Post on 15-Feb-2019
Il confinamento dell’anidride carbonica
aspetti tecnici, economici ed ambientali
Valeria Spadae-mail: v.spada@unifg.it
Università degli Studi di Foggia – Facoltà di Economia – Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche, Merceologiche e Geografiche,
Via R. Caggese n.1, 71100 Foggia
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INDICE
SISTEMI DI STOCCAGGIOGiacimenti di petrolio e gas naturaleMiniere di carboneFalde acquifere sotterraneeProfondità oceanicheEcosistemi terrestri
CONCLUSIONI
TREND DELLE EMISSIONI MONDIALI DI CO2
INTRODUZIONE
BIBLIOGRAFIA
ATTIVITA’ DI R&S NEL MONDO
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L’obiettivo di questa lezione è quello di esaminare le prospettive di
adozione su vasta scala di tecnologie di contenimento delle emissioni di
CO2 di origine antropica nell’atmosfera, ai fini della progressiva
diminuzione degli effetti negativi che ne potrebbero conseguire
sull’ecosistema.
Stime ufficiali internazionali ipotizzano, infatti, per i prossimi 25 anni,
un aumento delle suddette emissioni a livello mondiale sia nei PS sia nei
PVS.
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La Carbon Sequestration è definita come la cattura e lo stoccaggio sicuro
della CO2, con particolare riferimento a quello geologico ed oceanico;
mentre in un orizzonte temporale più ampio si prevede la possibilità di
aumentare la fissazione della CO2 da parte degli ecosistemi terrestri (foreste
e suolo).
Ogni possibile sistema di immagazzinamento deve risultare non pericoloso
dal punto di vista ambientale, efficace ed economico. Inoltre deve essere
accettabile dalla comunità internazionale.
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Le sperimentazioni più importanti in tale contesto sono state realizzate sotto la spinta di fattori prevalentemente economici, più che ambientali. A tale proposito sono disponibili varie esperienze nel settore, sviluppate principalmente nel decennio 1980-1990 dalle società petrolifere per ottimizzare l’estrazione dei combustibili fossili dal sottosuolo.
Queste sono state successivamente abbandonate quando, intorno alla metàdegli anni 1980, il crollo del prezzo del petrolio rese non più economico questo tipo di operazione.
Di recente, però, sono state prese nuovamente in considerazione, a causa delle problematiche ambientali derivanti dalla emissione di CO2
nell’atmosfera.
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TREND DELLE EMISSIONI MONDIALI DI CO2
L’impiego dei combustibili fossili nell’ambito del settore energetico ha causato, nel corso degli anni, l’aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, che è passato da 270 ppm all’ inizio secolo scorso agli attuali 380 ppm.Fra il 2000 ed il 2030 circa i 2/3 dell’incremento si verificherà nei PVS.
Emissioni mondiali di CO2 relative al settore energetico (Mt/anno)Aumento delle emissioni di CO2 per settore (Mt)
A livello mondiale quasi la metà delle emissioni sarà causato dalla produzione di energia elettrica, il settore dei trasporti contribuirà per oltre un quarto, mentre il comparto residenziale, commerciale ed industriale per la quantità rimanente.
OCSE Economie in transizione
Paesi in via di sviluppo Mondo
1990-2010
2000-2030
1990-2010
2000-2030
1990-2010
2000-2030
1990-2010
2000-2030
Produzione elettricità 1.373 1.800 44 341 2.870 5.360 4.287 7.500 Industria 11 211 -309 341 739 1.298 440 1.850 Trasporti 1.175 1.655 -52 242 1.040 2.313 2.163 4.210 Altri usi* 244 363 -428 234 620 1.365 436 1.962 Aumento totale 2.803 4.028 -746 1.158 5.268 10.336 7.325 15.552
(Fonte: A.I.E., 2002).
(Fonte: IEA, 2003).
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Sistemi di stoccaggio
Il volume annuo di CO2 scambiato in tutto il mondo ai fini del riutilizzo nell’industria chimica (all’incirca pari a 0,4 Gt) è esiguo rispetto a quello derivante dalle emissioni negli impianti di combustione (circa 26 Gt). Pertanto si pensa allo stoccaggio in depositi naturali, come
Giacimenti di petrolio e gas naturaleMiniere di carboneFalde acquifere sotterraneeProfondità oceaniche
(Fonte: Cumo et al., 2003).
Impianto termoelettrico con cattura della CO2
Oceano
Giacimenti esauriti di petrolio e gas naturale
Acquiferi profondi
Gasdotto
Giacimenti di carbone non estraibile
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L’operazione di monitoraggio delle condizioni del deposito è una fase importante,
non solo per assicurare che il gas iniettato nel sottosuolo non faccia gradualmente
ritorno nell’atmosfera, ma anche in quanto un’improvvisa liberazione consistente
di CO2 in un’area popolata potrebbe causare conseguenze catastrofiche (una
concentrazione atmosferica superiore al 30% è già letale per gli esseri umani).
Pertanto la scarsa ventilazione nelle aree caratterizzate da una forte esalazione di
CO2 può rendere tali zone estremamente pericolose.
Non sono, però, certi le condizioni di sicurezza degli stoccaggi e i possibili impatti
ambientali che ne deriverebbero.
Le aree geologiche naturali adatte a tale finalità devono essere costituite da rocce
porose permeabili, con uno strato superiore impermeabile in grado di trattenere
la CO2 iniettata nel deposito per il tempo richiesto.
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Giacimenti di petrolio e gas naturale
É provato che i giacimenti che hanno consentito il deposito di idrocarburi per intere ere geologiche sono adatti a contenere gas o liquidi, salvo eventuali problemi geochimici di lungo periodo che il deposito di un fluido acido può causare.
Il vantaggio derivante da queste due tipologie di immagazzinamento è l’accurata conoscenza geologica del deposito, acquisita durante la vita produttiva, che non richiede rilevanti spese di esplorazione.
Il potenziale mondiale di immagazzinamento della CO2 è di circa 130 Gt per i giacimenti petroliferi attivi e di circa 900 Gt per i giacimenti metaniferi esauriti. In Europa la capacità di stoccaggio della CO2 o di altri gas acidi (es. H2S) nei giacimenti di gas naturale è considerevole, circa 40 Gt, mentre per campi di petrolio èdi quasi 10 Gt.
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Molti campi petroliferi si stanno avvicinando al termine della vita economicamente produttiva e, probabilmente, sarà possibile un loro proficuo utilizzo per lo stoccaggio della CO2.
L’anidride carbonica è attualmente utilizzata per migliorare il recupero del petrolio nell’ambito delle tecnologie di estrazione terziaria, che prevedono la sua iniezione nei pozzi in forma fluida (EOR - Enhanced Oil Recovery). Essa proviene da giacimenti naturali, ma ciò sarebbe possibile anche per quella derivante dalle emissioni antropogeniche.
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Tuttavia è possibile che, dopo aver realizzato lo stoccaggio di CO2 in un
campo petrolifero, non si potrà più disporre del petrolio che non è stato
portato in superficie, neanche in presenza di un miglioramento delle
tecnologie estrattive.
Inoltre può accadere che, in seguito alle operazioni di trivellazione, la
copertura superiore del serbatoio abbia perso integrità e sia diminuita la
capacità di contrastare la risalita in superficie della CO2.
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Le strutture geologiche che hanno contenuto gas naturale si prestano anch’esse al deposito di CO2 (EGR - Enhanced Gas Recovery) e, rispetto alle precedenti, hanno la caratteristica di essere più uniformemente distribuite sulla superficie terrestre.
Al momento non è dimostrato se la iniezione di CO2 in un giacimento di gas
naturale sia in grado di potenziarne la produzione: il rischio è la
contaminazione dello stesso gas che, per essere immesso nel mercato, non
deve contenere più del 2,5% di CO2.
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Miniere di carbone
È stato dimostrato che la CO2 può essere adsorbita su un letto solido di
carbone, con rilascio del metano (che si trova adsorbito sulla superficie del
carbone e diffuso nelle porosità interne): la CO2 va ad occupare il posto del
metano, che viene rilasciato (ECBM - Enhanced Coalbed Methane).
In condizioni isoterme (temperatura costante), ottenute in laboratorio, la
CO2 adsorbita sul carbone è, in volume, circa il doppio del metano,
ottenendo il duplice risultato di stoccarla recuperando il combustibile.
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Il potenziale mondiale di stoccaggio della CO2 nei giacimenti carboniferi è
stimato pari a circa 15 Gt.
La CO2 può rimanere nel deposito praticamente per sempre, dato che non è
trattenuta da una trappola stratigrafica, ma dall’adsorbimento sul letto di
carbone a condizione che il carbone non sarà mai estratto nei secoli futuri.
Tutti i tipi di carboni fossili sono adatti all’adsorbimento: in particolare la
lignite è ricca di acqua e ciò può aumentare la capacità di deposito della
CO2, che in essa si discioglie.
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Falde acquifere sotterranee
Le falde acquifere sotterranee che, per la profondità e l’alta concentrazione di solidi disciolti non possono essere utilizzate come sorgenti di acqua potabile, potrebbero essere destinate allo stoccaggio della CO2, offrendo il più grande potenziale di immagazzinamento (circa 10.000 Gt), rispetto a qualsiasi altro tipo di deposito geologico.
Si tratta di una prassi abbastanza diffusa nell’industria chimica per il deposito di rifiuti liquidi e di gas acidi e può essere realizzata utilizzando tecnologie simili a quelle in uso nei giacimenti esauriti di petrolio e di gas naturale.
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La CO2 può, inoltre, reagire con i minerali presenti e depositarsi in forma
adsorbita o di precipitato, trappola minerale.
I minerali che possono diventare carbonati potrebbero sequestrare anche
più CO2 di quanta ne potrebbero trattenere gli acquiferi salini. Infatti,
l’ossido di magnesio contenuto in serpentino e olivina (minerali costituiti da
silicati di magnesio) si combina con la CO2 per produrre carbonato di
magnesio, altamente stabile.
Anche se questo processo è lento e contribuisce allo stoccaggio solo nel
lungo periodo, la sfida decisiva consiste nel far si che la CO2 reagisca
rapidamente con grandi quantità di questi due minerali.
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Profondita’ oceaniche
Gli oceani rappresentano il maggiore serbatoio potenziale per la CO2, contenendo circa 150.000 Gt, come sostanza organica di origine animale, vegetale e di carbonati minerali, rispetto a 3.000 Gt presente nell’atmosfera e 8.000 Gt negli ecosistemi terrestri.
Sono state proposte due strategie: 1. Iniezione diretta della CO2 sul fondale oceanico. Affinché ciò sia efficace, il gas deve essere iniettato al di sotto dello strato termoclino (tra 100 e 1000 m), nel quale la temperatura dell’acqua diminuisce drasticamente. In generale, più in profondità si inietta la CO2, più lungo sarà il tempo che essa impiegherà per fare ritorno all’atmosfera.
Nell’ambito della prima strategia è possibile distinguere 3 opzioni:• Immissione della CO2 a profondità di 1.000-2.000 m (formazione di una soluzione diluita);• Immissione a profondità superiori a 3.000 m (creazione di idrati solidi simili al ghiaccio);
• Produzione di CO2 solida (ghiaccio secco) prima di gettarla in mare tramite navi.
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La seconda strategia prevede di incrementare il ciclo oceanico del
carbonio, impiegando il ferro come fertilizzante per stimolare la crescita
del fitoplancton, che fissa il carbonio mediante fotosintesi clorofilliana,
determinando un incremento del livello complessivo di assorbimento del
carbonio da parte dell’oceano.
2. Aumento della cattura da parte della superficie oceanica mediante
fertilizzanti a base di ferro
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Studi recenti suggeriscono che il mantenimento della concentrazione della CO2 al di sotto di certi limiti potrebbe minimizzare il problema dell’acidità.
Il problema di maggior rilievo per lo stoccaggio oceanico della CO2
sembra essere la possibilità di una modifica del pH dei fondali oceanici. Una netta variazione di acidità potrebbe essere dannosa per gli organismi come lo zooplancton, batteri e animali che vivono sul fondo e non sono in grado di spostarsi.
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Ecosistemi terrestri
Gli ecosistemi terrestri, costituiti da vegetazione e suolo contenenti comunitàmicrobiche e di invertebrati, immagazzinano la CO2 direttamente dall’atmosfera.
Essi presentano una capacità di accumulo del carbonio di circa ¼ dei 7,4 GtC emessi annualmente nell’atmosfera dalla combustione dei combustibili fossili.
La quantità totale di carbonio immagazzinata dagli ecosistemi terrestri (circa 2 GtC/anno) riflette l’equilibrio di lungo periodo tra la produzione vegetale (input) ed il processo di respirazione e decomposizione (output).
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La capacità degli ecosistemi terrestri di rimuovere più carbonio dall’atmosfera potrebbe essere incrementata attraverso il perfezionamento delle pratiche di coltivazione agricola, al fine di migliorare le caratteristiche del terreno.
La deforestazione, l’erosione e lo sfruttamento dei suoli, sono fenomeni
che causano rilascio di CO2 in atmosfera.
Quindi, pratiche di riforestazione, conservazione, ripristino di suoli
degradati, potenziamento delle coltivazioni portano ad una riduzione del
livello della CO2 in atmosfera.
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Le possibilità di confinamento geologico in Italia
L’estrema eterogeneità della situazione geologica italiana condiziona
fortemente la distribuzione di serbatoi naturali adatti allo stoccaggio della
CO2.
A questa disposizione degli strati geologici si deve aggiungere la presenza
di tettonica e vulcanismi attivi, che possono rappresentare le principali vie
di fuga e di reimmissione nell’atmosfera della CO2 stoccata.
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Queste strutture geologiche, per quanto riguarda principalmente gli
acquiferi salini profondi, ma anche alcuni giacimenti di petrolio e gas
depletati, sono per lo più localizzate sia lungo la fascia adriatica e in Val
padana sia nei bacini del margine tirrenico.
Le formazioni geologiche italiane, potenzialmente idonee per il
confinamento della CO2, sono rappresentate dagli acquiferi salini profondi,
dai campi geotermici e dai giacimenti di petrolio e di gas esauriti.
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ATTIVITA’ DI R&S NEL MONDO
1. In più parti del mondo sono stati avviati progetti pilota che prevedono
l’iniezione sperimentale di CO2 nei giacimenti carboniferi: ciò avviene, ad
esempio, negli Stati Uniti d’America e anche in Polonia, dove si sta svolgendo
uno studio, finanziato dall’Unione Europea. Negli USA è stato calcolato che
esistono circa 6000 miliardi di t di carbone, considerato non estraibile, perché
ubicato a profondità maggiori di circa 1800 m. Essi rappresentano siti
potenziali per lo stoccaggio della CO2 e per il recupero del metano in essi
contenuto.
2. Lo stoccaggio nelle profondità degli oceani è stato sperimentato nel 1998 da
parte di alcuni scienziati del Monterey Bay Aquarium Research Institute
(MBARI) in California.
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3. Nel campo petrolifero di Sleipner West, di proprietà della Statoil,
localizzato nel Mare del Nord, circa a 250 km di distanza dalla costa
della Norvegia, il contenuto in CO2 del gas naturale prodotto deve
essere ridotto dal 9 al 2,5%, al fine di rispettare gli standard
commerciali.
A Sleipner la CO2 recuperata è compressa e iniettata attraverso un
solo pozzo nella formazione di Utsira, un acquifero salino dello
spessore di 250 m localizzato a circa 800 m di profondità sotto il
livello del mare.
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4. Il progetto di stoccaggio geologico della CO2 più imponente al mondo,
concepito per conciliare interessi EOR con interessi climatologici è il
Progetto IEA Weyburn, avviato nel 2000 anche da partnerschip
europea.
Il campo petrolifero di Weyburn è situato in Canada; dopo la sua
scoperta nel 1954 ed il suo esaurimento nel 1964, la compagnia
petrolifera di bandiera ha iniziato nel 2000 la tecnica EOR, iniettando
circa 5000 t di CO2 al giorno negli strati calcareo-marnoso.
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5. Ben poco è stato fatto in Italia sullo stoccaggio geologico della CO2,
ad eccezione di iniziative nel campo della cattura di CO2 reflua
industriale e dell’avvio, all’inizio del 2005, di progetti di fattibilità
con fondi industriali e non ministeriali: progetto ECBM Sulcis-
Promecas e il progetto ENI GHG di stoccaggio di CO2 in campi a gas
depleti della Val Padana.
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CONCLUSIONI
Il ricorso alle tecnologie di cattura e stoccaggio geologico della CO2 è considerato, nel breve-medio periodo, una possibile “fase di transizione”, da attuarsi in attesa che le attività di R&S perfezionino un sistema più sicuro ed economico per ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera.
Esistono tuttavia una serie di impedimenti che ne ostacolano una rapida penetrazione nel mercato energetico e che devono essere rimossi. Essi sono:
TECNOLOGICI: le suddette tecnologie sono state provate su base sperimentale, ma potranno essere diffuse su scala commerciale soltanto se i costi e i rischi saranno contenuti e se si attribuirà alla riduzione delle emissioni un valore di mercato.
AMBIENTALI: gli impatti ambientali sono oggetto di studio e il problema della sicurezza del deposito diviene prioritario, non essendo ancora chiaro come i sistemi geologici e oceanici reagirebbero all’iniezione di CO2 su larga scala.
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ECONOMICI: stime nord americane e nord europee indicano un costo attuale di smaltimento della CO2 pari a 20-40 €/t stoccata, valore non insignificante.
NORMATIVI: andrà definita una normativa specifica sullo smaltimento della CO2nel sottosuolo, mancando regolamenti o leggi sulla materia in oggetto.
SOCIALI: l’informazione del pubblico è una necessità prioritaria, in quanto èimportante che l’accettazione sociale sia basata sulla chiara comprensione di tutti gli aspetti connessi con tali tecnologie, compresi quelli ambientali e della sicurezza.
Pertanto l’attuale mancanza di risposte sperimentali e di certezze tecnico-scientifiche, unitamente agli ostacoli di natura politica e legale sul confinamento geologico della CO2, costituiscono i principali impedimenti allo sviluppo su larga scala delle tecnologie suddette.
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BIBLIOGRAFIA
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