Post on 15-Sep-2018
3EDITORIALE
CRONACHE DELLA COMUNITA’ CRISTIANA DI POZZUOLO MARTESANA
PR
IMA
VE
RA
2016
a Pasqua è insieme lo snodo
più importante della nostra fede e quello che più difficilmente si riesce a descrivere. Importante
perché, come dice san Paolo, se Cristo non fosse risorto la nostra
fede sarebbe vuota. Sfuggente perché il Signore risorto “apre” la storia che pertanto non è più
Le tracce di Cristo Risorto
tra di noi
di don Alfonso
L sufficiente a contenerlo e a de-
scriverlo. Il risorto non può essere imprigionato nei frammenti della vita (“non mi trattenere” ha detto
a Maria Maddalena), eppure si possono rintracciare i segni del
suo passaggio (il sepolcro vuoto, la gioia dei discepoli, il perdono
segue a p.3
2
FATTI & PROGETTI
SOMMARIO
In copertina; Resurrezione di Piero
della Francesca
EDITORIALE Le tracce di Gesù Risorto
tra di noi
FATTI & PROGETTI
2 La via della Croce e della Resurrezione
4 Ministri dell’Eucarestia:
Gesù dagli infermi
6 La Misericordia fa nascere la vita. Maria Luisa Oliva
e il CAV di Melzo
FAMIGLIE CRISTIANE
8 La cartolaia e il fotografo
50 anni di matrimonio
13 La Prima Comunione una grazia per tutti
I NOSTRI AMICI
14 Don Marino, vocazione da mission impossible
ORATORIO & DINTORNI
16 Don Bosco ritorna.
Settimana dell’educazione
Carnevale... all’incontrario L’altro è una ricchezza
18 Bambini alla scoperta;
le opere di misericordia
19 Noi adolescenti
pellegrini ad Assisi
ULTIMA PAGINA
Tutti i venerdì di Quaresima, si è svolta la Via Crucis, quella per i bambini e quella per tutti. Ecco il significato e lo scopo di questo gesto
La Via della Croce per la Resurrezione
È L’APPUNTAMENTO con-sueto dei venerdì di Quaresima
in parrocchia o del Venerdì santo nell’evocativa celebrazio-ne al Colosseo, presieduta dal
Papa, ma pochi sanno che la Via Crucis è sorella del prese-pe. Nata nei secoli successivi
alla morte di Gesù per rievocare il Venerdì santo, questa pratica
devozionale si diffuse nel corso del medioevo tra i pellegrini che visitavano i luoghi della
Passione di Cristo a Gerusalem-
me e da lì in Europa.
ALL’INIZIO, quindi, così co-
me per i luoghi della nascita e dell’infanzia di Gesù, parteci-
pare alla Via Crucis significava recarsi materialmente in Terra-
santa, un viaggio che per molti
cristiani risultava impossibile.
Proprio come per il presepio, quindi, si decise di avvicinare
questa rievocazione al popolo, rappresentandone i momenti principali – le stazioni – nelle
chiese, attraverso l’ausilio di
quadri e sculture.
Particolarmente attivi in que-
st’opera furono, come già per il presepio, i Francescani, che dal
1342 avevano la custodia dei
Luoghi Santi della Palestina.
Al frate e santo ligure Leonardo
da Porto Maurizio si deve, alla metà del Settecento, l’importa-zione della Via Crucis a Roma,
passando per la penisola iberica
Le immagini in que-sta e nella pagina
seguente mostrano una delle Vie Crucis
svoltesi con i bambi-ni nel cortile e nel
salone dell’oratorio. Tra di loro anche
quelli della quarta elementare che si
preparano alla prima
comunione.
3
La Via della Croceper la Resurrezione
e la Sardegna, in occasione del
Giubileo del 1750.
NEGLI STESSI ANNI la Via Crucis si andava codificando nelle quattordici stazioni della
tradizione, che ci permettono di accompagnare Cristo nelle sue ultime ore, dalla condanna a
morte alla deposizione del suo corpo nel sepolcro, passando per i volti e le storie incontrate
da Cristo negli ultimi momenti della sua vita terrena: il dolore
della Madre, la condivisione di Simone di Cirene di ritorno dal lavoro nei campi, la pietà della
Veronica, il pianto delle donne di Gerusalemme, la ferocia o il disinteresse della folla e dei
soldati.
Anche nel tratto più doloroso
del suo cammino, Cristo si con-ferma Maestro ed ogni incontro – con amici, con nemici, con
indifferenti – diviene occasionedi insegnamento, di vicinanza,di misericordia: il dono della
Madre (Cf. Gv 19,26-27) e del-lo Spirito (Cf. Mt 27,50), l'im-molazione del vero Agnello
pasquale (Cf. Gv 1,29), il fian-co trafitto che diviene sorgente
di grazia (Cf. Gv 19,34).
NEGLI ULTIMI ANNI la celebrazione della Via Crucis è
a volte fatta terminare con una quindicesima stazione, la risur-rezione di Gesù, suggerendo
che la meditazione della Pas-sione non possa fermarsi alla
morte, ma debba guardare, an-che nei momenti più bui del Venerdì santo, alla promessa
ultima del Vangelo, che è la
luce della vita eterna. Anche per questo motivo, in molte comuni-
tà si va affermando la pratica della Via Lucis durante il Tempo Pasquale, come meditazione
gioiosa della risurrezione di Cri-
sto.
GLI ULTIMI TRE PONTE-FICI hanno reso particolarmen-te evidente le promesse e le spe-
ranze evangeliche. Giovanni Paolo II, che ha portato perso-nalmente la croce della malattia;
Benedetto XVI, che fra incom-prensioni e opposizioni sempre
più violente, ha guardato alla croce come al salvifico albero della vita e alla preghiera come
all’unica arma in grado di vince-re il mondo; e Francesco, che ai distruttivi poteri mondani – per
la vita, il matrimonio, la fami-glia – invita ad opporre il corag-
gio della riconciliazione e della
misericordia.
(S.V.)
Gli ultimi tre
pontefici
hanno rese
molto
evidenti
le promesse e
le speranze
evangeliche
“
“
EDITORIALE (segue da p.1)
dei peccati). Mi sono chiesto allora, quali sono i segni del
Signore risorto nella nostra co-munità? LA FEDE SINCERA di tante
persone, la loro forza, costanza e tenacia anche davanti alle dif-ficoltà assomiglia tanto alla vita
nuova di Cristo risorto, più forte di ogni dubbio, opposizione e fatica. L'oratorio e i gruppi che
vi fanno riferimento, con le loro proposte serie, vissute con la
freschezza e l'entusiasmo della giovinezza, manifestano Gesù risorto che dona gioia e vita. E
poi la generosità di tanti volon-tari che permettono di svolgere le numerose attività legate alla
parrocchia – spesso con servizi molto umili – e la grazia di un
paese che trova nella comunità ecclesiale un punto di riferimen-to e di identità manifestano dav-
vero l'attualità della presenza del Signore. MA LA RISURREZIONE che
si è compiuta in Cristo si mani-festerà in noi definitivamente solo nella vita eterna e quindi
ancora oggi e in questo bel pae-se ci sono segnali di disgrega-
zione che ricordano il silenzio del sabato santo o le offese della via crucis: una certa propensio-
ne al pettegolezzo e alla maldi-cenza, la diffidenza verso chi non fa parte della cerchia ristret-
ta dei nostri amici, la difficoltà a perdonare offese anche di poco
conto, il fatto che per alcune fasce di età le parole del Signore sono diventate irrilevanti o suo-
nano solo come una nostalgia dell'infanzia... SIGNORE GESÙ morto e ri-
sorto per tutti gli uomini, e quin-di anche per me e per questo
nostro paese, aiutaci a vedere e a coltivare i numerosi segni di bene e di vita che ci circondano.
La forza del tuo amore e il tuo perdono ci aiutino a trasformare – anzitutto a partire da me – ciò
che è imperfetto e che opponeresistenza. Santa Maria, tu chehai tenuto accesa la lampada
della fede anche quando tuttiavevano perso ogni speranza,
aiutaci a vivere nella fiducia delmattino di Pasqua. (d.A.)
4
Parliamone
FATTI & PROGETTI
Ogni domenica portano la Comunione ai malati che lo desiderano. Sono i “Ministri straordinari dell’Eucarestia, attivi dal 2010. Pinuccia Longoni racconta come ha abbracciato questo atto di carità
Visitiamo gli infermi portando loro il Dono più atteso
“
“IL PAPA C’INVITA in quest’Anno Giubilare ad “essere mediatori di misericordia per avvicinare,
per dare sollievo e ad aprire il nostro cuore per arrivare a tutti con le opere di misericordia”. Fra coloro che nella nostra parrocchia sono sicura-
mente impegnati nelle opere di misericordia, ci sono i Ministri straordinari dell’Eucaristia. Questa figura, di cui si parla già negli Atti degli Apostoli
(Atti 6,1-7) è stata istituita con l’Istruzione Im-
mensae Caritatis del 1997.
Compito del Ministro straordinario dell’Eucaristia
è portare la Santa Comunione al domicilio di an-ziani, ammalati ed infermi impossibilitati a recarsi
in Chiesa. Questo gesto serve a creare veramente il senso della “comunità celebrante” con tutti i
fedeli anche anziani ed ammalati.
Per cercare di capire più da vicino lo spirito di questi ministri abbiamo incontrato Pinuccia Lon-
goni, una dei Ministri straordinari dell’Eucaristia.
LA STORIA DI PINUCCIA prende il via il 16 marzo del 1932 in quel di Pozzuolo. Dopo il di-
ploma di Maestra d’asilo lavora per sei anni pres-so la casa San Giuseppe di Melzo, poi tre anni in uno studio legale. Poi nel 1958 l’incontro che le
cambierà la vita: Don Giuseppe Brusadelli, fonda-
tore dell’Istituto Mater Amabilis, istituto che si dedica prevalentemente all’assistenza ai malati,
la convince a frequentare il corso da infermiera professionale per poi destinarla alla terra di mis-sione. “All’inizio ero un po’ titubante - dice Pi-
nuccia- ma mi affidai a Dio e mi dissi che se quella doveva essere la mia strada Lui mi avreb-be aiutata”. Conseguito il diploma nel giugno del
1962, Pinuccia prende i voti come suora laica presso l’Istituto Mater Amabilis e inizia le prati-
che per recarsi in missione in Indonesia.
“Sono partita il 16 marzo 1963 sulla motonave Asia. Mi ricordo che la sera prima della partenza
fummo ricevute dal Cardinale Siri che consegnò a tutti i missionari in partenza un crocifisso. So-no arrivata a Giacarta dopo 25 giorni di viaggio.
Dopo pochi giorni con alcune consorelle ci sia-mo trasferite a Sumatra e da lì all’isola di Si-kacap dove abbiamo aperto un ambulatorio me-
dico ed una scuola”.
Chi porta l’Eucaristia è chia-
mato a portare conforto, è un
testimone di speranza, è un
messaggero di consolazione. Soprat-
tutto là dove c’è sofferenza il ministro
della comunione è chiamato ad accen-
dere una luce, ad offrire un sorriso
fraterno, senza la pretesa di risolvere
situazioni complesse, ma con il sempli-
ce desiderio di far percepire la forza
amorevole del Cristo nell’ Eucaristia.
Mons.Tremolada
in un incontro coi Ministri dell’Eucaristia
“
Un ambulatorio
e una scuola
nell’isola
indonesiana
di Sikacap
Nelle due foto in bianco e nero,
Pinuccia Longoni negli anni della
missione in Indonesia: con in braccio un bimbo
denutrito, e mentre somministra
medicine a un gruppo di ragazzini.
5
L’ESPERIENZA INDONESIANA dura 13 an-ni, fino al 1976, quando Pinuccia torna in Italia
per assumere la tutela dei due nipoti rimasti orfa-ni. “Successivamente - continua Pinuccia - sono entrata all’ospedale San Raffaele come caposala e
lì sono rimasta fino al 1990”
In questo periodo Pinuccia continua ad essere legata all’Istituto Mater Amabilis (ogni anno rin-
nova i voti di povertà, obbedienza e castità) ed a mantenere i contatti con le consorelle in Indone-sia, che si reca molte volte a visitare. Contempo-
raneamente presta la sua opera in parrocchia so-prattutto nell’ambito della pastorale missionaria e
dell’assistenza agli infermi.
NEL 2010, quando nasce il gruppo dei Ministri straordinari dell’Eucaristia a Pozzuolo, Pinuccia
accoglie l’invito del parroco a farne parte. “Prima di iniziare abbiamo frequentato un corso di for-mazione e annualmente ci sono delle giornate di
aggiornamento - ci racconta Pinuccia - perché il
nostro compito non è solamente quello di portare la comunione, ma anche quello di fare loro com-
pagnia, di aiutarli in spirito di fraternità e amici-zia, di alimentare, in loro, fiducia e speranza e manifestare attenzione a quanti li assistono. Devo
dire che in questo mi ha molto aiutato il fatto di aver incontrato nel corso della vita molte situa-
zioni di fragilità e di dolore”.
- Come dice Papa Francesco “la nostra fede si
traduce in atti concreti e quotidiani, destinati ad
aiutare il nostro prossimo nel corpo e nello spi-
rito”. Voi che vi recate mensilmente a portare
l’eucaristia agli ammalati siete un po’ gli amba-
sciatori di una comunità che non vuole esclude-
re nessuno, tanto meno chi sta soffrendo. Che
riscontri avete dalle persone che visitate?
“Innanzi tutto devo dire che ci avviciniamo sem-pre con molta pazienza e cercando il giusto equi-librio tra la spiritualità che portiamo con l’eucari-
stia e il conforto che comunque la persona si at-tende. E’ importante
farsi accettare e poi ascoltare, ascoltare molto: è grande il
bisogno di raccon-tarsi delle persone. Negli anni ho avuto
modo di constatare quanto a volte una parola, un gesto
affettuoso siano stati più efficaci di
tante medicine”.
“Le nostre visite - continua Pinuccia -
non si limitano alla sola somministra-zione della Comu-
nione, ma preghia-mo assieme, racco-
gliamo le loro confi-denze, diamo loro indicazioni e cerchiamo di renderli partecipi
della vita della comunità parroc-chiale. Nei casi in cui non siamo in grado di dare risposte oppure
ci rendiamo conto che è neces-saria la presenza del sacerdote,
d’accordo col malato, ne parlia-
mo al Parroco.”.
“Devo dire una cosa ancora -
conclude Pinuccia - mi dà vera-mente tanta soddisfazione e tan-ta gioia vedere la felicità delle
persone quando arriviamo a por-tare la comunione, ci sentiamo
onorati nel fare questo”.
L’anno della misericordia ritro-va il suo senso più profondo
anche in gesti come questi.
Giacomo Bossi
Giuseppe Aneris
Tiziana Boffelli
Daniela Colombi
Ilde Giuliani
Pinuccia Longoni
Mario Vidari
Sr Maddalena
Sr Bonaventura
Sr Fabrizia
Chi sono
Quei primi sette guidati da S. Stefano
“In quei giorni, mentre aumentava il
numero dei discepoli, sorse un malcon-
tento fra gli ellenisti verso gli Ebrei,
perché venivano trascurate le loro vedo-
ve nella distribuzione quotidiana. Allora
i Dodici convocarono il gruppo dei disce-
poli e dissero: «Non è giusto che noi tra-
scuriamo la parola di Dio per il servizio
delle mense. Cercate dunque, fratelli, tra
di voi sette uomini di buona reputazione,
pieni di Spirito e di saggezza, ai quali
affideremo quest'incarico. Noi, invece, ci
dedicheremo alla preghiera e al ministe-
ro della parola». Piacque questa propo-
sta a tutto il gruppo ed elessero Stefano,
uomo pieno di fede e di Spirito Santo,
Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne,
Parmenàs e Nicola, un proselito di An-
tiochia. Li presentarono quindi agli apo-
stoli i quali, dopo aver pregato, impose-
ro loro le mani.
Intanto la parola di Dio si diffondeva e si
moltiplicava grandemente il numero dei
discepoli a Gerusalemme; anche un gran
numero di sacerdoti aderiva alla fede.”
(Atti 6,1-7)
Atti degli Apostoli
Un gesto
affettuoso
a volte vale
più di tante
medicine
“
“
6
FATTI & PROGETTI
Il Centro di Aiuto alla Vita di Melzo compie 30 anni. Ha permesso la nascita di 1380 bambini. Ecco come, nel racconto di Maria Luisa Facchinetti, pozzuolese, fondatrice del Cav e presidente per 26 anni
Quando la Misericordia fa nascere la vita QUARANTA GRADINI per aiutare la Vita. Ci
sono più di 40 gradini tra il livello della strada e l’ufficio del Centro di Aiuto alla Vita a Melzo. Queste gradini possono raccontare la fatica di por-
tare su il latte confezionato in pacchetti da venti chili. Ho parlato con Marialuisa Oliva, uno dei
diciotto fondatori, poi presidente per ventisei anni
del CAV di Melzo. Ecco come si aiuta la Vita.
In Italia dare alla luce un bimbo
è visto come un problema sanitario.
- Questa affermazione mi colpisce molto: ma
come è possibile? In che senso avviene questo?
“Quando è stata fondato il CAV nel novembre del 1986 lo Stato italiano non prevedeva nessun aiuto
economico per le coppie che si impegnano a crea-re una Famiglia e non c’erano strutture per una
Mamma in difficoltà a cui ci si potesse rivolgere. Far nascere un bambino era solamente un proble-ma sanitario e i problemi sanitari sono di compe-
tenza delle Regioni. Solo nell’anno 2009 la Regio-ne Lombardia ha cominciato a dare un aiuto eco-nomico alle mamme tentate di ricorrere all’IVG
(interruzione volontaria della gravidanza, cioè l’aborto, ndr.) per difficoltà economiche. Il Fondo Nasko prevede un contributo economico di 100
euro al mese per gli ultimi sei mesi di gravidanza e
200 euro al mese per i primi dodici mesi di vita del bambino. Il CAV aiuta le donne a svolgere le pra-
tiche per accedere a questi fondi”. Ma come dice Ambrogio Facchinetti “non sappiamo all’inizio come va a finire la richiesta. Si apre la pratica e si
attende. Condizioni necessarie per l’eventuale ac-coglimento della domanda sono l’essere residenti in Lombardia da almeno due anni e avere un ISEE
inferiore a 9.000. In tal caso la Regione manda i contributi direttamente su una carta di credito pre-pagata intestata alla Mamma. Vorrei sottolineare
che il CAV non è incluso in nessun modo nelle
pratiche economiche”.
Una donna che fa nascere un figlio
genera un bene per tutta la società
- Davvero importante questa affermazione di Ma-
rialuisa, che purtroppo non sembra essere condi-
visa a vasto raggio nella nostra società. Se per
una Famiglia “normale” far nascere un bambi-
no è visto dalle istituzioni come pratica sanitaria,
come potrebbe sentirsi una Mamma quando si
trova in difficoltà?
“Sola. Soprattutto sola. La legge prevede che la Mamma abbia dodici settimane per prendere una
decisione e che solo lei decida. Non è per nulla
Il Centro Aiuto alla Vita di Melzo fa parte della rete SOS
Vita. Essa permette un accesso 24 ore al giorno per 7
giorni la settimana via chat o tramite numero verde e aiu-
ta a trovare il CAV più vicino.
Il CAV di Melzo può essere contattato:
per telefono: 02.95.71.13.77
con e-mail: cav.melzo@gmail.com. in internet: http://www.cavmelzo.it
Come rivolgersi al CAV
Maria Luisa Oliva, fondatrice del CAV di Melzo, con il marito Ambrogio Facchinetti.
“
“
7
previsto di responsabilizzare in qualche modo
anche il papà”.
- E dunque?
“Il peso della situazione era scaricato sulla Mam-ma. Tanti papà risolvevano il problema dicendo:
‘io supporto mia moglie o la mia compagna in qualsiasi decisione lei prenda’. In questo modo il partner sembra responsabile, ma il peso della de-
cisione per la Mamma non fa che aumentare”
- Di fronte a questo il CAV come si comporta?
“Il metodo del CAV è sempre di fare un colloquio
con la coppia, perché l’importanza sta moltissimo
nella unità della Famiglia”.
I problemi economici spesso
ne coprono ben altri
“Certamente i problemi non sono solamente di tipo economico, ma purtroppo questo argomento
viene sempre messo in primo piano Come gestire una situazione di vita, se la coppia è troppo giova-
ne, se nessuno dei due ha lavoro fisso? Se non hanno nemmeno una vita stabile come coppia? Le
Mamme in difficoltà si trovano sotto una valanga di domande per le quali non hanno risposte. L’a-
borto è la prova che la coppia non c’è”
- Una ben triste osservazione, ahimè, certamente
basata sulla sua lunga esperienza..,
“Certo. A volte la Mamma non vede nessuna via di uscita dalla situazione tranne quest’ultima de-cisione. Ma posso documentare tanti casi in cui
una Mamma che non si sentiva in grado di porta-re a termine la gravidanza, ha poi trovato la forza di affrontare la sfida grazie anche all’aiuto del
CAV. Sono nati così, in questi anni, 1380 bambi-
ni”.
Lasciare
che l’incontro
si svolga
in maniera libera
- Come si svolge il colloquio
con la coppia?
“Il rispetto è la base del lavoro del CAV qualunque sia la situa-
zione della coppia e soprattutto della Mamma. IL rispetto e l’a-scolto. Il CAV si presenta come
un luogo per cercare consigli, per riflettere sulla situazione e
anche per farsi dare un consiglio da Mamme che hanno superato situazioni difficili”.
P.S. 1 – Ho voluto scrivere Mamma e Famiglia con l’inizia-
le maiuscola.
“Mamma” anche quando “donna in gravidanza” oppure
“donna incinta” sarebbe descrit-tivamente più esatto. Perché? Per la forte impressione che Ma-
rialuisa mi ha fatto: per lei una “donna incinta” è sempre una Mamma, anche se dopo i vari
colloqui con il CAV non si è più presentata (il
che fa presumere abbia deciso di abortire).
P.S. 2 - In tedesco, che è la mia madrelingua, la grammatica prevede che si scriva famiglia con la “F” maiuscola. Ecco: questo può aiutarci a vedere
realmente la famiglia con la “F” maiuscola. E se tante coppie in difficoltà non sono sposate e dun-que secondo la legge non sono chiamate fami-
glie... beh, secondo me sta anche a noi aiutarle a
diventare Famiglia. Con la F maiuscola.
Peter Elmer
“
“ “
LA MADONNA DEL PARTO E’ un affresco realiz-zato da Piero della Francesca attorno al 146, conservato a Monterchi, in provin-cia di Arezzo.
8
FAMIGLIE CRISTIANE
Proseguiamo gli incontri di “Centogiorni” con alcune delle coppie che hanno varcato il traguardo dei 50 anni di matrimonio. Questa volta siamo andati a trovare Anna Mantegazza e Luciano Sala.
La cartolaia-catechista e il fotografo della natura A raccontarci in questo numero i
loro cinquanta anni di matrimo-nio sono Anna Mantegazza e
Luciano Sala.
Gli anni cinquanta stavano vol-gendo al termine e si stavano
timidamente affacciando i favo-losi anni sessanta. Ci si avviava alla piena occupazione( bei tem-
pi) e Anna, come tante sue coe-tanee pozzuolesi aveva trovato il suo primo lavoro in quel di
Milano. E nel bar dove si recava per la colazione trovò dietro al
bancone, Luciano, milanese pu-rosangue, occhi, allora come ora, da bravo ragazzo, che le
offrì il caffè.
SEMBRAVA UNA GENTI-LEZZA come ne accadono tan-
te, ma qualcosa tra i due iniziò a prendere forma, e quella che era
all’inizio una simpatia si andò consolidando giorno dopo gior-no, fino a quando Luciano ruppe
gli indugi ed il giorno della festa patronale, si presentò a Pozzuolo per
dichiarare il suo amore
ad Anna.
Era il settembre del 1959,
Luciano si presentò ai genitori di Anna (come
allora si usava) ed iniziò per i due il periodo del fidanzamento ufficiale
che durò fino al 1965 quando, il 24 aprile, co-ronarono il loro sogno e
si sposarono in quel di
Pozzuolo.
Si stabilirono a Milano dove entrambi lavorava-
no : “nel frattempo”-ci dice
Anna-“ Luciano aveva “lasciato” il mestiere di barista per il quale non era
particolarmente adatto”
La vita a due andò avanti
per qualche anno senza fi-gli, che, pur fortemente vo-luti, tardavano ad arrivare.
Fino a quando, era l’anno 1972, arrivò Laura a dare ad Anna e Luciano la soddisfa-
zione a lungo inseguita di
essere genitori.
“RIMANEMMO A MILANO
ancora per tre anni, poi di comu-ne accordo”-ci dicono i coniugi”
- decidemmo di trasferirci a Poz-zuolo : io dovevo riprendere il lavoro e qui avevo la mamma
che poteva darci una mano a prendersi cura di Laura”.
“Doveva essere un trasferimento provvisorio”-prosegue Anna -“ ma divenne definitivo anche
perché nel 1976 nacque Claudio ed avere la mamma vicino era un grande aiuto. Io decisi in ogni
modo di lasciare il lavoro per dedicarmi a tempo pieno alla
famiglia”.
DA SEMPRE ATTIVA nella vita parrocchiale di Pozzuolo,
Anna, che già faceva parte del coro, accettò con entusiasmo nel 1980 la proposta dell’allora par-
roco Don Arrigo, di creare una “squadra” di catechisti laici. “Prima di allora insegnavano
catechismo solamente sacerdoti e suore”- ci dice Anna-“ noi
fummo chiamati ad affiancarli sotto il coordinamento dell’allo-
ra coadiutore Don Aurelio”.
Quella del catechismo è stata ed è ancora (Anna è tuttora, dopo 35 anni, catechista) un’esperien-
za “coinvolgente e gratificante e non è raro che ancora oggi tanti ragazzi che frequentarono il ca-
techismo si ricordino con affetto e riconoscenza di quegli anni”-
ricorda Anna.
NEL 1981, con i figli che ormai frequentano le scuole, arriva la
decisione per Anna e Luciano di tentare la via del commercio rilevando il negozio di cartole-
ria, attività che andrà avanti per
una ventina d’anni circa.
“E’ stata una scelta di cui non
mi sono pentita, perchè mi ha permesso, grazie alla flessibilità
dell’orario, di continuare a se-guire da vicino la crescita dei figli e di rimanere in contatto
con ragazzi e genitori che fre-quentavano già il catechismo. Tanto che la cartoleria diventò
pian piano un luogo dove non solo ci si recava per acquistare
libri e materiale scolastico, ma anche per incontrarsi”- dice An-
na. (segue a pag. 13)
13
(segue da pag. 8)
LA VITA CONIUGALE nel
frattempo continua serena, con Luciano che al lavoro unisce l’hobby per la fotografia che lo
porta ad immortalare nelle sue foto la bellezza della natura, con particolare attenzione agli scor-
ci, belli ed un po’ nascosti dell’ormai “sua” Pozzuolo, ed Anna che cerca di far combacia-
re lavoro in negozio, famiglia e attività di volontariato per la
Parrocchia.
I figli crescono e mettono su famiglia, e mentre Claudio rima-
ne in zona, il lavoro porta Laura nella verde Irlanda. “La lonta-nanza non è mai stata un proble-
ma, ci siamo recati a Dublino parecchie volte e Laura torna
frequentemente a Pozzuolo e in quei periodi con figli e nipoti che circolano per casa ci sembra
di tornare ai primi anni di matri-monio.”- raccontano i due co-
niugi.
-Vivere cinquanta anni assieme
significa anche modificare il
proprio carattere, prendere
quasi su di sé qualcosa dell’al-
tro. In cosa credete di esservi
completati l’un l’altra?
“Abbiamo trascorso assieme cinquanta anni belli, non abbia-
mo grossi rimpianti, abbiamo cercato quello che poteva unirci, cercando di correggere i nostri
difetti e di arricchire i nostri caratteri. Da Luciano ho preso
l’attenzione ed il rispetto per la natura ed una maggiore sensibi-lità, mentre lui da me ha certa-
mente imparato ad essere un po’ meno chiuso e riservato. Ora la vita a due prosegue, arricchita
dalla presenza dei nipotini e consolidata e resa forte dalla
fede che continua ad aiutarci”
concludono Anna e Luciano.
Ed osservandoli, anche solo per
un breve momento , non si può non rimarcare(dagli sguardi, dalle parole appena accenna-
te….) quanto veramente il loro star bene assieme continui ad essere un momento di arricchi-
mento e di sostegno per entram-
bi.
G.B.
Sono 30 e tutti nati nel 2006. Il 1° maggio riceveranno il sacramento dell’Eucarestia. Un cammino con catechisti, famiglie, comunità
Prima comunione una grazia per tutti Come nel calcio, bisogna innan-
zitutto lavorare suii fondamenta-li. Così abbiamo cercato di fare nei nostri tre gruppi di quarta
elementare Tiaizna, Suor Mad-dalena e Maurizio, I fondamen-
tali sono: 1) che Gesù è real-mente esistito, ed ha fatto cose affascinanti e buone per amore
di tutti; 2) che non era solo un grande della storia, tant’è che è finito in croce, ma figlio di Dio,
tant’è che è risorto; 3) che è davvero presente oggi ed è ami-
co di ciascuno di noi, attraverso la comunità cristiana e i Sacra-menti.
Abbiamo utilizzato sussidi, au-diovisivi, fatto disegni e cartello-ni, cercato di pregare insieme,
vissuti dei “ritiri” in oratorio coinvolgendo i genitori.
Il cammino non è facilissimo. Primo perché i bambini sono stressati da ore di scuola e saturi
di giornate interamente pianifi-cate. Secondo, ma più importan-te, è che Gesù il più delle volte
è il Grande Assente dai contesti della vita normale, quotidiana,
famiglia compresa. No problem: i primi cristiani venivano da famiglie pagane.
Dunque trattasi solo di tirar su le maniche con fiducia.
FAMIGLIE CRISTIANE
Bellomo Alessandro
Belloni Sofia
Biccioli Gloria
Bignami Luca
Bonaffini Alessio
Colombelli Federico
Corsetti Moise Paolo
Descombes Luca
Esposto Martina
Ferri Gaia
Galbignani Veronica
Giudici Andrea
Giuliani Christian
Grasso Salvatore
Langianese Elena
Marrone Marianna
Morabito Noemi
Mornelli Aurora
Murgo Alessio
Obici Andrea
Orlando Domenico
Pederzani Luigi Cesare
Pepa Elena
Peralta Vittoria
Pirovano Francesca
Plebani Federico
Roncara' Michele
Ruffini Caterina
Santandrea Giovanni
Valenzano Dylan
I nomi
Intanto la prima confessione, atte-
sa con un po’ di apprensione, è stata vissuta come una bella espe-rienza da tutti i bambini, come
un sentirsi più leggeri e più posi-tivi.. Giovedì Santo lavanda dei
piedi. E l’1 maggio la prima co-munione, durante la Messa: l’Eu-carestia è una grazia e interpella
tutti, famiglie in primis, e tutta la comunità parrocchiale. M.V.
14
“
“
“
I NOSTRI AMICI
Nella galleria dei grandi amici
dei parrocchiani di Pozzuolo – il giovane nigeriano padre Daniel, il quasi centenario parroco eme-
rito di Trecella don Peppino - entra a buon diritto don Marino
Colombo, padre somasco, parro-co di Corneliano e Cavaione, predicatore dei quaresimali nella
nostra parrocchia su invito di don Alfonso. Hanno colpito si
suoi toni schietti,
diretti, dettati dalla fede non meno che
da una saggezza po-polare solida e disin-cantata, i richiami
esemplari, quasi pa-rabole, ai segni e ai casi della vita quoti-
diana, l’ironia così lombarda, avveduta e
al fondo bonaria.
Nel terzo quaresima-le ha parlato della
preghiera, di quella vera, che non è pratica devozio-nale ma grido dell’uomo a Qual-
cuno che c’è, che è fede quando
questo Qualcuno è riconosciuto.
ECCO, L’ESISTENZA di don
Marino è tutta un grido: grido al Signore di svelargli il senso del-
la vita e di indicargli la strada. Lui in verità fin da ragazzo desi-
derava imboccare la strada del
sacerdozio, ma glielo impediro-no. Mission impossible, anzi Vo-cation impossible. Così la sua
ricerca percorse altri viottoli, irti di chiodi e vetri rotti, di ostacoli e
incomprensioni, momenti di sconforto e di buio... Prete don Marino lo divenne: ma solo nel
2011, a 50 anni e passa: la ferita che il Signore mette in fondo al cuore degli uomini gli era sempre
rimasta aperta e il suo grido non s’era mai spento: così abbracciò
la vocazione della sua vita più
temprato e consapevole che mai.
MARINO HA PASSATO mez-
zo secolo drammaticamente “proteso nella corsa per afferrar-lo”, per usare le
parole di San Paolo, fino ad accorgersi
“di essere già stato afferrato da Cristo”. Ecco: per don Mari-
no essere diventato prete ha coinciso con la realizzazione
piena di sè: aver conosciuto la Ri-sposta alla ferita e
al desiderio totale della propria uma-
nità.
Figlio unico di una
normale famiglia, nasce nel
1958 a Turbigo, a metà strada fra Magenta e Novara, ma sen-tendosi in toto appartenente alla
schiatta dei lombardi ed estra-neo alla piemontesità d’Oltre-
Ticino.. A scuola non è bravo, così a dieci anni finisce in colle-gio dai guanelliani da cui si sen-
te incompreso e vessato: con la disciplina esagerata, con le pu-nizioni scriteriate come quando
dovette lucidare le scarpe di camoscio (!) per aver messo il
dito nella marmellata. “Tutti mi guardavano fermandosi alla superficie; non mi sono mai
sentito addosso uno sguardo che arrivasse al mio vero io”. Nes-
suno che si sia
accorto per esem-pio che Marino
amava frequentare la campagna, os-servare gli anima-
li, disegnare ca-scine, prati, caval-li, mucche...
“potevano magari farmi fare agra-ria”. Invece no.
Dopo la terza me-dia viene iscritto
ai corsi per segre-taria (!) d’azien-
Il parroco di Cavaione ha predicato i “quaresimali” a Pozzuolo. Per una vita intera ha tenacemente cercato la strada per darsi tutto al Signore, senza arrendersi di fronte a mille ostacoli. E’ divenuto prete a 50 anni.
Don Marino La mia vocazione? Sembrava proprio mission impossible
La preghiera
nasce da un
grido, da una
domanda:
dove sei,
Signore?
“
A 15 anni il lavoro,
prima in conceria, poi
in una casa di riposo.
Volevo entrare in
Seminario: mi
dicevano di lasciar
perdere, che non ero
adatto”
15
“
da: “Io unico maschio con 37
ragazze”.
MA ECCO, QUI, la prima per-cezione della Grazia di Dio che
non gli risparmia le fatiche, ma non lo abbandona. “Ho chiesto
al Signore che mi desse degli amici. E me li ha dati. Buoni amici, con cui ho intrapreso tanti
impegni, nella parrocchia, in paese, con l’Unitalsi”. Dopo tra mesi lascia la scuola e trova la-
voro in una conceria. Più avanti farà il commerciante, ma senza
convinzione, dover trattare le persone come clien-ti non gli va giù.
“La domanda su che fare della mia vita diventava sem-
pre più impellente”, racconta don Mari-
no.
ANNI ’90. Marino ha 37 anni quando
si svolgono le Mis-sioni popolari tenu-te dai Cappuccini,
nel contesto dei 500 anni di fondazione della parrocchia. Si
butta nell’impegno organizzativo anima
e corpo, alla fine è esausto; al suo parroco chiede allora un anno sabbatico, insomma una
pausa di riflessione, magari per dedicarsi non alle attività frene-tiche ma allo studio, per essere
aiutato a trovare l’ orientamento.
“Avrei voluto entrare in Semina-
rio – racconta don Marino - ma non avevo il diploma, per questo
il parroco si opponeva. Volevo
consacrarmi a Dio: ma mi disse-ro che non ero preparato. Il mio disorientamento e il mio scon-
forto erano totali. Un frate cap-puccino però mi assicurò: nella
croce di Cristo troverai risposta. Pensai allora al diaconato: nei diaconi ci sono una minoranza di
consacrati e una maggioranza che non lo sono. Così frequentai un ambiente misto, chissà mai
che la mia vocazione si fosse chiarita incontrando la donna
della mia vita. Non accadde”.
MARINO SI METTE a studia-re, il primo esame va anche be-
ne: trenta. “Ma non ero contento, non funzionava. Io avevo una domanda lacerante dentro, una
domanda del Tutto. Non mi ba-stava fare il diacono il sabato e
la domenica”. Intanto trova im-piego in una casa di riposo dei Somaschi e lascia l’attività di
commerciante. Arriva il 2003.
Una settimana di esercizi a a Se-veso, gli altri che non vedono l’ora di tornare a casa, e lui che
invece vorrebbe restare lì nel silenzio, triste e solitario. Don
Pierantonio si accorge: Che hai? “Non voglio più fare il diacono”. Un giorno un altro amico, Um-
berto di Pieve Emanuele, cammi-na con lui dal Seminario di Corso Venezia verso il Duomo.
“Adesso non te ne vai se non parli con me e mi dici tutto”. “Ho
detto tutto – ricorda don Marino - ho pianto: di liberazio-ne; e anche di gioia
quando l’Umberto mi ha detto: ‘Ho capito che ho un amico cretino;
che vede gli altri farsi prete e lui no. Ma non
vedi che il Signore ti preme da tutte le parti?
Digli di sì”.
MARINO NON VE-DEVA l’ora di dire quel sì. Ma ogni martedì pas-
sa in San Babila da don Angelo per parlare, con-frontarsi e accertare che
di vera vocazione si tratti e non di infatua-
zione. Don Angelo mi illumina il percorso: prima la consacrazione poi il seminario:
“Con la consacrazione, in un or-dine religioso, avrai una comuni-tà: di carità, di preghiera, di affet-
to familiare. Lì potrai donarti totalmente: ora stai male perché
non ti doni”. La comunità fu quella dei Somaschi, presente anche a Cavaione, dove anche
don Marino accoglie e avvia al
recupero tossici e alcolisti.
Altra mission impossibile?
Può essere. Ma bisogna sapere i santi preferiti da don Marino, cui nella vita a più riprese si è rivol-
to, son Rita da Cascia e Giuda Taddeo, precisamente i santi dei
casi impossibili. “Il Signore ascolta il grido del povero; si rivela, e a me si è rivelato: non in
modo miracolistico, ma attraver-so le circostanze anche difficili e imperscrutabili della vita. Ora
posso dire con convinzione: la mia vita canterà grazie al mio
Dio”.
M.V.
Don Marino Colombo, 58 anni, parroco di Cavaione e di Corneliano Bertario. Nella foto sotto : con il parroco di Pozzuolo, don
Alfonso.
“
Dio non
mi ha tolto
la fatica.
ma non
mi ha mai
fatto
mancare la
sua Grazia
“
16
ORATORIO & DINTORNI
Carnevale all’Incontrario perchè l’altro è una ricchezza
Durante la settimana dell'educa-
zione (21-31 gennaio) abbiamo voluto creare alcuni momenti significativi per valorizzare la
festa di San Giovanni Bosco, ideatore del metodo con cui oggi
continuiamo a “fare
oratorio”.
Venerdì sera (29
gennaio) abbiamo voluto celebrare una messa in oratorio, lì
dove tanti ragazzi s'incontrano ogni giorno per pre gare, riflet-
tere e condividere del tempo insieme. A seguire ci siamo voluti fermare con i ragazzi – e
i loro genitori – che partecipe-ranno alla prossima giornata mondiale della gioventù di Cra-
covia, con Papa Francesco per soffermarci a pensare al pelle-grinaggio e ad alcune figure di
grandi santi polacchi, attualissi-
... Don Bosco ritorna!
CARNEVALE DIETRO LE 5e! Sabato 13 feb-
braio per le vie del paese ha avuto luogo l'annuale sfilata di Carnevale organizzata dal nostro oratorio. La via principale di Pozzuolo Martesana si è riem-
pita degli allegri colori dei costumi indossati da bambini e genitori. Il corteo è partito da via Belli
per proseguire in via Oberdan e via Bellini ed è poi sfociato in via IV novembre, piazza del Lavoro e nuovamente via IV novembre, attraverso la quale
si è concluso il percorso in oratorio con un gustoso
rinfresco.
IL TEMA PROPOSTO dalla Fom (Federazione
ratori Milanesi) era “All'Incontrario” perché, per dirlo con le loro parole “Il confronto fra opposti ci
arricchisce ed è il percorso della sfilata di Carne-vale: un'occasione di incontro, anche se la pensia-mo in modo diverso, perché insieme possiamo fare
cose belle, all'incontrario di come spesso le pensia-mo”. Il carro ha visto protagoniste alcune guardie
“incarcerate” e i ladri a guardia della prigione stessa inscenate dal gruppo adolescenti. Alla sfila-ta è seguito un secondo momento di festa in cui
gli animatori hanno intrattenuto i ragazzi con al-
cuni balli di gruppo.
DIAMO ORA SPAZIO a chi (Barbara, Daniele,
Roberto, Eriberto, Angelo, Achille), col suo pre-zioso aiuto, ha permesso di realizzare le scenogra-
fie e i costumi che hanno saputo rendere magico un pomeriggio pieno di musica e divertimento.
Ecco una breve intervista a Barbara Passero.
- Tra le varie coppie di opposti, gli adolescenti
hanno scelto guardie-ladri. Partendo da questa
contrapposizione, come avete scelto la scenogra-
fia del carro e come siete riusciti a realizzarla?
“Alla riunione per il Carnevale ci è stato comuni-cato che gli adolescenti tra i temi “opposti” aveva-
no scelto guardie e ladri e come carro si è pensato
La sfilata, l’allegria e il divertimento. L’impegno e il lavoro insieme. E il tema “strano” decisivo per crescere
“
“
Guardie dietro
le sbarre e
ladri che fanno
i secondini
17
“ a una prigione che invece dei ladri fosse occupata
dalle guardie. Quella sera Laura ci ha detto che il marito aveva dei tubi passacavi che non utilizzava
e quindi poteva darceli a costo zero”.
AL SECONDO INCONTRO si è presentato Eri-berto con un disegno molto più elaborato e allet-
tante delle sole sbarre fatte coi tubi; a questo punto lui, Daniele e Roberto hanno stilato la lista del ma-teriale che sarebbe servito: il problema era il costo.
Si è guardato su internet i e poi si è pensato di an-dare a cercare nei vari negozi e inoltre di far girare la voce per vedere se si riusciva a recuperare alme-
no parte del materiale. E per quest'ultimo compito chi meglio di Teresa che conosce tutti in paese?!
Detto fatto la mattina successiva le porto l'elenco del materiale; alle 12.00 arriva la sua telefonata che comunica che il Sig. Elemi ci avrebbe fornito
il polistirolo per realizzare la struttura portante e tutto questo a costo zero. Quindi si è partiti per la
mi riferimenti e guide spirituali
come Giovanni Paolo II o Suor
Faustina Kowalska.
Sabato (30 gennaio) è stato tem-
po di festa, di gioco, di sport e di cena insieme. Bella partecipazio-
ne ad una sfida tra la squadra di pallavolo dell'oratorio contro i loro genitori e altrettanto positivo
il super-aperitivo nel dopo partita e la serata di tornei e giochi che ha coinvolto diversi ragazzi, dai
più piccoli ai più grandi insieme
agli animatori.
Domenica (31 gennaio) invece
ha avuto il suo centro nella messa
delle 10.30 per poi ospitare nel pomeriggio un'iniziativa del na-scente “gruppo famiglia” che ha
promosso ed organizzato una cac-cia al tesoro di famiglia, appunto,
in giro per tutto l'oratorio, supe-rando prove con i nostri animatori e all'insegna del divertimento
generale. A conclusione del tutto un breve momento di preghiera finale che
ha chiuso il cerchio di tre splendi-de giornate e ha dato il senso di
ciò che abbiamo vissuto.
Gabriele Pendola
realizzazione della prigione chiedendo un po'
alle persone che conoscevamo se avevano voglia di dare una mano e di passare parola che chiun-
que si fosse presentato era ben accetto.
AL PRIMO APPUNTAMENTO si sono ritro-vati in cinque (numero soddisfacente): Daniele,
Roberto, Eriberto, Angelo, Achille e sono inizia-ti i lavori. Andrea Beletti una volta finita la struttura si è occupato della verniciatura. Il saba-
to per il montaggio della prigione sul carro si sono aggiunti altri due volontari (Giuseppe e Giuseppe) e mentre lavoravano per le rifiniture
ho sentito questi uomini che dicevano che farlo è impegnativo ma che erano soddisfatti sia di co-
me si sono trovati a lavorare insieme senza aver-lo mai fatto prima sia di come è riuscita la strut-
tura”.
- E per la realizzazione
dei costumi?
“Io e Sabrina siamo an-
date a prendere le tute e il necessario per realiz-
zare i costumi per gli adolescenti e alla sera con l'aiuto di Alessandra
e Riccardo abbiamo fatto i prototipi. La setti-mana successiva abbia-
mo aiutato i ragazzi a fare le loro e tra una risata e l'altra il lavoro si è
concluso al meglio”.
- Che cosa può dire, secondo te, il tema di que-
st'anno?
“Io penso che voglia suggerire che due persone, seppur opposte o “all'incontrario”, se vogliono possono trovare un punto d'accordo e diventare
amici, una coppia, colleghi o quant'altro. Ciò insegna anche a non guardare all'apparenza, co-me purtroppo spesso succede, ma a conoscere
una persona prima di dire ‘con lei io non c'entro
nulla’”.
- Come sono stati i momenti spesi insieme per
preparare questa festa?
“Chi mi conosce può immaginare la risposta:
divertentissimi! Tra una risata e l'altra non si
sente il peso del lavoro e lo si svolge meglio.”
- Quanto è stata importante la collaborazione
fra diverse parti?
“La collaborazione tra persone, soprattutto nel contesto dell'oratorio, di varie età è una cosa
secondo me basilare e molto costruttiva; si impa-
ra sempre qualcosa da entrambe le parti”.
- A festa conclusa, come giudichi il risultato
finale?
“Più che positivo”.
Paola Dossena
“
L’aiuto
di Teresa,
il polistirolo
di Elemi
e la mano di
adulti contenti
di lavorare
insieme
CARNIVAL PARTY
Grande successo per la festa dall' oratorio per i ragazzi delle medie in colla-borazione col grup-po animatori Foto, musica e balli, un piccolo rinfresco, giochi e una bella compagnia sono stati gli ingredienti per una serata spe-ciale e All'Incontra-rio come dice il te-ma di questo Carne-vale. La sfida del costume più bello è stata vinta da Arian-na e Barbara vestite da ricco e povero.
18
ORATORIO & DINTORNI
Il catechismo in Quaresima ha fatto spazio all’invito dell’Anno Santo: ogni domenica è stata proposta una delle sette opere di misericordia “corporali” o delle sette “spirituali” definite dalla tradizione della Chiesa.
Bambini guidati a scoprire i gesti della carità cristiana
PER LA QUARESIMA, in
questo Anno Santo della Miseri-cordia, siamo stati invitati ad intraprendere il cammino sco-
prendo il vero volto della miseri-cordia e delle sue opere spiritua-
li: consigliare i dubbiosi, inse-gnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti,
perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone mole-ste, pregare Dio per i vivi e per i
morti. Tutto ciò è possibile... basta aprire la porta del nostro
cuore! IL PERCORSO proposto ai ragazzi è iniziato con la conse-
gna della facciata del “Duomo di Milano” la nostra cattedrale, una delle nove chiese giubilari della
nostra Diocesi, con una porta Santa molto speciale... quella
porta è Gesù! Nelle domeniche di Quaresima abbiamo preso in
“
“
considerazione le opere di mise-
ricordia spirituale abbinate al vangelo del giorno, vissute da ogni classe di catechesi nella
giornata di ritiro e nel gioco po-meridiano in oratorio.
DOPO LA S. MESSA si conse-gna un adesivo che va a decora-re le finestre della facciata e nel
pomeriggio in oratorio, durante la preghiera in cappellina c'è la consegna del dischetto-opera di
misericordia, che permette attra-verso la Porta Santa, di visualiz-
Il progetto “Casa da Acolhi-
da” è in una parrocchia chia-
mata Santa Gemma Galgani.
Con questo progetto si aiutano
drogati, alcolizzati, senza casa.
Alla “Casa da Acolhida” rice-
vono colazione e pranzo, fanno
la doccia, ottengono biancheria pulita. Insieme
ai volontari, i frati preparano per loro i pasti
(riso, fagioli, pesce, verdura). Arrivano all'incir-
ca ottanta persone al giorno mentre al venerdì e
al sabato superano i cento, fra cui molti giova-
ni... lavorare con loro non è facile!
Per la cena i soldi del centro non bastano e
zare gli impegni settimanali. NON SI PUÒ vivere però la
nostra fede senza metterla in pratica con gesti di amore e di perdono racchiusi nelle opere di
misericordia corporali e per questo si è proposto ai ragazzi di sostenere il progetto “Casa de
Acholida” (Casa di accoglienza)in Brasile del sud, dove è mis-sionario don Bruno Manzoni (v.
scheda a in fondo alla pagina).
Alessandra Secchi
quindi le persone torna-
no sulla strada, sotto i
ponti, dove c'è uno spa-
zio pur minimo. Fra
l'altro, in questi giorni il
centro ha subito dei fur-
ti di fili, rubinetti e doc-
ce, probabilmente per-
ché chi li ha sottratti spera di ricavarci qual-
cosa per comprare della droga. Nella “Casa
da Acolhida” lo spazio non basta più per acco-
gliere tutte le persone che ne avrebbero biso-
gno e per questo sperano di poter costruire un
edificio più spazioso. E da qui il nostro impe-
gno! (A.S.)
La Casa de Acholida di don Bruno Manzoni
Le finestre del
Duomo per im-
parare e la Ca-
sa de Acholida
di padre Bruno
da sostenere
19
IL “VIAGGIO” che ogni anno
il gruppo Adolescenti del nostro oratorio intraprende, questa volta è stato reso un vero e pro-
prio pellegrinaggio: come desti-nazione, è stata scelta la città di
Assisi. Nei tre giorni in cui è stato via, il gruppo ha avuto la possibilità di visitare altre due
belle città italiane: Firenze e Perugia. IL PRIMO GIORNO, i
"pellegrini" hanno deciso di andare nei luoghi chiave della
vita del Santo di Assisi, visitan-do la chiesa di Santa Chiara - San Rufino, la Porziuncola
(situata all'interno di una chiesa
Colazioni di Quaresima
(e poi tutti alla S. Messa)
Con l’inizio della Quaresima
i giovanissimi dell’oratorio
hanno accolto una bella idea
per festeggiare insieme ogni
domenica.
Grazie alla collaborazione
delle mamme, i gruppi adole-
scenti e pre-adolescenti si
sono ritrovati in oratorio per
fare colazione insieme e poi
partecipare alla S.Messa.
Questo per lanciare alcune
idee alla base di questo perio-
do come la condivisione, la
fedeltà alla messa domenicale
e la voglia di vivere l’oratorio
come seconda casa.
Nella foto sopra: la tavolata in oratorio per la colazione
dei giovanissimi.
più grande, ossia Santa Maria degli Angeli), ed ovviamente,
la basilica di San Francesco, dove hanno assistito alla messa della domenica;,
IN QUESTA GIORNATA, il gruppo ha alternato i momenti di raccoglimento spirituale e di
riflessione con momenti di apprendimento culturale, sco-prendo la storia di San France-
sco e delle chiese da lui fonda-te. La sera, tornati stanchi nel
loro piccolo rifugio, ospitati dalle gentilissime suore del posto, i ragazzi
si sono corica-ti, in prepara-zione a quella
che sarebbe stata un'altra
faticosa gior-nata.
LA MATTI-
NA seguente infatti, dopo aver consuma-
to la colazione,
Noi adolescenti pellegrini nella città di San Francesco Viaggio ad Assisi con puntate a Perugiia e Firenze. Tre giorni di raccoglimento e di preghiera. Ma anche di svago e di scoperta delle bellezze artistiche
Il gruppo dei ragazzi durante il viaggio-pellegrinaggio ad
Assisi, Nella foto in alto: una veduta della città con la
basilica di San Francesco.
ORATORIO & DINTORNI
20
segue da p. 15
gli adolescenti si sono diretti verso la stazione con una diver-
sa destinazione: Perugia.
VISITATI il centro storico e la famosa fontana, i giovani si so-
no diretti al museo di arte nel centro di Perugia per ammirare la bellezza delle opere esposte.
Ovviamente la giornata non po-teva concludersi senza un po' di svago: avvistata una pista di
pattinaggio ha avuto inizio il divertimento. Tornati ad Assisi,
i ragazzi hanno potuto visitare, con più calma rispetto al giorno precedente, la basilica di San
Francesco; così si è conclusa un'
altra magnifica giornata.
ULTIMO GIORNO: si torna a
casa, ma prima non si poteva non fare un'ultima fermata nella
principale città della cultura ita-liana, Firenze. Scesi dal treno in fretta e furia, gli adolescenti
hanno dovuto fare uno "sprint" per riuscire a visitare la maggior quantità di monumenti e luoghi
di interesse della città come il Battistero, Santa Maria Novella, il ponte vecchio e la Piazza della
Signoria (dove erano esposte le magnifiche statue di Donatello).
Scattate le foto-ricordo di grup-po, I nostri ragazzi sono tornati
esausti, ma felici, a Pozzuolo.
IO, DANIELE, ho partecipato al viaggio, e a mio parere è stato un momento di socializzazione e
di apprendimento, un raccoglie-re informazioni reso più grade-
vole dalla compagnia dei propri amici ed educatori. Sono molte le cose con cui siamo tornati a
casa: il ricordo dei momenti divertenti passati insieme ma anche di quelli di riflessione, la
consapevolezza che siamo cam-biati dentro e, cosa più impor-
tante di tutte, il fatto che siamo tornati con qualcosa in più di
prima.
Daniele Granata
Adolescenti pellegrini nella città di Francesco
centogiorni@libero-it SCRIVICI!
N. 3 - PRIMAVERA 2016 - Supplemento de “La domenica” -
Autorizzazione Tribunale di Milano 16.5.1978 - Direzione e
amministrazione: Parrocchia Natività di Maria, 20060 Pozzuo-
lo Martesana, Via Manzoni 2 - Stampato in proprio
Battesimi
Zaffuto Nicole
Vignali Caterina
Conte Aurora
Finazzi Noemi
Farotto Andrea
Colnaghi Alessandro
Simonetta Michelle
Berlingieri Greta
Funerali
Biffi Angelo
Saleri Lucia
Cividini Francesca
Bianchi Francesca V.
Invernizzi Luigia
Olginati Mario
Nava Luigia
Caglio Angela
Barzaghi Pasqualina
Danelli Ester
Ferrandino Pasquale
Belloni Amabile
Morstabilini Angela
ANAGRAFE
CELEBRAZIONI PASQUALI in Chiesa parrocchiale
GIOVEDÌ SANTO (24 marzo)
ore 18.00 s. Messa nella Cena del Signore
con il rito della Lavanda dei piedi
VENERDÌ SANTO (25 marzo)
ore 15.00 Celebrazione della Passione
ore 20.30 Via Crucis per le vie del paese
(ritrovo in Oratorio via Belli)
SABATO SANTO (26 marzo)
ore 20.30 Veglia pasquale
s. Messa di Risurrezione
PASQUA (27 marzo)
ore 8.00 s. Messa
ore 9.15 (chiesa del Villaggio) s. Messa
ore 10.30 s. Messa
CONFESSIONI in Chiesa parrocchiale
giovedì 24 marzo ore 9-11 e 15-18
venerdì 25 marzo ore 9-12 e 16-19
sabato 26 marzo ore 9-12 e 15-19
APPUNTAMENTI IN PARROCCHIA
L’ORATORIO VA IN MONTAGNA
Da sabato 16 a sabato 23 luglio - Ostello di GRUMES (TN), Val di Cembra
in struttura autogestita - € 280 (260 sconto fratello) -
Caparra € 80 all’iscrizione - Saldo; all’ incontro di venerdì 13 maggio, h. 21