “D79”: ore 10.08

Ancienne Abbaye du Thoronet (incontro con Alain Le Stir e il suo amico Francis): ore 10.50/12,12; (km 13.00)

Sosta pranzo nel parco annesso al Monastero di “Nôtre Sam du Torrent de Vie”: ore 12.20/13.27Breve sosta all’abitato di Les Camailis: ore 14.00/14.05

Sosta in corrispondenza della Domaine “Chateau St. Croix” e degustazione vino: ore 15.00/15.18Sosta all’inizio dell’abitato di Carcés; ore 16.02/16.10.; (km 24.50)Arrivo al Restaurant/Ostello “La Cabro d’Or”: ore 16.20; (km 25.50)

Cena presso il complesso di ospitalità: ore 19.45Pernottamento: ore 21.00

Distanza percorsa: km 25.50Tempo di Tappa (7.40-16.20): 8h e 40’ (520’)

Soste (5’+82’+67’+5’+18’+8’) = 3h e 05’ (185’)Tempo effettivo di cammino: 5h e 35’ (335’)

Media oraria: (25.50x60):335 -= km/h 4.57Partecipanti alla tappa: 10

Lasciamo la camera, io e Giorgio, molto per tempo quindi, unitamente agli altri Confratelli del Gruppo, attendiamo nella hall dell’albergo la colazione al termine della quale, dopo la preghiera, iniziamo la tappa odierna. Attraversata trasversalmente la cittadina, raggiungiamo in breve la periferia dopo aver lambito alcuni istituti scolastici animati esternamente dalla presenza di allievi all’avvio delle lezioni.Superata la circonvallazione cittadina, ci incamminiamo per una strada asfaltata in falsopiano tra case unifamiliari caratterizzate recinzioni murarie in pietrame, da giardini con ulivi e piante sempreverdi “mediterranee”. Proseguiamo all’interno di un paesaggio agreste ma anche con molti vigneti, come sempre, bassi e “datati”.Il cammino, sempre segnalato, va avanti, asfaltato ma anche sterrato, all’interno di boschetti, radure prative, vigneti e coltivi, lambendo proprietà private ben recintate, che lasciano intravvedere costruzioni unifamiliari relative ad un “edificato” formalmente corretto pur in presenza di una semplicità estetica priva di fronzoli e inutili elementi pseudo-moderni e/o kitch. Continuiamo, intersecando un’asfaltata interpoderale che continua lungamente in piano all’interno di una vallecola superando un corso d’acqua in corrispondenza di un ponte. Dalla parte opposta del ponte, il percorso, sterrato, continua in falsopiano all’interno di un ambiente silente e di grande suggestione ambientale fino a intersecare la dipartimentale “D 79” seguitando la quale, dopo qualche chilometro all’interno della “Forête Demaniale de Cabasse-Thuronet”, si raggiunge l’austera e famosa “Abbaye du Thuronet”; qui, all’interno del book-shop, incontriamo due amici francesi della Confraternita, Alain Le Stir e il suo amico e compagno Francis, i quali ci attendono e saranno i nostri “Angeli Custodi” durante la tappa da qui al termine odierno. Al termine dei convenevoli di rito e delle presentazioni, pagato il biglietto d’entrata (€ 7.50), il Gruppo va ad effettuare la visita del complesso monastico cistercense, tra i più importanti di Provenza e non solo. Con il “senno di poi”, il sito avrebbe meritato una visita guidata, anche per capirne completamente il vero e autentico significato architettonico e religioso, correlato con la storia cistercense e del monachesimo in generale.L’Abbazia du Thoronet esprime l’essenza stessa dell’arte cistercense fatta di povertà estrema, purezza delle linee, semplicità dei volumi: elementi dettati essenzialmente dall’organizzazione della vita comunitaria e delle regole dell’Ordine. E’ quello che ancor oggi, visitando questo insigne monumento, traspare dall’insieme che resta e che la nudità degli interni lasciano intravvedere, capire e “respirare”, in un clima permeato di ascetico misticismo.

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L’Ordine Cistercense.All’alba del XII secolo, l’ordine monastico Claunicense (dal nome della famosa abbazia di Cluny in Borgogna) raggiunge il suo apogeo e vanta potenza, gloria e ricchezza. Un monaco, tale Robert de Molesme, reagisce a questo stato di cose e decide di tornare alla rigida Regola di San Benedetto, redatta verso il 534; essa raccomanda l’umiltà, l’obbedienza, la povertà nonché il giusto equilibrio tra lavoro manuale e preghiera. Nel 1098, egli fonda il monastero di Cîteaux, presso Digione, che dà il suo nome al nuovo ordine. A partire dal 1109, Étienne Harding codifica la regola cistercense.Lo sviluppo.Tra il 1113 e il 1115, Cîteaux fonda le sue prime quattro “figlie”: La Ferté, Pontigny, Morimond e Clairvaux. Sotto l’Abate Bernardo, dal 1115 al 1153, che ripristina con vigore la regola di San Benedetto, Clairvaux diventa il centro dell’Ordine Cistercense che si diffonde in tutta Europa. Bernardo di Chiaravalle, attaccando con violenza il fasto di Cluny, indica il cammino del rigore e della povertà; solo il lavoro e la preghiera devono motivare i cistercensi, allora denominati “i monaci bianchi”.Nel 1153, alla morte di San Bernardo, Clairvaux annovera più di 160 monaci, mentre la nuova famiglia cistercense è composta di ben 360 abbazie.L’Abbaye du Thoronet. La fondazione.La 'linea' genealogica dell'abbazia di Thoronet è quella di Citeaux; tramite il sistema delle filiazioni, si sa che Thoronet (Toronetum in latino), aveva per “madre” l'abbazia di Mazan, (nell' Ardèche, Rhône-Alpes) e altre tre “sorelle”: Sylvanès (Silavacane, 1136-1768), Sénanque (1148-1641) e Bonneval (1161-1791). Anch'esse nascono, quasi in contemporanea, sono fiorenti per un periodo, poi decadono e infine chiudono (per poi conoscere magari altri momenti di rinvigorimento: sono infatti tutte aperte attualmente, e bellissime).Nel 1136, un gruppo di monaci lascia l’abbazia di Mazan in Ardèche per fondare un primo monastero sulle terre di Tourtour e lì vi s’insediano in modo provvisorio, abbandonandolo successivamente dopo 15 anni, per trasferirsi vicino a Lorgues, in un luogo boschivo tra il gomito di un piccolo fiume e una sorgente. La costruzione ha inizio nel 1160 e prosegue fino al 1230. All’inizio del XIII secolo, il monastero ospita una ventina di monaci e alcune decine di conversi.Declino e restauro.Meno di due secoli dopo, il declino dell’Abbazia è già iniziato. Nel 1660 il Priore segnala la necessità di restaurarla; nel 1669 si constatano fessure e cedimenti del tetto, porte e finestre rotte e divelte. Nel 1790, vi abitano ancora sette monaci.L’Abbazia sta per scomparire allorché Prosper Mérimée famoso scrittore francese, la salva rivolgendosi a Révoil, architetto addetto ai monumenti storici; il restauro inizia nel 1841 e non cesserà più. Lo Stato acquista il sito progressivamente a partire dal 1854.Il “quadrato” monastico.1 – La Chiesa.Già con la facciata occidentale, la Chiesa s’impone per la sua semplicità accentuata dalla qualità della sistemazione delle pietre che costituiscono la muratura. Come a Sénanque,il portale centrale è assente poiché la chiesa non era aperta ai fedeli. Soltanto due porte laterali consentono l’accesso alle navate laterali, quella dei Conversi a sinistra e quella dei Monaci a destra. (I Conversi erano incaricati dei lavori manuali; non erano ammessi al capitolo e quindi non intervenivano durante le decisioni importanti; da qui l’espressione “non avere voce in capitolo”. Scavato nel muro a sud della chiesa, è visibile uno dei rari arcosoli esterni di Provenza (l’arcosolio è una nicchia allestita nei muri delle chiese e destinata alle sepolture). All’interno, la navata con volta a botte spezzata comporta tre campate (per campata s’intende la divisione di una navata delimitata da quattro supporti). Il coro termina in abside con volta a semicatino (forma la metà di una cupola) con tre finestre a tutto sesto (a semicerchio) che simboleggiano la Trinità. L’assenza di decorazioni sottolinea la purezza delle forme. Gli uffici cantati, favoriti da un’acustica straordinaria, ritmavano la vita dei monaci.2 - Il chiostroCuore del monastero, collega la chiesa e gli edifici della vita comunitaria. Lo spessore dei muri in cui si iscrivono le arcate geminate (doppie), l’oculo semplice che attraversa i timpani e i capitelli privi d’ornamenti conferiscono all’insieme una rara austerità.3 - L’armarium o biblioteca.

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E’ il luogo dove erano raccolti i libri di meditazione.4 - La sala capitolare.E’ il luogo in cui, tutte le mattine, i Monaci si riunivano per leggere un capitolo della regola di San Benedetto e per trattare le questioni della vita comunitaria; serviva anche per riunioni importanti o straordinarie come l’elezione dell’Abate.Qui l’architettura è più elaborata ed è già influenzata dal gotico con le volte a crociera ogivale rette da due colonne sormontate da capitelli decorati. (La volta a crociera ogivale è sostenuta da almeno due nervature diagonali, le ogive, e da due archi trasversali detti sottarchi).5 – Il lavabo.Si trova, com’è d’uso, di fronte alla porta del refettorio, oggi peraltro scomparso.6 – Il parlatorio.E’ il passaggio tra il chiostro e il giardino esterno ed è l’unico luogo in cui i Monaci potevano parlare, scambiarsi idee e dividersi i compiti prima di recarsi al lavoro nei campi o ad altre faccende o studi.7 – Il dormitorio.Situato al piano superiore, presenta a sinistra la cella del Padre Abate. Davanti ad ogni finestra dormiva un Monaco. L’ubicazione dei pagliericci è delimitata da una lastricatura in pietra.Gli altri edifici8 - L’edificio dei Conversi.In parte restaurato, comprendeva al piano terra il refettorio e, al pano superiore, il dormitorio.Dal 1978, questo edificio è a disposizione delle Suore di Betlemme.9 – La dispensa.E’ il vano in cui i Monaci approntavano il vino e l’olio d’oliva, principali risorse dell’abbazia; contiene i tini per il vino del XVIII secolo e, di fronte ad essi, un frantoio per le olive azionato da un sistema a vite. Alcuni condotti di ventilazione evitavano l’accumulo dei vapori di alcol. Il soffitto è costituito da una bella volta a botte spezzata.10 – Il cimitero dei Monaci.E’ situato nell’abside della chiesa. I Monaci defunti erano portati qui attraverso la porta dei morti. La severissima regola di povertà dell’Ordine, implicava che venissero sepolti in un sudario bianco, senza bara né pietra tombale.Completata la visita, il Gruppo sosta lungamente, anche per il solito pranzo frugale, all’esterno del vicino Monastero di Nôtre Dame du Torrent de Vie anche perché Alain Le Stir, deve dare a Nilo preziose informazioni sui tragitti dei prossimi giorni.La giornata si va intanto annuvolando lentamente, ma le temperature rimangono costanti e molto gradevoli.Al termine della sosta presso il Monastero, ove si è potuta visitare la moderna chiesa del sito, si è poi proseguito brevemente lungo una strada dipartimentale asfaltata per poi seguitare all’interno di un territorio boschivo, ma anche alternato ad uliveti e ampie zone coltivate, per comodi sentieri e ampie sterrate interpoderali tra coltivi e uliveti (le solite coltivazioni), raggiungendo infine il paesino di Le Camailis che il Gruppo attraversa, scendendo successivamente e camminando per un’ ampia sterrata che si snoda attraverso un’ampia vallecola tra coltivi e vigneti. Si prosegue all’interno di zone boscose che si alternano a coltivi poi, al termine di un lungo percorso sterrato, si va a raggiungere la “Domaine Chateau St. Croix” dove, circondati da vigneti che si perdono a vista d’occhio, possiamo compiere una sosta di tutto riposo ed effettuare un assaggio degli ottimi vini che l’Azienda produce.Il cammino è proseguito all’interno di questo magnifico territorio, ingentilito da colline e rilievi di modesta altitudine, ove i vigneti vengono sapientemente coltivati e le zone boscose “tenute” a querce e lecci, e gli sterrati consentono un incedere tranquillo e rilassante anche se, interrotto da qualche breve strappo in salita tale da impegnare un po’ il cammino di tutti.Arriviamo così in vista della cittadina di Carcés, costruita su di un territorio collinare, che andiamo a raggiungere non prima di un ricompattamento generale in corrispondenza della periferia, dalla quale la skyline cittadina presenta un edificato davvero pittoresco.Superato un moderno ponte pedonale che oltrepassa il fiumiciattolo che scorre basso rispetto alla cittadina, il Gruppo ha raggiunto in breve l’Albergo/Ristorante “Le Cabro d’Or” qui prendendo alloggio al termine di una non breve tappa non prima di esserci accomiatati da Alain e dal suo amico Francis che ringraziamo per la cortese collaborazione.Carcès è una cittadina nel Var, tra Cotignac e l'Abbazia di Thoronet, disposta urbanisticamente a rettangolo, con le diverse parti della frazione separata alquanto l'una dall'altra. Una parte, arroccata su una bassa collina e chiamata la città vecchia (Vieille Ville), ha parecchi muri e archi in pietra. Le parti "più recenti" di Carcès, però, hanno strade strette, passaggi a volta, portails medievali e antiche case e porte. Le cose più sorprendenti sono i “murales trompe l'oeil” e i rivestimenti colorati su alcune delle case.Il municipio e la biblioteca municipale, si trovano in una piccola e tranquilla piazzetta completamente circondata da edifici, presso il sito di un antico frantoio, la "Huilerie St. Charles" In un piccolo passaggio nascosto dietro la biblioteca, la grande ruota idraulica in ferro è ancora in posizione contro il retro dell'edificio.Ci sistemiamo, praticamente tutti, in un camerone al secondo piano della struttura. Ecco…,un luogo da Pellegrini anche se certamente, non a costo parametrato alla nostra condizione !!! In compenso,

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troviamo docce calde e, verso sera, ceniamo molto bene il che compensa la modestia del pernottamento.Prima dell’ottima cena, i componenti del Gruppo hanno singolarmente ha effettuato la visita alla cittadina apprezzandone l’edificato e le caratteristiche architettoniche, storiche e pittoriche; purtroppo all’ora del passeggio, troviamo tutto chiuso, Chiesa Parrocchiale compresa.Ceniamo, come in precedenza accennato, all’interno della struttura alberghiera che ci ospita: Ottimo brasato di manzo con polenta e verdura, dessert a base di yogurt e panna, acqua naturale e un buon bicchiere di vino poi, al termine del caffè e dei bellissimi momenti di socializzazione, il pernottamento nella camerata con letti a castello.

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Tappa n°37 (Nona tappa del 5° settore)Martedì 11 03 2014

Da Carcés a Saint MaximinKm 35.50

Sveglia: ore 6.00Colazione: ore 6.45Partenza: ore 7.15

Cartello di fine territorio comunale di Carcés: ore 7.38Bivio con dipartimentale per Correns/Monfort: ore 8.17Sosta a 3 km circa dall’abitato di Le Val: ore 9.02/9.07

Sosta all’inizio geografico di Le Val: ore 9.35/10.00Sosta in centro a Le Val: ore 10.10/10.35

Transito a 5.00 km da Bras sulla dipartimentale “D28”: ore 11.50Bivio con la dipartimentale che si dirige a Brignoles: ore 12.00

Inizio geografico di Bras: ore 12.40Sosta all’inizio di Bras in attesa del Gruppo: ore 12.45/13.05

Sosta pranzo al “Café du centre” a Bras: ore 13.20/14.00Sosta: ore 15.20/15.40

Sovrappasso autostrada: ore 15.50Sosta alla rotonda all’ingresso di St. Maximin: ore 15.52/15.57 (km 32.00)

Sosta alla Domaine “St. Jean-Le Vieux”: ore 16.05/16.10Ufficio del Turismo a St. Maximin: ore 16.22

Cattedrale di S. Maria Maddalena e Chiostro: ore 16.30/17.10Arrivo all’Hotel Ibis (zona periferica cittadina): ore 17.25 (km 35.50)

Cena in un self service annesso a un ipermercato: ore 19.30Pernottamento: ore 22.00

Distanza percorsa: km 35.50Tempo di Tappa (7.15-17.25): 10h e 10’ (610’)

Soste (5’+25’+25’+20’+40’+20’+5’+5’+40’) = 3h e 05’ (185’)Tempo effettivo di cammino: 7h e 05’ (425’)

Media oraria: (35.50x60):425 -= km/h 5.01Partecipanti alla tappa: 10

Al termine della nottata, trascorsa all’interno di questo centro d’accoglienza comunale annesso all’Auberge “La Cabro d’Or”, che mi permetto di definire “lager di terza generazione”, freddo e umido, (…ma noi siamo Pellegrini abituati anche a ben altro ma, ovviamente, a prezzi correlati !!!…), portiamo a termine la colazione poi subito in marcia; ci aspettano parecchi chilometri per raggiungere St. Maximin sede di arrivo della tappa odierna.La giornata odierna, dal punto di vista meteo, è stata inizialmente fredda e nuvolosa ma poi in costante lieve miglioramento con sole, a partire dal primo pomeriggio, tra una certa nuvolosità.Uscito dalla città, il Gruppo è andato a percorrere la strada dipartimentale “D 562” in direzione del paese di Le Val. Inizialmente, la strada piuttosto trafficata, transita da una piccola area industriale-commerciale per poi proseguire, piuttosto articolata e in falsopiano, tra case sparse, coltivi, vigneti e uliveti di giovane impianto.Seguitando lungamente lungo la strada asfaltata, che continua tra boschetti e coltivi e che si snoda ancora tra innumerevoli tratti in falsopiano ma anche con qualche salitella, i Pellegrini hanno raggiunto la periferia del paese di Le Val sostando brevemente anche per ricompattarsi per poi pervenire in seguito, tutti assieme, al centro cittadino sostando per l’immancabile caffè di mezza mattina.Alla ripresa del cammino, dopo essere uscito dal centro abitato, il Gruppo ha continuato proseguendo lungo la dipartimentale “D 28” in direzione del paese di Bras. Il percorso, qui non molto trafficato, si è succeduto pressoché lungo la silente campagna provenzale rotto, soltanto, dalla presenza attiva di qualche trattore al lavoro nei campi o nei vigneti che si sono incontrati lungo questo tratto rettilineo il quale si è rivelato un “continuum” di falsipiani, salitelle e discese. Raggiunto e percorso un tratto pressoché pianeggiante al termine di una salita, lambito da radi boschetti di roverelle, è iniziata una breve discesa fino ad un trivio che si è superato andando verso destra e, dopo qualche chilometro, si è raggiunto l’abitato di Bras ove, in corrispondenza del “Café du Centre”, si è fatta la sosta pranzo e si è trascorso qualche momento di relax dopo parecchia strada percorsa fin qui.

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A seguire, il Gruppo ha continuato piuttosto lungamente per la solita dipartimentale “D 28” la quale, con un andamento articolato ma pressoché pianeggiante, lambendo il solito ambiente rurale già ampiamente descritto in precedenza, ha raggiunto la periferia della cittadina di St. Maximin dopo aver sovrapassato la trafficata autostrada che attraversa il sud della Francia; da qui, già si è notata, sull’alto di St. Maximin, la maestosa volumetria della Cattedrale dedicata a S. Maria Maddalena.Dopo una breve sosta di orientamento per definire la posizione del nostro Albergo, si è proseguito verso la Cattedrale sostando ulteriormente in corrispondenza dell’Ufficio del Turismo annesso proprio alla Cattedrale stessa che, subito dopo, si è andati a visitare.Spesso si tende a dimenticare che i luoghi in cui ci rechiamo in visita per uno specifico motivo, sono in realtà anche ricchi di storia millenaria e di vestigia importantissime. E' il caso della città di Saint Maximin, che ufficialmente ha una sua storia ben documentata a partire dall'XI secolo, ma bisognerebbe spostarsi nella preistoria per poterne dare una adeguata collocazione. Ad ogni buon conto, tracce più evidenti riportano all’epoca gallo-romana, di cui conserva notevoli reperti; peraltro, oggi si possono ammirare importanti edifici di diverse epoche, tra cui i resti di mura del XIII secolo, quand'era fortificata, le arcate del quartiere ebraico medievale, l'Hotel de Ville (il municipio), l'Hotel Dieu (del 1681, ospedale detto di Saint Jacques, che disponeva di personale medico e sanitario per la cura di malati e orfani; accanto vi si trovava la cappella dei “Penitents bleus”, che fungeva da necropoli). Situata a circa trecento m. di altitudine, Saint Maximin è una piana residuata dal bacino di un antico lago disseccato, circondata dal massiccio della Sainte Baume, dal Monte Aurélien e dalla Montagna della Sainte Victoire; essa deve comunque la sua 'fama', innegabilmente, alle vicende legate a Maria Maddalena. Spesso la Città si trova definita come Saint Maximin-La Sainte Baume, incorporando sia la località in cui sorge la basilica con i resti della Santa di Magdala e il convento reale domenicano, sia la grotta dove la leggenda narra che Ella visse gli ultimi trent'anni della propria vita. Secondo alcune leggende, ma anche nel breviario della diocesi di Aix en Provence, dopo la morte di Gesù, si perpetrò presto una persecuzione da parte degli Ebrei; molti degli apostoli, assieme a Marta, Maria Maddalena, Lazzaro, Maria Salomè e Maria di Giacomo, vennero arrestati e imbarcati su una nave priva di vele e di remi che, guidata dalla Provvidenza, raggiunse le rive della Provenza (Marsiglia?). Volendo ipotizzare una situazione di disagio sociale, politico, o religioso sul tipo cui assistiamo oggi nel mondo, non ci sarebbe niente di così sconvolgente che una “carretta del mare”, abbia in verità potuto solcare i mari e, respinta o non ospitata in altre terre, abbia poi trovato accoglienza sulle coste provenzali.Ciascuno dei personaggi avrebbe preso strade diversificate, diffondendosi a predicare la Buona Notizia di Gesù Cristo. Dopo l'Evangelizzazione di questi territori, Maria di Magdala (Maddalena) si ritirò in eremitaggio nella grotta della Sainte Baume, dove visse trent'anni in solitudine e penitenza. Avvertita dal Cielo della sua morte imminente, avrebbe ridisceso il lungo cammino (o, secondo una leggenda, trasportata dagli angeli) per incontrare Saint Maximin, che era divenuto il primo vescovo di Aix, dal quale volle ricevere la Comunione. Il luogo del presunto incontro è ricordato come Santo Pilone (eretto nel 1483). La località sorgeva in origine nei pressi di un “castrum” chiamato “Redonas” o “Rodani”, sviluppato intorno alla pianura così come numerose proprietà agricole che in epoca Romana prendevano il nome di “Villa Lata”.Maddalena sarebbe quindi morta tra le braccia di San Massimino (Saint Maximin) e sepolta nel punto dove oggi sorge la basilica a lui intitolata. Non esiste documentazione attestante quanto avvenne in realtà. Abbiamo solo quattro meravigliosi sarcofagi nella cripta della basilica: uno appartiene a San Massimino, uno a San Sidonio, uno alle sante Marcella e Susanna e uno a… Maria Maddalena. Una ricostruzione ideale è che questi resti fossero stati venerati fin da allora e, giunti all’VIII secolo (716), per il pericolo delle profanazioni delle incursioni saracene, nascosti sotto terra, dove appunto si trovano ancora oggi, nella parte sotterranea dell'edificio. Sarebbero stati ritrovati nel 1279 da Carlo II° d'Angiò, a quel tempo conte di Provenza e nipote del re di Francia Luigi il Santo, che nel 1254 era tornato dalla Crociata.In quel tempo, la “caccia” alle reliquie, era fenomeno attestato e diffusissimo. Si è potuto constatare come tanti luoghi si fregino di conservare un determinato reperto attribuito a un Santo, quando non alla Santa Croce, alla Madonna, a Gesù in persona (si pensi al Sacro Caliz di Valencia, ad esempio o al Sacro Catino di Genova); possedere una di queste Reliquie significava enorme prestigio per tutte le Istituzioni Civili o Religiose che vi gravitavano attorno, con un grande coinvolgimento di fedeli e pellegrini.La Basilica di Saint MaximinLa storia e la composizioneTrattasi del più grande edificio gotico della Francia meridionale e monumento Nazionale dal 1840.Scavi condotti tra il 1993-'94 hanno messo in evidenza un precedente edificio, paleocristiano, del V secolo, al quale era stato aggiunto un battistero, forse nel secolo seguente, che comunicavano tramite tre porte. Torna il legame con l'acqua, e la presenza del battistero attesta come il luogo fosse già consacrato al culto da tempi antichi. Il livello cui si trovava è pressappoco lo stesso di quello della cripta attuale dov'è custodita la tomba di Maria Maddalena; qui si trovava presumibilmente dunque anche la chiesa primitiva, sopra la quale venne innalzato, successivamente un analogo edificio sacro. Le reliquie vennero inglobate in essa e se ne persero le tracce fino a che Carlo II d'Angiò venne a conoscenza della storia di Maria Maddalena e fece cercare le reliquie, facendo scavare nel punto in cui si trova la cripta oggi e le trovò. Sembra che il re, su indicazione di padre Gavoty, sia stato accompagnato in un campo vicino a Villalata, vi abbia trovato una pianta di finocchio tutta

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verdeggiante (queste erano indicazioni che Maddalena, in un presunto sogno, avrebbe dato a lui affinché venissero ritrovate le sue spoglie). Aiutato dai contadini, si mise a scavare scoprendo la cripta e portando in luce i sarcofagi. Carlo ordinò di far aprire quello di San Sidonio (c'è il motivo e più avanti lo scopriremo): un soave profumo si sprigionò dalla tomba, come se fosse stato aperto un magazzino di erbe aromatiche, controllò l'interno e fece fermare la procedura: per lui quelli erano i resti di Maria Maddalena. Tutto venne richiuso e fu riaperto nove giorni più tardi, alla presenza di un gran numero di persone, prelati, gentiluomini, archivisti di Arles e Aix en Provence.Tutti si meravigliarono del profumo che lo scheletro emanava: la lingua era rimasta incorrotta, seccata ma aderente ancora al palato; mancava l'osso mascellare inferiore e, pare, fossero rimasti anche dei capelli. In tale occasione venne fatto un inventario. Fu subito un evento che si ripercosse a livello civile e religioso e l'elevazione delle reliquie avvenne nel maggio 1280. In previsione di una grande affluenza di pellegrini, Carlo II° pensò di dar loro degna venerazione facendo costruire una chiesa più grande, negli anni compresi tra il 1295 e il 1296, con annesso convento dei Domenicani, che non vivevano di elemosine ma ricevendo dal conte stesso una sovvenzione. I lavori proseguirono fino al 1301, poi s’interruppero per riprendere nel 1305. I successori di Carlo II d'Angiò, ma anche pontefici e re, pare si dessero molto da fare per portare a compimento l'opera, che non vedrà la fine che nel corso del XVI secolo. Ma la facciata, come si può notare, è grezza, perché non fu mai terminata. L'orientamento è sull'asse O-E; si entra da occidente e si procede verso la luce, che trionfa nelle vetrate.Bellissima la navata centrale, terminante con un'abside molto caratteristica: ha infatti sette lati. In origine il numero totale delle vetrate della chiesa era di 66, oggi ne sono rimaste 44 e, per di più, hanno perso tutto il loro valore. I vetri originali istoriati e colorati, infatti, decorati da Didier de la Porte nel 1521, sono stati distrutti durante le guerre di religione (fine XVI sec.); oggi i vetri sono purtroppo incolori.La basilica ha tre navate e straordinarie misure. La navata centrale è lunga 72.60 m e alta 29 m sotto la volta; quelle laterali 64,20 m di lunghezza, 16,60 m di altezza e 6,90 di larghezza. Ciascuna cappella è alta 10,25 m; la larghezza complessiva delle tre navate con le cappelle è di 37,20 m, mentre tra i pilastri la navata centrale è lunga 13,20 m; profondità cappelle: 5,10 m. La basilica è strutturata in modo che la navata centrale conti nove campate; le laterali otto, ognuna corrispondente ad una cappella.Il convento reale domenicano e la sua storia.I lavori della basilica procedettero sempre insieme con quelli del Convento Reale Domenicano, per volere di Carlo II e dei suoi successori. Questo convento doveva essere molto importante per tutti loro ed è oggetto di non pochi misteri: su richiesta di Carlo II d'Angiò, il papa Bonifacio VIII autenticò le reliquie di Santa Maria Maddalena con una Bolla dell' 8 di aprile 1295 indirizzata al re e mandò via i monaci che lì vi erano installati fino a quel momento (probabilmente legati alla chiesa precedente): erano i monaci dell'abbazia di Saint-Victor di Marsiglia, fondata da Jean Cassien  nel 415 d.C.. Questi monaci seguivano la Regola benedettina e, a quanto sembra di capire, non crearono problemi nel momento in cui venne loro ordinato di lasciare il convento, forse per evitare diatribe sconvenienti per la cittadina: Carlo II d'Angiò era pronto infatti ad usare anche la forza per ottenere il loro allontanamento, dicono le cronache! Non è strano, questo fatto? Perchè voleva a ogni costo i Domenicani? Forse i monaci di Saint Victor sapevano una versione della 'storia' delle reliquie diversa da quella che si voleva propagandare?Ufficialmente, Carlo II d'Angiò era in debito di gratitudine con i domenicani perché avevano avuto un ruolo importante nella sua liberazione quand'era prigioniero a Barcellona. Per questo li avrebbe voluti nel suo convento reale, di cui lui era praticamente il leader. Lui, infatti, sceglieva il Priore, sulla base di tre nomi che gli venivano presentati, e possiamo immaginare come quei tre nomi fossero già -presumibilmente- “pilotati”....Il Convento reale, di fatto, godeva di protezione speciale della Santa Sede, ed era esentato (con tutte le sue dipendenze) dalla giurisdizione dell'abate di Saint-Victor e di quella di ogni ordinario: in pratica doveva obbedire solo al proprio Priore, che però, venendo nominato dal re, era in sostanza una figura emissaria del re stesso ed è ovvio non potesse decidere difformemente dalle volontà del re. Questi, infatti, decise il nome del primo priore che doveva installarsi (Guglielmo di Tonneins), decise il numero di frati predicatori che dovevano risiedere nel convento (20 monaci) di Saint Maximin e quelli da insediare alla Sainte Baume (4 monaci) e non solo: il papa stabilì che questo priore dovesse prendersi cura delle anime e del territorio senza essere sottoposto ad alcuna giurisdizione diocesana e senza obbligo di rendere alcun conto; ordinò (con apposita Bolla) che il re potesse visitare il convento quando lo desiderava e che, addirittura, il Priorato era in possesso del re Carlo II, rappresentato dal vescovo di Sisteron, Pietro di Lamanon. Ma c'era qualcos'altro che apparteneva al re, insieme al priorato e al convento, agli edifici, le pertinenze, i terreni, etc.: le reliquie della benedetta Magdalena e dei santi di Provenza. Chi avrebbe contravvenuto a queste disposizioni papali sarebbe stato scomunicato.La Bolla venne letta il 20 giugno 1295, nella primitiva chiesa di Saint Maximin davanti all'altare di San Michele, alla presenza di molti testimoni. Ingenti somme venivano regolarmente versate ai domenicani per la prosecuzione dei lavori del convento e della basilica, per il loro mantenimento e sostentamento. Nonostante tutto, si dimostrarono a più riprese insufficienti, costringendo l'arresto dei lavori per periodi di tempo più o meno lunghi. Naturalmente si pensò alla costruzione di ambienti idonei ad alloggiare visitatori di spicco (soprattutto monarchi), che volevano venerare le reliquie della santa Maddalena e gli

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altri Santi provenzali. Attualmente, in quell'antico Ostello reale, risiede il Palazzo di Città o Municipio (dal 1796), che affaccia sulla stessa piazza della basilica.Il convento era dotato di tutti i locali propri di un monastero, che facevano corona attorno al chiostro, che risale al 1434-'80 circa. Il re Renato ampliò a 48 il numero di frati (anzichè 24) e fondò un Collegio teologico, filosofico, canonico per giovani religiosi del convento, con la motivazione di 'incrementare la gloria e l'onore di santa Maddalena' definita dal re “secretariam et solam apostolam J.Christi” (1476). Un bel riconoscimento per la figura di Maddalena, che l'agiografia ufficiale ci ha sempre mostrato come una peccatrice redenta...!!!Questa situazione privilegiata del convento reale di Saint Maximin restò invariata per secoli; ad essa ricorsero sempre i frati quando v'era necessità di far valere i loro diritti acquisiti.I Frati Predicatori animarono l'esistenza del convento e, molti di essi, presero parte attiva alla costruzione. Alcuni dei più bei lavori sono tutt'oggi apprezzabili all'interno, come lo stupendo pulpito ligneo scolpito, opera di padre converso Luigi Godet (finito nel 1756) su cui è rappresentata tutta la storia di Maria Maddalena convertita, abbigliata secondo i costumi del tempo del re Luigi XV. Altro manufatto, conosciuto in tutto il mondo per la sua magnificenza, è l'organo (1773) eseguito da fra Giovanni Spirito Isnard, domenicano del convento di Tarascona, che era uno dei più abili organari dell'epoca. Sculture eseguite dai frati si trovano nel coro, che conta ben 94 stalli lignei; tra di esse, quelle del frate converso Vincenzo Funel. Diremo anche che non mancano gli artisti italiani che hanno partecipato, con diverse loro opere, all'arricchimento della basilica stessa.Le vicende subite dal convento nel prosieguo del tempo sono molto variegate: venne anche distrutto dalla popolazione, in parte, perchè serviva materiale per ricostruire le mura cittadine, distrutte dalle incursioni del 1357; una perdita che pare costò al convento 8.000 fiorini!. Nel 1590 una Congiura fece assediare il convento di Saint Maximin che venne risparmiato, insieme alla chiesa di Santa Maddalena, per intercessione del priore; ancor oggi si vedono i segni delle cannonate che tentarono di aprirsi un varco nella basilica. Con la Rivoluzione francese, i domenicani furono scacciati (alcuni andarono all'estero, altri rinunziarono alla vita comune, rimanendo sul territorio) e il grande refettorio dei monaci fu adibito a sala per spettacoli. Nel 1793 (nel periodo del Terrore) le celle dei monaci furono adibite a prigioni per i rei sospettati di avversione al regime e il piccolo refettorio divenne un “club” rivoluzionario locale. Nel 1796 gli edifici monastici furono venduti e, una parte di essi, venne occupata da abitazioni private mentre molta parte andò verso l'abbandono e le profanazioni. Le cronache descrivono una situazione desolante. Come alla Sainte Baume, anche qui arrivò in '”soccorso” padre Henri Lacordaire, il quale definì questo luogo 'il Terzo Sepolcro della Cristianità' dopo Gerusalemme e Roma (nella sua opera 'La Vita di Santa Maria Maddalena'). Egli ricomprò nel 1859 tutti i locali del convento, riportandovi anche i domenicani, i quali restarono qui fino al 1957, quando decisero di trasferire la Scuola di studi teologici a Tolosa e decisero di vendere il convento. Questa Scuola era divenuta un centro importante di cultura intellettuale artistica e poetica per riunirvi il Centro di formazione e studi della Provincia di Tolosa; su decisione del Maestro dell'Ordine dei frati Predicatori si decise di trasferire il tutto in detta città.Un altro pozzo, adesso esterno agli edifici conventuali, si trova nei pressi dell'Ufficio del Turismo, che oggi è l'unica via di accesso per visitare il chiostro; è protetto da una grata e appare molto profondo. Un tempo faceva parte dell'Antico Collegio e si doveva trovare attiguo al refettorio.Maria Maddalena a Saint Maximin.Potremmo sinteticamente 'riassumere' in tre punti essenziali la presenza di Maddalena nella basilica (reliquie, sculture, dipinti), tuttavia mancheremmo di obbiettività in quanto la sua figura troneggia ovunque; è Lei la protagonista assoluta di questa chiesa. Entrando nell'edificio, ove non si può non essere “presi” da un grande stupore suscitato dalla maestosità, dalla bellezza e dalla linee austere e slanciate che i costruttori hanno saputo imprimerle, si vedrà immediatamente l'abside, in fondo alla navata centrale, caratteristica perché formato da sette lati aperti da una doppia fila di vetrate. Qui si trova l'altare maggiore in marmo prezioso, con medaglioni d'oro; esso è sormontato da un’urna in porfido rosso eseguita dallo scultore romano Silvio Calce, che contiene le reliquie di S. Maria Maddalena. Più precisamente, dovremmo dire “conteneva”' perché andarono disperse nel 1793. L'urna venne donata dall'arcivescovo di Avignone alla basilica Santa Maria Maddalena per riporvi le sue reliquie, e fu benedetta da Papa Urbano VIII nel 1634; esse furono deposte in loco alla presenza del re Luigi XIV e della corte il 5 febbraio 1660.L'urna è sormontata da una stata bronzea di Maddalena eseguita da Alessandro Algardi.Molte le raffigurazioni di Maria Maddalena nell'abside, sia nei dipinti che negli stucchi, in diversi momenti della sua vita terrena: in tre diverse tele di Boisson, la vediamo, centralmente alla Sainte Baume, a sinistra al Santo Sepolcro (vuoto perché Gesù è Risorto); a destra penitente. Vi sono inoltre altre raffigurazioni della Santa: a sud del presbiterio un bel bassorilievo in cui è ritratta mentre assume la Comunione da San Massimino (a destra) del Lietaud, e a nord Maddalena in estasi (Rapimento di Maria Maddalena), di autore ignoto. Sovrasta l'altare con l'urna, una scintillante Gloria in gesso dorato dove, tra un coro di angeli, emerge la SS. Trinità sotto forma di colomba bianca (sempre del Lietaud, nativo de La Ciotat, località costiera non distante,che fu allievo del Bernini e discepolo di P. Puget).Molto bello è anche l'altare ligneo detto della Passione, di Antonio Ronzen (scuola veneziana), situato nell'abside della navata nord. Opera del XVI secolo, raffigura diciotto medaglioni scandenti le scene della Passione di Cristo, che “convergono” verso la scena che domina la parte centrale, la Crocifissione, in cui ai piedi della croce, in un abbraccio doloroso e passionale, c'è Maria Maddalena. Figure angeliche

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raccolgono il sangue di Cristo in tre calici: uno da quello che zampilla dal costato, due da quello sgorgante dai polsi. La scena in cui si svolge la narrazione evangelica, non è riferita a quella consueta del Golgota, ma si vede una cittadina costiera, probabile allusione all'Apostolato provenzale di Maria Maddalena.Ma la zona più particolare, il “cuore” della basilica, la sua parte più intima e antica, è la cripta, che custodisce il cranio di Maria Maddalena, ovviamente sempre con quel beneficio del dubbio di cui abbiamo parlato in queste pagine relative a Lei. E' il monumento più antico della Provenza, secondo una tradizione, noto come oratorio di Saint Maximin, primo vescovo di Aix en Provence e compagno di esilio e di apostolato di Maria Maddalena. Secondo gli storici, questo era un monumento funerario di epoca gallo-romana. La tradizione situa davanti a questa cripta la dipartita della Santa Maddalena, dopo aver ricevuto la Comunione da San Massimino. Sarebbe poi stata interrata, insieme a lui alla sua morte, proprio qui. Scendendo la prima rampa di scale d'accesso, sulla destra si nota una statua di Maddalena sul masso della penitenza, con accanto il Calice mentre la Croce ha una corda incrociata a formare una X, nel punto di intersezione.Trovarsi in questo ambiente è altamente suggestivo. Sopra di noi la basilica superiore, edificio imponente e vastissimo; la cripta è così intima, piuttosto ristretta, antichissima e 'sacra', perché fin da tempi remoti luogo scelto per sepolture, e poi non dimentichiamo che qui c'era la presenza dell'acqua e del battistero paleocristiano. Maddalena è come una goccia in un Culto primigenio.La volta fu ricostruita, non è originale, ma risale al tempo della costruzione della chiesa superiore. All'interno della cripta si trovano 4 sarcofagi datati al IV secolo, di magnifica fattura e riccamente istoriati, destinati a personaggi illustri. A sinistra sono allineati quello di Saint Maximin, e quello di Santa Susanna e Marcella (sepolte insieme); a destra quello di San Sidonio. Di fronte, centralmente, c'è quello di Santa Maria Maddalena, che funge anche da altare, su cui è posto un reliquiario dorato contenente il suo teschio.Il teschio di Maria MaddalenaNel reliquiario (opera di Revoil del XIX secolo) che racchiude il teschio, è inserito un cilindro di cristallo, chiuso da entrambi i lati da sigilli d'argento dorato, contenente il brandello di carne (o tessuto osseo) della fronte della Maddalena, quello che, secondo il Vangelo, Gesù avrebbe toccato il mattino della Resurrezione, pronunciando le parole 'Noli me tangere'. Nel febbraio 1789 una ricognizione sui resti avrebbe fatto staccare queste reliquie, oggi visibili in questo cilindro. Sono state datate queste componenti organiche? A che epoca risalgono? Domande che, per ora, non hanno risposta. Secondo il Vangelo di Filippo, apocrifo, Maddalena sarebbe morta a circa 60 anni d'età, nel 63 d.C. circa.Il sarcofago attribuito a Maria Maddalena è stato datato al IV secolo e il marmo di cui è costituito è stato analizzato nel 1953 in un'indagine condotta dal prof. Astre della Facoltà di Scienze di Tolosa ed è risultato un materiale rarissimo proveniente dalla cave imperiali di marmo del mar di Marmara,vicino a Costantinopoli. Non è quindi in alabastro, come si credette per secoli ma ugualmente di enorme pregio e finezza. Questo marmo veniva trasportato a Roma (o ad Arles per la Provenza) e lavorato per essere impiegato nella statuaria nobile o illustre. A chi dunque fu originariamente destinato questo manufatto?All'interno della vetrata che protegge le sante reliquie di Maddalena, sulle pareti laterali, si vedono quattro lastre lisce, che recano incise delle figure e delle scritte in latino. Si suppone che siano del V-VI secolo e sono state identificate come altrettante figure citate nell' Antico Testamento: il sacrificio di Abramo, Daniele nella fossa dei leoni, la casta Susanna (o un'orante?) e, dal Nuovo Testamento, la Vergine Maria Bambina.Interrogativi irrisolti La basilica di Saint Maximin è meta di pellegrinaggio da secoli e lo è tuttora, per la presenza delle reliquie di Maria Maddalena o di Magdala. Un'altra abbazia, però, quella di Vezelay, in Borgogna, dichiara di averle in custodia. Da dove arrivavano? I fatti risalirebbero all'XI secolo (1049), quando l'abate Geoffrey de Roussillon, dichiarò di esserne entrato in possesso, convincendo il papa Leone IX a porre il monastero sotto la protezione della Santa Maddalena. Da allora, sarebbe iniziato un culto intensissimo verso l'abbazia borgognona ove stuoli di fedeli e pellegrini vi si recavano per venerare le reliquie della Santa. Storicamente nulla è accertabile, anzi pare che gli studiosi concordino nell'affermare che fosse stata un'iniziativa dell'abate per incrementare il prestigio delle propria abbazia. come si ricordato in precedenza, risale al 1279, oltre duecento anni dopo l'avvio del culto a Vezelay. O la storia leggendaria ha delle 'falle' non colmate, oppure i conti non tornano.Un dato è certo e documentabile: in Provenza esiste un vero culto per Maria Maddalena. Sulle guide turistiche si danno per scontate cose che stentano ad essere chiarite o sottolineate, come il fatto che Gesù avesse anche delle donne tra i suoi Discepoli alcune delle quali lo seguirono fino alla sua morte in croce: tra di loro Maria Maddalena, Maria di Giacomo e Maria Salomè. Che evangelizzarono esattamente come i loro compagni maschi, gli Apostoli.

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Terminata la visita a questo insigne monumento, sicuramente uno dei più belli e importanti incontrati e visitati durante questo nostro Cammino, siamo ritornati all’Ufficio del Turismo da cui si è poi avuto accesso al chiostro del complesso monastico annesso alla Basilica.Ritornati “sui nostri passi”, dopo aver incontrato un Confratello della locale sezione Jacopea il quale ci ha fornito utili indicazioni riguardanti l’ubicazione dell’Hotel Ibis, al termine di un breve tratto di ulteriore Cammino in corrispondenza della periferia cittadina, abbiamo raggiunto il nostro punto d’accoglienza, che ci ha ospitati in modo davvero ottimo (ma non avevamo dubbi !!!) per tutta la notte e che si trova tra una serie di costruzioni a carattere semindustriale e commerciale, non distante dalla trafficatissima autostrada del Sud della Francia.Al termine del riassetto e di qualche momento di relax,, siamo alloggiati in un’ottima e confortevole camera quadrupla io, Giorgio, Nilo e Pasquale, ci siamo ritrovati tutti nella hall all’ora di cena, consumata in un vicino self-service annesso ad un ipermercato. Personalmente, ma non ho dubbi che anche gli altri Compagni lo possano confermare, ho cenato benissimo a prezzo modico: cotoletta di maiale grigliata sigillata con senape, verdure lesse a piacimento, patatine fritte, mousse di caffè al cioccolato, vino e acqua, il tutto per € 16.00….Al termine della cena, rientro all’Hotel e pernottamento non prima di aver scritto il diario del giorno.

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Tappa n°38 (Decima tappa del 5° settore)Mercoledì 12 03 2014

Da Saint Maximin a PuyloubierKm 24.00

Sveglia: ore 6.15Colazione all’Hotel Ibis: ore 7.00

Partenza: ore 7.47Inizio geografico di Ollières; incontro con M.me Louise Battut: ore 8.52

Visita alla Chiesa di S. Anna in Ollières: ore 9.00/9.15Sosta caffè a casa di M.me Battut; incontro con il marito Daniel: ore 9.35/10.15

Sosta al ponte sul Canal de Provence: ore 11.15/11.20Inizio geografico della cittadina di Pourrières: ore 12.13

Sosta nei pressi dell’Ufficio Postale di Pourrières: ore 12.20/12.25Sosta pranzo in corrispondenza della Grande Place di Pourrières: ore 12.30/13.10

Transito dalla “Domaine des Invalides de la Legion Etrangere”: ore 14.12Inizio geografico dell’abitato di Puyloubier: ore 14.31

Arrivo allo “Gite de Tape-Impasse de Figuier” di Puyloubier: ore 14.57 (km 24.00)Cena all’interno della struttura d’accoglienza: ore 19.30

Pernottamento: ore 21.00

Distanza percorsa: km 24.00Tempo di Tappa (7.47-14.57): 7h e 10’ (430’)Soste (15’+40’+5’+5’+40’) = 1h e 45’ (105’)

Tempo effettivo di cammino: 5h e 25’ (325’)Media oraria: (24.00x60):325 -= km/h 4.43

Partecipanti alla tappa: 10Al termine di una tranquilla nottata, trascorsa all’interno dell’Hotel Ibis sito nella periferia di St. Maximin, sveglia, riassetto e ottima colazione entro la struttura al termine della quale, prima della partenza, ritroviamo l’amico Jeans Jacques Bart, della Confraternita Jacopea locale, con il quale ci incamminiamo verso l’abitato di Ollierès.Sovrapassata la trafficatissima autostrada che attraversa il sud della Francia, il Gruppo si è inoltrato tra campi coltivati, vigneti e frutteti in fiore seguitando per una comoda strada asfaltata con pochissimo traffico.Superato un tratto caratterizzato dalla presenza di boschetti e radure, si è intersecata la strada dipartimentale “D 3” pervenendo, successivamente, alla periferia del paese di Ollierès dove veniamo accolti da una consorella Jacopea locale, artista, profonda conoscitrice del Cammino di Santiago e della Via Francigena, tale M.me Louise Battut, la quale con grande entusiasmo e cordialità, ci ha successivamente accompagnato sulla sommità dell’abitato per visitare la chiesa dedicata a S. Anna, eretta già durante il periodo carolingio, ma via via nel tempo modificata e alterata.A seguire, siamo scesi dal colle su cui si abbarbica il paese di Ollierès poi, in breve, abbiamo raggiunto l’abitazione di M.me Louise dove incontriamo il marito Daniel; qui possiamo fare una sosta di tutto relax sorseggiando latte e caffè unitamente a torte e biscotti e socializzare scambiandoci le nostre impressioni di Pellegrini Jacopei.Ripresa la marcia, M.me Louise ci ha accompagnato per un po’ prima attraverso i campi e successivamente, per un comodo e ampio sentiero sterrato che si è diretto verso ovest. Raggiunta la sommità di una collinetta, ove il sentiero spiana in seguito, ci siamo accomiatati dalla gentile Amica Pellegrina proseguendo sempre verso occidente avendo dinanzi l’ancor lontano, bianco complesso montuoso della Sainte Victoire, anche denominato “la Montagna di Cezanne” in quanto più volte da lui dipinta.Durante questo tragitto, lungo il quale incontriamo qualche ciclista, il sentiero ha lambito un vasto territorio punteggiato da lecci e roverelle di recente impianto.Dopo aver incrociato alcuni sentieri in derivazione, che s’inoltrano nella macchia boscosa testé indicata ma che ovviamente, tralasciamo, si è proseguito per un tratto piuttosto infido causato dalla presenza di affioramenti rocciosi e ghiaie molto mobili; arriviamo così al Canal de Provence che il Gruppo, dopo una breve sosta, ha sovrapassato tramite un ponte proseguendo poi dalla parte opposta seguitando per un sentiero di tipo analogo a quello fin qui percorso il quale poi è sfociato, al termine di una discesa, in in’ampia strada interpoderale tra vigneti e coltivi.

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La strada è poi proseguita, asfaltata, rettilinea, in falsopiano, per divenire in seguito più articolata, tra macchie boscose e ampi tratti “aperti” coltivati; il paesaggio e la campagna sono veramente ameni e silenti, i prati sono già punteggiati di fiori bianchi e gialli il tutto “baciato” da un sole caldo che il vento tende a mitigare conferendo quella tipicità atmosferica che solo la primavera che si avvicina può conferire.Proseguendo lungamente per questa strada, il Gruppo è pervenuto alla Grande Place del paese di Pourrières dove ha sostato consumando il pranzo il che ha anche permesso a tutti di rifiatare e riposare: Il caldo si è fatto sentire e una buona birra consente anche di poterci dissetare.Ripresa la marcia nel primo pomeriggio, si è proseguito per una strada asfaltata; alla nostra destra s’innalza vicino il complesso montuoso della Sainte Victoire mentre dinanzi a noi, ma ancora un po’ lontano, il paese di Puyloubier. La giornata è bellissima, senza una nuvola, leggermente ventosa: insomma è piacevolissimo camminare. Ci inoltriamo ancora tra le campagne di questo “lembo” di territorio provenzale ove vigneti e coltivi ci sono ormai molto familiari.Il percorso alterna tratti di asfalto ad altri sterrati ora in falsopiano ora per rettilinei, in un tripudio di verde e fioriture multicolori: un vero paradiso. Superiamo il tabellone segnaletico che indica che stiamo entrando nel Dipartimento “des Bouches du Rône” poi, dopo non molto, raggiungiamo e superiamo un sito militare della Legione Straniera adibito ad accogliere anziani e invalidi di questo storico corpo militare.Il successivo non lungo tratto asfaltato in leggera salita, sempre tra coltivi e belle alberature, ci consente di pervenire infine al posto tappa odierno, il paese di Puyloubier, al centro del quale è ubicato “le Gite d’Etape” l’ostello presso cui siamo accolti per la cena e il pernottamento. In effetti, per raggiungere il sito, abbiamo incontrato qualche difficoltà di orientamento ma poi, lì giunti, l’abbiamo trovato ancora chiuso; in attesa dell’arrivo del responsabile della struttura, abbiamo comunque reperito la chiave per entrare così abbiamo potuto sistemarci, fare il bucato e la doccia. La cena, alla quale hanno partecipato gli amici francesi della Confraternita Jacopea di Aix en Provence Joseph Ballestreri e la consorte Nicole, è stata approntata piuttosto bene dall’Ospitalera che gestisce l’Ostello: aperitivo, paté de fois, salame, canard con purè, dessert vino e acqua. Un simpatico fine cena, con gli amici francesi, con i quali Nilo pianifica il percorso della tappa di domani, ha concluso la serata poi, tutti a nanna !!! Stasera dormirò con Giorgio e Pasquale.

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Tappa n°39 (Undicesima tappa del 5° settore)Giovedì 13 03 2014

Da Puyloubier ad Aix en ProvenceKm 25.00

Sveglia: ore 6.30Colazione all’interno della struttura di accoglienza: ore 7.15

Partenza: ore 7.50Sosta al km 5,20: ore 8.55/9.12

Inizio del sentiero in salita in distacco dalla dipartimentale “D17”: ore 9.42Arrivo e sosta alle rovine dell’”Oppidum Untinos”: ore 10.10/10.18Sosta al Rifugio Cezanne (in restauro): ore 11.00/11.05 (km 11.60)

Incontro con otto Pellegrini della Confraternita Jacopea Provenzale, in località “Roques Houte”, “capeggiati” da Joseph Balestreri: 11.45/12.22 (km 14.00)

Sbarramento artificiale “Barrage du Bimont”: ore 13.00Breve sosta al belvedere sul sottostante “Barrage Zola”: ore 14.00/14.05

Località “Bibemus”: ore 14.13/14.21 (km 21.50)Arrivo alla Paroisse “St. Jean-Marie Vianney – Curé d’Ars”: ore 15.15 (km 25.00)

Partenza con le auto per il centro di Aix: ore 15.55Arrivo al garage nel centro cittadino: ore 16.05

Visita della Cattedrale di Aix e all’annesso chiostro: ore 16.10/16.45Ritorno al parcheggio e partenza per l’Auberge de Jeunesse: ore 17.00

Arrivo all’Hotel de Jeunesse sito nella periferia di Aix: ore 17.15Cena all’interno del complesso di ospitalità: ore 19.30

Pernottamento: ore 21.00

Distanza percorsa: km 25.00Tempo di Tappa (7.50-15.15): 7h e 25’ (445’)Soste (17’+8’+5’+37’+5’+8’) = 1h e 20’ (80’)Tempo effettivo di cammino: 6h e 05’ (365’)

Media oraria: (25.00x60):365 -= km/h 4.11Partecipanti alla tappa: 10

Al termine della colazione e della preghiera del mattino, si parte per quest’ ulteriore fatica anche se, il traguardo di Arles, è sempre più vicino.Giornata splendida con temperature ideali come nei giorni scorsi.Riprendiamo il cammino, attraversando il paese naturalmente deserto al quell’ora, incamminandoci lungo la dipartimentale “D 17” per nulla trafficata; alla nostra destra, il massiccio della Sainte Victoire illuminato dal primo sole del mattino.La Montagna Sainte Victoire è un complesso montuoso del sud della Francia, nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, situato ad est di Aix-en-Provence ed ha conosciuto una fama internazionale grazie a diverse opere pittoriche di Paul Cézanne in quanto luogo molto familiare all'autore fin dall'infanzia. Il massiccio calcareo, che il sole rende bianco, quasi innevato, ha una lunghezza di 18 chilometri, è largo 5 e si sviluppa tra i dipartimenti delle Bocche del Rodano e del Var. Il punto più alto è il Pic des Mouches che raggiunge i 1.011 m. s.l.m.Riportiamo alcuni brani di critica artistico - pittorica dell’arte di Cezanne in particolare legati a questo paesaggio:“La montagna Sainte-Victoire rappresenta uno dei temi più frequentemente trattati dal pittore. Di volta in volta egli rivede il suo soggetto con occhi diversi, nello stesso modo con cui lo si fa con ciò che si ama profondamente. Cézanne lavorerà a questo "motivo" per oltre vent'anni, realizzando diversi acquerelli e dipinti a olio. La ricerca di sintesi si fa ancora più forte nella serie di dipinti dedicati alla montagna di Sainte-Victoire, dominanti l'ultima fase dell'attività dell'artista. Il desiderio di rendere la sua arte il più possibile espressione naturale e concreta spinge il pittore ad affermare: "Il colore è biologico, è vivente, è il solo a far viventi le cose”. E ancora Cezanne dice:

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"Per dipingere bene un paesaggio devo scoprire prima le sue caratteristiche geologiche". Si direbbe che il senso dell'arte di Cézanne consista in un incessante tentativo di portare alla luce ciò che in natura è immutabile, eterno, per riconoscere riflesso nell'occhio che lo contempla, seppure per un istante, la medesima divina proprietà. È lui stesso a svelarcelo: “ora, la natura, per noi uomini, è più profonda che in superficie, e da ciò la necessità di introdurre nelle nostre vibrazioni di luce, rappresentate dai rossi e dai gialli, una somma sufficiente di colori azzurrati per far sentire l'aria". Questo nesso tra percezione, rappresentazione e conoscenza si pone alla base della dissoluzione (scomposizione) della forma che

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verrà poi operata dalle avanguardie novecentesche, in particolare dal cubismo: lo spazio della pittura non è più dell'occhio ma dell'intelletto.La piana è popolata di case, alberi, e campi. Si distende ampiamente in primo piano con l’intento di preparare lo sguardo dell’osservatore alla salita verso l’alta cima del monte.I volumi e lo spazio sono accuratamente studiati e rinnovati in questa tela; il tutto in una struttura fortemente geometrizzata. I volumi non sono presentati in disposizione prospettica tradizionale ma sono “scomposti” in diversi piani e, più ci si allontana, più danno l’impressione di essere distesi in una superficie costante. Lo spazio, invece, è costruito con accostamenti di colori: più sono vicini e più sono caldi, più sono lontani e più sono freddi. Lungo i ripidi lati della montagna, inoltre, c’è una “scalatura” di azzurri. Sembra quasi che cerchi di rendere e ottenere la prospettiva unicamente tramite l’uso del colore”.Questo primo tratto di percorso, si è svolto per lunghi rettilinei, salitelle e falsipiani tra coltivi e vigneti, salendo lentamente ma progressivamente.Dopo aver percorso circa 8 chilometri lungo la “D 17”, si è incrociato un sentiero che, verso destra, è andato incontro alla montagna tra macchia mediterranea e pini mughi. Proseguendo progressivamente in costante salita, il cammino ha intersecato un nuovo sentiero che, seguito verso destra, ha consentito di pervenire alla cima di un colle su cui si ergono le rovine, peraltro recentemente restaurate e “modernizzate”, dell’”Oppidum Untinus” dal quale si gode di un ampio panorama a 360° sul contorno ma soprattutto sul massiccio della Sainte Victoire. Trattasi dei reperti di una cittadella fortificata romana o forse di epoca precedente.Ripreso il sentiero principale, il Gruppo ha continuato seguendo parallelamente le basi del massiccio montuoso su cui svetta verso ovest, una gran Croce, raggiungendo poi, più in basso, un’edicola sacra qui sostando per un momento di relax e per alcune foto di Gruppo. Al termine di un ulteriore tratto in discesa per sentiero piuttosto articolato, tutti sono scesi al sottostante rifugio Cézanne, una piccola costruzione in fase di totale restauro, proseguendo immediatamente in discesa per una ampia e comoda strada sterrata realizzata, evidentemente, a servizio del Rifugio stesso.Al termine di questo magnifico e rilassante percorso, aereo nella prima parte tra alberature in fiore poi tra belle abetaie, il Gruppo è infine pervenuto a un’ampia area di sosta accolto da Joseph Ballestreri e da altri 8 amici confratelli Jacopei Provenzali con i quali, al termine della sosta-pranzo, dopo aver risalito il costone di un colle e attraversata un ampia radura prativa, è pervenuto al “Barrage du Bimont”, realizzato tra gli anni ‘46 e ‘52 del secolo scorso, il quale raccoglie le acque del Verdon incanalate lungo le relative famose “Gole”. Il manufatto è davvero imponente e, per essere stato realizzato in quegli anni, si presenta ancor oggi, in ottime condizioni. Dopo aver attraversato la diga lungo il suo coronamento superiore, il cammino è proseguito lungamente seguendo il magnifico e articolato sentiero che si snoda, pressoché in falsopiano, lungo il bordo superiore della valle, in cui scorrono le acque che escono dai condotti di fondo della diga testè superata, all’interno di una vegetazione boschiva lussureggiante e magnifica. Dopo aver superato questo tragitto il Gruppo è pervenuto in corrispondenza di un belvedere dal quale si è potuta notare la diga “di Zola” e, in breve, ad un’area adibita a parcheggio per gli autoveicoli che salgono dalla vicina città di Aix-en-Provence, denominata “Bibemus”, i cui occupanti, generalmente, da qui, si dirigono in passeggiata verso il citato “Barrage du Bimont.Ancora un tratto di sentiero tra il rado bosco poi, incrociata un’asfaltata, la si è seguita brevemente andando poi a percorrere un sentiero ghiaioso in forte discesa fino a raggiungere la periferia di Aix-en-Provence; da qui poi, in breve, tutti sono pervenuti alla “Paroisse de St. Jean Marie Vianne –Curè d’Ars” accolti da altri amici Jacopei che nel frattempo avevano preparato un rinfresco di benvenuto molto gradito e appropriato al termine di questa lunga e faticosa odierna tappa.Successivmente con alcuni automezzi degli amici della Confraternita, siamo pervenuti in centro città per la visita alla magnifica Cattedrale del San Salvatore e all’annesso Chiostro.Aix-en-Provence (in provenzale Ais de Provença secondo la norma classica o Ais de Prouvènço secondo la norma mistraliana) è una città del sud della Francia situata nel dipartimento delle Bocche del Rodano, nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra, sede di sottoprefettura.È situata in una pianura percorsa dal fiume Arc, dalla cui sponda destra dista circa due chilometri. La città è situata su un leggero pendio volto a sud, in prossimità delle prime colline che circondano la montagna Sainte-Victoire.La città è ben collegata: si trova a 20 minuti da Marsiglia, distante circa 30 km, a 30 minuti dalle spiagge, a 2 ore e mezza dalle piste da sci, a 15 minuti dall'Aeroporto di Marsiglia-Provence e a circa 3 ore da Parigi tramite TGV.La storia.Aix (aquae Sextiae) fu fondata nel 123 a.C. dal console romano C. Sestio Calvo, da cui prende il nome. Nel 102 a.C. nelle sue vicinanze si svolse la battaglia di Aquae Sextiae, in cui i Romani, sotto la guida di Gaio Mario, sconfissero i Teutoni che, con i Cimbri, erano in procinto di scavalcare le Alpi per giungere in Italia. Nel IV secolo fu capitale della provincia romana di Narbonense Seconda (Narbonensis Secunda). Fu occupata dai Visigoti nel 477 e nel secolo successivo venne ripetutamente saccheggiata dai Franchi e dai Longobardi. Nel 731 fu occupata dai Saraceni.Durante il Medio Evo fu la capitale della contea della Provenza e raggiunse l'apice del suo sviluppo solo dopo il XII secolo, quando, sotto i casati degli Aragonesi e degli Angioini, si trasformò in un centro artistico e culturale. Con il resto della Provenza, entrò a far parte del regno di Francia nel 1487. Nel

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1501 Luigi XIII stabilì in Aix il Parlamento della Provenza, che durò fino alla rivoluzione francese nel 1789.La città.Città d'arte e di forte tradizione universitaria, è apprezzata per il fatto per ospitare uno dei più ricchi patrimoni architettonici di tutto il sud della Francia. Il paesaggio è quello tipico provenzale, bello e romantico, con i colori e i profumi della lavanda; lo stesso che ha affascinato i più illustri artisti della storia, come Paul Cézanne, Émile Zola, Guigou, Stendhal, Mistral. Inoltre, la città è situata in una delle regioni naturalistiche più ricche d'Europa: la Camargue, il Luberon e le Alpilles.“Cours Mirabeau” è la via principale che taglia in due Aix, ombreggiata da un arco di platani. Conduce a “La Rotonde” e alla “Fontaine du Roi Rene”. La Rotonde è la grande fontana costruita nel 1860 che s’incontra subito entrando in città, abbellita dalle tre statue raffiguranti la Giustizia, l'Arte e l'Agricoltura, soggetti che ricordando le principali attività di Aix-en-Provence. Come dice il nome, la Fontaine du Roi Rene fu dedicata al già citato re Renato (René) d'Angiò (1409-1480) che fece di Aix la sua capitale e si dedicò con grande impegno ad abbellire la città. Nella stessa via si trovano altre due fontane, la “Fontaine des neuf Canons” (Fontana dei Nove Cannoni) del 1691 e la “Fontaine d'Eau Thermale” (Fontana dell'Acqua Calda), fonte termale a 35 gradi usata già dai romani.A nord del Cours Mirabeau si trovano i maggiori monumenti di Aix-en-Provence: l’Hotel de Ville (il Municipio), in precedenza antica sede arcivescovile, il Pavillon de Vendôme, la Place des Quatre Dauphins, così come molte dimore aristocratiche risalenti al XV e XVIII secolo. Il Musée Granet è uno dei più grandi musei della nazione, ospitato nel vecchio priorato dell'ordine di Malta, dove studiò disegno il giovane Paul Cézanne, ospita più di 13 mila opere di inestimabile valore artistico, appartenenti a diverse epoche storiche che vanno dai reperti egizi fino ai più importanti pittori francesi e no, da Cézanne com'è ovvio (qui si trovano tra gli altri Le Bagnanti, Natura Morta e Donna Nuda allo Specchio) a Picasso, Rubens, Giacometti, Rembradt, Mondrian  e Paul Klee. A nord, in Place de l'Université si trova la romanica Cattedrale di St Sauveur, un esempio del ricco patrimonio architettonico della città, con la Torre dell'Orologio e il Municipio. La Cathédrale Saint-Sauveur d'Aix-en-Provence (Cattedrale di San Salvatore), è il principale luogo di culto cattolico della città. La chiesa, sede del vescovo di Aix, è monumento storico di Francia dal 1840. Essa fu costruita tra l'XI e il XIII secolo, si trova ad un isolato dal Corso Mirabeau. La sua facciata espone un ricco portale gotico con delle porte laterali finemente scolpite è fiancheggiata sul lato nord da una torretta incompiuta. L'interno contiene degli arazzi del XVI secolo, altre opere d'arte e un fonte battesimale. La residenza degli arcivescovi ed un chiostro romanico sono adiacenti al lato sud della cattedrale.Nella piazza del municipio si tiene un mercato giornaliero, attorno al quale ci sono i tavolini di bar e ristorantini in un continuo via vai di persone. Il centro storico è prevalentemente pedonale e si può attraversare in 15 minuti a piedi. Tornando al “figlio prediletto” di Aix-en-Provence, Paul Cézanne, usciti dalle mura cittadine, si incontra quello che è stato il suo Atelier, il luogo dove il grande pittore impressionista passò gran parte della sua vita, un padiglione con giardino che l'artista si fece costruire alla morte della madre e dove dipinse tanti dei suoi capolavori. Il tempo qui sembra essersi fermato, tutto è rimasto come allora, esattamente come lo lasciò il pittore al momento della morte. Visitarlo può dare un'esatta idea di come doveva essere quel periodo.Ci sono diversi musei interessanti da visitare in città, tra i principali il Museo di Storia Naturale, il Museo della Vecchia Aix, il Museo degli Arazzi e non ultimo, il già citato Museo Granet.Aix-en-Provence è anche un importante centro universitario, con più di 30.000 studenti. Tre università e diverse scuole di lingua francese per gli studenti internazionali ne fanno un centro di cultura giovanile di primo piano. Al termine della visita alla Cattedrale, con gli automezzi degli amici francesi che ci hanno accompagnato in centro città, abbiamo preso la via dell’Auberge de Jeunesse sito nella periferia cittadina, complesso di ospitalità presso il quale, in serata, dopo il riassetto e un momento di riposo, si è cenato e trascorso qualche altro momento di socialità quindi, il pernottamento.

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Tappa n°40 (Dodicesima tappa del 5° settore)Venerdì 14 03 2014

Da Eguilles (Aix-en-Provence) a Salon de ProvenceKm 26.00

Sveglia: ore 6.00Colazione all’interno della struttura di accoglienza: ore 7.00

Partenza con le auto dall’Auberge de Jeunesse: ore 7.30Arrivo ad Eguilles: ore 7.45

Commiato dagli Amici Francesi e inizio della tappa: ore 8.00Sosta: ore 8.57/9.02

Sovrappasso linea ferroviaria Alta Velocità: ore 9.12Sosta: ore 10.25/10.45

Incrocio con dipartimentale “D17”: ore 11.10Sosta in località “Quatre Termes”: ore 11.19/11.24

Transito dal Canal de Marseille: ore 11.45Sosta nella periferia di Pélissanne: ore 13.20/13.25

Sosta pranzo in centro a Pélissanne al ristorante-bar: “Le Table de Manon”: ore 13.35/14.42Sottopasso autostradale all’uscita da Pélissanne: ore 15.13

Sosta in corrispondenza dell’inizio geografico di Salon de Provence: ore 15.22/15.27Arrivo all’Hotel “F1” a Salon de Provence: ore 15.37 (km 26.00)

Cena al vicino ristorante: ore 19.00Pernottamento: ore 21.00

Distanza percorsa: km 26.00Tempo di Tappa (8.00-15.37): 7h e 37’ (457’)

Soste (5’+20’+5’+5’+67’+5’) = 1h e 47’ (107’)Tempo effettivo di cammino: 5h e 50’ (350’)

Media oraria: (26.00x60):350 -= km/h 4.46Partecipanti alla tappa: 10

Al termine della nottata, tranquillamente trascorsa all’interno dell’Auberge de Jeunesse effettuata la colazione, ci siamo ritrovati all’ora prestabilita con gli amici francesi i quali, con i loro automezzi, ci hanno trasferito al paese di Eguilles, distante circa 8 chilometri da Aix; questo per diminuire il percorso della tappa odierna fino a Salon de Provence che, qualora effettuato nella sua interezza, sarebbe stato lunghissimo e faticoso.Raggiunto Eguilles, al termine dei convenevoli di commiato e delle foto di Gruppo, ci siamo messi in cammino per questa terz’ultima fatica dandoci appuntamento ad Arles, al termine del tratto di Cammino di nostra “competenza”.Dopo aver percorso in discesa alcune vie del paese che portano verso la periferia e la campagna, si è percorsa lungamente un’asfaltata locale senza traffico, che si è snodata, sinuosa e articolata, tra coltivi, vigneti e qualche tratto boschivo. L’asfaltata, evidentemente più a servizio delle proprietà coltivate, si è fatta successivamente sterrata lambita da qualche casa sparsa e alberi da frutto in fiore. La giornata è anche oggi bellissima con cielo terso e temperature gradevolissime.Superiamo alcuni boschetti di lecci, essenze di medio fusto di vario tipo e di macchia mediterranea godendo di una assoluta tranquillità e di un silente paesaggio rotto solamente dai nostri passi e dal ticchettio dei bastoncini che ci aiutano a scaricare un po’ del peso degli zaini.Proseguendo, il paesaggio si fa più aperto assomigliando molto ad una brughiera, le alberature e i cespugliati molto più radi e il percorso per ampia sterrata, diventa molto articolato in un continuum di salitelle, falsipiani e discesa. Sovrapassiamo la linea di alta velocità Marsiglia-Parigi, poco dopo sostiamo in corrispondenza di un edificio rurale in abbandono poi proseguiamo ancora lungamente all’interno di questo territorio fino a incrociare la strada dipartimentale “D 17” che andiamo a percorrere seguitando con una certa monotonia lungo i tratti rettilinei tra coltivi, vigneti in fase di riassetto e campi di lavanda non ancora in fiore.Con un caldo che si fa sentire, superiamo la località “Quatre Termes” e successivamente il Canal de Marseille seguitando a lato della citata dipartimentale mentre nel cielo terso, si stagliano alcuni “Alpha Jet” della Pattuglia Acrobatica Francese in fase di addestramento; evidentemente anche per loro si avvicina il momento di dare inizio alla stagione delle esibizioni. Ricordiamo che la P.A.F. è basata nella vicina storica aerobase di Salon de Provence sede anche dell’Accademia Aeronautica.

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Le evoluzioni degli aviogetti non possono non catturare la nostra attenzione soprattutto nel momento in cui vengono effettuate alcune figure acrobatiche “segnate” dai fumi tricolori rossi bianchi e blu che contraddistinguono questo team che si esibisce sempre con un programma di altissimo livello.

Proseguiamo ancora lungamente per la dipartimentale “D 17” fino a pervenire al Paese di Pellissanne dove, in centro, sostiamo lungamente presso il ristorante-bar “Le Table de Manon” non solo per

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attendere Carlo e Maria leggermente attardati ma anche per sorseggiare una corroborante birra fresca e fare la sosta pranzo. Fa molto caldo.Riprendiamo la marcia ormai alle porte di Salon de Provence; superiamo un’ampia rotonda, sottopassiamo una trafficatissima autostrada, superiamo il ponte sul “Canal de Craponne” e, subito dopo, il cartello che segnala l’inizio della città provenzale. In breve raggiungiamo l’Hotel “F1” della catena Ibis dove prendiamo alloggio, al termine di 26 chilometri di percorso, effettuato sotto un sole dardeggiante e una temperatura sempre più calda e afosa, inusuale per questo fine inverno.La Città di Salon de Provence è un comune francese di 43.115 abitanti situato nel dipartimento delle Bocche del Rodano della regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Essa è molto nota per la produzione dell’olio ma anche per il saponificio Marius Fabre che, da tempo immemore, produce il sapone di Marsiglia in uno stabilimento che tutt’ora conserva tutto il fascino dell’epoca in cui è stato costruito.Il centro storico si raccoglie intorno allo “Chateau de l’Empéri”, antica residenza degli arcivescovi di Arles; gran parte dell’edificio, compresa la torre Pierre de Cros e quella d’ingresso, risale al ‘200. Sono invece rinascimentali (sec. XVI) le ali che ospitano il “Musée National de l’Art et d’Histoire Militaire de l’Empéri” dedicato alla storia dell’esercito francese tra il ‘600 e la prima guerra mondiale: in mostra armi, divise, armature, documenti e cimeli napoleonici. Di fronte al Castello, si trova la Chiesa di S. Michele (sec. XIII), con campanile quattrocentesco e portale (sec. XII) dalla ricca decorazione a rilievo. Alla periferia nord della città la Collegiata di St-Laurent, in stile gotico provenzale (1344), custodisce nella 4 cappella di destra, la tomba di Nostradamus; l’abitazione dell’astrologo, al n° 11 della via che porta il suo nome, è stata trasformata in museo.Salon é una città a misura d’uomo ed è ideale per una sosta, magari curiosando fra i negozi di dolciumi e bevendo qualcosa sotto gli alberi vicino alla meravigliosa “Fontaine Moussue”, un’enorme fontana che il muschio la ricopre da 250 anni!Una magnifica doccia ci toglie la stanchezza; io e Giorgio ci sistemiamo in una confortevole camera a due letti poi, dopo un po’ di relax, usciamo per una visita ad un vicino negozio di articoli sportivi molto ben fornito. La cena viene effettuata in un vicinissimo ristorante specializzato in carni alla griglia; al termine il pernottamento molto per tempo.

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Tappa n°41 (Tredicesima tappa del 5° settore)Sabato 15 03 2014

Da Salon de Provence a MouriesKm 31.00

Sveglia: ore 6.15Colazione all’interno della struttura di accoglienza: ore 7.00

Partenza: ore 7.55Sosta all’esterno della Chiesa di S. Michele in centro a Salon: ore 8.30/8.35

Sottopasso della ferrovia a Salon de Provence: ore 8.55Sosta all’inizio dello “Chemin de Regirau”: ore 9.42/9.47

Sosta nei pressi del centro sportivo di Eyguières: ore 10.54/11.06 (km 12.00)Incrocio tra la dipartimentale “D17” e il sentiero che, verso dx, si inoltra nel territorio di bonifica a

seguito di un incendio, alla base del rilievo montuoso “Les Plaines”: ore 11.42Transito da una costruzione in pietrame a forma di “botte”: ore 12.10

Sosta alla periferia di Aureille: ore 12.50/13.00Sosta pranzo in centro a Aureille al bar “Soleil”: ore 13.15/13.55

Dopo Auireilles, bivio con dipartimentale “D24A”: ore 14.02Sosta: ore 14.57/15.10

Sosta all’inizio geografico di Mouries: 15.19/15.24Piazza di Mouries, visita alla Parrocchiale; commiato

da Giorgio Buizza: ore 15.30/16.00 (km 27.50)Arrivo al complesso ricettivo fuori Mouries (agriturismo “Le Camping”, in località Colines du Devenson,

in fase di avvio) : ore 16.40 (km 31.00)Cena in casa dei proprietari del complesso ricettivo (famiglia Petit): ore 19.30

Pernottamento: ore 21.30

Distanza percorsa: km 31.00Tempo di Tappa (7.55-16.40): 8h e 45’ (425’)

Soste (5’+5’+12’+10’+40’+13’+5’+30’) = 2h e 00’ (120’)Tempo effettivo di cammino: 6h e 45’ (405’)

Media oraria: (31.00x60):405 -= km/h 4.59Partecipanti alla tappa: 10

Giornata dal punto di vista meteo piuttosto variabile. Ad un inizio abbastanza buono con ampi squarci di sereno e sole, ha fatto seguito una nuvolosità sempre più accentuata ed è subentrato il maestrale, tipico di Provenza, il quale peraltro. verso sera, è calato d’intensità ma durante il giorno si è fatto sentire con folate fortissime che a volte hanno ostacolato o intralciato il procedere lungo il cammino.Per Giorgio Buizza, quella di oggi, è l’ultima vera tappa in cammino in quanto, problemi personali, impongono la sua presenza a casa per il mattino di lunedì prossimo.Dopo un’ottima nottata trascorsa con Giorgio all’interno di una confortevole cameretta del “F1” alla periferia di Salon, effettuata la colazione al suo interno, al termine della consueta preghiera mattutina, abbiamo iniziato a camminare procedendo verso il centro della città per un lungo vialone fino ad incrociare una rotonda al centro della quale troneggia un esemplare di ”Fouga Magister”, l’aereo che ha equipaggiato la Pattuglia Acrobatica per lunghi anni fin dalla sua lontana costituzione, qui a Salon, oltre 60 anni or sono. Il “Gate Guardian” anticipa l’ingresso al centro cittadino che si è poi raggiunto attraversando alcune delle vie principali e superando una vecchia Porta.Effettuata una breve sosta presso la Chiesa di S. Michele, peraltro chiusa, il cammino è proseguito attraverso la parte più antica della città dove, nei pressi di una piazzetta, è presente la casa di Nostradamus e un moderno monumento scultoreo in suo onore. Ricordiamo inoltre che questo straordinario personaggio, al secolo Michel de Nostredame o Miquel del Nostradama in occitano, è nato il 14 dicembre 1503 a Saint-Rémy-de Provence ed è morto il 2 luglio 1566 a Salon, ha studiato nelle Università di Avignon e di Montpellier ed è stato un astrologo, scrittore, farmacista e speziale di grande fama.Usciti dal centro storico, percorriamo alcune belle arterie cittadine circondate da edifici otto - novecenteschi di gran pregio per poi sottopassare la ferrovia e continuare lungo le strade della periferia di Salon, praticamente deserte.Seguitiamo lungamente in piano, per tratti di lunghi rettilinei, all’interno di un ambiente agricolo ma anche pastorale, tra alberature, parallelamente a canali adacquatori e fossati.

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Superata un’azienda agricola, dopo aver incrociato l’inizio del “Chemin de Regirau”, in breve abbiamo raggiunto la periferia di Eyguières sostando in corrispondenza di un ampio spazio di parcheggio annesso agli impianti sportivi locali.Ripreso il cammino, si è “ritrovata” l’ormai familiare “D 17” che però si è quasi subito abbandonata per seguire, verso destra, un magnifico sentiero sterrato, molto articolato nel suo andamento, il quale ha lungamente attraversato, tra salitelle e falsipiani, un ampio territorio oggetto di grandi lavori di bonifica, a seguito di un incendio sviluppatosi anni or sono. Il terreno è ora piantumato con cespugliati e vegetazione “pioniera” in modo da ricostituire gradatamente le condizioni per il ripristino arboreo precedente.Percorrendo questo ampio ma spettacolare territorio, si è levato il “mistral” che abbiamo così “assaggiato”, costringendo tutti a faticare maggiormente anche per contrastare, a tratti, le forti folate laterali del caratteristico e noto vento provenzale che spira da nord/ovest.Avanzando così contrastati, siamo giunti al centro dell’abitato di Aureille, sostando per il pranzo al “Bar Soler”, esercizio sito nella piazza del paese, alle pareti del quale sono appese bellissime foto di “Corride alla Provenzale”, spettacolo di tauromachia incruenta i cui protagonisti, più che i tori, sono i giovani locali i quali si fanno rincorrere dagli animali fino a saltare la staccionata che circonda l’arena in cui si svolge la “corrida”.Usciamo dal paese, “ritrovando” la “D 17”, continuando per qualche chilometro, tra coltivi, fino ad un bivio; qui giriamo decisamente a sinistra e, al termine di un lungo tratto rettilineo, raggiungiamo la periferia di Mouries e quindi, poco dopo, il suo centro oggi animato dal carnevale dei ragazzi; qui ci viene incontro anche Mrs. Pascal Petit, preavvisato del nostro arrivo dagli amici francesi, titolare del complesso di ospitalità ove trascorreremo la successiva nottata.Al centro del paese, visitiamo la Chiesa locale poi ci accomiatiamo da Giorgio Buizza non senza qualche attimo di dispiacere; certamente perdiamo un confratello del Gruppo ma, sicuramente, non certo un caro Amico con il quale abbiamo condiviso giornate indimenticabili e serene!!!. Lo salutiamo alla fermata dell’autobus in partenza per Arles.Dal centro di questo paese provenzale, abbiamo raggiunto la periferia poi, non senza qualche difficoltà nel reperire l’esatta ubicazione dell’Agriturismo “Le Camping”, sito in località denominata “Colline du Devenson” alla periferia di Mouries, abbiamo finalmente raggiunto “l’obiettivo” in ciò aiutati dal proprietario il quale ci è venuto incontro per indicarci la retta via.Il complesso, in via di completa ristrutturazione ma ancora per alcune parti incompiuto, è situato all’interno di un meraviglioso ambiente “boschivo”, di grande suggestione e tranquillità: insomma un luogo ove il silenzio è padrone e tale da rendere una vacanza la più rilassante possibile. Possiamo comunque alloggiare anche se gli ambienti risentono ancora dei lavori principali terminati praticamente qualche ora prima del nostro arrivo e, prima di cena, effettuare il riassetto anche con una doccia calda veramente ottima. Fuori il “mistral” soffia piuttosto forte.Ceniamo all’interno della casa del proprietario di questo complesso, Mrs Pascal Petit, in un clima festoso e cordiale, con cibi preparati “alla francese” dalla gentile consorte, poi, al termine ritorniamo nei nostri ”alloggi” per il pernottamento; io dormo in una bellissima ma fredda stanza, all’interno del sacco a pelo, vestito di tutto punto anche perché non ci sono coperte a disposizione !!!.

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Tappa n°42 (Quattordicesima tappa del 5° settore)Domenica 16 03 2014Da Mouries ad Arlés

Km 27.50

Sveglia: ore 6.00Partenza: ore 7.00

Sosta: ore 8.45/8.50Sosta per colazione al “Café de la Fontaine” a Mausanne les Alpilles: ore 8.40/9.05

Inizio geografico dell’abitato di Paradou: ore 9.13Transito dal centro del paese di Paradou: ore 9.30

Sosta in corrispondenza dell’inizio del “Chemin de la Plantade”: ore 10.03/10.08Sosta all’acquedotto romano: ore 10.55/11.00 (km 15.50)

Sosta all’incrocio con la dipartimentale “D17”: ore 11.40/11.45Visita all’Abbazia di Montmajeur: ore 12.10/12.40

Sosta pranzo al bar-ristorante fronteggiante l’Abbazia: ore 12.40/13.20Inizio geografico di Arles: ore 14.05

Incontro ad Arles con gli Amici confratelli francesi di Aix:ore 14.40Arrivo in centro ad Arles in corrispondenza della Cattedrale di St. Trophime: ore 14.50

(km 27.50): fine tappa e del 5° settore del pellegrinaggio di Confraternita Assisi-SantiagoFine visita alla Cattedrale, foto ecc.: ore 15.25

Buffet presso la struttura parrocchiale di St. Victoir: ore 15.30/17.00Partenza con le auto per l’Auberge de la Jeunesse: ore 17.00

Arrivo alla struttura d’accoglienza sita nell’immediata periferia sud della città: ore 17.10Cena in un ristorante nel centro cittadino: ore 19.30/21.00

Pernottamento: ore 21.30

Distanza percorsa: km 27.50Tempo di Tappa (7.00-14.50): 7h e 50’ (470’)

Soste (25’+5’+5’+5’+30’+40’) = 1h e 50’ (110’)Tempo effettivo di cammino: 6h e 00’ (360’)

Media oraria: (27.50x60):360 -= km/h 4.58Partecipanti alla tappa: 9

Al termine di una nottata caratterizzata da vento impetuoso, la giornata si è presentata un po’ incerta, nuvolosa, ma sempre con tanto vento. Durante la mattinata, le folate si sono attenuate scemando durante le ore centrali, poi il cielo si è rasserenato pian piano stabilizzandosi, dal pomeriggio, su condizioni discrete.Partiamo di buon’ora senza fare colazione anche perché oggi i tempi sono stretti e dobbiamo ritrovarci ad Arles con gli amici francesi nel primo pomeriggio. Scendiamo dal complesso di ospitalità e riprendiamo la dipartimentale “D 5”, che ieri abbiamo percorso per un breve tratto, per arrivare all’agriturismo. Proseguiamo per questa strada asfaltata piuttosto lungamente tra coltivi e aree prative e boscose seguendo un percorso articolato in falsopiano.Superato un borgo caratterizzato da edifici agricoli, edificati attorno ad una splendida villa padronale (attualmente forse un residence visto il parcheggio con molte macchine), raggiungiamo in breve il paese di Mausanne les Alpilles dove sostiamo per la colazione, in corrispondenza della Parrocchiale, al “Café de la Fontaine”.Ripreso il cammino, si è proseguito per la dipartimentale “D 17” fino al vicino paese di Paradou da dove, tralasciata l’ormai familiare e poco fa citata arteria stradale, abbiamo proseguito lungamente tra coltivi, incolti, prati stabili e boschetti. Superato un lungo rettifilo sterrato, lambito da begli orti, olivi e coltivi, si sono raggiunti i numerosi resti di un acquedotto romano davvero interessanti per la loro mole ampiezza e stato conservativo. Da qui, per un percorso su stradicciola locale interpoderale asfaltata, all’interno di un paesaggio agricolo silente e ordinato, si è raggiunta una strada asfaltata seguitando la quale, siamo pervenuti ad un bivio; allora si è proceduto decisamente verso sinistra per la dipartimentale “D 82 A” per qualche chilometro, raggiungendo infine, tra campi fioriti, l’austera “Abbey de Montmajour” eretta su di una piccola altura e che si staglia, imponente, all’interno della pianura che sottende la città di Arles.Salita una corta gradinata e superato il book-shop, siamo entrati con una certa circospezione all’interno di quest’ abbazia medioevale la cui visita meriterebbe molto più tempo rispetto a quello cui abbiamo

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dedicato, ma anche opportunamente “guidati”, per “assaporare” e capire meglio il complesso che abbiamo visitato e che “sprizza” storia e arte da ogni pietra.L'Abbazia di Montmajour è un complesso monastico situato circa a quattro chilometri a Nord-Est di Arles, nel dipartimento di Bocche del Rodano in Francia.Nel ottobre del 949, Teucinde, una donna dell'aristocrazia borgognona che ha seguito Ugo d'Arles (882-948) in Provenza, e sorella del prevosto Gontard, acquista l'isola di Montmajour, che appartiene all'arcivescovo Manassès d'Arles, e ne fa donazione ai religiosi che vanno a viverci e vi fondano l'Abbazia. Teucinde conferma la sua donazione nel 977. Fin dal 960, numerose donazioni vengono effettuate a favore dell'Abbazia, anche all'epoca del suo primo abate Mauring e del suo primo priore Pons. Nel 943 il Papa Leone III pone il monastero sotto la sua autorità diretta.Costruita su una roccia circondata da una palude da monaci benedettini, la piccola Abbazia Saint-Pierre estende rapidamente la sua influenza ad Arles ed in Provenza, grazie ad una vasta rete di priori (fino a cinquantasei nel XIII secolo) e al pellegrinaggio a Vera Croce fondata nel 1019. Il 3 maggio 1019 viene istituito il pellegrinaggio di Montmajour, chiamato Pardon de Montmajour (Perdono di Montmajour, durante la reggenza dell'abate Lambert, in occasione della consacrazione della prima chiesa Notre-Dame, in costruzione, dall'arcivescovo d'Arles, Pons de Marignane, che accorda in questa occasione la prima indulgenza storicamente attestata). Durante tutto il Medioevo l'Abbazia, ogni 3 maggio, vede l'affluenza di numerosi fedeli della regione, fino a 150.000 pellegrini secondo Bertrand Boysset, un cronista abitante di Arles, verso la fine del XIV secolo. Nel 1426 si contano da 12.000 a 15.000 pellegrini provenienti dalla zona del Rodano fino a Arles per il pellegrinaggio a Montmajour.

L'abbazia diventa nel XI secolo una necropoli dei Conti della Provenza. Infatti, nel 1018, vi viene sepolto il conte Guglielmo II di Provenza, mentre nel 1026, la contessa Adélaïde d'Anjou e nel 1063, il conte Goffredo I di Provenza. Tutti e tre furono sepolti inizialmente nella cripta del XI secolo, per poi essere trasferiti nel XII secolo nel chiostro.Nel 1405 l'abbazia perde l'indipendenza del suo abbaziato e si trova annessa all'arcidiocesi di Arles. Incomincia allora un lungo conflitto con il comune Saint-Antoine-l'Abbaye, che riesce nel 1490 ad accaparrarsi temporaneamente Montmajour. La controversia riguarda in particolare le reliquie di Sant'Antonio abate, disputate dai due monasteri. Le dispute si attenuano, l'Abbazia viene posta in commenda e così non cessa di regredire. Passa in mano ad altri o a laici contro un censimento fatto da un esperto all'Abbazia-madre.L'arcivescovo di Arles, Giovanni Jaubert di Barrault (1584-1643), vi introduce la riforma benedettina di Saint-Maur, ma si scontra con una forte opposizione dei monaci; infatti, nel 1638, dovrà ricorrere all'Intendente di Provenza, per imporre il concordato del 1639. La Congregazione di San Mauro prende possesso di questo monastero a San Michele nel 1639.Nel 1726 un incendio molto vasto richiede lavori di ricostruzione, diretti dall'architetto Giovanni Battista Franque (1678-1738).L'Abbazia nel 1786 subisce le conseguenze della Rivoluzione francese e viene venduta come bene nazionale. Gli edifici subiscono per la maggior parte forti deterioramenti o vengono parzialmente

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distrutti, così sono riacquistati dalla città di Arles nel 1838. L'abbazia viene classificata Monumento storico di Francia a partire dal 1845 e gli edifici restaurati, sotto il Secondo Impero francese, sono diretti da Enrico Antonio Révoil (1822-1900). Dal 1945, l'abbazia è proprietà dello Stato.Montmajour è composta da un eremo (XI secolo), da un monastero di tipo medioevale (XII secolo), da una torre di vedetta (XIV secolo) e da un monastero classico (inizio XVIII secolo).Una prima chiesa Notre-Dame, costruita tra 1016 e il 1069.La cappella di Saint-Pierre, verso il 1030.La chiesa Notre-Dame, costruita in due periodi tra il 1130 e il 1150 e tra il 1170 e il 1180.Il chiostro, costruito tra il 1140 e il 1290 e praticamente terminato nel 1182.La torre e le costruzioni del XIV secolo e XV secolo: queste costruzioni sono erette all'epoca delle Grandi Compagnie che devastano la Provenza.Il monastero Saint-Maur del XVIII secolo, in cattive condizioni.Le pietre, così sapientemente “assiemate” sia in verticale che in corrispondenza dei numerosi archi che generano le volte e le coperture, parlano da sole e danno la sensazione di quanto potesse rappresentare, a suo tempo, questo edificio. Infatti, camminando tra gli spazi e le volumetrie al suo interno,si genera nel visitatore un pathos di grande intensità, un’atmosfera quasi di mistero; mancano solamente melodie e canti gregoriani a far ritornare indietro, nel tempo, il visitatore e conferire alla visita momenti di irripetibili sensazioni. Il chiostro poi, sapientemente recuperato e restaurato, è un gioiello, ricco di elementi e altorilievi di assoluto prim’ordine artistico, ma tutto il complesso è una straordinario “ripasso” della storia dell’architettura romanica e gotica.Al termine di quest’ahimè fugace “introspezione medievale”, ci trasferiamo di fronte all’Abbazia, in un bar-ristorante, dove c’è consentita una breve sosta pranzo poi, di nuovo in cammino per completare non solo l’odierna tappa ma anche terminare questo 5° tratto del Cammino di Confraternita Assisi - Santiago, tra Bordighera ed Arles qui in Provenza.Rientriamo a camminare ai margini della “D 17” che ci permette, dopo pochi chilometri, di raggiungere la periferia di Arles. Seguitiamo lungamente per una serie di strade tra quartieri di case unifamiliari e a schiera, poi raggiungiamo uno dei viali di circonvallazione che, dopo un po’, tralasciamo per entrare nel centro storico cittadino; ognuno di noi è sicuramente e intimante felice per aver raggiunto la meta.Arriviamo nei pressi dell’Arena romana in centro città e qui, pressoché all’ora prestabilita, rincontriamo gli Amici Francesi di Aix ai quali ci eravamo dati qui appuntamento e che ci accolgono festosamente e con i quali effettuiamo l’ultimo breve tratto di cammino fino alla Piazza principale della Città caratterizzata dalla presenza del Municipio ma soprattutto dalla Cattedrale di St. Trophime.Arles (Arle in provenzale) è una città francese di 52.510 abitanti (2011) situata nel dipartimento delle Bocche del Rodano (regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra).La città ha un passato glorioso: emporio commerciale greco-massaliota, assunse caratteristiche propriamente urbane in età romana, divenendo una delle metropoli più fiorenti delle Gallie. Fu fra i massimi centri religiosi dell'occidente romano e, di fatto, una delle capitali dell'Impero in età costantiniana. Nel 407 divenne sede della Prefettura delle Gallie e dieci anni più tardi fu prescelta come residenza del vescovo primate (417), subentrando rispettivamente a Treviri e a Lione. In epoca medievale fu capitale di uno stato, il regno di Arles, che si estese per gran parte della Francia centro-orientale e sud-orientale e dell'odierna Svizzera. I suoi prestigiosi monumenti romani (l'Anfiteatro, il Teatro antico, Le Terme di Costantino, la necropoli degli Alyscamps) unitamente alla cattedrale romanica di Saint Trophime e ad altri insigni edifici antichi, medievali e moderni sono entrati a far parte del Patrimonio dell'Umanità nel 1981 e hanno permesso alla città di fregiarsi del titolo di “ville d'art et d'histoire” (città d'arte e storica).La geografia.La città è situata sulle due rive del Rodano, agli inizi del delta del fiume. Con circa 759 km², il suo comune è il più esteso della Francia metropolitana ed ha una superficie maggiore dei più piccoli dipartimenti francesi (Territorio di Belfort, con 102 comuni e Parigi, con i tre dipartimenti suburbani). Il suo territorio si articola in tre aree naturali: a meridione la Camargue che in massima parte le appartiene (la parte minore è amministrata dal comune di Saintes-Maries-de-la-Mer, che è il secondo per estensione ma raggiunge solo la metà della superficie di quello di Arles), a settentrione il piedimonte occidentale del sistema collinoso delle Alpilles, a oriente l'arida pianura de la Crau. Il comune comprende, oltre ad Arles, numerose altre località e frazioni: Albaron, Gageron, Gimeaux, Le-Sambuc, Mas-Thibert, Moules, Pont-de-Crau, Raphèle, Saliers, Salin-de-Giraud, Villeneuve.La Storia Antica.Il territorio della foce del Rodano fu occupato in età protostorica da popolazioni liguri, che allacciarono presto relazioni commerciali con le vicine popolazioni celtiche, con cui in parte si fusero, e con gli empori fenici. Furono tuttavia i Focesi, fondatori della città di Massalia, a costituire, attorno al VI secolo a.C., un emporio commerciale (Théliné), primo embrione della futura città di Arles. Il sito aveva una notevole importanza non solo commerciale ma anche strategica, trovandosi all'incrocio del percorso che collegava l'Italia alla Spagna con il corridoio formato dalla valle del Rodano, via di penetrazione di commercianti greci, fenici ed etruschi. Nei secoli successivi si andò sviluppando un primo, modesto, abitato: sono del IV secolo a.C. i resti di alcune edificazioni rinvenute (1975) durante i lavori per un parcheggio presso una zona verde della città nota come "Giardino d'inverno". Tale abitato originario dovette essere soggetto, o per lo meno fu sottoposto al controllo, della città di Massalia, cui era sempre rimasto unito da legami storici, commerciali e di sangue. A partire dal II secolo a.C., in età ancora

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preromana, la presenza italiana ad Arles si fa molto forte sotto il profilo economico, ma forse, fin da allora, anche sotto quello culturale.I Romani si installarono stabilmente in Provenza nel 122 a.C., e con ogni probabilità alcuni anni più tardi, al momento della costituzione della Narbonense (118 a.C. circa), l'emporio arlesiano fu incorporato nella nuova provincia. Nel 104 a.C. Mario fece scavare un canale nei pressi di Arles, che congiungeva il Rodano al golfo di Fos per facilitare e ampliare la navigazione nella regione. In questa prima epoca romana l'abitato dovette svilupparsi notevolmente acquisendo connotazioni pienamente urbane ed assumendo il nome di Arelate, toponimo di probabile origine gallica, con il significato di luogo presso (are) lo stagno (late); con tale denominazione sarà menzionata da Giulio Cesare nel De bello civili. Durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo, si schierò a fianco di Cesare riuscendo ad armare in un solo mese dodici navi da guerra che egli stesso aveva richiesto e, dopo la vittoria di quest'ultimo, ottenne buona parte del territorio dell'antica madrepatria, la pompeiana Massalia. Nel 46 a.C. divenne colonia romana accogliendo i veterani della legio VI Ferrata e ottenendo il privilegio di dotarsi di una cinta muraria che racchiudeva un'area urbana di 40 ettari. In questi anni il suo porto fluviale conobbe un ulteriore sviluppo, così come lo sfruttamento sistematico del fertile territorio che circondava la città.Agli inizi del IV secolo fu una delle residenze preferite dell'imperatore Costantino I e nel 314 vi si tenne il concilio di Arles. A partire dal 328 ebbe il nome ufficiale di Constantina, datole da Costantino I in onore del proprio figlio Costantino II che vi era nato; nel 340, tuttavia l'uso cessò con la morte e la “damnatio memoriae” di Costantino II. L'altro figlio di Costantino I, Costanzo II, mutò nuovamente il nome ufficiale della città in Constantia nel 353, in occasione della celebrazione nella città dei propri tricennalia; il nuovo nome tuttavia fu scarsamente utilizzato e la sua ultima attestazione risale al 423, anno in cui si ha l'ultima emissione monetaria, per l'usurpatore Giovanni Primicerio, ancora recante il segno di zecca col nuovo nome. A partire dal 328, la città, sostituendosi a Nemausus e a Burdigala come il centro più popoloso ed importante della Gallia meridionale, venne dotata di una zecca imperiale. Nel 407 divenne sede della Prefettura delle Gallie al posto di Treviri e dieci anni più tardi il suo vescovo subentrò a quello di Lione come primate ecclesiastico della Gallia. Nel 473 fu, per la prima volta, espugnata e occupata da una popolazione barbara, seppure parzialmente romanizzata, quella dei Visigoti. In quegli anni, che videro il crollo definitivo dell'Impero romano d'Occidente, Arles riuscì a conservare una certa importanza non solo come centro politico ed economico, ma anche, e soprattutto, religioso.La Storia Medievale.Nel 508, con la conquista ostrogota Arles entrò a far parte del regno di Teodorico. Era allora vescovo della città San Cesario che riuscì ad ottenere da Papa Simmaco anche la primazia sulla Spagna, conferendo alla diocesi arlesiana un prestigio, nell'Occidente cristiano, secondo solo a quello di Roma. Nel 524 vi si tenne un concilio cui parteciparono vescovi provenienti non solo da ogni parte della Gallia, ma anche da un certo numero di diocesi iberiche e persino dall'Italia. Nel 536 la città fu occupata dai Franchi e nel 730 fu espugnata e saccheggiata dai musulmani provenienti dalla Spagna. Continuò tuttavia ad essere un attivo centro commerciale e quando, nel 934, vennero unite in un unico stato la Provenza e la Borgogna, la nuova formazione politica prese il nome di regno di Arles ed ebbe nella città provenzale una delle sue capitali più prestigiose, oltre che centro organizzatore di rilievo. Dopo circa un secolo di vita indipendente, nel 1032, tale regno si smembrò e le sue parti (regione d'Arles, Borgogna e Provenza) vennero assorbite dal Sacro romano Impero. Il regno di Arles, pur se con una ridotta base territoriale, continuò tuttavia a vivere come stato vassallo del Sacro romano Impero fino alla definitiva trasformazione della contea di Provenza (suo antico feudo) in entità statuale pienamente autonoma (XIII secolo) e oltre.Nel frattempo era iniziato quel lungo percorso che doveva portare Arles, attorno al 1135, all'elezione di un console e, successivamente, a darsi degli statuti di città libera. I vincoli feudali che la città e il suo regno intrattenevano con il Sacro romano Impero rischiarono di spezzarsi e indussero Federico Barbarossa a recarsi ad Arles nel 1178 per cingere la corona di un stato che esisteva ancora de jure e riaffermare in tal modo la propria autorità su tutto il territorio compreso fra le Alpi e il Rodano. La cerimonia dell'incoronazione ebbe luogo con la massima solennità nella cattedrale di Saint Trophime, da poco edificata. Nel 1239, per volere della sua borghesia, Arles accettò l'autorità dei conti di Provenza, gravitanti anch'essi nell'orbita imperiale, riuscendo tuttavia a salvaguardare, almeno in parte, le proprie libertà civiche. Nel 1481 Arles e la Provenza tutta passarono, dopo la morte senza eredi del loro ultimo sovrano, il conte Carlo III, a Luigi XI e furono annesse al regno di Francia.La Storia Moderna.L'annessione di Arles al regno di Francia non comportò inizialmente problemi di sorta, anche perché la città e la sua regione di appartenenza tornarono ad unirsi ad altre aree occitane che per lingua e cultura le erano affini: basti pensare al Languedoc, alla regione di Tolosa e anche a quella parte della Guascogna che da tempo faceva parte dello stato francese. Agli inizi del Cinquecento tuttavia, venne inaugurata da Luigi XII quella politica di centralizzazione linguistica che, perseguita anche dai suoi successori, sfociò nell'editto di Villers-Cotterêts (1539) che stabiliva l'ufficialità della lingua francese in tutti gli atti pubblici a scapito del latino e degli idiomi autoctoni parlati sia nel sud di Francia (in gran maggioranza di ceppo occitano o francoprovenzale), sia in Bretagna. Tale editto segnò, ad Arles, l'inarrestabile decadenza del provenzale che sarebbe durata fino ai giorni nostri.

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Sotto il profilo economico e finanziario la città dovette subire, nella prima metà del Cinquecento, un aumento generalizzato della fiscalità, volto a sostenere sia la politica di espansione territoriale della monarchia francese in Italia (in funzione anche anti-asburgica) sia la lotta contro i corsari barbareschi particolarmente attivi nel litorale arlesiano (Saintes-Maries-de-la-Mer), sia lo sforzo militare contro le truppe imperiali di Carlo V che per ben due volte, negli anni trenta del Cinquecento, avevano invaso la Provenza. Nel 1525 la città fu costretta persino ad arruolare un contingente di 200 uomini per reprimere bande di briganti (bandouliers) formate da ex-militari italiani o corsi che desolavano la contrada.Con il ritorno della pace, attorno alla metà del XVI secolo, Arles conobbe un nuovo periodo di sviluppo urbano ed economico favorito dal rinato interesse per la cultura classica, di cui la città era stata, nelle Gallie, uno dei massimi centri propulsori. Numerose costruzioni, sia private sia pubbliche, furono erette con forme, il più delle volte, di ispirazione rinascimentale. Fra gli edifici pubblici più significativi dell'epoca possiamo ancora ammirare la celebre Torre dell'Orologio (Tour de l'Horloge) (1555) e le due torri della Porte de la Cavalerie (1588) e, fra quelli civili, i palazzi aristocratici di Varadier Saint-Andiol, Arlatan, Laval-Castellane, che riflettono il gusto delle grandi famiglie locali per la monumentalità, la magnificenza e per dei tratti italianizzanti rari in Provenza. Durante le guerre di religione (1562 - 1598) Arles restò fedele alla causa cattolica. L'arcivescovo Prosper de Sainte-Croix (1566-1574) indusse le autorità locali a cacciare i protestanti dalla città e ad accogliere i rifugiati cattolici provenienti dalla vicina Nîmes, fra cui Mons. Bernard Del Bene, che divenne per alcuni anni suo vescovo ausiliare. L'allontanamento dei protestanti permise ad Arles di restare al margine della guerra civile che si era scatenata fra "papisti" e "riformati", condotta con inaudita violenza da entrambe le parti nel mezzogiorno francese, ma non di evitare la terribile epidemia del 1579 - 1581 che ne decimò la popolazione e che tornò a flagellare la città otto anni più tardi.Nella prima metà del Seicento si impose in città un manierismo di tipo "borgognone" sia nell'architettura civile che in quella religiosa, trovando posto persino nella cattedrale di Saint Trophime con la sistemazione al suo interno, negli anni compresi fra il 1620 e il 1627, della Cappella dei re Magi (Chapelle de Rois Mages). Tale manierismo cederà il posto, attorno alla metà del secolo, a uno stile più sobrio, di ispirazione classicheggiante, e, negli ultimi decenni della centuria, a forme tipicamente barocche. In quegli anni il centro urbano subì alcune importanti trasformazioni che l'avrebbero contraddistinto fino ai giorni nostri, fra cui la definitiva sistemazione del cuore della città, l'odierna Place de la République con il nuovo Hotel de Ville, (1673-1675) che incorporò anche la Torre dell'Orologio e, al centro della piazza, il bell'obelisco di epoca tardo-imperiale (IV secolo), ivi trasportato dal Circo romano in cui si trovava.Nei primi decenni del Settecento Arles fu funestata da una grave carestia (1709) e dalla peste (1721), in cui perì oltre un terzo della propria popolazione che all'epoca ammontava a 23.000 abitanti circa. La carestia tornò a desolare la città nel 1752, dando luogo a saccheggi repressi con durezza: un agitatore venne impiccato, altri furono incarcerati, altri ancora condannati alle galere. Nella seconda metà del secolo si segnalano anche i primi timidi tentavi di industrializzazione della città, con l'apertura di alcuni stabilimenti al di fuori delle mura cittadine e oltre il Rodano, nel quartiere di Trinquetaille.La Storia Contemporanea.L'adesione della città alla Rivoluzione si produsse ancor prima della presa della Bastiglia, allorquando esplose in città una rivolta popolare dovuta al carovita (13 marzo 1789), seguita da manifestazioni antimonarchiche che culminarono con l'occupazione del palazzo comunale. Le redini del potere furono prese, fin da allora, dall'aristocratico Pierre-Antoine Antonelle, che da tempo aveva fatti propri gli ideali di libertà e giustizia sociale che avevano ispirato i patrioti rivoluzionari francesi e che nel 1790 fu eletto sindaco della città.In epoca napoleonica fu decisa la soppressione dell'Arcidiocesi di Arles (1801) e la sua unione con la diocesi di Aix. Ripristinata nel 1817, fu nuovamente soppressa nel 1822 incorporandosi definitivamente in quella di Aix-en-Provence. All'epoca l'economia della città era ancora basata sul porto fluviale, ma attorno alla metà dell'Ottocento, a causa del rapido sviluppo dei trasporti per ferrovia, si andò gradualmente riconvertendo. L'apertura degli ateliers ferroviari, a ridosso degli Alyscamps, nel 1848, segnò l'inizio della di una nuova era per Arles, che cominciò a perdere le connotazioni portuali che fino ad allora l'avevano contraddistinta, per assumere sempre più quelle di una centro dall'economia diversificata. Negli anni del Secondo impero viene aperto a Salin-de-Giraud, località appartenente al comune di Arles, uno stabilimento per lo sfruttamento del sale (1856). Quest'epoca vide anche la costruzione di importanti arterie (fra cui l'attuale rue Gambetta), di un ponte ferroviario sul Rodano, di nuovi argini lungo il fiume per proteggere il centro storico dalle ripetute inondazioni (1856) e di numerosi edifici pubblici fra cui scuole, caserme, magazzini e un teatro. L'attività edificatoria continuò in età repubblicana: nel 1875 venne inaugurato un secondo ponte fluviale per unire il centro urbano al quartiere di Trinquetaille e in alcune zone periferiche della città iniziarono a sorgere i primi nuclei abitativi destinati prevalentemente agli operai. In quegli anni, nel quartiere arlesiano di Barriol, fu aperto un cantiere navale sopravvissuto fino ai giorni nostri. La città che nel 1875 vide nascere Jeanne Calment la donna più longeva di ogni tempo (122 anni legalmente provati) e che ospitò Vincent Van Gogh nel 1888-1889 ispirando tante sue immortali creazioni, era certamente profondamente diversa da quella che solo alcuni decenni primi basava la propria esistenza sul porto fluviale.Le due guerre mondiali segnarono profondamente la città: se nella prima molte giovani reclute arlesiane perirono sul fronte franco-tedesco, nella seconda ai morti fra le truppe combattenti si aggiunsero quelli causati dai bombardamenti aerei anglo-americani (giugno - agosto 1944) che

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falcidiarono molti civili inermi e causarono gravi danni al patrimonio edilizio e monumentale cittadino. Secondo fonti ufficiali, per quanto riguarda la sola edilizia residenziale su 5.500 alloggi esistenti, 1.156 andarono totalmente distrutti o risultarono inabitabili e 1.120 subirono distruzioni parziali di varia entità e gravità. Interi quartieri come quello di Trinquetaille o de La Cavalerie furono in massima parte rasi al suolo insieme ai due ponti sul Rodano, al Palazzo delle Poste, alla stazione ferroviaria e a svariati altri edifici civili e religiosi. Fra questi ultimi andò irrimediabilmente perduta l'Église de Saint-Pierre, a Trinquetaille, che venne riedificata nel dopoguerra con forme moderne, mentre l' Eglise Notre-Dame-la-Major, nonostante i gravi danni subiti, venne riaperta al pubblico dopo essere stata sottoposta, per otto anni, a una serie di interventi strutturali e di restauri. L'opera di ricostruzione, data la l'importanza della città sotto il profilo storico e monumentale, fu affidata alla direzione di uno dei massimi architetti del tempo, il francese di origine ungherese Pierre Vago (1910-2002) e si protrasse fino agli inizi degli anni sessanta del Novecento.Monumenti e Musei.Nel 1981 i monumenti romani e romanici della città sono stati iscritti nell'elenco dei Patrimoni mondiali dell'umanità dell'UNESCO.Le Mura. La conoscenza del tracciato della prima cinta muraria, eretta poco dopo fondazione della colonia, alla fine del I secolo a.C., è in gran parte incerta. Un ultimo resto del tratto di mura si sviluppava lungo il Rodano in epoca medioevale. Si conservano anche i resti della porta della Cavalleria, ricostruita nel 1588, completata nel XVIII secolo e parzialmente distrutta durante la Rivoluzione francese nel 1877.Il Foro. Del foro vero e proprio, la piazza centrale della città romana, restano solo alcuni pezzi architettonici che permettono di ipotizzare la sua costruzione poco dopo la fondazione coloniale del 46 a.C. Fa parte dei monumenti inseriti nella lista dei Patrimoni mondiali dell'umanità.La Piazza. Disposta su un terreno in pendio, era in parte sostenuta da costruzioni: tre gallerie sotterranee disposte ad U e chiuse al pubblico. Una quarta galleria con elementi in mattoni appartiene probabilmente ad un rimaneggiamento di epoca tardoantica. A partire dal V secolo il foro era in abbandono e alcune parti dei criptoportici furono chiuse per essere utilizzate come cantine e si perse la memoria della natura dei resti, che furono prima interpretati come catacombe e riconosciuti di origine romana solo in seguito al ritrovamento di un fregio scolpito nel 1737. Lo scavo di queste gallerie sotterranee a partire dal 1951 permise di ritrovare un deposito di marmi asportati da antichi monumenti, tra cui alcune iscrizioni che testimoniano l'esistenza nel Foro di un culto dedicato all'imperatore Augusto.Attualmente ai criptoportici del Foro si accede dalla cappella dei Gesuiti, costruita nel 1654, notevole per il soffitto dipinto e la decorazione scolpita dell'interno, in stile barocco. La cappella fu sede del museo archeologico di arte cristiana.Il Teatro romano. Fu inaugurato nel 12 a.C. presso la collina dell'Hauture, inserito nel suo tracciato urbano regolare. Insieme al foro e all'Arc du Rhône costituisce l'impianto monumentale della colonia in epoca augustea. Fa parte dei monumenti inseriti nella lista dei Patrimoni mondiali dell'umanità.Iniziò ad essere fortificato nel V secolo d.C. ("Torre di Rolando", inserita nella cinta fortificata della città). Parte dei materiali fu riutilizzata per nuove costruzioni nelle vicinanze. Nel Medioevo altre costruzioni vi furono edificate e si perse memoria della sua originaria funzione, che venne nuovamente riconosciuta solo alla fine del XVII secolo. I lavori di scavo e restauro iniziarono nel 1823. Nuovi restauri sono iniziati nel 2004.Attualmente restano pochi gradini della cavea del Teatro, l'orchestra, il proscenio e due colonne della scena, con un frammento della trabeazione. In origine la cavea si appoggiava su tre ordini di arcate e poteva accogliere circa 10.000 spettatori. Nell'orchestra, pavimentata in marmi colorati si trovava l'altare dedicato ad Apollo, rinvenuto negli scavi ottocenteschi. La scena aveva in origine tre ordini di colonne ancora in marmi colorati e una notevole decorazione scultorea, di cui rimane la celebre "Venere di Arles" e la testa di una statua colossale di Augusto.L’Anfiteatro. Conosciuto con il nome di les Arènes, l'anfiteatro fu edificato intorno all'80 d.C., addossato al fianco settentrionale della collina dell'Hauture, con orientamento diverso rispetto a quello del tracciato urbano. Fa parte dei monumenti inseriti nella lista dei Patrimoni mondiali dell'umanità.Nel Medioevo, divenne una vera e propria cittadella fortificata e vi furono innalzate quattro torri. Nel 1735 il consiglio municipale proibì la ricostruzione delle abitazioni che vi si erano installate e il monumento venne liberato dalle costruzioni successive a partire dal 1822. Restauri del monumento, ora esposto agli agenti atmosferici, furono condotti a più riprese e alla fine del XIX secolo fu instaurato un regolare programma di manutenzione. Nuovi grandi restauri sono iniziati nel 2000.Circa 21.000 spettatori potevano essere ospitati nella cavea, suddivisa in quattro suddivisioni orizzontali e sostenuta da due ordini di 60 arcate, sormontate da un attico oggi perduto. Come in molti altri anfiteatri il sistema di accesso era articolato per mezzo delle scale e dei corridoi anulari ricavati nelle strutture di sostegno. L'arena era pavimentata con un tavolato in legno sostenuto da risalti nella parte inferiore del podium (il muro che limitava la cavea, rivestito da grandi lastre in pietra): nello spazio sotto il tavolato trovavano posto i macchinari utilizzati per gli spettacoli.L'anfiteatro viene attualmente utilizzato per spettacoli teatrali e per la Course camarguaise.Il Circo romano. Fu edificato nel 149 d.C., sotto l'imperatore Antonino Pio, fuori dalle mura, lungo la riva del fiume. Fa parte degli edifici inseriti nella lista dei Patrimoni mondiali dell'umanità.

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Nel IV secolo la spina venne ricostruita con un nuovo rivestimento in lastre di marmo e l'erezione di un obelisco. Nel V secolo quando vi si svolgono ancora delle corse, inizia una parziale occupazione delle strutture. Il monumento sarà utilizzato come cava di materiale nel VI secolo in occasione della costruzione delle nuove fortificazioni. Le alluvioni del fiume ricoprirono le rovine di sedimenti e il monumento venne riscoperto solo nel XVII e nel XIX secolo, con scavi più approfonditi nel XX secolo.La cavea poteva accogliere 20.000 spettatori ed era sorretta da un sistema di volte rampanti terminanti in facciata con un ordine di arcate. A causa della natura argillosa del terreno le fondazioni dovettero essere rinforzate con palificazioni in legno. Sono attualmente visibili solo alcuni resti delle costruzioni della cavea sul lato corto curvilineo.Le Terme di Costantino. Forse sul sito di un simile edificio più antico, sulle rive del fiume, l'edificio termale venne costruito nel IV secolo d.C., epoca in cui la città era divenuta sede della corte imperiale di Costantino. Nel Medioevo la costruzione fu occupata da abitazioni private che ne fecero perdere il ricordo: nel XVI secolo i resti visibili erano identificati come quelli del palazzo imperiale di Costantino e venivano chiamati palazzo della Trouille, con allusione a sale circolari e voltate. Degli scavi nel XIX secolo permisero di identificare i resti con un edificio termale. Ad un palazzo o alla sede della prefettura delle Gallie potrebbe appartenere una sala basilicale, visibile nel vicino palazzo d'Arlatan.I resti dell'edificio sono tuttora in gran parte compresi nelle case circostanti, mentre è stato liberato il settore settentrionale con gli ambienti caldi e altri spazi di servizio.La Basilica Paleocristiana. La prima cattedrale, sorta nel IV secolo era conosciuta solo dalle fonti fino al rinvenimento dei resti dell'abside, avvenuto nel 2003 durante lavori di costruzione sulla collina dell'Hauture. I resti comprendono una vasta abside, poligonale all'esterno e a pianta semicircolare all'interno, che racchiude un deambulatorio pavimentato a mosaico policromo, intorno ad un'abside più piccola, con pavimento rialzato e rivestito in marmo.Il Convento di San Cesario. Il monastero femminile fu fondato con il nome di San Giovanni nel 512 dal vescovo San Cesario (502 - 542) sulla collina dell'Hauture, nei pressi della prima cattedrale.Chiamato anche grand couvent ("convento grande"), fu chiuso durante la Rivoluzione francese nel 1792 e in gran parte distrutto e ne restano oggi poche vestigia.La cappella di San Biagio fu edificata, sui resti di edifici anteriori, a partire dal XII secolo ed è stata oggetto di scavi archeologici nel 1972 e nel 1982.La Basilica di Saint-Trophime. La cattedrale della città fu spostata nel V secolo nei pressi dell'antico Foro della città e dedicata a Santo Stefano. Ebbe diverse fasi costruttive: la chiesa oggi visibile fu edificata tra il 1100 e il 1152, e dedicata a Saint Trophime (San Trofimo). Rappresenta uno dei monumenti più importanti del romanico provenzale e fa parte dei monumenti inseriti nella lista dei Patrimoni mondiali dell'umanità.La Chiesa di San Giovanni di Moustier. La chiesa fu edificata nel XII secolo in stile romanico-provenzale sulla collina dell'Hauture, e conserva un'abside decorata esternamente da lesene di imitazione antica. Fa parte dei monumenti inseriti nella lista dei Patrimoni mondiali dell'umanità.La Piazza della Repubblica. Nel Medioevo si trattava di uno slargo tra la chiesa di Saint-Trophime e quella di Sant'Anna (1627). Nella chiesa fu ospitato dal 1825 il primo museo archeologico ("Museo di arte pagana").Nei pressi sorgeva inoltre il Palazzo del Podestà (eretto tra il 1220 e il 1235 in stile romanico), utilizzato dal vicario del conte di Provenza dopo il 1251 e fiancheggiato dal plan de la Cour, dove si svolgevano le assemblee cittadine.Nel 1676 venne terminato il palazzo del Municipio che inglobava la più antica Torre dell'Orologio (1558), che a sua volta ne sostituiva una più antica. In questa occasione fu creata la vera e propria piazza con l'abbattimento di diversi isolati. A diverse epoche appartengono le facciate degli altri edifici che la bordano: dalla chiesa di Sant'Anna, ricostruita nel 1627 fino al palazzo delle Poste, oggi sede di servizi pubblici e associazioni, che chiuse la piazza nel 1898 (architetti Auguste e Leonard Véran).L'obelisco di fronte al Municipio, qui rialzato nel 1676, era stato posto nel IV secolo d,C. sulla spina del circo romano. Si tratta di una realizzazione romana, scolpita in una pietra originaria dall'odierna Turchia. Fu rinvenuto nel 1389, rotto in due pezzi. Nel XIX secolo fu aggiunto il bacino d'acqua ai suoi piedi. Durante la sua erezione vennero scoperti dei resti relativi ad uno stabilimento termale di epoca romana.La Commanderie Sainte-Luce. Si tratta di un insieme di edifici appartenuto ai Templari. In seguito passò agli ospedalieri di San Giovanni di Gerusalemme, o Sovrano Militare Ordine di Malta. I quattro edifici riuniti intorno al cortile centrale risalgono uno probabilmente alla fine del XIII secolo, due al XV e l'ultimo fu rimaneggiato nel XVI.Il Convento dei Grands-Carmes. Il primo convento dei Carmelitani costruito nel XIII secolo e successivamente abbandonato, fu nuovamente messo in luce durante i restauri per una banca. Comprende la cappella Desalberts, con volte gotiche dall'articolata decorazione, della seconda metà del XVI secolo.Il Convento dei Domenicani. Inizialmente insediati all'esterno delle mura, i Domenicani si insediarono nel XIV secolo sulle rive del fiume. La monumentale chiesa, consacrata a Notre-Dame-de-Confort fu completata nel 1484 in forme gotiche. A partire dal 1981 è stata oggetto di scavi e di lavori di restauro.Il Gran Priorato dell'Ordine di Malta (Museo Réattu). La sede del Gran Priore dell'Ordine di Malta fu realizzata a partire dal XV secolo da due commanderies medioevali. Nel 1868 fu sede del museo municipale di belle arti, attualmente orientato in particolare verso l'arte contemporanea e la fotografia.

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Spazio Van Gogh. L'antico ospedale fu costruito tra il 1573 e XVII secolo e il 1680, riunendo i 32 complessi di sanità presenti all'epoca in città. Nel 1835 tre dei corpi di fabbrica intorno al chiostro centrale furono rialzati in seguito ad un'epidemia di colera. Vi fu ospitato Van Gogh, che raffigurò l'edificio nei suoi quadri. L'ospedale cessò di funzionare negli anni 1970. In seguito, l'edificio subì ampie opere di restauro e trasformato in centro culturale. Durante i lavori, fu oggetto di scavi archeologici che hanno rimesso in luce testimonianze della protostoria locale.L’Esplanade des Lices. Sul sito dove gli scavi hanno rivelato resti di ville suburbane del II secolo d.C., si eressero a partire dal XVII secolo (piazzale del Mercato Nuovo) il nuovo convento dei Carmelitani (1634 e 1702), con annessa cappella (oggi unico resto visibile) e l'Ospedale della Carità delle suore agostiniane. Verso il 1820 nasce il grande boulevard des Lices, che attraversa i giardini dell'antico convento. Gli scavi qui condotti hanno rivelato la presenza di ricche ville suburbane di epoca romana, con pavimenti decorati a mosaico policromo. Alcuni dei resti sono stati lasciati visitabili nei sotterranei della banca del Crédit Agricole.Il Cimitero monumentale. Sistemato fuori città nel 1786, presenta numerosi esempi di tombe del secondo Impero e iscrizioni funerarie in lingua d'oc.La Necropoli degli Alyscamps. La necropoli, situata lungo l'antica via Aurelia, fu utilizzata in età romana e medievale. Acquistò importanza in epoca paleocristiana per la sepoltura qui avvenuta del martire San Genesio e di San Trofimo; la salma di quest'ultimo venne traslatata, attorno alla metà del XII secolo, nella cattedrale di Arles. Il nome deriva da Campi Elisi; in una cappella della zona furono seppelliti anche i primi vescovi di Arles. Fu tappa obbligata nel cammino di pellegrinaggio verso Santiago di Compostela. Nel ciclo carolingio vi fu ambientato un combattimento tra Carlo Magno e i Saraceni, per spiegare la grande quantità di tombe presenti. Dante cita il luogo nella Divina Commedia (Inferno, IX, 112). Vi sorge la chiesa di Sant'Onorato, conosciuta dall'XI secolo e costruita dai monaci dell'abbazia di San Vittore a Marsiglia. Nel XII secolo l'abbazia fu interamente ricostruita ma la chiesa, in stile romanico-provenzale, non fu mai completata. La navata centrale rimasta scoperta ospitò nel XVII secolo un lapidario. Risale ad epoca medioevale anche la chiesa di San Pietro des Mouleyrès, il cui cimitero è stato tagliato per il passaggio della linea ferroviaria. Rovinata e abbattuta, fu ricostruita nel XVII secolo. La cappella dei Porcelet, del XV secolo è una delle poche cappelle familiari conservate della necropoli. I viali furono sistemati nel XVIII secolo dai padri Minimi e furono dipinti da Vincent Van Gogh e da Paul Gauguin nel 1888.Il Museo di Arles e della Provenza. La formazione delle collezioni risale al 1614, con l'esposizione nel palazzo del Municipio delle vestigia archeologiche rinvenute in città. Nel 1651 fu ritrovata ed esposta la statua della Venere di Arles, rinvenuta nel teatro, che venne poi ceduta al re Luigi XIV per il parco di Versailles. Altre collezioni erano ospitate nei conventi (in particolare nel cortile del convento della Misericordia, situato sul sito stesso del teatro). Nel 1784 agli Alyscamps venne realizzato il primo museo archeologico pubblico, ma l'esperienza fu interrotta dalla Rivoluzione francese. Nel 1805 fu la chiesa di Sant'Anna ad essere dedicata come Museo dell'arte pagana all'esposizione degli oggetti antichi. Nel 1935 la crescita delle collezioni rese necessario l'apertura di un Museo di arte cristiana nella cappella dei Gesuiti. Infine a partire dagli anni 1970 fu presa la decisione di edificare un nuovo museo archeologico che venne infine inaugurato nel 1995, opera dell'architetto Henri Ciriani.Il museo ha pianta triangolare e ciascuno dei tre lati è dedicato ad una specifica funzione: esposizione, accoglienza del pubblico, restauri e studi. Gli oggetti illustrano la storia della città e il modo di vivervi dall'epoca neolitica fino alla tarda antichità, seguendo un percorso cronologico e tematico.L’arrivo alla Piazza della Cattedrale ci riempie d’intima gioia per il traguardo raggiunto al termine del quale ci felicitiamo calorosamente. Tante le foto di Gruppo, alla fine di questa nostra fatica, che si conclude con la visita alla Cattedrale di Saint Trophime, dove ci viene apposto l’ultimo timbro sulla Credenziale.Gli Amici Francesi, veramente con grande amichevole ospitalità, ci accolgono in seguito nei pressi dell’Arena, all’interno di un ampio locale d’accoglienza della Parrocchia di St. Victoir dove hanno predisposto un ottimo e abbondante buffet a base di dolci e bevande dissetanti. La stanchezza si attenua di colpo e la socialità e l’atmosfera di grande allegria si “aprono” a 360°; alla fine, un simpatico discorso di saluto in italiano, da parte di Joseph Ballestreri, i ringraziamenti da parte di Nilo e il canto dei Pellegrini Francesi in cammino verso Compostella, concludono questo momento di amicizia che, sicuramente, rimarrà in tutti noi come un caro ricordo indelebile di gratitudine nei riguardi di questi nostri Confratelli Jacopei che ci hanno seguito e aiutato durante il nostro “pellegrinare” in terra provenzale. Riteniamo doveroso segnalare al Rettore Paolo Caucci Von Saucken, questa amichevole fattiva collaborazione e l’aiuto da parte della Sezione Provenzale della Confraternita Jacopea Francese.Alla fine del simpatico momento di convivialità, gli Amici Francesi con i loro automezzi ci conducono, nell’immediata periferia, al locale “Auberge de Jeunesse” dove prendiamo alloggio per quest’ultima nostra notte in terra di Francia; naturalmente il momento del commiato è stato calorosissimo come ben si può comprendere!!!A seguire, io e Giuseppe ritorniamo in centro città per capire in quanto tempo avremmo potuto raggiungere la stazione ferroviaria l’indomani mattina di buon’ora e per acquistare i biglietti per il rientro in Italia; questo ci permette di camminare per un breve tratto lungo la riva sinistra del Rodano, imponente nella sua portata d’acqua, il quale scorre maestoso ai margini di Arles.Rientrati in Ostello, dopo le operazioni di riassetto che gli altri Confratelli avevano effettuato nel frattempo, ritorniamo ancora in centro città ove, nei pressi della Piazza Principale, ceniamo non prima

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di aver sorseggiato un ottimo aperitivo offerto amichevolmente da Maria. Il rientro in Ostello e il pernottamento vengono così a completare quest’ultima nostra giornata del Cammino Bordigherta-Arles.

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Lunedì 17 03 2014Il ritorno a casa

Arlés – Marseille (Marsiglia) – Nice (Nizza)Aeroporto di Venezia Tessera – Pordenone - Cordenons

Sveglia: ore 5.00Partenza dal complesso di Ospitalità di Arlés: ore 6.05

Partenza del treno locale per Marseille (Marsiglia): ore 6.36Arrivo a Marseille (Marsiglia): ore 7.42

Partenza con un TGV per Nice (Nizza): ore 8.33Arrivo a Nice (Nizza): ore 11.03

Partenza dalla Stazione Ferroviaria di Nice (Nizza) per l’Aeroporto“Nice-Côte d’Azur”: ore 11.18

Inizio della camminata lungo la “Promenade des Anglais” ore 11.43Arrivo all’Aeroporto “Nice-Côte d’Azur”: ore 13.02

Check-in: ore 15.40/15.48Imbarco sull’aeromobile “Jasy Jet Airbus A 319/320”: ore 17.20

Decollo: ore 17.45Atterraggio all’Aeroporto “Marco Polo” di Venezia-Tessera: ore 18.31Partenza dell’autobus per la Stazione Ferroviaria di Mestre: ore 19.22

Arrivo alla Stazione Ferroviaria di Mestre: ore 19.44Partenza del treno per Pordenone: ore 20.25

Arrivo alla Stazione Ferroviaria di Pordenone: ore 21.35Ritorno a casa: ore 21.50

Inizialmente giornata bellissima ma poi con una certa nuvolosità dalla tarda mattinata; giornata complessivamente calda ma anche umida. Temperature piuttosto elevate.Dopo la sveglia mattutina molto per tempo, il Gruppo dei partenti per Nizza e Ventimiglia (io, Maria, Giuseppe, Nilo e Pasquale) ha lasciato “l’Auberge de la Jeunesse” e, dopo aver attraversato il centro di Arles, ha raggiunto la Stazione Ferroviaria cittadina giungendovi in netto anticipo sull’orario di partenza del treno per Marseille (Marsiglia).Il convoglio, al termine di un viaggio di un’ora circa, è pervenuto successivamente in perfetto orario alla Stazione Ferroviaria della grande città provenzale a quell’ora già molto frequentata da passeggeri in arrivo o in partenza verso le proprie destinazioni.Suddivisi tra le carrozze del TGV ripartiamo per Nice (Nizza) che raggiungiamo al termine di un comodissimo viaggio, rivedendo territori a noi già noti in quanto attraversati a piedi durante le tappe del percorso Bordighera-Arles delle settimane precedenti.Alla Stazione di Nice (Nizza), ci accomiatiamo con grande calore ma anche con un certo rammarico per la fine di questa nostra “avventura” in terra francese così, mentre gli altri proseguono verso Ventimiglia, Saluzzo e Milano, il sottoscritto rimane in città per raggiungere, nel primo pomeriggio, l’aeroporto intercontinentale “Nice-Côte d’Azur”.Dopo una breve sosta in un bar fronteggiante la Stazione Ferroviaria, zaino in spalla, attraverso il centro della città per arrivare, superata Place Massena, al vicino lungomare dove ritrovo, dieci giorni dopo, la “Promenade des Anglais” che ripercorro tranquillamente e molto rilassato al sole di metà giornata, pervenendo infine, con molto anticipo sull’orario del volo, al Terminal n° 1 dell’aerostazione dell’Aeroporto.Qui mi accorgo che il volo per Venezia parte dal Terminal n° 2 per cui, dopo alcuni momenti per orientarmi, raggiungo un autobus-navetta con il quale sbarco al vicino grande edificio da dove partono gli aerei delle compagnie low-cost e quelli dell’Air France.Trascorse alcune ore del primo pomeriggio, la Compagnia Easy-Jet apre in anticipo le operazioni di chek-in per cui, molto per tempo, raggiungo l’interno dell’area partenze passeggiando di seguito lungamente tra i pochi negozi del modestissimo free-shop dove, invano cerco di acquistare qualcosa di conveniente che invece è destinato solo ai passeggeri in partenza dal Terminal n° 1 e con voli delle Compagnie IATA.L’imbarco, il decollo e l’arrivo all’aeroporto Marco Polo di Venezia-Tessera, avvengono tutti in netto anticipo sul previsto ma purtroppo, l’autobus per Mestre, ritarda notevolmente così da dover salire su di un treno, per Pordenone, più tardi del previsto dove comunque trovo ad attendermi Marinella con la quale rientro felicemente e gioiosamente a casa !!!

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TABELLA RIASSUNTIVA DEL PELLEGRINAGGIO

da adi tappa

giornalierodi tappa

progressivo

di tappa effettivo

giornaliero

di tappa effettivo

progressivodi tappa progres-

sive

h - min h - min h - min h - min km km km/h

1 3 marzo 2014 Bordighera Notre-Dame de Laghet 10h e 10' 10h e 10' 8h e 05' 8h e05' 37,500 37,500 4,210

2 4 marzo 2014 Notre Dame de Laghet Nice (Nizza) 5h e 22' 15h e 32' 4h e 10' 12h e 15' 15,500 53,000 3,720

3 5 marzo 2014 Nice (Nizza) Antibes 9h e 10' 24h e 42' 6h e 45' 19h e 00' 31,000 84,000 4,590

4 6 marzo 2014 Antibes Theoule-S-M. (Saint Camille) 7h e 25' 32h e 07' 5h e 45' 24h e 45' 26,000 110,000 4,520

5 7 marzo 2014 Theoule-S-M. (Saint Camille) St. Raphael 7h e 30' 39h e 37' 5h e 40' 30h e 25' 27,000 137,000 4,760

6 8 marzo 2014 St. Raphael Le Muy 5h e 45' 45h e 22' 4h e 25' 34h e 50' 20,500 157,500 4,640

7 9 marzo 2014 Le Muy Lorgues 6h e 35' 51h e 57' 5h e 25' 40h e 15' 22,000 179,500 4,060

8 10 marzo 2014 Lorgues Carcés 8h e 40' 60h e 37' 5h e 35' 45h e 50' 25,500 205,000 4,570

9 11 marzo 2014 Carcés Saint Maximin 10h e 10' 70h e 47' 7h e 05' 52h e 55' 35,500 240,500 5,010

10 12 marzo 2014 Saint Maximin Puyloubier 7h e 10' 77h e 57' 5h e 25' 58h e 20' 24,000 264,500 4,430

11 13 marzo 2014 Puyloubier Aix-en-Provence 7h e 25' 85h e 22' 6h e 05' 64h e 25' 25,000 289,500 4,110

12 14 marzo 2014 Éguilles (Aix-en- Provence ) Salon de Provence 7h e 37' 92h e 59' 5h e 50' 70h e 15' 26,000 315,500 4,520

13 15 marzo 2015 Salon de Provence Mouries 8h e 45' 102h e 44 6h e 45' 77h e 00' 31,000 346,500 4,590

14 16 marzo 2014 Mouries Arles 7h e 50' 110h e 34' 6h e 00' 83h e 00' 27,500 374,000 4,580

TOTALI 110h e 34' 83h e 00' 374,000 4,450

MEDIA ORARIA

Tappa N° GIORNO

TAPPA TEMPI DISTANZE

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