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NIPPO-AMERICANI:
CIVILI E MILITARI NELLA
SECONDA GUERRA MONDIALE
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Sommario
Introduzione 1
Capitolo 1 - I Nippo-Americani 3
1.1 Cenni storici 3
1.2 Issei e Nisei 6
1.3 Sentimenti anti-Giapponesi 9
Capitolo 2 – I Campi di detenzione 15
2.1 Ordine Esecutivo 9066 152.2 Il Campo Manzanar 21
2.3 Lettere dai Campi 29
Capitolo 3 – Nazionalizzazione e Milizia 31
3.1 No-No Boys 31
3.2 Go For Broke 35
3.3 Italia 37
Conclusioni 41
Bibliografia 42
Sitografia 43
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Introduzione
Nel contesto della Seconda Guerra Mondiale i Nippo-Americani, con le
loro azioni e la dedizione al paese scelto come propria casa, sono stati una
delle più grandi dimostrazioni di patriottismo della razza Giapponese, seppur inuno scenario avverso alle loro radici culturali e ancestrali.
Non è facile riuscire a comprendere il groviglio di sentimenti contrastanti
che dovettero animarli una volta consacrata la propria dedizione a un paese
che muove guerra contro la propria nazione d’origine, trovando una motivazione
che va alla ricerca dell’accettazione di quel paese diventato ormai patria nei loro
cuori.
Si noterà come i Nippo-Americani non abbiano però mai abbandonato le
proprie radici, sempre consci del loro credo e della loro tradizione: le famiglie
emigrate in America hanno mantenuto la loro parte Nipponica viva nel contesto
familiare e delle realtà locali quali le “NihonMachi ” (o “JapanTown ”, un termine
imitativo di “ChinaTown ”), tramandandola ai loro figli, e si sono integrate nella
società americana, pur con l’acredine espressa da quest’ultima per oltre
cent’anni.
Nei vari capitoli cercherò di spiegare i vari fattori che hanno portato alle
azioni perpetrate dal governo americano nei confronti di questa razza mista,
ponendo particolare attenzione da una parte sugli eventi caratterizzati
dall’approvazione dell’Ordine Esecutivo 9066 del presidente americano Franklin
Delano Roosevelt, con cui si è dato il via al periodo dei Campi di Internamento,
e dall’altra alla formazione di battaglioni di soldati Nippo-Americani, di cui il più
famoso è stato il “442° Reggimento di Fanteria” utilizzato dagli Alleati sul fronte
di guerra italiano, uno dei reggimenti più decorati dell’esercito americano, con il
suo motto “Go for broke ” (Vai per rompere). Soffermandomi quindi sulla scelta
di questi ragazzi che hanno deciso di combattere contro l’Asse per rendere
onore alla loro parte americana.
Ecco quindi lo scisma nella popolazione Nippo-Americana tra chi andava
al fronte e chi invece veniva internato nei campi, nelle prigioni simulanti micro-
società americane di cui si parlerà nelle lettere dai campi, vere e proprie
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testimonianze di un abuso razziale ai danni di persone assolutamente non
nocive al governo americano, che, in contrasto ai rapporti stilati dagli esperti,
impose le sue leggi su persone che risultarono leali e non pericolose agli Stati
Uniti.
In ultima parte un capitolo dedicato alle persone che, finita la guerra,
decisero di lasciare l’America a causa delle esperienze nei campi, e alle scuse
porte in tempi moderni dall’America a tutti gli internati nei campi.
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3
Capitolo 1 – I Nippo-Americani
1.1 Cenni storici
Il Congresso degli U.S.A., con l’Atto del 26 Marzo del 1790, dichiara che
"qualsiasi alieno1, purché sia una persona libera bianca che abbia risieduto nei
limiti e sotto la giurisdizione degli Stati Uniti per un periodo di due anni, potrà
essere ammesso a diventare un cittadino." 2 È così che il 27 Giugno 1841
cinque marinai giapponesi naufragati furono ritrovati e presi a bordo ad
Honolulu; quattro di questi tornarono in Giappone, uno decise di rimanere sulla
barca. Frequentò una scuola nel New England dopodiché fece ritorno in patria
dove servì come interprete per il Commodoro Perry. Dieci anni dopo altri
naufraghi Giapponesi furono ripescati a San Francisco, uno di loro imparò
l’Inglese e venne battezzato, e nel 1858 divenne il primo Giapponese ad aver
ottenuto la cittadinanza Americana tramite naturalizzazione. Nello stesso anno il
Giappone autorizza la migrazione per i lavoratori verso le Hawaii, revocando poi
il permesso un anno dopo a causa dei maltrattamenti che questi subivano. Il
primo gruppo di immigranti Giapponesi istituì nel 1869 la colonia Wakamatsu
nelle Gold Hill in California; un anno dopo dodici Giapponesi vengono ammessi
all’Accademia Navale Americana. Fino a quell’anno i Giapponesi in America
erano 56. Venne ristabilito nel 1885 il permesso per i lavoratori di migrare alle
Hawaii, reclutati dai proprietari di piantagioni di canna da zucchero.
Aumentando le migrazioni sul continente americano, il Provveditorato agli Studi
di San Francisco ordinò che tutti i bambini Giapponesi venissero allontanati econfinati nelle scuole Cinesi ma dopo le proteste del Giappone l’ordine venne
1Con alieno si intende straniero. Dal latino alienus col vario significato di: «appartenente
ad altri, altrui; straniero; estraneo; avverso».
2 Denshō, The Japanese American Legacy Project .
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ritirato. Il 27 Giugno del 1894 un ordinamento di un tribunale distrettuale sancì
che agli immigrati Giapponesi non fosse permesso diventare cittadini americani
non essendo “persone libere bianche” com’era stabilito nell’atto del 1790.
Qualche anno dopo, le Hawaii entrarono a far parte degli Stati Uniti d’America,
cessando così di essere un paese libero, e vietarono a tutti i Giapponesi lì
residenti di andare sul continente americano senza un passaporto. All’alba del
XX secolo ci fu un grande afflusso migratorio di Giapponesi in America, tanto da
far nascere in California le prime proteste su larga scala anti-giapponesi,
organizzate da vari sindacati dei lavoratori. Nella Convention Nazionale della
Federazione Americana del Lavoro si votò per privare Giapponesi, Cinesi e
Coreani dalla possibilità di entrarne a far parte, e nello stesso anno il Giappone
vince la guerra Russo-Giapponese. Nacque qui nel 1905 la Lega per
l’Esclusione Asiatica3, formata a San Francisco da 67 organizzazioni diverse, il
primo movimento specificatamente anti-Giapponese. Cominciarono ad essere
portate avanti varie azioni e la California chiese al Congresso Americano di
limitare la migrazione Giapponese. Continuarono atti di segregazione di
studenti nelle varie scuole asiatiche che non vennero prese molto bene dal
Giappone, ma un anno dopo il presidente Theodore Roosvelt ordinò al
Consiglio Scolastico di San Francisco di revocare l’ordine, intanto a maggio e a
ottobre si svolgono delle rivolte di protesta da parte di cittadini americani. Il
Congresso fa passare la proposta di legge con cui proibisce ai lavoratori
Giapponesi di entrare sul territorio Americano attraverso il Messico, Hawaii e
Canada. Aumentano di oltre quattro volte le organizzazioni affiliate alla Lega
per l’Esclusione Asiatica di cui la maggior parte sindacati dei lavoratori. In un
accordo del Giappone con l’America, il Giappone si impegnava a non rilasciare
visti ai lavoratori che volevano emigrare negli Stati Uniti. Intanto continuarono lerivolte contro i Giapponesi e la legislatura della California introdusse 27 nuove
proposte anti-Giapponesi, passò invece la legge sulla terra che proibì a “tutti gli
alieni non ammissibili per la cittadinanza” di avere possesso sulla terra ed
3 Spesso abbreviata in AEL, questa era una organizzazione di stampo razzista formata
in America e in Canada allo scopo di prevenire l’immigrazione di persone di origine Est Asiatica.
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inoltre pose il limite di 3 anni sull’affitto della terra. Molti altri stati fecero passare
leggi simili. Furono anni difficili per i Giapponesi mentre i giornali come il “The
Hearts ” intensificarono le loro campagne contro il “Pericolo Giallo4” fomentando
i sentimenti di ostilità. Per impedire ai Giapponesi di prima generazione di
comprare terreni le leggi sulle terre vennero modificate ed impedirono anche ai
Nisei di comprare le terre oltre ad inasprire ancora di più le misure già attuate.
Sotto la pressione degli Stati Uniti il Giappone nel 1920 smise di emettere
passaporti alle “spose fotografate”5. Solo due anni dopo la Corte Suprema
sancì che “qualsiasi donna che sposi un alieno ineleggibile a diventare cittadino
cesserà di essere cittadina Americana”. Il Congresso f ece passare quindi l’Atto
di Esclusione per l’Immigrazione, bloccando ulteriori immigrazioni giapponesi. In
risposta il Giappone dichiarò “Giorno dell’Umiliazione” il 1° luglio. In seguito
all’invasione giapponese in Cina del 1937, gli Stati Uniti interruppero nel 1942 le
relazioni commerciali con il Giappone. Il 14 agosto 1941 John Dingell scrisse un
rapporto suggerendo l’incarcerazione di 10.000 giapponesi da usare come
ostaggi per assicurarsi un “buon comportamento” da parte del Giappone6 .
4 A volte anche “Terrore Giallo” fu una metafora colorita del tardo 19° secolo che
nacque con l’immigrazione cinese e che fu poi associata nel 20° secolo ai giapponesi. L’origine
sembra sia da attribuire al Kaiser Wilhelm II Re di Prussia (27 gennaio 1859 – 4 giugno 1941)
che conio la frase “gelbe Gefahr ” (Pericolo Giallo) nel settembre del 1895. Sembra che il Kaiser
dipinse un ritratto dal titolo “Raffigurazione dell’Arcangelo Michele come allegoria della
Germania alla guida della carica contro un pericolo Asiatico rappresentato da un Buddha
dorato”. Nel 1898 lo scrittore inglese M.P. Shiel pubblicò un breve racconto a puntate dal nome
“L’Imperatrice della Terra”. Il racconto fu rinominata “Il Pericolo Giallo” tempo dopo. Al centro
del racconto di Shiel vi era l’assassinio di due missionario tedeschi a Kiau-Tschou nel 1897 e
presentava il cattivo cinese Dr. Yen How. Yorimitsu Hashimoto, Yellow Peril, Collection of
Historical Sources , in 5 vol., Tokyo: Edition Synapse, 1895-1913.
5 Usanza con cui i lavoratori Giapponesi in America prima vedevano le loro possibili
future spose in foto e una volta scelta e accettata la consorte lei emigrava in America per
sposarsi
6 PBS, Child Of Camp .
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1.2 Issei e Nisei
Con Issei (一世) e Nisei (二世)7 si intendono rispettivamente i genitori
giapponesi emigrati, in questo caso in America, che venivano definiti “Alieni”
interpretato come straniero (come è tutt’oggi) e i loro figli Nippo-Americani, di
seconda generazione, nati quindi su suolo americano. C’è inoltre un'altra
categoria, quella dei Sansei (三世) che sono i figli dei figli, la terza generazione.
Le principali differenze tra Issei e Nisei erano ovviamente quelle
riguardanti le capacità di inserirsi nel nuovo contesto e di maneggiare la lingua
inglese. Un argomento però discusso molto da scrittori Nippo-Americani (Nisei )
e anche da molti altri scrittori di razza misto asiatica8, è il sentimento di perdita
del proprio io di fronte al dilemma delle proprie radici, esperito da uomini
cresciuti in un contesto familiare e linguistico così lontano dalla cultura e dalla
società in cui si trovano a dover vivere, distaccati anni luce dai propri coetanei e
consci di problematiche che i loro genitori non possono capire, estranei a
questa situazione di rigetto intimo derivato dalla loro doppia appartenenza.Questo sentimento viene vissuto di meno dai Nisei , molto più immersi nella
nuova cultura, vedendo quasi sbiadito, ma mai perduto, il proprio retaggio
culturale. Tutte e tre le generazioni hanno vissuto l’esperienza della guerra e
dei campi a diverse età, un fattore importante che aiuta nella comprensione dei
diversi tipi di esperienze, atteggiamenti e modelli di comportamento.
7 I Nisei si dividono in due gruppi: Nisei e Kibei (帰米 “tornare a casa in America”). I
secondi sono quei Nippo-Americani di 2° generazione che hanno avuto gran parte della loro
educazione giovanile in Giappone. Jean Yu-wen Shen Wu, Thomas C. Chen, Asian American
Studies Now , Piscataway, New Jersey: Rutgers University Press, Gennaio 2010, p. 200.
8 Donatella Izzo, Suzie Wong non abita più qui. La letteratura delle minoranze asiatiche
negli Stati Uniti , Milano: Shake Edizioni, 2006.
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7
I primi membri del gruppo degli Issei non migrarono direttamente in
America ma alle Hawaii, territorio controllato ma non facente ancora parte degli
Stati Uniti d’America. Questi primi migranti che arrivarono a bordo della nave a
vapore S.S. City of Tokyo 9 nel febbraio 1885, erano semplici lavoratori che
venivano sovvenzionati dal governo Hawaiano per migrare nel suo territorio
dove avrebbero potuto lavorare come manodopera a basso costo nelle
piantagioni di zucchero, dove poi effettivamente si stabilirono. L’immigrazione
nei confronti degli Stati Uniti avvenne soltanto più tardi con l’arrivo degli
“studenti-lavoratori” che iniziarono a trasferirsi a San Francisco all’incirca verso
il 1890, cominciando ad aumentare costantemente. Questi erano spinti alla
migrazione da quello che ha contraddistinto la cultura ed il pensiero giapponese
fin dall’inizio dall’epoca Meiji ( 明 治 時 代 Meiji jidai , "periodo del regno
illuminato" 23 ottobre 1868 - 30 luglio 1912), la ricerca di conoscenze ed
esperienze tali da poter sviluppare una società moderna in Giappone. Non era
nei loro piani cominciare una vita lì. Negli anni trenta comincio a essere di uso
comune la parola Issei tra di loro (prima veniva utilizzata la parola ”ijusha ”
移住者 “immigrato”)10, una parola che portava con sé significati come inizio e
trasformazione, il significato di una comunità distinta e l’idea di appartenere ad
un nuovo paese.
Dal 1890 in cui solo 25 Issei vivevano in Oregon, solo 10 anni dopo ce
ne erano già 2.051 e dal 1915 un uomo giapponese che guadagnava almeno
800$ era considerato nella condizione per potersi sposare. Molti di loro avevano
cominciato a guadagnare attraverso attività agricole ma il governo, con le leggi
sulla terra del 1913 in California, ne vietava il possesso da parte degli Issei ,
cosa che fu abilmente raggirata trasferendo i titoli delle terre ai Nisei , i quali
9 La City of Tokyo e la sua sorella City Of Peking furono i più grandi vessilli mai costruiti
al tempo negli Stati Uniti e le seconde al mondo dopo l’inglese Great Eastern .
10 In genere con la parola Ijusha si definiva un immigrato con una buona educazione,
più propositivo e desideroso di contribuire a rafforzare i propri valori ed il proprio patrimonio
culturale.
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erano nati negli Stati Uniti o alle Hawaii ed erano quindi cittadini Americani di
diritto.
Le donne Nisei vivevano invece in una condizione molto più legata alle
tradizioni giapponesi; non si hanno dati certi sulle loro attività lavorative, inquanto donne, ma molte hanno scritto del loro stato emotivo e di come veniva
percepita la realtà, in una subordinazione vissuta sia in maniera oppressiva che
in maniera felice, all’interno di in un ambiente razzista e sessista.
Sorprendentemente comune è il senso di inevitabilità, una percezione
degli eventi che va al di là del controllo dell’individuo e che rappresenta il modo
in cui, nei loro diversi modi individuali, queste donne strutturavano le loro
emozioni, tramite una qualità di controllo delle emozioni che è stata poi passata
ai figli Nisei .
I Nisei nati in Canada o negli Stati Uniti hanno avuto una dispersione
maggiore su tutto il territorio rispetto ai genitori e hanno resistito
all’assorbimento nella società in modo massiccio grazie alla tendenza a
mantenere il proprio stile Giapponese. Cresciuti nel sistema scolastico
americano, con gli insegnamenti dei valori individualisti e di cittadinanzaentrarono a far parte di quella società in maniera cosciente e nei primi anni 40
non reagirono bene alle condizioni a cui furono assoggettati durante il periodo
forzato di rilocazione nei campi. I componenti di questo gruppo erano simili ai
genitori per caratteristiche sociali e avevano una posizione economica simile
ma si dividevano in due gruppi, i Nisei grandi e i Nisei giovani, i primi rimanendo
nell’area lavorativa dei colletti blu identificandosi di più con i genitori, i giovani
invece, dopo la guerra cominciarono a frequentare college e università,
riuscendo ad entrare in altre varie professioni e nelle aree lavorative dei colletti
bianchi. Così facendo aumentò il divario tra questi Nisei : differenze di
esperienze e opportunità che crearono un vuoto e inasprirono le relazioni tra i
due gruppi.
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9
1.3 Sentimenti Anti-Giapponesi
La corrente Japanofobica11 che si venne a creare in America ancor prima
degli eventi di Pearl Harbor è stata ispirata da tutti quei sentimenti di odio nei
confronti dei giapponesi e del Giappone; giapponesi che erano visti da questa
potenza occidentale, nella sua ottica moderna, come membri di un paese
sottosviluppato, dai valori sociali e culturali arretratati. Una razza inferiore.
Questo aumentò in maniera drastica le difficoltà nel cercare di integrarsi nel
nuovo paese.
Agli inizi del 1900 la migrazione cominciò a prendere piede, con i
lavoratori che cominciavano ad inserirsi in un contesto lavorativo. I sindacati dei
lavoratori americani non vedevano di buon occhio il loro inserimento,
cominciarono così le prime proteste nei confronti dei giapponesi, e passarono
leggi che discriminavano apertamente gli asiatici ed in alcuni casi in particolar
modo i giapponesi, leggi che impedivano di ottenere la cittadinanza e di
possedere una terra.
In California cominciarono a prendere piede sentimenti xenofobi, man manoche i successi del Giappone facevano eco nel mondo. Dopo la vittoria della
guerra Russo-Giapponese, passarono delle leggi sulla segregazione dei
studenti in scuole separate. Intanto continuavano le campagne anti-Giapponesi
da parte dei giornali americani.
11 Calco linguistico dall’inglese Japanophobia : paura del Giappone, della cultura e delle
persone giapponesi.
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10
Con l’invasione della Cina da parte del Giappone, l’America mosse i
primi passi verso quello che sarà negli anni a seguire la sua linea di condotta
politica nei confronti del Giappone. Molto più attenta a ogni azione del governo
Giapponese, il governo Americano iniziò a porre l’embargo su vari prodotti
come la benzina e altri beni primari12, alimentando i suoi interessi nell’area del
Pacifico e facendo aumentare il sentimento anti-giapponese (e quindi quello
pro-cinese). Questo sentimento cominciò a ripercuotersi anche sul commercio
nipponico, che venne ostacolato da propagande in terra americana contro
l’acquisto di prodotti come il cotone.13
12 Il 26 luglio 1941, in risposta all’invasione giapponese dell’Indocina Orientale,
l’America dichiarò l’embargo su tutti i prodotti petroliferi, sui metalli, e su altre merci strategiche
ed il congelamento di tutti i beni giapponesi negli USA, seguiti in questo dalla Gran Bretagna e
dal governo olandese in esilio a Londra, vietando inoltre alle imbarcazioni giapponesi il transito
attraverso il canale di Panamá. Il primo embargo era stato poco efficace. Il Giappone si
approvvigionava da fornitori statunitensi nei porti della California, con permessi rilasciati con
una certa generosità, da parte statunitense. Nei mesi di luglio e ottobre del 1940, il Call Bullettin
di San Francisco fotografò sul molo del porto cittadino alcuni lavoratori che stavanoprovvedendo allo stoccaggio di numerosi container nelle stive di due navi da trasporto
nipponiche, la Tasukawa Maru e della Bordeau Maru . Entrambe furono caricate con ingenti
quantità di quel materiale ferroso di cui aveva fortemente bisogno l'industria pesante
giapponese. Vedi: Robert B. Stinnett, Il giorno dell'inganno, 2001, Milano, Il Saggiatore, pg. 36-
37.
13 Cosa non facilissima dato che la maggior parte della produzione americana di questo
periodo era diretta all’aumento del materiale bellico.
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11
Tuttavia il più grande e catastrofico evento che divenne la causa
principale dell’odio e delle azioni che poi portarono ai campi di detenzione fu
l’attacco a Pearl Harbor, che catapultò gli Stati Uniti nella Seconda Guerra
Mondiale. Esso fu presentato come un atto di tradimento e codardia, e in
seguito a questo molte “Licenze di cacciatori di Giappi” (in America venivano
chiamati con il dispregiativo “Japs ”14 o “Nips ” Nippi) non-governative furono
emesse per tutto il paese. 15
14
Jean Yu-wen Shen Wu, Thomas C. Chen, Asian American Studies Now , Piscataway,New Jersey: Rutgers University Press, Gennaio 2010, p. 196.
15 Queste Jap Hunting License erano dei falsi documenti ufficiali, bottoni o medaglie che
pretendevano di autorizzare una “stagione aperta” di “caccia” ai giapponesi, a dispetto del fatto
che oltre un quarto di milione di americani erano di origini giapponesi. Alcuni titolari di queste
licenze ricordavano che non c’era limite al numero di “Japs ” che potevano essere “cacciati o
intrappolati”. Queste licenze caratterizzavano i giapponesi come sub umani. Molte di queste
licenze li ritraevano in immagini animalesche, come nell’immagine sopra.
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12
La rivista TIME pubblicò un articolo su come riconoscere un Cinese da
un Giapponese (immagine a lato).
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13
La propaganda presentava un ritratto dei Giapponesi basato sullo
stereotipo dello straniero e addossava loro tradizioni Samurai , e li dipingeva
come fanatici e spietati, desiderosi di conquiste oltremare. La propaganda
giapponese li chiamava a diventare “cento milioni d i cuori battenti come un solo
proiettile umano ” 16 , un motto utilizzato dagli americani per dipingerli come una
massa unificata senza cervello. Venivano così visti anche i Nippo-Americani,
sostenitori della causa Giapponese, in attesa del segnale per il sabotaggio.
Molti manifesti cominciarono a circolare negli Stati Uniti, con slogan che
recitavano “Le chiacchiere costano vite”, “Labbra sciolte affondano le navi”,
“Un’altra parola imprudente, un’altra croce di legno”, “Pezzi di chiacchiere
senza importanza vengono messe insieme dal nemico” 17 ; poster che
insinuavano il dubbio di avere nemici ad ogni angolo e che Giapponesi e Nippo-
Americani erano in ascolto della più piccola conversazione utile da poter riferire
al proprio paese. Questo non fece altro che inasprire ancora di più i rapporti e
causare morti inutili.
La condotta del Giappone poco fece per spegnere questi sentimenti di
odio nei confronti della popolazione residente in America, perpetrando azioni
deplorevoli nei confronti dei prigionieri di guerra e altre atrocità.I prigionieri di guerra catturati da parte dell’America invece sono stati molti
meno, poiché i soldati americani erano stati pervasi dai sentimenti anti-
giapponesi, li paragonavano ad animali e in caso di resa, non aspettandosi
pietà dai Giapponesi, reagivano di conseguenza uccidendo i prigionieri.
Si stima che tra i 112.000 ai 120.000 Nippo-Americani (di tutte e tre le
generazioni), siano stati internati senza tener conto del loro schieramento
politico, e tenuti prigionieri per la durata della guerra. La vasta popolazione di
16 Kerri Sakamoto Harcourt, One Hundred Million Hearts , Toronto, Canada: Knopf, 2003.
Romanzo storico sui piloti dei Kamikaze Giapponesi durante la 2° Guerra Mondiale.
17 Molti di questi poster furono disegnati dall’artista/fumettista Cyril Kenneth Bird in arte
Fougasse; Alfred Hitchcock diresse “Have You Heard? ” per la rivista “LIFE”, un progetto
fotografico volto a drammatizzare sui pericoli dei pettegolezzi durante il periodo di guerra.
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14
Giapponesi alle Hawaii è stata l’unica a non essere rilocata in maniera
massiccia, a dispetto della sua vicinanza con varie aree militari di importanza
vitale.
Un sondaggio del 1944 rivelò che il 13% della popolazione degli StatiUniti era in favore dello sterminio di tutti i Giapponesi.
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Capitolo 2 – I Campi di Detenzione
2.1 Ordine Esecutivo 9066
«Il 7 dicembre 1941 – una data che vivrà nell'infamia».
Franklin Theodore Roosevelt al Congresso e alla nazione l’8 dicembre
1941 nel Discorso sullo stato dell’Unione.18
In seguito all’attacco di Pearl Harbor gli Stati Uniti d’America, per evitare
il panico, decisero preventivamente di rilocare ed internare i Giapponesi e i
Nippo-Americani in campi di detenzione che vennero innalzati su tutta la CostaOvest. La decisione presa dal presidente Franklin Delano Roosevelt non fu
attuata sulla base di rapporti negativi stilati dall’F.B.I. e da altri funzionari
governativi, poiché da quei rapporti emergeva una situazione chiara che
delineava il comportamento e l’attitudine di queste persone come “ non nocive al
governo Americano ” e si sosteneva che non ci fosse alcun tipo di prova, né
precedenti, che potessero far pensare ad atti di spionaggio, sabotaggio o alla
presenza di una quinta colonna. Fu quindi secondo il governo un atto teso adevitare danni e a salvaguardare queste persone da atti di odio e di isteria 19 che
avevano già avuto luogo in passato, e finalizzato anche a non avere a piede
libero eventuali spie nemiche nel luogo dove si stava preparando il contrattacco.
L’Ordine Esecutivo 9066, emesso il 19 Febbraio 1942 dal 32esimo
presidente degli Stati Uniti d’America Franklin Delano Roosevelt, decretava che
tutti i residenti sul territorio degli Stati Uniti di origine giapponese, anche se nati
in territorio americano, dovevano essere rinchiusi in un campo di
18 La citazione fa parte del discorso che tenne il Presidente F.D . Roosevelt l’8 dicembre
1941 e viene chiamato “Discorso dell’Infamia” (Infamy Speech ), lo stesso giorno venne firmata
la dichiarazione di guerra al Giappone.
19 Greg Robinson, By order of the president: FDR and the internment of Japanese
Americans , Cambridge, Massachusetts: Harvard University Press, 2001.
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concentramento. Alla base di tale azioni veniva posta, ufficialmente, la
necessità militare, anche se nel 1980 vennero dichiarate ingiustificate e dettate
dal pregiudizio. Cominciò così la rilocazione nei campi di internamento di oltre
110.000 tra cittadini giapponesi e cittadini americani di origini giapponesi sulla
Costa Ovest.
C’è da dire che Roosevelt immediatamente dopo l’attacco a Pearl Harbor
disse: «Noi né sotto minaccia, né in fronte ad alcun pericolo, rinunceremo alla
garanzia di libertà dei nostri padri incorniciata per noi nella Carta dei Diritti»20.
Ma nei primi mesi del 1942 un conflitto politico sorse tra i funzionari del
Gabinetto di Roosevelt portando alla luce quello che venne definito il “Problema
Giapponese”. Da una parte c’erano il Ministero della Guerra (ora Ministero dellaDifesa Americano) guidato dal Segretario Henry Stimson, e il Ministero della
Marina guidato dal Segretario Frank Knox, dall’altra parte si ergeva il Ministero
della Giustizia capeggiato dal Procuratore Generale Francis Biddle, il quale era
preoccupato riguardo alla violazione dei diritti Costituzionali individuali. Le
scelte di Roosevelt furono chiare.
Il Rapporto Munson, redatto da Curtis B. Munson21, contava 25 pagine e
recava il titolo “Rapporto sui Giapponesi nella Costa Ovest degli Stati Uniti”.
Curtis era un uomo d’affari di Chicago che servì come speciale rappresentante
del Presidente Roosevelt. Il suo rapporto fu spedito alla Casa Bianca il 7
novembre del 1941, un mese prima dell’attacco Giapponese a Pearl Harbor.
Vista la vicinanza alle maggiori installazioni militari e ai principali impianti chiave
per la manifattura, fu richiesta una verifica della lealtà dei Nippo-Americani nei
confronti dell’America.
20 Anche questa citazione fa parte del discorso che tenne Roosevelt l’8 dicembre 1941.
21 Un uomo d’affari di Detroit. Scrisse il rapporto nel1940. Il Rapporto è stato pubblicato
come “Capitolo 6 - Japanese on the West Coast ” in Asian American Studies: A Reader , scritto
da Jean Yu-wen, Shen Wu e Min Song edito Rutgers University Press.
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Munson viaggiò lungo la Costa Pacifica e nelle Hawaii, intervistando
ufficiali dei Servizi Segreti (Intelligence ) della Marina e Militari, oltre a ufficiali
dell’Ufficio per le Investigazioni Federali (Federal Bureau of Investigation “FBI”).
La conclusione delle sue ricerche fu che i Nippo-Americani risultarono leali agli
Stati Uniti.
Affermò: «Non esiste nessun Problema Giapponese sulla Costa
Ovest.»22
Invece vide un “notevole, addirittura straordinario grado di lealtà
all’interno di questo gruppo etnico generalmente ritenuto sospetto”. Affermò
anche che i Nisei dimostravano una patetica impazienza di essere Americani,
mentre gli Issei potevano anche essere ancora “romanticamente legati al
Giappone” ma le loro decisioni per fare dell’America la loro casa garantivano la
loro lealtà agli Stati Uniti.23
L’Ordine Esecutivo fu redatto da un laureato alla Scuola di Legge di
Stanford di 35 anni, il Maggiore Karl R. Bendetsen, il quale era un membro della
Divisione Alieni dell’Esercito Americano. L’Ordine Esecutivo Presidenziale
autorizzava il Segretario della Guerra a designare delle aree militari dalle qualialcune persone potevano essere escluse per necessità belliche. La metà
occidentale della California, l’Oregon, Washington e la metà a sud dell’Arizona
furono prontamente designate come Zone Militari, al comando del Tenente
Generale John L. De Witt. Bendetsen fu poi promosso e posto in carica come
Direttore dell’Amministrazione del Controllo Civile nei tempi di Guerra (Wartime
Civil Control Administration “WCCA”), una nuova agenzia militare che seguiva
le decisioni Presidenziali. Passò poi, il 21 marzo del 1942 la Legge Pubblica
22 Weglyn, Michi Nishiura, Years of Infamy , Seattle, Washington: University of
Washington Press ,1996, p. 45.
23 Jean Yu-wen Shen Wu, Thomas C. Chen, Asian American Studies Now , Piscataway,
New Jersey: Rutgers University Press, Gennaio 2010, p. 204.
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503, la quale stabiliva reato federale una qualsiasi violazione agli ordini dati dal
comandante dell’area militare.
Furono esclusi stranamente dalla rilocazione la maggior parte degli
abitanti di origini giapponesi che vivevano alle Hawaii24, circa 160.000 (il 40%della popolazione dell’isola), i quali erano ancor più vicini alla guerra del
Pacifico. L’Esercito Americano che nel 1942 insistette molto per la rilocazione
nella Costa Ovest, soltanto un anno dopo cercò di recrutare volontari al
combattimento, nella speranza di attrarre un intera divisione di soldati
Nippo-Americani, circa 15.000 uomini.
24 Gail Sakurai nel suo libro: Japanese American Internment Camps (2002) teorizza che
le motivazioni dietro a questa scelta siano state prese su una base economica, poiché sarebbe
stato impossibile trasportare tutte quelle persone sul continente e l’assenza dei lavoratori
Nippo- Americani avrebbe affossato l’economia Hawaiana.
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Sotto la sorveglianza del WCCA i Nippo-Americani furono scortati nei
vari centri sotto il controllo di soldati armati di fucili e baionette e gli venne
permesso il trasporto di una sola valigia. Furono sedici i centri sulla Costa
Ovest dove furono trasportati. La percentuale maggiore, l’80% di cittadini di
origini giapponesi, viveva in California. Il più grande centro di raccolta tra le
sedici strutture, il quale conteneva 18.000 residenti, fu allestito nella Pista da
Corse Santa Anita. Intanto dopo aver realizzato il dispendio di forze militari che
avrebbero dovuto utilizzare (ovvero una intera divisione) passarono il processo
di trasferimento all’agenzia civile per l’Autorità per la Rilocazione in Guerra (War
Relocation Authority “WRA”)25. La WRA cominciò a costruire campi in centri
remoti della California, dell’Arizona, dell’Idaho, del Wyoming, del Colorado,
dello Utah e dell’Arkansas. Lo stile delle costruzioni era sempre quello di
caserme militari: filo spinato e torri di guardia con fari. Ogni campo sarebbe
stato come una prigione.
25 La WRA gestiva l’internamento anche dei prigionieri tedeschi e italiani. Fu creato il 18
marzo 1942 all’approvazione dell’Ordine Esecutivo 9102 ed era un agenzia civile. Il direttore
generale era Milton S. Eisenhower. Il 30 giugno 1946 fu ufficialmente ritirato l’ordine e chiuso.
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2.2 Il Campo Manzanar
Situato ai piedi della Sierra Nevada, nella Owens Valley della California,
tra le città di Lone Pine a sud e Indipendenza a nord, si trova a circa 230 miglia
(370,1 km) a nord-est di Los Angeles. Manzanar (che significa “frutteto di mele”
in spagnolo), è stato riconosciuto dal National Park Service (Servizio dei Parchi
Nazionale) degli Stati Uniti come il “campo di internamento” meglio conservato
e per questo è divenuto il “Manzanar National Historic Site ”. Prima di aver
ospitato uno dei campi che furono costruiti durante la Seconda Guerra Mondiale,
la zona di Manzanar era occupata da un insediamento di Indiani della tribu
Paiute vecchio di 1.500 anni (e nelle zone vicine erano poi presenti altre tribù).Fu un insediamento fino al 1861-1863, anni della Guerra Indiana della Owens
Valley, guerra che finì quando l’Esercito degli Stati Uniti puntò le armi sui nativi
e li fece marciare fino a Fort Tejon. Questa fu solo uno dei molti spostamenti
messi in atto dagli Stati Uniti lungo tragitti che venivano definiti dal popolo
indiano come “Sentieri di Lacrime”. Alcuni ritornarono comunque a vivere nelle
zone dalle quali provenivano dopo il 1863. A Manzanar fu poi costruita una città
e la zona si riempi di ranch.
Dopo il 7 dicembre 1941, giorno dell’attacco a Pearl Harbor, il governo degli
Stati Uniti mise in atto rapidamente la soluzione al “problema giapponese”
spostando i nativi giapponesi che risiedevano sulla Costa Occidentale degli
Stati Uniti, e nelle ore serali di quello stesso giorno, l’FBI arrestò il “nemico”
straniero in territorio Usa, compresi i 2.192 che erano di discendenza
giapponese. Il 19 febbraio 1942, il Presidente Franklin D. Roosevelt firmò l’
Ordine Esecutivo 9066, che autorizzava il Segretario di Guerra a designare i
comandanti militari e a trovare settori militari dove internare “qualsiasi o tutte le
persone giapponesi”. L’ordine autorizzò anche la costruzione di quelli che si
sarebbero in seguito chiamati “centri di trasferimento”, la nuova casa di coloro
che dovevano essere esclusi dalla comunità americana. Il 21 marzo del 1942
ottantuno Nippo-Americani, come atto di lealtà verso la nuova patria, si
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22
presentarono volontariamente per essere imprigionati.26
Alle persone che sarebbero state trasferite davano un preavviso che andava dai
tre giorni alle due settimane27; fu ordinato loro di liquidare tutte le proprietà,
case auto e terre. I loro conti furono congelati. Si è calcolato che gli internati
abbiano perso, secondo i valori del 1945, fra i 108 e i 164 milioni di dollari in
mancati guadagni e fra i 41 e i 206 milioni di dollari in proprietà. Incalcolabile
l’effetto sul capitale umano: perdita di educazione, di lavoro, di pratica
professionale.
Questo ha portato al trasferimento forzato di oltre 120.000 Nippo-Americani,
due Terzi dei quali erano cittadini nati americani. Agli altri fu inoltre subito
impedito di diventare cittadini in base al diritto federale. Oltre 110.000 sono stati
imprigionati nei dieci campi di concentramento. Manzanar fu il primo dei dieci
campi ad essere realizzato. Inizialmente era un “centro di accoglienza”
temporaneo conosciuto come Centro Owens Valley (21 marzo 1942 - 31
maggio 1942). Il Centro fu poi trasferito sotto il comando del WRA il 1 ° giugno
1942, e divenne ufficialmente il “Manzanar War Relocation Center ”. I primi
prigionieri giapponesi americani che sono arrivati a Manzanar sono stati
volontari che hanno aiutato a costruire il campo. Fino a metà aprile i Nippo-
Americani arrivarono a 1.000 al giorno,ma a luglio la popolazione del campo
quasi toccò le 10.000 unità. Oltre il 90% dei detenuti provenivano dalla zona di
Los Angeles, il resto era proveniente da Stockton, California e Bainbridge Island,
Washington. Il Campo Manzanar raggiunse 10.271 prigionieri tra donne, uomini,
bambini ed anziani, inoltre fu il più importante punto di smistamento di questi
prigionieri tra i vari campi, arrivando ad un afflusso totale pari a 110000
prigionieri di origini giapponesi, di cui due terzi cittadini americani. 10.271
persone furono deportate a Manzanar, 18.800 a Tule Lake, California, 18.000 a
26 Michael L. Cooper, Remembering Manzanar: life in a Japanese re location camp,
New York: Clarion Books, 25 novembre 2002, IX Ed., p. 14.
27 Ivi, p. 9, alcuni testimoni ricordano che a volte gli venivano concesse solamente 48
ore per sgombrare.
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Poston, Arizona, 13.400 a Gila RIver, Arizona, 11.100 a Heart Mountain,
Wyoming, 9,900 a Minidoka, California, 8.600 a Jerome, Arkansas, 8.500 a
Rohwer, Arkansas, 8.300 a Topaz, Utah, 7.600 a Granada, Colorado. La
maggior parte di loro vi rimarrà fino al settembre 1945. Alcuni usciranno nel
1943 per arruolarsi, volontari, nel 442esimo e 100esimo Battaglione, due unità
create apposta per i giapponesi-americani di cui parlerò nel prossimo capitolo.
In tempi moderni il Campo Manzanar è stato rinominato in vari modi: centro di
rilocamento, campo d’internamento, campo di concentramento, e la
controversia riguardo il termine giusto da usare è stata descritta dal Dr. James
Hirabayashi, in un articolo del 1994, come offensiva, come anche l’uso degli
eufemismi adottati in quel periodo, quali “evacuazione” e “rilocazione” per
esprimere l’incarcerazione forzata sotto guardie armate, un’evidente
camuffamento delle intenzioni.
Uno studio interessante è stato fatto dal grafico pubblicitario americano Josh
Korwin sul font che venne utilizzato nell’insegna posta all’entrata del Campo
Manzanar, dipinto dal grafico pubblicitario, nonché prigioniero, Akio Matsumoto.
Analizzando il carattere ci si ritrova davanti una chiara immagine, il font
utilizzato dai Nazisti durante quel periodo (che faceva parte della famiglia di
caratteri Fraktur ). Benché ci fossero alcune differenze quali la spaziatura tra le
lettere e la densità o pienezza delle lettere maiuscole “M” e “R” minore, per il
resto i due font erano pressoché identici. Risulta quindi chiaro il messaggio dato
dal sottotesto, il quale porta con sé un idea contraria a quella che esprime la
parola “Rilocazione” inserita nell’insegna ripresa dal fotografo Ansel Adams28
nel 1943.
28 Ansel Adams (1902 – 1984) documentò gli internamenti dei Nippo-Americani e la vita
del campo Manzanar. In “Soffrendo sotto una grande ingiustizia” sono presenti 242 negativi
originali e 209 stampe fotografiche. Quando nel 1965 donò la collezione alla biblioteca scrisse:
“Lo scopo del mio lavoro è stato mostrare come queste persone, soffrendo sotto una grande
ingiustizia, perdita di proprietà, imprese e professioni, abbiano superato il senso di sconfitta e
disperazione costruendo per loro stessi una comunità in un ambiente arido (ma magnifico)... nel
complesso, io penso che la collezione di Manzanar sia un importante documento storico, e
credo se ne possa fare buon uso.” http://memory.loc.gov/ammem/collections/anseladams/
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Le costruzioni provvisorie del campo non riuscivano adeguatamente a fornire
protezione dal clima estremo di quella zona (la Owens Valley raggiungeva
un’altitudine di 1.200 m). L’estate si raggiungevano temperature superiore ai
38°C e l’inverno durante le nevicate si toccavano i 4°C, a questo si
aggiungevano i venti frequenti e la presenza costante di sabbia e polvereall’interno delle baracche. L’area residenziale del campo era di circa 2,6 km2
consistenti in 36 blocchi costruiti frettolosamente, grandi 6,1 m per 30 m
ricoperti di carta catramata. Ogni famiglia aveva a disposizione uno spazio pari
a 6,1 m per 7,6 m, senza tende o privacy personale, questo anche per quanto
riguardava i bagni e le docce in comune. Ogni blocco aveva inoltre una sala
mensa condivisa, una lavanderia, un centro ricreativo (eccetto per il Blocco 33),
una stireria e un serbatoio di stoccaggio per il riscaldamento a gasolio. Oltre
questi blocchi residenziali nel campo erano presenti altri 34 blocchi in cui erano
allocate le case dei custodi, gli uffici dell’amministrazione del campo, due
magazzini, un garage, un ospedale di campo e 24 fasce tagliafuoco. Erano
presenti anche strutture scolastiche, un auditorium per la scuola superiore, altre
case dei custodi, fattorie di polli e maiali, chiese, un cimitero, un ufficio postale,
un negozio cooperativo, altri negozi, un giornale del campo e gli altri servizi che
uno si aspetterebbe di trovare nella maggior parte delle città Americane. A
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Manzanar era presente inoltre una fabbrica di reti mimetiche, una piantagione
sperimentale di gomma naturale e un orfanotrofio chiamato Villaggio dei
Bambini, il quale ospitò 101 bambini Nippo-Americani. Infine il campo era
circondato da 8 torri di guardia unite da 5 linee di filo spinato sorvegliate dalla
Polizia Militare armata, a cui si aggiungevano i posti di guardia sempre presenti
all’entrata principale.29
Dopo essere stati sradicati dal loro ambiente, i prigionieri dovettero abituarsi a
vivere a quelle condizioni. Nella vita di tutti i giorni dovevano aspettare in fila per
i pasti, per i bagni, per la lavanderia. Ogni campo era stato ideato come
autosufficiente. Le cooperative avevano diverse funzioni (come anche il
giornale del campo) quali salone di bellezza, barbiere, riparazioni di scarpe e
altro. L’allevamento e la coltivazione erano due delle mansioni dei prigionieri,
che arrivarono a produrre loro stessi la salsa di soia ed il tofu. All’inizio i pasti
erano razionati secondo disposizioni militari, quindi riso e vegetali data la
scarsità di carne ma, nel primo periodo del 1944 cominciò a diventare attivo un
ranch di polli e poco dopo ad Aprile una fattoria di maiali.
Molti prigionieri erano lavoratori all’interno del Campo Manzanar, i vari
pagamenti erano differenti a seconda del livello, andando dagli 8$ al mese per i
non specializzati, arrivando a 19$ al mese per i professionisti (all’incirca 108$ e
256$ al giorno d’oggi) 30 . In aggiunta ad ogni prigioniero venivano dati
3,60$(49$ ad oggi) al mese come indennità per l’abbigliamento. Furono i
prigionieri a rendere più vivibile il campo, organizzavano partite di baseball,
29 Harlan D. Unrau, United States. National Park Service, Manzanar National Historic
Site, California: the evacuation and relocation of persons of Japanese ancestry during World
War II : a historical study of the Manzanar War Relocation Center , U.S. Dept. of the Interior,
National Park Service, 1996. Capitolo 8: costruzione e sviluppo del campo di rilocazione
Manzanar dal 1942 al 1945.
30 Myer, Dillon S., Work of the War Relocation Authority, An Anniversary Statement , The
Harry S. Truman Library & Museum, marzo 1943. Qui si trovano informazioni riguardanti le
varie richieste del governo, documenti ufficiali che descrivevano le condizioni e le necessità del
campo.
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football e lezioni di arti marziali. Decorarono e abbellirono gli spogli dintorni con
giardini, rocce, piscine e cascatelle presenti ancora oggi all’interno del campo.
Fu costruito addirittura un campo da golf a 9 buche.
All’interno del campo, alcuni mesi prima del Dicembre del 1942, cominciarono a
insorgere delle tensioni tra il gruppo dei prigionieri a favore della Lega dei
Cittadini Nippo- Americani (Japan American Citizens League “JACL”)31 ed un
gruppo di Kibei (帰米 Nippo-Americani educati in Giappone); le tensioni tra i
prigionieri aumentarono quando si diffusero voci di corridoio che sostenevano
che la carenza di zucchero e carne era il risultato di un mercato nero degli
amministratori del campo. A peggiorare ancora le cose ci fu un episodio di
pestaggio al leader del JACL Fred Tayama da parte di sei uomini mascherati. In
seguito Harry Ueno, il leader della Kitchen Workers Union , fu sospettato di
essere coinvolto, e infine arrestato e rimosso da Manzanar. Fu così che tra il 5
ed il 6 dicembre del 1942 si verificò quella che fu chiamata la “Sommossa di
Manzanar”. 3.000-4.000 prigionieri marciarono verso l’area amministrativa
protestando contro l’arresto di Ueno. Dopo un negoziato con i sostenitori di
Ueno lui fu rilasciato e ritornò al campo. Una folla di altri centinaia di prigionieri
ritornarono a protestare e quando la folla insorse, la polizia militare cominciò a
tirare gas lacrimogeni per disperderli. Tra le persone che scappavano cercando
di evitare il gas, qualcuno nella folla spinse un veicolo senza guida contro la
prigione. In quel momento la polizia cominciò a sparare, uccidendo
istantaneamente un giovane di 17 anni e ferendone un altro di 21 all’addome,
che morì pochi giorni dopo. Nove altri prigionieri furono feriti ed una caporale
della polizia militare fu ferito da un proiettile vagante.
Il 21 Novembre del 1945, Manzanar fu il sesto campo ad essere chiuso dalla
WRA e con il Proclama 2714, il nuovo Presidente Harry Truman, nel 31
31 Fondata nel 1929 la JACL 日系アメリカ人市民同盟 Nikkei Amerikajin Shimin Dōmei
serviva a proteggere i diritti dei Nippo Americani dallo stato e dal governo federale. Combatté
per i diritti civili e assistette quelli che erano stati imprigionati nei campi e conseguì un
importante vittoria portando avanti la campagna per il risarcimento agli internati dal Congreso
degli Stati Uniti.
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Dicembre 1946 proclamava formalmente concluse le ostilità nella Seconda
Guerra Mondiale. Il 19 Febbraio 1976 il Presidente Gerald R. Ford con il
Proclama 4417 ritirava ufficialmente l’autorità conferita dall’Ordine Esecutivo
9066 agli Stati Uniti in maniera tale da non essere più ripristinato.
Gli ormai ex-prigionieri dovevano abbandonare il campo e recarsi alle proprie
destinazioni per conto proprio. Vennero loro consegnati 25$ (305$ ad oggi), un
biglietto del treno o autobus sola andata e dei pasti a chi avesse meno di
600$ (7.322$ ad oggi). Anche se molti lasciarono il campo, molti altri si
rifiutarono, non avendo nessun altro posto dove andare e avendo perso tutto
quello che avevano prima dell’impr igionamento. Furono allora cacciati con la
forza. Secondo le stime finali, 146 prigionieri morirono a Manzanar, cinquanta di
loro furono seppelliti lì e più tardi furono restituiti ai familiari e riseppelliti. Solo
cinque lapidi vi rimangono ancora. Nel luogo dove era stato edificato il cimitero,
lo scalpellino e prigioniero Ryozo Kado32 scolpì nel 1943 un monumento alla
memoria dei caduti. Un iscrizione in giapponese sul davanti recita, 慰靈塔 Iret ō
(Torre consolatrice delle Anime). Sul retro si leggeva invece, sulla parte sinistra
“Eretta dai Giapponesi di Manzanar”, sulla parte destra “Agosto 1943”. Oggi il
monumento viene decorato con origami e a volte un sopravvissuto o un
visitatore lasciano un offerta personale o un oggetto come ricordo, i quali
vengono raccolti e catalogati dal Servizio dei Parchi Nazionali.
Dopo che il campo fu chiuso il sito dove era stato costruito ritornò alle sue
origini, in un paio di anni tutte le strutture furono rimosse, ad eccezione del
cancello d’entrata, il monumento cimiteriale e l’attuale Auditorium della Scuola
Superiore Manzanar, che fu comprato dalla contea dell’Inyo, California. La
contea affittò l’auditorium all’associazione Veterani delle Guerre Straniere, iquali lo utilizzarono come struttura di incontri e teatro della comunità fino al
1951. Successivamente la struttura fu trasformata in un impianto di
32 Ryozo Kado era un Issei proveniente dalla prefettura di Shizuoka in Giappone, arrivò
in America nel 1910, fu sia un giardiniere che un muratore. Discover Nikkei: Japanese
Immigrants and their Descendants.
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mantenimento per il Dipartimento delle Strade della Contea dell’Inyo. Al 2007
sul luogo si trovano ancora le fondamento di alcuni edifici, parte delle strutture
fognarie e idrauliche, cenni di strade, resti dei paesaggi costruiti dai prigionieri
ed altro ancora. Nonostante i quattro anni in cui il sito venne utilizzato come
campo di detenzione , rimangono ancora intatti segni dei ranch e della città di
Manzanar, così come si trovano ancora artefatti dei giorni in cui la Owens
Valley ospitava l’insediamento degli Indiani Paiute.
Nel 1952 la legge Walter-McCarran per l’Immigrazione e la Naturalizzazione
permise agli immigrati Giapponesi di avere la cittadinanza americana. Più tardi
nel 1972 Manzanar fu registrato come Sito Storico della California.
Finalmente nel 1988 passò il Decreto per le Libertà Civili degli Stati Uniti il quale
concesse un pagamento di 20.000$ ad ogni ex carcerato e le scuse da parte
degli Stati Uniti d’America ad oltre 82.000 ex internati ancora in vita.33
33 Nel 1980 una commissione concluse che l’evacuazione fu un ordine basato
sull’isteria ed il pregiudizio razziale. Decisero di risarcire le famiglie per un totale di 1,25 milioni
di dollari (diluiti in 3 anni, 500 milioni l’anno), sarebbero state risarcite solo le persone ancora in
vita e si avevano 18 mesi per accettare il pagamento. Norman Y. Mineta firmò l’approvazione
del congresso e disse: “Sono profondamente onorato di servire in questo corpo che ha
intrapreso il grande passo di ammettere e correggere un’ingiustizia monumentale”.
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2.3 Lettere dai Campi
All’interno dei campi i prigionieri avevano la possibilità di servirsi del
sistema postale Americano. Si conservano moltissimi documenti originali inviati
al Dr. Remsen D. Bird34 (Direttore dell’Occidental College) dove sono descritte
le sensazioni e le condizioni in cui sono vissuti i Nippo-Americani reclusi. Ogni
lettera è scritta in lingua Inglese, utilizzata espressamente come simbolo della
loro dedizione agli Stati Uniti d’America. Questa di seguito è una lettera inviata
dalla studentessa Fumiko Matsumara a Bird il 4 Aprile del 1942:
“4 Aprile 1942
Caro Dr. Bird:
Abbiamo raggiunto
Manzanar all’incirca verso
le sette e un quarto di sera
di sabato. Era troppo tardi
per dare uno sguardo alla
piccolà città di Manzanar.
Questo posto è veramenteincompleto ora come ora.
Come ha detto Mr. Saita il
governo ha fatto in fretta
con noi. Il sistema idrico
non è completo. La
maggior parte delle case
non hanno acqua corrente.
Direi che solo un terzo
della città è completo.Questa terra sembra brulla
per miglia ad eccezione
delle montagne da
entrambi i lati..”
34 Callimachus: Occidental College Library Digital Archives.
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Quindi ecco il primo approccio di uno dei prigionieri, il quale da subito sente la
mancanza delle comodità moderne e di una adeguata fornitura d’acqua. Nelle
due pagine successive Fumiko continua parlando della bellezza delle montagne
e in generale delle condizioni in cui si trovano a vivere: del tipo di cibarie che
vengono servite e delle condizioni delle costruzioni. La lettera termina la lettera
salutando Bird e assicurandogli che avrà presto nuove notizie sui progressi
ottenuti dalla comunità di Manzanar e sull’indirizzo provvisorio dell’edificio nella
quale è stata posta. Nella seconda lettera al Dr. Bird del 2 Giugno 1942, Fumiko
Matsumara scrive riguardo ai “rapidi progressi” del Campo, notando che tutte le
case sono state costruite e che un ospedale è in fase di costruzione. Scrive di
come tutti si stiano pian piano abituando alle condizioni di vita del campo e
spera che con i prossimi autobus vengano trasportati nel suo stesso campo
anche i suoi amici. Inoltre menziona la sua intenzione di dare il via ad una
classe di balletto e il suo desiderio di finire la scuola superiore una volta che la
scuola sarà costruita. La lettera si chiude con dei ringraziamenti a Bird per la
gentilezza che dimostra nel cercare di aiutare le persone rinchiuse nei vari
campi. In un’altra lettera spedita sempre al Dr. Bird del 29 Aprile 1942 da
Edward Kazuya Sanada si vede l’impegno dei prigionieri nel cercare di
migliorare le condizioni della loro comunità. Sanada nella lettera esprime il suo
entusiasmo nel voler offrire i suoi servizi quale laureato in Arte all’Università di
Los Angeles California, alla scuola dei bambini del campo. Chiede inoltre a Bird
consigli e indicazioni su come trovare i materiali e le informazioni necessarie. Si
evince da un’altra lettera da parte di Akir a Shiraishi al Dr. Bird quanto sia
profonda la speranza di farsi accettare nella società americana da parte dei
Nippo-Americani. Akira scrive a Bird della sua ferma determinazione nel
cercare di diventare un uomo Occidentale, un Cristiano, un leale CittadinoAmericano. Lo ringrazia e gli ricorda della prima volta in cui si sono conosciuti
nella chiesa di Wilshire Boulevard e di come faccia così tanto per lui e per la
sua comunità. Nella lettera c’è la richiesta e la speranza da parte di Akira di
potersi riunire con il padre nel campo Heart Mountain in Wyoming per cui partirà
il primo Settembre 1942, richiesta dettata dal fatto che Bird faceva parte della
commissione per il riesame delle richieste riguardo ai Giapponesi internati.
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Capitolo 3 – Nazionalizzazione e Milizia
3.1 No-No Boys
Nel Febbraio del 1943 il Dipartimento della Guerra Americano e l’Autorità per la
Rilocazione in Guerra (WRA) decisero di testare la lealtà di tutte le persone di
ascendenza Giapponese che erano state incarcerate nei campi della WRA. Il
questionario fu somministrato a chiunque avesse 17 anni o più e divenne
conosciuto come il “questionario della lealtà”. Due domande in particolare
furono fonte di preoccupazione e confusione per i tanti che lo fecero.
La domanda #27 chiedeva:
Siete disposti a prestare servizio nelle forze armate degli Stati Uniti con
mansioni di combattimento, ovunque venga ordinato?
La domanda #28 chiedeva:
Giurereste fedeltà incondizionata agli Stati Uniti d’America e fedelmente
difenderesti gli Stati Uniti da qualsiasi attacco da forze straniere o
nazionali, e rinneghereste ogni forma di fedeltà all’Imperatore
Giapponese o qualsiasi altro governo, potere od organizzazione
straniera? 35
I funzionari governativi decisero che un “sì” alla domanda #28 indicava lealtà,
un “no” slealtà verso gli Stati Uniti. Ci si riferisce a volte alla domanda #28 come
al “giuramento di lealtà”.
Le risposte furono varie. Durante la Seconda Guerra Mondiale le donne, i
vecchi e i stranieri residenti erano generalmente non previsti per il servizio nelle
forze armate, tuttavia potevano prestare servizio come infermiere o personale
sanitario. La domanda #28 era particolarmente difficile da rispondere per gli
Issei i quali, date le leggi americane, non potevano diventare cittadini Americani.
Rispondere “sì” avrebbe significato perdere la loro nazionalità Giapponese,
35 Denshō, The Japanese American Legacy Project: Reading: The Question of Loyalty.
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lasciandoli di fatto nello stato di senza patria, quindi molti di loro risposero “no”
per evitare questa situazione.
C’era la paura che membri della famiglia che avessero risposto “no-no”
sarebbero stati mandati in un altro campo rispetto ai “sì-sì” o che addirittura
avrebbero potuto essere espatriati in Giappone contro la loro volontà. Fu così
che molti Nisei risposero “no-no” per non essere divisi dai propri genitori. I Nisei
interpretavano la domanda #28 come una domanda a tranello, pensavano che
un “sì” potesse essere interpretato come fedeltà al Giappone. In altre parole
che il “rinnegare” la devozione all’Imperatore Giapponese suggerisse la fedeltà
stessa. Ugualmente rispondere “no” sarebbe stato inteso come un esplicitò atto
di slealtà nei confronti degli Stati Uniti. I Nisei in età di leva dovevano inoltre
rispondere al questionario di fronte ai reclutatori delle Forza Armate Americane
e visto che veniva specificato “mansioni di combattimento” pensavano che se
avessero risposto “sì-sì” sarebbero stati mandati immediatamente come
volontari al servizio militare.
Quando le persone preoccupate per queste domande cercarono di chiedere
spiegazioni, i funzionari governativi davano delle risposte incoerenti, si
rifiutavano di dare una spiegazione o informare delle possibili conseguenze.
Alcuni minacciavano di multare di 10.000$ o di incarcerarli per vent’anni se non
rispondevano alle domande. Risposte al condizionale o con riserva non erano
ammesse, se venivano trovate delle risposte scritte per motivare le risposte a
queste due domande, venivano automaticamente scartate e considerate alla
stregua di un “no”. Queste due domande crearono una situazione di conflitto
nelle famiglie, argomenti come lealtà verso i propri genitori e la propria famiglia,
oltre che la fedeltà verso il proprio paese e verso la Costituzione vennero a
galla. Nonostante i gravi problemi con le domande e il loro significato per ifunzionari governativi e altri, ivi compresi anche la Lega dei Cittadini Nippo-
Americani (JACL), venivano generalmente considerati sleali quelli che
rispondevano “no-no” alle domande #27 e #28.
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Le paure si trasformarono in realtà quando quelli che risposero “no -no” furono
rilocati nel campo di Tule Lake in California36. Fu designato come “centro di
segregazione” per separare gli “sleali” dagli individui “leali” e lì la sicurezza fu
incrementata. Le famiglie “leali” al campo di Tule Lake venivano incoraggiate a
trasferirsi negli altri campi del WRA. Alcune famiglie furono deportate in
Giappone. Fu così che i prigionieri che avevano risposto “no” furono etichettati
come i “no-nos ” o i “no-no boys ”. In ogni caso le molte persone che risposero
“no-no” non erano “sleali” agli Stati Uniti, i motivi per i quali avevano risposto
così erano da attribuire alle motivazioni di gruppi quali gli Issei che avrebbero
risposto “sì” se avessero potuto diventare cittadini Americani, o quelli che in
preda alla rabbia risposero “no” per protesta contro la violazione dei loro diritti
civili da parte del loro stesso governo, o chi rispose “no” per tenere unita la
famiglia. Fu chiesto ad un Nisei di motivare la sua risposta negativa e lui spiegò
che non aveva senso per lui quella domanda in quanto il senso stesso di “lealtà”
era stato prosciugato del suo significato, che la loro “lealtà” non aveva lo stesso
valore di quella degli altri; depredati delle loro proprietà e della loro libertà,
hanno cercato di cacciarli dal loro paese, “questo non è il modo di fare
americano (the american way ), cacciatemi, buttatemi fuori” allora disse.
Alcuni funzionari riconobbero la difficoltà nel valutare un “no” come “slealtà”. Il
direttore del WRA del campo Manzanar capì questa situazione descrivendo
come un “no” potesse avere molti significati nascosti, molti dei quali dovuti ai
loro fallimenti passati e presenti, nell’attuazione della linea politica che l’America
aveva seguito nei confronti dei Nippo-Americani, significati motivati da rabbia
dovuta alla deprivazione forzata e sbagliata nei loro confronti.
Al campo di Tule Lake si crearono diverse fazioni e ogni fazione aveva risposto
36 Il campo di rilocamento di Tule Lake fu uno dei più controversi e dei più popolati. Le
condizioni di vita erano al di sotto di tutti gli altri, non igieniche, squallide, con cure mediche
inadeguate, poco cibo e condizioni di lavoro pericolose. Nel novembre del 1943 dopo diversi
incontri e proteste riguardo queste condizioni i militari imposero la legge marziale sul campo.
Tule Lake Committee: The History of Tule Lake & the Pilgrimages.
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in maniera e per motivi differenti, ci furono atti di violenza e di intimidazione
finalizzati a farli unire al movimento per la rinuncia agli Stati Uniti. Così fu
costruita una prigione all’interno del campo. Prima della Seconda Guerra
Mondiale non era permesso ad un cittadino americano di rinunciare alla propria
cittadinanza, ma nel 1944 il Congresso cambiò la legge per permettere ai Nisei
tenuti prigionieri nei campi di rinunciarvi e di poter essere deportati in Giappone.
Più di 6000 persone dal campo di Tule Lake inoltrarono la domanda e di questi,
5.589 furono approvate. Durante le udienze per la rinuncia 5.409 dei richiedenti
si pentirono di questo atto chiedendo che gli fosse restituita la cittadinanza.
Wayne Collins37 un avvocato di San Francisco, rappresento tutti quanti questi
individui singolarmente, dato che non gli fu permesso di rappresentarli come
gruppo. Il suo lavoro durò decenni, riuscendo a ristabilire 4.987 cittadinanze.
Dei 110.000 Nippo-Americani incarcerati nei campi, 23.606 erano Nisei in età di
leva tra i 18 e i 37 anni. Dopo il gennaio 1943, quando l’Esercito Americano
permise il servizio militare volontario; 1.256 di questi uomini fecero richiesta e di
questi, 800 passarono l’esame fisico. Dalle Hawaii circa 10.000 Nippo-
Americani fecero richiesta come volontari; 2.686 furono accettati al
reclutamento. Queste cifre erano l’opposto di quello che si aspettava il
Dipartimento della Guerra. Alcuni sostenevano che queste cifre riflettevano
esattamente lo stato d’animo di quei gruppi di uomini a cui fu tolta la libertà
(quelli internati nei campi del continente) e di quelli liberi (che risiedevano nelle
Hawaii).
37 Wayne M. Collins (1900 – 16 luglio 1974). A proposito di Collins, il poeta Hiroshi
Kashiwagi gli dedicò il suo libro Swimming in the American: a Memoir and Selected Writings ,
dicendo: “Mi ha salvato come americano e ha restaurato la mia fede nell’America”. Nella dedica
del libro Years of Infamy: The Untold Story of America's Concentration Camps , l’ex internata
Michi Nishura Weglyn scrive: “… ha fatto più lui nel correggere l’errore di una democrazia
rispetto a qualsiasi altra persona.”
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35
3.2 Go For Broke
Una delle immediate conseguenze dell’attacco a Pearl Har bor fu che gli Stati
Uniti vietarono ai Nisei il servizio militare, modificando il loro stato da 1-A
(eleggibili alla leva) a 4-C (alieni nemici ineleggibili a registrarsi). Malgrado i
media incentivassero l’odio e la sfiducia nei confronti di tutti quelli che avevano
origini Giapponesi, il Dipartimento della Guerra decise di formare unità militari
formate unicamente da Nisei per migliorare le pubbliche relazioni internazionali;
un unità formata da tutti Nisei poteva controbattere la propaganda Giapponese
contro gli Stati Uniti, che enfatizzava le discriminazioni affrontate dai Nippo-
Americani verso la loro razza. Questa unità poteva inoltre mantenerel’immagine degli Stati Uniti come leader mondiali di democrazia e libertà. Nel 1°
Febbraio del 1943 il Presidente Roosevelt annunciò la formazione del
reggimento militare Nisei conosciuto come il 442° Reggimento di
Combattimento, formato dai volontari dal continente e dalle Hawaii e i
successivi coscritti. Nonostante tutti i riconoscimenti accordati al 442°, non
furono loro il primo battaglione tutto Nisei . Questo onore andava ai soldati Nisei
che fecero parte del 100° Battaglione di Fanteria. Il 298° e il 299° reggimento difanteria nella Guardia Nazionale Hawaiiana, molti dei quali uomini erano Nisei ,
formarono la base del 100° Battaglione di Fanteria. Gli uomini del 100°
affrontarono discriminazioni da parte dei soldati americani. Durante
l’addestramento invece di armi vere gli venivano consegnate armi di legno. In
un campo di addestramento ci fu uno scontro tra i soldati del 100° e un gruppo
di soldati dal Texas a cui non piaceva vedere delle facce asiatiche indossare
delle uniformi degli Stati Uniti. Molti dei Nisei erano cinture nere di Judo, sportnel quale la maggior parte di loro si dilettava; alla fine della rissa 38 uomini
ebbero bisogno di cure ospedaliere, di questi molti erano ridotti con braccia e
gambe spezzate, solo uno era Nippo-Americano. Sul campo di guerra il 100°
Battaglione combatté con coraggio e prese parte alle prime battaglie per la
cattura da parte degli alleati di Roma. Originariamente era formato da circa
1300 soldati, ma dal Giugno del 1944, date le vittime tra le fila del 100°, circa
900, il loro numero sceso a soli 400. Nello stesso mese si unirono al molto più
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36
grande 442°. Il loro motto era “go for broke ”, letteralmente “vai per rompere”.
Questa unità combinata vide le sue più feroci battaglie in Francia dove
liberarono le città di Bruyeres, Belmont e Biffontaine dall’occupazione Nazista.
Uno degli episodi più sanguinolenti fu nel tardo Ottobre nella battaglia
soprannominata come il Salvataggio del Battaglione Perduto.
Duecentosettantacinque membri di un reggimento di fanteria del Texas furono
circondati da truppe Naziste nell’ est della Francia. La situazione era orribile. Al
442° fu ordinato di salvare il battaglione intrappolato. Ad aggiungersi ai Nazisti
c’erano anche i terreni montani e le foreste a creare disagi. Incredibili atti di
eroismo individuale e pura tenacia rovesciarono le sorti di quel giorno infausto.
La prima pattuglia a raggiungere i Texani arrivo durante il quarto giorno della
battaglia e il Battaglione Perduto fu salvato. Un soldato Texano ricordò quel
salvataggio come indimenticabile, quando vide arrivare il primo dei soldati del
442°. Il Sergente Maggiore Takeo Senzaki di Los Angeles, non riusciva a
credere ai propri occhi, non sarebbero sopravvissuti più di altre 36 ore, i soldati
cominciarono piangere e non riuscirono a parlare per almeno 10 minuti,
increduli; dopo fu difficile riuscire ad esprimere quello che provarono in
quell’istante ma ricordarono gli uomini del 442° Reggimento con onore e un
profondo ringraziamento. La vittoria del 442° fu però una vittoria agrodolce, per
salvare i 211 uomini rimasti del 1° Battaglione del 141° Reggimento di Fanteria
(il “Battaglione Perduto”), il 442° soffrì 800 vittime. Qualcuno suggerì che l’alta
proporzione di ferite e vite-sacrificate per vite-salvate, rifletteva le inerenti
disuguaglianze della segregazione razziale dell’Esercito Americano. Il Senatore
Daniel Ken Inoue, uno dei partecipanti al salvataggio, disse:
“Sono assolutamente certo che tutti noi f ossimo ben consapevoli che
fummo utilizzati per il salvataggio perché eravamo sacrificabili.” 38
Il reggimento Nisei fu l’unità più decorata per grandezza e lunghezza di servizio
nella storia dell’Esercito Americano. Il governo alla fine evidenziò l’eroismo dei
38 Denshō, The Japanese American Legacy Project, Military Service, The 100th Infantry
Battalion and 442nd Regimental Combat Team.
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37
soldati Nisei , questo gioco un ruolo vitale nel miglioramento dell’immagine dei
Nippo-Americani a gli occhi del pubblico generale.
3.3 Italia
Mentre il 442° Reggimento finiva il suo addestramento nel Mississippi, il 100°
Battaglione fu inviato ad Orano, nell’Africa del Nord, dove giunse il 2 settembre
1943. Inizialmente il suo impiego operativo fu semplicemente quello di fornire gli
uomini di guardia ai depositi e ai trasporti militari nell’intera area. Nessuno dei Nisei era contento di questo compito, che relegava il 100° a
compiti quantomeno noiosi e meno di tutti lo era il suo comandante, Colonnello
Farrant L. Turner, che insistette presso l’Alto Comando per una destinazione
qualsiasi ma in teatro di guerra. Il Battaglione fu di conseguenza aggregato l’8 settembre 1943 al 133°
Reggimento di fanteria della 34ª Divisione “Red Bull”, dove andò a sostituire il
2° Battaglione che era stato assegnato come Unità di Sicurezza del QuartiereGenerale delle Forze Alleate ad Algeri. Il 100° salpò così dalle coste del Nord Africa con 1300 uomini il 19 settembre
1943 e sbarcò nella baia di Salerno il 22 successivo, con le truppe ormai ben
all’interno della costa. Il 29 l’unità ebbe la prima perdita in azione: il sergente
Shigeo Takata della Compagnia B. Quello stesso giorno, ma qualche ora più
tardi, perse la vita anche il soldato semplice Keichi Tanaka. Dopo aver ottenuto il suo primo obiettivo (la conquista del paese diMontemiletto, in provincia di Avellino), il 100° fu trasferito sul fronte di Cassino,
dove soffrì numerose perdite (nel febbraio 1944 poteva schierare non più di 520
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38
uomini). Tale indebolimento portò al trasferimento dell’unità sulla testa di ponte
di Anzio fino al maggio successivo.39 Con l’offensiva di primavera, scattata il 23 e tesa a sfondare l’anello tedesco
che chiudeva l’area di sbarco per poi riunirsi alle altre forze Alleate in arrivo
dalla Linea Gustav, i Nisei del 100° ripresero l’avanzata, ma furono fermati a
soli 10 km da Roma (alcuni affermano che ciò accadde per non dare
soddisfazione ai Nisei , che non essendo americani, non potevano entrare in
una delle Capitali dell’Asse). Il 442° Reggimento nel frattempo stava per essere spedito al fronte, ma prima
che ciò accadesse il 1° Battaglione fu staccato dall’unità per essere destinato a
rimanere in patria come unità di rimpiazzo (molti dei suoi componenti avevano
inoltre sostituito le perdite del 100° Battaglione che nel frattempo combatteva in
Italia). L’unità salpò da Hampton Roads, Virginia, il 1° Maggio del 1944 e sbarcò ad
Anzio il 28 successivo, raggiungendo il 100° Battaglione presso il porto di
Civitavecchia il 1° giugno. Le due unità furono quindi unite e tornarono entrambi
in seno alla 34ª Divisione di Fanteria. Il 10 agosto tale unione divenne ufficiale,
mentre il battaglione rimasto negli Stati Uniti fu rinominato 171° Battaglione di
Fanteria il 5 settembre 1944. L'unità continuò ad avanzare verso il nord Italia, aggregata alla 88ª Divisione di
Fanteria, per poi partecipare all'invasione del sud della Francia, dove partecipò
alla lotta per liberare Bruyères, passando poi alla 36ª Divisione di Fanteria,
“Texas”. In seno ad essa si distinse per aver salvato 211 uomini del I
Battaglione 141° Fanteria, i quali erano stati accerchiati dai tedeschi nei Vosgi.
Dal 26 ottobre al 30 ottobre 1944, il 442° soffrì la perdita di quasi la metà degli
uomini, oltre 800 vittime, compresi 121 morti. Il 28 novembre 1944 l’unità fu inviata al confine franco -italiano per sostituire la
Prima Forza dei Servizi Speciali (First Special Service Force “FSSF” Devil’s
39 Chester Tanaka, Go for broke: a pictorial history of the Japanese American 100th
Infantry Battalion and the 442d Regimental Combat Team, Novato, California: Presidio Press,
22 Aprile 1997.
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39
Brigade “La Brigata del Diavolo”) di prossimo scioglimento e in questa zona gli
uomini rimasero fino al 25 marzo 1945, quando furono trasferiti nuovamente in
Italia e aggregati alla 92ª divisione di Fanteria USA. Il 442° Combat Team ritornò in azione il 7 aprile 1945 presso Monte Belvedere
e partecipò alla presa di Carrara il 10 aprile successivo. Il 552° Battaglione di
Artiglieria rimase nel nord della Francia e combatte in Germania per tutto il
1945. Una sua unità di esploratori fu tra le prime truppe Alleate ad entrare nel
campo di concentramento di Dachau. Le stime ufficiali delle Forze Armate americane citano che l’unità soffrì in
combattimento perdite (morti, feriti e dispersi) pari al 314% (ovviamente
contando i rincalzi in rapporto agli effettivi iniziali; praticamente è come se il
442° fosse stato completamente annientato più di tre volte). Questi dati sono
relativi alle 9.486 “Purple Heart ” assegnate (la medaglia per le ferite riportate in
guerra), molte delle quali assegnate durante i combattimenti nei Vosgi. A fonte di questi dati, il 442° è l’unità delle Forze Armate americane più
decorata della storia militare USA, contando le 7 Citazioni dal Presidente degli
Stati Uniti d’America e le 18.143 decorazioni totali assegnate, le quali
includono:
21 Medals of Honor (assegnate ai seguenti soldati)
Barney F. Hajiro Mikio Hasemoto Joe Hayashi Shizuya Hayashi Daniel K. Inouye Yeiki Kobashigawa Robert T. Kuroda Kaoru Moto Sadao Munemori Kiyoshi K. Muranaga
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40
Masato Nakae Shinyei Nakamine William K. Nakamura Joe M. Nishimoto Allan M. Ohata James K. Okubo Yukio Okutsu Frank H. Ono Kazuo Otani George T. Sakato Ted T. Tanouye
e inoltre:
52 Distinguished Service Crosses 1 Distinguished Service Medal 560 Silver Stars 22 Legion of Merit Medals 15 Soldier’s Medals 4.000 Bronze Stars 9.486 Purple Hearts
Il 442° Reggimento fu sciolto a Honolulu nel 1946 e riattivato nel 1947 in seno
all’ Esercito di Riserva degli Stati Uniti. Fu mobilizzato nel 1968 all’interno della
Riserva Strategica durante la Guerra del Vietnam. Oggi il 100° Battaglione ha il suo Quartier Generale a Fort Shaker, nelle Hawaii,
con unità sparse a Hilo, Samoa, Saipan e Guam.40
40 Global Security, 100th Battalion, 442nd Infantry, 23 maggio 2005.
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41
Conclusioni
I Nippo-Americani hanno avuto la meglio su un sistema che cercava di piegarli
e spezzarli, sono stati degni eredi dei propri padri e leali cittadini della loropatria. Pur avendo subito nel corso degli anni traversie e ingiustizie, sono
riusciti a mantenere vivo il loro spirito e sono stati capaci di migliorare ogni
situazione negativa capovolgendola a loro favore o almeno rendendola
sopportabile. Il lavoro svolto nei campi è stata la dimostrazione della loro unità,
della loro dedizione inimmaginabile e della loro capacità di adattamento.
Nei i soldati dei due battaglioni Nisei che si dimostrarono ben oltre le aspettative
degli Stati Uniti, arrivando ad essere l’unità con più riconoscimenti nella storiaamericana, non si può non rivedere l’immagine fiera e coraggiosa degli antichi
guerrieri Giapponesi e del loro codice d’onore.
Il Governo Americano ha fatto molti errori e almeno in tempi recenti qualcosa è
stato fatto per cercare di rimediarvi. Rimarrà sempre nella memoria la traccia di
ciò che uno Stato può arrivare a fare in tempi di guerra, ma saranno ancora più
indelebili le testimonianze di 3 generazioni che hanno saputo reagire in modo
dignitoso a queste ingiustizie.
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