Post on 12-May-2021
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA
Dipartimento di Scienze Veterinarie
Corso di Laurea Specialistica in Medicina Veterinaria
Le Attività e le Terapie Assistite con Animali e le pratiche di Agricoltura Sociale:
convergenze, progettualità, competenze veterinarie
Candidata Relatore Virginia Bellini Professor Francesco Di Iacovo Correlatore Professor Francesco Camillo
Anno Accademico 2014/2015
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RIASSUNTO
La tesi indaga l’evolversi dei rapporti uomo-animale e la realizzazione di Attività e Terapie
Assistite con Animali e i legami tra questi e le pratiche Agricoltura Sociale che stanno
diffondendosi in Italia e in Europa. Il lavoro affronta l’analisi delle metodologie di
Riabilitazione Equestre e Onoterapia evidenziando, a partire dallo studio di alcuni casi
concreti, i punti di forza e gli elementi di debolezza e cercando di precisare il modo
attraverso cui le competenze veterinarie sono chiamate in causa, in particolare rispetto
alla valutazione del benessere degli animali coinvolti nelle terapie
PAROLE CHIAVE
Veterinario, Onoterapia, Riabilitazione Equestre, Interventi Assistiti con Animali,
Agricoltura Sociale.
ABSTRACT
The thesis investigates the evolution of the relationship between man and animal and the
organisation of Activities and Assisted Therapies with Animals and how these are related
to the practices of Social Farming that are growing to be increasingly common in Italy and
Europe. This work dwells on the methodology of Therapeutic Riding and Donkey Assisted
Therapy and, starting from real case studies, goes on to list and analyze strenghts and
weakenesses and attempts to explain how veterinary knowledge is called upon, especially
in assessing the wellbeing of the animals involved in these therapies.
KEYWORDS
Vet, Donkey Assisted Therapy, Therapeutic Riding, Animal Assisted Interventions, Social
Farming
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Nessun uomo è un' isola,
completo in sè stesso.
Ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte della Terra.
Se una zolla venisse lavata via dal mare,
la Terra ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
o una magione amica o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perchè io sono parte dell'Umanità.
E quindi non chiedere mai per chi suona la campana:
essa suona per te.
John Donne
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INDICE
INDICE…………………………………………………………………………………………………………………………..4
INTRODUZIONE…………………………………………………………………………………………………………….6
Materiali e Metodi……………………………………………………………………………………………………………7
CAPITOLO 1…………………………………………………………………………………………………………………10
AGRICOLTURA SOCIALE……………………………………………………………………………………………….10
1.1 Generalità dell’Agricoltura Sociale…………………………………………………………………………….10
1.2 Piattaforme di ricerca europee sull’Agricoltura Sociale……………………………………………..14
1.3 Agricoltura Sociale in Europa…………………………………………………………………………………….17
1.4 Agricoltura Sociale in Italia……………………………………………………………………………………….20
1.5 Inquadramento normativo nazionale………………………………………………………………………..26
CAPITOLO 2…………………………………………………………………………………………………………………29
EXCURSUS NORMATIVO TERAPIE ASSISTITE CON ANIMALI………………………………………….29
2.1 Linee Guida Nazionali per gli Interventi Assistiti con Animali…………………………………….34
CAPITOLO 3…………………………………………………………………………………………………………………39
RIABILITAZIONE EQUESTRE………………………………………………………………………………………….39
3.1 Introduzione………………………………………………………………………………………………………………39
3.2 Definizione………………………………………………………………………………………………………………..41
3.3 Scelta del cavallo………………………………………………………………………………………………………43
3.4 Meccanica del cavallo……………………………………………………………………………………………….44
3.5 Gestione del cavallo………………………………………………………………………………………………….46
3.6 Tipologia organizzativa dei Centri di RE…………………………………………………………………….48
3.7 Equipe Multidisciplinare……………………………………………………………………………………………49
CAPITOLO 4…………………………………………………………………………………………………………………51
METODOLOGIA DI RIABILITAZIONE EQUESTRE…………………………………………………………….51
4.1 Maneggio e allestimento del campo………………………………………………………………………….51
4.2 Attrezzatura………………………………………………………………………………………………………………51
4.3 Bardatura cavallo……………………………………………………………………………………………………..52
4.4 Conduzione del cavallo a terra………………………………………………………………………………….54
4.5 Primo approccio al centro di RE…………………………………………………………………………………54
4.6 Lavoro a terra……………………………………………………………………………………………………………55
5
4.7 Osservazione della modalità di separazione………………………………………………………………56
4.8 Salita…………………………………………………………………………………………………………………………56
4.9 Discesa………………………………………………………………………………………………………………………57
4.10 Svolgimento della seduta: tempi e modalità……………………………………………………………57
4.11 Principali linee guida per la conduzione della lezione………………………………………………58
4.12 Controindicazioni…………………………………………………………………………………………………….59
CAPITOLO 5…………………………………………………………………………………………………………………60
ONOTERAPIA………………………………………………………………………………………………………………60
5.1 Rapporto uomo-asino……………………………………………………………………………………………….60
5.2 Caratteristiche fisiche ed etologiche dell’asino………………………………………………………….61
5.3 Mediazione con l’asino………………………………………………………………………………………………65
5.4 Esperienze europee……………………………………………………………………………………………………68
CAPITOLO 6…………………………………………………………………………………………………………………74
LE ATTIVITÀ ASSISTITE CON GLI ANIMALI NELLA GESTIONE OPERATIVA:
SPERIMENTAZIONE ATTRAVERSO L’ANALISI DEI CASI DI STUDIO…………………………………74
6.1 Introduzione………………………………………………………………………………………………………………74
6.2 Riabilitazione Equestre e Ippoterapia all’IRCCS Fondazione Stella Maris……………………75
6.3 Associazione di Promozione Sociale Orecchie Lunghe & Passi Lenti…………………………..93
6.4 Azienda Agricola Biologica La Fattoria di Valentina…………………………………………………110
6.5 Risultati e discussione della lettura dei tre casi………………………………………………………..122
CAPITOLO 7……………………………………………………………………………………………………………….125
VALUTAZIONE BENESSERE ANIMALE…………………………………………………………………………125
7.1 Conclusioni………………………………………………………………………………………………………………133
CAPITOLO 8……………………………………………………………………………………………………………….135
RIFLESSIONI CONCLUSIVE………………………………………………………………………………………….135
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI……………………………………………………………………………………..137
RIFERIMENTI SITOGRAFICI…………………………………………………………………………………………139
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INTRODUZIONE
Il rapporto uomo animale è sottoposto a un processo di continua modifica a seguito
dell’evoluzione della cultura come dei bisogni delle persone e della società. La fase
attuale non è da meno e, anzi, vede una fase di progressiva crescita di attenzione
all’equilibrio delle relazioni che possono instaurarsi. A questa tendenza che nei Paesi
Occidentali riguarda lo stesso atteggiamento legato al consumo di prodotti di origine
animale (con un forte aumento per fini salutistici ed etici del numero di vegani,
vegetariani e reducetariani) si associa oggi, un nuovo bisogno di cure delle persone
determinato, a sua volta da due circostanze contrastanti: la crisi dei sistemi di welfare
dovuti al venire meno dei processi di produzione di ricchezza economica e di crisi dello
Stato sociale; un innalzamento dei livelli di personalizzazione delle esigenze di cura in
funzione dei bisogni e delle potenzialità dei singoli individui. In questa duplice
prospettiva, si è andato accrescendo l’interesse nei confronti di pratiche co-terapeutiche
e inclusive legate all’uso e all’interazione con le piante e con gli animali. In Italia e, più in
generale, in Europa, il dibattito sull’Agricoltura Sociale sta rafforzandosi nei portatori di
pratiche, nei potenziali fruitori, nelle Istituzioni e nel legislatore. Questa tendenza in Italia
è particolarmente evidente e coinvolge in diverso modo quelli che la normativa prevede
essere imprenditori agricoli (coloro che gestiscono un ciclo biologico vegetale o animale o
parte di esso), ma anche altri attori che a diverso titolo fanno uso di piante e animali
come tool terapeutico. Tra le numerose e differenti iniziative che sono riconducibili al
tema dell’Agricoltura Sociale ci sono, tradizionalmente, attività che fanno uso degli equidi
(cavalli e asini) per azioni di Ippoterapia e di Riabilitazione Equestre. Si tratta di pratiche
relativamente diffuse anche se ancora solo parzialmente riconosciute, che fanno uso degli
animali come mediatori terapeutici rispetto ad esigenze di rafforzamento delle capacità di
una pluralità di individui. Si tratta di realtà ed attività per molti versi eterogenee, sebbene
riconducibili a principi comuni.
Obiettivo del nostro lavoro di tesi è stato quello di cercare di comprendere meglio questo
mondo in rapido divenire, evidenziarne le caratteristiche e le implicazioni dal punto di
vista dell’impiego co-terapeutico, ma anche delle implicazioni sul benessere degli animali
che svolgono il ruolo di mediatori. Inoltre, altro obiettivo è stato quello di cercare di
comprendere meglio e cercare di delimitare il raggio di azione degli Interventi e delle
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Terapie Assistite con Animali con riferimento all’impiego degli equidi, in particolare modo,
e cercare di disegnare le possibili implicazioni professionali per il Medico Veterinario. Il
lavoro, è necessariamente preliminare, ma proprio in questa direzione intende segnare
un sentiero di lavoro, per molti versi nuovo, nella gestione della professione veterinaria.
Per svolgere questo compito il lavoro è organizzato in capitoli. In particolare nel Capitolo
1 si tratta il tema dell’Agricoltura Sociale e le modalità di attuazione in Italia e in diversi
Paesi europei, nel Capitolo 2 viene analizzata l’evoluzione delle norme italiane che
regolano gli Interventi Assistiti con Animali, nei Capitoli 3, 4 e 5 si approfondisce il tema
della Riabilitazione Equestre e la sua metodologia operativa nonché dell’Onoterapia, nel
Capitolo 6 vengono analizzati e comparate tre diverse realtà in cui queste pratiche
vengono svolte, nel Capitolo 7 si tratta la valutazione del benessere degli animali, anche
di quelli coinvolti nelle Attività, per arrivare alle riflessioni conclusive del Capitolo 8.
Materiali e Metodi
Il lavoro di tesi che viene presentato è stato realizzato con l’intento di definire e precisare
meglio i punti di forza, quelli di debolezza le opportunità e i vincoli che si osservano nella
gestione delle attività e delle pratiche assistite con gli animali, con particolare riferimento
a quelle di Ippoterapia, di Riabilitazione Equestre e di Onoterapia. Per procedere in
questa direzione il lavoro è stato realizzato mediante un approfondimento della
letteratura sui diversi aspetti collegati alla tematica affrontata e, in particolare, quello
dell’Agricoltura Sociale e della sua evoluzione teorica, normativa e operativa in Italia e a
livello comunitario, della letteratura sulle Attività e le Terapie Assistite con Animali,
sull’Ippoterapia, sulla Riabilitazione Equestre e sull’Onoterapia in particolare. Sono stati
quindi approfonditi gli aspetti collegati alle implicazioni per il benessere degli animali che
entrano come co-terapeuti in queste pratiche, cercando di evidenziare lo stato delle
conoscenze e i possibili strumenti di valutazione per come emerge dalla letteratura
scientifica. Si è poi passati a parlare delle Terapie Assistite con cavalli e asini che nel
contesto dell’Agricoltura Sociale naturalmente si inseriscono dove, mentre per i primi
esistono regole e metodologie di lavoro ormai codificate e seguite da molti, nel caso degli
asini è possibile riscontrare una grande varietà di tipologie d’interventi e metodologie
lavorative.
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Per quanto riguarda le esperienze di Onoterapia molto del materiale proviene dal
Convegno Medi’Asinus, che ha riunito esperienze di “asinari” provenienti da tutta Europa,
svoltosi a Biella l’11 Novembre 2014 e al quale ho partecipato.
Inoltre da Maggio 2014 ho avuto la possibilità di seguire, attraverso una partecipazione
costante alle loro attività, il lavoro di Riabilitazione Equestre e Ippoterapia che viene
svolto dalle Dottoresse Leoni e Marzi e dal Dottor Senesi all’interno dell’IRCCS Fondazione
Stella Maris. Questa parte del lavoro di ricerca, ha consentito di approfondire vivendo,
una parte della gestione di queste iniziative e affrontare lo sguardo critico rispetto al
tema affrontato.
La parte più sperimentale che, in un primo momento, doveva orientarsi verso l’avvio di
pratiche di co-terapia equestre all’interno e con gli animali disponibili presso il
Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa, per motivi di sfasatura
temporale tra gli accordi istituzionali necessari alla loro realizzazione e i tempi di un
laureando, non è stata realizzata nei tempi e nei modi attesi, limitandosi ad un primo
esame di fattibilità tecnica-istituzionale. Al suo posto è stata svolta un’analisi
approfondita di alcune pratiche che gestiscono Attività Assistite con Equidi realizzate in
provincia di Pisa presso tre strutture dalle caratteristiche tra loro diverse.
Per procedere in questa direzione, dopo aver svolto l’analisi della letteratura e definito
meglio il campo d’indagine, è stato predisposto uno strumento di rilevazione aziendale e
si sono avviati i contatti con i portatori di pratiche e i loro interlocutori istituzionali di
territorio. Per ciascuna pratica, quindi, si è proceduto con la raccolta di dati quali-
quantitativi mediante intervista ai gestori. In particolare sono stati raccolti dati che hanno
riguardato le caratteristiche e l’evoluzione della struttura di riferimento, le competenze
dei soggetti gestori, le modalità di realizzazione delle pratiche co-terapeutiche, le
tipologie di utenti coinvolti e le caratteristiche dei progetti realizzati, la mappa degli
interlocutori istituzionali e non, che operano in interazione e talvolta a supporto delle
pratiche, i soggetti invianti. A partire da queste informazioni, oltre alla mappa degli
interlocutori aziendali è stata predisposta una analisi facendo uso della matrice SWOT
(analisi dei punti di forza - strenght -, di debolezza - weakneasses -, delle opportunità -
opportunity - e delle minacce - threats -). Sempre per ogni caso, oltre all’intervista ai
gestori, sono state raccolte informazioni mediante intervista dei medici invianti e delle
associazioni - solitamente degli utenti - coinvolte.
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Le informazioni sono state quindi analizzate e valutate in modo incrociato prima di
arrivare alla parte delle riflessioni e delle conclusioni.
L’obiettivo di questa tesi è quello di capire come le Terapie Assistite con Animali possono
inserirsi in un contesto più ampio riferibile ad una pratica di Agricoltura Sociale e il ruolo
che il Medico Veterinario riveste in questo genere di co-terapie, concentrandosi su un
aspetto in particolare, ovvero la valutazione delle stress che gli animali subiscono durante
le Attività, un campo di studio al momento ancora poco indagato e sul quale sarebbe
opportuno approfondire le conoscenze e le ricerche per capire come le pratiche che
queste Terapie attuano influenzino il welfare di questi preziosi collaboratori e,
conseguentemente, l’efficacia stessa delle terapie.
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CAPITOLO 1
AGRICOLTURA SOCIALE
1.1 Generalità dell’Agricoltura Sociale
L’interazione tra animali e persone sta subendo un processo di continuo cambiamento,
come lo stesso ruolo che l’agricoltura e le risorse degli allevamenti stanno mostrando in
ambito comunitario e non solo.
Il dibattito comunitario sul ruolo multifunzionale dei processi agro-zootecnici apre
continuamente nuove prospettive nell’interazione tra questi ultimi e i bisogni delle
persone, siano essi legati all’approvvigionamento di cibo, ma anche all’accessibilità alle
risorse materiali e immateriali della natura e del paesaggio o, più di recente, alla
produzione di servizi per le persone, indipendentemente dal loro grado di integrazione
sociale ed economica. L’uso sociale delle risorse delle piante e degli animali sta
acquistando nuovo interesse in tempi recenti per più motivi, perché consentono di fornire
risposte nuove e più personalizzate alle esigenze dei singoli individui, ma anche perché
consentono di mettere a disposizione delle comunità locali e delle persone, risorse
inattese, capaci di assicurare servizi sostenibili dal punto di vista economico oltre che di
buona efficacia co-terapeutica e inclusiva.
Di recente, infatti, la recessione economica globale ha fatto emergere nuove difficoltà e
nuovi bisogni, tra cui la necessità di recuperare regole in grado di riportare la fiducia nel
rapporto tra persone, organizzazioni produttive e pubblica amministrazione e, d’altra
parte, trovare nuove modalità e strumenti per assicurare servizi utili per le persone,
specie di quelle a più bassa contrattualità.
In un sistema sociale dove crescono in modo esponenziale gli individui sotto la soglia di
povertà e si riducono drasticamente le risorse pubbliche destinate al sostegno delle fasce
deboli della popolazione, anche per la crisi fiscale degli Stati, aumenta l’attenzione verso
l’agricoltura, percepita come un giacimento di risorse naturali e culturali da mettere a
frutto per attuare progetti in grado di assicurare un’esistenza dignitosa a un più ampio
numero di persone. La crisi di risorse pubbliche e, allo stesso tempo, il concentrarsi delle
popolazioni in ambito urbano, fa guardare, infatti, con nuovo interesse a quei fenomeni di
attrazione e di spinta verso le aree rurali, diventate negli ultimi anni, in molti casi, più
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vivibili della città perché garantiscono una migliore qualità della vita, talvolta anche per i
soggetti più deboli.
L’agricoltura può, in alcuni suoi impieghi, rappresentare una naturale risposta alla grave
crisi economica che stiamo vivendo, offrendo servizi e risorse utili in termini di inclusione
sociale e di servizi alla persona (assistenza agli anziani, formazione ai minori, trasmissione
della cultura agricola e rurale mediante le fattorie didattiche, servizi di co-terapia con
piante e animali), mediante la realizzazione di nuove pratiche di welfare.
In conseguenza di quanto detto si stanno andando consolidando, negli ultimi anni,
progetti di Agricoltura Sociale, ovvero, tutte quelle attività che usano le risorse
dell’agricoltura e della zootecnia per promuovere azioni terapeutiche, di riabilitazione, di
inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di educazione verso soggetti vulnerabili
della società e/o a rischio di marginalità.
I percorsi di Agricoltura Sociale si realizzano attraverso la partecipazione in imprese
agricole di soggetti svantaggiati (invalidi fisici, psichici e sensoriali, ex degenti di istituti
psichiatrici, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti, minori in età
lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, condannati ammessi alle misure alternative
alla detenzione) oppure di lavoratori svantaggiati (immigrati, donne che hanno lasciato il
lavoro per la difficoltà di conciliare tempi di vita lavorativa e tempi di vita familiare,
oppure sottratte alla tratta umana, persone sole con figli a carico, persone affette da
dipendenze, disoccupati ultracinquantenni o di lungo periodo, ex detenuti).
Pratiche di Agricoltura Sociale sono, infine, anche le forme di erogazione di servizi sociali
o servizi socio-educativi per la prima infanzia mediante l’impiego di processi produttivi
agricoli o con l’ausilio di animali in aziende agricole singole o associate, nonché in
collaborazione con cooperative sociali di tipo A e B1, enti pubblici e privati, fondazioni e
ONLUS. Alcune di queste entità possono configurarsi come vere e proprie realtà
produttive agricole, come nel caso delle cooperative sociali di tipo B che esercitano la loro
attività in agricoltura nel loro percorso di integrazione sociale ed economica di persone
svantaggiate, in altri casi, pur non configurandosi come imprese agricole, impiegano
1 Cooperative Sociali di tipo A: si occupano della gestione dei servizi socio-assistenziali, sanitari ed
educativi; Cooperative Sociali di tipo B: gestiscono attività agricole, industriali, commerciali o di servizi per
l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
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risorse agricole e rurali nelle loro attività e/o possono collaborare con entità che si
configurano come imprese agricole nell’erogazione di servizi di agricoltura sociale.
Più in dettaglio, gli ambiti di attività dell’Agricoltura Sociale sono molteplici:
Riabilitazione/cura: esperienze rivolte a persone con gravi disabilità (fisica,
psichica/mentale, sociale) con un fine principalmente socio-terapeutico
Formazione e inserimento lavorativo: esperienze orientate all’occupazione di
soggetti svantaggiati (con disabilità relativamente meno gravi o per soggetti a
bassa contrattualità ad esempio detenuti, tossicodipendenti, migranti, rifugiati)
Ricreazione e qualità della vita: esperienze rivolte ad un ampio spettro di persone
con bisogni speciali, con finalità socio-ricreative (particolari forme di agriturismo
“sociale”, le esperienze degli orti sociali peri-urbani per anziani)
Educazione: azioni volte ad ampliare le forme e i contenuti dell’apprendimento
per avvicinare alle tematiche ambientali persone giovani e meno giovani con o
senza difficoltà nell’apprendimento e/o in condizioni di disagio
Servizi alla vita quotidiana: come nel caso degli agri-asilo o agri-nido o di servizi di
accoglienza diurna per anziani.
In Italia il fenomeno si è evoluto verso l’istituzione di progetti gestiti sia da soggetti del
terzo settore sia da imprenditori agricoli, accomunati dal perseguire finalità sociali
attraverso la realizzazione di attività agricole (coltivazioni, allevamenti, trasformazioni
aziendali di prodotti e agriturismo) e/o attraverso l’erogazione di servizi che fanno uso di
risorse agricole a questi dedicate in modo esclusivo.
Questo tipo di aziende sono, prioritariamente, imprese locali che utilizzano in gran parte
fattori di produzione legati al territorio ed erogano servizi alle comunità nelle quali sono
inserite, riducendo quindi le negative implicazioni ambientali di un’economia globalizzata
dove lo scambio avviene tra luoghi molto distanti. L’organizzazione produttiva
dell’azienda agricola si caratterizza per una duttilità e versatilità che non si riscontrano in
settori extra agricoli (attività in piano campo e al coperto, di coltivazione ed allevamento,
a breve ciclo o a ciclo lungo, ecc…). Molte di queste aziende offrono agli utenti una
partecipazione diretta all’attività e ai processi agri-zootecnici e, dunque, sono
principalmente incentrate sulla produzione a livello commerciale, mentre altre
forniscono, in aggiunta o in modo esclusivo, forme di co-terapia che fanno esplicita leva
sull’uso delle piante (è il caso della terapia orticolturale), ovvero, forniscono alle persone
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coinvolte un contatto terapeutico con gli animali allevati fino a parlare di Terapia Assistita
con gli Animali.
Gli Interventi Assistiti con Animali (IAA) costituiscono una specifica modalità d’impiego
degli animali per la riabilitazione o l’assistenza sociale delle persone, sia sotto forma di
una vera e propria terapia, sia attraverso il loro utilizzo in varie tipologie di attività (ad
esempio educative). A tale scopo, nell’ambito dell’ Agricoltura Sociale, possono essere
usati sia animali di bassa corte, come polli e conigli, sia cavalli, asini, pecore, mucche.
A partire dagli anni Ottanta, gli studi condotti in Paesi anglosassoni sulle potenzialità
terapeutiche delle pratiche agricole e di piccola coltivazione (disciplina definita come
Horticultural Therapy) e quelli sugli esiti di azioni terapeutiche assistite con gli animali
(Pet Therapy, Riabilitazione Equestre, Onoterapia) hanno indotto diversi servizi territoriali
di salute mentale ad attivare direttamente degli interventi in questo ambito.
A tal proposito è interessante segnalare lo studio effettuato nel 2007 da Bente Berget,
Oivind Ekeberg e Bjarne O Braastad dal titolo “Animal-assisted therapy with farm animals
for persons with psychiatric disorders: effects on self-efficacy, coping ability and quality of
life, a randomized controlled trial”. Lo studio è stato sviluppato in collaborazione con le
autorità sanitarie e ha esaminato gli effetti di un intervento di dodici settimane con
animali da fattoria (sia di bassa che di alta corte) su auto-efficacia, capacità di coping e
qualità della vita in pazienti psichiatrici adulti con diverse diagnosi. I risultati di questo
lavoro suggeriscono che TAA con animali di fattoria possono rappresentare un utile
aggiunta al tradizionale trattamento psichiatrico, soprattutto per i pazienti con disturbi
affettivi.
Tra i benefici, confermati da evidenze scientifiche, che gli utenti traggono da questo
genere di attività rientrano la sintesi della serotonina e conseguente regolazione
dell’umore, la regolazione della sintesi della melatonina con miglioramento del ciclo del
sonno, l’attivazione dei sensi e miglioramento dello stato psicofisico. La terapia
occupazionale permette inoltre di raggiungere un più alto grado di autonomia nella cura
di sé e nelle attività della vita quotidiana, nella scuola, nel lavoro, nella comunità.
Tra gli effetti del rapporto con le piante e gli animali, della permanenza all’interno di spazi
naturali e poco codificati, della partecipazione alla vita di relazione in piccoli gruppi non
formali vi sono:
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Il senso di responsabilità che matura quando ci si prende cura di organismi viventi
La partecipazione a ritmi di produzione veri, sebbene non incalzanti
La non aggressività dell’ambiente di lavoro, delle piante e degli animali di
allevamento
La varietà dei lavori e la loro adattabilità ai diversi livelli di capacità delle persone
coinvolte
La compartecipazione in processi produttivi che, effettivamente, consentono di
realizzare un prodotto che finisce nelle tavole ed ha un suo apprezzamento
specifico, indipendentemente dalle persone che hanno coinvolto nella
realizzazione
La possibilità di rapportarsi con le piante e gli animali, assumerne la responsabilità,
interagire senza timore di giudizio, conoscerne cicli e percorsi, vivere una certa
relazionalità causa-effetto dei processi produttivi, tende a strutturare nuove coordinate di
vita, ad aumentare l’autostima ed il senso di utilità, ad accrescere le capacità di relazione
nelle persone coinvolte (Marjolein Elings, 2012).
1.2 Piattaforme di ricerca europee sull’Agricoltura Sociale
In diversi Paesi europei molte aziende agricole svolgono pratiche di tipo sociale e co-
teraeutiche. La locuzione Agricoltura Sociale è variamente tradotta: Social Farming in
Europa, Farming for Health, Green Care, ecc… Si tratta, in ogni caso, di espressioni che
rispecchiano le diverse sfumature che essa assume in Europa. Nella maggior parte dei
Paesi europei l’Agricoltura Sociale non è ancora un sistema organizzato, piuttosto un
mosaico di diverse realtà in gran parte sviluppate su basi volontarie, azioni nate dal basso,
dai portatori di iniziativa, e non supportata da alcuna politica specifica e/o istituzionale. In
conseguenza di ciò, si sono di recente moltiplicate le iniziative di rete che hanno riunito
ricercatori e operatori di diversi Paesi.
Fra queste iniziative rientra il progetto SoFar (Social Farming), portato avanti dalla Facoltà
di Medicina Veterinaria dell’Università di Pisa (Di Iacovo e O’Connor 2009) che, iniziato
nel maggio 2006 e conclusosi nel 2009, è stato promosso e finanziato dal VI programma
quadro dell’Unione Europea allo scopo di sviluppare la conoscenza delle diverse realtà di
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Agricoltura Sociale in Europa e di elaborare strategie innovative nel settore attraverso un
confronto internazionale. Vi hanno partecipato Italia, Belgio, Francia, Germania, Irlanda,
Paesi Bassi e Slovenia. L’obiettivo generale di questo progetto è stato quello di sostenere
la costruzione di un nuovo ambiente istituzionale per l’Agricoltura Sociale, capace di
fornire una rete di ricerca e azioni per tutti gli attori coinvolti, operando nel tentativo di
facilitare politiche dell’Unione a supporto della multifunzionalità dell’agricoltura in questa
direzione. In questa prospettiva, dopo una prima fase esplorativa, SoFar ha dato vita alla
costruzione di piattaforme di lavoro nazionali e comunitarie nelle quali ha coinvolto
numerosi attori dell’Agricoltura Sociale dei Paesi dell’Unione. Gli incontri di piattaforma,
due nazionali e altrettanti europei, sono stati organizzati, in sequenza alternata, con
l’intento di definire il panorama nazionale e comunitario dell’Agricoltura Sociale e
precisare strategie e indicazioni per le politiche nazionali e dell’Unione. Attraverso il
lavoro delle piattaforme si è favorita la formazione di conoscenza condivisa tra soggetti
diversi (portatori di iniziativa, operatori sociali, agricoltori, soggetti istituzionali,
rappresentanti dei governi regionali e nazionali, ricercatori) favorendo un amalgama tra
saperi taciti e scientifici e la costruzione di una visione e di proposte comuni di lavoro (Di
Iacovo, O’Connor, 2009). I partecipanti alle piattaforme SoFar rappresentano un buono
spaccato della diversità dei portatori di interesse per la tematica, tutti profondamente
motivati a valorizzare l’Agricoltura Sociale in Europa.
Una similare iniziativa, aperta anche ai Paesi non membri dell’UE, è stata offerta
dall’azione “COST 866 - Green Care in Agricolture” dove l’ acronimo COST sta per
“European COoperation in the field of Scientific and Technological research”. La COST è
una piattaforma internazionale per la cooperazione nel campo scientifico e della ricerca
promossa dall’Unione Europea con lo scopo di mettere in rete i ricercatori e di
condividere le rispettive attività. Hanno partecipato diciannove Paesi: Austria, Belgio,
Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Islanda, Italia,
Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia, Svezia, Svizzera, Ungheria e Turchia. Una
delle azioni COST, la 866 appunto, conclusasi nel 2010, ha riguardato l’Agricoltura Sociale,
concentrandosi sugli effetti delle terapie “verdi” e sulla raccolta e diffusione delle buone
prassi, relativamente all’utilizzazione dell’agricoltura per migliorare la salute mentale e
fisica e la qualità della vita delle persone. La Cost Action ha lavorato su tre tematiche
differenti: effetti delle pratiche sulla salute, sulle relative politiche, aspetti economici.
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Non istituzionale è invece la International Community of Practice-Farming for Health,
costituita nel 2004 da un gruppo internazionale di ricercatori dell’Università di
Wageningen, in Olanda, e aperta su scala internazionale e in modo volontario a esperti
nel campo dell’Agricoltura Sociale. La rete Farming for Health rappresenta una sintesi di
un variegato panorama che va dalle Care Farms in Olanda, al Green Care diffuso
soprattutto nei Paesi scandinavi e anglosassoni, dall’Horticultural Therapy dell’Inghilterra,
all’Agricoltura Sociale, espressione che caratterizza il nostro paese. È composta da
rappresentanti di undici Paesi nei quali vengono sviluppate, con modalità varie, iniziative
in campo agricolo e nella sfera del verde finalizzate all’erogazione di servizi di carattere
sociale o socio-sanitario per gruppi vulnerabili della popolazione. Nel suo ambito
vengono, fra l’altro, organizzati incontri periodici per accrescere la conoscenza scientifica
e pratica dell’Agricoltura Sociale, con un approccio, anche in questo caso,
interdisciplinare. Dal 2003 al 2009 vi sono stati quattro incontri: in Olanda, Norvegia,
Fiandre. L’ultimo di questi appuntamenti si è svolto in Italia, a Pisa, dal 25 al 27 maggio
2009 in occasione della presentazione dei risultati finali del citato progetto SoFar.
Di fatto, le piattaforme esistenti hanno consentito di definire e comparare le
caratteristiche dell’Agricoltura Sociale europea, alcune evidenze scientifiche sul suo
impiego, concetti e vocaboli, procedure e schemi di lavoro adottati, sistemi di regolazioni
e politiche esistenti. Allo stesso modo hanno consentito di consolidare una rete nazionale
ed europea di Agricoltura Sociale, favorire l’affermazione della tematica, specie in Paesi
dove questa non aveva ancora acquisito alcuna evidenza, trasferire esperienze, rafforzare
visibilità e reputazione dei portatori d’iniziativa.
Le piattaforme nazionali e comunitarie hanno posto al centro della discussione il concetto
di Agricoltura Sociale nelle sue varie forme, per cercare di giungere a una visione
condivisa, utile per precisare gli elementi cruciali per le politiche (Di Iacovo, O’Connor,
2009). In particolare, i partecipanti hanno condiviso la necessità di:
Definire e descrivere il concetto di Agricoltura Sociale in modo chiaro e tale da
interessare una vasta opinione pubblica
Caratterizzare il tema senza perdere i valori sociali e relazionali che lo connotano
Evitare politiche di professionalizzazione foriere di una perdita della componente
valoriale dell’Agricoltura Sociale
Precisare i campi di applicazione e le ricadute per i portatori di interesse
17
Analizzare il ruolo delle reti nel processo di diffusione della tematica e della
definizione di strumenti di lavoro.
1.3 Agricoltura Sociale in Europa
Emerge da queste iniziative un quadro molto variegato: se infatti l’Agricoltura Sociale è
presente in gran parte dei Paesi Europei, molto diversificate sono le sue modalità di
attuazione. I Paesi che hanno normato il fenomeno sono anche quelli dove si registra una
più rapida diffusione delle iniziative.
Si possono distinguere tre principali tipi di approccio in Europa:
Approccio istituzionale
Le istituzioni pubbliche/sanitarie hanno una posizione predominante (prevalente
in Regno Unito, Germania, Francia, Irlanda, Slovenia). L’Agricoltura Sociale si
concentra sugli aspetti terapeutici-riabilitativi ed è praticata in aziende agricole
istituzionali inserite nell’ambito di reparti ospedalieri, istituzioni sanitarie,
associazioni di carità a carattere religioso o laico
Approccio privato
Fondato su fattorie «terapeutiche» (prevalente nei Paesi Bassi, nella regione
fiamminga del Belgio e in Norvegia). In questo caso è privilegiato l’aspetto
terapeutico-riabilitativo e i servizi sono riconosciuti e remunerati in modo diretto
dal sistema socio-sanitario nazionale che prevede un accreditamento formale da
parte delle strutture coinvolte
Approccio misto
Fondato su cooperative sociali, associazioni di volontariato e aziende agricole
private (prevalente in Italia e in Francia). In questi Paesi le attività dell’Agricoltura
Sociale rientrano prevalentemente nel settore sociale e terapeutico-assistenziale e
si basano sulla co-produzione di valore economico e sociale
Il Paese nel quale si riscontra un maggiore sviluppo è l’Olanda dove, a partire dalla fine
degli anni ’90, si è avuto un notevole incremento numerico di aziende private (Care
Farms) che alla tradizionale attività produttiva hanno affiancato servizi terapeutico-
riabilitativi. Elemento decisivo per lo sviluppo delle Care Farms è stato il riconoscimento
18
da parte dei servizi sanitari olandesi delle imprese agricole come fornitori di servizi socio-
sanitari. Si è così avviata la diffusione di convenzioni tra i sistemi di welfare locale e le
imprese agricole che prevedevano da parte delle strutture deputate alla cura della salute
delle persone, e alla loro inclusione sociale, l’acquisto del servizio sociale direttamente
dall’impresa agricola. Altro risultato della capacità di leggere i benefici da questa attività
da parte dei servizi nazionali, è stata nel 1999 la costituzione del Centro Nazionale di
Supporto, finanziato dal Ministero dell’Agricoltura e da quello della Salute. Tale centro
lavora per censire, supportare e offrire assistenza e consulenza alle Care Farms già
costituite e a quanti vogliano avviare tale attività. Il Centro definisce anche una sorta di
disciplinare volontario, un sistema di qualità in cui sono indicati i requisisti che le aziende
devono avere per avviare tali attività. La caratteristica peculiare delle Care Farms olandesi
risiede peraltro nel fatto che esse mantengono le proprie caratteristiche di vere aziende
agricole, abbinando alla tradizionale attività produttiva le attività terapeutico-riabilitative,
che costituiscono così un’integrazione del reddito aziendale. Nella gran parte delle Care
Farms olandesi l’accoglienza dei clienti (così vengono chiamati) avviene su base diurna. I
fruitori del servizio vengono coinvolti nei lavori agricoli che l’azienda svolge normalmente.
Le tipologie di disagio e disabilità che vengono coinvolte sono diverse: ritardo cognitivo,
disagio psichico, tossicodipendenza, demenza senile, minori con problematiche di
adattamento sociale, profughi o immigrati con difficoltà di inserimento sociale. Tale
servizio terapeutico-riabilitativo ha una durata limitata nel tempo che viene concordata
con i servizi che seguono il cliente.
In Belgio l’Agricoltura Sociale è un fenomeno in crescita e il Piano di Sviluppo Rurale 2007-
2013 prevedeva aiuti per la riorganizzazione delle strutture aziendali nonché il
riconoscimento e la compensazione degli impegni lavorativi degli agricoltori che operano
in questo campo. Per contiguità con la confinante Olanda, l’Agricoltura Sociale è
particolarmente sviluppata nelle Fiandre, con un modello simile a quello delle Care Farms
olandesi. La maggior parte delle aziende che eroga tale servizio sono realtà medio-piccole
e offrono un’accoglienza che varia dall’intera giornata alle poche ore. Il target delle
persone coinvolte è variabile, ma la maggior parte delle iniziative è rivolta a giovani,
disabili mentali e psichici.
In Norvegia lo sviluppo dell’Agricoltura Sociale è avvenuto soprattutto nell’ambito di
aziende private che, nella media del Paese, sono di non grandi dimensioni e operano in
19
condizioni climatiche spesso difficili. Molti agricoltori norvegesi sono stati così indotti a
ricercare fonti alternative di reddito, fra cui la fornitura di servizi di carattere sociale.
Anche qui si hanno accordi tra l’azienda ed il “cliente” con un’azione coordinata dal
servizio regionale e nazionale. I Comuni, responsabili del livello locale, coordinano
l’attività sociale del servizio erogato e ne sono i responsabili. Affinché un’azienda possa
avviare un programma di Agricoltura Sociale, deve essere stilato un accordo tra azienda e
servizio che definisce i contenuti dell’attività, gli standard di qualità, le suddivisioni delle
mansioni e delle responsabilità, gli aspetti finanziari, le modalità di collaborazione e la
durata dell’accordo.
In Germania l’Agricoltura Sociale è praticata soprattutto nell’ambito di strutture
istituzionali pubbliche e private (istituti religiosi e laici, fondazioni e servizi sociali
pubblici), in genere con finalità di integrazione di soggetti disabili o con problemi sociali e
nelle quali l’aspetto sociale prevale su quello produttivo. Da citare in particolare le
officine per i disabili (Werkstatt für behinderte Menschen, WfbM), che impiegano disabili
fisici e psichici e che sono gli unici autorizzati a ricevere erogazioni pubbliche.
Anche in Francia l’Agricoltura Sociale è considerata anzitutto come un’attività di alto
valore etico-sociale, per cui gli aspetti economici vengono posti in un secondo piano.
Obiettivo principale di tale attività è l’inclusione lavorativa di soggetti deboli in aziende
che sono a prevalente produzione ortofrutticola o zootecnica e per lo più localizzate nelle
aree periurbane. Le iniziative si sono sviluppate spesso in modo gemellare dando luogo a
specifiche reti di aziende (les Jardins de Cocagne, Réseau de Cocagne, ecc…) la cui
caratterizzazione principale è peraltro la “diversità”, in quanto, pur ispirandosi ad un
comune modello, prendono forma in funzione delle realtà e delle esigenze locali. Il primo
Jardin fu avviato nel 1991 nella regione Rhone-Alpes; nasce per promuovere azioni di
reinserimento sociale, quindi lo scopo non è terapeutico-riabilitativo e il target non è la
disabilità, ma soggetti che necessitano di un periodo di assistenza per risolvere disagi di
varia natura. A partire dal 1991 si sono sviluppati altri Jardins in altre zone della Francia e
sono stati riuniti in una rete, Reseau Cocagne, che fornisce supporto tecnico e permette
uno scambio tra le diverse esperienze. A questa rete partecipano partner istituzionali in
particolare i Ministeri dell’Agricoltura, della Salute e degli Affari Sociali. In Francia vi sono
poi altre realtà di Social Farming sintetizzabili in quattro gruppi: fattorie private che
ospitano uno o più “clienti” durante il giorno e ricevono un supporto economico dai
20
servizi sanitari che hanno in carico queste persone; fattorie private che ospitano uno o più
utenti che soggiornano, vivono e lavorano con la famiglia agricola e per ospitare i quali
l’azienda riceve un finanziamento; fattorie associative, ovvero aziende agricole gestite da
associazioni con utenti che rimangono e vivono in azienda; infine vi sono realtà
assimilabili alle nostre fattorie didattiche, denominate fattorie pedagogiche.
In Irlanda il fenomeno è episodico e molto limitato, seppure in recente crescita,
annoverando un certo numero di iniziative che prevedono le terapie assistite con animali
e/o orticoltura a scopo terapeutico in favore di soggetti deboli con prevalenza delle
aziende di tipo istituzionale.
In Gran Bretagna sono molto diffuse le attività legate all’Horticoltural Therapy. Lo scopo è
principalmente terapeutico e l’attività è rivolta a un ampio target di utenti: persone con
disabilità psichica e fisica, soggetti psichiatrici, giovani con disagio sociale, anziani con
Alzheimer e demenza. L’Horticoltural Therapy è praticata all’interno dei centri di cura,
ospedali e case di risposo, centri adibiti alla riabilitazione, e sono attivi programmi di
studio sulla valutazione dei benefici condotti da diversi istituti di ricerca, mentre sono
praticamente estranee a tali percorsi le aziende agricole private.
Infine in Slovenia l’Agricoltura Sociale è praticata soprattutto nell’ambito di strutture
pubbliche, mentre le iniziative private sono scarse, spesso costituendo un mosaico di
attività prevalentemente sviluppate su base volontaria attraverso processi bottom-up,
senza alcuna politica specifica e/o supporto istituzionale.
1.4 Agricoltura Sociale in Italia
Le pratiche di Agricoltura Sociale sono un elemento emergente nel panorama nazionale
anche se, in assenza di un chiaro riferimento nazionale, è difficile fornire indicazioni
numeriche chiare e stabili sul fenomeno. Per di più, le pratiche di Agricoltura Sociale sono
realizzate da soggetti giuridici diversi che, in attesa di un quadro normativo chiaro,
vengono spesso a sovrapporsi: a fine 2003, l’ISTAT ha rilevato 471 cooperative sociali di
tipo B che svolgono attività agricole finalizzate all’inserimento lavorativo di persone
svantaggiate. Tra il 2003 e il 2005 esse sono diventate 571 con un aumento del 21%.
Il ruolo d’inclusione lavorativa svolto dalla cooperazione sociale in agricoltura è molto
significativo (Di Iacovo, 2008): oltre 7.100 sono i lavoratori svantaggiati occupati in queste
21
imprese, un’entità pari al 30% del totale di tali lavoratori che trovano occupazione nel
complesso delle cooperative sociali di tipo B.
Accanto alle cooperative sociali vanno considerate anche le numerose aziende agricole
private che in numero crescente si avvicinano ad attività di Agricoltura Sociale di diverso
tipo. Un primo censimento è stato elaborato da AIAB da cui emerge che tra i loro aderenti
sono oltre un centinaio le aziende private biologiche che praticano l’Agricoltura Sociale
(Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica, 2007).
Nell’Agricoltura Sociale convivono, inoltre, anche esperienze che non si configurano in
aziende agricole: si tratta di piccoli appezzamenti o di allevamenti di campagna dove si
svolgono attività agricole hobbistiche o su spazi aperti adiacenti ad ospedali, istituti
penitenziari, sedi di comunità terapeutiche o di accoglienza che pure erogano servizi per
persone a bassa contrattualità. Oppure sono realtà organizzate da centri di riabilitazione
o di accoglienza in cui le attività agricole di coltivazione e di allevamento non sono
prevalenti rispetto alle attività sociali che tuttavia, anche in parte, si svolgono utilizzando
risorse e attrezzature agricole.
In Italia, il tema dell’Agricoltura Sociale si è sviluppato in connessione con due aspetti
differenti:
Da una parte, la necessità di assicurare, anche grazie alla presenza delle attività
agricole orientate all’organizzazione di servizi, un rafforzamento della rete di
protezione sociale informale, accanto ad una rete formale dei servizi che, a causa
dei tagli di risorse e della necessità di raggiungere adeguate economie di scala, sta
riducendosi specie in quelle aree dove la densità abitativa è più bassa come nelle
aree rurali;
D’altra parte, nelle aree periurbane, assicurare, anche mediante la mobilizzazione
delle risorse presenti nelle attività agro-zootecniche, servizi innovativi utili per
rispondere a bisogni crescenti della popolazione e a offrire pratiche personalizzate
di servizio per rispondere in modo adeguato ai bisogni delle diverse e crescenti
categorie di utenti.
Il fiorire nel nostro Paese di molteplici esperienze ha posto le basi per l’emergere di forme
di rappresentanza dell’Agricoltura Sociale. Questa necessità si è concretizzata
22
nell’organizzazione di una Rete delle Fattorie Sociali e, successivamente, costituzione del
Forum Nazionale per l’Agricoltura Sociale, a partire da un appello on-line promosso da
Presidenti di diverse cooperative e aziende agricole già operanti nel settore, il 26 Gennaio
2011. Accanto a questi soggetti, altre associazioni del mondo agricolo e della
cooperazione sociale o del volontariato, stanno progressivamente acquisendo campo di
azione sul tema, in rappresentanza di un numero crescente di loro associati che, a diverso
titolo e per l’offerta di diverse tipologie di servizio, sta entrando in questo ambito.
Così, nel 2005 nasce la Rete Fattorie Sociali, un’associazione nazionale di promozione
sociale senza fini di lucro che raggruppa diverse tipologie di soggetti: persone con
svantaggi o disagi, agricoltori, operatori sociali, ricercatori, professionisti, tecnici, enti,
associazioni, cooperative, fondazioni, istituti. È articolata come una rete di persone e di
organizzazioni e pratica una metodologia d’intervento fondata sulla cittadinanza attiva e
sulla progettazione partecipativa. La suddetta associazione non si considera esaustiva
delle realtà di Agricoltura Sociale, che sono variegate e diffuse su tutto il territorio
nazionale, ma vuole costituire una sponda per aggregazioni più ampie per dar vita,
insieme alle altre reti esistenti nelle diverse realtà territoriali, ad una comunità di pratiche
dell’Agricoltura Sociale in Italia in grado di interfacciarsi con esperienze già avviate in altri
Paesi europei. Essa ha costituito al proprio interno, su base volontaria, la “Rete dei Saperi
e delle Conoscenze” formata da ricercatori, professionisti, operatori, che promuove
l’interscambio, sulle tematiche dell’Agricoltura Sociale, con il mondo della ricerca.
L’associazione svolge attività di animazione, formazione e informazione, divulgazione e
promozione dell’Agricoltura Sociale, promuove progetti capaci di sostenere nuovi modelli
d’uso delle risorse produttive, ambientali e culturali dei territori rurali e periurbani e
gestisce lo sportello on-line dell’Agricoltura Sociale.
Il Forum dell’Agricoltura Sociale, invece, nasce successivamente, dalla filiazione di
soggetti che inizialmente facevano parte della Rete. Il Forum, in modo aperto intende
favorire l’incontro tra produttori agricoli, cooperative sociali, associazioni, famiglie,
persone in situazione di svantaggio, consumatori responsabili, università, amministrazioni
pubbliche ed enti locali, servizi sociali, strutture didattiche, scolastiche e sanitarie. Il
Forum ha tra i sui obiettivi la promozione dell’Agricoltura Sociale, lo scambio di
23
informazioni e la costruzione di una rete di relazioni; si è inoltre posto l’obiettivo di
relazionarsi, a livello europeo, con le esperienze degli altri Paesi e con la Direzione
Generale Agricoltura e la Rete Rurale Europea. La Prima Assemblea del Forum Nazionale
si è tenuta a Firenze il 21 maggio 2011 nell’ambito dell’iniziativa “Terrafutura”; vi hanno
partecipato un ampio numero di realtà di imprese e cooperative, associazioni, ONLUS ed
esperti, operanti in Italia. Nella successiva Assemblea, svoltasi il 15 Luglio 2011 a Roma, si
è provveduto alla registrazione degli aderenti, alla nomina del Coordinamento Nazionale
e del Portavoce, alla costituzione di gruppi di lavoro su legge nazionale, marchio per
l’Agricoltura Sociale e Carta dei Principi. La Carta dei Principi dell’Agricoltura Sociale si
configura come un riferimento per gli aderenti al Forum Nazionale; essa è frutto di
un’autonoma elaborazione dei soggetti coinvolti e rappresenta un tentativo di
discriminare tra Agricoltura Sociale e generiche esperienze di multifunzionalità. Nella
Carta dei Principi vengono elencati una serie d’impegni riguardanti le normative,
l’ambiente, i diritti dei lavoratori, gli aspetti igienico-sanitari nella produzione degli
alimenti, i rapporti con gli utenti, con gli operatori professionali e con i consumatori che le
imprese, le cooperative e le altre realtà produttive che aderiscono sono obbligate a
rispettare. Il Regolamento del Forum Nazionale Agricoltura Sociale disciplina la nascita e
l’organizzazione dei Forum Regionali, le regioni nelle quali questi sono attualmente attivi
sono Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Umbria,
Veneto.
Sui territori, poi, si sono andate consolidando esperienze di Agricoltura Sociale, in alcuni
casi, come in Toscana, grazie all’instaurarsi di iniziative di innovazione sociale che sui
territori hanno portato alla costituzione di luoghi formali di decisione dove le ASL, le
Società della Salute e i portatori di progetto, hanno avviato iniziative di collaborazione,
riconoscimento formale delle pratiche avviate e collaborazione estesa. Più di recente, si è
avviato il processo di riconoscimento attraverso attività di legislazione a livello regionale
(la Toscana ha iniziato nel 2010 e progressivamente altre regioni hanno seguito questa
traccia) e nazionale (al momento una proposta di legge approvata dalla Camera dei
Deputati è in discussione nella Commissione Agricoltura del Senato della Repubblica).
L’approccio alla normazione in Italia, crea crescenti necessità di classificazione delle
pratiche di Agricoltura Sociale.
24
I progetti di Agricoltura Sociale possono essere distinti in funzione del tipo di utenza e di
organizzazione (Di Iacovo REM lavoro Impresa Sociale):
Aziende agricole che assicurano inclusione terapeutica, sociale e lavorativa,
impegnate in percorsi di co-terapia per diverse tipologie di utenza (persone con
disabilità o soggetti a bassa contrattualità) che fanno leva su processi produttivi
presenti in azienda
Aziende agricole attive nei servizi civili nelle aree rurali e periurbane, per bambini
(agri-asili, campi solari/estivi, didattica), per anziani (mediante l’organizzazione di
strutture diurne di accoglienza), oppure per la gestione di alloggi di emergenza per
persone con difficoltà abitativa o per l’erogazione di servizi di prossimità, che
fanno leva su spazi e risorse aziendali
Aziende agricole e strutture co-terapeutiche (per persone con disagio psichico o
mentale) mediante l’attivazione di servizi specifici e mirati (ad esempio,
ippoterapia o pratiche orticolturali)
Aziende agricole pubbliche di formazione al lavoro. Si tratta normalmente di
strutture o parti di attività realizzate all’interno di strutture penitenziarie
pubbliche che si dotano di proprie aziende agricole a fini di formazione al lavoro.
Questa distinzione sconta la difficoltà di codificare un mondo in rapidissima evoluzione,
legata alla molteplicità di iniziative pubbliche e private che si succedono e dai riflessi che
si determinano in termini di regolazione.
Un aspetto comune a molte esperienze riguarda la contenuta dimensione delle attività di
produzione agricola e il fatto che questa venga condotta secondo il metodo biologico o
biodinamico. Coniugare atteggiamenti di responsabilità ambientale con la finalità sociale
è utile, oltre che per dare maggiore valore alle produzioni destinate alla vendita, anche a
rafforzare i legami con il movimento del consumo critico e responsabile.
L’impresa agricola che opera in Agricoltura Sociale si indirizza spesso verso ordinamenti
produttivi diversificati, integrati dalla presenza di attività connesse (agriturismo,
ristorazione, fattoria didattica, negozio per la vendita dei prodotti) secondo la logica di
costruire luoghi polivalenti, dove si realizzano attività all’aperto e al chiuso (coltivazioni in
serra, laboratori di trasformazione, ristorante, punto vendita) che possano regolarizzare
l’andamento stagionale del calendario di lavoro. Questo quadro va di pari passo con una
predilezione per le coltivazioni ad alta intensità di lavoro manuale o per le quali
25
comunque vengono privilegiate le tecniche di lavoro intensive: piccola orticoltura,
floricoltura, vivaismo, frutticoltura, viticoltura, apicoltura, allevamenti di piccole specie,
trasformazione dei prodotti. Oltre che a caratterizzarsi per l’elevato fabbisogno di lavoro
manuale, sono anche produzioni capaci di creare maggior valore aggiunto e di valorizzare
al meglio sui mercati il lavoro impiegato.
Le imprese agricole che operano in Agricoltura Sociale tendono a privilegiare la vendita
diretta dei prodotti sia per i limitati quantitativi della produzione, che non ne consentono
forme di commercializzazione all’ingrosso, che per conseguire margini migliori sul prezzo
finale. La vendita diretta consente inoltre di tessere legami con la comunità locale
(famiglie, associazioni, imprese).
Da un’indagine conoscitiva sulle iniziative di Agricoltura Sociale avviata dalla Camera dei
Deputati, svoltasi in forma seminariale il 19 Dicembre 2012, alla quale hanno partecipato
rappresentanti delle organizzazioni dell’Agricoltura Sociale, delle organizzazioni
professionali e cooperative agricole, di enti pubblici, di studiosi ed esperti nonché i
rappresentanti dei Ministeri con competenze sulla materia, è emerso che non esistono
dati complessivi sull’estensione quantitativa del fenomeno; infatti, mentre risultano
iscritte 385 cooperative sociali agricole presso le camere di commercio, non sono
disponibili dati complessivi sulle imprese e sulle altre forme imprenditoriali ed associative
che praticano l’Agricoltura Sociale. Secondo gli studi svolti da alcuni enti e Università
risulterebbero oltre 1000 le realtà sul territorio nazionale aventi le seguenti
caratteristiche: svolgimento contestuale di attività agricola e di servizi socio-sanitari;
configurazione come “realtà aggregate” nel senso di coinvolgere soggetti pubblici e
privati a livello locale; utilizzazione delle norme nazionali e locali in materia per
formalizzare accordi, protocolli e convenzioni; svolgimento di un’attività agricola di
qualità e predilezione per i canali della filiera corta.
L’Agricoltura Sociale si presenta quindi come un fenomeno complesso, non ancora ben
definito e delimitato, che risulta connesso a pratiche e riferimenti teorici anche molto
differenti tra loro; si configura infatti come un contenitore di risposte differenti a
problematiche ed esigenze locali, contestuali, specifiche, di cui è importante non solo
analizzare i tratti comuni, le somiglianze, le convergenze, ma anche mettere in luce le
differenze e le specificità; occorre adottare una prospettiva sociale ampia, che valuti gli
effetti sul benessere e sulla qualità della vita delle persone.
26
La tipologia di attività, legata all’uso della risorsa agricola e al lavoro con persone con
differenti problematiche, presenta senza dubbio una sfida per la valutazione; un’attività
di produzione sistematica d’informazioni finalizzata alla formulazione di giudizi su
progetti, azioni, attività strutturate, richiede una delimitazione dell’oggetto d’analisi e la
definizione di un disegno complessivo e di una serie di strumenti specifici.
Il progressivo affermarsi ed emergere delle pratiche di Agricoltura Sociale spinge a una
riflessione su tipologie e caratteristiche dei progetti esistenti, anche per offrire basi di
ragionamento adeguate ai legislatori che cominciano ad interessarsi all’argomento.
1.5 Inquadramento normativo nazionale
L’Agricoltura Sociale si è sviluppata in Italia in assenza di un quadro di riferimento
legislativo, tuttavia il crescente interesse per l’argomento ha innescato un’evoluzione
normativa tuttora in corso.
Il Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo Rurale, adottato su iniziativa del Ministero
delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e approvato dalla Commissione europea il
12 gennaio 2007, cita espressamente l’Agricoltura Sociale nell’Asse III, quale strumento
per migliorare l’attrattività dei territori e per la diversificazione dell’economia rurale. A
livello nazionale essa è indirettamente regolata dalle leggi di orientamento per
l’agricoltura che offrono il quadro di riferimento entro cui collocarla. La legge di
orientamento del 2001 e quella del 2003 hanno ridefinito in senso estensivo il concetto di
attività agricola recependo il concetto di multifunzionalità. In particolare il Decreto
Legislativo 18 maggio 2001 n. 228, ha ampliato il concetto di attività agricola estendendo
la gamma delle attività connesse, cioè di quelle attività che sono sussidiarie e collaterali
rispetto all’attività agricola, che resta ovviamente quella principale. La norma equipara
alle già riconosciute attività agrituristiche le attività ricreative, didattiche e culturali svolte
in un’azienda agricola, nonché quelle relative alla pratica sportiva ed escursionistica e
all’ippoturismo. La successiva legge di orientamento 2003 ha poi introdotto la figura
dell’Imprenditore Agricolo Professionale (IAP) che sostituisce la precedente figura
dell’Imprenditore Agricolo a Titolo Principale (IATP), concentrando agevolazioni e sgravi
fiscali su quei soggetti che operano professionalmente nell’impresa; anche le società
agricole di persone, cooperative e di capitali possono ricevere la qualifica di Imprenditori
27
Agricoli Professionali. L’introduzione della società agricola apre nuovi possibili scenari
all’Agricoltura Sociale in quanto è oggi possibile ipotizzare la costituzione di realtà di
Agricoltura Sociale sotto forma di società o cooperative agricole nelle quali confluiscano
operatori del sociale e persone che hanno il titolo soggettivo di imprenditori agricoli
professionali (ad esempio un laureto in Medicina Veterinaria); iniziative che, per la
presenza di questi ultimi, potrebbero automaticamente godere di tutti i benefici previsti
per l’azienda agricola oltre che accedere ai contributi previsti per il sociale.
Il 5 Febbraio 2008 viene presentato dai Senatori De Petris, Nardini e Bellini un Disegno di
Legge, composto di soli cinque articoli, contenente disposizioni in materia di Agricoltura
Sociale. L’Articolo 1 individua le finalità della legge e fornisce la definizione di Agricoltura
Sociale. Con l’Articolo 3 si provvede all’istituzione del Fondo per lo sviluppo
dell’Agricoltura Sociale finalizzato a promuovere la sperimentazione e il sostegno a
progetti promossi dagli operatori del settore. Nell’Articolo 4 si definiscono gli interventi di
sostegno che si ritengono necessari per facilitare lo sviluppo dell’Agricoltura Sociale, la
sua diffusione territoriale e il mercato dei prodotti che ne derivano: diffusione attraverso
mense scolastiche e ospedaliere, idonee modalità di valorizzazione per gli operatori e i
prodotti dell’Agricoltura Sociale all’interno dei mercati per la vendita diretta, forme di
priorità a favore dell’Agricoltura Sociale nei procedimenti di assegnazione dei terreni di
proprietà pubblica, agevolazioni per l’impiego lavorativo di soggetti svantaggiati in
progetti dell’Agricoltura Sociale. Infine l’Articolo 5 è dedicato all’istituzione
dell’Osservatorio nazionale sull’Agricoltura Sociale che annovera fra i compiti attribuiti
anche la proposizione di iniziative finalizzate alla comunicazione e all’animazione
territoriale a supporto dell’azione programmata su base locale. A far parte
dell’Osservatorio, che potrà avvalersi di un Comitato tecnico-scientifico formato da
esperti del settore, sono chiamati rappresentanze delle organizzazioni agricole, degli
operatori del terzo settore che già operano sul territorio in questo campo, dei Ministeri
competenti e delle Regioni.
L’ultimo tentativo di normazione è riferibile alla Proposta di Legge presentata alla Camera
dei Deputati il 16 marzo 2013 nella quale (Articolo 2) viene data una definizione più
precisa di Agricoltura Sociale, intesa come attività di servizi connesse all’attività agricola
esercitate dagli imprenditori agricoli di in forma singola o associata, dirette a realizzare:
28
Inserimento socio-lavorativo di soggetti svantaggiati, molto svantaggiati e disabili,
minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale
Prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante
l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell’agricoltura per promuovere,
accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, di
inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana
Prestazioni e servizi terapeutici che affiancano e supportano le terapie della
medicina tradizionale, finalizzati a migliorare le condizioni di salute e le funzioni
sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l’ausilio di
animali allevati e la coltivazione delle piante
Progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della
biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso
l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale.
La Proposta di Legge non apporta grosse novità né cambiamenti sostanziali rispetto al
Disegno di Legge del 2008; stabilisce inoltre uno stanziamento pari a 15 milioni di euro
per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 (Articolo 8) per il Fondo per lo Sviluppo
dell’Agricoltura Sociale destinato alla sperimentazione e al sostegno di progetti del
settore.
Come anticipato, allo stato attuale una Proposta di Legge è stata approvata dalla Camera
dei Deputati ed è in discussione presso il Senato della Repubblica. Previsioni lasciano
intendere una possibile approvazione prima dell’estate 2015. Dando seguito ai necessari
percorsi di adeguamento tra la normativa nazionale e quelle esistenti a livello regionale,
nel nostro Paese l’Agricoltura Sociale dovrebbe uscire dallo stato di innovazione non
riconosciuta per entrare nell’alveo delle pratiche dell’agricoltura multifunzionale definita
per legge. Nel frattempo, i nuovi Piani di Sviluppo Rurale in applicazione dei regolamenti
comunitari per la programmazione dello sviluppo rurale del periodo 2014/20, già
prevedono interventi a sostegno dello sviluppo di pratiche e investimenti di realtà e reti di
Agricoltura Sociale.
29
CAPITOLO 2
EXCURSUS NORMATIVO TERAPIE ASSISTITE CON ANIMALI
L’utilizzo degli animali a fini terapeutici ha radici molto antiche e nel corso del tempo ha
assunto un’importanza crescente.
Il moderno termine di Pet Therapy si riferisce alla strutturazione metodologica dell’uso di
soggetti animali finalizzata al trattamento di specifiche patologie. Tali attività sono
caratterizzate da una grande eterogeneità, sia per quanto riguarda il percorso formativo
degli operatori, sia per la tipologia degli utenti e le metodologie adottate.
L’utilizzo di animali da compagnia ai fini di Pet Therapy è stato riconosciuto come cura
ufficiale dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 febbraio 2003 che “…
definisce, nell'ambito della disciplina degli animali da compagnia, alcuni principi
fondamentali per una maggiore e sempre più corretta interrelazione tra l'uomo e i
predetti animali, per assicurare in ogni circostanza il loro benessere, evitarne riprovevoli
utilizzi sia diretti che indiretti e favorire lo sviluppo di una cultura di rispetto per la loro
dignità anche nell'ambito delle realtà terapeutiche innovative…”.
Tale Decreto ha sancito, per la prima volta nella storia del nostro Paese, il ruolo che un
animale può avere nella vita affettiva di una persona, nonché la valenza terapeutica degli
animali da compagnia.
La definizione di validi strumenti metodologici e di linee guida che regolino tali pratiche è
un’esigenza sentita da tutte le categorie professionali che operano in questo campo, al
fine di salvaguardare tanto la salute umana che il benessere degli animali impiegati nelle
terapie. Va infatti sottolineato come i soggetti coinvolti sono più frequentemente
rappresentati da categorie particolarmente vulnerabili, quali bambini, anziani, persone
con disabilità, in disagio e marginalità sociale e che necessitano di interventi mirati,
soprattutto nel caso di specifiche patologie.
Nell’attuazione di un progetto di Pet Therapy e attività correlate, la preoccupazione di
base è necessariamente quella di produrre un vantaggio per gli esseri umani coinvolti;
non si può però dimenticare, al tempo stesso, che si vuole tutelare il benessere animale e
se possibile incrementarlo. A tal proposito nel 2002 fu istituito dal Comitato Nazionale di
Bioetica un gruppo di lavoro che ebbe il compito di studiare il caso della Pet Therapy.
Vennero effettuate una serie di interviste con esperti del settore e furono stese diverse
30
bozze, che, in più occasioni, affrontarono un dibattito in Assemblea, giungendo alla
approvazione del documento definitivo il 21 ottobre del 2005. Durante i lavori per la
realizzazione del documento, il coordinatore del gruppo sugli animali fu invitato dalla
Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati per un’audizione sulla Proposta di
Legge sulla Pet Therapy in quel momento allo studio. Il titolo del documento: “Problemi
bioetici relativi all’impiego di animali in attività correlate alla salute e benessere umani.
L’alleanza terapeutica uomo-animale” indica che il Centro Nazionale di Bioetica non ha
voluto trattare esclusivamente la Pet Therapy ma anche due altri aspetti vicini e in buona
parte correlati: il caso degli animali da assistenza e il caso della introduzione in una
struttura residenziale o di ricovero per persone malate o anziane di un animale a seguito
del proprietario
L’esigenza di prendere in considerazione il punto di vista degli animali deriva sia da una
valutazione di natura etica, sia da un problema giuridico, sia da un’esigenza pratica.
Questa esigenza etica si è riflettuta nell’ordinamento giuridico dei paesi dell’Unione
Europea che prevede la tutela del benessere animale in termini di legge.
Si può inoltre pensare che la stessa efficacia della pratica terapeutica o assistenziale
risieda, per tutto o almeno in parte, nella convinzione degli operatori e del fruitore che
l’animale coinvolto sia positivamente partecipe e tragga benefici dalla pratica, fino al
punto di poter parlare di una sorta di “alleanza terapeutica” interspecifica.
La responsabilità nei confronti dell’animale non deve essere intesa come qualcosa da
realizzarsi solamente al momento in cui vengono attuate le pratiche, ma deve continuare
anche durante le fasi di inattività e dopo la fine del protocollo per tutta la vita. Per questo
motivo le specie animali che non sono state coinvolte nel processo biologico di
domesticazione e sono quindi selvatiche, precauzionalmente, dovrebbero essere escluse
dalle pratiche in esame, in quanto, malgrado processi individuali di ammansimento,
possono subire una condizione di malessere dalla imposizione di un stretto contatto con
l’uomo. Sempre per tutelare l’interesse e il benessere animale, le pratiche addestrative
devono essere connotate da metodi gentili, non devono essere violente fisicamente o
psicologicamente ed essere rispettose della dignità.
Al fine di tutelare il benessere dell’uomo e dell’animale utilizzato a fini terapeutici e di
assistenza si auspica che vengano sostenute le ricerche volte a individuare i reali benefici
per la salute e il benessere umani delle pratiche che coinvolgono gli animali (e tra l’altro
31
quelle ricerche volte a studiare i parametri neurofisiologici e cognitivi in grado di
interpretare il loro “linguaggio”) e questo in special modo nel caso di pratiche molto
organizzate quali le attività svolte con animali da assistenza, le Attività Assistite con
Animali (AAA) e soprattutto le Terapie Assistite con Animali (TAA) e vengano nel
contempo sostenute le ricerche volte ad individuare eventuali alterazioni del benessere
negli animali, al fine di non esporre gli animali stessi ad utilizzi (nelle pratiche o nelle
modalità di lavoro) che li possano portare a condizioni di malessere.
Da un punto di vista operativo, va scoraggiato l’utilizzo del termine Pet Therapy perché
troppo generico e usato per raggruppare tipologie di attività assai diverse, mentre si
preferisce parlare di Interventi Assistiti con gli Animali (IAA) comprendenti tre ambiti di
intervento: Attività Assistite con Animali, Terapie Assistite con Animali, Educazione
Assistita dagli Animali.
Attività Assistite con Animali (AAA)
Si tratta di interventi di tipo ricreativo, educativo e/o assistenziale, finalizzati al
miglioramento della qualità della vita di alcune categorie di persone (bambini,
anziani, ipovedenti, pazienti in fase terminale); queste attività possono essere
condotte in vari ambienti (case di riposo, ospedali, scuole) da professionisti
opportunamente formati, para-professionisti e/o volontari, insieme con animali
che rispondono a precisi requisiti. Sono caratterizzate da una maggiore flessibilità
e spontaneità procedurale (rispetto alle TAA) e non prevedono una
programmazione specifica e dettagliata degli obiettivi, anche se è comunque
opportuno raccogliere e conservare dati sulle visite effettuate
Terapie Assistite con gli Animali (TAA)
Affiancano alle terapie tradizionali l’utilizzo di animali con specifiche
caratteristiche. Le TAA vengono utilizzate per migliorare lo stato fisico, sociale,
emotivo e cognitivo di pazienti. Sono effettuate in ampi e differenti contesti e
possono coinvolgere gruppi o singoli individui. Il procedimento viene inoltre
obbligatoriamente documentato e valutato.
Mentre nel caso delle AAA le attività possono essere svolte da singoli o da gruppi,
incluse associazioni di volontari, nel caso delle TAA l’attività svolta dal “terapeuta
animale” nei confronti del “paziente uomo” è molto complessa e, soprattutto, per
il suo buon funzionamento richiede contributi provenienti da diverse discipline.
32
Per questo motivo, ogni TAA è il risultato di un lavoro sviluppato da un team
multidisciplinare composto da numerose figure professionali che interagiscono sul
campo, ciascuna con il proprio specifico ruolo ma in modo complementare.
L’intervento è personalizzato sul paziente e richiede prescrizione medica
Educazione Assistita dagli Animali (EAA)
Assume caratteristiche intermedie proprie delle TAA e delle AAA. È un intervento
di tipo educativo che ha il fine di promuovere, attivare e sostenere le risorse e le
potenzialità di crescita e progettualità individuale, di relazione e inserimento
sociale delle persone in difficoltà. L’intervento può essere anche di gruppo e
promuove il benessere delle persone nei propri ambienti di vita, particolarmente
all’interno delle Istituzioni in cui l’individuo deve mettere in campo capacità di
adattamento. È proprio all’interno dell’Istituzione scolastica che tali i progetti di
EAA hanno portato un profondo rinnovamento, volto a promuovere una maggiore
interazione dei bambini in età scolare con l’ambiente e in particolare con il mondo
vivente. Tali progetti sono generalmente avviati nelle scuole (materne o
elementari) e consistono in esperienze di educazione alla conoscenza e al rispetto
del mondo animale in tutte le sue componenti, attraverso l’incontro con animali,
la visione di filmati, visite a parchi, fattorie pedagogiche, musei zoologici e di
storia naturale. Oltre a queste caratteristiche, le EAA possono presentare caratteri
più specificatamente terapeutici, distaccandosi dal gruppo classe e
concentrandosi soprattutto su quei bambini e adolescenti con disabilità o
problemi comportamentali più o meno gravi. Le EAA sembrano migliorare
l’attenzione e l’apprendimento, il rendimento scolastico, la curiosità e i rapporti
sociali e ridurre fenomeni di devianza, bullismo e abbandono scolastico.
La Proposta di Legge presentata il 27 Maggio 2008 dai Deputati Mancuso, Ghiglia, Ciccioli,
Porcu, Patarino, Holtzman, Minasso e Marsilio ha come obiettivo il riconoscimento
dell’utilità in campo sociale e la validità co-terapeutica (in sinergia con rimedi specifici)
delle Attività e delle Terapie Assistite dagli Animali.
A tale scopo, nell’Articolo1 si individuano le finalità da raggiungere attraverso le Attività e
le Terapie Assistite dagli Animali, di cui si dà definizione all’Articolo 2, monitorate da un
Veterinario con competenze in materia di comportamento animale e supervisionata da
33
operatori con adeguata formazione e programmata sulla base delle caratteristiche della
persona e dell’animale.
L’Articolo 3 tratta del benessere degli animali, stabilendo alcuni limiti di specie, età e
caratteristiche; viene stabilito che tutti gli animali impiegati in Attività e Terapie Assistite
devono superare una valutazione che ne attesti lo stato sanitario (da monitorare
attraverso controlli periodici) e le capacità fisiche e psichiche; è inoltre previsto che gli
animali impiegati in AAA e TAA possano provenire da allevamenti per fini alimentari.
Viene istituita (Articolo 4) una Commissione Nazionale per le Attività e le Terapie Assistite
dagli Animali, composta da esperti delle diverse discipline interessate, che provveda a:
Definire i criteri, le condizioni, i requisiti in base ai quali le esperienze di AAA e di
TAA realizzate possano essere ammesse a valutazione e trarre da tali progetti
indicazioni per l’individuazione di procedure standard
Individuare le figure professionali specifiche
Predisporre un apposito regolamento da sottoporre al Ministro del Lavoro, della
Salute e delle Politiche Sociali per la disciplina di ogni altro aspetto riguardante le
AAA e le TAA ai fini del loro riconoscimento ufficiale
L’Articolo 5 tratta delle norme attuative stabilendo che, entro tre mesi dall’entrata in
vigore della Legge, dovranno essere definiti:
I profili professionali dei gruppi di lavoro multidisciplinari che partecipano e
valutano i progetti di AAA e TAA
I programmi di ricerca e valutazione di iniziative di Pet Therapy.
Le modalità di divulgazione delle ricerche scientifiche realizzate a livello nazionale
e la predisposizione di protocolli terapeutici contenenti indicazione dei
trattamenti ottimali relativi alle singole patologie sottoposte a AAA e TAA
I criteri e le procedure per la certificazione degli Enti e delle Associazioni abilitati a
erogare servizi di AAA e di TAA
I requisiti professionali essenziali del personale addetto all’addestramento e i
protocolli di addestramento
I requisiti strutturali minimi e quelli igienico-sanitari delle aree, dei locali e degli
spazi destinati alla detenzione dell’animale
L’Articolo 6 è dedicato alle sanzioni.
34
2.1 Linee Guida Nazionali per gli Interventi Assistiti con Animali
Nel Novembre del 2014 la Conferenza Stato-Regioni firma un Accordo che ha l’obiettivo di
garantire le corrette modalità di svolgimento degli Interveti Assistiti con gli Animali (IAA)
così come definiti nelle Linee Guida Nazionali che fanno parte del suddetto Accordo. Le
Linee Guida Nazionali sono un tentativo di uniformare (a livello metodologico, di
formazione e delle strutture) a livello nazionale la varietà di IAA che già sono in essere nel
nostro Paese. Esse si pongono come obiettivi: definire standard operativi per la corretta e
uniforme applicazione degli IAA sul territorio nazionale; individuare compiti e
responsabilità delle figure professionali e degli operatori coinvolti nei progetti e nelle
iniziative che prevedono l’impiego di animali a fini terapeutico-riabilitativi, educativi,
ludico-ricreativi; individuare le modalità di formazione delle figure professionali e degli
operatori coinvolti.
Stabiliscono la necessità per gli IAA di un Equipe Multidisciplinare composta da diverse
figure professionali, sanitarie e non, e operatori che concorrono alla progettazione e alla
realizzazione dell’intervento ognuno per le proprie competenze:
Medico Veterinario esperto in IAA
Collabora col Responsabile del Progetto nella scelta della specie animale, valuta i
requisiti sanitari dell’animale impiegato e della coppia coadiutore-animale;
indirizza alla corretta gestione dello stesso assumendone la responsabilità
Coadiutore dell’animale
Prende in carico l’animale durante le sedute e in tali fasi assume la responsabilità
della corretta gestione dell’animale ai fini dell’interazione; provvede a monitorare
lo stato di salute e di benessere
Per le TAA e le EAA sono inoltre necessari:
Responsabile di Progetto
Coordina l’equipe nella definizione degli obiettivi del progetto, delle relative
modalità di attuazione e valutazione degli esiti
Referente di Intervento
Prende in carico la persona durante la seduta ai fini del raggiungimento degli
obiettivi del progetto
Per le AAA invece:
35
Responsabile di Attività
Organizza e coordina le attività
Gli IAA possono essere erogati sia presso Centri Specializzati che presso strutture
pubbliche e private che, oltre ad essere in regola con tutte le norme vigenti
(amministrative, edilizie, sanitarie, ecc…), rispondono a requisiti strutturali e gestionali
correlati alla tipologia di intervento erogato e alla specie animale impiegata. Inoltre
requisiti specifici sono richiesti in relazione alla presenza di animali residenziali e al loro
numero.
È compito dell’Equipe, coordinata dal Responsabile del Progetto, programmare, mettere
in atto e monitorare gli interventi ai fini del raggiungimento degli obiettivi.
La progettazione si diversifica a seconda che si tratti di TAA, EAA o AAA:
Progettazione in TAA
Prescrizione da parte del medico di Medicina Generale anche sulla base di una
relazione del Medico Specialista (psicologo o psicoterapeuta).
Individuazione del Responsabile di Progetto.
Coinvolgimento e colloqui con familiari o persone conviventi, salvo diversa
volontà del paziente.
Coinvolgimento e scambio di informazioni con le figure sanitarie di riferimento al
fine della verifica dell’appropriatezza della prescrizione e assenza di
controindicazioni e della condivisione del contesto terapeutico in cui si andrà ad
operare.
Individuazione dei componenti dell’equipe multidisciplinare.
Stesura del progetto di intervento con individuazione dei relativi strumenti e
criteri di monitoraggio e valutazione.
Realizzazione del progetto e invio dei risultati all’inviante e/o al prescrittore.
Progettazione in EAA
Valutazione della richiesta di intervento pervenuta da familiari,
insegnanti/educatori, psicologo, Istituzioni.
Identificazione del Responsabile di Progetto.
Coinvolgimento e colloqui con educatori, familiari o persone conviventi, salvo
diversa volontà del paziente.
Individuazione dei componenti dell’equipe multidisciplinare.
36
Stesura del progetto di intervento con individuazione dei relativi strumenti e
criteri di monitoraggio e valutazione.
Realizzazione del progetto e invio dei risultati all’inviante e/o eventuali familiari.
Pianificazione in AAA
Definizione del programma di attività o del progetto, con valutazione del contesto
e della metodologia di intervento anche in relazione alla finalità richiesta.
Costituzione dell’equipe multidisciplinare.
Realizzazione dell’attività progetto e relazione conclusiva.
Durante la realizzazione del progetto di IAA deve essere previsto il monitoraggio
attraverso gli strumenti e i criteri individuati in fase di progettazione al fine di rimodulare
gli interventi in caso di necessità. Gli strumenti e i criteri devono essere basati sulle
peculiarità del singolo intervento, ma, ove disponibili, è necessario utilizzare quelli
standardizzati e validati scientificamente. Il monitoraggio deve essere eseguito sul
paziente/utente, sull’animale e sull’interazione uomo-animale e deve essere
accuratamente registrato.
L’efficacia viene valutata mettendo confronto gli effetti ottenuti al termine delle
realizzazione del progetto egli obiettivi preliminarmente individuati. Gli strumenti e i
criteri per la valutazione dell’efficacia devono essere standardizzati e validati
scientificamente. Nel caso in cui l’equipe non individui strumenti già standardizzati deve
utilizzare strumenti oggettivi condivisi con il Centro di Referenza Nazionale per gli IAA
(CRN IAA).
Gli animali impiegati negli interventi assistiti appartengono a specie domestiche in grado
di instaurare relazioni sociali con l’uomo. Le specie maggiormente impiegate sono cane,
cavallo, asino, gatto, coniglio; i progetti di TAA e di EAA che prevedono l’utilizzo di specie
diverse da queste saranno valutate dal CRN IAA, sentito il Ministero della Salute. Gli
animali devono essere adulti e le femmine non possono essere impiegate durante la fase
estrale, la lattazione o lo stato di gravidanza avanzata.
Per ogni animale il Medico Veterinario predispone una cartella clinica che deve essere
regolarmente aggiornata riportante il segnalamento dell’animale, l’anamnesi, lo stato
sanitario, le profilassi eseguite, eventuali terapie. Qualora sia previsto l’obbligo di
identificazione e di registrazione, il codice identificativo deve essere riportato nella
cartella clinica. Nella cartella clinica di ogni singolo animale devono essere riportati gli
37
esiti delle valutazioni comportamentali e del monitoraggio effettuati durante le sedute. Il
Medico Veterinario, sulla base del monitoraggio dello stato di salute e di benessere psico-
fisico dell’animale, definisce la frequenza massima delle sedute, le modalità e i tempi di
impiego di ogni animale per seduta. Il Medico Veterinario o il coadiutore dell’animale in
caso di necessità devono disporre l’interruzione dell’intervento.
Un ruolo fondamentale è attribuito al Centro di Referenza Nazionale per gli IAA. Il Centro
di Referenza Nazionale per gli Interventi Assistiti con gli Animali (CRN IAA) è stato istituito
con Decreto 18 giugno 2009 del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali
ed è localizzato presso l’Istituto Zoo profilattico Sperimentale delle Venezia (IZSVe), Ente
sanitario di diritto pubblico. Tra i compiti che la normativa affida al CRN IAA vanno
indicati:
La promozione della Ricerca per la standardizzazione di protocolli operativi per il
controllo sanitario e comportamentale degli animali impiegati nei programmi di
IAA
Il potenziamento delle collaborazioni fra medicina umana e veterinaria per
individuare sinergie operative e di ricerca in grado di garantire un miglioramento
dei risultati delle attività svolte nel settore di interesse
Il miglioramento delle conoscenze circa l’applicabilità di tali interventi in
determinate categorie di pazienti (anziani, bambini affetti da autismo, disabili
psichici, ecc…)
L’organizzazione e gestione di percorsi formativi. Ha pertanto istituito corsi
propedeutici (comune a tutte le figure professionali e agli operatori coinvolti),
corso base per coadiutore del cane e animali d’affezione (differenziati per le
diverse figure professionali e operatori coinvolti), corso integrativo per coadiutore
di gatto e coniglio, corso base per il coadiutore del cavallo, corso di base per il
coadiutore dell’asino, corso base per Medici Veterinari, corso di base per
responsabili di progetto e referenti di intervento TAA/EAA, corso avanzato (rivolto
a tutti coloro che hanno partecipato e superato i corsi base per coadiutori degli
animali, Medici Veterinari, responsabili di progetto e referenti di intervento)
La raccolta di dati e la diffusione di informazioni alla comunità scientifica
internazionale
38
Le figure professionali, sanitarie e non, e gli operatori in possesso di attestati di
partecipazione a corsi di formazione nell’ambito di IAA, conseguiti prima dell’emanazione
delle Linee Guida o che già operano in tale ambito, entro 24 mesi devono acquisire una
specifica idoneità. Ai fini del conseguimento della suddetta idoneità è effettuata una
valutazione in base a programma dei percorsi formativi completati e esperienza maturata.
L’elenco dei Centri specializzati, delle strutture riconosciute, delle figure professionali e
degli operatori deve essere reso pubblico e trasmesso al CRN IAA per la pubblicazione sul
proprio sito.
Il CRN IAA può chiedere di acquisire ulteriori documenti al fine dell’elaborazione dei dati e
della stesura della relazione da inviare al Ministero della Salute; il Ministero della Salute in
collaborazione con il CRN IAA e l’Istituto Superiore di Sanità valuta i dati forniti dalla
relazione e propone eventuali revisioni delle Linee Guida.
39
CAPITOLO 3
RIABILITAZIONE EQUESTRE
3.1 Introduzione
La Riabilitazione Equestre (RE), termine internazionale Therapeutic Riding, è un tipo di
riabilitazione che utilizza come mezzo terapeutico il cavallo. Nasce dall’integrazione di
esperienze che fanno capo sia agli Sport Equestri, che ne costituiscono il presupposto
tecnico portante, che la Riabilitazione vera e propria, che ne rappresenta la finalità
specifica.
Si caratterizza per tre aspetti:
Rappresenta un momento di unione tra terapia e sport
Consente al soggetto con handicap di entrare in contatto con la natura,
rappresentata dal cavallo e dall’ambiente in cui l’animale si muove
Viene abitualmente svolta in gruppo e quindi facilita l’integrazione sociale, resa
più agevole dal fatto che si svolge in un ambiente non medicalizzato.
In Italia la RE è stata applicata in ambito riabilitativo a partire dal 1972, ma è dal 1995 che
si è assistito ad un importante sviluppo in costante crescita in tutti i versanti
(organizzativo, scientifico, formativo) analogamente a quanto è avvenuto a livello
internazionale.
Nel 1980 è stata fondata “The Federation of Riding for the Disabled International” (FRDI),
che ha sede negli Stati Uniti e rappresenta l’organizzazione internazionale a cui
afferiscono i vari Paesi coinvolti nella RE. Le Associazioni Nazionali no-profit riconosciute
dalla FRDI come rappresentative per la RE per i singoli Paesi vengono associate come “full
member”, le altre Associazioni prive dei requisiti suddetti oppure i singoli vengono
associati come “associate member”. La FRDI ha istituito al suo interno Comitati con
compiti specifici (medico, formativo, organizzativo, informativo, ecc…). Di particolare
importanza il Comitato Formativo (Education Committee) per definire ed uniformare la
formazione degli operatori di RE e quello Medico (Medical Commitee) con compiti di
ricerca e di verifica scientifica. La FRDI raccoglie dati relativi alla formazione,
organizzazione e tipologia della RE nei vari Paesi del mondo; pubblica un giornale della
Federazione “Newsletter” quadrimestrale, una rivista scientifica (Sientific and Educational
40
Journal of Therapeutic Riding) annuale per gli aggiornamenti scientifici sulla RE, organizza
Congressi Internazionali sulla RE che si tengono ogni tre anni e ne pubblica gli atti, cura la
diffusione e il riconoscimento della RE a livello internazionale.
Per quanto riguarda l’Italia in seguito alla Conferenza Stato-Regioni tenutasi nel
Novembre 2014 è stato firmato un Accordo che ha l’obiettivo di garantire le corrette
modalità di svolgimento degli Interventi Assistiti con gli Animali (IAA) così come definiti
nelle Linee Guida Nazionali che fanno parte del suddetto Accordo. L’Articolo 2 stabilisce
che la Riabilitazione Equestre è una TAA.
La Federazione Italiana Sport Equestri nel 2003 ha istituito il “Dipartimento di
Riabilitazione Equestre” i cui compiti principali sono la regolamentazione della RE svolta
all’interno dei Centri Ippici, la formazione in RE dei Tecnici Federali e degli Ausiliari, la
collaborazione con il Comitato Italiano Paraolimpico per l’attività sportiva agonistica. Dal
2007 la FISE è riconosciuta come full member per l’Italia dalla FRDI.
La formazione degli operatori dell’equipe di RE, la cui professionalità costituisce la base
per il riconoscimento di una disciplina, presenta tuttora un’enorme disparità fra i vari
Paesi e addirittura all’interno degli stessi.
Attualmente la formazione universitaria a livello internazionale viene attuata in Francia,
USA (North Carolina, St. Andrews Presbyterian College), in Italia con il “Master
Universitario di I livello in Riabilitazione Equestre”, biennale, della Facoltà di Medicina e
Chirurgia di Firenze, Cattedra di Neuropsichiatria Infantile, in collaborazione con
l’Associazione “Lapo”2 (riconosciuta come full member per l’Italia dalla FRDI dal 1988) per
2 L’Associazione "Lapo" ONLUS ASD è un'associazione senza scopo di lucro, che ha sede a Firenze. Fondata
nel maggio 1993 per ricordare Lapo, un bambino che ha avuto una breve vita di disabilità, l’associazione
vede insieme famiglie, personale medico, operatori dell’area sanitaria, educativa e riabilitativa nell’intento
comune di migliorare le condizioni di vita dei bambini e dei ragazzi portatori di disabilità e di incentivare la
scelta di procedure socio-sanitarie e riabilitative particolarmente attente ad evitare occasioni di
emarginazione.
Presidente dell’Associazione è il Prof. Massimo Papini, Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile,
cofondatore della Associazione “Lapo” ONLUS unitamente alla Dr.ssa Daniela Galli Cantaloni di Roma e alla
Prof.ssa Anna Pasquinelli di Firenze.
L’Associazione è Associazione Sportiva Dilettantistica iscritta dal 4 ottobre 2011 al Registro Nazionale delle
Associazioni e Società Sportive del C.O.N.I
41
l’organizzazione e la didattica pratica tramite i suoi Centri di RE accreditati per la
formazione.
3.2 Definizione
Per RE si intende una modalità di riabilitazione che utilizza come mezzo terapeutico il
cavallo. Ha un’ampia potenzialità di applicazione: dal bambino all’adulto; dal soggetto con
patologia psichiatrica, al disagio sociale, al paziente con grave patologia neurologica, al
ritardo mentale, ecc… Si articola nelle seguenti principali discipline:
Ippoterapia
Attività riabilitativa a mezzo del cavallo; si basa sull’uso del movimento del cavallo
come strumento terapeutico senza prevedere l’intervento attivo del soggetto.
Richiede tecnici dell’area socio-sanitaria (Fisioterapista, Terapista della neuro e
psicomotricità dell’età evolutiva, Educatore Professionale, Psicologo, ecc…)
specializzati in RE, che operano con l’assistenza dell’Istruttore di Equitazione
specializzato in RE e l’impiego di cavalli addestrati ad hoc.
Il target è più riabilitativo che rivolto all’insegnamento delle tecniche di
equitazione, può però essere utilizzata anche in soggetti con forme di disabilità più
lievi prima di passare alla RE.
Rieducazione equestre e Volteggio
Prevedono l’intervento attivo del disabile nella guida del cavallo.
L’Associazione ha individuato metodologie teorico-pratiche e attività formative per effettuare aiuti efficaci
di intervento soprattutto in due aree: a) la disabilità, b) le problematiche suscitate dai tumori in età
pediatrica.
Ne sono derivate 2 Sezioni specifiche:
Sezione “L.R.E.” (Lapo Riabilitazione Equestre)
Promuove sviluppo e approfondimento tecnico-scientifico della Riabilitazione Equestre (Ippoterapia,
Rieducazione equestre e Volteggio, Sport per disabili) e la formazione degli operatori in collaborazione con
la Facoltà di Medicina di Firenze. È punto di riferimento Nazionale ed Internazionale per la RE
Sezione “Il pupazzo di garza”
Gruppo di studio interdisciplinare finalizzato a portare aiuto a famiglie con figli colpiti da malattie
potenzialmente mortali e al personale sanitario che li ha in cura
42
I target sono l’acquisizione delle tecniche di equitazione oltre al conseguimento
degli obiettivi propri dell’area sociosanitaria (riabilitativi neuromotori, psicologici,
comportamentali, educativi, sociali, ecc…). I tecnici dell’area sociosanitaria
lavorano in stretta collaborazione con l’Istruttore di Equitazione.
Il Volteggio consiste nell’eseguire esercizi a corpo libero sul cavallo alle varie
andature; l’attività viene svolta in gruppo, nell’assoluto rispetto di regole, tempi e
spazi.
Trova applicazione solo nella disabilità psichica e motoria lieve.
Equitazione sportiva per disabili
Può essere svolta attività agonistica vera e propria o comunque attività
competitiva o dimostrativa.
Ove possibile il soggetto viene inserito in sedute di equitazione con normodotati e
svolge normale attività di scuderia. È l’attività di RE più strettamente connessa con
l’attività di aggregazione e socializzazione.
Attacchi
La sua applicazione alla RE in Italia è agli inizi, in quanto si tratta di una disciplina
degli Sport Equestri ancora in via di sviluppo.
Si applica a soggetti con disabilità neuromotoria o psichica di grado variabile.
Richiede ampi spazi, specifiche attrezzature, cavalli e personale particolarmente
specializzato.
La RE, con le tre principali discipline che la compongono, può rappresentare, laddove
consentito dalla patologia del soggetto, una delle poche opportunità concrete di percorso
riabilitativo, cioè di passaggio da una forma di “Riabilitazione Tecnica” (costituita da
tecniche sanitarie specifiche, di fatto terapeutiche, intese a ridurre al massimo
l’incompetenza funzionale), che attiene all’Ippoterapia, ad una di “Riabilitazione
Integrata” (caratterizzata da tutti quei metodi in cui l’intento riabilitativo sulle disabilità è
incluso e mascherato in un’attività correntemente partecipata da persone normali), che
attiene alla RE e al Volteggio, ad una di “Riabilitazione Sociale” che attiene all’Equitazione
Sportiva per Disabili.
43
3.3 Scelta del cavallo
Nella valutazione del cavallo da adibire alla RE è necessario considerare più aspetti tra
loro interconnessi, in quanto deve avere caratteristiche fisiche, sanitarie comportamentali
e di addestramento specifiche.
Non esistono razze adatte, bensì individui con le caratteristiche desiderate.
Non possono essere adibiti alla RE soggetti declassati dall’attività sportiva per
normodotati con vizi, difetti e patologie in atto. Nello stesso tempo va considerato che
sono proprio i cavalli che provengono non dalle corse, ma dall’attività sportiva (ad
esempio salto ad ostacoli, Dressage, Completo) che possiedono un buon addestramento e
la tecnica di base indispensabili per un cavallo da RE, oltre alla consuetudine ad affrontare
situazioni quali pubblico, rumori, trasporti.
Dopo aver individuato il cavallo eventualmente adatto al lavoro con i disabili, l’equipe di
RE studierà attentamente le caratteristiche morfologiche e comportamentali per stabilire
se il cavallo ha le qualità per divenire adatto a questa disciplina.
Il cavallo sarà poi sottoposto alla visita veterinaria in modo da escludere la presenza di
patologie invalidanti.
Non andranno scelti cavalli troppo anziani poiché le caratteristiche fisiche non
consentono lo svolgersi di andature fluide e regolari e la rigidità della schiena non
permette di trasmettere adeguatamente il movimento al cavaliere, né cavalli troppo
giovani poiché le caratteristiche comportamentali e la non completezza
dell’addestramento non li rendono affidabili. Nella pratica della RE gli stalloni devono
essere esclusi. L’età preferibile è comunque 10-16 anni, periodo in cui l’animale ha
consolidato l’addestramento, ha acquisito capacità tecniche, ha dato prova della sua
buona indole e mantiene fluidità e regolarità dei movimenti.
Nella scelta di un cavallo per la RE non ci si basa solo su età, sesso e indole (carattere,
disponibilità, pazienza), ma vanno tenute ben presenti ance le caratteristiche della sua
conformazione fisica:
Altezza
Per i bambini saranno da privilegiare i ponies o i cavalli piccoli al fine di adeguare
le proporzioni fisiche e rendere il rapporto bambino/cavallo più rassicurante,
inoltre un cavallo troppo grande rende più difficile l’intervento dell’operatore.
44
Struttura
Dolicomorfo, mesomorfo, brachimorfo. A ciò consegue il tipo di movimento e la
qualità dello stesso.
Un buon centro di RE dovrebbe disporre di un numero adeguato di cavalli
morfologicamente e caratterialmente diversi in modo da poter soddisfare le varie
esigenze dei suoi utenti.
Di solito, all’inizio della RE di ogni soggetto verrà scelto il cavallo che esprima andature
poco rilevate, nelle quali prevalga il movimento antero-posteriore piuttosto che quello
latero-laterale; in seguito verranno impiegati cavalli con movimenti diversi in base alla
progressione e agli obiettivi dell’intervento di RE.
3.4 Meccanica del cavallo
Nel movimento del cavallo intervengono fra loro vari fattori:
Gioco coordinato delle leve formate dai segmenti ossei degli arti su cui si
inseriscono i muscoli. Le caratteristiche funzionali di una leva sono fulcro, forza,
resistenza. Nel caso degli arti del cavallo il fulcro è rappresentato dal perno
attorno al quale ruotano le articolazioni, la forza è determinata dalla contrazione
muscolare e la resistenza è dovuta al peso da muovere.
Gli arti del cavallo possono essere visti come un insieme coordinato di leve che
creano un movimento.
Il movimento del cavallo così creato si sviluppa solamente attraverso una
variazione continua di equilibrio, si ha cioè un continuo succedersi di perdita e
ripresa dell’equilibrio. La perdita dell’equilibrio è dovuta alla spinta degli arti
posteriori sul terreno che determina uno spostamento del baricentro (centro di
equilibrio situato più o meno a livello dell’ottava costola), e quindi della massa del
cavallo, in avanti. Successivamente alla perdita di equilibrio interviene un
recupero di equilibrio dovuto al contatto degli arti anteriori sul terreno e
all’avanzamento dei posteriori che concorrono a raccogliere la massa per poi
spingerla nuovamente in avanti.
45
La colonna vertebrale interviene in questo meccanismo contribuendo alla
trasmissione della forza propulsiva generata dal treno posteriore. Sostiene inoltre
il peso di cavallo e cavaliere. La colonna vertebrale è costituita da diversi
segmenti: il segmento cervicale ha la funzione di mantenere l’equilibrio (è anche
detto bilanciere) e interviene nella propulsione delle varie andature; il segmento
toracico è particolarmente solido e poco flessibile, idoneo quindi a sostenere il
peso; il segmento lombare consente una buona elasticità in senso verticale
(estensione e flessione); il segmento sacrale rappresenta una struttura rigida
idonea alla trasmissione della forza propulsiva generata dal treno posteriore.
Il cavallo si muove attraverso un’azione coordinata, ritmica degli arti e di tutto il corpo
caratteristica di ogni andatura.
Tre sono le andature dette naturali perché sono quelle che il cavallo assume
spontaneamente e istintivamente in tutte le situazioni di libertà: passo, trotto e galoppo.
Passo
La muscolatura della colonna vertebrale è relativamente rilasciata. Si ha un
movimento diagonale del baricentro del cavallo e un movimento antero-
posteriore (accelerazione-decelerazione) di tipo sinusoidale che avviene sul piano
orizzontale. Per l’azione del legamento nucale e sopraspinoso la colonna
vertebrale si estende e si flette lievemente determinando un movimento verticale
di lieve entità. Si ha anche un ritmico abbassamento e sollevamento della groppa
che crea un movimento latero-laterale.
Si sono quindi distinti tre tipi diversi di movimenti (antero-posteriore, verticale e
latero-laterale) che si alternano per due volte ad ogni ciclo di passo.
Trotto
La muscolatura della colonna vertebrale si irrigidisce, la testa e l’incollatura si
rilevano e si fissano, manca il bilanciere, la colonna non si flette come al passo. La
spinta del posteriore determina uno spostamento in avanti del cavallo e un lieve
spostamento di tutta la colonna in diagonale. Il movimento antero-posteriore che
si crea rappresentato da linee spezzate che hanno inclinazioni opposte. Il rachide
subisce spinte ritmiche in verticale creando il movimento verticale; lo
46
spostamento della massa da un bipede all’altro determina un movimento latero-
laterale.
Quindi al trotto si ha un movimento essenzialmente in avanti con lievi spostamenti
laterali e sensibili movimenti verso l’alto. Anche in questa andatura i movimenti
sono presenti per due volte ad ogni ciclo.
Galoppo
Nel galoppo la colonna vertebrale partecipa più attivamente alla propulsione e
l’incollatura effettua ampi movimenti di flesso- estensione che creano un buon
movimento verticale. La spinta propulsiva dei posteriori e l’azione degli anteriori
determinano un ampio movimento antero-posteriore di tipo sinusoidale
asimmetrico. Non è presente al galoppo un significativo movimento latero-
laterale.
I cavalli dolicomorfi (linea dorsale lunga, torace relativamente stretto, collo e arti lunghi)
hanno generalmente una buona spinta antero-posteriore, scarso movimento latero-
laterale e movimento verticale buono.
I cavalli brachimorfi (groppa larga ed ampia, torace largo, collo corto) hanno un
movimento latero-laterale ampio rispetto a quello antero-posteriore e movimento
verticale scarso.
I cavalli mesomorfi (lunghezza, larghezza e altezza ben proporzionate) hanno un buon
movimento antero-posteriore e verticale e un lieve movimento latero-laterale.
Per i ponies valgono le stesse regole, con la considerazione ulteriore che le andature
prodotte sono generalmente più affrettate.
La conoscenza delle caratteristiche meccaniche del movimento del cavallo nelle tre
andature e delle peculiarità di ogni tipo morfologico è di fondamentale importanza per
poter effettuare la scelta dell’animale più idoneo in relazione alle caratteristiche del
paziente e al tipo di terapia che si intende effettuare.
3.5 Gestione del cavallo
Una volta scelto il cavallo idoneo, si dovrà iniziare il lavoro dedicato alla sua gestione
partendo dalla scuderia.
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Sarà necessario curare molto la sua alimentazione stabilendo, in accordo col Veterinario,
una tabella alimentare adeguata al tipo di lavoro che dovrà svolgere, al peso e all’età.
Poiché l’impiego in RE può essere stressante dal punto di vista psicologico, è molto
importante disporre di box con misure adeguate (almeno 3X3 metri), ben areati, con
buona lettiera. Poter disporre di paddock per alcune ore della giornata renderà i cavalli
più sereni e disponibili al lavoro che dovranno svolgere e sarà sicuramente meno
frequente l’insorgenza di “tic”.
Inoltre, dato che l’impiego esclusivo in RE non consente al cavallo di mantenere il buon
addestramento ricevuto, si dovrà predisporre un preciso programma. Molto utile è il
lavoro alla corda del cavallo non montato.
Il lavoro alla corda in circolo è una delle pratiche più comuni di lavoro del cavallo non
montato, ha molteplici finalità e prima fra tutte far lavorare in flessione in assenza di peso
del cavaliere. Il longeur si pone al centro determinato dalla lunghezza della longia, la
frusta lunga deve essere indirizzata ai garretti in modo da creare un triangolo i cui lati
sono costituiti da cavallo, longia e frusta. Può essere utilizzato il capezzone, che deve
essere strettamente fissato affinchè non si muova, oppure una testiera con filetto. In
questo secondo caso la longia può essere fissata in molti modi all’anello del filetto:
direttamente all’anello interno, con un ponte che colleghi i due anelli, oppure all’anello
esterno passando la longia sopra la nuca e poi nell’anello interno.
Nel lavoro alla doppia longe vengono utilizzati due longe e un fascione con anelli ben
fissato affinchè non si muova. Una longia viene fissata all’anello esterno e passa sotto i
garretti senza eccessive tensioni, l’altra è agganciata direttamente all’anello interno,
oppure passa tra gli anteriori ed è fissata ad un anello del sottopancia.
Possono essere utilizzati anche sistemi abbassatesta, nell’impiego di questi aiuti ausiliari
non si deve mai perdere di vista il risultato che si vuole ottenere: la funzione è quella di
far assumere una posizione che consenta di esercitare la schiena del cavallo favorendo
l’impegno del posteriore, migliorando così equilibrio e impulso.
Il cavallo deve essere nelle migliori condizioni psicologiche che gli consentano di accettare
il lavoro senza tensioni.
La comunicazione con il cavallo avviene per mezzo della voce e della frusta oltre che per
mezzo della longia.
Il lavoro del cavallo montato dovrà essere alternato al lavoro alla corda.
48
Poiché nel lavoro con il disabile l’animale subirà certamente delle sollecitazioni non
sempre adeguate, dovrà essere montato periodicamente da cavalieri esperti in modo tale
che possa mantenere l’elasticità e l’addestramento necessario per un buon utilizzo in RE.
Dovrà essere programmato almeno due-tre volte a settimana, inoltre potrà essere
prevista qualche passeggiata all’esterno come diversivo del lavoro abituale del maneggio.
Molto utile sarà abituare il cavallo alle diverse alle diverse situazioni nelle quali si potrà
trovare per prepararlo ad affrontarle con serenità. Sarà necessario fargli conoscere molto
bene l’ambiente in cui lavora, dovrà imparare ad essere condotto alla longhina sia a
destra che a sinistra, a restare immobile alla pedana (ausilio che permette la salita a
cavallo di pazienti con disabilità che impediscono una salita classica), a essere montato e
smontato da entrambi i lati, a sopportare rumori e movimenti improvvisi.
Inoltre è fondamentale abituare il cavallo a lavorare in campo da solo, anche se questo
talvolta può essere difficile per la tendenza dei cavalli ad imbrancarsi.
Occorre stabilire turni di lavoro e dare il riposo al termine delle sedute che non
dovrebbero essere più di due consecutive; in questo caso sarà bene dissellare e rimettere
il cavallo nel suo box.
Molto importante è poi rispettare la giornata di riposo settimanale e tenere presente lo
stato di fatica del cavallo per poter lavorare con animali non stressati e più disponibili.
3.6 Tipologia organizzativa dei centri di RE
Sul territorio nazionale possiamo trovare essenzialmente le seguenti tipologie:
Centro di RE inserito all’interno di un Centro Ippico3
Si possono avere 2 modalità: è il CI che gestisce l’attività di RE al pari delle altre
attività (salto ad ostacoli, Dressage, ecc…), la responsabilità e la gestione
economica della RE sono a carico quindi del CI stesso; oppure il CI ospita, con
accordi variabili (a titolo gratuito, affitto di cavalli, ecc…) l’Associazione/Ente che
svolge la RE e che ne assume la responsabilità e gestione.
Centro di RE gestito da un’associazione/Ente dedicato unicamente a tale attività
3 La FISE ha stabilito norme precise per i propri Centri Ippici al cui interno viene svolta la RE (www.fise.it –
Dipartimento di RE )
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Ha strutture e cavalli di propria gestione. Nella maggior parte dei casi si tratta di
Associazioni/Enti privati, talora con qualche convenzione con le ASL; pochi sono i
Centri di RE a gestione sanitaria diretta, una sede è a gestione regionale4.
Centro di RE o attività di RE inserita in un Centro/Istituto di Riabilitazione
In questi casi la RE viene inserita nell’attività riabilitativo/rieducativa del
Centro/Istituto. Può essere rivolta unicamente agli utenti interni o aperta anche
agli esterni. Vi possono essere convenzioni o sovvenzioni da parte del SSN.
Gli utenti, il personale e i cavalli del Centro devono essere assicurati con specifiche polizze
per gli infortuni e per la responsabilità civile.
3.7 Equipe multidisciplinare
Affinchè si espletino al massimo le varie potenzialità della RE si rende indispensabile un
equipe multi professionale preparata sul piano riabilitativo che dell’equitazione nella
specificità della propria area di competenza. Tale equipe riconosce come figure costanti:
Medico specialista
Preferibilmente Neuropsichiatra Infantile, oppure Neurologo o Psichiatra in base
all’utenza. Verifica le indicazioni e le controindicazioni; identifica gli obiettivi a
breve, medio e lungo termine per la stesura del programma con definizione della
metodologia e la verifica dei risultati insieme agli altri componenti dell’equipe; è in
rapporto con i professionisti invianti e di riferimento. Data la peculiarità della RE,
anche il medico specialista deve avere una formazione in RE e conoscere almeno i
più importanti principi di equitazione.
Coordinatore tecnico di RE
Assume la funzione di Direttore e Responsabile del Centro di RE.
Operatori di RE
Professionisti dell’area socio-sanitaria/educativa (Terapista della Neuro e Psico
Motricità dell’età evolutiva, Fisioterapista, Educatore Professionale, Psicologo,
ecc…) specializzati in RE con corsi istituiti dalle Associazioni Nazionali di RE.
4 Associazione Valdostana Sportiva Dilettantistica Sociale per la Riabilitazione Equestre Sportiva ONLUS
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Tecnico di equitazione
Preferibilmente Istruttore di Equitazione specializzato in RE.
Personale ausiliario
Deve avere competenze di equitazione e di gestione del cavallo oltre che una
conoscenza delle caratteristiche generali della disabilità.
Veterinario
Cura l’aspetto alimentare e di gestione del cavallo.
Figure in consulenza
Ortopedico, Fisiatra, ecc
51
CAPITOLO 4
METODOLOGIA DI RIABILITAZIONE EQUESTRE
4.1 Maneggio e allestimento del campo
Un requisito molto importante per il buon svolgimento della RE è l’utilizzo di un maneggio
coperto al fine di
Dare continuità alla terapia anche durante la brutta stagione, poiché solo la
regolarità delle sedute offre buoni risultati.
Far sì che i cavalli, avendo minori distrazioni, siano più attenti e disponibili a
svolgere il loro compito e mantengano andature più costanti e regolari
Favorire l’attenzione e la concentrazione degli allievi.
Il maneggio deve avere forma rettangolare e possibilmente rispettare le misure stabilite
per le gare di Dressage (20X40 metri); talvolta può risultare troppo ampio e quindi si può
delimitare con barrire per formare un rettangolo più piccolo (15X20 metri), in modo che
cavalli e cavalieri siano maggiormente sotto controllo da parte dell’operatore e
contemporaneamente si facilita l’orientamento spazio-temporale.
A questo scopo, si possono appendere all’interno del maneggio grandi lettere e figure
colorate che riferiscono alle lettere: esse serviranno come riferimenti per la scansione
spazio-temporale, come esercizio di memoria e come punto di partenza per giochi e
dialoghi. Per quanto attiene le lettere, è importante utilizzare quelle adoperate
ufficialmente nel Dressage poichè fanno parte del linguaggio proprio dell’equitazione e
quindi è facile e immediato comunicare con gli operatori in campo.
È necessario poter usufruire di barrire e pilieri, di palle, di pupazzetti, di coni, di giochi vari
(tazze, cerchi, ecc…) da spostare e introdurre nei pilieri.
4.2 Attrezzatura
Il Centro deve munirsi di almeno una delle attrezzature indispensabili per effettuare la
corretta salita a cavallo: pedana, scivolo o paranco.
52
Pedana
Consiste in una scala con più scalini (in metallo o in legno) di dimensioni
leggermente maggiori nella pedata (30 cm circa) e minori nell’alzata (massimo 15
cm), alla cui sommità si trova una piattaforma di 120X120 centimetri; l’altezza
della scala risulta non inferiore a 75 centimetri. Per poterla alzare e spostare con
facilità è necessario che sia fornita di due ruote ai lati dello scalino più basso e di
due maniglie inserite ai lati della piattaforma.
È preferibile posizionare la pedana parallela al corpo del cavallo, e non
perpendicolare, poiché il cavallo potendo vedere, e non solo udire, ciò che gli
accade accanto è più tranquillo; inoltre il disabile, o colui che lo sostiene, per salire
i gradini può appoggiarsi al collo del cavallo con la mano sinistra.
Scivolo
Consiste in una rampa inclinata che termina nella piattaforma dalla quale il
disabile viene aiutato a montare. Lo scivolo elimina il problema della salita dei
gradini e consente di arrivare all’altezza del cavallo anche con la carrozzina, ma è
una struttura ingombrante che richiede l’utilizzo di molto spazio.
Paranco
Per i soggetti privi di ogni competenza statica, persino con aiuto, e soprattutto di
peso elevato. Il più funzionale è formato da un’attrezzatura fissata tramite binari
al soffitto del maneggio, che consente di imbracare il disabile e di spostarlo
lentamente dalla carrozzina alla sella.
4.3 Bardatura cavallo
Sella
La sella più adatta è la sella Inglese; essa filtra il movimento del cavallo, riduce la
trasmissione degli impulsi, soprattutto di quelli latero-laterali, diminuisce
l’ampiezza di abduzione delle anche, distribuisce il peso del cavaliere sulla schiena
del cavallo. La conformazione della sella deve consentire che il baricentro del
cavaliere coincida il più possibile con quello del cavallo (all’incirca all’altezza
dell’ottava costola) quindi che la seduta si trovi nel terzo anteriore della sella. La
seduta deve essere comoda, abbastanza profonda e avere la giusta inclinazione
53
per facilitare la corretta posizione del bacino del cavaliere. La paletta deve essere
abbastanza rialzata per facilitare il raddrizzamento del busto contenere il bacino. I
quartieri devono essere imbottiti per contenere e stabilizzare le ginocchia. Sotto la
paletta, ai due lati della sella, devono essere posti anelli in metallo che consentano
l’aggancio di un piccolo cuscino di cuoio a forma di semicerchio. La sella sarà
dotata di staffe “di sicurezza”, cioè aperte verso l’esterno, munite di elastico che
unisce le due estremità dell’apertura.
Nella patologia neuromotoria è controindicata la monta Americana; la sella
Western può essere utilizzata nei casi di insufficienza mentale e patologia psichica.
Vi è poi la sella “Elisa 1”, un tipo particolare di sella, di cui l’Associazione “Lapo”
detiene il brevetto, studiata in modo da poter mettere e levare con facilità una
maniglia che viene inserita in apposite sedi create nell’arcione. Vi sono in
dotazione due maniglie di metallo rivestite di cuoio, di forma trapezoidale, con la
base maggiore rivolta verso l’alto, leggermente inclinata in avanti, una più bassa e
una più alta che vengono usate a seconda dell’altezza del disabile, in modo che la
base maggiore venga a trovarsi all’incirca all’altezza del petto. La larghezza
dell’impugnatura permette una presa bilaterale ampia che rispetta la distanza
dell’impugnatura delle redini. L’inclinazione in avanti e l’altezza consentono
l’abduzione delle spalle e il raddrizzamento del busto. In molti casi la maniglia
viene usata solo all’inizio o alla fine della lezione, cioè nelle fasi di rilassamento,
oppure per l’esecuzione di nuovi esercizi o per facilitare salita e discesa.
Fascione/Sella “Total Contact”
Il fascione permette il contatto diretto con il cavallo. Non filtrando i movimenti del
cavallo, può essere utilizzato solo in soggetti con discrete competenze del bacino e
del tronco e con meccanismi di equilibrio abbastanza sviluppati. Il più usato è
quello da volteggio munito di due maniglie che consentono una presa bilaterale
larga, non facilita l’allineamento del baricentro del cavallo con quello del cavaliere
che risulta perciò seduto indietro.
Redini
Vengono usate le normali redini n cuoio, in tela o in gomma fissate all’anello del
filetto e viene insegnato ad impugnarle secondo i canoni dell’equitazione classica
(all’interno del pugno, passate tra mignolo e anulare, trattenute dal pollice che
54
deve essere rivolto verso l’alto). A seconda della patologia del disabile si possono
usare anche altri tipi di redini appositamente studiate (redini con uno o più ponti,
redini con maniglia, redini con asole, redini “didattiche”, redini in corda con nodi).
4.4 Conduzione del cavallo a terra
L’ausiliario deve essere in grado di portare il cavallo a mano con sicurezza e tranquillità
senza bisogno di spronarlo con la voce o con il frustino. Il cavallo sarà condotto tramite la
longhina attaccata al “ponte” che collega gli anelli del filetto e non tramite le redini che
vengono lasciate sul collo del cavallo. In presenza di accadimenti potenzialmente
pericolosi l’ausiliario potrà tenere la longhina e le redini in modo da poter intervenire con
un’azione decisa sulla bocca del cavallo.
L’ausiliario dovrà cambiare la sua posizione accanto al cavallo ogni volta che si cambia di
mano perché questo impedirà che si trovi intrappolato fra la parete del maneggio e il
cavallo.
Tenendo la longhina “corta” camminerà all’altezza della testa del cavallo e avrà l’animale
sotto stretta sorveglianza; tenendo la longhina “lunga”, allontanandosi dalla testa del
cavallo e camminando all’altezza del sottopancia, darà al cavaliere la possibilità di
rendersi conto della sua guida autonoma.
Si può inoltre praticare la RE con il cavallo in circolo alla longe. Ciò comporta un costante
sbilanciamento e flessione del corpo del soggetto, particolarmente accentuato in caso di
scarso equilibrio; inoltre non si hanno i punti di riferimento necessari alla conoscenza
della propria posizione nello spazio. Per questo tale modalità di conduzione è indicata
unicamente nel trotto al fine di perfezionare l’assetto.
4.5 Primo approccio al centro di RE
L’invio dell’utente al CRE può avvenire da parte di strutture/operatori sanitari oppure
direttamente dalla famiglia. Prima di iniziare la RE il soggetto e/o la famiglia hanno un
colloquio con il Responsabile del CRE che, appurata la congruenza delle necessità del
disabile con le risorse del CRE, stabilisce la visita con il Medico del Centro per la verifica
delle indicazioni e delle eventuali controindicazioni o precauzioni. Inoltre stilerà,
55
unitamente all’equipe del Centro, il Programma di trattamento specificando gli obiettivi a
breve, medio e lungo termine.
Vengono richiesti una relazione dell’operatore sanitario di riferimento, il certificato
medico di nulla osta allo svolgimento di attività ludico-sportiva, la certificazione relativa
alla vaccinazione antitetanica.
Nel corso del trattamento il Medico eseguirà colloqui periodici con la famiglia e il
soggetto.
Durante le sedute di RE vengono eseguite videoregistrazioni seriate che saranno
sottoposte all’analisi dei componenti dell’equipe in riunioni periodiche ai fini della
valutazione della metodologia impiegata, della correttezza degli obiettivi preposti e
dell’efficacia della terapia.
Il disabile deve utilizzare la corretta tenuta da equitazione: stivaletti, pantaloni da
equitazione e cap (obbligatorio ai fini assicurativi).
4.6 Lavoro a terra
Prima di mettere in sella l’allievo si effettuano “l’avvicinamento al cavallo” e il “lavoro a
terra”. L’allievo inizia a familiarizzare con il cavallo e con la scuderia mentre gli vengono
insegnate semplici nozioni per prendere confidenza, innanzitutto, con la presenza fisica
dell’animale e poi con il suo comportamento. Nell’ambito della stessa seduta o nella
seduta successiva si prendono brusca e striglia e si inizia a svolgere il “lavoro a terra” che
consiste nell’insegnare a pulire e sellare il cavallo e, se la patologia lo consente, a
condurlo a mano, in modo che l’allievo possa instaurare un rapporto di fiducia e rispetto
verso il cavallo e imparare, in base alle proprie capacità psico-fisiche, il suo grooming,
incentivando sia l’iniziativa e la coordinazione motoria, sia il senso di
“responsabilizzazione”. Il numero di sedute da dedicare esclusivamente al “lavoro a terra”
varia a seconda della patologia e del carattere del disabile. Si può tornare all’accudimento
del cavallo anche dopo alcune lezioni in sella, oppure si possono dedicare ad esso i minuti
iniziali di ciascuna lezione.
56
4.7 Osservazione della modalità di separazione
Osservando e valutando con quali modalità avviene il momento della separazione fra il
disabile e coloro che lo accompagnano, l’operatore sarà in grado di individuare le
eventuali problematiche legate al momento del distacco, di interpretare gli stati d’animo
e, quindi, di porsi adeguatamente. L’operatore dovrà osservare anche le modalità con cui
l’allievo si separa dal cavallo, gli offre una ricompensa, si dirige verso l’uscita del campo, si
ricongiunge ai suoi accompagnatori.
4.8 Salita
Il momento della salita, come quello della discesa, è un momento delicato, sia dal punto
di vista fisico che psichico. È importante che sia eseguita con calma e precisione poiché
dalla sua riuscita spesso dipende la riuscita dell’intera lezione. In base alle competenze
del soggetto l’equipe del Centro sceglierà la metodologia di salita; qualunque sia il tipo di
salita che si è scelto, è necessario che un ausiliario stia alla testa del cavallo e lo tenga per
le redini e la longhina.
Salita da terra
Si effettua facendo utilizzare la staffa sinistra, eventualmente abbassata, per fare
fulcro e scavalcare la groppa del cavallo con la gamba destra, oppure tramite
l’utilizzo di un rialzo che avvicini il cavaliere alla staffa. L’operatore con la mano
sinistra preme leggermente il ginocchio sinistro dell’allievo contro la sella per
evitare che ginocchio e polpaccio vadano indietro provocando la caduta in avanti
del tronco, oppure vadano in avanti, con conseguente spostamento indietro del
tronco. Nel contempo, con la mano destra, l’operatore sostiene la gamba destra
dell’allievo per aiutarlo a scavalcare la groppa e con la propria spalla può
sorreggere e spingere il bacino al fine di facilitare il sollevamento verso l’alto.
Salita tramite pedana
Una volta che il disabile avrà raggiunto la sommità della pedana, o dello scivolo, si
effettuerà il sistema di salita che l’equipe avrà valutato essere più indicato (salita
tradizionale con scavalcamento della gamba destra sopra la groppa, salita con
scavalcamento anteriore, salita con sollevamento).
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4.9 Discesa
Mentre un ausiliario si pone davanti alla testa del cavallo e lo tiene delicatamente ai lati
della bocca, il disabile viene invitato a lasciare le redini (o la maniglia o il collare) e a
togliere i piedi dalle staffe.
Discesa tradizionale
Discesa con scavalcamento della gamba destra sopra la groppa e arrivo a terra.
Discesa tradizionale preceduta dall’allineamento posturale
Il soggetto viene aiutato a portare le braccia in avanti sulle spalle del cavallo, la
testa sul lato destro e le gambe, allineate, indietro verso la groppa. Dopo pochi
istanti si passano le braccia dal lato destro mentre vengono fatte scivolare pian
piano le gambe dal lato sinistro fino a raggiungere il terreno.
Discesa con scavalcamento anteriore
Un operatore (che sta al lato destro del cavallo) aiuta il disabile a portare la gamba
destra al di là del collo del cavallo; nel contempo è necessario che un altro
operatore stia al lato sinistro per aiutare il disabile a sedersi lateralmente sulla
sella. Al momento che è seduto, con ambedue le gambe leggermente piegate,
l’operatore che sta a destra sorregge il disabile all’altezza del bacino e lo aiuta ad
effettuare una semirotazione del busto verso la testa del cavallo; l’operatore che
sta a sinistra, mettendo il braccio destro alla vita del disabile, con il sinistro afferra
saldamente la gamba destra, lo fa girare (addome verso la sella) e, mentre
l’operatore a destra lo prende per le mani al di sopra della sella, lo poggia
delicatamente a terra.
4.10 Svolgimento della seduta: tempi e modalità
Le sedute di RE devono avere una durata di almeno 50 minuti, compreso il montare e lo
smontare. Le lezioni possono essere singole o collettive:
Lezioni singole
Vengono proposte all’inizio a soggetti gravi, oppure possono mantenersi nel
tempo per gli utenti affetti da importante patologia psichica che necessitano della
totale disponibilità degli operatori. Anche in questi soggetti, tuttavia, l’obiettivo
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riabilitativo è quello dell’inserimento in lezioni collettive ai fini di diminuire la loro
dipendenza e di favorire la socializzazione.
Lezioni collettive
Rispondono ai principi basilari della RE come attività di Riabilitazione Integrata e
quindi rappresentano la principale modalità di conduzione della seduta. La lezione
collettiva si svolgerà secondo le regole di maneggio dell’equitazione classica:
l’operatore di riferimento, al centro del maneggio, condurrà la seduta cercando di
attuare gli obiettivi riabilitativo-educativi e di tecnica equestre stabiliti per quella
seduta per i singoli soggetti, dando le indicazioni agli operatorie ausiliari che lo
coadiuvano nella ripresa.
4.11 Principali linee guida per la conduzione della lezione
È opportuno mettere in ripresa persone di età simile e che abbiano circa le stesse
competenze tecniche; il numero di allievi da mettere in sezione dipende dal
numero di cavalli adatti e di operatori disponibili, non dovrebbe comunque essere
superiore a quattro.
Iniziare la lezione a passo lento in seguito aumentare gradualmente il passo.
All’inizio della lezione suggerire agli allievi di rilassarsi e di seguire il movimento
del passo mentre il cavallo è alla longhina. Dopo circa dieci minuti, quando si sarà
ottenuta una discreta posizione in sella, si può iniziare a chiedere gli esercizi di
ginnastica più semplici per far scaldare la muscolatura; quando il cavaliere si sarà
rilassato e riscaldato, far eseguire gli esercizi più difficili e specifici per i vari
distretti corporei.
In seguito si introdurranno variazioni di direzione, di andatura, passaggi sulle
barriere, slalom, giochi ed esercizi vari in base alle capacità dei soggetti. Qualora
nella stessa seduta si abbiano soggetti di diverso livello le attività potranno essere
differenziate.
In ogni lezione è opportuno richiedere qualcosa di leggermente più difficile
tenendo presente che le richieste devono essere consone con le capacità del
soggetto.
59
Alla fine della seduta, dopo aver fatto un paio di giri di riscaldamento, chiedere
“fronte al centro” e aiutare il disabile nella discesa.
Rispettare tutte quelle che sono le regole di maneggio, sia le regole tecniche
dell’equitazione, sia quelle sociali della disciplina, della buona educazione e del
rispetto per il cavallo.
4.12 Controindicazioni
Sono rare le controindicazioni assolute, comuni peraltro alle controindicazioni per
l’equitazione (retinopatia degenerativa, emofilia, spondilolistesi, ecc…) mentre frequenti
sono le condizioni patologiche in cui l’indicazione o la controindicazione dipendono non
solo dalle caratteristiche intrinseche della patologia, ma anche dalla modalità di
applicazione del trattamento. In tali casi si rende necessario ricorrere allo Specialista in
consulenza per poter decidere in merito specificando tipo di RE, metodologia di
applicazione, tipo di cavallo.
Inoltre occorre tener presente non solo le controindicazioni correlate alla patologia di
base ma anche quelle correlate alla patologia associata, assai frequente nei portatori di
disabilità.
60
CAPITOLO 5
ONOTERAPIA
5.1 Rapporto uomo-asino
Il rapporto uomo-asino, dagli albori ad oggi, è stato caratterizzato da dinamiche
relazionali che sono andate modificandosi lentamente nel tempo; ha assunto significati
profondamente diversi in relazione alle epoche storiche, influenzato da mentalità,
atteggiamenti, modalità di relazione legate ai popoli, alle culture, alle finalità che sono
state date dall’uomo nel tempo a questo rapporto.
La prima cosa che appare importante sottolineare è che sia l’asino che l’uomo sono due
animali sociali. Questo significa che la selezione ha indotto un tipo di adattamento che ha
premiato la vita di gruppo e con essa tutti quei comportamenti sociali che la
costituiscono, la nutrono e la saldano. I legami sociali ed affettivi fanno quindi parte
dell’evoluzione dell’uomo e di tutte le altre specie animali cosiddette sociali.
L’uomo prova piacere in tutti quei contatti fisici che rinforzano i suoi legami sociali poiché,
da un punto di vista evoluzionistico, questi sono utili ad avere maggiori possibilità di
sopravvivenza. Un esempio eclatante ci è fornito dalla cura reciproca del corpo (in inglese
grooming) che costituisce un’indiscutibile fonte di piacere tanto per gli animali quanto per
l’uomo. Questa fonte di piacere è mediata, tra l’altro, dalle beta-endorfine e crea anche
un certo attaccamento tra chi offre e chi riceve le cure, specie quando questo
comportamento è abituale (Keverne, 1989).
A questo punto appare fondamentale chiarire che questo legame sociale, tipicamente
specie-specifico, trova una ragguardevole eccezione negli animali domestici. Il rapporto
tra specie diverse è stato infatti profondamente alterato per quelle specie in cui si è
avviato il lungo e complesso processo della domesticazione. È acclarato che l’uomo ha
fortemente influenzato l’evoluzione in queste specie: scegliendo di far riprodurre gli
animali più facilmente gestibili ha inciso in modo sostanziale sul loro comportamento.
La ridotta mole, la versatilità d’uso (il traino di aratri o carri, il trasporto di materiale
direttamente sul dorso e la cavalcabilità), la non trascurabile frugalità e resistenza hanno
reso l’asino, per millenni, l’animale da lavoro per eccellenza e certamente il più diffuso. La
condivisione delle lunghe ore di lavoro ha quindi fortemente influenzato anche il rapporto
61
reciproco e le capacità di comprensione tra le due specie. L’uomo che meglio sapeva
gestire, proteggere, interpretare le esigenze e quindi custodire tale preziosa risorsa di
forza lavoro ha certamente ricevuto un vantaggio da ciò.
Così nell’evoluzione dell’uomo, analogamente a quanto accaduto nella selezione a favore
degli individui più adattabili, si è operata anche una parallela selezione a vantaggio degli
uomini con una maggiore capacità interpretativa delle esigenze dei propri animali
domestici e, a maggior ragione, di quelli con cui condivideva le molte e pesanti ore del
quotidiano lavoro.
In questo senso si può quindi anche arrivare ad affermare che l’asino, seppur
indirettamente, ci ha selezionati tra coloro che meglio lo sapevano capire (Giovagnoli,
2009). E così, in migliaia di anni, il rapporto uomo-animale e uomo-asino in particolare si è
andato progressivamente ad approfondire in modo indissolubile.
Da quanto sopra esposto si possono quindi già delineare tre importanti fattori comuni tra
uomo e asino:
Sono entrambe specie sociali e quindi soffrono la solitudine e l’isolamento
Sono entrambe specie sociali e quindi provano piacere dalle interazioni sociali
Sono entrambe specie che riconoscono una pressione selettiva a favore della
comprensione reciproca dei rispettivi comportamenti, ciò è chiaramente favorito
da una filogenesi relativamente molto vicina.
La logica conseguenza di questa vicinanza filogenetica e della stretta evoluzione socio-
neuro-endocrina avvenuta in migliaia di anni rende ragione del successo dell’uso degli
animali domestici nelle Terapie Assistite da Animali, spiegando almeno alcuni tra i
meccanismi che generano le positive emozioni e il piacere che l’uomo e l’animale
reciprocamente provano nel loro rapporto.
Proprio questa relazione interspecifica uomo-animale, spesso ripagata dalla gratificazione
di una reciproca soddisfazione emotiva, rappresenterebbe il presupposto scientifico su
cui sembrano basarsi le Terapie Assistite con gli Animali.
5.2 Caratteristiche fisiche ed etologiche dell’asino
La neotenia, ovvero il l prolungarsi di caratteri somatici tipici dei cuccioli anche in età
adulta, rappresenta una strategia che prolunga le cure parentali e quindi facilita la
62
sopravvivenza, in particolare nei vertebrati più sociali. L’asino presenta evidenti
caratteristiche neoteniche se confrontato ad un cavallo di pari età: rotondità spiccata
della testa, orecchie lunghe, pelo lungo e folto, ecc...
Il fatto che l’asino sia un erbivoro lo spinge ad avere un comportamento poco irruento nei
confronti dell’uomo; il suo atteggiamento è curioso, ma molto rispettoso. Questa
caratteristica lo rende particolarmente indicato in tutti quei casi in cui il timore del
paziente, la sua indole o patologia, sconsigliano l’uso dei più espansivi cani e richiedono,
viceversa, tempi e procedure di avvicinamento più lenti e graduali.
Rispetto al cavallo, che è l’altro equide utilizzato nelle TAA, l’asino ha comportamenti di
fuga molto meno frequenti ed irruenti. L’habitat naturale dell’asino non sono le grandi
praterie, ma piuttosto le terre scoscese, brulle e pietrose del Nord Africa e del medio
Oriente. L’adattamento dell’asino a questo ambiente ha quindi favorito zoccoli
relativamente piccoli e duri ed un equilibrio molto più statico che dinamico, rispetto al
cavallo. Un equilibrio che privilegia la stabilità ed evita le cadute in terreni in cui sarebbe
facile ferirsi e in cui sarebbe tanto impossibile quanto pericoloso raggiungere le alte
velocità che il cavallo ha sviluppato per fuggire attraverso le grandi praterie.
Dal punto di vista biomeccanico l’asino è infatti contraddistinto da un collo meno lungo di
quello del cavallo, da una testa più pesante e da gambe più corte, anche se notevolmente
affusolate; tutte caratteristiche di animali statici o lenti e mai veloci. Gli arti anteriori
hanno inoltre una spalla tipicamente verticale (sempre rispetto a quella del cavallo) così
da scaricare maggiormente il peso sull’asse osseo verticale ottenendo un baricentro non
solo più basso, ma anche più stabile e richiedendo, inoltre, meno energia muscolare per il
mantenimento della stazione eretta. Questa particolare inclinazione della scapola
dell’asino limita l’estensione anteriore dell’arto e ciò è il motivo delle più basse velocità
espresse da questo animale rispetto al cavallo.
Questo comportamento particolarmente statico indubbiamente favorisce la facile
relazione uomo-animale, specie se comparato alle difficoltà connesse al rapporto con il
più nevrile e dinamico cavallo. Inoltre le ridotte dimensioni abbassano in modo molto
consistente il timore reverenziale che molti umani possono avere nei confronti della mole
del cavallo.
La struttura sociale degli asini è variabile in funzione dell’ambiente. Per una parte
dell’anno questa specie forma gruppi sociali poco numerosi, mentre per alcuni mesi
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all’anno molti individui sono solitari. Non ci sono harem e, al contrario dei cavalli, gli asini
difendono il territorio. Questa struttura sociale influisce fortemente sulle strategie contro
i predatori; per gli asini il vantaggio della fuga in solitario è molto scarso, pertanto molto
spesso, in caso di pericolo, combattono (fight strategy). Al contrario i cavalli formano dei
gruppi sociali molto numerosi, con struttura ad harem, la cui strategia antipredatoria
principale è data dalla fuga in gruppo (flight strategy).
Anche dal punto di vista cognitivo ed emozionale stanno emergendo conferme in merito
alle differenze sostanziali tra asino e cavallo. Gli antenati asinini svilupparono
psicologicamente la capacità di analizzare e rispondere in modo obiettivo e diverso
all’emergenza, anche restando semplicemente fermi, qualora non fosse stata possibile la
fuga. Per questa sua natura “cogitabonda” l’asino non impara come il cavallo, ma tende a
pensare indipendentemente dal resto del branco e ad analizzare singolarmente ogni
nuova situazione. La conoscenza di questi meccanismi è molto importante ai fini del
benessere degli asini e del loro corretto impiego nelle attività di interazione con l’uomo.
L’asino ha un eccezionale senso di orientamento e un’ottima memoria dei luoghi. Usa
anche tracce olfattive, specialmente quelle costituite dalle proprie feci o da quelle di altri
equini, per ritrovare la strada e i percorsi effettuati.
Ha una grande capacità di adattamento, memorizza e riconosce luoghi, situazioni e
persone per associazione di stimolo-risposta e attraverso l’osservazione e la ripetizione.
Si è parlato di quanto esso sia poco adatto alla fuga, questo condiziona intimamente
l’approccio asino-uomo. L’asino, di fatto, sa di essere un animale predato, e sa che noi
esseri umani siamo i suoi possibili predatori. Come i grossi felini o i canidi selvatici, l’uomo
ha gli occhi frontali, idonei a fornire il senso della profondità, utile alla predazione. L’asino
ha gli occhi laterali, vede a 360° e quindi anche dietro di sé, perché deve essere in grado
di captare visivamente il pericolo. Il predatore si riconosce a distanza dal linguaggio del
corpo, ed è per questo che nell’approccio all’asino è importante come ci avviciniamo a lui.
Non dobbiamo comportarci da predatori, dirigendoci frettolosamente incontro
all’animale, alzando la voce in modo autoritario: in questo caso lo mettiamo in guardia, e
ne causiamo l’allontanamento. Piuttosto, per socializzare con l’asino, è necessario
stimolare quella capacità sua propria di elaborare una strategia di fronte ad un’incognita,
accendendo la sua curiosità. Uno dei modi per farlo è quello di avvicinarsi a lui
ignorandolo, in atteggiamento rilassato.
64
L’asino ha un linguaggio del corpo che si deve conoscere se si vuole capirlo e se si vuole
rispondergli per farsi capire. Non bisogna agire mai con fretta, ma bisogna osservare la
posizione delle orecchie, della coda e gli eventuali ed impercettibili spostamenti del peso
dal treno anteriore al treno posteriore.
Secondo Vicki Knotts Abbott, allevatrice e addestratrice americana, quattro sono le
principali posture del corpo che dobbiamo riconoscere:
Postura del “cosa?” o della curiosità
È la prima postura che di solito osserviamo quando ci avviciniamo ad un asino. La
sua testa è sollevata, i suoi occhi sono al di sopra del garrese, le orecchie sono
diritte e puntate verso di noi, ha un raglio sommesso e quasi sussurrato. Se gli
abbiamo chiesto di fare qualcosa e lui assume questa posizione, allora ci sta
chiedendo di rispiegargli cosa deve fare.
Postura del sì o dell’accondiscendenza
In questa postura la testa è sollevata, ma il collo è rilassato e gli occhi sono al di
sotto del garrese, le orecchie sono dritte, ma non puntate in un'unica direzione.
Lui è in attesa, rilassato, fiducioso nei nostri confronti e pronto a fare quello che gli
abbiamo chiesto.
Postura del no o dell’aggressività.
Normalmente, e per fortuna, è la postura che vediamo meno. Di solito è
prerogativa delle madri che difendono i puledri, quando l’attacco è l’unica difesa
possibile, oppure è una postura di offesa, di solito per sottolineare gerarchie di
branco. Per prima cosa, l’asino tende a spostare tutto il peso corporeo sugli arti
anteriori, quasi e voler sembrare più grande. La coda è sferzante e a volte gli arti
anteriori raspano violentemente il terreno. Il collo è allungato in avanti, gli occhi
sono di sotto al garrese, le orecchie sono schiacciate sul collo e rivolte indietro, le
narici fremono, e vengono mostrati i denti. Sia quindi una posizione di attacco o di
difesa, qualora sia rivolta a noi, è meglio non forzare la mano e lasciar perdere,
onde evitare di peggiorare la situazione e scatenare l’attacco. In questo stato la
mente dell’asino è chiusa, e non è possibile convincerlo a fare nulla.
Postura dell’aiuto o della paura.
Apparentemente simile alla precedente, se ne discosta innanzitutto per il peso
corporeo che è completamente spostato sul treno posteriore. Il collo è allungato,
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le orecchie sono rivolte indietro, ma non schiacciate su di esso. La coda è attaccata
al corpo e portata in mezzo alle gambe. Questa posizione indica che la sua mente
è paralizzata dalla paura. Prima di chiedergli di fare qualunque cosa, è meglio
tranquillizzarlo.
Alla luce di quanto sopra descritto, è facile capire che il più delle volte, quando riceviamo
dall’asino una scarsa collaborazione, la colpa è nostra. Pur non rendendocene conto,
anche noi utilizziamo la postura dell’aggressività quando ci dirigiamo frettolosamente
verso un asino, con le braccia allargate e le mani in alto. Invece quando portiamo le
braccia lungo i fianchi, ci muoviamo lentamente e stiamo rilassati, mostriamo la postura
dell’accondiscendenza.
Molto in questo campo deve essere ancora studiato, ma non bisogna dimenticare mai che
l’asino è un animale sensibile e senziente, in grado di percepire e relazionarsi
completamente con l’ambiente e le persone che lo circondano, curiosissimo e
particolarmente furbo. Il modo più corretto per rapportarsi con lui è quello di capire e di
parlare il suo linguaggio.
5.3 Mediazione con l’asino
Con il termine mediazione si intendono quelle iniziative che in Italia sono state
identificate col termine Interventi Assistiti con gli Animali e che comprendono le terapie,
la riabilitazione, l’educazione/rieducazione e le attività propriamente dette. L’Attività di
mediazione con l’asino consiste in un complesso di tecniche di rieducazione che mirano
ad ottenere il superamento di un danno sensoriale, cognitivo, affettivo e
comportamentale.
L’asino è un animale d’affezione che permette facilmente lo svilupparsi di relazioni con
l’uomo. La sua facilità alla creazione di relazioni significative è una caratteristica molto
importante, soprattutto nel caso di persone con difficoltà di comunicazione, depressione,
ansia, problemi comportamentali dell’età evolutiva, difficoltà di relazione, scarsa
autostima, basso rendimento scolastico, disturbi motori, autismo.
Per onoterapia si vuole intendere un tipo di intervento terapeutico, sviluppato da un
team di professionisti, in cui l’asino e il suo ambiente costituiscono elementi chiave nel
processo di miglioramento. È un processo di riabilitazione che consente al paziente di
66
relazionarsi con l’animale; attraverso il contatto utente-asino si instaura un importante
canale di comunicazione corporea per mezzo della quale si acquisisce controllo e fiducia
di sé. È un’esperienza emozionante che ha la facoltà di risvegliare tutti i sensi ed i
sentimenti dell’utente attraverso l’incontro con l’asino.
La presenza di un animale favorisce l’acquisizione di un senso di responsabilità, esige una
presa di coscienza dei propri obblighi, è uno stimolo valido per riacquistare un’immagine
positiva di sé e del proprio valore, è un efficace supporto alla crescita ed alla maturazione
personale.
Sfruttando le caratteristiche fisiche e comportamentali dell’asino è possibile offrire
preziosi servizi.
Nella relazione con l’asino, mediata dall’operatore, la persona fa diverse ed intense
esperienze a livello emotivo-relazionale, cognitivo e senso-motorio. I principali benefici
dell’intervento onoterapico, riscontrati in diverse esperienze di lavoro con l’animale,
possono essere sintetizzati in ciò che segue:
Livello fisico
Migliora la motricità e la coordinazione fine (occhio-mano), i riflessi, la
lateralizzazione, la pianificazione motoria, la mobilità, la postura e l’equilibrio.
Rinforza i muscoli e migliora la capacità di rilassamento.
Riduce le anomalie di movimento.
Abbassa la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca, migliorando lo stato fisico
generale.
Il contatto fisico con l’asino permette la costruzione dei confini del proprio corpo e
anche di un confine psicologico.
Attraverso il grooming, le carezze, lo spazzolare l’asino, la persona trae piacere
dalla relazione con l’animale e a sua volta lo procura all’asino stesso,
sperimentando così un contatto emotivo, con sé e con l’altro.
Livello cognitivo e psicologico
Aumenta la capacità di osservazione, l’attenzione e la concentrazione, la
consapevolezza del corpo e l’organizzazione spazio-temporale.
Esercita la memoria.
Facilita la capacità funzionale e l’autonomia, aumenta la fiducia in sè stessi.
Riduce l'ansia e la depressione e migliora la gestione delle emozioni.
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La conoscenza dell’animale contribuisce a creare una relazione affettiva
appagante e stabile, necessaria per la formazione di una propria sicurezza ed
integrità interiore.
L’attività con l’asino educa la volontà attraverso l’esercizio delle microdecisioni
(accarezzare, chiamare, pulire, ecc…). In tal modo la persona impara a vivere il
senso del dovere e di responsabilità in maniera piacevole.
Livello di comunicazione e linguaggio
L’asino facilita il calore comunicativo e l’apertura della persona, permettendo di
esprimere la propria curiosità e ricavando sensazioni benefiche con il relativo
arricchimento della comunicazione gestuale, tattile e verbale.
Aumenta e migliora la comunicazione verbale e quella non verbale.
Arricchisce il vocabolario e migliora l’articolazione delle parole.
Livello sociale ed emotivo
Aumenta la capacità di relazionarsi con gli altri, favorisce relazioni e amicizie
durevoli sia con gli animali che con compagni e terapisti.
La persona impara non solo a godere dell’asino, ma anche a prendersi cura di lui:
facendosi carico del benessere dell’animale, si impara a rispettarne tempi ed
esigenze e ad accoglierlo per quello che è.
Sviluppa sentimenti di rispetto e di amore per gli animali e l’accettazione da parte
loro. Migliora la comunicazione con gli animali e il riconoscimento dei loro stati
d’animo.
Aumenta il numero di esperienze emozionali e il desiderio di impegnarsi in attività
di gruppo.
Ogni attività assistita con l’asino è un sistema costituito da tre componenti:
Animale
Utente
Operatore
Nelle attività avvengono essenzialmente fenomeni relazionali di gruppo, in cui si
mescolano ciò che propongono gli utenti, ciò che propone l’operatore e ciò che
propongono gli animali. Le attività avvengono sotto il controllo dell’operatore, che sul
piano comportamentale ed esperienziale si assicura che ogni utente sperimenti emozioni
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e sviluppi abilità interattive con gli animali in modo progressivo e personalizzato, mentre
con gli asini si relaziona egli stesso come “capobranco”; nello stesso tempo, sul piano
cognitivo, effettua narrazioni e introduce logiche che vengono fatte proprie dagli utenti
(che vi aggiungono elementi propri, integrandoveli). Occorrono quindi operatori ben
preparati ed accuratamente formati a svolgere queste attività complesse e differenziate
in modo proprio, equilibrato ed efficace, sapendo cogliere e utilizzare anche tutti i feed-
back che ogni volta vengono sia dagli animali che dagli utenti.
5.4 Esperienze europee
L’11 Novembre 2014 si è svolto a Biella Medi’Asinus il primo convegno internazionale di
mediazione con l’asino, primo incontro “senza frontiere” per gli asinari di tutta Europa sui
modelli di lavoro ed esperienziali di Interventi Assistiti che prevedono il coinvolgimento di
questo animale.
Il meeting sulle Terapie Assistite con gli asini è stato organizzato dalla neonata rete
network Medi’Asinus, di cui fanno parte Association Medi’âne, Centro di Referenza
Nazionale per gli Interventi Assistiti con gli Animali (CRN IAA), Raglio.com, Fondation A et
P Sommer e Fondazione Il Rifugio degli Asinelli ONLUS, base italiana del Donkey
Sanctuary, ente di beneficenza inglese che da più di 40 anni opera in tutto il mondo nella
difesa degli asini e che ha all’attivo numerosi progetti di onoterapia.
All’evento hanno partecipato asinari provenienti da tutta Europa per dare vita ad un
momento di confronto internazionale, dove sono state presentate significative esperienze
che vedono l’asino assumere ruolo fondamentale nell’interrelazione con l’uomo.
Il contributo francese al Convegno è stato dato dall’Associazione Médi’âne. All’inizio degli
anni 2000, asinari e professionisti del settore sanitario a e dell’ambiente sociale decidono
di incontrarsi per condividere e discutere della loro azione e delle loro esperienze. Questo
slancio è all’origine della creazione dell’Associazione Médi’âne che è stata
immediatamente senza frontiera poiché fin dal primo incontro del 2003 dal titolo “L’asino
in un’azione di legame sociale” attira a sé il Belgio, il Canada e la Svizzera; negli anni
seguenti coinvolgerà anche il Portogallo, la Spagna, l’Italia, il Québec. Da anni Médi’âne si
preoccupa di definire il concetto di mediazione, di sostenere la specificità della presenza
dell’asino nelle situazioni di mediazione, di riflettere sulla strutturazione delle sedute
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(progetto, svolgimento, contenuto, spazio, valutazione), di definire il ruolo degli
operatori, di articolare gli elementi essenziali che determineranno una pratica di
relazione, di aiuto e di accompagnamento.
Il secondo contributo francese è quello dell’Associazione ânikounâ che da anni è
impegnata nella mediazione con l’asino con bambini polihandicappati. Il lavoro degli
operatori consiste principalmente nella costruzione dell’identità corporea e psichica di
questi bambini; un processo labile, fragile, in costante evoluzione poiché questi pazienti
hanno bisogno di essere accompagnati costantemente nel loro percorso. La mediazione
con l’asino può rivelarsi un supporto originale per questa impresa. Annick Labrot,
Educatrice specializzata, nonchè Presidente e fondatrice dell’Associazione, considera
molto importante il dialogo corporale, in particolare nei legami emotivi, posturali e tonici;
questo approccio l’ha portata ad estrapolare i bambini dal loro guscio, durante il tempo
della seduta, e ad accompagnarli all’incontro con gli asini. Il bambino è invitato ad
immergersi in un universo sensoriale, ad essere portato in groppa dall’asino per
risvegliare i suoi sensi e incrementare la sua motricità.
Vi è infine l’Associazione Piân’Piâne che ha la sua base operativa nel comune di Saint-
Vigor-d' Ymonville nel nord-ovest della Francia. L’interesse per i bambini in difficoltà
scolastiche e sociali ha portato l’Associazione a sperimentare la mediazione con l’asino;
successivamente si è interessata al mondo dell’handicap e questo ha permesso alla
struttura di aprirsi ad un pubblico più vasto. Attualmente l’Associazione offre sei diversi
tipi di attività:
I Laboratori del mercoledì per bambini con problemi di integrazione sociale
La Fattoria Pedagogica che coinvolge Istituzioni o gruppi di adulti e bambini
La Scuola Diversamente per bambini a rischio di abbandono scolastico
La Mediazione al Pubblico che coinvolge Istituzioni sanitarie, pubbliche o private,
e della Giustizia
Gli stage Imparare ad imparare rivolti a bambini con difficoltà di apprendimento
Accoglienza e tempo libero per bambini dai 6 ai 12 anni; vengono svolte attività di
Fattoria Didattica, conoscenza dell’asino ed escursionismo con questo animale.
Per quel che riguarda la Svizzera ci sono stati due interventi; il primo di Claire-lise
Brunner-Matthey, Animatrice e Asinara, che dal 2008 offre ad alcuni residenti dello
Stabilimento FH, che ospita persone con problemi nell’espressione verbale, attività con
70
degli asini. La necessità di alcune di queste persone di coccolare e avvicinarsi ad un
animale ha dato l’input a Claire-lise per offrire ai pazienti momenti di contatto con i due
asini di sua proprietà.
Il secondo intervento è quello di Sandra Massy, Animatrice, Educatrice Professionale,
Docente presso l’HES-SO (Haute école Spècialisée de Suisse occidentale). La sua
formazione è data da un Diploma di Studi Avanzati (DAS) in Terapia con il cavallo, un
corso post-laurea, della durata di tre anni, aperto a persone con una laurea nel settore
della Salute o nel Settore Sociale. L’Associazione da lei fondata si chiama Planète Indigo
ed effettua terapie con cavalli, asini e muli. Gli operatori lasciano allo stesso paziente la
scelta della specie con cui lavorare.
L’intervento inglese è principalmente orientato a far conoscere The Donkey Sanctuary,
l’ente benefico fondato nel 1969 dalla Dottoressa Elisabeth Svendsen; dal momento della
fondazione è andato incontro ad una progressiva crescita, fino a diventare il più grande
ente internazionale per la tutela degli asini, con progetti in 27 Paesi tutti finalizzati a
migliorare la qualità della vita di asini, muli e persone in tutto il mondo, attraverso il
confronto, la collaborazione e il supporto. The Donkey Sanctuary ha iniziato ad occuparsi
di Terapia Assistita con gli asini nel 1975 nel Regno Unito, con un piccolo progetto nel
quale questi animali visitavano le scuole locali per fornire sessioni di onoterapia ai
bambini con bisogni specifici. Da questo primo progetto di utilità sociale, e dai suoi effetti
benefici, è scaturita l’esigenza di chiedere il permesso per poter costruire un’arena
coperta per le attività di Terapia Assistita. Gli asini venivano inoltre portati nelle case di
riposo e negli ospizi per permettere sessioni di Terapia Assistita direttamente in loco. Dal
primo centro nel Regno Unito il progetto è cresciuto fino a comprendere sei arene
dedicate e un numero crescente di progetti assistenziali, a cura delle diverse sedi. Dal
2007 The Donkey Sanctuary lavora con l’ente italiano Save The Dogs and Other Animals
ad un progetto che coinvolge gli asinelli recuperati del rifugio romeno e un orfanatrofio
alla periferia di Bucarest, Il Centro Don Orione, che ospita bambini con bisogni speciali e
sessanta anziani: tutti hanno accesso alle attività di terapia assistita con gli asini.
Vi è poi l’Associazione portoghese senza scopo di lucro Orelhas sem Fronteiras fondata
nel maggio 2008, creata al fine di promuovere e valorizzare gli asini e accrescere la
consapevolezza del ruolo diverso, oltre a quello lavorativo, che essi possono avere nella
società. Gli iscritti organizzano workshops e seminari per promuovere scambi, a livello
71
nazionale e internazionale, tra i proprietari di asini, gli allevatori, i terapeuti, gli educatori,
gli insegnanti, i veterinari e altre persone interessate al benessere e al comportamento
degli asini. I tre fondatori si occupano degli asini in ambiti lavorativi molto diversi e si sono
specializzati nei seguenti settori: coaching con gli asini, brevi e lunghe passeggiate nella
magnifica natura dell’Algarve e Terapia Assistita con gli asini per adulti e bambini con
bisogni specifici. Durante l’intervento vengono presentati da Inge de Haan, una delle
fondatrici dell’Associazione, due progetti. Il primo svoltosi presso la Fattoria “Quinta o
Galo” vicino a Lagos; in questo progetto l’Associazione collabora, a titolo di volontariato,
con una Istituzione locale, che invia un gruppo di tre-quattro persone con disabilità
insieme ai loro operatori con una frequenza di due volte a settimana. Il secondo progetto
coinvolge la casa di riposo locale, Santa Casa de Misercòrdia; è stato strutturato un
percorso di due incontri alla settimana presso la Quinta do Barco Cheio per un gruppo di
sette anziani con demenza allo stadio iniziale. Entrambi i gruppi hanno specifici obiettivi e
metodi di valutazione dell’attività svolta. Sono previsti inoltre degli incontri periodici per
valutare i progressi fatti e, a volte, rivedere gli obiettivi, il setting e/o il programma
terapeutico.
Sempre in rappresentanza del Portogallo c’è stato l’intervento dell’Associação para o
Estudo e Protecção do Gado Asinino (Associazione per lo studio e la protezione degli
asini), un’organizzazione senza scopo di lucro nata nel 2001, che opera per preservare,
promuovere e nobilitare l’asino di Miranda, non solo come patrimonio genetico, ma
anche come patrimonio culturale. In questo senso, a parte lo stretto rapporto che AEPGA
mantiene con gli allevatori locali per assicurare il benessere di asini e muli, sono state
organizzate attività che mostrano la ricchezza culturale della patria di questo animale il
Miranda Plateau. Tale approccio, basato sul principio che l’asino va inteso come un
insieme composto di dimensioni biologiche, ecologiche e culturali, si traduce in un
progetto multidisciplinare con un impatto su diverse aree di intervento.
La Fondazione IAA, che ha sede in Olanda, lavora principalmente con bambini e ragazzi
con gravi problemi comportamentali e patologie psichiatriche. La Fondazione, qualche
anno fa, ha condotto una ricerca su quali siano le caratteristiche specifiche degli asini che
contribuiscono ad una qualche soluzione ai problemi dei pazienti. Questa ricerca contiene
uno studio interpretativo di qualità (Baarda, da Goede, Teunussen, 2005) basato
sull’analisi e l’interpretazione di racconti di trainers e terapisti in onoterapia. Lettere,
72
articoli, interviste, osservazioni e articoli scritti dai terapisti, dai trainers e da esperti
esterni in Onoterapia sono stati analizzati, così da ottenere una visione complessiva delle
convergenze. La ricerca è stata svolta in Italia perché l’onoterapia in quel momento era
sviluppata e praticata in Italia e non in Olanda. Una delle forme che consente di
evidenziare i benefici di questo genere di Terapie è il lavoro con riprese video. È stato
pertanto utilizzato il software Media Coder (Bos, J. & Steenbeek, 2007) consente di
individuare i minimi cambiamenti che si possono rilevare negli atteggiamenti e nel
comportamento ripresi. E’ stato messo a punto un progetto per proseguire e
approfondire questa ricerca già esistente sui benefici dell’onoterapia con l’inclusione di
materiale video. Le analisi delle riprese possono essere usate non solo come feedback e
come indicazione per l’impostazione del lavoro in itinere, ma anche per mantenere il
focus della ricerca sui miglioramenti riscontrabili in atteggiamenti e comportamenti.
Inoltre, insieme agli studenti della Stoas Wageningen Vilentum Professional University, la
Fondazione ha iniziato ad indagare gli effetti dell’Onoterapia sul battito cardiaco dei
pazienti. Il cuore è un centro di elaborazione delle informazioni molto complesso e dotato
di una propria organizzazione, con il suo proprio “cervello” che comunica con il cervello
craniale attraverso il sistema nervoso, ormonale e attraverso alte vie. Queste influenze
hanno un impatto profondo sulle funzioni cerebrali e sulla maggior parte degli organi del
corpo e, sostanzialmente, determinano il livello di e la qualità salute, delle prestazioni e
della produttività. Esattamente come il sito mente-cervello risulta di cruciale importanza
nell’elaborazione dell’informazione, la ricerca individua nel cuore un altro sito di uguale
importanza per la stessa funzione. La strumentazione HeartMath® consente di
monitorare la variazione del battito cardiaco e di provare ad individuare cosa succede nel
corpo e nel cervello durante una seduta di Onoterapia. Ricerche fatte presso l’Institute of
HeartMath5 mostrano che con le tecniche HeartMath® si può arrivare ad una coerenza
psicologica, uno stato che si manifesta con un funzionamento più ordinato ed efficiente
5 L'Istituto di ricerca HeartMath è un centro riconosciuto a livello mondiale specializzato in fisiologia
emozionale, studio della resilienza e gestione dello stress. Il centro svolge attività di ricerca di base in
psicofisiologia, neurocardiologia e biofisica. Questa ricerca ha condotto a conoscenze significativamente
avanzate sulle interazioni tra cuore e cervello, sulla variabilità della frequenza cardiaca (HRV) e la coerenza
del ritmo cardiaco, sulla fisiologia dell'apprendimento e delle prestazioni ottimali. Gli interessi della ricerca
includono anche l'elettrofisiologia dell'intuizione e l'esplorazione a livello profondo dell'interconnessione
globale tramite campi elettromagnetici.
73
del sistema nervoso, cardiovascolare, ormonale e immunitario. Questa coerenza implica
un alto livello di equilibrio, armonia e sincronizzazione tra e all’interno di processi
cognitivi, emozionali e psicologici. La ricerca ha messo in luce che questo stato è correlato
con più alti livelli delle prestazioni, riduzione dello stress, maggiore stabilità emotiva e
altri numerosi benefici relativi alla salute.
74
CAPITOLO 6
LE ATTIVITÀ ASSISTITE CON ANIMALI:
SPERIMENTAZIONE ATTRAVERSO L’ANALISI DEI CASI DI STUDIO
6.1 Introduzione
Nei precedenti capitoli sono state analizzate le modalità teoriche attraverso le quali è
possibile effettuare Terapie Assistite con Equidi. In questo capitolo, invece, abbiamo
deciso di fornire alcuni esempi di applicazione nelle realtà operative, in modo da
analizzare come queste Attività vengono svolte nella pratica di tutti i giorni. In particolare,
abbiamo selezionato tre realtà della provincia di Pisa tra loro molto differenti, ma
accomunate dall’utilizzo di equidi come mediatori con la salute delle persone:
Il primo caso è quello dell’Associazione “EquiOasi Arcadia” che opera all’interno
dell’IRCCS Fondazione Stella Maris e offre come co-terapia, ai ragazzi già afferenti
all’Istituto, sedute di Ippoterapia e Riabilitazione Equestre
La seconda realtà è l’Associazione di Promozione Sociale “Orecchie Lunghe & Passi
Lenti” che impiega gli asini come mediatori in attività con ragazzi autistici e
psichiatrici;
Infine “La Fattoria di Valentina”, un’Azienda Agricola Biologica al cui interno si
praticano, tra le altre attività, la Riabilitazione Equestre e l’Ippoterapia
La lettura dei tre casi è stata effettuata partendo da una traccia comune di intervista.
L’intervista ha carattere qualitativo e lega la necessità di raccogliere casistica rispetto
all’organizzazione delle pratiche e, allo stesso tempo, cogliere elementi relativi al loro
funzionamento e ai punti di vista dei portatori di interesse di queste iniziative.
In particolare, la scheda di rilevazione ha preso in esame i seguenti elementi:
Luogo e tipo di strutture in cui l’attività viene svolta
Natura giuridica del portatore di progetto
Identificazione dei suoi partners, sia pubblici che privati
Figure professionali coinvolte, loro formazione e percorso professionale
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Tipo di attività svolte
Tipologia di utenti cui si rivolgono
Caratteristiche degli animali impiegati
Strumenti di valutazione degli effetti delle terapie su utenti e animali
Per dare più completezza all’analisi sono state proposte, ai Medici e alle Associazioni
responsabili degli invii a queste attività, una serie di domande per arrivare a comprendere
quali sono gli effetti riscontrati nello svolgimento delle Attività Assistite con Equidi.
I tre casi sono stati scelti tra i pochi presenti in Provincia di Pisa in funzione della
differenza di impostazione. Ai fini del nostro lavoro, infatti, interessava comprendere la
varietà con cui le AAT e le AAA vengono gestite, piuttosto che comprenderne i possibili
esiti. In quest’ultimo caso, infatti, la scelta sarebbe dovuta ricadere sulla omogeneità di
gestione, al fine di ridurre le variabili in campo.
Di seguito i tre casi saranno presentati singolarmente, per poi procedere a una loro
valutazione comparativa prima di giungere ad un paragrafo conclusivo.
6.2 Riabilitazione Equestre e Ippoterapia all’IRCCS Fondazione Stella Maris
Il progetto di Riabilitazione Equestre e Ippoterapia, avviato nell’Istituto Stella Maris del
Calambrone in provincia di Pisa, nasce, di recente come un servizio aggiuntivo da offrire
alla struttura e agli utenti della Fondazione Stella Maris.
Il progetto parte dalla stipula di un accordo tra l’Associazione EquiOasi Arcadia,
Associazione Sportiva Dilettantistica (ENDAS) il cui Presidente è la Dottoressa Elena Leoni,
e l’IRCCS Fondazione Stella Maris. Nel Settembre 2013 l’associazione Amici della
Fondazione Stella Maris6 ha utilizzato i fondi provenienti dalle donazioni del 5x1000 per
introdurre la nuova attività, mentre l’Associazione EquiOasi ha messo a disposizione le
cavalle, le attrezzature necessarie e il personale qualificato.
L’avvio di questa attività ha richiesto prima la bonifica di una zona del parco che circonda
6 L'Associazione Amici della Fondazione Stella Maris è nata nel 1993 per affiancare l’attività della
Fondazione Stella Maris. Si propone di promuovere e sostenere le iniziative della Fondazione stessa
riguardanti la cura, la riabilitazione, l’ assistenza e l’inserimento sociale dei giovani affetti da disabilità
psichica.
76
la palazzina direzionale dell’Istituto pisano e poi l’allestimento di un paddock di circa un
ettaro, appositamente realizzato per le due cavalle utilizzate nelle attività. Il paddock è
munito di una piccola costruzione che permette agli animali di ripararsi in caso di
intemperie. Adiacente al paddock è stato inoltre recintata un’area, di circa 20X40 metri,
che è stata adibita a campo di lavoro per le terapie. Non è stato necessario creare un
fondo ad hoc in quanto le caratteristiche fisiche del terreno, prevalentemente sabbioso e
molto drenante, lo rendono adatto al lavoro con i cavalli. È stata ricavata una piccola
selleria, in cui vengono riposti i finimenti e tutto il materiale necessario per le attività, in
un container già presente sul posto e precedentemente utilizzato come magazzino.
Attività Riabilitazione Equestre Ippoterapia
Struttura Paddock all’interno di una struttura ospedaliera
Tipologia di utenti
Bambini dai 5 ai 15 anni
con patologie neuropscichiatriche Adolescenti e adulti dai 14 ai 35 anni con
disabilità neuropsichiche stabilizzate
Organizzazione Gruppi di 2/5 utenti Durata della seduta circa un’ora
Animali (tipo e numero) Due cavalle come mediatrici
Professionalità coinvolte Neuropsichiatra Infantile
Psicologa Psicomotricista
Figura 6.1 Organizzazione attività
Figure professionali coinvolte
Il progetto è portato avanti da tre operatori con competenze differenziate tra loro:
Dottoressa Elena Leoni (37 anni), Neuropsichiatra Infantile e collaboratrice della
Stella Maris dal 2010. Laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università Bicocca
di Milano (2003) e specializzata in Neuropsichiatria Infantile presso l’Università
Insubria di Varese (2009). Ha seguito un corso presso l’ANIRE (2003) dal titolo “La
valutazione del disabile rispetto alla Riabilitazione Equestre”. Ha inoltre un
Diploma di specializzazione in Riabilitazione Equestre conseguito presso
77
l’Ospedale Niguarda di Milano (2004). Sta conseguendo il Master di I livello in
Riabilitazione Equestre presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università
degli Studi di Firenze. Ha cominciato svolgendo attività di volontariato in
Riabilitazione Equestre dal 2001 al 2004 presso l’AIAS di Monza. Dal 2004
collabora con l’Associazione Sogni e Cavalli ONLUS come Medico referente per
pazienti in prima visita e con invio privato che giungono al centro per la
Riabilitazione Equestre.
Dottoressa Claudia Marzi (32 anni), Psicologa Clinica. Laureata in Scienze e
tecniche di Psicologia Clinica e di Comunità presso l’Università degli Studi di
Firenze (2011); ha conseguito il Master di I livello in Riabilitazione Equestre presso
la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Firenze (2014) e ha
svolto il corso di Ausiliario per la Riabilitazione Equestre promosso dalla FISE
(2008). Ha cominciato nel 2005 la sua attività lavorativa nell’ambito
dell’Ippoterapia collaborando continuativamente a progetti di equitazione diretti a
ragazzi normodotati e con disabilità presso differenti Centri Ippici.
Dottor Marco Senesi (39 anni), Educatore Professionale, Psicomotricista
Funzionale e Pedagogista. Laureato in Scienze dell’Educazione, indirizzo Educatore
Professionale Extrascolastico (2006); ha conseguito il titolo Tecnico della
Riabilitazione Equestre presso l’Università degli Studi di Firenze, cattedra di
Neuropsichiatria Infantile (2010); Specializzato in Psicomotricità funzionale presso
la Scuola Jean Le Boulch ISFAR di Firenze (2014). Ha praticato equitazione a livello
agonistico fino a vent’anni quando ha cominciato a collaborare con
un’associazione che si occupava di Riabilitazione Equestre e Ippoterapia. Dal 2008
lavora come educatore e come coordinatore di progetti che riguardano attività
educative e ludiche equestri per diverse Associazioni e Centri Ippici toscani.
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Partners del progetto e principali interlocutori pubblici e privati
Servizi offerti
Il progetto assicura due tipologie di servizio, quello di Riabilitazione Equestre e quello di
Ippoterapia:
La maggior parte degli utenti che afferiscono al servizio sono nella fase di
Ippoterapia, a seconda degli obiettivi terapeutici e delle caratteristiche cliniche del
soggetto vengono impostati percorsi differenziati
Ci sono poi alcuni partecipanti (un paio di ragazzi) che invece sono in una fase di
Riabilitazione Equestre, capaci cioè di guida autonoma e partecipazione più attiva
nel controllo del cavallo.
Normalmente sono i genitori degli utenti della struttura a richiedere l’accesso al servizio,
meno frequente, invece, è l’invio da parte del personale medico.
Il servizio è accessibile dal lunedì al venerdì, sia la mattina sia il pomeriggio. Per accedere
a tale attività viene effettuato un primo colloquio valutativo del potenziale utente alla
presenza della Dottoressa Leoni per poter escludere le controindicazioni di base alla
Soggetti Pubblici
Azienda Universitario-Ospedaliera Pisana
Regione Toscana
Soggetti Privati
Fondazione Stella Maris Casa Verde
Utenze private
Terzo Settore (No Profit)
EquiOasi Arcadia ASD
Terzo Settore (Solidarietà Sociale)
Amici Fondazione Stella Maris
Figura 6.2 Interlocutori pubblici e privati
Riabilitazione Equestre e
Ippoterapia all’IRCSS
Fondazione Stella Maris
79
possibilità di prendere parte alle attività organizzate; quando è possibile si consultano le
ultime sintesi del bambino o si dialoga direttamente con il Medico di riferimento per
avere un quadro più completo. Se il colloquio preliminare assicura esito positivo si avvia
un primo percorso formato da minimo dieci sedute di un’ora circa ciascuna.
Un’ulteriore possibilità viene data a quelle famiglie, provenienti da luoghi più distanti, i
cui figli vengono ricoverati per l’inquadramento diagnostico o per seguire l’evoluzione
della patologia e che rimangono nella struttura per un tempo limitato. Nel caso che ne
facciano espressa richiesta, viene fatto un unico incontro orientativo per un possibile
lavoro di Ippoterapia o Riabilitazione Equestre da intraprendere più vicino al luogo di
residenza, presso altre strutture.
Le attività sono portate avanti con due cavalle:
Fiona, Avelignese, 25 anni
Lolita, Bardigiana, 19 anni
Figure 6.3 e 6.4 Fiona e Lolita, le due cavalle impiegate nelle Attività
Le due cavalle sono state addestrate alla Riabilitazione Equestre utilizzando il Metodo
Etologico della ProEqui (ENDAS) e sono state scelte in base a caratteristiche del
temperamento e del carattere, mentre, precedentemente, erano state utilizzate soltanto
per passeggiate.
Le due cavalle vivono all’aperto nel paddock, costruito appositamente per loro. Restano
in sito per l’intero periodo di lavoro, mentre, da fine Luglio a fine Settembre e da fine
Dicembre a inizio Marzo, periodi di sospensione delle attività, sono ricondotte in una
struttura dell’Associazione in località Terricciola. Le visite veterinarie sono effettuate in
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caso di necessità, normalmente coincidono con il momento in cui Veterinario esegue la
sverminazione e le vaccinazioni obbligatorie, mentre non viene assicurata una visita
etologica specifica a seguito dello svolgimento delle attività.
Dal punto di vista alimentare, le cavalle possono usufruire liberamente dell’erba presente
all’interno del paddock, inoltre mangiano circa 2 kg di Fieno Crock e 1 kg di fioccato a
testa al giorno. Non hanno a disposizione il fieno perché entrambe hanno manifestato
problemi respiratori a fronte di questo tipo di disponibilità alimentare.
Destinatari
Ad oggi le prestazioni organizzate sono dieci servizi in parallelo, tra questi sono comprese
due gruppi di sei persone ciascuno che arrivano dalla struttura di Casa Verde, una
Residenza Sanitaria rivolta ad utenti adulti e adolescenti con disabilità neuropsichiche
stabilizzate.
Il numero di persone che attualmente afferiscono al servizio è in totale pari a 18, di questi
circa 10 provenienti da Casa Verde. Normalmente le attività sono organizzate in gruppi di
persone.
Le patologie degli utenti afferenti alla Stella Maris sono tutte riferibili all’area della
Neuropsichiatria infantile, quindi, con disturbi Neuropsichiatrici, Psichici e Neuromotori.
L’età dei ragazzi va attualmente dai 5 ai 15 anni, anche se ci sono ragazzi che hanno
iniziato la loro attività a 3 anni. L’età degli utenti provenienti da Casa Verde va dai 14 ai 35
anni.
Ci sono utenti che afferiscono in maniera singola, ma che, per esigenze riabilitative, sono
poi introdotti in piccoli gruppi.
Il gruppo seguito dalla Dottoressa Milone del progetto “Aldilà delle nuvole”, con ragazzi
affetti da disturbi della condotta segue un progetto di Volteggio Integrato e quindi
prevede un lavoro di gruppo.
Gli utenti provenienti da Casa Verde, invece, lavorano in gruppi che possono essere
formati da due persone nel caso in cui si faccia lavoro col cavallo, oppure da
quattro/cinque persone quando si passa al lavoro di scuderia.
Obiettivi generali e specifici del progetto
Gli obiettivi riabilitativi specifici e individuali, divisi per patologie e per utente, sono
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definiti all’inizio di ogni percorso: possono andare dal recupero del neuromotorio, alla
stimolazione e all’arricchimento ambientale, al miglioramento della motricità fine e
grossolana.
L’obiettivo generale del progetto è quello di offrire un servizio nuovo agli utenti della
struttura, offrendo delle Attività o delle Terapie Assistite con Animali in un contesto
sanitario di eccellenza com’è quello della Stella Maris. Questo tipo di attività è
organizzato in maniera simile a quanto avviene in altre strutture italiane che hanno fatto
di questa esperienza una realtà consolidata, nonché un’occasione di sviluppo e ricerca,
come ad esempio il Centro Vittorio di Capua dell’Ospedale Niguarda o il Centro A.V.R.E.S.
della Valle d’Aosta, nonché di farne un’occasione di sviluppo e ricerca. A tal proposito si
sta aprendo un tavolo di discussione coordinato dal Professor Muratori tra gli operatori,
l’Istituto Superiore di Sanità e i ricercatori del CNR in vista di future collaborazioni.
Secondo il personale dell’Associazione coinvolto, “questa attività offre al soggetto e alla
famiglia un rapporto con la natura e gli animali altrimenti non scontato, specie per
portatori di handicap, un’ attività che è forse l’unica azione di Riabilitazione Integrata, che
riesce a perseguire, nello stesso momento, sia gli obiettivi che riguardano la disabilità sia
l’intervento sull’handicap grazie al ricorso ad un solo strumento, il cavallo”.
Metodologie di lavoro
Figura 6.5 Panoramica del recinto di lavoro
82
Una seduta tipo dura circa un’ora ed è organizzata nel modo che segue:
Una prima fase di distacco dagli accompagnatori e accoglienza dell’utente da parte
degli operatori
Segue l’avvicinamento al cavallo (bardato o da bardare)
Figura 6.6 e 6.7 Avvicinamento al cavallo e suo accudimento
Il cavallo viene, quindi, condotto per il campo alla longhina dall’utente, con diverso
grado di aiuto da parte del terapista
Figura 6.8 Fiona condotta autonomamente alla longhina da un utente
83
Successivamente si provvede alla salita in sella con tutti gli accorgimenti e gli
adattamenti del caso
Figura 6.9 Salita in sella
Una volta in sella possono essere svolti diversi tipi di esercizi, a seconda del tipo di
obiettivi che si vogliono perseguire:
I. Può essere richiesto il riconoscimento delle lettere o delle figure ad esse
associate che si trovano ai lati del campo
II. Si possono far eseguire alla persona coinvolta esercizi per il miglioramento
della coordinazione, della propriocezione o della motricità fine
Figura 6.10 e 6.11 Esercizi in sella durante la seduta
84
Nel caso in cui il partecipante sia in grado di guidare autonomamente il cavallo si
possono fare eseguire alla coppia cavallo-cavaliere esercizi che forniscono le basi
dell’equitazione.
Circa dieci minuti prima del termine della lezione si procede con la discesa dal
cavallo e con i saluti all’animale.
La durata delle singole fasi viene adattata al paziente e alle sue abilità, oppure si modifica
in base agli obiettivi che si intendono raggiungere.
Per quanto riguarda i ragazzi di Casa Verde si provvede, subito dopo il loro arrivo, alla
divisione del gruppo:
Due ragazzi alla volta rimangono in campo con il cavallo per circa mezz’ora
partecipando a una seduta identica a quella precedentemente descritta
Tutti gli altri, a turno, svolgono lavori di scuderia come pulizia del paddock dalle
deiezioni, pulizia e riempimento dei secchi per l’acqua, preparazione del cibo per
le cavalle.
Il cavallo può esercitare la sua azione in maniera differente a seconda del tipo di ragazzo:
può fungere da “strumento fisioterapico” in caso di paziente con patologia di tipo
neuromotoria in quanto il movimento stesso del cavallo favorisce il miglioramento del
tono e il raddrizzamento della postura, mentre in ambito psichico il cavallo funge da
facilitatore emotivo.
Valutazione
Per quanto riguarda la valutazione degli effetti dell’attività sul ragazzo viene fatta una
valutazione iniziale, al secondo/terzo incontro, per la quale vengono utilizzate delle
schede che si basano su un metodo di tipo osservativo; le schede sono compilate all’inizio
del ciclo di attività e aggiornate, poi, verso la metà per capire se devono essere fatti degli
aggiustamenti al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi impostati, ovvero
procedere nella direzione di lavoro intrapresa una volta valutata come adeguata.
Al termine delle dieci sedute viene fatta una valutazione conclusiva per verificare il
raggiungimento degli obiettivi ed eventualmente aggiungere delle note.
85
Gli effetti delle terapie non sono facilmente valutabili, in quanto sono molti i fattori che
possono concorrere all’evoluzione dello stato di benessere degli utenti: così, ad un
periodo di regressione, ad esempio, può essere attribuito un cambiamento nella sfera
familiare (la separazione dei genitori, un nonno che viene a mancare, la nascita di un
fratellino, ecc…), mentre per quanto riguarda i miglioramenti spesso si parla di piccoli
obiettivi raggiunti perché le attività che i ragazzi svolgono a livello riabilitativo sono
molteplici e non è detto che un dato miglioramento che è stato apprezzato sia
effettivamente da mettere in relazione alla Riabilitazione Equestre, quanto, piuttosto, con
l’integrazione di diverse attività. In generale si riconosce un miglioramento del tono
dell’umore, si riscontrano modificazioni in positivo delle interazioni, sia nel corso della
seduta sia durante tutto il percorso, mentre è più facile verificare fra gli utenti e
l’operatore un aumento della fiducia.
La valutazione del benessere dell’animale durante le terapie viene effettuata attraverso
un’osservazione di tipo comportamentale, ad esempio:
Quando il cavallo si ferma, morde, scappa, abbassa le orecchie, si oppone alle
richieste, ha un atteggiamento poco interattivo
Se questi atteggiamenti, con l’andare dei mesi, compaiono sempre più
frequentemente in genere si riprende in mano l’addestramento e si cerca di
portare all’estinzione il comportamento
Se invece si manifesta durante la terapia ed è riferibile ad un esercizio particolare
vengono introdotte sul momento delle variazioni a quell’esercizio
Ovviamente qualsiasi segnale di malessere fisico presuppone che il cavallo non
venga utilizzato per le terapie, almeno fino a quando non viene trovata la causa e
risolto il problema.
Nel caso specifico di Fiona e Lolita la loro gestione, fortemente improntata al rispetto
delle loro etologia, la mole (massimo tre ore al giorno) e il tipo di lavoro a cui sono
sottoposte, poco impegnativo a livello fisico in quanto la maggior parte delle sedute
vengono condotte al passo, e un’alimentazione che rispetta i loro fabbisogni nutritivi non
eccedendo né scarseggiando, le porta ad essere molto equilibrate anche nelle attività che
svolgono. L’unica preoccupazione che può riguardarle è che possa subentrare la noia o la
stanchezza mentale dovuta alla monotonia del loro stile di vita; per evitare questo
86
inconveniente ogni tanto vengono portate in passeggiata sulla spiaggia o nella pineta
vicina all’Istituto.
Sostenibilità/finanziamenti
Il primo anno, grazie ai fondi provenienti dal 5X100 dell’Associazione Amici della Stella
Maris, è stato possibile offrire le terapie agli utenti afferenti a diversi reparti (IRCC,
UDGEE, Disturbi della condotta) in modo totalmente gratuito. L’anno successivo sono
tornati su iniziativa personale delle famiglie tre ragazzi dell’IRC e due ragazzi dell’UDGEE
che hanno potuto usufruire del servizio grazie ad un pagamento in co-partecipazione,
ovvero metà del costo del pacchetto delle sedute viene coperto dall’Associazione Amici
della Fondazione Stella Maris mentre l’altra metà restava a carico della famiglia; questa
opportunità però viene data soltanto alle famiglie dei ragazzi che sono già afferenti alla
struttura. Gli utenti che hanno terminato il loro percorso all’interno dell’Istituto o esterni
ad esso devono, invece, provvedere al pagamento del pacchetto per l’intero importo.
Vengono inoltre organizzate raccolte fondi che consentono di attivare fino a 15 pacchetti
di terapie a co-partecipazione a ciclo (per ciclo si intende il periodo che va da Settembre a
Dicembre o da Marzo a Luglio). I ricavati delle raccolte fondi vengono incassati
dall’Associazione Amici della Fondazione Stella Maris che li devolve al progetto di
Ippoterapia e Riabilitazione Equestre versandoli all’Associazione EquiOasi Arcadia per il
mantenimento degli animali.
Punti di forza
I professionisti che fanno parte dell’equipe sono formati nell’ambito socio-sanitario e in
campi diversi, questo porta ad avere un gruppo con conoscenze vicendevolmente
complementari. Inoltre, tutti e tre gli operatori sono profondi conoscitori del mondo
dell’equitazione e sono specializzati nella Riabilitazione Equestre.
La location dell’attività, all’interno di una struttura che presenta un ampio bacino di
utenza potenzialmente disponibile, permette di avere un buon numero di richieste di
accesso a questa attività.
Un altro punto di forza è la gestione etologicamente corretta delle cavalle, che le porta ad
essere ottime co-terapeute, citando il Dottor Marco Senesi: “Io ho piena fiducia nei miei
colleghi umani, come ho piena fiducia nei miei colleghi animali“.
87
Punti di debolezza
L’attività al momento non fa parte di un percorso riabilitativo integrato previsto dal
reparto di provenienza degli utenti inviati, benché da più medici si sia levata la richiesta di
una maggior integrazione con le altre attività terapeutiche e i reparti, auspicando, tra le
altre cose, anche un maggior monitoraggio sull’attività stessa. Tuttavia vi sono delle
resistenze da parte del Comitato Scientifico dell’Istituto derivanti dall’assenza di
letteratura scientifica sul tema della Riabilitazione Equestre aspetto che, in parte,
impedisce un’ulteriore evoluzione del progetto. Un’intensificazione dei rapporti di
collaborazione sul territorio con le strutture pubbliche della ASL di Pisa e Livorno
potrebbe ampliare il partenariato e il raggio delle attività.
Trattandosi di un’attività avviata in tempi relativamente recenti, permangono dei limiti
nelle strutture che possono essere interpretati come punti di debolezza:
Manca un maneggio coperto che consenta di lavorare con gli utenti in maniera
continuativa anche in condizioni climatiche difficili
Manca una pedana che permetta di lavorare “in totale armonia”con i pazienti
neuromotori, anche se l’esiguo numero di utenti con questo tipo di disabilità lo
rende, al momento, un problema secondario.
Dottor Giuseppe De Vito, Direttore Sanitario dell’IRCCS Fondazione Stella Maris
Ci sono stati dei reparti in cui c’è stata maggior accettazione del servizio, mentre in altri il
progetto è stato, se non osteggiato, quanto meno ignorato. Il reparto che ha avuto
maggior interesse per l’Ippoterapia, e dal quale sono pervenute sollecitazioni per una
ripresa del ciclo delle attività, è stato quello della Dottoressa Milone (bambini con disturbi
della sfera psicologico-relazionale), mentre minor interesse è stato suscitato nei reparti
che si occupano di bambini con disturbi della componente neuromotoria che pure, a rigor
di logica e letteratura, presentano indicazioni terapeutiche per lo svolgimento di sedute di
Ippoterapia. Molto probabilmente lo scetticismo in merito a questo genere di attività
dipende da fattori culturali e personali del Medico referente del Reparto e da una scarsa
conoscenza della letteratura in merito egli esiti di queste pratiche sui pazienti.
Gli esiti sono stati sicuramente positivi per i bambini con disturbi della condotta, Reparto
della Dottoressa Milone, e questo giustifica anche l’interesse e la motivazione dei Medici
88
del Reparto a voler ripetere i cicli; da parte di questo gruppo sono state, inoltre,
organizzate raccolte fondi per permettere l’accesso gratuito a queste attività.
I limiti dell’attività sono di tipo organizzativo ed economico. l’Ippoterapia non rientra nel
livelli essenziali di assistenza, quindi non può essere finanziata con i fondi del Servizio
Sanitario Nazionale, neanche in co-partecipazione. Questo implica che l’accesso a queste
attività è possibile solo attraverso il pagamento per intero del servizio, oppure attraverso
l’organizzazione di raccolte fondi, iniziative che però possono risultare “faticose” da
portare avanti sopratutto perché si parla di interventi a medio-lungo termine. I fondi
accessibili per i progetti di Interventi Assistiti con Animali sono generalmente limitati a
sporadici progetti di ricerca. Inoltre, c’è un limite di tipo organizzativo dato dal fatto che i
pazienti che accedono all’Istituto per l’inquadramento diagnostico hanno un tempo di
degenza relativamente breve all’interno del medesimo. Le sedute di Ippoterapia, che
sarebbero aggiuntive alle analisi e alla ricerche obbligatorie stabilite dalle linee guida della
patologia, vengono viste più come un aspetto ludico-ricreativo, che serve a colmare i
tempi morti, che non come metodo di raccolta di ulteriori dati per l’inquadramento
diagnostico o nella sua valutazione come probabile metodo riabilitativo successivo.
I genitori dei ragazzi che hanno usufruito del servizio, spesso hanno chiesto di poterne
usufruire nuovamente e, siccome per il secondo anno si parla di un pacchetto a co-
partecipazione da parte delle famiglie, penso che, se loro ritenessero queste attività
completamente inutili, non investirebbero delle risorse per farvi accedere i loro figli.
Per concludere, credo che sia utile organizzare un progetto di ricerca serio su
quest’argomento che possa disporre di un finanziamento da parte delle istituzioni
pubbliche. Il progetto dovrebbe limitare il campo d’azione ad una sola patologia, con una
popolazione quanto più omogenea possibile per le caratteristiche cliniche, da dividere in
maniera randomizzata in due gruppi. Un gruppo dovrebbe fungere da gruppo di controllo,
soggetto alle terapie che quella patologia prevede, mentre l’altro dovrebbe poter
usufruire delle attività di Ippoterapia per un certo periodo, trascorso il quale i due gruppi
dovrebbero essere invertiti. Gli effetti delle pratiche dovrebbero essere valutati
attraverso apposite scale e i risultati dovrebbero essere analizzati in singolo cieco da un
operatore esterno. Un’iniziativa del genere potrebbe chiarire, una volta per tutte, se il
rapporto costi-benefici dell’Ippoterapia è maggiore rispetto ad altre pratiche riabilitative
o meno e quindi se il suo costo può essere coperto dal Servizio Sanitario Nazionale.
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Dottoressa Sandra Maestro, Referente Sezione Clinica per la diagnosi e il trattamento
dei DCA nell'infanzia e nell'adolescenza
I pazienti di cui mi occupo sono ragazzi affetti da disturbi della condotta alimentare; i
prerequisiti essenziali per poter accedere all’attività di Ippoterapia e Riabilitazione
Equestre sono sostanzialmente tre:
Condizioni fisiche idonee a sopportare la fatica e lo sforzo che l’attività comporta
Pazienti con iperattività, un aspetto sintomatico grave e severo di questo genere
di disturbi, che si cerca, attraverso l’Ippoterapia e la Riabilitazione Equestre, di
canalizzare in un’altra direzione, ovvero in un tipo di motricità controllata e
organizzata
Pazienti per cui l’esperienza del contatto con l’animale, riferendosi in particolar
modo al suo accudimento, possa essere una proiezione su una relazione esterna di
una buona relazione di cura interna
In totale i pazienti che hanno usufruito del servizio sono stati cinque, anche perché
quando arrivano all’Istituto, generalmente, le loro condizioni fisiche sono piuttosto
problematiche.
L’aspettativa da parte del personale medico è relativa al miglioramento della sfera
psicologico-emozionale, di modo che il paziente non sia più assorbito dalla patologia, ma
che, attraverso la relazione con l’animale, operi una sorta di decentramento da sé stesso.
Gli esiti delle attività non sono “scientificamente leggibili” in quanto non sono mai stati
usati indicatori in maniera sistematica, non essendoci, tra l’altro, un protocollo di ricerca
applicato; tuttavia credo che potrebbe essere interessante e utile approfondire la ricerca
sugli Interventi Assistiti con Animali attraverso la formulazione di strumenti di valutazione
appositamente creati per queste attività.
Il feedback che abbiamo ricevuto dalle famiglie, più di tipo aneddotico che non scientifico,
è stato molto positivo: da una parte è legato ad una dimensione di aumento
dell’indipendenza del paziente, dall’altra c’è una cambiamento nella percezione del
ragazzo da parte della famiglia, in quanto la rappresentazione che si ha di persona malata,
fragile e bisognosa di cure, si trasforma in persona competente, capace e abile.
90
Dottoressa Annarita Milone, Dirigente Neuropsichiatria Infantile presso l’IRCCS
Fondazione Stella Maris
L’Ippoterapia viene utilizzata per alcuni gruppi di pazienti, prevalentemente con bambini
della fascia di età che va dai 7 ai 10 anni, che seguono un percorso di trattamento basato
su un modello cognitivo-comportamentale della durata di un anno e mezzo. Le
problematiche di questi bambini sono di due tipi:
Disturbi da deficit dell’attenzione/iperattività e discontrollo degli impulsi, con
motricità caotica e difficoltà di autocontrollo
Bambini con problemi di empatia, ovvero con difficoltà a sintonizzarsi con gli stati
emotivi degli altri, ma anche con i propri
L’aspetto che mi aspetto di migliorare riguarda l’autocontrollo: il rapporto con l’animale,
sotto ogni punto di vista, per loro è un’esperienza completamente nuova che richiede una
certa capacità di autocontrollo poiché sia l’atteggiamento impulsivo sia la motricità
caotica possono essere elementi di disturbo nell’interazione con l’animale; la stessa
preparazione alla salita in sella è funzionale all’esercizio dell’autocontrollo.
In genere l’attività col cavallo viene programmata subito dopo l’intervento psicoterapico
come pratica rilassante, in quanto l’attività terapeutica sollecita alcune emozioni negative
e “attiva” i bambini dal punto di vista comportamentale, l’attività col cavallo riduce
questo stato di “attivazione” in quanto viene vissuta dal bambino come un’esperienza
piacevole e fonte di forti sensazioni. Questi bambini sono abituati ad impostare con i
coetanei rapporti dominanti, la relazione con il cavallo, un animale molto grande,
consente loro di modulare la loro capacità di cogliere emozioni e di gestire le loro paure.
Questo tipo di lavoro, basato anche sulla modulazione del linguaggio del corpo, viene
trasferito anche nella Pet Therapy con i cani, altra attività a cui i bambini partecipano.
I ragazzi hanno piacere di svolgere questa attività, sia per quanto riguarda la parte
dell’accudimento dell’animale sia per quanto riguarda il lavoro in sella. Anche quei
bambini che a inizio percorso presentano aspetti fobici nei confronti del cavallo, alla fine li
hanno molto ridotti. Un altro aspetto, secondo me molto importante, è il lavoro di gruppo
che serve per modulare la loro eccitabilità emotiva.
I limiti di questa attività sono principalmente di tipo economico, il pacchetto gratuito di
dieci sedute viene proposto ogni anno a un gruppo diverso di ragazzi, e temporale, legato
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alle altre terapie che i bambini seguono prima della seduta di Ippoterapia che occupano
gran parte del pomeriggio.
Gli esiti mi sembrano più che positivi; rispetto alla misurazione degli effetti delle pratiche
sui ragazzi dovremmo trovare dei parametri efficaci in tal senso. Potrebbero essere
utilizzati tutti quei parametri che riguardano l’empatia, perché lavorare con l’animale,
secondo me, migliora l’empatia in generale non solo verso gli animali ma anche con i
coetanei.
Le famiglie considerano l’Ippoterapia un’attività di tipo ludico-terapeutico e il feedback
che riceviamo da loro è molto positivo, nessuno ha mai mostrato resistenze e, anzi,
qualcuno ci ha chiesto di poter proseguire quest’attività.
Dottor Gianluca Giunchiglia, Educatore presso l’IRCCS Fondazione Stella Maris
Noi dell’IRC, Unità Operativa 4 diretta dalla Dottoressa Masoni, abbiamo subito accolto il
progetto nell’ottica di un’ulteriore offerta per i nostri piccoli pazienti. Abbiamo cercato di
capire quali bambini avrebbero potuto trarne maggiori benefici e li abbiamo individuati
nei pazienti affetti da disturbi dello spettro autistico. La collaborazione con gli operatori
del progetto ha avuto la durata di un anno, la seduta di Ippoterapia veniva svolta
singolarmente, ma vi era una parte di lavoro di gruppo che si svolgeva nel paddock delle
cavalle che consisteva in lavori di scuderia; a volte seguivamo la seduta del singolo in
corso pur non partecipandovi attivamente. Abbiamo, inoltre, fatto un’esperienza di
passeggiata fuori dall’Istituto nell’ultimo giorno di attività, per salutare le cavalle.
Abbiamo scelto bambini con disturbi dello spettro autistico perché questa è la patologia
più grave che trattiamo, spesso è associata a disabilità intellettiva. Lo spettro autistico è
un disturbo dell’interazione sociale caratterizzato da relazioni povere, mancanza di
empatia e reciprocità, da cui deriva un grave problema nel riconoscere e adattarsi al
pensiero degli altri. La disabilità intellettiva, inoltre, non consente loro di analizzare
esperienze ipotetiche ma sono in grado di analizzare soltanto esperienze realistiche.
L’inizio dell’attività in campo è stata preceduta da alcuni incontri in cui venivano fatte
conoscere ai bambini le varie parti del corpo del cavallo e tutti gli strumenti che si
adoperano per lavorare con questo animale. Questo è un progetto realistico, ovvero dà
modo al bambino di esperire una realtà concreta dove c’è un ambiente naturale, un
animale e un educatore che media e aiuta il bambino ad interfacciarsi con l’animale. Da
92
quello che ho potuto riscontrare, i nostri ragazzi che spesso hanno chiusure, stereotipie e
anomalie di comportamento a cavallo erano assolutamente assimilabili a ragazzi
normodotati, le stereotipie motorie e certi rituali vocali si annullavano e seguivano le
indicazioni degli operatori. Sono rimasto molto colpito da questo aspetto e ho avuto
un’ulteriore conferma di come questo genere di esperienze, insieme ad altre quali la Pet
Therapy e l’ortoterapia, possano essere nuovi approcci metodologici con la valenza di
arricchire gli obiettivi, i metodi e gli strumenti dei nostri piani di lavoro.
Il fatto che, per volontà del Direttore Scientifico, il progetto non sia rientrato in un
programma di ricerca costituisce un limite nella raccolta di dati riguardo agli esiti delle
attività. Non si sono potute creare griglie di rilevazione né osservare il lavoro in maniera
sistematica; l’attività non ha, sulla carta, una valenza scientifica né riabilitativa ma ha una
valenza educativa. Una valutazione che si potrebbe fare sarebbe somministrare ai genitori
dei questionari per vagliare i punti di forza e i punti di debolezza di questa attività.
Ho chiesto ad alcuni genitori pareri in merito a questa esperienza: i genitori hanno
concentrato il focus sull’educatore in quanto facilitatore nel rapporto con l’animale, lo
aiuta ad avvicinarsi, a prendersi cura di lui, a portarlo e a farsi portare. Ai bambini
l’esperienza è piaciuta molto e lo dimostra il fatto che hanno chiesto di poterla ripetere.
Punti di forza
Formazione in ambiti complementari dei professionisti dell’equipe
Gestione etologicamente corretta delle cavalle coinvolte nelle attività
Punti di debolezza
Carenze di tipo strutturale (mancanza di un maneggio coperto e di una pedana)
Basso numero di ragazzi inviati direttamente dai Medici dei diversi reparti
Minacce
Il servizio dovrebbe essere visto come una possibilità di co-terapia e non come un
momento ludico-ricreativo
Opportunità
Ampio bacino di utenza potenzialmente disponibile
Servizio integrato con altre terapie per gli utenti dell’Istituto
Possibilità di raccolta di dati utili per la valutazione degli esiti degli IAE
Figura 6.12 Schema riassuntivo
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6.3 Associazione di Promozione Sociale Orecchie Lunghe & Passi Lenti
L’Associazione di Promozione Sociale “Orecchie Lunghe & Passi Lenti” è nata per la
valorizzazione dell’asino come animale d’affezione e realizza Attività Assistite/Mediate
dagli asini rivolte ai diversamente abili, alle famiglie, alle scuole, agli anziani e a tutte le
persone che si trovano in stato di disagio momentaneo o permanente. L’Associazione
opera nel comune di Casciana Terme-Lari, in località Poggio alla Farnia, in provincia di
Pisa.
Le attività si svolgono in una radura attrezzata, che si trova al limitare del bosco, e nei
sentieri e percorsi tematici che da questa radura partono. È, inoltre, presente un recinto
di 5000 mq, fornito di tettoia, abbeveratoio, olivi e querce in cui vive il gruppo di asini:
Gioconda, Gaia, Allegra, Arturo, Libero, Linda, Prospero e Serena. Le prime due asine,
Gioconda e Gaia, sono state salvate dal macello nel gennaio 2002 in Valtellina da Luisella
Trameri, da quel momento è nata in lei una grande passione per questo animale placido
che nei secoli ha mediato i nostri passi e, conseguentemente, sono stati creati e realizzati
i primi progetti di Onoterapia in rete con la Società della Salute, con il tavolo
dell’Agricoltura Sociale in Valdera e con l’Università di Pisa che ha provveduto all’invio di
gruppi di professori e studenti provenienti da altre Università europee.
I progetti che hanno avuto maggior risonanza sono stati “Guid-abile”, che ha avuto ben
sette edizioni (dal 2009 al 2015) grazie, anche, all’enorme soddisfazione avuta dagli
utenti, dalle loro famiglie, dai Servizi Medici, dalle Istituzioni e dai promotori stessi e
“Zoccoli e cuore” (da Gennaio 2013 a Giugno 2015), finanziato dalla Regione Toscana
nell’ambito dei progetti di intervento regionali a sostegno dell’Agricoltura Sociale, che
continua sul solco tracciato dal progetto “Guid-abile” con un’innovazione importante,
ovvero il cambiamento di ruolo di tre adolescenti, ora adulti, affetti da disturbo dello
spettro autistico che, da utenti coinvolti nei precedenti progetti terapeutici, sono entrati a
far parte dello staff grazie all’inclusione sociale e lavorativa.
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Attività Onoterapia
Struttura I sentieri della Pineta di Poggio alla Farnia
Tipologia di utenti
Ragazzi dai 12 ai 18 anni
con disturbi dello spettro autistico, sindrome di Down, disturbi
dell’apprendimento e/o ritardo cognitivo
Organizzazione Gruppi di 6 utenti Durata delle attività circa 2 ore
Animali (tipo e numero) 4-6 asini come mediatori
Professionalità coinvolte Animatrice Rurale/Clown Dottore
Educatori Soci Volontari
Figura 6.13 Organizzazione attività
Figure professionali coinvolte
Luisella Trameri (55 anni), Presidente e socia fondatrice dell’Associazione
“Orecchie Lunghe & Passi Lenti”, Animatrice, Tecnico in Turismo Naturalistico,
Guida Equestre Ambientale (ENGEA), brevetto di Attività Assistite con Asini,
“Clown-Dottore” (qualifica della Regione Toscana). Nel periodo 2003-2005 ha
partecipato come volontaria alle attività sociali del Coordinamento Nazionale per
l’Asino.
Durante l’attività in campo si ha la partecipazione di diverse figure professionali (minimo
quattro); per i progetti estivi dell’Unione Valdera si tratta di socie volontarie tra le quali
due Dottoresse laureate in Psicologia e una Guida Equestre.
Fuori dal campo c’è una sinergia costante con i genitori, i Medici e gli Assistenti Sociali del
Servizio Sociale.
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Partners del progetto e principali interlocutori pubblici e privati
Servizi offerti
“Guid-abile”
Realizzato tramite la collaborazione tra i servizi socio-sanitari pubblici, l’ASL 5 Pisa,
la Società della Salute, l’Unione Valdera, le famiglie e l’Associazione “Orecchie
Lunghe & Passi Lenti”
1. “Guid-abile. A passo d’asino” (2009)
10 incontri 2 volte a settimana di due ore circa da Giugno a Luglio 2009
2. “Guid-abile. Sbaragliando i pregiudizi” (2010)
10 incontri 2 volte a settimana di due ore circa da Settembre a Ottobre
2010
3. “Guid-abile. Con gli asini tra i segreti del bosco” (2011)
10 incontri una volta a settimana di due ore circa da Luglio a Settembre
2011
4. “Guid-abile. Io, la natura e tu” (2012)
Soggetti Pubblici
Regione Toscana Unione Valdera
UFSMIA, UFSMA, Servizi Sociali ASL 5 Zona Valdera
Soggetti Privati
Utenze private Rete delle famiglie degli utenti
Terzo Settore (No Profit)
Associazione Orecchie Lunghe
& Passi Lenti
Terzo Settore (Solidarietà Sociale)
ANFAS, Autismo Pisa
“Vivere con lentezza”, Gruppi scout, Centri diurni, Case di riposo, “Ragazzi pronti a leggere”,
Anna Di Maggio (Teatrino dei fondi)
Figura 6.14 Interlocutori pubblici e privati
“Guid-abile”
e
“Zoccoli e cuore”
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16 incontri una volta a settimana di due ore circa da Luglio a Ottobre 2012.
Il gruppo era formato da 6 ragazzi adolescenti e i loro genitori
5. “Guid-abile. Cercando l’armonia” (2013)
20 incontri una volta a settimana di due ore circa da Giugno a Ottobre
2013.
Il gruppo era formato da 4 ragazzi adolescenti, due adulti e i genitori
6. “Guid-abile. Beati gli ultimi” (2014)
16 incontri una volta a settimana di due ore circa da Luglio a Novembre
2014.
Il gruppo era formato da 6 ragazzi adolescenti, un adulto e i genitori
7. “Guid-abile. Per la cura del creato” (2015)
Avrà inizio dopo la metà di Giugno 2015 e sarà articolato in 16 incontri una
volta a settimanali due ore circa.
Il gruppo sarà formato da 6 ragazzi adolescenti, un adulto e i genitori
Il progetto ha avuto sette edizioni concluse e ha preso in carico fin a ora 32
adolescenti, tra questi due con disturbi dello spettro autistico ad alto
funzionamento, il resto con ritardo mentale, sindrome di Down, disturbi
dell’attenzione/iperattività, sindrome di PANDAS, a 12 dei quali è stato riproposto
per più edizioni. Gli adolescenti quest’anno assumeranno il ruolo di tutor dei nuovi
ragazzi e si metteranno alla prova come conduttori dell’asino affiancati dagli
operatori del gruppo; le loro famiglie affiancano l’Associazione nelle attività di
organizzazione, nel trasporto, nello scambio di impressioni, nel riscontro di
miglioramenti comportamentali consolidati e nella promozione dell’esperienza.
“Zoccoli e cuore”
Inserimento sociale e lavorativo per ragazzi adolescenti/adulti.
PIANO AGRICOLO REGIONALE-DGRT 976 del 14 novembre 2011 Misura 6.3.11:
Agricoltura Sociale BANDO 2012–DD n. 1684 del 17 aprile 2012 “La diversità
diventa risorsa”.
Il progetto è partito nel Gennaio 2013 e si concluderà nel Giugno 2015.
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I ragazzi inseriti sono presenti per circa 3 ore per 2 giorni a settimana, sono
previste sospensioni nei giorni festivi e un periodo di vacanza di 3 settimane da
concordare con la famiglia.
Non sono presenti in campo operatori dell’ASL, le attività sono coordinate
direttamente dai soci fondatori dell’Associazione e dai volontari
Sono, inoltre, stati realizzati giornate didattico-esperenziali, dal tiolo “Educare
all’ambiente”, in rete con il servizio C.R.E.D. (Centro Risorse Educative e Didattiche)
Valdera aperti a diverse tipologie di utenti:
Con gli asini tra i segreti del bosco
Rivolto a bambini della Scuola d’Infanzia, e alle I e II classi della Scuola Elementare.
Consiste in un percorso all'interno dei sentieri della pineta in cui sono comprese
pratiche didattico-educative all'interno del bosco.
Gli asini e la cura del bosco
Rivolto a tutte le classi della Scuola Primaria.
Tra gli scopi del progetto c'è quello di diffondere la salvaguardia dell'ambiente,
attraverso l'utilizzo degli asini nella cura del bosco.
Gli asini, il bosco e la giostra dei sensi
Una passeggiata-laboratorio per famiglie e insegnanti, un'occasione di
coinvolgimento emotivo e sensoriale, per ristabilire un contatto con la natura, per
mettere alla prova abilità fisiche e di orientamento
Per quanto riguarda l’anno in corso si è svolgerà anche, in parte finanziato dalla Società
della Salute, il progetto “Respiri di Sollievo“ costituito da un totale di 12 incontri una volta
a settimana, nella giornata del sabato, rivolto a 4 bambini di 6-7 anni di età affetti da
disturbi dello spettro autistico e alle loro famiglie. Abbinato all’attività assistite/mediate
con animali ci saranno dei laboratori di pittura, di manipolazione di diversi materiali, di
costruzione di manufatti.
Vengono, inoltre, organizzate attività di Onoterapia con le scuola delle zone vicine
frequentate anche da anche bambini con disabilità, campi solari e giornate ludico-
ricreative rivolte alle famiglie.
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Il branco, come precedentemente detto, è formato da otto animali che hanno un’età
compresa tra i 40 giorni e i 18 anni; cinque di loro sono figli di Gaia e Gioconda, le prime
due asine salvate dal macello, mentre un asino è stato recuperato da una situazioni in cui
era sottoposto ad una cattiva gestione per quel che riguardava l’alimentazione e il
management; non appartengono ad una razza precisa, ma sono tutti meticci. Il criterio di
selezione adottato primariamente nella scelta dell’animale da Luisella Trameri è la taglia
contenuta, difatti nessuno degli asini va molto oltre il metro di altezza al garrese. La taglia
contenuta favorisce il contatto visivo, permette, inoltre interazioni gentili che appagano la
necessità di alcune persone di coccolare e stare in contatto con l’animale in una
“relazione privilegiata”. Per le pratiche vengono utilizzati soltanto 6 esemplari che
risultano più idonei dal punto di vista caratteriale.
Gli animali vivono tutto l’anno all’interno del grande recinto vicino alla pineta, la Signora
Trameri provvede alla somministrazione del fieno e, nella stagione primaverile, di erba
fresca due volte al giorno, al controllo dell’approvvigionamento di acqua e, in
concomitanza, effettua la pulizia del recinto dalle deiezioni e sorveglia lo stato fisico degli
animali. Per tutti gli asini coinvolti nelle Attività sono stati realizzati percorsi educativi, a
partire dai primi mesi di vita. Gli animali sono periodicamente controllati sotto il profilo
sanitario dal Medico Veterinario, la Dottoressa Tiziana Valeriani, che, circa il loro corretto
impiego nelle attività, dichiara: “Ho sempre più conferme sull’importanza delle
collaborazioni fra gli allevatori, gli educatori e la Medicina Veterinaria per individuare e
potenziare sinergie di buone prassi al fine di migliorare i momenti di benessere che
propiziano gli asini quando entrano in relazione con gli esseri umani. Abbiamo tanto da
fare”.
Destinatari
“Guid-abile” (dal 2009 al 2015)
Gli utenti sono stati, nei diversi anni, 32 ragazzi adolescenti-adulti (età compresa
tra i 12 e i 18 anni) affetti da disturbi dello spettro autistico e/o ritardo cognitivo,
disturbi dell’attenzione/iperattività, sindrome di Down, sindrome dell’X fragile e le
loro famiglie.
Questo progetto socio-terapeutico pluriennale è strutturato in gruppo,
coinvolgendo i ragazzi che sono divenuti gradatamente affidabili co-conducenti.
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“Zoccoli e cuore”
Gli utenti sono 5 ragazzi/adulti, 3 dei quali hanno partecipato ai progetti estivi dal
2009 al 2011. L’età varia dai 17 ai 33 anni, si tratta di ragazzi con disturbi dello
spettro autistico e/o ritardo cognitivo, disturbi psichiatrici, ritardi
dell’apprendimento, ansia, panico, fobia sociale.
Per un ragazzo adolescente si è trattato di un percorso di alternanza scuola-lavoro,
mentre per un altro di loro, che ha sospeso la frequenza scolastica, si è trattato di
un primo progetto di inserimento di tipo socio-lavorativo.
In generale le attività sono svolte in gruppo, benchè ognuno abbia il suo asino al quale
relazionarsi e a cui rivolgere cure e attenzioni.
Obiettivi generali e specifici del progetto
Gli obiettivi generali dei progetti sono :
Valorizzare le abilità e le risorse di ogni partecipante per il raggiungimento
dell’autonomia personale
Potenziare la dimensione cognitiva, affettivo-relazionale, sociale, morale, tecnico-
pratica
Valorizzare i rapporti interpersonali positivi tra comunità e diversamente abili
Incrementare nei ragazzi e negli adulti una maggiore conoscenza di sè stessi, delle
proprie potenzialità, anche nella relazione con i pari (dimensione relazionale)
Favorire la conoscenza del proprio territorio (dimensione cognitiva)
Incentivare la promozione delle autonomie
Per ogni soggetto viene predisposto un progetto terapeutico-riabilitativo da parte del
gruppo di lavoro della UFSMIA in cui sono indicati gli obiettivi da raggiungere e gli
indicatori necessari alla verifica dei risultati. È atteso il raggiungimento del 50% dei
risultati programmati per ciascun progetto terapeutico-riabilitativo.
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Metodologie di lavoro
L’attività, nell’ambito dei progetti che coinvolgono ragazzi adolescenti/adulti, consiste in:
Conoscenza degli asini, semplici azioni di contatto (spazzolatura, carezze, ecc…), loro
accudimento, identificazione e utilizzo delle attrezzature (basto, ceste, selle, ecc…)
Figura 6.15 e 6.16 Accudimento degli animali e preparazione per le Attività
Prove pratiche di conduzione
Figura 6.17 e 6.18 Conduzione degli animali alla longhina
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Esplorazione del territorio su sentieri idonei alla guida a passo d’asino
Figura 6.19 Esplorazione del territorio
All’interno della pineta si trova una zona chiamata il Regno della Fantasia,
decorata con manufatti in legno colorato creati dai ragazzi dei progetti, in cui i
ragazzi si fermano per leggere dei libri o per ascoltare le storie di uno degli
autistici ad alto funzionamento entrato nei progetti in qualità di collaboratore
Riconoscimento delle attrattive del bosco: i minerali, la flora e la fauna
Riscoperta e operazioni di apertura di un sentiero alternativo a quello esistente,
ove accompagnare i visitatori della pineta
Lo staff di Orecchie Lunghe & Passi Lenti approfondisce ogni anno, con i ragazzi che
accoglie, il concetto di mediazione, come sostenere/incentivare la specificità della
presenza dell’asino nella mediazione (etologia, educazione, condizioni di vita e di azione),
riflette sulla strutturazione degli incontri (svolgimento, contenuto, spazio, valutazione),
definisce il ruolo degli interventi, articola gli elementi essenziali che determineranno una
pratica di relazione di aiuto e di accompagnamento verso la scoperta di nuove abilità e
capacità di “stare insieme“.
“E’ importante ben percepire i limiti umani di ognuno, le potenzialità nascoste, le risorse
inattese, i limiti animali legati allo stress, alle disarmonie di conduzione iniziali ”.
Nel caso di attività con bambini molto piccoli, questi non entrano all’interno del recinto
del branco per una questione di sicurezza; gli animali vengono, perciò, portati fuori dal
recinto e legati distanziati agli alberi, i bambini vi entrano in contatto attraverso questa
102
modalità. In questi casi ad ogni utente viene affiancato un operatore e un asino.
Figura 6.20 e Figura 6.21 Un asino legato a un albero in attesa di cominciare le attività con i più piccoli
Gli animali possono essere sellati e cavalcati (ma soltanto da bambini che pesano fino a
40 kg), ma si predilige il lavoro a terra. Gli animali potranno gradualmente essere condotti
alla longhina e, se occorre, caricati di un basto con delle ceste per il trasporto di materiali
aggiuntivi che verranno usati nelle attività nel bosco.
Nei progetti di Attività Assistite con gli asini fondamentale è la relazione asino-ragazzo-
operatore-gruppo di pari e il sistema di comunicazione che si instaura; con l’asino la
comunicazione assume un ruolo centrale e, per la sua specificità di un incontro tra specie
diverse, si costruisce inizialmente in assenza di parole.
“Perché l’asino? Perché è un catalizzatore d’attenzione, crea curiosità ed è curioso, sta, ha
dimensione contenute ed è perciò facile da abbracciare”
Figura 6.22 e Figura 6.23 Momenti di interazione con gli animali
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La terapia con l’asino si avvale delle straordinarie qualità caratteriali di questo animale
che permettono una relazione intensa e ricca di stimoli per le persone in situazione di
disabilità psichiche o fisiche. L’asino, per le sue caratteristiche, é un facilitatore di
relazioni: lento, affettuoso, intelligente, morbido, disponibile, socievole; è in grado di
esercitare un forte appeal riuscendo ad indurre, motivare, rendere piacevoli o divertenti
comportamenti altrimenti difficili da far compiere; incentiva processi di condivisione
aumentando la disponibilità a interagire, dialogare, partecipare ad attività di gruppo,
aumenta l’interesse per gli altri; è in grado di allontanare i ragazzi dai pensieri
consuetudinari per immergerli in una nuova dimensione che consenta loro di spostare il
pensiero dalle situazioni fonti di stress; l’asino accetta le persone come sono, non giudica,
non proietta nulla, reagisce al loro agire; ha la capacità di percepire le emozioni altrui ed è
ogni volta pronto a fornire ciò che l’altro ricerca o aspetta. Fanno parte dell’esperienza
anche forti stimolazioni sensoriali, soprattutto tattili. L’accudimento dell’animale stimola
la percezione di bisogni al di fuori dei propri e promuove la regolazione del
comportamento.
Valutazione
Nella valutazione iniziale e finale sono state utilizzate da un lato situazioni di osservazione
standardizzate e dall’altro scale di valutazione opportunamente elaborate per individuare
il comportamento tipico nell’autismo (CARS) e lo sviluppo sociale (Vineland). Vengono
considerati quali indicatori di efficienza e di efficacia:
La riduzione dei sintomi e delle condotte di chiusura relazionale
L’aumento della qualità della vita
La riduzione dello stress genitoriale
Gli strumenti utilizzati per le valutazioni iniziale e finale sono:
Rating da scale specifiche per il disturbo (CARS)
Valutazione linguaggio (test sulla comunicazione)
Valutazione genitori (Scala Stress genitoriale)
Gli indicatori di esito individuati nel progetto sono:
Riduzione del punteggio alla “CARS
Aumento del punteggio alla “Scala Vineland”
Riduzione dei punteggi della “Scala Stress genitoriali”
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Riduzione della fuga dell’utenza verso servizi extra-territoriali
Il numero esiguo di soggetti inseriti in ogni singolo progetto e la scarsa sensibilità degli
strumenti di valutazione presenti attualmente non consentono di valutare in maniera
rigorosa gli esiti degli interventi per cui è primario trovare modalità e strumenti più
efficaci.
E’ necessario però introdurre valutazioni specifiche delle competenze acquisite con
l’animale e nel bosco anche per verificare la possibilità di finalizzarle a inserimenti di tipo
lavorativo o socio-terapeutico in età adulta. L’efficacia del progetto è documentata dai
cambiamenti avvenuti nei ragazzi indicati dal personale medico inviante e dalle stesse
famiglie, nonché dalla forte richiesta delle famiglie e degli specialisti di dare continuità al
servizio.
Il progetto “Zoccoli e cuore” prevede, inoltre un monitoraggio che ha una cadenza
quadrimestrale effettuato attraverso la stesura un resoconto, scritto e firmato dai ragazzi
stessi e dai loro genitori, in cui vengono descritte le attività svolte e le emozioni provate.
Questo resoconto funge poi da base per i bilanci funzionali in cui vengono programmati
gli obiettivi specifici in collaborazione con lo staff dell’Associazione e con i genitori dei
ragazzi in piena rispondenza con i piani terapeutici individuali forniti dai Servizi.
Spesso è il ragazzo stesso che manifesta la propria soddisfazione nel lavoro che svolge: un
autistico ad alto funzionamento ha detto “Luisella a me piace lavorare con te perché mi
presenti sempre gente nuova”.
Per quanto riguarda la valutazione del benessere degli asini coinvolti nelle attività, la
Signora Luisella Trameri è responsabile della valutazione degli animali dal punto di vista
fisico/comportamentale: controlla che l’asino non manifesti segnali di stress prima e
durante le Attività, eventualità che prevede un’interruzione immediata della stessa e la
ricollocazione dell’animale all’interno del recinto con gli altri componenti del branco.
Sostenibilità/finanziamenti
Il sistema Agricoltura Sociale Valdera è stato il primo formalizzato in Italia e riconosciuto
all’interno del Piano di Salute della Valdera. Questo ha consentito di gestire risorse
assegnate all’interno del Piano Integrato di Salute approvato ogni anno dalla Società della
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Salute della Valdera. Il Piano Integrato di Salute prevede, infatti, una specifica linea
progettuale denominata “Agricoltura sociale”. Le risorse vengono gestite dall’Unione
Valdera la quale, per la loro assegnazione, si avvale del lavoro del Tavolo per l’Agricoltura
Sociale. Tenuto conto delle indicazioni contenute nel Piano Integrato di Salute e nelle
linee programmatiche e di indirizzo dell’Unione Valdera, il Tavolo dell’Agricoltura sociale
propone l’utilizzo delle risorse stabilendo, in concertazione fra i propri componenti sociali
e rurali, le priorità e le modalità della progettazione pubblico/privata, le procedure di
assegnazione e i criteri di valutazione. Le risorse vengono assegnate alle aziende agricole
o ad altri soggetti che ne hanno titolo (ad esempio Associazioni specifiche) per lo sviluppo
delle azioni previste nei progetti. Con i finanziamenti del Piano Integrato di Salute nel
2009 iniziano i progetti rivolti a soggetti in situazione di svantaggio, un progetto di
riabilitazione psico-sociale “Guid-abile. Guide a passo d’asino” e, grazie ai medesimi fondi,
i progetti sono stati finanziati fino all’anno scorso.
Il progetto “Zoccoli e cuore” ha i ricevuto i finanziamenti elargiti dal bando sull’Agricoltura
Sociale, finalizzato all’inserimento in attività rurali di persone che hanno una disabilità o
uno svantaggio, lanciato dalla Regione Toscana nel Maggio 2012. Le persone che hanno
usufruito di questo inserimento lavorativo hanno percepito un rimborso che comprende
l’attrezzatura necessaria e un sostegno economico variabile da 100 a 400 € in rapporto
alle ore di attività effettuate.
Tratto da Toscana Notizie (20/10/2012):
Il bando (decreto dirigenziale n° 1684 del 17/04/2012) è volto a finanziare progetti di
accoglienza di persone con disabilità e/o svantaggio, per il miglioramento della loro
autonomia e capacità tramite lo svolgimento di esperienze in attività rurali. "Questo
bando - ha aggiunto Massimo Toschi, Consigliere del Presidente per la Cooperazione
Relazioni Internazionali e per la Difesa dei Diritti delle Persone Disabili - è una forma di
attuazione della nostra Costituzione, perché nella Costituzione i disabili sono garantiti nel
loro diritto alla salute, alla scuola, al lavoro".
Simone Tarducci, Responsabile del settore Valorizzazione dell’ Imprenditoria Agricola per
la Regione Toscana ha scritto in merito al progetto “Zoccoli e cuore”: “Il vero punto di
forza di questa esperienza è stato quello di non lasciare nessuno indietro, specialmente chi
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è più debole e ha più difficoltà. Nessuna graduatoria, nessuna priorità, ma un’occasione
per tutti per migliorare un poco la propria vita. È stato il bando che ha fatto aprire la porta
di casa e entrare nel mondo del lavoro ragazzi che nessuno aveva messo alla prova. Segno
che un altro mondo è davvero possibile”.
Punti di forza
Un importante punto di forza di questi progetti è la rete delle famiglie degli utenti che si è
venuta a creare negli anni, fonte di supporto morale e pratico.
Altri punti di forza sono: la mescolanza di diverse abilità, sia per quello che riguarda gli
operatori coinvolti sia per quanto riguarda gli utenti, il luogo di svolgimento delle attività,
il continuo aggiornamento degli operatori professionali e volontari, la loro supervisione
psicologica in quanto chi sceglie il mestiere di aiutare gli altri è esposto a una grande
quantità di stress emozionale.
Infine, il bando sull'Agricoltura Sociale lanciato dalla Regione Toscana ha consentito una
continuità di inserimento per i tre ragazzi che hanno partecipato ai progetti “Guid-abile“
evitando il vuoto che si crea una volta raggiunto il termine del loro percorso scolastico. Il
bando ha consentito ad un ragazzo di alternare scuola-lavoro, ad un altro di acquisire
competenze nell’ambito della gestione dell’asino e, più in generale, di socializzare in un
ambiente che accogliere visite di scuole ed eventi di vario genere e di ridurre la
dipendenza dall’adulto in azioni di routine.
Punti di debolezza
La famiglia deve essere considerata come protagonista di un processo di adattamento
oltre che come vittima di una situazione stressante e ciò è fondamentale per immetterla a
pieno titolo nel processo terapeutico, per considerare l’aspetto delle risorse attivabili
anziché quello dell’handicap. Una grossa criticità è data dalla situazione di sofferenza dei
genitori e delle famiglie, spesso non seguite completamente dai Servizi Pubblici
competenti. Questo ha portato l’Associazione a ricercare una sinergia con due Psicologi
che collaborano con la l’Università di Pisa per includere nei progetti 2015 “Guid-abile. Per
la cura del creato” e “Respiri di sollievo“ una prima serie di incontri di sostegno alla
genitorialità attraverso l’utilizzo del protocollo ACT (Acceptance and Commitment
Therapy) per fornire alle famiglie strumenti di gestione dello stress.
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La carenza di risorse pone ogni anno l’Associazione di Promozione Sociale alla ricerca di
fonti di sostegno ad integrazione di quanto viene stanziato dagli Enti Pubblici, reperiti fin
qui da una Fondazione Bancaria e da donazioni individuali; nonostante ciò il 10% del
valore complessivo del 2014 è stato coperto da autofinanziamento.
Per il futuro si auspica il riconoscimento del servizio svolto e dei benefici verificati, per
trasformare il volontariato in lavoro. È necessaria un’evoluzione che permetta di mettere
a frutto anni di “attività pionieristiche” offrendo il servizio a una molteplice utenza.
Le possibilità di applicazione future delle attività con gli animali sono innumerevoli e sono
legate sia alle caratteristiche degli animali scelti, che alle tecniche e ai metodi utilizzati:
disturbi dell’apprendimento/attenzione in collaborazione con la Scuola Primaria, bimbi
affetti da paralisi celebrale infantile in sessioni settimanali, anziani con patologie senili,
adolescenti con disturbi alimentari oltre che affetti da disturbi dello spettro autistico e
ritardo cognitivo, progetti quest’ultimi che hanno dato finora esiti riconosciuti e a lungo
termine.
Punti di forza
La rete delle famiglie
La collaborazione pluriennale con la Regione Toscana che ha consentito la
continuità dei progetti
Il monitoraggio costante da parte dei servizi socio-sanitari
Punti di debolezza
Mancanza di un supporto alla genitorialità
Ridotte risorse economiche
Minacce
Il recinto in cui gli animali vivono non è soggetto a sorveglianza e in passato è stato un problema per l’incolumità degli animali
Opportunità
Riconoscimento del servizio svolto e dei suoi esiti positivi
per poter allargare il bacino di utenza
Possibilità di ulteriori inserimenti socio-lavorativo
Figura 6.24 Schema riassuntivo
Dottor Fabrizio Lazzerini, Unità Funzionale Salute Mentale Adulti ASL 5 di Pisa
Il servizio prevede che per ogni paziente sia formulato un progetto terapeutico-
riabilitativo individualizzato, partendo da un’analisi dei bisogni dell’utente; in base al
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progetto è possibile determinare l’accesso a questa risorsa. Spesso sono soggetti che
hanno patologie che coinvolgono la sfera relazionale, che è l’ambito che mi aspetto che
migliori. La scelta non è soltanto legata a criteri diagnostici, ma alle “capacità” che si sono
perse a seguito del disturbo psico-patologico. Questo genere di intervento dà
sicuramente dei risultati, ma l’esiguo numero di utenti e l’assenza di scale di valutazione
adeguate per queste attività, che potrebbero quantificare il miglioramento riscontrato,
rende la valutazione degli esiti difficoltosa e questo può sicuramente essere considerato
un limite, limite che, in generale, si riscontra in tutte le pratiche riabilitative; è chiaro che
ci siano dei miglioramenti, ma sono difficilmente quantificabili. Credo che una valutazione
di tipo analitico permetterebbe di valutare anche miglioramenti meno evidenti di quelli
che vengono al momento rilevati e dare un impulso maggiore alla diffusione di queste
pratiche; periodicamente, circa ogni tre mesi, vengono comunque fatte delle valutazioni
per verificare la presenza di riscontri positivi negli utenti. Viene tenuto anche in grande
considerazione il parere delle famiglie in merito agli esiti di queste attività sui ragazzi, il
feedback che riceviamo dalle famiglie è comunque molto positivo e questo ha, secondo
me, contribuito alla continuità del progetto nel corso degli anni oltre al grande impegno
profuso dalla Signora Trameri.
Dottoressa Paola Poli e Dottoressa Franca Soldateschi, Unità Funzionale Salute Mentale
Infanzia Adolescenza ASL 5 Pisa
I criteri di scelta che abbiamo utilizzato per la selezione degli utenti hanno subito alcune
modifiche con il passare degli anni, in quanto l’esperienza maturata e l’emergere di nuove
necessità nei fruitori ci hanno indirizzato via via verso nuovi criteri di selezione. La scelta
degli utenti si è basata su:
Età. Inizialmente ci siamo rivolti a ragazzi adolescenti di 15-16 anni, questo criterio
ci ha consentito di avere un eventuale percorso di continuità in progetti futuri che
li potessero coinvolgere al raggiungimento dell’età adulta
Abbiamo creato gruppi misti di circa sei utenti selezionandoli per potenzialità
cognitive. Generalmente 2-3 ragazzi a basso funzionamento e 2-3 ragazzi ad alto
funzionamento, in modo da poter bilanciare bene il rapporto con l’educatore e
permettere ai ragazzi a basso funzionamento di acquisire competenze, anche per
imitazione, dai ragazzi a più alto funzionamento. Abbiamo poi provato ad inserire
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in gruppi di ragazzi autistici ragazzi con differente patologia, ma simile livello
cognitivo per evitare che eventuali possibili stereotipie contagiassero tutto il
gruppo
I ragazzi che hanno avuto un buon gradimento e hanno presentano adattamento
totale o parziale ai progetti in cui erano stati precedentemente coinvolti
La possibilità di essere impiegati in termini lavorativi o come terapia occupazionale
in progetti futuri.
Ci siamo, inoltre, rivolti a famiglie che avevano già fatto fallire invii a tipi di
intervento più tradizionale, sperando che con un tipo di intervento più operativo si
potesse coinvolgerli maggiormente. Per una parte dei genitori è stato così, per
altri no. Questo ci ha fatto riflettere sulla possibilità di creare un nuovo progetto
che coinvolgesse i genitori di bambini con età di 5-6 anni sin dal principio, che
comprendesse attività di lavoro con l’asino e di adattamento all’ambiente. I
genitori hanno assistito e hanno partecipato a tutte le attività, inoltre abbiamo
dato loro la possibilità di far partecipare all’attività anche i fratelli dei piccolini.
Questa impostazione ci ha consentito di incontrare minori resistenze da parte
delle famiglie e di poter coinvolgere genitori di bambini stranieri a cui spesso è
difficile spiegare l’intervento verbalmente, al contrario è più facile farlo vedere
direttamente coinvolgendoli.
Quando si è riscontrato un buon gradimento e adattamento da parte dei ragazzi è stato
possibile coinvolgerli in progetti simili; questo ci ha permesso di capire se il ragazzo
potesse essere idoneo ad un impiego nel campo dell’Agricoltura Sociale e creare le
premesse per avere una buona continuità tra la fase dell’infanzia e quella dell’età adulta,
aspetto non scontato poiché c’è una grossa frattura tra i servizi più intensivi dell’infanzia e
i servizi per gli adulti in cui spesso il ragazzo ”si perde”.
Le aspettative sono limitate, un po’ perché gli interventi non hanno una programmazione
intensiva (l’attività viene praticata una volta sola a settimana) un po’ per la patologia
stessa dei ragazzi che non andrà mai incontro a guarigione. Le aspettative per gli
interventi di gruppo sono un aumento della capacità del bambino di stare in gruppo e
l’acquisizione di procedure il cui livello di difficoltà è relativo al livello cognitivo del
bambino. Nel caso degli adolescenti le procedure prevedono un livello maggiore di
difficoltà anche in relazione all’eventuale inserimento lavorativo
110
Per ora la misurazione degli esiti è stata di tipo qualitativo, tramite somministrazione di
un questionario ai genitori prima e dopo l’attività e misurazioni con scale validate, ma si
tratta di una misurazione poco sensibile. Stiamo cercando, ormai da un paio d’anni, di
creare uno strumento che consenta di misurare gli effetti delle attività in maniera più
precisa, ma ci sono difficoltà legate al tipo di intervento, che è puntuale, al diverso livello
di funzionamento dei ragazzi e alla numerosità ridotta dei gruppi. È una sfida che va
affrontata per motivi etici perché l’autoreferenzialità non è un buon criterio per fornire
un intervento e neanche per giustificare le spese, seppur limitate.
I limiti dell’intervento sono legati alla patologia: nell’ insufficienza mentale e nell’autismo
c’è una difficoltà di trasferimento, ovvero non è detto che una competenza acquisita in un
contesto possa essere trasferita in un altro.
Le potenzialità consistono nella possibilità dell’inserimento lavorativo o socio-riabilitativo
degli adolescenti coinvolti nei progetti.
L’80% delle famiglie ha avuto grande soddisfazione dalle attività in cui sono state coinvolti
i ragazzi, inoltre si sono creati spontaneamente gruppi di sostegno tra i genitori che in
molti casi si adoperano nella promozione delle attività che coinvolgono i loro figli.
6.4 Azienda Agricola Biologica La fattoria di Valentina
“La fattoria di Valentina” è un’Azienda Agricola Biologica situata a circa due chilometri da
Pomarance, in provincia di Pisa. All’interno dell’Azienda, che ha un’estensione di otto
ettari, si svolgono diversi tipi di attività che comprendono: la produzione di alimenti e
prodotti di origine animale (miele, cera d’api, olio, vino, confetture, ecc…), l’agriturismo, i
trekking guidati nel bosco circostante, attività orticolturali e di cucina didattica.
Per quanto riguarda strettamente le Terapie Assistite con Equidi, vengono svolte attività
di Rieducazione Equestre e Ippoterapia nel contesto di due progetti già attivi da qualche
anno, “Diversamente in Fattoria” e “360 Gradi” in collaborazione rispettivamente con
l’ASL 5 Alta Val di Cecina e con la UISP7.
Le attività con i cavalli si svolgono all’interno di un maneggio di circa 20X40 metri per
metà coperto da una tensostruttura che permette di poter effettuare le attività anche in
caso di condizioni ambientali sfavorevoli. Il maneggio è inoltre fornito di una pedana
7 Unione Italiana Sport per tutti
111
mobile che consente la messa in sella dei ragazzi in sicurezza.
Per i primi anni i progetti sono stati presentati come Associazione Sportiva Dilettantistica
LiberaMente Natural, nata nel 2005; è poi stata costituita, sempre nel 2005, la ONLUS
Liberamente Natural Solidarietà (iscritta alla delegazione di Pisa del CESVOT8). Lo scopo
dell'Associazione è ridurre il disagio sociale di soggetti con svantaggio fisico, psichico e/o
economico, oltre a favorire il recupero ed il reinserimento nella società di ristretti nelle
case di pena. A tal fine, attraverso attività di Riabilitazione Equestre (Ippoterapia e
Rieducazione Equestre), Fattoria Sociale (essenzialmente orto-terapia ed inserimenti
socio-terapeutici) e Pet Therapy, si rivolge soprattutto a disabili, anziani e detenuti.
l'Associazione si appoggia sulla struttura dell'Azienda Agricola per poter svolgere le sue
attività.
La Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra9 è stato, ed è, uno dei partner che,
attraverso l’istituzione di bandi a durata annuale o pluriennale, sostiene i progetti che si
svolgono in Azienda; è grazie al contributo economico della Fondazione che è stato
possibile costruire la tensostruttura.
“Diversamente in Fattoria”
Il progetto è stato per la prima volta presentato nel 2014, con inizio delle attività
nel 2015, come Azienda Agricola e non come Associazione appartenente al terzo
settore (ONLUS), in quanto l’Azienda fa parte del tavolo di Agricoltura Sociale
dell’Alta Val di Cecina; esso ha una durata di tre anni e prevede, inoltre, una serie
di incontri formativi (6-7 incontri) sul tema dell’Agricoltura Sociale. Questo
progetto è il continuo trimestrale di un precedente progetto triennale (“Qualcosa
di diverso”, svoltosi negli anni 2010-2011-2012) con la ASL 5 come ente
promotore, finanziato da fondi regionali. Per quest’anno le attività verranno
finanziate dalla Società della salute dell’Alta Val di Cecina tramite fondi derivanti
dalla partecipazione ad un bando della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra.
8 Centro Servizi Volontariato Toscana
9 La Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra persegue scopi di utilità sociale e di promozione dello
sviluppo economico del territorio; la Fondazione interviene a sostegno e in collaborazione con enti pubblici
e privati senza scopo di lucro per consentire la realizzazione di iniziative sia di carattere pluriennale che
annuale, promuove e gestisce interventi diretti anche per il tramite di società e prescelti dall' organo di
indirizzo tra quelli previsti dalle vigenti normative
112
Sarà l’Azienda stessa che, in seguito ad emissione di fattura, percepirà il
contributo mentre l’Associazione LiberaMente Natural Solidarietà (ONLUS)
sosterrà le attività con i propri volontari, qualora ve ne fosse la necessità.
L’ANTEAS, invece, sostiene il progetto effettuando i trasporti degli utenti e degli
educatori.
“360 Gradi”
Si tratta di un progetto pluriennale presentato dalla UISP e promosso dall’ASL 5
Alta Val di Cecina, co-finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra,
dalle famiglie degli utenti e dalla UISP stessa. Il bando del progetto ha scadenza
annuale. L’Associazione LiberaMente Natural offre il servizio di Ippoterapia e di
Riabilitazione Equestre, due attività che si aggiungono ad altre quali tennis, nuoto,
ecc… Valentina Moretti riceve un compenso direttamente dalla UISP in qualità di
Istruttrice tesserata, il suo tesseramento fornisce, inoltre, una copertura
assicurativa agli utenti del servizio.
Il servizio di trasporto all’azienda viene effettuato dall’Associazione ANTEAS10 di
Pomarance attraverso l’utilizzo dei propri mezzi e dei propri volontari.
10
L’ANTEAS, Associazione Nazionale Tutte le Età Attive per la Solidarietà, è un’Associazione di Volontariato
e di Promozione sociale articolata su tutto il territorio nazionale promossa dagli anziani
113
Attività Attività Assistite con Animali
Struttura Azienda Agricola con un’estensione di otto ettari
Tipologia di utenti
Bambini di 4-8 anni con disturbi
dello spettro autistico e della condotta Ospiti di centri diurni della zona
Organizzazione
Gruppi di 3-4 utenti nel caso dei bambini di 10-11 utenti nel caso degli ospiti
dei centri diurni Durata delle attività circa 2 ore
Animali (tipo e numero) Polli, anatre, oche, pecore, cavalli (3), asini (2)
Professionalità coinvolte Operatrice per la Riabilitazione Equestre
Educatori Volontari
Figura 6.25 Organizzazione attività
Figure professionali coinvolte
Le attività di Riabilitazione Equestre e Ippoterapia sono seguite da Valentina Moretti e da
suo marito.
Valentina Moretti (43 anni), ha partecipato a uno stage per le AAA e TAA tenuto
da Renata Fossati, pedagogista e consulente per l’applicazione della Pet Therapy,
svoltosi presso l’allevamento Talia Althea di Campiglia (2006), Valentina Moretti
ha cominciato a lavorare nel campo delle Terapie Assistite con gli Equidi nel 2003
mettendo a disposizione cavalli e strutture per un progetto, che già andava avanti
da qualche anno, della UISP in collaborazione con l’ASL le cui utenze erano
rappresentate dagli ospiti dei centri diurni di Volterra e Castelnuovo. In seguito a
questa esperienza ha deciso di provvedere ad una formazione specifica nel campo
delle Terapie Assistite con Equidi, essendo già in possesso di una patente B
rilasciata dalla FISE, seguendo un corso presso l’Associazione Lapo di Firenze e
ottenendo il titolo di Operatore per la Riabilitazione Equestre (2006). Frequenta
annualmente i corsi di aggiornamento dell’Associazione Lapo.
Ha seguito inoltre corsi che le hanno permesso di conseguire il titolo di Tecnico
114
Qualificato di Guida Ambientale Equestre (2008) e di Guida Ambientale
Escursionistica (2007).
Massimo Pettorali, marito di Valentina Moretti, è formato nel campo della Pet
Therapy e partecipa costantemente a corsi di aggiornamento in tale ambito. Ha
frequentato, inoltre, corsi di aggiornamento sul tema della Riabilitazione Equestre
oltre ad avere un’esperienza pluriennale nel campo
Durante lo svolgimento delle attività del progetto “Diversamente in Fattoria” sono
sempre presenti gli educatori; inoltre l’equipe di lavoro, composta da una Neuropsichiatra
Infantile, una Logopedista, una Psicologa (che è stata la referente del progetto fino al
2013) e dagli educatori, effettua riunioni cadenzate per monitorare lo svolgimento del
progetto.
Gli utenti del progetto “360 Gradi” sono accompagnati, oltre che dal personale ASL, da
operatori, spesso volontari, che non hanno competenze specifiche e che partecipano
attivamente all’attività in campo.
Partners del progetto e principali interlocutori pubblici e privati
Soggetti Pubblici
Regione Toscana ASL 5 Alta Val di Cecina
Società della Salute
Soggetti Privati
Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra
Azienda Agricola Utenze Private
Terzo Settore (No Profit)
Associazione LiberaMente
ONLUS Misericordia di Pomarance
Terzo Settore (Solidarietà Sociale)
ANTEAS
UISP CESVOT
Figura 6.26 Interlocutori pubblici e privati
“360 Gradi”
e
“Diversamente in Fattoria”
115
Servizi offerti
L’azienda è aperta tutti i giorni dell’anno, tuttavia i progetti “Diversamente in Fattoria” e
“360 Gradi” seguono un calendario stabilito prima dell’inizio del progetto:
“Diversamente in Fattoria”
Il progetto si svolge il mercoledì e il venerdì, ogni incontro dura due ore e vi
partecipano due gruppi differenti
“360 gradi di Sport”
il progetto si articola in tre incontri settimanali della durata minima di un’ora e
mezzo e massima di due ore, in base al tipo di utenza e alla numerosità del
gruppo.
Per quanto riguarda “Diversamente in Fattoria” l’ASL fornisce le utenze, si occupa dei
rapporti con i familiari dei minori o con i tutori (che, in qualche caso, possono
accompagnare e rimanere ad osservare il bambino per la durata dell’intera seduta), e
monitore l’attività; “360 gradi” è completamente gestito dalla UISP che prende contatti
con l’ASL per assicurare l’invio delle utenze.
Il gruppo di cavalli presenti in azienda è costituito da un pony, tre cavalli di razza
Monterufolina appartenenti al nucleo dell’ex Comunità Montana dell’Alta Val di Cecina
(oggi Unione dei Comuni Alta Val di Cecina), due cavalli di razza Maremmana e uno di
razza Argentina. Per le terapie vengono utilizzati soltanto tre animali, in quanto
presentano caratteristiche di temperamento, caratteriali e morfologiche più adatte per lo
svolgimento delle attività: un cavallo maschio adulto di 20 anni e, in caso di bambini
piccoli, una delle Monterufoline. Per un primo approccio al cavallo, anche negli utenti
adulti, viene usato il pony in quanto le dimensioni ridotte riducono la paura nei confronti
di questo animale.
Le attività proposte dall’Azienda non si limitano alla sola Riabilitazione Equestre e
Ippoterapia, ma coinvolgono tutti gli animali presenti, appartenenti per lo più a razze
autoctone: quattro pecore Pomarancine e due agnellini della stessa razza nati da poco,
galline di razza Mugellese e Livorno, un gruppo di anatre di razza Germano Reale, oche
Padovane. Sono inoltre presenti due asinelli che, da quest’anno, verranno coinvolti in
attività di onoterapia.
116
Figura 6.27, Figura 6.28, Figura 6.29, Figura 6.30 Alcuni degli animali impiegati nelle Attività: le oche Padovane, il pony, le pecore Pomarancine e una delle galline Livornesi
Da quest’anno il progetto è stato ampliato aggiungendo laboratori al chiuso che
consentono di portare avanti le attività anche in caso di maltempo.
I cavalli sono alloggiati all’interno di box “etologici” a schiera di dimensioni 4X3 metri (ad
eccezione del box del pony che ha dimensioni ridotte), sul retro di ogni box si trova un
recinto, stretto e lungo, sempre accessibile.
Gli animali non sono stati sottoposti ad un addestramento particolare, eccezion fatta per
la doma etologica, ma sono gestiti in maniera da rispettare le loro esigenze etologiche e
non vengono sottoposti ad un carico di lavoro troppo impegnativo.
Viene effettuata una valutazione frequente del piede (zoccoli, appiombi, ecc…) da parte
della Signora Moretti; gli animali sono tutti sferrati, si provvede soltanto al pareggio dello
zoccolo da parte dal maniscalco. Se il consumo dello zoccolo durante il periodo di attività
aumenta, allora si può pensare ad una ferratura temporanea.
Le visite veterinarie vengono eseguite per le profilassi vaccinale o nel caso in cui si
manifestino segni di patologia, motivo di esclusione temporanea del cavallo dalle attività.
117
Destinatari
“Diversamente in Fattoria”
Le utenze di questo progetto sono composte da minori con un’età compresa tra i
4 e gli 8 anni con Disturbi dello Spettro Autistico e Disturbi della Condotta
referenti all’ UFSMIA. I gruppi sono formati da massimo 4 bambini per via della
gravità del loro quadro patologico.
“360 Gradi”
Le utenze di questo progetto sono costituiti dagli ospiti dei Centri Diurni di
Volterra e Castelnuovo, l’età varia dai 18 ai 70 anni e i gruppi in questo caso sono
più numerosi, arrivando a comprendere fino a 10-11 persone.
Privati
Vi sono utenti che accedono alle attività di Ippoterapia e Rieducazione Equestre
privatamente tramite appuntamento, sia singolarmente che in gruppo (ad
esempio altri centri diurni della zona).
Le attività di accudimento degli animali si svolgono in gruppo, mentre la seduta di
Ippoterapia e di Rieducazione Equestre viene svolta sempre singolarmente.
Obiettivi generali e specifici del progetto
I progetti prevedono obiettivi generali specifici che sono sia di tipo individuale, variabili
quindi in base al paziente, che di gruppo consistenti, in questi casi, nel facilitare la
socializzazione, sviluppare capacità comunicativo-adattative, favorire la dinamica e il
lavoro di gruppo, aumentare la coordinazione, favorire la pianificazione motoria e
cognitiva di azioni finalizzate a scopi precisi, stimolare i sensi, la manualità e la gestualità.
I progetti si integrano e si incastrano con le altre attività aziendali che vengono portate
avanti durante tutto l’anno (agrituristica, produzione alimentare, percorsi didattici).
Metodologie di lavoro
La gestione dei gruppi all’interno dell’azienda ha una sua routine. In particolare, dopo
l’arrivo del gruppo, l’attività si apre con il giro del pollaio che prevede la somministrazione
di cibo e acqua, l’identificazione delle specie presenti, la raccolta delle uova e
118
l’identificazione della specie che le hanno deposte. Si prosegue con la visita al laghetto in
cui sono presenti diversi esemplari di Germano Reale che ben si prestano al
riconoscimento di genere, per via dello spiccato dimorfismo sessuale e delle differenti
vocalizzazioni tra maschio e femmina. In seguito si procede con la visita dell’ovile per poi
arrivare alla zona del maneggio.
Nel campo di lavoro vengono sistemate palline, bandierine, nastri, pilieri che consentono
lo svolgimento degli esercizi a cavallo o da terra. La modalità con cui la seduta si articola e
la sua tempistica cambiano in base al tipo di utente che ne usufruisce. Si può effettuare
semplicemente la conduzione del cavallo alla longhina (o con doppia longhina per
questioni di sicurezza), la ginnastica in sella per persone con ridotta mobilità oppure una
seduta di Ippoterapia e/o di Rieducazione Equestre in sella all’animale.
Figura 6.31 e Figura 6.32 Un utente conduce il cavallo alla longhina, mentre un altro svolge un esercizio in sella
Figura 6.33 e Figura 6.34 Un utente durante la seduta e un altro subito dopo essere salito in sella tramite la pedana
119
Se la persona non ha mai avuto contatti con il cavallo o è molto intimorita, si parte con il
lavoro a terra costituito dai primi avvicinamenti all’animale, dallo spazzolamento, dalle
carezze, dalla somministrazione di biscotti o erba; a volte il soggetto viene coinvolto nella
terapia di un altro utente più esperto (ad esempio nella fase di messa in sella, che
comporta una vicinanza piuttosto stretta al cavallo).
Si sono verificati spesso casi in cui l’utente è stato in grado, con il progredire delle sedute,
di passare dalla fase di Ippoterapia a quella di Rieducazione Equestre.
In soggetti che necessitano di un aumento dell’autostima si tende ad improntare un
lavoro basato sulla conduzione del cavallo, i soggetti che necessitano di un aumento della
coordinazione avranno una seduta basata su giochi che favoriscono la motricità, nel caso
dei bambini autistici il cavallo funzione da “tramite emozionale” consentendo una
maggior comunicazione.
Nel caso in cui le condizioni meteorologiche non consentano le attività all’aperto è
previsto una seria di attività al chiuso che vanno dal “Diario della Fattoria” alla
preparazione della merenda con i prodotti dell’Azienda.
Ogni anno, al termine dei progetti, viene organizzato un saggio alla presenza del Sindaco
del Comune, degli Assessori al Sociale e all’Associazionismo o di un’ altra autorità locale,
che assistono allo spettacolo insieme ai genitori e ai parenti, e che consegnano un
attestato ed un gadget come premio delle attività e dei progressi conseguiti dai ragazzi.
Valutazione
La valutazione del percorso del progetto “Diversamente in Fattoria” viene effettuata
attraverso delle riunioni a cadenza mensile che coinvolgono tutta l’equipe. Le riunioni
cominciano prima dell’inizio progetto, nel caso in cui si parli di gruppi di utenti già venuti
negli anni passati, gli incontri consentono di definire un resoconto delle precedenti
esperienze. Se emergono problematiche durante il percorso allora si provvede a nuovi
incontri, altrimenti si procede con una sola riunione conclusiva per verificare il grado di
raggiungimento degli obiettivi. Nella valutazione iniziale e finale vengono utilizzate da un
lato situazioni di osservazione standardizzate e dall’altro scale di valutazione
opportunamente elaborate per il “comportamento” autistico (CARS; ADOS; ADI-R; ABC;
PEP-R). Vengono considerati quali indicatori di efficienza e di efficacia la riduzione dei
sintomi e delle condotte di chiusura relazionale, l’aumento della qualità della vita e la
120
riduzione dello stress genitoriale.
Si è sentita comunque da più parti la necessità di creare uno strumento di valutazione
efficace e condiviso capace di monitorare il progetto durante lo svolgimento, ma si tratta
di un’ipotesi di lavoro per ora in corso d’opera.
Per quanto riguarda il progetto “360 Gradi” è la UISP che provvede alla valutazione degli
effetti delle pratiche sugli utenti, ma questi dati rimangono confidenziali.
Nel caso in cui ci se renda conto che un utente presenta delle difficoltà nel
raggiungimento degli obiettivi viene chiesto un colloquio con i genitori, anche se, a volte,
è il genitore stesso che riferisce di variazioni comportamentali della persona in seguito
alla seduta.
Ci sono stati casi in cui gli utenti non hanno usufruito del servizio l’anno successivo, non
per una perdita di interesse nei confronti dell’attività col cavallo, ma per un
peggioramento del quadro patologico generale.
La valutazione dello stress nell’animale viene effettuata direttamente da Valentina
Moretti. Durante le sedute raramente i cavalli hanno manifestato segnali di stress,
eccezion fatta per il caso di un minore che emetteva forti vocalizzazioni ed aveva
stereotipie marcate; in quella situazione si è provveduto, per ridurre il livello di stress
dell’animale, evidenziato attraverso variazioni comportamentali (orecchie indietro), a
fermare momentaneamente la seduta ed a riprenderla dal punto da cui era stata
interrotta nel momento in cui l’animale e l’utente si erano tranquillizzati. In caso di forte
vento o di rumori troppo violenti (trattore, aereo militare, ecc…) le sedute vengono
sospese per non sottoporre il cavallo ad un livello eccessivo di stress che può
compromettere la sicurezza della messa in sella.
Sostenibilità/finanziamenti
I fondi elargiti attraverso i bandi coprono le spese di mantenimento dei cavalli e le spese
vive che l’attività richiede, ma non c’è un margine di guadagno.
Vi sono contributi sporadici da parte di diverse Associazioni in termini di donazione di
strumenti: per esempio la sella modello Elisa è stata donata dalla Misericordia di
Pomarance, mentre la pedana è stata donata dalla UISP; inoltre vengono organizzate
dall’Associazione LiberaMente ONLUS delle raccolte fondi.
121
Punti di forza
La possibilità di avere un’Azienda gestita personalmente permette di avere una maggior
flessibilità nell’utilizzo degli spazi, di orario e di organizzazione e coordinazione con gli altri
partner.
Inoltre, altro punto di forza è la possibilità di lavorare in rete, “Lavorare in rete ti permette
di arricchirti e di arricchire gli altri di quello che sai fare”
Punti di debolezza
La scarsità di fondi provenienti dalle istituzioni pubbliche e i rapporti con le stesse, che,
gestendo attività nelle vicinanze dell’Azienda con le stesse caratteristiche, si pongono in
maniera concorrenziale.
Punti di forza
La gestione diretta di spazi e orari in quanto il servizio è svolto in un’Azienda Agricola
privata
Punti di debolezza
Ridotte risorse economiche
Minacce
Posizione concorrenziale delle Istituzioni Pubbliche per quanto riguarda le attività del
maneggio
Opportunità
Il progressivo ampliamento della varietà delle attività proposte
Figura 6.35 Schema riassuntivo
Signora Anna Bolognesi, Responsabile del progetto “360 Gradi” della Delegazione UISP
di Volterra
La parte di Ippoterapia del progetto “360 Gradi” si svolge durante la bella stagione perché
permette agli utenti di stare all’aria aperta. L’attività è poco impegnativa a livello fisico,
perlopiù vengono svolti semplici esercizi in sella al cavallo. Non tutti gli utenti salgono,
qualcuno si limita a condurre l’animale da terra. Nelle attività che coinvolgono i disabili da
sempre la UISP include l’equitazione in quanto si instaura una bella relazione tra gli utenti
e l’animale: Il cavallo “sente” e si comporta di conseguenza. Negli anni il servizio è stato
offerto a un numero sempre maggiore di persone, all’interno di gruppi con differenti
livelli di abilità; per il prossimo anno prevediamo di allargare l’offerta anche a gruppi di
122
bambini disabili. Non perseguiamo finalità agonistiche, ma siamo più orientati verso la
costruzione dello spirito di gruppo.
6.5 Risultati e discussione della lettura dei tre casi
Il contesto ambientale in cui i progetti si svolgono presentano notevoli differenze: sia i
progetti di Onoterapia sia quelli che si svolgono nell’Azienda Agricola di Valentina Moretti
si attuano in un contesto totalmente immerso nella natura che consente un’interazione
con questa, mentre l’Associazione EquiOasi Arcadia, benché comunque operante
all’interno di uno spazio verde, si trova all’interno di una struttura ospedaliera.
All’interno dei diversi gruppi di lavoro si ha una netta prevalenza di figure professionali
formate nell’ambito socio-sanitario, se non direttamente nelle attività in campo
quantomeno all’interno dell’equipe di lavoro.
Nei gruppi di lavoro è completamente assente la figura di un Medico Veterinario
opportunamente formato nella valutazione del benessere degli animali coinvolti in queste
pratiche, mentre si fa riferimento a questa professionalità per quel che riguarda
l’alimentazione, la profilassi vaccinale e il monitoraggio dello stato fisico, quindi in
accompagnamento alla classica gestione di un animale.
Poiché gli Interventi Assistiti con Animali, almeno fino ad oggi, non possono essere coperti
dai fondi provenienti dal Servizio Sanitario Nazionale, le risorse economiche a sostegno
dei progetti sono legate a bandi pubblici o a supporti da Associazioni no-profit e da
raccolte fondi organizzate dalle Associazioni stesse.
In tutti i casi, i referenti esterni del progetto (solitamente i Medici invianti) valutano
positivamente gli esiti delle attività, anche se lamentano l’esigenza di un
approfondimento di ricerca rispetto a quelli che sono possibili valutazioni scientifiche.
Questo anche perché non esistono al momento scale di valutazione che consentano di
verificare l’efficacia di queste Attività; a tal proposito, i servizi invianti, per quanto emerso
dalle interviste, sono i primi a richiedere ricerche adeguate che consentano di formulare
schemi di valutazione scientificamente validati e unanimemente condivisi al fine di
permettere la verifica degli esiti di questi interventi. La valutazione, in questa prospettiva,
potrebbe consolidare il riconoscimento, il consolidamento e la diffusione delle esperienze
di AAT e AAA.
123
La realtà della Stella Maris e quella di Valentina Moretti hanno finalità strettamente
assistenziali-terapeutiche, mentre nel caso della Signora Luisella Trameri c’è stata
un’evoluzione dei progetti che, da avere puramente finalità terapeutiche-assistenziali,
hanno finito per inserire alcuni dei ragazzi nello staff come soci lavoranti.
Il bacino di utenza è in ogni caso riferibile alla disabilità, benchè ci sia grande variabilità
nelle patologie e nelle età degli utenti dei progetti.
Le metodologie di lavoro non sono comparabili in quanto coinvolgono animali diversi in
specie e numero, tuttavia tutti e tre i progetti prevedono una parte di accudimento
dell’animale, che, in questo senso, funge da “facilitatore emozionale” al fine di perseguire
un miglioramento della sfera relazionale. Le maggiori analogie nelle metodologia di lavoro
in campo si hanno nei progetti che coinvolgono i cavalli, molto probabilmente perché il
percorso formativo degli operatori in questo ambito è riferibile, per tutti e quattro, alla
Scuola di Firenze.
Un’importante differenza dei progetti con gli asini rispetto agli altri due, sta nel
coinvolgimento diretto delle famiglie che prendono attivamente parte alle attività.
La seduta stessa ha una durata variabile: le attività con gli asini arrivano a durare anche
sei ore, mentre, per quanto riguarda i cavalli, si arriva a un massimo di due ore di lavoro. Il
lavoro è per la maggior parte organizzato in gruppi che possono avere numerosità
variabile, da un minimo di due a un massimo di undici persone.
Nelle tre pratiche risulta evidente il diverso livello di istituzionalizzazione e
riconoscimento da parte delle istituzioni locali, frutto dell’ambiente in cui esse trovano
sviluppo. Pur operando tutte all’interno della ASL di Pisa, le tre pratiche operano in
territori gestiti da diverse Società della Salute (Pisa, Valdera, Alta Val di Cecina). In
ciascuno di questi, il livello formale di riconoscimento e di intervento a sostegno
dell’Agricoltura Sociale è differente. Non è un caso che il progetto di Casciana-Lari è
l’unico, di fatto, i cui progetti ricevono sostegno diretto da parte del Piano della Salute di
Zona. In Valdera infatti, dal 2003 si è avviato un percorso di riconoscimento e
formalizzazione dell’Agricoltura Sociale che ha dato vita ad un tavolo di co-progettazione
sociale al quale partecipano soggetti pubblici, privati, portatori di progetto e associazioni,
che ogni anno seleziona progetti sui quali indirizzare risorse economiche di supporto.
124
Dal punto di vista dell’impiego degli animali come facilitatori e dell’organizzazione delle
sedute, ad elementi comuni nelle tre pratiche (la cura e il contatto con gli animali da
terra, l’accompagnamento con la longhina) le tre pratiche si caratterizzano per la comune
capacità di accompagnare le pratiche strutturate di Ippoterapia e di Riabilitazione
Equestre, con altre azioni che integrano l’uso delle risorse dell’ambiente in cui operano.
Da questo punto di vista, le pratiche realizzate nell’azienda agricola di Pomarance, trae
vantaggio dalla possibilità di legare alle pratiche equestri, l’interazione con le altre risorse
aziendali e azioni di didattica di fattoria (animali di bassa corte, attività al chiuso invernali,
ecc…); nel caso dell’Associazione Orecchie Lunghe & Passi Lenti, l’interazione con le
risorse della natura (il riconoscimento delle piante, degli uccelli e dei loro suoni, la
possibilità di muoversi nel bosco). In quest’ottica la pratica realizzata all’interno del solo
maneggio sembra essere meno flessibile e limitata alla sola interazione con i cavalli
all’interno del recinto.
La differenza relativa nell’impostazione delle attività può avere riflessi sulle capacità degli
utenti – anch’esse peraltro soggettive – accrescendo la difficoltà di valutazione degli esiti.
Resta in ogni caso evidente in tutti i casi la percezione positiva dimostrata tanto dai
medici invianti quanto dai familiari, in particolare per quanto riguarda la diversa
autonomia e centratura della persona rispetto al tema dei disagi con i quali sono gioco
forza abituati a convivere.
125
CAPITOLO 7
VALUTAZIONE BENESSERE ANIMALE
Negli ultimi anni c’è stato aumento del pubblico interesse nei confronti del benessere
degli animali, richiamando l'attenzione sui vari modi con i quali gli uomini interagiscono
con essi. Una buona definizione di benessere potrebbe essere (Hughes e Duncan, 1988)
“uno stato generale di buon equilibrio fisico-mentale in cui l’animale si trova in armonia
con l’ambiente circostante”.
Nel 1965 il Comitato Brambell fu il primo a tentare di dare una definizione scientifica del
welfare animale. Il Comitato sottolineò l’importanza del comportamento (fino ad allora
un buon welfare corrispondeva a una buona salute), stabilì l’importanza dello studio
scientifico del welfare animale, accettò il fatto che gli animali provano sentimenti. Il
comitato propose poi le cinque libertà come possibile chiave di lettura del benessere
animale:
Libertà da sete, fame e malnutrizione
Libertà dal disagio (comfort e ripari)
Libertà dal dolore e dalla malattia
Libertà di esprimere un comportamento normale
Libertà dallo stress e dalla paura
La discussione sul benessere animale si è protratta fino ai giorni nostri: nel 2012 il Panel
on Animal Health and Welfare (AHAW) dell’EFSA ha pubblicato un parere scientifico dal
titolo “Statement on the use of animal-based measures to assess the welfare of animals”
il cui punto di partenza è dato da precedenti studi della medesima Autorità in merito alla
valutazione del benessere di bovini da latte, suini e pollame. L'obiettivo generale del
lavoro delineato in questa dichiarazione è quello di contribuire a creare un quadro
comune che funga da base di confronto per i futuri pareri scientifici nella valutazione del
benessere degli animali. Il risultato di questo studio è dato dall’individuazione di una serie
di indicatori utilizzabili per la valutazione del benessere animale. L’approccio
multidisciplinare ha reso possibile l’individuazione e la standardizzazione di indicatori
diretti e indiretti:
126
Metodi diretti
Gli indicatori diretti, definiti dagli autori anglosassoni animal-based, sono
finalizzati a misurare le risposte degli animali alle componenti ambientali e di
allevamento e vengono classificati in patologici, produttivi, fisiologici ed etologici.
Metodi indiretti
Lo stato di benessere viene valutato sulla base della qualità dell’ambiente in cui
vive l’animale secondo criteri e parametri oggettivi (estensione dei ricoveri,
condizioni igienico-sanitarie, ecc …).
Recentemente (2014) Dalla Costa e altri hanno pubblicato un review dal titolo “Equine on-
farm welfare assessment: a review of animal-based indicators” . Gli autori hanno cercato
di individuare, basandosi sulla letteratura scientifica, potenziali indicatori di benessere,
nell’intento di fornire un protocollo di valutazione del welfare affidabile e utilizzabile in
cavalli e asini coinvolti in molteplici attività operative. In seguito alla ricerca in letteratura,
sono stati selezionati 49 indicatori, classificati in tabelle secondo le 5 libertà, i 4 principi e i
12 criteri che già in precedenza erano stati sviluppati nell’ambito del progetto Welfare
Qualty®11. A seguito di un processo di selezione sono stati utilizzati indicatori animal-
based, includendo soltanto gli indicatori di uso pratico, ed escludendo, invece, quelli che
richiedono strumenti specifici di accertamento, oppure analisi di laboratorio. Di seguito
proveremo ad effettuare una sintesi di quanto emerso da questo studio che guarda a:
Principio: corretta alimentazione
Assenza di fame prolungata, stima del peso, sensazione di fame, disidratazione,
sensazione di sete
Principio: ricoveri adeguati
Comfort della zone di riposo, comfort termico, facilità di movimento
Principio: buona salute
11
Welfare Quality® è un progetto di ricerca europeo focalizzato all’integrazione del benessere degli animali
nella filiera di qualità degli alimenti. Il progetto intende conciliare le esigenze della società e la domanda del
mercato, per realizzare sistemi di monitoraggio in allevamento, sistemi di informazione sui prodotti e
strategie pratiche specifiche per migliorare il benessere degli animali allevati. Quarantaquattro istituti e
università, che rappresentano tredici paesi europei e quattro paesi dell’America latina partecipano a questo
progetto di ricerca integrato.
127
Assenza di lesioni, assenza di malattia
Principio: comportamento adeguato
Possibilità di esprimere comportamenti sociali, possibilità di esprimere
comportamenti specie-specifici, stato emozionale positivo (evitare emozioni
negative come paura, distress, frustrazione e apatia, promuovere sensazioni
positive come sicurezza e appagamento), buona relazione uomo-animale.
Scopo del review è quello di cercare di capire quali tra gli indicatori usati per valutare il
benessere possono essere considerati validi, affidabili e utilizzabili direttamente in
scuderia attraverso l’osservazione dell’animale e dell’ambiente.
Gli autori del review arrivano alla conclusione che, mentre alcuni indicatori sono adatti
per la valutazione in scuderia, in quanto sensibili e specifici (assenza di fame e sete, stima
del peso, ecc…), altri, al contrario, evidenziano la mancanza di una ricerca scientifica in
merito mostrando quindi alcuni limiti di validità e affidabilità, altri ancora (ad esempio
l’interazione uomo-cavallo) necessitano dell’organizzazione di test specifici; emerge, poi,
che i dati sulla valutazione del welfare del cavallo necessitano di un approfondimento e
per alcuni ambiti risultano particolarmente limitati, mentre, di fatto, nel caso dell’asino
mancano completamente informazioni utili.
Alcune situazioni estreme nelle condizioni di vita degli animali sono valutabili in modo
abbastanza chiaro. Così, è assodato che significative riduzioni delle condizioni utili di vita e
di welfare portano ad una situazione di stress per l’animale che può risultare palese.
Hans Selye, nel 1936, definì lo stress come “la risposta biologica elicitata quando un
individuo percepisce una minaccia alla propria omeostasi”.
La risposta allo stress inizia con la percezione da parte del Sistema Nervoso Centrale di un
evento come potenzialmente pericoloso per l’omeostasi individuale. Non importa che
l’evento sia realmente pericoloso, al contrario, è piuttosto importante che sia ritenuto
tale dall’individuo. Il Sistema Nervoso, una volta percepito il pericolo, infatti, metterà in
atto meccanismi di tipo difensivo che consistono nella combinazione di quattro risposte
biologiche: la risposta comportamentale, quella del sistema nervoso autonomo, la
risposta endocrina e quella immunitaria.
La risposta comportamentale a uno stress può dimostrarsi utile all’animale per eliminare
la causa dello stress, ma non sempre è sufficiente per superarlo; essa può essere un
128
indizio della sua presenza, ma non è una risposta facile da interpretare poiché di molti
comportamenti non sono note le vere cause. Spesso, le misure comportamentali sono i
migliori indicatori dei problemi di welfare a lungo termine. In molte occasioni i
comportamenti che indicano che il welfare dell’animale non è adeguato rappresentano
parte dei tentativi adottati per far fronte alle difficoltà ambientali che si trovano a vivere.
Per alcuni di questi comportamenti non c’è comunque evidenza di una reale utilità che, al
contrario, può portare ad aggravare la situazione fino a degenerare in una patologia
comportamentale.
La valutazione del welfare di un animale può essere eseguito in modi diversi: ad esempio,
eseguire delle osservazioni comportamentali delle sue normali e spontanee attività,
ovvero, osservare l’animale quando affronta condizioni che possono influenzarne il
welfare in modo negativo. Ad esempio, durante situazioni di stress improvviso l’animale
può smettere di mostrare comportamenti normali (come il leccarsi o l’alimentarsi) e può
mostrare segnali di paura (defecazione, urinazione, vocalizzazioni, tremori). Anche
immobilità e aggressività possono essere segni di stress acuto. Vi possono poi essere
risposte di allarme come cambiamenti posturali e vocalizzazioni (l’intensità della risposta
misurabile è correlata al grado di disturbo) o, ancora, reazioni difensive e di fuga.
L’intensità, la frequenza e la durata di queste risposte possono essere misurate come il
ritardo nel ritorno al comportamento normale.
Uno studio di Carole Fureix e altri (2012) ha analizzato il modo in cui lo stress cronico si
manifesta nei cavalli domestici attraverso lo studio di taluni disordini comportamentali;
così, hanno osservato i comportamenti di 59 cavali di scuderia concentrandosi su
cambiamenti nella mimica facciale e assunzioni di posizioni atipiche; hanno valutato, poi,
la loro responsività all’ambiente circostante (attraverso stimolazioni tattili, visive e
approcci con l’uomo) e hanno contemporaneamente confrontato i dati ottenuti con i
livelli di cortisolo plasmatico. Il 24% dei cavalli osservati ha presentato una postura di
riposo atipica caratterizzata da immobilità generale, sguardo fisso, orecchie immobili e
rivolte all’indietro, collo allungato e formante un angolo di 180° tra nuca e garrese; negli
stessi cavalli, confrontati con un gruppo di controllo, si è riscontrata maggiore
indifferenza a stimolazioni tattili e visive, ma hanno avuto reazioni più evidenti in caso di
situazioni per loro inusuali e potenzialmente avverse (ad esempio l’introduzione di un
oggetto sconosciuto in un ambiente familiare), tutto questo accompagnato da bassi livelli
129
ematici di cortisolo. Gli autori sostengono che i bassi livelli di cortisolo osservati
potrebbero riflettere una depressione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene causata da un
disturbo profondo della normale fisiologia dell’animale.
Sono stati, inoltre, raccolte dalla letteratura precedente e analizzate da Hall e altri (2012 e
2014) tutte quelle manifestazioni comportamentali che si verificano durante il lavoro in
sella e che possono rivelare uno stato di ridotto benessere nell’animale. Tra questi
comportamenti sono annoverabili: vocalizzazioni di diverso tipo (sbruffi, nitriti, lamenti),
posizione della testa insolita (portata troppo alta o troppo bassa), movimenti anomali di
testa a collo (movimenti su e giù, movimenti latero-laterali, head tilt, ecc…), posizione e
tipo di movimento della coda, arretramenti dell’animale, cambiamenti di direzione e di
velocità non richieste dal cavaliere. Vi sono, inoltre, espressioni facciali del cavallo che
possono essere messe in relazione ad uno stato di stress dell’animale: il segno principe è
riferibile alla posizione delle orecchie e al loro movimento, ma anche i movimenti delle
labbra e della lingua sono indici affidabili di scarso comfort dell’animale. In ogni caso
analizzato, alla valutazione comportamentale si accompagnava l’analisi delle variazioni di
parametri fisiologici dell’animale (frequenza cardiaca e sue variabilità, misurazione dei
livelli di cortisolo ematico e salivare).
Il secondo tipo di risposta riscontrabile durante un evento stressante è quella del Sistema
Nervoso Autonomo. Le situazioni stressanti necessitano di un’intensa attività e le risposte
vegetative che le accompagnano sono di tipo catabolico e portano a una mobilizzazione
delle riserve dell’organismo. L’attivazione simpatica provoca aumento della pressione
arteriosa e del flusso ematico, aumento della frequenza cardiaca, aumento della
frequenza respiratoria, esaltazione del metabolismo, aumento della glicemia e della
glicolisi nei muscoli, aumento del tono muscolare, aumento della velocità di coagulazione
del sangue, dilatazione delle pupille, piloerezione, aumento della temperatura corporea,
sudorazione, evacuazione del retto. La misura della frequenza cardiaca può essere
un’utile misura della risposta emotiva di un individuo a problemi a breve termine purché
la misurazione stessa non provochi disturbo; la frequenza respiratoria e la temperatura
corporea, ad esempio, possono essere più facili da misurare della frequenza cardiaca e di
minor disturbo per l’animale.
130
La risposta neuroendocrina è invece di lunga durata e coinvolge numerosi organi e
apparati e si attua con l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene; gli ormoni liberati
dall’attivazione di quest’asse hanno un ampio e duraturo effetto sull’organismo e
influenzano tutte le funzioni biologiche interessate allo stress (riproduzione,
metabolismo, competenza immunitaria). I livelli di glucocorticoidi aumentano in risposta
a molti problemi a breve termine e la loro misura dà informazioni circa il welfare degli
animali. Il cortisolo può essere misurato nel sangue, nell’urina (confrontandolo con i livelli
di creatinina escreta), inoltre possono essere effettuati dosaggi anche nella saliva. Una
singola misurazione dei livelli di glucocorticoidi in plasma, saliva e urina fornisce poche
informazioni sul welfare di un animale (legato anche al fatto che la risposta della
corticosurrenale può modificarsi per stimolazioni prolungate), così come non vanno bene
i livelli medi giornalieri come misura del disturbo animale (i livelli di cortisolo nel sangue
infatti seguono un ritmo circadiano e sono più elevati la mattina e più bassi la sera).
La quarta risposta è di tipo immunologico e si presenta integrata con le precedenti da cui
è spesso modulata.
Spesso le variazioni del Sistema Nervoso Autonomo e la risposta neuroendocrina sono
utilizzate in contemporanea alla valutazione della risposta comportamentale nella
valutazione dello stress dell’animale poiché forniscono dati quantitativi.
Il cambiamento conseguente nella funzione biologica rappresenta il costo biologico dello
stress, che determina se ci sarà una minaccia per il welfare animale. Il costo biologico
dello stress è la chiave per capire quando lo stress diviene distress12, mettendo a rischio il
welfare di un animale. Quando il costo dello stress è sopportato e reintegrato dalle
riserve dell’organismo con nessuna conseguenza per le funzioni biologiche potremo
definire questo tipo di stress eustress13. Quando le riserve sono depauperate, anche a
scapito delle funzioni biologiche dell’individuo, parleremo di distress, che si protrae finché
non vengono ristabilite le normali funzioni. Anche eventi stressanti di breve durata
12
L’animale impegna elevate risorse nella risposta adattativa, è cosciente dello sforzo e si può ritenere che
soffra.
13 L’animale investe il minimo sforzo nella risposta e non ne è cosciente.
131
possono esitare in uno stato di distress quando si ripetono frequentemente esaurendo le
riserve.
Al di là delle manifestazioni di un deterioramento delle condizioni di welfare degli animali,
può però essere anche utile capire quali aspetti sono in grado di generarle.
Le situazioni che possono portare a problemi short-term del welfare per gli animali sono
spesso causate dall’uomo e includono l’avvicinarsi di uomini, la costrizione fisica per
manovre di vario tipo, certi metodi di allenamento, il trasporto.
L’interazione uomo-cavallo, e gli effetti che quest’interazione possono avere sul welfare
dell’animale, è stata al centro di numerosi studi.
I risultati di uno studio di Fureix e altri del 2008 hanno dimostrato che il cavallo è in grado
di formarsi una memoria sugli umani, basata su precedenti interazioni con gli stessi, che
lo porta a modificare positivamente o negativamente atteggiamenti futuri.
In uno studio del 2009 di Keeling è stata misurata contemporaneamente la frequenza
cardiaca di uomo e cavallo durante una sessione di lavoro in sella per fornire ulteriori
informazioni sulle risposte psicologiche dei cavalli e delle persone che interagiscono con
loro. Si è visto che i cavalli reagiscono con un aumento della frequenza cardiaca quando
montati da cavalieri che tengono le redini più corte, come per essere più preparati ad un
potenziale pericolo. Quindi una persona “nervosa” che monta un cavallo può
verosimilmente aumentare una reazione spaventata da parte dell’animale.
L’addestramento è molto spesso fonte di stress per il cavallo; esso sopprime i
comportamenti indesiderati e favorisce le risposte comportamentali naturali o apprese
punendole o rinforzandole con l’applicazione deliberata o accidentale della teoria
dell’apprendimento. L’obiettivo dell’addestramento è quello di portare l’animale a
presentare un comportamento prevedibile in risposta ad uno specifico segnale e fare in
modo che questo comportamento resista all’estinzione.
La comunicazione con il cavallo avviene tramite l’utilizzo di pressioni controllate in diverse
zone del corpo (principalmente sulla groppa, sui fianchi e in maniera diversa sulla bocca a
seconda del tipo di briglie usate) durante il lavoro a terra o in sella; per essere efficace ed
etologicamente corretto, l’addestramento dovrebbe prevedere l’immediata rimozione
della pressione quando il cavallo si comporta come richiesto. Quando questo non avviene
e il rilascio della pressione viene effettuato in maniera non corretta, il discomfort si
132
protrae il cavallo più sviluppare comportamenti di difesa o di aggressione che ne rendono
difficile la gestione, ciò accade principalmente quando la pressione si trasforma in dolore.
Nell’interazione uomo-animale uno dei principi di base è quello di assicurare una
riduzione del costo biologico dello stress e la strategia generale sarà quella di minimizzare
il costo di ogni stress cercando di ridurre il tempo di azione di uno stressore il più
possibile. Il costo delle risposte comportamentali ad uno stressore è in genere inferiore
ad altri sistemi di difesa per cui le soluzioni comportamentali andrebbero favorite.
Le relazioni uomo-animale dovrebbero essere improntate all’analisi delle risposte
biologiche allo stress concentrandosi sugli aspetti più rilevanti per il welfare animale.
Ogni risposta biologica, collegata a un particolare agente stressante, è modificata da vari
fattori (esperienze precedenti, fattori genetici, età, stato fisiologico, stagione, relazioni
sociali, relazioni con l’uomo) che influenzano il modo che un animale ha di percepire
quello stimolo come pericoloso per la propria omeostasi. Le conseguenze patologiche di
un certo agente stressante, quindi, dipendono non tanto e non solo dalle sue
caratteristiche fisiche (intensità, durata, frequenza), quanto, se un animale può o meno
prevederlo e, soprattutto, se può controllarlo. Uno studio effettuato da Baragli ed altri
(2014) su 98 cavalli impiegati negli sport equestri (età compresa fra 4 e 24 anni) ha
evidenziato come, all’aumentare dell’età, vi sia un’alterazione dell’espressione emotiva
nei confronti di uno stimolo stressante: i cavalli diventano tendenzialmente meno reattivi
dal punto di vista comportamentale (mostrano meno reazioni di evitamento e minore
attività di esplorazione) nei confronti di uno stimolo stressante, ma la loro variabilità
cardiaca dimostra un aumento dell’attività del Sistema Nervoso Simpatico. Questo
suggerisce che, comunque, i soggetti più anziani tendenzialmente percepiscono la
comparsa dello stimolo stressante come un evento non piacevole, in maniera superiore
rispetto ai soggetti più giovani. Gli autori concludono che questa incongruenza fra
comportamento e parametro fisiologico osservata in alcuni cavalli con l’avanzare dell’età,
e perciò dell’esperienza, possa essere una conseguenza di anni vissuti in un ambiente
avverso sul quale gli animali non avevano nessuna possibilità di intervenire con il proprio
comportamento.
Il Welfare animale è, quindi, strettamente legato, da una parte a natura, intensità e
durata dell’azione degli stressori e, dall’altra, alle capacità di adattamento dell’individuo.
133
Per quanto riguarda, nello specifico, lo studio dello stress negli animali coinvolti nelle
terapie, in bibliografia si trovano pochissimi dati: in un caso (Gehrke e altri, 2011) è stata
misurata nelle 24 ore, tramite holter, la variabilità della frequenza cardiaca di animali
normalmente coinvolti in Terapie Assistite con Animali per vedere se vi fossero aumenti
durante le ore in cui gli animali erano impegnati nelle terapie; nel secondo caso (Kaiser e
altri, 2006) sono stati valutati i segnali di stress provenienti da cavalli condotti da cinque
diversi gruppi di cavalieri (normodotati, disabili fisici, disabili psichici, bambini a rischio e
bambini con esigenze educative specifiche) con l’obiettivo di capire quale gruppo di
cavalieri suscitasse maggior frustrazione e stress nel cavallo. È stato sviluppato un
etogramma di comportamenti equini, registrando le terapie in cui gli animali erano
coinvolti, e successivamente selezionando, in base a dati bibliografici e alle registrazioni
effettuate, sette comportamenti indicatori di stress per l’animale. L’etogramma è stato
poi applicato agli animali coinvolti nelle sedute. I risultati mostrano che il numero medio
di comportamenti indicanti stress (il più frequente è stato il movimento della testa) era
più alto nel gruppo dei bambini a rischio.
7.1 Conclusioni
L’importanza del benessere animale è un aspetto cruciale anche, e forse soprattutto, nel
caso delle Terapie Assistite con Animali in quanto il loro benessere è presupposto
fondamentale per una piena efficacia di queste attività. Visto che i cavalli e gli asini sono
utilizzati come co-terapeuti in Ippoterapia, Riabilitazione Equestre e Onoterapia è di vitale
importanza comprendere e assicurare loro il benessere psicologico, individuarne le
potenziali fonti di stress e capire i meccanismi che lo regolano.
Sulla base di quanto fin qui detto e di quanto riportato negli studi citati, le Attività
Assistite con Equidi possono essere fonte di grande stress per l’animale per molteplici
motivi in quanto le persone che usufruiscono di queste attività e si approcciano
all’animale non sempre riescono a essere pienamente consapevoli di quali atteggiamenti
potrebbero disturbare il cavallo o l’asino.
Per questo motivo nell’organizzazione di sedute co-terapeutiche di diverso tipo diventa
essenziale, per quanto riguarda il benessere psicologico, rispettare il più possibile la loro
etologia usando un manegement adeguato:
134
Evitare di tenerli chiusi in box ma lasciarli liberi in paddock, possibilmente in
piccoli branchi e non isolati
Dare loro fieno ed acqua sempre a disposizione in modo che decidano loro quanto
e quando nutrirsi
Non sottoporli ad un lavoro eccessivo (l’ideale sarebbe massimo tre ore al giorno)
È molto importante anche la scelta a monte dell’animale da destinare a questo genere di
attività, perseguendo caratteristiche comportamentali e di temperamento adeguate, e un
addestramento che permetta all’animale di tollerare stimoli che, a cose normali,
percepirebbe invece come pericolosi e che lo porterebbero ad avere una reazione
potenzialmente pericolosa per l’utente.
Il vantaggio di usare indicatori comportamentali dello stress sta nel fatto che si tratta di
un metodo non invasivo e real time; sicuramente la combinazione di una valutazione di
tipo comportamentale e di una basata sull’alterazione di parametri fisiologici potrebbe
dare una visione più completa dello stato mentale dell’animale, tuttavia i metodi analitici
(livelli di cortisolo prima e dopo le attività, le variazioni della frequenza cardiaca, ecc…)
non sono praticabili in tutti i centri che attuano RE, potrebbero rappresentare loro stessi
un motivo di stress in quanto invasivi, non real time e, aspetto non trascurabile, costosi.
Dalla letteratura emerge tutta la ricchezza e il fascino dell’argomento, ma anche i limiti
tuttora esistenti. Per questo, specie in parallelo con il diffondersi dell’impiego di animali
in AAA e TAA, è auspicabile che si intensifichi il lavoro di ricerca in questo campo al fine di
assicurare risultanze scientifiche utili per disporre di sistemi di valutazione del benessere
degli animali coinvolti nelle terapie capaci di rispondere a requisiti di adeguatezza a
standard internazionali, di gestione, real time e di adeguatezza dei costi di impiego.
135
CAPITOLO 8
RIFLESSIONI CONCLUSIVE
Appare evidente da quanto fin qui detto che le pratiche di Agricoltura Sociale possono
rispondere, grazie alla molteplicità di forme in cui possono attuarsi, a svariate esigenze
che vanno dalla produzione di alimenti all’offerta di servizi a diverse tipologie di utenti,
spesso rappresentati dalle fasce più deboli della popolazione. In questo senso, gli
Interventi Assistiti con Animali stanno assumendo una rilevanza sempre maggiore nei
progetti di Agricoltura Sociale. Si stanno consolidando e allargando ad altre realtà e
province toscane progetti e reti attivi ormai da anni nella pionieristica provincia di Pisa; la
collaborazione positiva con le istituzioni è dimostrata anche dai due casi di studio che
abbiamo analizzato, l’Associazione “Orecchie Lunghe & Passi Lenti” e l’Azienda Agricola
“La fattoria di Valentina”, che hanno al loro attivo progetti pluriennali con l’ASL 5 di Pisa
che assicura loro l’invio delle utenze; anche il progetto di Riabilitazione Equestre e
Ipoterapia dell’Associazione EquiOasi Arcadia, benché di più recente attuazione, ha
suscitato grande interesse nei Medici e nelle utenze che spesso hanno chiesto di poter
ripetere l’esperienza. L’Unione dei Comuni della Valdera ha, nel corso degli anni, allargato
l’offerta per quel che riguarda la varietà di Interventi Assistiti con Animali e sta cercando
di unificare la metodologia operativa nel campo dell’Agricoltura Sociale con i Comuni
dell’Alta Val di Cecina.
Gli esiti positivi di queste pratiche raccolti in anni di sperimentazione dovrebbero
spingere, e questo anche secondo molto dei Medici che abbiamo intervistato, le
Istituzioni ad avviare progetti di ricerca su tutto il territorio nazionale per sviluppare
metodologie operative e scale di valutazione delle pratiche scientificamente riconosciute
e unanimemente condivise. Questo anche al fine dell’inserimento di queste co-terapie,
nel caso in cui vi sia un’indicazione specifica, nei livelli essenziali di assistenza il cui costo
sarebbe, nel caso in cui questa eventualità si realizzasse, coperto dal Servizio Sanitario
Nazionale, dal momento che uno dei grossi punti di debolezza delle tre realtà che
abbiamo analizzato è proprio la scarsità di fondi reperibili per portare avanti degnamente
queste attività.
Ritengo, inoltre, che alla ricerca finalizzata alla sviluppo di strumenti per la valutazione
dell’efficacia delle pratiche sull’utente si debba necessariamente affiancare una ricerca
136
che sia finalizzata agli effetti delle pratiche sugli animali e alla valutazione del loro
benessere, poiché, anche in questo campo, non vi sono al momento in bibliografia studi
che abbiano condotto a risultati certi, ma soltanto a risultati parziali e, tantomeno metodi
per la valutazione dei livelli di stress a cui gli animali sono potenzialmente sottoposti.
In quest’ottica credo che sarebbe indispensabile nell’equipe multidisciplinare che
monitora i progetti la figura di un Medico Veterinario opportunamente formato nel
campo degli Interventi Assistiti con gli Equidi, profondo conoscitore di questi animali ed
esperto nella Valutazione del Benessere degli animali coinvolti in queste attività.
Ovviamente non è possibile pensare a una presenza puntuale del Medico Veterinario
durante gli interventi, sia per un discorso di tempi sia per i risvolti economici sulla
sostenibilità di queste attività, al contrario si potrebbe programmare un suo intervento
nelle fasi cruciali di queste attività, tra cui quella di scelta dell’animale da destinare alle
pratiche e il monitoraggio cadenzato dell’equide coinvolto negli interventi.
I responsabili dei progetti che abbiamo analizzato hanno auspicato che si possa creare un
tavolo di discussione tra le Associazioni coinvolte, professionisti che si occupano da anni
del tema e il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa per cercare di
approfondire le conoscenze (e in prospettiva pensare alla formazione di futuri
professionisti esperti nel settore) in merito ad un argomento su cui gli aspetti da
investigare rimangono ancora molti. Sicuramente il tema appare in rapido sviluppo e la
possibilità di testare in modo metodologicamente corretto l’organizzazione e lo
svolgimento di queste pratiche appare da più parti e per più motivi maturo.
137
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