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LA PREPARAZIONE DELLA CAVITA’ DI
ACCESSO: ATTUALI ORIENTAMENTI
AIE - Accademia Italiana di Endodonzia
Autori: Angelo Fassi, Marco Forestali, Aniello Mollo
Indice:
1. Introduzione
2. Valutazione Clinica e Radiografica
3. Fasi della preparazione della cavità di accesso. Lo strumentario
4. Errori nella preparazione della cavità di accesso
5. Cavità di accesso nel gruppo frontale superiore ed inferiore
6. Cavità di accesso nei premolari superiori
7. Cavità di accesso nei premolari inferiori
8. Cavità di accesso nei molari superiori
9. Cavità di accesso nei molari inferiori
10. La cavità di accesso nei ritrattamenti: problematiche ed accorgimenti
11. Conclusioni
12. Bibliografia
1. Introduzione La cavità d’accesso è la prima fase della preparazione canalare e tappa fondamentale
del trattamento endodontico; consiste nel realizzare una via di accesso intracoronale
di forma, dimensioni e posizione ben determinate, che deve permettere non solo la
localizzazione dei canali radicolari, ma anche la loro corretta detersione, sagomatura
ed otturazione. La preparazione della cavità d’accesso è una fase spesso sottovalutata;
in realtà la prognosi del trattamento endodontico è direttamente legata all’accuratezza
e alla correttezza di esecuzione di questa apertura. Una cavità d’accesso preparata in
maniera impropria per posizione, profondità ed estensione non permetterà la
realizzazione di un trattamento endodontico prevedibile.
La estrema varietà dell’anatomia endodontica nei diversi denti e le modificazioni
morfologiche alle quali la camera pulpare, per varie cause, va incontro nel tempo, fa
si che la fase della cavità di accesso non sia perfettamente standardizzabile, ma debba
essere guidata individualmente in ogni singolo caso. Dovrà essere preceduta,
pertanto, da un’attenta valutazione clinica e radiografica pre-operatoria
In passato, si era attribuito molto valore all’ottenimento di una completa e
contemporanea visibilità degli imbocchi canalari e all’importanza di creare una via di
inserimento degli strumenti più rettilinea possibile (Alliet & Berghamans 1999),
evitando quelle interferenze coronali che possono portare alla creazione di gradini,
blocchi o trasporti ed ovalizzazioni dell’apice che possono pesare considerevolmente
sulla probabilità di successo. Attualmente, pur rimanendo validi molti principi, non vi
è dubbio che l’evoluzione degli strumenti, in particolare il continuo miglioramento
delle performance degli strumenti rotanti al Ni-Ti, ha consentito di raffinare le
tecniche con una visione sempre più conservativa. Anche le alternative di restauro
post-endodontico, sempre più indirizzate verso tecniche adesive e meno invasive
rispetto alle corone protesiche totali, ha sensibilizzato i clinici ad un atteggiamento
particolarmente attento alla conservazione massima di tessuto coronale sano.
La cavità di accesso, sicuramente, ha un ruolo protagonista nel perseguire questo
obbiettivo; per fare ciò è necessario approcciarla con un ottica dinamica, cioè di
adattamento progressivo all’anatomia di ogni singolo caso e alle informazioni che si
raccolgono nelle fasi di cateterismo iniziale del sistema endodontico.
Dal punto di vista tecnico, non possiamo non sottolineare che, oggi, i presidi a nostra
disposizione atti a facilitare tale approccio sono numerosi, in particolar modo i
sistemi di ingrandimento che ci consentono una migliore visibilità, un reperimento
degli imbocchi canalari senza dover ricorre ad aperture più ampie e, nei casi più
complessi, di ridurre drasticamente il rischio di errori e rendere più rapido e
predicibile il superamento delle difficoltà.
2. Valutazione Clinica e Radiografica
Prima di iniziare una terapia endodontica è imperativo analizzare attentamente
l’anatomia dentale ed endodontica dell’elemento dentale da trattare, sia dal punto di
vista clinico che radiografico.
Valutazione clinica: esaminare le condizioni della corona dentaria prima di iniziare il
trattamento significa analizzare la quantità e la qualità del tessuto residuo.
Gli elementi dentali da trattare endodonticamente quasi mai presentano un’anatomia
adatta ad una terapia canalare “lege artis”. Sempre più frequentemente la corona
dentale si presenta particolarmente danneggiata da processi cariosi, da fratture o da
precedenti restauri, che possono far perdere quei punti di repere indicativi all’apertura
della cavità d’accesso o rendere difficile o impossibile l’isolamento del campo con la
diga di gomma. In tutti questi casi, una volta rimossa la lesione cariosa (o il vecchio
restauro), è opportuno procedere alla valutazione del tessuto dentale residuo. Se la
qualità e la quantità di corona clinica residua è insufficiente, potrà essere opportuno
procedere preventivamente al confezionamento di un restauro pre-endodontico per
diversi motivi: garantire un corretto posizionamento della diga di gomma, offrire un
capiente contenitore per gli irriganti, una adeguata superficie occlusale che offra dei
facili punti di repere per la misurazione della lunghezza di lavoro e permettere uno
stabile posizionamento dell’otturazione provvisoria (Glickmann & Pileggi, 2002). La
modalità e i materiali per la ricostruzione pre-endodontica dipendono dalle abitudini
dell’operatore, ma soprattutto dalle condizioni preoperatorie, dai rapporti tra i
margini cavitari e i tessuti parodontali superficiali e dalle condizioni cliniche del
momento, ovvero se trattasi di un intervento di urgenza o un trattamento
programmato. I materiali solitamente utilizzati per una ricostruzione pre-endodontica
(Turner JE et al, 1990) sono i cementi vetroionomerici (CVI) o ancora meglio i
materiali compositi siano essi auto che foto-polimerizzabili (Fig 1). E’ da considerare
che nei casi in cui sia stato possibile isolare il campo con la diga di gomma e rifinire
adeguatamente i margini cavitari, la parte più periferica della ricostruzione pre-
endodontica, realizzata in composito, potrà essere successivamente utilizzata come
matrice per l’eventuale restauro post-endodontico.
Fig 1: Pretrattamento endodontico restaurativo di 1.7
1: visione occlusale preoperatoria 2: radiografia preoperatoria 3: ricostruzione preendodontica in composito
(cavità d’accesso 1.7)
Nei casi in cui la corona clinica residua sia insufficiente e non ci sia la possibilità di
applicare adeguatamente la diga e/o di eseguire una ricostruzione pre-endodontica di
tipo restaurativo, si dovrà procedere ad un pretrattamento parodontale che avrà lo
scopo di esporre un’adeguata quantità di sostanza dentaria. Nella maggioranza dei
casi, tale pretrattamento si esplica attraverso un lembo riposizionato apicalmente con
o senza osteoplastica e/o ostectomia (Lovdhal & Wade, 1997) (Fig 2).
Fig 2: Pretrattamento endodontico parodontale di 1.6
1: visione palatale preoperatoria 2: radiografia preoperatoria 3: Lembo riposizionato apicalmente di 1.6
Sempre da un punto di vista clinico è importante valutare la posizione e
l’inclinazione del dente da trattare. Esistono situazioni cliniche nelle quali la
posizione o l’inclinazione anomala, non perfetta in arcata, possono far variare il
punto e l’asse di penetrazione della fresa nel realizzare la cavità d’accesso (Fig 3).
Fig 3: Dente 3.7, mesio-inclinato, cambiamento dell’asse d’inclinazione della fresa
Nel caso in cui l’elemento che deve ricevere il trattamento sia restaurato con una
corona protesica totale si dovrà valutare se mantenerla o rimuoverla. La scelta è
solitamente legata a due fattori: la qualità del restauro protesico e il piano di
trattamento. Se è presente un’infiltrazione secondaria o il restauro è inadeguato o,
ancor di più, il piano di trattamento ne prevede il rifacimento, è preferibile
rimuoverla sia per l’allestimento di un corretto campo operatorio che, talvolta,
potrebbe essere reso complicato dalla presenza del manufatto, sia per un motivo di
ordine diagnostico (migliore rimozione dell’eventuale tessuto cariato, una corretta
valutazione del tessuto dentale residuo, evidenziazione di possibili aspetti parodontali
che richiedano una rivalutazione del caso). Nella Fig 4 è possibile osservare l’aspetto
del tessuto coronale residuo nella porzione distale dopo la rimozione della corona.
Tuttavia, in alcuni casi selezionati e dopo aver verificato l’assenza d’infiltrazioni del
margine è possibile affrontare il trattamento forando la corona protesica (Fig 5).
Fig 5 : Ritrattamento endodontico forando il manufatto protesico
Nei casi di rifacimenti, soprattutto in riabilitazioni complesse, gli elementi che
dovranno essere sottoposti a ritrattamento endodontico possono essere ricostruiti con
una forma definitiva di moncone protesico, avendo cura di rendere percorribile lo
spazio di accesso ai canali. Questa tecnica permette al protesista di disporre di
elementi sui quali confezionare dei provvisori stabili e facilitare tutte le successive
fasi endodontiche e parodontali in una situazione ideale e confortevole anche per il
paziente.
Valutazione radiografica: prima di iniziare la terapia endodontica è necessario avere
una radiografia preoperatoria scattata con un centratore e andrà analizzata
attentamente l’anatomia camerale e canalare, tenendo presente i limiti dell’immagine
bidimensionale, integrata con le conoscenze generali sull’anatomia e le informazioni
che vengono acquisite durante le prime fasi di sondaggio (White & Pharoah 1999).
In particolare andrà valutata la profondità della camera pulpare in modo da
selezionare il punto di penetrazione più sicuro, evitando il rischio di perforazioni. I
fenomeni irritativi stimolano la polpa a produrre dentina terziaria come forma di
difesa, provocando una riduzione dello spazio tra tetto e pavimento della camera
pulpare e questo può accadere dove normalmente è disponibile più spazio
(Vignoletti&Mareschi, 2001). Questo dettaglio può essere solo evidenziato attraverso
una radiografia endorale (Fig 6).
Fig 6 : Modifiche anatomiche della camera pulpare
L’analisi della radiografia preoperatoria, integrata dalle radiografie angolate oppure
la disponibilità dell’esame CBCT, eseguito magari per un intervento di implantologia
nei siti vicini all’elemento da trattare, consente di visualizzare e prevedere l’anatomia
radicolare presente nel dente che deve essere sottoposto a trattamento endodontico.
Le radiografie angolate (20-40° di proiezione sul piano orizzontale o verticale)
forniscono importanti informazioni preoperatorie utili alla conoscenza della
complessità del singolo caso da affrontare (Martinez –Lozano et al, 1999 ; Friedman
et al, 1986 ; Nattress &Martin, 1991 ; Glickmann & Pileggi, 2002)
Secondo Vertucci (2005) non è possibile completare correttamente il trattamento
endodontico se non si ha:
· conoscenza dettagliata della morfologia dentale e delle sue varianti
· interpretazione attenta delle radiografie angolate
· preparazione di un accesso adeguato
· esplorazione dettagliata dell’interno del dente
La valutazione radiografica preoperatoria dell’anatomia può guidare il clinico nella
ricerca del numero di imbocchi (canali) in rapporto alla complessità dell’anatomia
radicolare osservata ( Fig 7).
Sempre secondo Vertucci (2005) l’ingrandimento (sistema ingrandenti tradizionali o
il microscopio operatorio) ed una buona illuminazione faciliteranno la ricerca ed il
reperimento degli orifizi canalari.
3. Fasi di Preparazione della cavità di accesso.
Lo strumentario
La preparazione della cavità di acceso può essere divisa, a scopo didattico, in tre fasi:
penetrazione, allargamento e rifinitura.
Penetrazione: riguarda il disegno iniziale sulla superficie occlusale fino alla
perforazione del tetto della camera pulpare e all’individuazione dell’imbocco o degli
imbocchi canalari. La forma, definita di contorno, dovrà seguire la proiezione
occlusale del perimetro del pavimento della camera pulpare, ma inizialmente
sottodimensionando l’estensione. In questa fase non è necessario il raggiungimento di
una forma definitiva, anzi, mancano ancora quelle informazioni provenienti dal
sistema endodontico (posizione e numero degli imbocchi canalari) che guideranno
alla cosiddetta “forma di comodo o di convenienza ” (Vignoletti&Mareschi, 2001).
Quindi all’inizio prevale un atteggiamento minimalista, senza tuttavia ostacolare la
corretta visibilità del pavimento e degli imbocchi canalari. La penetrazione viene
Fig. 7: esempio di molare inferiore con due radici distali visibili dalla radiografia preoperatoria (1). Camera pulpare con i quattro imbocchi (2)
eseguita con frese diamantate di varia forma e tipo in rapporto anche all’anatomia ed
al tipo di elemento dentale.
Allargamento: inizialmente ci si limiterà a facilitare la fase di cateterismo canalare e
dell’eventuale determinazione della lunghezza di lavoro, poi, dopo aver osservato con
quale angolazione gli strumenti scendono nei canali, si procederà all’ampliamento
guidato, asportando tessuto unicamente dove si presentano interferenze con la
progressione degli strumenti fino ad arrivare alla “forma di comodo o di
convenienza”, esclusiva di ogni singolo dente. Pertanto il perimetro coronale
dell’apertura della cavità di accesso potrà essere minore rispetto all’estensione del
pavimento della camera. Questa fase potrà essere condotta utilizzando frese di Batt o
Zekrya-Endo (o simili) oppure anche inserti diamantati montati su una sorgente
sonica o ultrasonica, soprattutto nei casi più complessi in cui sono presenti pulpoliti o
addirittura calcoli a stampo che riempiono completamente la camera pulpare. Punte
dedicate soniche o ultrasoniche forniscono, nella preparazione della cavità d’accesso,
un contributo determinante per due sostanziali motivi: il primo che essendo punte
angolate non vi è interferenza visiva con lo strumento, come nel caso della testa del
manipolo rotante ed il secondo che l’azione di taglio è estremamente più controllabile
rispetto a qualsiasi altro dispositivo.
L’uso degli strumenti rotanti al Ni-Ti consentirà di contenere la fase
dell’allargamento, sempre in una visione di massima conservazione di tessuto sano.
Rifinitura: dedicata all’eliminazione dei sottosquadri e anfratti, che potrebbero
nascondere del tessuto organico residuo e interferire con le fasi successive, e alla
creazione di una via d’inserimento “al buio” degli strumenti canalari all’interno del
sistema endodontico. In questa fase si possono utilizzare anche frese a rosetta a
gambo lungo oppure frese multilame o diamantate a grana fine. Ancora più selettiva
la rimozione di tessuto mediante l’utilizzo di punte dedicate soniche o ultrasoniche.
Queste tre fasi non vanno intese come indipendenti, bensì come in divenire con
progressive correzioni in un’ottica di miglior risultato con il minore sacrificio di
tessuto sano possibile (Fig 8).
Fig. 8: schema delle fasi di apertura della cavità d’accesso
E’ pur vero che al di là di queste considerazioni che si riferiscono all’ipotesi di un
apertura di camera pulpare in un dente pressoché integro, nella realtà clinica, un
dente che richieda una terapia endodontica presenta frequentemente tessuto cariato in
contiguità con la camera pulpare. E’ da sottolineare che la lesione cariosa deve
essere completamente rimossa prima di accedere in camera pulpare (Somma F,
2006).
La cavità determinata dalla lesione cariosa talvolta può rappresentare una via diretta
di accesso al sistema camerale, soprattutto nei casi in cui è possibile raggiungerlo
addirittura con strumenti manuali, come per esempio degli escavatori piccoli a gambo
lungo. Successivamente saranno eseguite, come affermato sopra, le fasi di
allargamento e rifinitura.
Nella preparazione della cavità d’accesso è utile fare riferimento alle leggi di Krasner
e Rankov (2004) che si rivelano importanti specialmente quando si incontrano, nella
pratica clinica, elementi con calcificazioni importanti della polpa camerale. Queste
leggi non sono valide negli elementi dentali con “morfologia radicolare a C” (5%
degli elementi esaminati).
Leggi di simmetria:
Prima legge di simmetria
Gli orifizi dei canali sono equidistanti da una linea marcata in direzione mesio-distale
attraverso il pavimento della camera pulpare (eccetto molari mascellari)
Seconda legge di simmetria
Gli orifizi dei canali giacciono in una linea perpendicolare alla linea marcata in
direzione mesio-distale attraverso il centro del pavimento della camera pulpare (Fig
9)
Fig 9 : quinto superiore con imbocco palatino calcificato reperito seguendo le leggi di simmetria
Legge del cambio di colore
Il colore del pavimento della camera pulpare è spesso più scuro delle pareti
Leggi di localizzazione degli imbocchi
Le tre leggi degli orifizi canalari affermano rispettivamente che:
• gli imbocchi sono sempre al passaggio tra parete della camera pulpare e il suo
pavimento
• gli imbocchi sono sempre agli angoli della camera pulpare
• gli imbocchi sono all’inizio dello sviluppo radicolare
Come già accennato nell’introduzione, l’uso di sistemi d’ingrandimento è
auspicabile, in questa fase, non solo per il reperimento degli imbocchi senza ricorrere
ad aperture molto invasive, ma anche per una completa e minuziosa rimozione di
tessuto organico pulpare da tutti quei recessi e sottosquadri che potrebbero
nasconderne la presenza.
L’aggiunta di un’illuminazione coassiale o addirittura il microscopio operatorio in
alcune situazioni permettono, poi, di eseguire il trattamento con una maggiore
predicibilità, nella migliore ispezione del pavimento della camera pulpare, nella
ricerca di canali calcificati, nella rimozione di ostacoli intracamerali e nei casi più
complessi di trattamento di perforazioni (Vertucci, 2005).
4. Errori nella preparazione della cavità di accesso
Un approccio eccessivamente conservativo può determinare difficoltà nel
reperimento degli imbocchi canalari o addirittura la mancata individuazione di un
canale supplementare. Sicuramente una cavità d’accesso sottodimensionata non
permetterà la completa asportazione di tessuto organico. Tale aspetto è importante
perchè i prodotti di degenerazione a cui andrebbero incontro questi resti possono
diffondersi nel sistema canalare e provocare un fallimento a distanza della terapia
endodontica o comunque fenomeni di discromia, penalizzanti dal punto di vista
estetico soprattutto negli elementi del gruppo frontale (Fig 10).
Fig 10 : Cavità d’accesso ipoestese su centrali superori (causa possibile di discromia)
Ancora più grave, ma non così infrequente nel caso di scarsa visibilità, è la
perforazione del pavimento della camera pulpare causata dalla ricerca degli imbocchi
in posizione errata e con strumenti non idonei (Fig 11).
Fig 11 : Perforazione del pavimento della camera pulpare (1), localizzazione dell’imbocco
originario (2)
Questa è sicuramente una delle fasi del trattamento endodontico in cui l’utilizzo degli
strumenti ottici di ingrandimento forniscono un grande aiuto all’operatore, soprattutto
nei casi in cui sono presenti calcificazioni o pulpoliti. Nella fase della sagomatura
inoltre si possono creare interferenze con gli strumenti, aumentando il rischio di
trasporto apicale o frattura degli strumenti. E’ da considerare un errore anche un
utilizzo precoce delle frese di Gates, senza aver prima modificato l’angolo di
inserzione e aver creato lo spazio affinché la frese possano tagliare nella zona
opposta alla forca nei pluriradicolati. L’incidente che ne consegue è lo stripping della
zona interna della forca a livello del terzo coronale del canale (Vignoletti &
Mareschi, 2001).
In senso opposto anche una preparazione eccessivamente invasiva della cavità di
accesso deve essere evitata, non tanto per il successo della terapia endodontica,
quanto per l’utilità di conservazione di tessuto coronale sano al fine della corretta
scelta ricostruttiva (Reeh ES et al,1989)
Ovviamente questa attenzione va riservata soprattutto a quei casi in cui la cavità
residua si presta ad un restauro diretto o ad un restauro indiretto adesivo a
ricoprimento cuspidale.
5. Cavità di accesso nel gruppo frontale superiore ed inferiore
Gli elementi del gruppo frontale superiore ed inferiore sono accomunati da alcune
peculiarità anatomiche che richiedono una particolare attenzione nel corretto
orientamento delle frese nella fase di penetrazione. La forma della cavità è
generalmente ovalare, ad eccezione del centrale superiore che, avendo due cornetti
pulpari molto pronunciati verso il margine incisale, richiede un’apertura di forma
triangolare (Fig 12).
Fig 12 : Esempio di apertura camerale in un incisivo centrale superiore (1), e un incisivo
centrale inferiore (2)
Penetrazione: in linea teorica, come espresso da diversi lavori, il punto ideale per
effettuare un’apertura con l’accesso più diretto al canale dovrebbe coinvolgere il
margine incisale, essendo in corrispondenza di esso la proiezione occlusale del
canale, tuttavia, per motivi pratici, al fine di non rendere più complicato il restauro
estetico, è preferibile un approccio sul versante linguale con un inclinazione iniziale
di circa 45°, per inclinare successivamente la fresa un po’ più palatale. In questa fase,
considerando l’alto rischio di errori, è opportuno fermarsi spesso, sondare, saggiare
con uno strumento K file se è stato raggiunto il cornetto pulpare. Quando viene
ingaggiato il canale sarà possibile passare alla fase successiva.
Allargamento: sono adatte frese “autoguidanti” con testa non tagliente di forma
proporzionata al dente che si sta trattando, oppure, per aver un maggiore controllo,
rosette piccole a gambo lungo montate su manipolo anello blu.
Rifinitura: questi elementi, avendo la camera pulpare piuttosto piccola e in linea con
il canale, non richiedono una fase di rifinitura con particolare attenzione per
sottosquadri o anfratti, salvo per il centrale superiore che, come si accennava prima,
presenta dei cornetti pulpari sviluppati in direzione incisale, sia mesiale che distale,
che vanno ripuliti totalmente dai residui di tessuto organico.
Errori: nella fase di penetrazione si deve porre molta attenzione all’orientamento
della fresa; l’errore in cui si può cadere è quello di indirizzare troppo vestibolarmente
il taglio rischiando una perforazione a livello coronale o del terzo coronale radicolare.
In alcuni casi la corona dei centrali superiori ha una più accentuata inclinazione
palatina, aumentando ulteriormente il rischio di perforazione. Gli incisivi laterali
superiori e il gruppo incisivo inferiore sono caratterizzati da spessori mesio-distali
molto esigui; è sufficiente un errore di pochi gradi durante la fase di penetrazione per
creare una perforazione nello spazio interprossimale. Un altro frequente errore è
quello di non rimuovere totalmente il tessuto organico della camera pulpare,
compresi eventuali recessi e sottosquadri; ciò può comportare, soprattutto nei centrali
che presentano cornetti pulpari molto estesi in direzione incisale, dei fenomeni di
discromia a distanza (Ingle et al, 2002)
6. Cavità di accesso nei premolari superiori
La forma della cavità di accesso, nelle fasi iniziali, è generalmente simile sai per il
primo che per il secondo premolare: in posizione centrale, poi viene adattata in
funzione dell’anatomia, quindi la forma finale potrà essere ovalare o con sezione “a
pavesino” più o meno estesa in senso vestibolo-palatale in funzione della presenza di
uno o due canali (Fig 13).
Fig 13 : Esempio di apertura camerale in un premolare superiore
In una piccola percentuale di casi, è possibile incontrare la presenza di tre canali, con
un’anatomia simile ad un piccolo molare; in questi casi pertanto la forma sarà
triangolare con uno sviluppo che dipenderà dalla posizione degli imbocchi canalari.
Infatti generalmente gli imbocchi dei due canali vestibolari sono piuttosto vicini.
Penetrazione: Una fresa diamantata permetterà di eseguire un taglio ovalare
inizialmente limitato alla parte centrale della superficie fino ad avere accesso al
sistema endodontico.
Allargamento: dopo aver verificato la presenza di uno o più imbocchi, utilizzando
una fresa non lavorante in punta, con un movimento “a pendolo”, si adatta
l’estensione vestibolo-palatale in funzione del numero dei canali, mantenendo il
perimetro coronale il più conservativo possibile.
Rifinitura: considerando l’anatomia di questi elementi, la fase di rifinitura non ha una
particolare rilevanza, salvo il dare una continuità tra gli imbocchi canalari e la loro
proiezione coronale; talvolta, soprattutto nei secondi premolari, generalmente
monocanalati, si procede, in questa fase, all’eliminazione dell’istmo che divide i due
canali e che frequentemente si rivelano essere un unico grande canale.
Errori: questi elementi sono caratterizzati da un’anatomia pulpare che va
restringendosi in senso mesio-distale da coronale ad apicale, pertanto un errore che
può verificarsi è quello di deviare la traiettoria nella fase della penetrazione
rischiando di perforare mesialmente o distalmente, soprattutto lavorando in visione
indiretta dove si perdono alcuni riferimenti spaziali. Pertanto è consigliabile
procedere a piccole progressioni e controllare frequentemente l’orientamento della
fresa in relazione all’asse corono-radicolare (Ingle et al, 2002)
7. Cavità di accesso nei premolari inferiori
Questi elementi richiedono generalmente un’apertura molto semplice ed
estremamente ridotta; tuttavia in alcuni casi presentano anatomie bizzarre con
presenza di due o tre canali che possono richiedere un’apertura più ampia per
permettere una visione migliore ed un più agevole reperimento degli imbocchi
canalari.
Penetrazione: è consigliabile l’uso di una fresa a pallina in quanto potrà essere
necessario modificare l’orientamento del taglio durante questa fase poiché l’asse
coronale rispetto all’asse radicolare ha un’inclinazione di 10° circa in senso linguale
nei primi e 34° circa nei secondi.
Allargamento: questa fase viene guidata dal grado di inclinazione sopra citato e
dall’andamento degli strumenti nella fase di primo sondaggio; quindi l’orientamento
è indirizzato vestibolarmente ponendo attenzione a non coinvolgere il vertice della
cuspide. In presenza di anatomie anomale con presenza di 2 o 3 canali può rendersi
necessario, allo scopo di facilitare il reperimento degli imbocchi, effettuare un
allargamento maggiore.
Rifinitura: scopo di questa fase è quello di dare continuità alla cavità d’accesso
eliminando eventuali piccoli gradini dovuti alle correzioni durante la fasi precedenti.
Errori: come i premolari superiori anche gli inferiori presentano uno spessore più
ridotto in senso mesio-distale a livello radicolare; quindi è raccomandabile un
controllo onde evitare rischi di perforazione. Inoltre la caratteristica peculiare del
cambio di angolazione tra corona e radice, più accentuato nel secondo premolare,
aggiunge un rischio di perforazione linguale nel caso in cui non si ponga attenzione a
questo dettaglio (Ingle et al, 2002).
8. Cavità di accesso nei molari superiori
La forma della cavità di accesso nei molari superiori ha una forma triangolare o
trapezoidale, localizzata mesialmente alla cresta obliqua e leggermente più
schiacciata in senso mesio-distale nei secondi rispetto ai primi.
Penetrazione: può essere utilizzata una fresa cilindrica o tronco-conica per disegnare
il perimetro dell’apertura mantenendola inizialmente di dimensioni ridotte; si procede
alla discesa a livello della fossa centrale verso il cornetto del canale palatino dove
generalmente si dispone di uno spazio di maggior sicurezza, inclinando quindi la
fresa leggermente in direzione palatale (Vignoletti&Mareschi, 2001). Dopo la
sensazione di caduta nel vuoto, percepibile solo nei casi in cui la camera pulpare non
è andata in contro a fenomeni di calcificazione si procede con una fresa non lavorante
in punta disegnando sul tetto della camera pulpare il perimetro della proiezione
occlusale del pavimento, ma contenendone l’estensione. Così facendo è possibile poi
rimuovere il tetto con un escavatore o con un inserto ad ultrasuoni e proseguire con
l’individuazione degli imbocchi.
Allargamento: dopo aver rimosso l’eventuale tessuto pulpare camerale e aver
individuati gli imbocchi canalari si procede alla fase di allargamento facendosi
guidare dalla posizione degli imbocchi stessi sempre con l’obiettivo di rimuovere
meno tessuto possibile a livello coronale, ma quanto basta per iniziare la fase di
cateterismo iniziale dei canali. Dopo le informazioni che vengono fornite
dall’inclinazione assunta dagli strumenti in questa fase si può procedere alla fase di
allargamento finale disegnando quindi la cosiddetta “forma di comodo” che sarà
individuale a seconda dell’anatomia del sistema canalare (Fig 14).
Fig. 14: Esempio di sequenza di apertura camerale in un molare superiore. La cavità
andrà ulteriormente allargata e rifinita solo in rapporto alle esigenze operative.
Nelle fasi avanzate del trattamento è possibile apportare ulteriori piccole correzioni,
come ad esempio dopo il reperimento del canale mesio-palatino che risulta più
probabile intercettare dopo che gli irriganti hanno svolto una prolungata azione.
Infatti è suggeribile posticipare la ricerca e l’eventuale sagomatura addirittura dopo
aver completato la preparazione degli altri canali, considerando tra l’altro che in una
larga percentuale di casi il canale mesio-palatino confluisce nel mesio-vestibolare
(Fig 15).
Fig. 15: Canale mesio-palatino (o MB2) confluente nel mesiovestibolare (MB1)
Nei secondi molari superiori la camera pulpare risulta più schiacciata in senso mesio-
distale; ciò comporta una distribuzione diversa degli imbocchi canalari che riguarda
soprattutto quello del canale disto-vestibolare che si trova quasi in linea e a metà
strada tra il mesio-vestibolare ed il palatino.
Rifinitura: dopo le fasi precedenti generalmente un’attenta osservazione della camera
pulpare evidenzierà la presenza di anfratti e sottosquadri che è opportuno eliminare
per rimuovere eventuali residui di tessuto e per agevolare l’inserimento degli
strumenti nella fase della sagomatura. Gli strumenti ideali sono frese multilame
montate su manipolo ad anello rosso o meglio ancora inserti diamantati su ultrasuoni.
Errori: l’errore statisticamente più frequente è la perforazione del pavimento della
camera pulpare. Ovviamente il rischio di tale complicanza aumenta
significativamente nei casi più complessi, ovvero quando la camera pulpare è ridotta
o addirittura assente a causa di fenomeni di calcificazione ed anche gli imbocchi
canalari risultano difficilmente reperibili. In questi casi è assolutamente
raccomandabile l’utilizzo di ultrasuoni il cui taglio è più selettivo sui tessuti
calcificati rispetto alla dentina delle pareti. Nei casi di difficoltoso reperimento degli
imbocchi, non è infrequente reperire segni di ricerca del canale disto-vestibolare in
una errata posizione, troppo vestibolare e troppo distale rispetto alla reale posizione
(Ingle et al, 2002).
9. Cavità di accesso nei molari inferiori
La forma della cavità di accesso ha una forma trapezoidale con lato maggiore mesiale
e lato minore distale: questa forma è indicata dalla sezione ellittica del canale distale
o in molti casi per la presenza di due canali nella radice distale, che a seconda della
distanza fra di loro potranno far assumere alla cavità un forma più quadrangolare.
Penetrazione: con una fresa cilindrica o tronco-conica diamantata si disegna sulla
superficie occlusale la forma trapezoidale, proiezione del pavimento della camera
pulpare, anche in questo caso con un perimetro sottodimensionato, partendo
distalmente dalla fossa centrale mesiale e avvicinandosi alla cresta marginale mesiale
per il lato maggiore del trapezio. Si procede all’approfondimento in corrispondenza
dell’imbocco del canale distale, zona di maggior spazio e sicurezza. Ovviamente nei
casi in cui è presente un collasso del cornetto distale è più opportuno spostare la
penetrazione a livello dei canali mesiali; questa è una situazione che si può presentare
per esempio qualora sia presente un importante processo carioso nella porzione
distale del dente. In alcuni casi particolarmente difficili si può avere assenza di spazi
di sicurezza per un totale appiattimento della camera pulpare.
Allargamento: dopo l’apertura del tetto della camera pulpare si procede con la fresa
non lavorante in punta con la medesima modalità utilizzata per il molare superiore,
ovvero con il taglio circonferenziale del tetto della camera pulpare, fino alla sua
completa rimozione. Dopo l’individuazione degli imbocchi si può iniziare la fase di
allargamento, ma sempre in un’ottica dinamica, ovvero senza la necessità di dare un
disegno definitivo, ma lasciando spazio ad eventuali correzioni successive, guidate
dalle informazioni sull’anatomia canalare.
Rifinitura: con l’uso di punte diamantate ad ultrasuoni si procede quindi ad eliminare
residui di eventuale tessuto pulpare calcificato, si eliminano anfratti e sottosquadri. E’
utile rifinire lo spazio compreso tra i due canali mesiali in quanto può nascondersi del
tessuto e, in alcuni casi, evidenziarsi la presenza di un canale mediano che però quasi
sempre si congiunge con uno dei due canali mesiali. Anche attorno all’imbocco del
canale distale è consigliabile rifinire con cura perché frequentemente sotto uno
sperone di dentina si nasconde un eventuale secondo canale (Fig 16).
Fig. 15: esempi di diversi disegni di cavità d’accesso in molari inferiori
Errori: anche in questo caso il rischio di errore è significativamente legato alla
difficoltà del caso, ovvero all’ampiezza della camera pulpare in senso verticale; nei
casi in cui si sono sviluppati fenomeni di sclerosi e calcificazione del tessuto pulpare
diventa più indaginoso il reperimento degli imbocchi canalari, pertanto aumenta il
rischio di creare perforazioni, soprattutto se non vengono utilizzati gli strumenti
idonei (Ingle et al, 2002).
10. La cavità di accesso nei ritrattamenti: problematiche ed
accorgimenti
Nei ritrattamenti endodontici l’apertura della camera ha degli aspetti diversi rispetto
ai casi di denti mai trattati (Ruddle, 2002). Spesso si tratta di elementi con residuo
coronale ridotto, magari anche già protesizzati, pertanto non è più possibile applicare
una filosofia di minima invasività, anzi, talvolta si pone il problema di decidere se la
quantità e la qualità del tessuto dentale residuo siano compatibili con un recupero
funzionale dell’elemento, in relazione anche al suo valore strategico nell’ambito di
quella determinata bocca, in una visione globale del piano di trattamento. In altri casi
invece si possono riscontrare inutili sacrifici di tessuto, dovuti probabilmente a
carenze tecniche o inesperienza e questo potrà influire nella scelta ricostruttiva, ma
senza minacciare il recupero dell’elemento. Ma è anche frequente trovare delle
carenze nell’apertura che possono aver determinato errori o incidenti nella
sagomatura, come per esempio stripping o perforazioni o anche dimenticanze nel
reperimento e trattamento di uno o più canali. Le modalità e le eventuali difficoltà
che si possono incontrare quando si rende necessario correggere la forma della cavità
d’accesso dipendono anche da quale materiale ricostruttivo è stato posizionato
all’interno della camera pulpare. Nei casi in cui sia stata utilizzata l’amalgama
d’argento si ha un vantaggio dal punto di vista diagnostico in quanto risulta più
chiaro il limite tra materiale e tessuto residuo, potendo valutare quindi se si sono
verificati sacrifici a livello del pavimento o se sono presenti perforazioni. Ed anche
dal punto di vista operativo, grazie al contrasto cromatico tra amalgama e dentina è
agevole una rimozione mirata del materiale che deve essere effettuata prima di
accedere nei canali, onde evitare la caduta di piccole particelle negli stessi.
Nel caso in cui, come capita più frequentemente adesso, l’elemento è stato ricostruito
in composito, può risultare più complicata la fase di rimozione del materiale, anche
perché, oltre a confondersi dal punto di vista cromatico, aderisce alla dentina. Queste
difficoltà tecniche possono talvolta esitare in incidenti in cui l’operatore, non avendo
rimosso completamente il materiale, nella ricerca di un canale provoca una
perforazione sul pavimento. Per evitare di interferire con il pavimento della camera
pulpare si consiglia di orientare la punta ad ultrasuoni in modo circonferenziale
contro la pareti della camera, cercando di staccare il materiale dalla dentina senza
ulteriore sacrificio di tessuto, importante soprattutto nei casi in cui la preparazione
della cavità d’accesso sia stata particolarmente destruente. Un’ulteriore complicanza
è rappresentata dalla presenza di eventuali sistemi di ritenzione, come ad esempio viti
metalliche non cementate in modo passivo, ma avvitate nella dentina, oppure perni in
fibra, ma non essendo argomento di questo articolo non vengono prese in esame le
tecniche di rimozioni. Tuttavia va tenuto presente che deve essere posta attenzione
nel separare il materiale da ricostruzioni da tali dispositivi onde agevolare la
rimozione dei medesimi. Nel caso in cui siano state utilizzate tecniche di otturazione
canalare mediante carrier si suggerisce una rimozione attenta con utilizzo di solventi
per evitare, durante la rimozione del materiale, di perdere la porzione coronale del
carrier con successiva conseguente difficoltà di rimozione. Quindi in fase diagnostica
e di studio della radiografia è importante prevedere tutti gli ostacoli e gli imprevisti
che si possono incontrare nell’apertura della camera di denti già trattati, preparando
l’attrezzatura idonea ed evitando di assumersi la responsabilità di eventuali errori già
in essere.
11. Conclusioni
Nell’insieme di un buon trattamento endodontico l’accesso al sistema endodontico
rappresenta una fase di grande importanza in quanto può interferire nelle fasi
successive. Tuttavia, come descritto, l’apertura della camera pulpare non va intesa
come una fase a se stante, da completare prima di procedere alle fasi successive,
bensì in divenire con continui piccoli adattamenti in funzione dell’anatomia del
sistema endodontico. Infatti la radiografia fornisce solo informazioni relative alle
curvature nell’asse mesio-distale, mentre le curvature negli altri assi, oltre alle
conoscenze anatomiche, vengono percepite durante le prime fasi di sondaggio
canalare. Pur essendo estremamente importante tenere un atteggiamento
assolutamente conservativo sulla struttura residua, non si deve rischiare però di
ostacolare le fasi successive penalizzando la conservazione di tessuto radicolare,
altrettanto se non più importante. Per rispondere a questi requisiti è importante, oltre
alla conoscenza dell’anatomia, utilizzare uno strumentario che renda più facile e
sicuro il lavoro. Senz’altro, oltre la scelta delle frese più indicate, l’utilizzo di una
sorgente ad ultrasuoni con punte dedicate e sistemi di ingrandimento fino al
microscopio, permettono un lavoro più selettivo, preciso e sicuro.
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