quotidiano PAGINA 2 Venerdì 28 Febbraio 2014 LETTERA A ... · l'accettazione di tante piccole...

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quotidiano PAGINA 2 Venerdì 28 Febbraio 2014

LETTERA A GIANMAUROIl tunnel è ancora lungo: ora Renziprova a darci una speranza di luceCaro Gianmauro,in questi giorni sono successe tantecose, ma ho la sensazione che ci stia-mo abituando a prendere i giorni comevengono e poi li lasciamo come vanno.Né il tanto né il troppo sono riusciti acambiare veramente qualcosa comesarebbe stato bene e giusto succedes-se. Alla fine tutti i giorni sono comin-ciati e finiti come i giorni precedenti.Come quelli che arriveranno. Giornisospesi nel niente. Giorni ripetitivi, unpasso avanti, due indietro. Non si sa seandrà bene, non si sa se andrà male.Nell'occupazione per esempio. Si an-drà avanti? Si andrà indietro? Ci stia-mo abituando a viverla così, come cisiamo abituati a viverla in questi lun-ghi sei anni di crisi. Con tante incertez-ze. Con mille paure visibili e invisibili,con le quali facciamo i conti ognigiorno e ogni qualvolta ci poniamouna domanda sul nostro futuro e suquello dei nostri figli, ogni volta cheaspettiamo una risposta.Una risposta di speranza. Che ci dicache finalmente si intravede un po' diluce in fondo al lungo tunnel.Siamo come figure di Fernando Pessoa:siamo uomini della strada che assisto-no con inquietudine ai giorni che ven-gono e che vanno senza che nullacambi. Immobilizzati. Immobili. Il tunnelè ancora lungo, ci deprime, ci impau-risce. Ci toglie il fiato. Tanti affanni.La parola fine ancora lontana. Proce-diamo a caso, ricominciamo ogni voltadaccapo. Stanchi. Fermi. E poi si rico-mincia a girare a vuoto verso una luceche non c'è. Qualcuno diceva che ilpregio dell'esistenza si capisce con leaspettative, i desideri, la speranza diquel che verrà. Leopardi già allorascriveva che "or la vita degli italiani èsenza prospettiva di miglior sorte futu-ra, senza occupazione, senza scopo, eristretta al solo presente". Ma allora,

di giulio antonacci

mi chiedo se sia stato sempre così e seci siano stati tempi in cui si viveva unatensione forte verso il futuro.Sai amico mio cosa sta succedendooggi? Che ci siamo stancati di trovaremotivi per credere. In un mondo mi-gliore. In una economia migliore. Inuna occupazione migliore. E facciamofatica a nutrirci di qualche speranza.Così i problemi aumentano, ogni gior-no un problema, ogni giorno irrisolti.Ogni giorno urgenze. Emergenze.Depressioni. Paure. Ma è come semettessimo pezze ad una camera d'ariasapendo perfettamente che è lì prontaa forare.Siamo uomini della strada. Da sei annici dicono che fra un mese, sei mesi,l'anno prossimo, fra due anni si usciràdalla crisi. Da sei anni ci dicono che fraun mese, sei mesi, l'anno prossimo, fradue anni, la piena potrebbe romperegli argini. E, come vado dicendoti dasempre, caro Gianmauro, la crisi s'in-gigantisce, la disoccupazione aumen-ta, le fabbriche chiudono, la provviso-rietà è diventata di casa, quello chedeve aumentare diminuisce, quello chedeve diminuire aumenta. Così si tira acampare. Mentre politici, tecnici, ban-chieri e bancari, tecnocrati, filosofi(anche loro), psicologi, ricercatori,sondagisti, danno numeri. Numeri.Numeri. Quelli di oggi che sconfessa-no quelli di ieri in attesa di quelli didomani e di dopodomani. Numeri. Sue giù. Giù e su. I numeri sono diventatila vera filosofia dell'esistere. La veracondizione del presente.Mi aspettavo che in questa condizionedi precarietà e paure si recuperasserolo spessore umano e la solidarietà.Ecco, discutiamo, anche abbondante-mente, del concetto di solidarietà. In-tanto l'egoismo giganteggia, l'indiffe-renza diventa una corazza. Così co-minciano a farcapolino i convegni sul ritorno al pri-

vato come fenomeno sociale. A brac-cetto con il rifiuto di tutto ciò checomporta partecipazione, impegno el'accettazione di tante piccole distra-zioni che ci allontanino dall'affrontareil quotidiano di rinunce, paure e de-pressioni in cui, noi uomini della stra-da, ci siamo impantanati.In molti, in questi lunghi anni di crisi,hanno tentato di toglierci dal pantano.Nessuno c'è riuscito. Tentativi più omeno maldestri, tanti numeri, andia-mo meglio, andiamo peggio, più diqua , meno di là, la percentuale diquesti è in crescita, la percentuale diquelli è in diminuzione. La crisi èancora qui. Il disoccupato è ancoraqui. Le diverse caste sono ancora qui.

Nulla cambia. Nulla si trasforma. Inpeggio semmai, mai in meglio. E ades-so è arrivata l'ora del sindaco di Firen-ze. Con un colpo di mano ha fatto lescarpe al povero "amico" Enrico Lettaa cui aveva assicurato appoggio, nono-stante i mille richiami. Non mi è pia-ciuto, caro Gianmauro, il "tradimento"di Matteo. Non è piaciuto a tanti. Néfuori né dentro il parlamento. DoveLetta non ha scambiato neanche unosguardo con il suo pugnalatore, nono-stante questi avesse riconosciuto il la-voro svolto dal governo precedente.Questi dovrebbero essere tempi di ab-bracci, ma davanti a tutta l'Italia si èmanifestato uno spettacolo imbaraz-zante. Altro che nuova stagione. Non è

un buon segnale per il governo. Perchénonostante le affermazioni di rito, e laconquista quasi "militare" del partito,i dissensi interni al Partito Democra-tico sono tutt'altro che sopiti. Sembraquasi che il congresso, stravinto daRenzi, non sia ancora del tutto archiviato.E se non bastassero Bersani che ètornato sul suo scranno accompagnatodagli applausi di tutti (meno che deigrillini) e Letta (calorosissimo l'ab-braccio fra i due), ci hanno pensatoCivati e Fassina ad alzare le bandieredi quella parte del partito che nonintende farsi "normalizzare". Perchèse è vero che pezzi della vecchianomenklatura sono passati sul carrodel Dominus di turno, è anche vero che

giù dal carro, ci sono pezzi da novantadel vecchio Pd. Che non sembranovolere del tutto abbassare la testa.Il nuovo giovanissimo ambizioso premierha dinanzi a sè un compito di grandedifficoltà. Dovrà dimostrare con i fattidi potere cambiare "verso" al Paese,con le riforme, ma anche con qualchesalutare "strappo" per invertire la rot-ta. In caso contrario rischia tutto.E lui, che ha parlato a braccio quasi dauomo della strada agli uomini dellastrada, lo sa molto bene quando ripeteche "se falliamo è colpa mia, non è piùtempo di alibi".E intanto Grillo perde senatori e depu-tati.

Tuo Giulio