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LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 1
Settimana di formazione civilistica per i magistrati ordinari in tirocinio
nominati con D.M. 18 gennaio 2016
TIROCINIO MIRATO PRIMA SETTIMANA
Giovedì 6 aprile 2017
Diritto di famiglia e vicende transfrontaliere
Umberto GIACOMELLI
tribunale di Belluno
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 2
La giurisdizione nelle controversie familiari transfrontaliere
I parte
La giurisdizione nelle controversie matrimoniali
SOMMARIO: 1. La giurisdizione in materia matrimoniale: disciplina comunitaria e disciplina interna. - 2.1.
Il Regolamento CE n. 2201/2003: ambito di applicazione. - 2.2. Segue: criteri di giurisdizione. - 2.3. Segue: carattere esclusivo dei criteri di giurisdizione. - 2.4. Segue: residenza abituale. - 2.5. Segue: litispendenza e connessione. - 3. L’art. 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218.
II parte
La giurisdizione nelle controversie in materia di obbligazioni di mantenimento
SOMMARIO: 1. Il Regolamento (CE) n. 4/2009. - 2. I criteri generali di giurisdizione. - 3. La nozione di
residenza abituale. - 4. I criteri di competenza giurisdizionale esclusiva, sussidiaria e residuale. - 5. Litispendenza e connessione.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 3
La giurisdizione nelle controversie familiari transfrontaliere
I parte
La giurisdizione nelle controversie matrimoniali
UMBERTO GIACOMELLI
SOMMARIO: 1. La giurisdizione in materia matrimoniale: disciplina comunitaria e disciplina interna. - 2.1.
Il Regolamento CE n. 2201/2003: ambito di applicazione. - 2.2. Segue: criteri di giurisdizione. -
2.3. Segue: carattere esclusivo dei criteri di giurisdizione. - 2.4. Segue: residenza abituale. - 2.5.
Segue: litispendenza e connessione. - 3. L’art. 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218.
1.- La presenza di un elemento di estraneità (quale la residenza all’estero o la
cittadinanza straniera di uno o di entrambi i coniugi) in una controversia matrimoniale
(separazione personale dei coniugi, divorzio o annullamento del matrimonio) (1)
costituisce il presupposto per l’applicazione delle norme sulla giurisdizione, le quali
attribuiscono ai giudici di un determinato Stato la competenza a pronunciare sulla
domanda (2).
Nella materia matrimoniale, alle norme sulla giurisdizione stabilite dal diritto
interno, dettate dalla legge 31 maggio 1995, n. 218, si è sovrapposta la disciplina
comunitaria, introdotta dapprima dal Regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio, del
29 maggio 2000 (c.d. Bruxelles II), (3) e successivamente dal Regolamento (CE) n.
1 Nella nozione di controversie matrimoniali rientrano i procedimenti di separazione personale (art. 150
c.c.), giudiziali (art. 151 c.c.) o consensuali (art. 158 c.c.), le cause di scioglimento e di cessazione degli
effetti civili del matrimonio (artt. 1 e 2 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, con successive modifiche ed
integrazioni) e le azioni di nullità ed annullamento del matrimonio di cui agli artt. 117 ss. c.c.. 2 Le controversie transfrontaliere in materia familiare sono caratterizzate dalla presenza di c.d. coppie
internazionali, che sono definite sinteticamente - nella “Proposta di Regolamento del Consiglio relativo
alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di
regimi patrimoniali tra coniugi”, COM (2011) 126 definitivo, del 16 marzo 2011 - come quei rapporti
matrimoniali in cui i coniugi sono cittadini di Stati membri diversi o vivono in Stati membri di cui non
sono cittadini (§ 1.2).
Nella Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e
Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Eliminare le incertezze legate ai diritti patrimoniali delle
coppie internazionali”, COM (2011) 125 definitivo, del 16 marzo 2011, si segnala che “su un totale
approssimativo di 122 milioni di matrimoni nell’Unione, 16 milioni circa (13%) hanno carattere
transnazionale. Nel 2007, circa 300.000 dei 2,4 milioni di matrimoni celebrati nell’Unione rientravano in
questa categoria; 140.000 dei 1.040.000 divorzi pronunciati nell’UE (13%) riguardavano coppie
internazionali” (§ 1). 3 La materia dello stato e capacità delle persone - esclusa dall’ambito di applicazione della Convenzione
di Bruxelles del 1968 sulla giurisdizione e la circolazione delle decisioni tra gli Stati membri in materia
civile e commerciale (poi trasformata nel Regolamento CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000, c.d.
Bruxelles I) - è stata disciplinata per la prima volta dalla Convenzione di Bruxelles del 20 maggio 1998
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2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003 (c.d. Bruxelles II bis), “relativo alla
competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale
e in materia di responsabilità genitoriale” (4), entrato in vigore il 1° agosto 2004 ed
(c.d. Convenzione di Bruxelles II, in G.U.C.E. 16 luglio 1998, n. C 221, 1/19) in materia di giurisdizione,
riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale (che non è mai entrata in vigore per
mancanza di ratifiche). Nella Relazione alla Convenzione di Bruxelles II della Prof. Alegrìa Borrás (in
G.U.C.E., 16 luglio 1998, n. C 221, 27 ss., e in Riv. dir. int. priv. proc., 1998, 940 ss.) - che può ancora
fungere da supporto interpretativo del Regolamento Bruxelles II bis, dal quale è espressamente richiamata
nella nota 5 al considerando n. 3 - si legge che la Convenzione si fondava su tre finalità principali: “a) la
volontà di introdurre norme uniformi sulla competenza nelle cause matrimoniali; b) la necessità di
introdurre norme moderne di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di annullamento,
divorzio e separazione per tutti gli Stati membri dell’Unione europea, stabilendo a tal fine un
procedimento uniforme; c) l’esigenza di evitare procedimenti paralleli in cause matrimoniali in vari Stati
membri, attraverso norme sulla litispendenza, il che costituisce un’importante novità idonea di per sé a
giustificare la Convenzione e destinata ad impedire decisioni contraddittorie”.
I principi della Convenzione di Bruxelles II sono stati trasfusi nel Regolamento CE n. 1347/2000 del 29
maggio 2000 (c.d. Bruxelles II), in vigore dal 1° marzo 2001, relativo alla competenza, al riconoscimento
e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale ed in materia di potestà dei genitori sui figli di
entrambi i coniugi, che tuttavia riguardava soltanto le controversie relative al vincolo coniugale e quelle
relative alla potestà genitoriale sui figli comuni, sorte in occasione delle prime, con un’ampia serie di
esclusioni.
Su impulso della Francia - che nel luglio 2000 aveva presentato un'iniziativa volta a garantire parità di
condizioni a tutti i figli minori - il 27 novembre 2003 è stato approvato il Regolamento CE n. 2201/2003
del Consiglio (c.d. Bruxelles Il bis), che ha abrogato il Regolamento n. 1347/2000, introducendo nuove
regole comuni in materia di competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia
matrimoniale e di responsabilità genitoriale. 4 Sull’argomento: M. A. LUPOI, in Manuale di diritto processuale europeo, a cura di Taruffo e Varano,
Torino, 2011, 107 ss.; M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201 del 2003 relativo alla competenza, al
riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale,
in Judicium.it. Cfr. inoltre: A.A.V.V., Diritto di famiglia e Unione europea, a cura di Carbone, S.M.
Queirolo, Torino, 2008; A.A.V.V., Persona e famiglia, a cura di De Cesari, in Trattato di diritto privato
dell’Unione europea, diretto da Ajani, Benacchio, Torino, 2008; R. BARATTA, Verso la
comunitarizzazione dei principi fondamentali del diritto di famiglia, in Riv. dir. internaz. priv. proc.,
2005, 573 ss.; B. BAREL - S. ARMELLINI, Manuale breve di diritto internazionale privato, Milano, 2012,
153 ss.; M. C. BARUFFI, Osservazioni sul regolamento Bruxelles II-bis, in La famiglia nel diritto
internazionale privato comunitario, a cura di S. Bariatti, Milano, 2007, 175 ss.; M. C. BARUFFI,
Commento agli artt. 1-2 del Regolamento CE n. 2201/2003, in Commentario breve al diritto di famiglia,
a cura di A. Zaccaria, Padova, 2011, 2971 ss.; G. CAMPEIS – A. DE PAULI, Brevi riflessioni su talune
peculiarità processuali del nuovo Regolamento CE (2201/2003) relativo alla competenza, al
riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità
genitoriale, in Judicium.it; R. CLERICI, Giurisdizione e legge applicabile nelle controversie matrimoniali
con cittadini extracomunitari, in Rivista A.I.A.F., 2009, n. 3, 5 ss.; R. CONTI, Il Regolamento CE
«Bruxelles II» in tema di cause matrimoniali, in Famiglia e diritto, 2002, 653 ss.; ID., Il nuovo
regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in Famiglia e diritto, 2004, 291
ss.; P. DE CESARI, Diritto internazionale privato e processuale comunitario, Torino, 2011, 125 ss.; P.
FRANZINA, La crisi matrimoniale con elementi di estraneità: giurisdizione, legge applicabile ed efficacia
delle decisioni straniere in materia di separazione e divorzio, responsabilità genitoriale e alimenti, in I
processi di separazione di divorzio, a cura di Graziosi, Torino, 2011, p. 435 ss.; U. GIACOMELLI, La
giurisdizione in materia matrimoniale, in Trattato della separazione e divorzio, a cura di Lupoi, S.
Arcangelo, 2015, p. 21 ss.; M. MELLONE, La nozione di residenza abituale e la sua interpretazione nelle
norme di conflitto comunitarie, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2010, 684 ss.; B. NASCIMBENE, Divorzio,
diritto internazionale privato e dell’unione europea, Milano, 2011, 69 ss.; C. RICCI, Commento agli artt.
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applicabile dal 1° marzo 2005 (5), che ha abrogato il Regolamento (CE) n. 1347/2000 e
che sostituisce, nei rapporti tra gli Stati membri, le convenzioni vigenti alla data della
sua entrata in vigore (6), concluse tra due o più Stati membri sulle materie disciplinate
dal Regolamento (7).
Esso si caratterizza sia per il carattere c.d. doppio - riguardando, da un lato, la
disciplina della competenza giurisdizionale e, dall’altro, la circolazione (cioè il
riconoscimento e l’esecuzione) delle decisioni (8) - sia per l’estensione dell’ambito di
applicazione, che ricomprende non solo le controversie matrimoniali (artt. 3-7) ma
anche quelle relative alle responsabilità genitoriale (artt. 8-15).
Nella materia matrimoniale il Regolamento n. 2201/2003 ha introdotto norme
uniformi sulla giurisdizione, ispirate ai principi della certezza e della prevedibilità, che
trovano applicazione in tutti gli Stati membri (ad eccezione della Danimarca) (9) -
3-7 del Regolamento CE n. 2201/2003, in Commentario breve al diritto di famiglia, a cura di A. Zaccaria,
Padova, 2011, 2977 ss.; F. SALERNO, I criteri di giurisdizione comunitari in materia matrimoniale, in Riv.
dir. internaz. priv. proc., 2007, 63 ss. 5 Art. 72. Il Regolamento si applica solo alle azioni proposte, agli atti pubblici formati e agli accordi tra le
parti conclusi posteriormente alla data in cui è entrato in applicazione (art. 64, par. 1). 6 Tra queste (v. art. 60) la Convenzione del Lussemburgo dell’8 settembre 1967, sul riconoscimento delle
decisioni relative al vincolo matrimoniale, e la Convenzione dell’Aja dell’1 giugno 1970, sul
riconoscimento dei divorzi e delle separazioni personali, resa esecutiva con legge 10 giugno 1985 n. 301
ed in vigore dal 20 aprile 1986. 7 Art. 59. Per la prevalenza del Regolamento sulle Convenzioni multilaterali v. artt. 60-63.
8 Mentre le norme sulla giurisdizione dettate dal Regolamento n. 2201/2003 si applicano alle controversie
matrimoniali indipendentemente dal futuro esito del giudizio (accoglimento o rigetto della domanda),
restano invece escluse dall’ambito del riconoscimento le decisioni negative, essendo destinati a circolare
nello spazio europeo i soli provvedimenti favorevoli allo scioglimento o affievolimento del vincolo
coniugale; le statuizioni di rigetto sono perciò riconoscibili soltanto secondo le norme nazionali, e quindi,
in Italia, in forza della legge 31 maggio 1995, n. 218: v. A. BONOMI, Il Regolamento comunitario sulla
competenza e sul riconoscimento in materia matrimoniale e di potestà dei genitori, in Riv. dir. internaz.,
2001, 338; G. CAMPEIS – A. DE PAULI, Brevi riflessioni, cit., § 1. 9 Il Regolamento n. 2201/2003 si applica in tutti gli Stati membri dell’Unione europea (compresi Regno
Unito ed Irlanda, che hanno esercitato il diritto di opting in), ad eccezione della Danimarca, che si è
invece avvalsa del diritto di opting out (art. 2, n. 3).
Diversamente dal Regolamento n. 44/2001 (sostituito, a decorrere dal 10 gennaio 2015, dal Regolamento
UE n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, c.d. Bruxelles I bis), le
cui norme sulla giurisdizione, in alcuni casi, operano anche sulla ripartizione interna della competenza
territoriale, individuando il singolo giudice competente a decidere sulla controversia - come, ad es., l’art.
5, par. 1, lett. b), che stabilisce la competenza del giudice del luogo, situato in uno Stato membro, dove i
beni sono stati consegnati (o i servizi prestati), escludendo la competenza di qualsiasi altro giudice
diverso da quello del luogo indicato dalla norma, o l’art. 22, n. 1, che prevede il foro esclusivo per le
cause immobiliari - si ritiene invece che i criteri di giurisdizione stabiliti dal Regolamento n. 2201/2003
facciano riferimento ad un legame oggettivo con uno Stato membro considerato nel suo complesso, e
quindi non possano essere utilizzati, oltre che per individuare lo Stato cui è attribuita la competenza
giurisdizionale, anche per l’individuazione in via diretta della competenza territoriale all’interno di quel
medesimo Stato: v. M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201, cit., § 4; cfr. P. DE CESARI, Diritto
internazionale privato e processuale comunitario, cit., 145; R. CONTI, Il Regolamento CE «Bruxelles II»,
cit., 658; FRANZINA, La crisi matrimoniale con elementi di estraneità, cit., p. 446.
Per l’unica eccezione, costituita dall’art. 4 in tema di domanda riconvenzionale, v. B. BAREL - S.
ARMELLINI, Manuale breve di diritto internazionale privato, cit., 157.
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operando la ripartizione della giurisdizione nei rispettivi ambiti territoriali e la
conseguente predeterminazione del giudice naturale tra i Paesi membri (10
) - con
l’obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia
in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone, nella misura necessaria al
corretto funzionamento del mercato interno (11
), garantendo la possibilità di ottenere con
maggiore facilità lo scioglimento del vincolo matrimoniale.
Il presupposto implicito dell’operatività del Regolamento è costituito dalla c.d.
europeità (o internazionalità) della fattispecie, che sussiste quando gli elementi
significativi (cittadinanza e residenza dei coniugi) non sono tutti riconducibili
all’ordinamento di un medesimo Stato membro dell’Unione (12
); peraltro, l’elemento di
estraneità può riguardare indifferentemente un altro Paese membro oppure uno Stato
terzo (ad es. cittadinanza non comunitaria o residenza di uno dei coniugi in un Paese
extraeuropeo).
All’interno dell’Europa i conflitti di giurisdizione trovano dunque una soluzione
condivisa, mentre è diversa la situazione nei rapporti con Paesi che si trovano al di fuori
dell’Unione, dove può accadere che più ordinamenti ritengano di loro esclusiva
competenza una medesima controversia.
2.1.- Per delineare l’ambito oggettivo delle controversie matrimoniali, indicate
dall’art. 1 lett. a) del Regolamento (separazione, divorzio e annullamento del
matrimonio), si deve premettere che, in via di principio, il Regolamento n. 2201/2003
“dovrebbe applicarsi solo allo scioglimento del vincolo matrimoniale e non dovrebbe
riguardare questioni quali le cause di divorzio (the grounds for divorce), gli effetti del
matrimonio sui rapporti patrimoniali o altri provvedimenti accessori ed eventuali” (13
).
Il Regolamento ha quindi carattere settoriale, dettando le norme sulla giurisdizione
con esclusivo riferimento a specifiche tipologie di domande (separazione, divorzio e
annullamento del matrimonio) e non ad altre, seppur proposte tra le medesime parti,
10 In base all’art. 2, n. 1, per autorità giurisdizionale si intendono tutte le autorità degli Stati membri
competenti per le materie rientranti nel campo di applicazione del Regolamento a norma dell’art. 1,
mentre il termine giudice designa il giudice o il titolare di competenze equivalenti a quelle del giudice
nelle materie che rientrano nel campo di applicazione del Regolamento. 11
Così il considerando n. 1 del Regolamento n. 2201/2003. 12
G. CAMPEIS - A. DE PAULI, Brevi riflessioni, cit., § 3, precisano che l’europeità viene esclusa allorché la
fattispecie si esaurisca tutta nell’ambito interno, ovvero gli elementi esterni non assurgano a criteri di
collegamento: ne deriva, ad esempio, l’inapplicabilità del Regolamento nel giudizio italiano di
separazione personale tra coniugi entrambi cittadini e residenti in Italia.
M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201, cit., § 2, pur riconoscendo che “i procedimenti cui si applica la
normativa qui in esame presuppongono la presenza di un elemento di estraneità”, osserva che “nessuna
norma, peraltro, limita l’operatività del regolamento al contenzioso transfrontaliero”: “in particolare, la
disciplina relativa al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni si applica a prescindere dalla natura
transnazionale dei casi ivi decisi, purché sussista l’interesse attuale di una parte a fare riconoscere o ad
eseguire la decisione in un altro Stato membro”. 13
Così il considerando n. 8 del Regolamento n. 2201/2003.
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anche se strettamente connesse alle prime (14
). Ne deriva una frammentazione dei
diversi criteri di giurisdizione astrattamente operanti nell’ambito della medesima
controversia in cui siano state formulate più domande, peraltro attenuata dal principio di
c.d. concentrazione, che riconduce le domande accessorie alla competenza del giudice
chiamato a decidere sulle azioni di stato (15
).
Ai fini dell’applicazione del Regolamento, la nozione di controversie matrimoniali
va infatti intesa in senso stretto, con riferimento alle sole azioni di stato relative al
vincolo coniugale, senza possibilità di estensione ad ulteriori questioni, come quelle in
tema di responsabilità genitoriale - che sono disciplinate da altre disposizioni dello
stesso Regolamento n. 2201/2003 (16
) - e quelle relative agli effetti dello scioglimento
del matrimonio sui rapporti patrimoniali tra i coniugi (17
) e nei confronti dei figli (come
gli obblighi di mantenimento e l’assegnazione dell’abitazione familiare), che restano
sottoposte ad autonomi criteri di giurisdizione (18
).
14 Per ulteriori limitazioni nell’ambito di applicazione del Regolamento n. 2201/2003, v. il considerando
n. 9 (misure relative ai beni del minore), considerando n. 10 e art. 1, par. 3 (filiazione, adozione, nomi e
cognomi del minore, emancipazione), considerando n. 11 e art. 1, par. 3 (obbligazioni alimentari, trust,
successioni, provvedimenti derivanti da illeciti penali commessi da minori). 15
Cfr. art. 12 del Regolamento n. 2201/2003 e art. 3 lett. c) e d) del Regolamento n. 4/2009, sui quali
infra, in nota. 16
Con riferimento alla responsabilità genitoriale (nell’ampia accezione di cui all’art. 1, par. 2, del
Regolamento n. 2201/2003) e, in particolare, alle domande relative all'affidamento dei figli minori ed
all'esercizio del diritto di visita, la giurisdizione è attribuita, dall'art. 8 del Regolamento, all'autorità dello
Stato membro nel cui territorio “il minore risiede abitualmente” (v. infra, Sez. II). E’ comunque prevista
una “proroga della competenza” giurisdizionale (art. 12, par. 1) per connessione con le domande di
separazione, divorzio o annullamento, la cui applicazione presuppone sia l'esercizio della responsabilità
genitoriale sul figlio, da parte di almeno uno dei coniugi (lett. a), sia l'accettazione espressa (o manifestata
in modo univoco) della giurisdizione, da parte dei coniugi e dei titolari della responsabilità genitoriale,
alla data in cui le autorità giurisdizionali sono adite (lett. b).
Sul punto, v. Cass. sez. un., ord. 30 dicembre 2011, n. 30646, in Riv. dir. int. priv. proc., 2013, p. 126, la
quale ha affermato che “La giurisdizione sulle domande relative all'affidamento dei figli ed al loro
mantenimento, ove pure proposte congiuntamente a quella di separazione giudiziale, appartiene al giudice
del luogo in cui il minore risiede abitualmente, a norma dell'art. 8 del Regolamento (CE) n. 2201/2003 del
Consiglio del 27 novembre 2003. Tale criterio, informato all'interesse superiore del minore e,
segnatamente, al criterio della vicinanza, riveste una tale pregnanza, da condurre ad escludere che il
consenso del genitore alla proroga della giurisdizione quanto alle domande concernenti i minori - pur
ammessa dall'art. 12 del citato regolamento, in presenza del consenso di entrambi i coniugi - sia
ravvisabile dalla mancata contestazione della giurisdizione da parte di un coniuge con riguardo alla
domanda di separazione”. Cfr. Trib. Arezzo, ord. 15 marzo 2011, in Riv. dir. int. priv. proc., 2012, p. 161. 17
Cfr. la “Proposta di Regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile, al
riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi”, COM
(2011) 126 definitivo, del 16 marzo 2011. 18
Sulle domande relative agli obblighi di mantenimento in favore del coniuge e dei figli (v. infra, Sez.
III), il Regolamento n. 2201/2003 dispone che “Le obbligazioni alimentari sono escluse dal campo di
applicazione del presente regolamento in quanto sono già disciplinate dal Regolamento (CE) n. 44/2001. I
giudici competenti ai sensi del presente regolamento saranno in genere competenti a statuire in materia di
obbligazioni alimentari in applicazione dell'articolo 5, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. 44/2001”
(considerando n. 11; cfr. art. 1, par. 3, lett. e, del Regolamento n. 2201/2003).
Attualmente la materia delle obbligazioni alimentari è disciplinata dal Regolamento (CE) n. 4/2009 del
Consiglio del 18 dicembre 2008, “relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e
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Umberto Giacomelli 8
Sebbene la dottrina ritenga che le questioni relative alla colpa o responsabilità (le
cause) della crisi coniugale siano escluse dall'ambito di applicazione del Regolamento
(19
), si osserva come la richiesta di addebito della separazione - pur costituendo una
domanda autonoma e soltanto eventuale (20
) - risulti, nel nostro sistema,
inscindibilmente connessa alla domanda principale di separazione personale, tanto da
non poter essere proposta in un diverso giudizio (21
). Pertanto, nell’ordinamento
processuale vigente, la domanda di addebito non sembra assoggettabile a norme sulla
giurisdizione diverse da quelle previste per la domanda di separazione personale e,
quindi, anche alle norme del Regolamento n. 2201/2003, nelle fattispecie cui esso sia
applicabile (22
).
Le norme dettate dal Regolamento in materia di controversie matrimoniali si
applicano non soltanto ai procedimenti contenziosi ma anche a quelli fondati su accordi
tra i coniugi (separazione consensuale e divorzio su ricorso congiunto), mentre non si
estendono ai procedimenti di modifica delle condizioni precedentemente stabilite dal
all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari” - applicabile a
decorrere dal 18 giugno 2011 ai procedimenti avviati successivamente a tale data, a seguito della ratifica
da parte dell’Unione Europea, avvenuta in data 8 aprile 2010, del Protocollo dell’Aja del 23 novembre
2007, di cui è stata disposta l’applicazione in via provvisoria (cfr. artt. 75 e 76) - il cui art. 3, lett. c),
individua uno speciale titolo di connessione con le cause matrimoniali, attribuendo la giurisdizione in
materia di obbligazioni alimentari, negli Stati membri, all’autorità “competente secondo la legge del foro
a conoscere di un’azione relativa allo stato delle persone qualora la domanda relativa a un’obbligazione
alimentare sia accessoria a detta azione, salvo che tale competenza sia fondata unicamente sulla
cittadinanza di una delle parti”.
La nozione di obbligazioni alimentari va intesa nell’autonoma accezione propria del diritto comunitario -
caratterizzata dalla prevalenza dello scopo di sostentamento (v. Corte giust., sez. V, 27 febbraio 1997, n.
220, nel procedimento C-220/95, van den Boogaard v. Laumen, pt. 22, in Riv. dir. internaz. priv. proc.,
1997, p. 783) - interpretata in senso ampio, e quindi comprensiva dei diversi istituti delle obbligazioni di
mantenimento e di quelle di alimenti previste dall'ordinamento italiano (cfr. Cass. sez. un., 1 ottobre
2009, n. 21053, in Fam. e dir., 2010, 821, con nota di G. GRASSO, e in Riv. dir. int. priv. proc., 2010,
462), ora estesa “a tutte le obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di
matrimonio o di affinità” (cfr. considerando n. 11 del Regolamento CE del Consiglio n. 4/2009).
La domanda relativa all’assegnazione dell’abitazione familiare resta invece sottoposta - nell’assenza, sul
punto, di specifiche norme comunitarie sulla giurisdizione - ai criteri fissati dalla legge nazionale, aventi
carattere residuale ed individuati, nella specie, dall’art. 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218, il cui
rinvio all’art. 3, 1° comma, della stessa legge, conduce all’applicazione del criterio della residenza del
convenuto, eventualmente identificabile con il luogo dell’abitazione coniugale (v. Cass., 24 aprile 2001,
n. 6012; Cass., 29 settembre 2004, n. 19595; Cass., 28 giugno 2006, n. 15017; Cass., 4 agosto 2011, n.
16957). 19
R. CLERICI, Giurisdizione e legge applicabile, cit., 9. 20
Cfr. Cass., 8 febbraio 2006, n. 2818; Cass., 7 dicembre 2007, n. 25618; Cass. 30 marzo 2012, n. 5173. 21
Si vedano Cass., 30 luglio 1999, n. 8272, Cass., 29 marzo 2005, n. 6625 e Cass., 20 marzo 2008, n.
7450, in ordine all’inammissibilità del c.d. mutamento del titolo della separazione, sul rilievo che la
dichiarazione di addebito può essere richiesta e adottata solo nell'ambito del giudizio di separazione. 22
Così Trib. Belluno, sent. 30 dicembre 2011, in Foro. it., 2012, I, 939, e in Riv. dir. internaz. priv. proc.,
2012, 452. Per l’applicazione dell’art. 5 n. 3 del Regolamento n. 44/2001, con riferimento al luogo in cui
si sono verificate le conseguenze dannose della condotta illecita del coniuge, cfr. Trib. Tivoli, sent. 6
aprile 2011, in Riv. dir. int. priv. proc., 2011, 1097.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 9
giudice o concordate dalle parti in sede di separazione o di divorzio (23
).
Infine, sono escluse dall’ambito di applicazione del Regolamento n. 2201/2003 le
decisioni in materia di unioni non rientranti nella nozione di matrimonio (la cui
definizione è rimessa alla lex fori) (24
).
2.2.- Diversamente dal Regolamento n. 1215/2012 - che (come già il Regolamento
n. 44/2001) prevede il foro generale del domicilio del convenuto - il sistema introdotto
dal Regolamento n. 2201/2003 individua una serie di criteri di giurisdizione alternativi e
concorrenti tra loro, senza alcuna gerarchia, rendendo possibile la coesistenza di più fori
ugualmente competenti in posizione pari ordinata (25
).
In particolare, a norma dell’art. 3 (richiamato anche nei successivi artt. 4 e 5) sono
competenti a decidere sulle controversie matrimoniali le autorità giurisdizionali dello
Stato membro:
a) nel cui territorio si trova:
- la residenza abituale dei coniugi, o
- l'ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, o
- la residenza abituale del convenuto, o
- in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o
- la residenza abituale dell'attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno
immediatamente prima della domanda, o
- la residenza abituale dell'attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi
immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso o, nel
caso del Regno Unito e dell'Irlanda, ha ivi il proprio domicile (26
);
23 Tali procedimenti di modifica, infatti, non hanno ad oggetto le statuizioni sullo status personale (le sole
cui si riferiscono gli artt. 3-7 del Regolamento n. 2201/2003), bensì le questioni relative alla
responsabilità genitoriale o ai rapporti patrimoniali. Sul punto, v. R. CONTI, Il Regolamento CE
«Bruxelles II», cit., 656, nota 22, con riferimento al Regolamento n. 1347/2000; M. A. LUPOI, Il
regolamento n. 2201, cit., § 2, precisa che il Regolamento n. 2201/2003 “non riguarda i procedimenti
volti a modificare le condizioni di una separazione o di un divorzio, che restano integralmente soggetti
alla lex fori”. 24
Cfr. la Proposta di Regolamento del Consiglio, COM(2011) 127 definitivo, del 16 marzo 2011, relativa
alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento ed all’esecuzione delle decisioni in materia di
effetti patrimoniali delle unioni registrate. 25
Sul punto v. Corte giust., 16 luglio 2009, c. C-168/08, Hadadi c. Mesko in Hadadi, in Riv. dir. internaz.
priv. proc., 2010, 176: “l’art. 3, n. 1, lett. a) e b), del regolamento n. 2201/2003 prevede diversi criteri di
attribuzione della competenza giurisdizionale, tra i quali non è stabilita alcuna gerarchia. Tutti i criteri
oggettivi enunciati in detto art. 3, n. 1, sono alternativi. Tenuto conto dell'obiettivo di tale regolamento,
diretto a garantire la certezza del diritto, l’art. 6 di quest’ultimo dispone, in sostanza, che le competenze
definite agli artt. 3-5 del regolamento medesimo hanno carattere esclusivo. Ne consegue che il sistema di
ripartizione delle competenze introdotto dal regolamento n. 2201/2003 in materia di scioglimento del
vincolo matrimoniale non mira ad escludere competenze giurisdizionali multiple. È invece prevista
espressamente la coesistenza di più giudici competenti di pari rango” (v. punti 48-50).
M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201, cit., § 4, osserva che il Regolamento, nel prevedere la coesistenza di
più fori alternativi, lascia “un certo margine al forum shopping, tollerato nella misura in cui, alla base di
ogni criterio utilizzato, vi è uno stretto collegamento tra parti, giudice e controversia”. 26
Il paragrafo 2 dell’art. 3 precisa che “Ai fini del presente regolamento la nozione di domicile cui è fatto
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Umberto Giacomelli 10
b) di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e dell'Irlanda, del
domicile di entrambi i coniugi.
Dall’autonomia dei criteri di giurisdizione fondati sulla residenza abituale (lett. a),
rispetto a quello fondato sulla cittadinanza comune dei coniugi (lett. b), consegue che la
residenza (di uno o di entrambi i coniugi) in uno Stato membro costituisce titolo
sufficiente a radicare la giurisdizione in forza del Regolamento n. 2201/2003,
indipendentemente dalla cittadinanza delle parti.
I criteri dettati dall’art. 3 lett. a) del Regolamento n. 2201/2003 trovano quindi
applicazione in tutti i casi in cui i coniugi (o almeno uno di essi) risiedano abitualmente
nel territorio dell’Unione, a prescindere dalla cittadinanza europea: la Corte di Giustizia
ha chiarito che il Regolamento n. 2201/2003 “si applica anche ai cittadini di Stati terzi
che hanno vincoli sufficientemente forti con il territorio di uno degli Stati membri in
conformità dei criteri di competenza previsti dal detto regolamento” (27
).
Ne consegue che anche i cittadini di Stati terzi, se residenti in uno Stato membro,
debbono avvalersi dei criteri di giurisdizione previsti dal Regolamento,
indipendentemente dalle norme sulla giurisdizione stabilite dalla lex fori, le quali
restano applicabili soltanto in via residuale (v. art. 7 del Regolamento) quando nessun
giudice di uno Stato membro sia competente a norma degli artt. 3, 4 e 5 (28
).
riferimento è quella utilizzata negli ordinamenti giuridici del Regno Unito e dell'Irlanda”.
La nozione anglosassone di domicile è molto diversa da quelle italiane di residenza e domicilio, essendo
definita come il luogo dove una persona ha la sua permanent home e nel quale ha l’intenzione di ritornare,
riferito non ad uno specifico luogo nell’ambito di uno Stato, quanto ad un Paese nel suo insieme, inteso
come un determinato ordinamento giuridico cui una persona è soggetta: v. P. DE CESARI, Diritto
internazionale privato e processuale comunitario, cit., 143. 27
Corte giust., 29 novembre 2007 n. 68, c. C-68/07, Sundelind Lopez c. Lopez Lizazo, in Riv. dir.
internaz. priv. proc., 2008, 570, la quale ha fondato la decisione sull’ottavo considerando del
Regolamento n. 1347/2000, il cui testo non è stato espressamente riprodotto nelle premesse del
Regolamento n. 2201/2003 (v. punto 26: “come risulta dal quarto e ottavo 'considerando' del regolamento
n. 1347/2000, le cui disposizioni riguardanti la competenza a statuire sulle questioni in materia di divorzio
sono state in sostanza riprese nel regolamento n. 2201/2003, quest'ultimo è diretto ad istituire norme
uniformi di conflitto in materia di divorzio per assicurare una libera circolazione delle persone quanto più
ampia possibile. Di conseguenza, il regolamento n. 2201/2003 si applica anche ai cittadini di Stati terzi
che hanno vincoli sufficientemente forti con il territorio di uno degli Stati membri in conformità dei
criteri di competenza previsti dal detto regolamento, criteri che, secondo il dodicesimo 'considerando' del
regolamento n. 1347/2000, si fondano sul principio che deve esistere un reale nesso di collegamento tra
l'interessato e lo Stato membro che esercita la competenza”). 28
In questo senso, Trib. Belluno, sent. 6 marzo 2009, in Giur. merito, 2010, 663, con nota di M.
D’AURIA; in Famiglia e diritto, 2010, 179, con nota di A. FELETTO, e in Riv. dir. internaz. priv. proc.,
2011, 140, riguardante una coppia di cittadini indiani, residenti abitualmente in Italia, che hanno chiesto
consensualmente al giudice italiano, adito quale foro della residenza comune, la pronuncia di divorzio
senza previa separazione, per mutual consent, sulla base dell’Hindu Marriage Act del 1955 (v. C. RICCI,
La legge applicabile al divorzio tra cittadini di stati plurilegislativi: prassi italiana e nuove norme
europee, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2011, 71 ss.).
Cfr., inoltre, Trib. Belluno, sent. 23 dicembre 2009, in Giur. it., 2010, 1889, e in Riv. dir. int. priv. proc.,
2011, 727, sull’applicazione delle norme del Regolamento n. 2201/2003 in una fattispecie di
litispendenza internazionale, nel caso in cui l’attore, residente in Italia, è cittadino statunitense e la
convenuta cittadina tedesca; Trib. Belluno, sent. 5 novembre 2010, in Foro. it., 2011, I, 917, con nota di
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 11
Nella materia matrimoniale il Regolamento n. 2201/2003, introducendo il criterio
generale della residenza abituale con riferimento al forum actoris, in alternativa al
principio del forum rei (29
), attrae nella giurisdizione dei Paesi dell’Unione europea le
controversie in cui l’attore non sia cittadino comunitario - purché abitualmente
residente in uno Stato membro (nel luogo dell'ultima residenza dei coniugi, o quando vi
risieda da almeno un anno al momento della proposizione della domanda) (30
) - anche
se il convenuto sia privo della cittadinanza europea e non risieda nel territorio
dell’Unione (31
). Le norme sulla giurisdizione poste dal Regolamento n. 2201/2003
hanno dunque un ambito di applicazione ratione personae tendenzialmente universale,
che si estende ai cittadini non comunitari e, nei casi di forum actoris, anche ai convenuti
residenti in Paesi terzi.
In sostanza, per radicare la giurisdizione nelle cause matrimoniali è sufficiente la sola
residenza abituale di uno dei coniugi (attore o convenuto) in uno Stato membro, anche
laddove l’altro coniuge non abbia mai risieduto in un Paese europeo e sebbene nessuno
dei coniugi sia cittadino comunitario (32
).
G. DE MARZO, in Fam. minori, 2011, fasc. 1, 45, con nota di A. LEANDRO, e in Riv. dir. int. priv. proc.,
2011, 756, in una causa di separazione tra cittadini ucraini residenti in Italia; Trib. Tivoli, sent. 6 aprile
2011, in Riv. dir. int. priv. proc., 2011, 1097, in una causa di separazione giudiziale proposta da un
cittadino italiano, residente in Italia nei sei mesi antecedenti all’azione, nei confronti di una cittadina
tedesca residente in Germania. 29
Pertanto, diversamente dal sistema introdotto dal Regolamento n. 44/2001, i criteri di collegamento
previsti dal Regolamento n. 2201/2003 non si applicano solo ai convenuti fisicamente presenti in uno
Stato membro, ma anche - quando viene in considerazione il forum actoris - ai convenuti residenti
negli Stati terzi.
A questo proposito M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201, cit., § 4, osserva che l’eventuale forum actoris -
il quale si giustifica alla luce della stretta connessione tra le corti locali e la vita matrimoniale delle parti -
“attribuisce al coniuge che sia rimasto nella casa coniugale un vantaggio giurisdizionale, rispetto a quello
che si sia trasferito altrove, il quale, per un periodo di sei - dodici mesi, potrà agire esclusivamente nel
foro dell’ultima residenza comune (e, dunque, nel foro del convenuto)”, mentre il termine dilatorio
“impedisce al coniuge che abbia lasciato l’abitazione coniugale di agire immediatamente nello Stato in
cui si sia trasferito”. 30
Ai fini dell’applicazione del criterio dell'ultima residenza abituale comune, il coniuge che mantiene la
residenza nello Stato membro può essere indifferentemente l’attore o il convenuto. 31
La Corte di Giustizia, nella sentenza 29 novembre 2007, c. C-68/07, Sundelind Lopez c. Lopez Lizazo,
in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2008, 570, ha ritenuto applicabile la disciplina della giurisdizione dettata
dal Regolamento n. 2201/2003 nei confronti di un cittadino cubano, tornato a risiedere nel paese
d’origine, convenuto in giudizio dalla moglie svedese, con la quale egli aveva risieduto abitualmente in
Francia (Stato in cui la moglie ancora risiedeva), interpretando l’art. 7 nel senso che l’applicazione della
legge nazionale è ammessa solo qualora non operi alcuno dei criteri di giurisdizione stabiliti dagli artt. 3,
4 e 5, anche se il coniuge convenuto si trovi a risiedere, nel momento della proposizione della domanda,
in uno Stato terzo. I criteri stabiliti dal Regolamento sono quindi applicabili anche nei confronti di
convenuti privi di residenza abituale in uno Stato membro all’epoca della proposizione della domanda,
quando i coniugi abbiano avuto la loro ultima residenza abituale in uno Stato membro e uno di essi vi
risieda ancora (o quando l’attore sia abitualmente residente in uno Stato membro da almeno sei mesi o un
anno, a seconda della sua nazionalità). In materia di obbligazioni alimentari v. il considerando n. 15 del
regolamento n. 4/2009: “La circostanza che un convenuto abbia la residenza abituale in uno Stato terzo
non dovrebbe escludere l’applicazione delle norme comunitarie in materia di competenza”. 32
L’assenza di trascrizione del matrimonio, celebrato all'estero, nei registri dello stato civile italiani, non
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Umberto Giacomelli 12
Al coniuge che non si sia trasferito all’estero è riconosciuto un privilegio
giurisdizionale, potendo agire e dovendo essere convenuto nel proprio foro di residenza;
soltanto dopo un anno (o sei mesi), anche l’altro coniuge, che abbia spostato la propria
residenza in un altro Stato membro, può rivolgersi al giudice di tale Stato. A questo
proposito, l’art. 3 lett. a) prevede un trattamento più favorevole per l’attore che sia
cittadino dello Stato membro in cui risiede, essendo sufficiente, in tal caso, che egli vi
abbia stabilito la residenza abituale da sei mesi, immediatamente prima della domanda,
anziché da almeno un anno, come è invece richiesto in via generale (33
).
Accanto al criterio della residenza abituale, la lettera b) dell’art. 3 del Regolamento
pone quello, alternativo, della cittadinanza comune delle parti dello Stato del foro,
riconoscendo un altro titolo di giurisdizione universale - svincolato da ogni
collegamento con il territorio dell’Unione Europea - in favore dello Stato membro di
cui entrambi i coniugi sono cittadini (34
).
L’applicazione di tale criterio prescinde dalla residenza abituale dei coniugi in uno
Stato membro: la cittadinanza opera come criterio di giurisdizione anche in favore dei
residenti in Paesi terzi, garantendo a tutti i cittadini dell’Unione europea la possibilità di
rivolgersi al giudice dello Stato membro del quale hanno la cittadinanza comune,
mentre la cittadinanza di un solo coniuge non è sufficiente a radicare la giurisdizione in
uno Stato membro (se non sia associata ad un altro criterio di collegamento, quale la
residenza abituale dell’attore protratta almeno per sei mesi immediatamente prima della
domanda, a norma dell’art. 3 lett. a) (35
).
I criteri di giurisdizione elencati dall’art. 3 sono integrati dalle disposizioni di cui agli
artt. 4 e 5, in materia di domanda riconvenzionale e di conversione della separazione
personale in divorzio.
A norma dell’art. 4, l’autorità giurisdizionale competente sulla domanda principale,
proposta ai sensi dell’art. 3, è competente anche ad esaminare le eventuali domande
riconvenzionali che rientrino nel campo di applicazione del Regolamento (come la
è di ostacolo alla pronuncia di scioglimento del vincolo matrimoniale, dato che “non vale ad escludere la
giurisdizione del giudice italiano, in caso di domanda di divorzio tra cittadini stranieri, la circostanza che
l’eventuale sentenza sarebbe improduttiva di effetti nel territorio della Repubblica, poiché insuscettibile di
annotazione nei registri dello stato civile nei quali il matrimonio non è mai stato trascritto” (v. Cass. sez.
un., 28 ottobre 1985, n. 5292, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 1987, 92). 33
E’ stato osservato che il recupero del criterio della cittadinanza (in riferimento all’art. 6 lett. b, e ad
alcune delle ipotesi previste dall’art. 3) sembra porsi in contrasto con il divieto di discriminazioni sulla
base della nazionalità: v. A. BONOMI, Il Regolamento comunitario, cit., 316. 34
La definizione di cittadinanza rientra nella competenza esclusiva di ciascuno Stato membro; il giudice
adìto deve quindi applicare la lex fori per determinare se entrambi i coniugi debbano essere considerati
cittadini del proprio Stato. La Corte di giustizia, nella sentenza 16 luglio 2009, c. C-168/08, Hadadi c.
Mesko in Hadadi, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2010, 176, ha stabilito che, nel caso di coniugi con
doppia cittadinanza comune (nella specie, francese ed ungherese), sussiste la giurisdizione alternativa di
entrambi gli Stati interessati, senza che una delle due nazionalità prevalga sull’altra. 35
Il criterio della cittadinanza di un solo coniuge è invece sufficiente per l’attribuzione dell’optio legis
prevista dall’art. 5, lett. c), del Regolamento n. 1259/2010.
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Umberto Giacomelli 13
domanda di divorzio rispetto alla domanda di separazione) (36
). Di conseguenza,
l’estensione della giurisdizione non opera se la domanda riconvenzionale esorbita dai
limiti oggettivi del Regolamento (ed es., la richiesta di assegno di mantenimento o di
attribuzione dell’abitazione coniugale).
L’art. 5 prevede, infine, che “l’autorità giurisdizionale dello Stato membro che ha
reso la decisione sulla separazione personale è altresì competente a convertirla in una
decisione di divorzio, qualora ciò sia previsto dalla legislazione di detto Stato”, in tal
modo operando l’estensione della competenza del giudice dello Stato in cui è stata
pronunciata la separazione anche alla conversione nella decisione di divorzio (tale
disposizione non è dunque applicabile in Italia, in cui la domanda di divorzio introduce
una nuova ed autonoma causa e non costituisce una mera conseguenza della pronuncia
di separazione, della quale non rappresenta l’evoluzione necessaria o la “conversione”)
(37
).
2.3.- I criteri di giurisdizione contemplati dal Regolamento n. 2201/2003 hanno
carattere “esclusivo” rispetto a quelli previsti dalle norme nazionali, nel senso che le
norme interne stabilite dagli ordinamenti degli Stati membri operano nella sola ipotesi
in cui non ricorrano, in concreto, i presupposti di applicazione di alcuno dei criteri
indicati dal Regolamento.
Infatti, a norma dell’art. 6 del Regolamento, il coniuge che “risiede abitualmente nel
territorio di uno Stato membro” o che “ha la cittadinanza di uno Stato membro”
dell’Unione Europea “può essere convenuto in giudizio davanti alle autorità
giurisdizionali di un altro Stato membro soltanto in forza degli articoli 3, 4 e 5” del
Regolamento (38
): in tal modo viene espressamente stabilito il “carattere esclusivo della
36 Si ritiene che l’art. 4 costituisca l’unico caso in cui il Regolamento n. 2201/2003 prevede
un’attribuzione diretta della competenza territoriale all’interno dello Stato membro in cui è stata proposta
la domanda principale (v. B. BAREL - S. ARMELLINI, Manuale breve di diritto internazionale privato, cit.
157). 37
P. DE CESARI, Diritto internazionale privato e processuale comunitario, cit., 141, osserva che il
momento determinante per l’esistenza dei presupposti della competenza è dato dalla presentazione della
domanda - in via analogica rispetto a quanto previsto con riferimento alla disciplina della litispendenza
- per cui la priorità degli art. 3, 4 e 5 del Regolamento rispetto al diritto nazionale degli Stati dell’Unione
permane anche se i relativi presupposti vengono a mancare nel corso del procedimento. 38
Secondo G. CAMPEIS - A. DE PAULI, Brevi riflessioni, cit., § 2 e 3, dalla lettura congiunta degli artt. 3 e
6 “deve trarsi un duplice criterio generale fondante la giurisdizione dei giudici dello Stato membro di
residenza abituale (domicile nel caso di Regno Unito e dell’Irlanda) o di quelli di cui il convenuto è
comunque cittadino, giudici da cui questi può essere distolto esclusivamente nelle (peraltro numerose)
ipotesi previste dai precedenti artt. 3, 4 e 5”, con l’effetto di estendere la giurisdizione anche alle autorità
di un altro Stato membro.
L’opinione prevalente nega invece all’art. 6 la funzione di individuare il foro generale del convenuto
(nello Stato membro in cui questi ha la residenza abituale o di cui ha la cittadinanza); in effetti, la
residenza abituale del convenuto è uno dei criteri alternativi di giurisdizione tra quelli elencati nell’art. 3
lett. a) del Regolamento, mentre la cittadinanza del solo convenuto non è sufficiente a radicare la
giurisdizione di uno Stato membro, essendo richiesta, a norma dell’art. 3 lett. b), la cittadinanza comune
di entrambi i coniugi.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 14
competenza giurisdizionale” attribuita dagli artt. 3, 4 e 5 alle autorità di uno Stato
membro (39
).
Ad una prima lettura, l’art. 6 sembra utilizzare la residenza abituale, e
alternativamente la cittadinanza, per delimitare ratione personae l’ambito di operatività
del Regolamento n. 2201/2003, prevedendo l’applicazione esclusiva dei criteri di
giurisdizione comunitari solo quando il convenuto risieda abitualmente nel territorio
dell’Unione europea o sia cittadino di uno Stato membro (40
).
Le incertezze interpretative derivanti dalla formulazione di tale disposizione (41
) sono
state superate dalla Corte di Giustizia (42
), la quale ha precisato che l’art. 6 del
Regolamento n. 2201/2003 deve essere letto in funzione dell’art. 7, nel senso che, anche
qualora un convenuto non abbia la residenza abituale in uno Stato membro e non sia
39 La dizione “carattere esclusivo della competenza giurisdizionale di cui agli articoli 3, 4 e 5” (così la
rubrica dell’art. 6) ha un significato del tutto diverso dalle competenze “esclusive” previste dall’art. 22 del
Regolamento n. 44/2001: mentre il sistema del Regolamento Bruxelles I è fondato su un rigido schema
gerarchico che, nel rifiutare il criterio della cittadinanza, riduce al minimo i casi di forum actoris e
prevede un foro generale (domicilio del convenuto) sempre applicabile - tranne nei casi delle
competenze esclusive (art. 22), oltre ad una serie di titoli giurisdizionali speciali che possono
eccezionalmente derogare a quello generale - nel Regolamento n. 2201/2003 il carattere “esclusivo” è
riconosciuto a tutti i fori generali alternativi, previsti dagli artt. 3-5, e comporta la loro prevalenza rispetto
ai criteri di giurisdizione previsti dagli ordinamenti nazionali.
La Relazione BORRÁS che accompagna la Convenzione di Bruxelles del 1998 (n. 39, in Riv. dir. int. priv.
proc., 1998, 943), a proposito dell’esclusività, precisa: “in questo caso il termine esclusivo deve essere
inteso nel senso che possono essere utilizzati soltanto i criteri enunciati in modo alternativo e senza alcun
ordine gerarchico. Si tratta quindi di un elenco esauriente e chiuso”. Cfr. R. CONTI, Il Regolamento CE
«Bruxelles II», cit., 658, nota 32. 40
C. CAMPIGLIO, La residenza abituale dell’attore come titolo di giurisdizione in materia matrimoniale,
in base al reg. CE n. 2201/2003, nota a Cass. sez. un., (ord.) 15 giugno 2010 n. 15328, in Nuova giur. civ.
comm., 2010, 1100; C. CAMPIGLIO, Il foro della residenza abituale del coniuge nel Regolamento (Ce) n.
2201/2003: note a margine delle prime pronunce italiane, in Cuadernos de Derecho Transnacional
(Octubre 2010), Vol. 2, n. 2, 246. 41
Le diverse ricostruzioni teoriche, derivanti dall’assenza di una norma simile a quella dell’art. 4 del
Regolamento n. 44/2001, volta ad individuare l’ambito soggettivo di applicazione del Regolamento n.
2201/2003, sono richiamate da R. CLERICI, Giurisdizione e legge applicabile, cit., 7, e da C. RICCI, I “fori
residuali” nelle cause matrimoniali dopo la sentenza Lopez, in Venturini, Bariatti (a cura di), Nuovi
strumenti di diritto internazionale privato, Milano, 2009, 868 ss.. Cfr. B. BAREL - S. ARMELLINI, Manuale
breve di diritto internazionale privato, cit., p. 158. 42
Corte giust., 29 novembre 2007, c. C-68/07, Sundelind Lopez c. Lopez Lizazo, in Riv. dir. internaz.
priv. proc., 2008, 570, punti 24-25: “non si può per questo dedurne che l'art. 6 del regolamento n.
2201/2003 stabilisce una regola generale secondo cui la determinazione della competenza dei giudici di
uno Stato membro, per statuire sulle questioni relative al divorzio rispetto ad un convenuto che non ha la
sua residenza abituale in uno Stato membro e che non è cittadino di uno Stato membro, riguarda in ogni
caso il diritto nazionale, anche quando un giudice di uno Stato membro è competente in forza degli artt.
3-5 del summenzionato regolamento. Tale interpretazione equivarrebbe, infatti, a ignorare il chiaro
disposto degli artt. 7, n. 1, e 17 del regolamento n. 2201/2003, la cui applicazione non dipende (…) dalla
qualità del convenuto, ma dalla sola questione di sapere se un giudice di uno Stato membro sia
competente in forza degli artt. 3-5 del regolamento n. 2201/2003”. La Corte ha quindi interpretato gli artt.
6 e 7 del Regolamento n. 2201/2003 nel senso che il ricorso alla legge nazionale è ammesso solo qualora
nessuno dei criteri di collegamento stabiliti dagli artt. 3, 4 e 5 sia applicabile, a prescindere dalla
residenza abituale e dalla cittadinanza non europea del coniuge convenuto.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 15
cittadino di un Paese europeo, i giudici di uno Stato membro non possono fondare la
loro competenza sul diritto nazionale se i giudici di un altro Stato membro sono
competenti ai sensi dell'art. 3 (o degli artt. 4 e 5) del Regolamento.
Ciò significa che i criteri stabiliti dal Regolamento trovano applicazione anche nei
confronti del convenuto privo di residenza abituale nell’Unione europea all’epoca della
proposizione della domanda, qualora l’attore abbia la residenza abituale in uno Stato
membro (da almeno 6 o 12 mesi, a seconda della sua nazionalità) o qualora i coniugi
abbiano avuto la loro ultima residenza abituale comune in uno Stato membro e uno di
essi (l’attore) vi risieda ancora (43
).
Soltanto quando la fattispecie non presenti elementi di collegamento con
l’ordinamento comunitario il giudice nazionale dovrà fare riferimento alle norme interne
sulla giurisdizione: l’art. 7 del Regolamento prevede infatti il carattere residuale della
lex fori, stabilendo che “qualora nessun giudice di uno Stato membro sia competente ai
sensi degli articoli 3, 4 e 5, la competenza, in ciascuno Stato membro, è determinata
dalla legge di tale Stato” (44
).
La natura esclusiva della competenza giurisdizionale fissata nel Regolamento n.
2201/2003 è quindi peculiare, essendo riferita a tutti i criteri elencati nell’art. 3,
alternativi tra loro ma preminenti rispetto ai titoli di giurisdizione stabiliti dalle norme
nazionali dei singoli Stati membri (45
).
Tale carattere dei fori giurisdizionali comunitari - che comporta anche l’attitudine
ad escludersi reciprocamente, una volta azionati (art. 19, sul quale v. infra, § 2.5) - si
evidenzia nell’art. 17 del Regolamento, che impone al giudice adito di verificare
d’ufficio la propria competenza giurisdizionale, indipendentemente dal comportamento
processuale del convenuto (46
), e di dichiararsi incompetente quando sia investito di una
43 M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201, cit., § 2. In tal caso assume rilievo pratico l’assenza del requisito
minimo di durata per la determinazione della residenza abituale comune dei coniugi, durata che può
quindi essere anche inferiore al periodo (di sei mesi o di un anno) necessario per qualificare come abituale
la residenza dell’attore, ai sensi dell’art. 3 lett. a) del Regolamento n. 2201/2003. 44
L’art. 7, par. 2, prevede inoltre che “il cittadino di uno Stato membro che ha la residenza abituale nel
territorio di un altro Stato membro può, al pari dei cittadini di quest'ultimo, invocare le norme sulla
competenza qui in vigore contro un convenuto che non ha la residenza abituale nel territorio di uno Stato
membro né ha la cittadinanza di uno Stato membro”. 45
Ad esempio, un cittadino italiano potrà essere convenuto in un altro Stato europeo se il coniuge attore
vi abbia risieduto per almeno un anno (o sei mesi, se cittadino di quello Stato) prima della proposizione
della domanda, oppure potrà essere convenuto davanti al giudice italiano, nel caso di cittadinanza comune
dei coniugi, indipendentemente dal luogo di residenza di ciascuno di essi. 46
Sebbene la verifica d’ufficio della giurisdizione debba sempre essere effettuata in via preliminare, il
giudice potrà comunque rilevare il proprio difetto di giurisdizione in ogni stato e grado del processo (G.
CAMPEIS - A. DE PAULI, Brevi riflessioni, cit., § 6), con riguardo al momento di proposizione della
domanda (FRANZINA, La crisi matrimoniale con elementi di estraneità, cit., p. 448). Tra le verifiche che
l’autorità giurisdizionale deve successivamente compiere, l’art. 18 prevede che, nel caso di mancata
comparizione in giudizio del convenuto abitualmente residente in un altro Stato, il giudice è tenuto a
sospendere il procedimento fino a quando non si accerti che al convenuto sia stata data la possibilità di
ricevere la domanda giudiziale, o un atto equivalente, in tempo utile per poter presentare le proprie difese,
ovvero che sia stato fatto tutto il possibile a tal fine (analogamente a quanto prevede l’art. 26, par. 2, del
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 16
controversia per la quale il Regolamento non prevede la sua competenza e per la quale,
in base al Regolamento, sia invece competente l'autorità giurisdizionale di un altro Stato
membro.
Pur essendo riconosciuta all’attore la facoltà di scelta tra i diversi fori alternativi, è
quindi escluso che le parti (anche nei casi di domanda congiunta di separazione o di
divorzio) possano designare consensualmente il giudice cui attribuire la competenza
giurisdizionale (47
). La scelta del criterio di giurisdizione resta così sottratta alla
disponibilità delle parti, alla cui volontà non viene riconosciuto alcun rilievo nelle cause
matrimoniali, neppure mediante la possibilità di una proroga tacita della giurisdizione
(come conseguenza della mancata proposizione dell’eccezione da parte del convenuto).
I criteri di competenza giurisdizionale stabiliti dal Regolamento n. 2201/2003 -
seppure tra loro alternativi - sono dunque assolutamente oggettivi ed inderogabili (48
).
2.4.- I titoli di giurisdizione indicati nell’art. 3 lett. a) si fondano tutti sul criterio
della residenza abituale, riferita ad entrambi i coniugi o al coniuge convenuto o anche al
Regolamento n. 44/2001). Quando sia necessario trasmettere l’atto introduttivo da uno Stato membro a un
altro, si applica l'art. 19 del Regolamento n. 1348/2000. 47
B. BAREL - S. ARMELLINI, Manuale breve di diritto internazionale privato, cit., 159. In caso di
domanda congiunta, il criterio di giurisdizione previsto dal Regolamento è quello della residenza abituale
di uno dei coniugi nel territorio dello Stato membro del giudice adìto (in alternativa alla giurisdizione
dello Stato membro di comune cittadinanza dei coniugi). 48
Sul punto, il Regolamento n. 2201/2003 ha introdotto una disciplina diversa rispetto a quella prevista
dal Regolamento n. 44/2001. Infatti, nella materia civile e commerciale - in cui è attribuita specifica
rilevanza alla volontà espressa o tacita delle parti, come autonomo titolo di giurisdizione (artt. 23 e 24) -
il giudice adito non è chiamato a verificare d’ufficio la propria competenza (tranne che nelle ipotesi di
competenza esclusiva di un altro giudice stabilita in base all’art. 22, o nel caso di mancata comparizione
del convenuto: v. artt. 25 e 26, par. 1), e la corretta applicazione delle competenze comunitarie è
assicurata mediante un controllo successivo, rimesso al giudice del riconoscimento, peraltro limitato ai
soli fori esclusivi ed ai fori c.d. protettivi (con l’esclusione di quelli previsti per i contratti di lavoro: v. art.
35). Nella materia matrimoniale, al contrario, il controllo sulla corretta applicazione dei fori comunitari,
anche quando il convenuto sia comparso, avviene sempre in via preventiva e d’ufficio, ad opera del
giudice chiamato a decidere sulla controversia (art. 17), senza possibilità di controllo successivo (v. l’art.
24, che prevede il divieto di riesame, in sede di riconoscimento delle decisioni, della competenza
giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine, e l’art. 26 che pone il divieto di riesame del
merito).
C. CAMPIGLIO, Il foro della residenza abituale del coniuge nel Regolamento (Ce) n. 2201/2003, cit., 244,
osserva che, “rispetto a chi agisce in materia civile e commerciale, chi assume l’iniziativa in materia
matrimoniale dispone pertanto di un più ampio ventaglio di fori, ma l’eventuale difetto di giurisdizione
del giudice adito non può essere sanato dalla comparizione in giudizio del convenuto: a differenza del
Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000 concernente la competenza
giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (art. 24),
infatti, il Regolamento n. 2201/2003 non prevede la proroga tacita. D’altra parte, però, esso ammette - in
deroga al principio actor sequitur forum rei - il forum actoris, sulla base della residenza abituale integrata
da elementi che ne attestino la stabilità e la prevedibilità (durata di almeno un anno e rispettivamente sei
mesi se l’attore è cittadino dello Stato)”.
In materia di obbligazioni alimentari, il regolamento n. 4/2009 prevede la verifica d’ufficio della
competenza soltanto se il convenuto non compare (artt. 5 e 10), conformemente all’art. 26, par. 1, del
Regolamento n. 44/2001. Cfr. l’art. 28, par. 1, del Regolamento n. 1215/2012 (c.d. Bruxelles I bis).
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Umberto Giacomelli 17
solo attore (purché, in questo ultimo caso, sia soddisfatto l’ulteriore requisito temporale
del perdurare della residenza per almeno un anno prima della proposizione della
domanda, ridotto a sei mesi quando l’attore risieda nello Stato membro di cui sia
cittadino).
Il Regolamento n. 2201/2003, pur prevedendo una serie di definizioni (art. 2), non
fornisce specifiche indicazioni sulla nozione di residenza abituale, che deve essere
ricostruita in modo autonomo nell’ambito dell’ordinamento comunitario (49
), al fine di
garantire uniformità di applicazione in tutti gli Stati membri, senza riferimenti a nozioni
utilizzate in altri settori del diritto europeo o nel diritto interno dei singoli Stati (50
).
Essa individua - alla luce dell’interpretazione offerta dalla giurisprudenza (51
) - il
49 La Corte di giustizia, nella sentenza 16 luglio 2009, c. C-168/08, Hadadi c. Mesko in Hadadi, in Riv.
dir. internaz. priv. proc., 2010, 176, ha precisato che “secondo costante giurisprudenza, tanto
l'applicazione uniforme del diritto comunitario quanto il principio di uguaglianza esigono che una
disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri
per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo,
nell'intera Comunità, ad un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto
della disposizione stessa e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi”. Cfr., inoltre, Corte
giust., 11 luglio 2008, c. C-195/08 PPU, Inga Rinau, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2008, p. 1134;
Corte giust., 22 dicembre 2010, c. C-497/10 PPU, Mercredi c. Chaffe, pt. 45, in Riv. dir. internaz. priv.
proc., 2011, p. 812. Sull’argomento M. MELLONE, La nozione di residenza abituale, cit., 685 ss., rileva
come la residenza abituale sia un concetto fattuale, a differenza del domicilio che è invece una nozione
giuridica. Con riferimento alla disciplina introdotta dal Regolamento UE n. 1259/2010, cfr. Z. CRESPI
REGHIZZI, Commento all’art. 8, in Nuove leggi civ. comm., 2011, 1494 ss.. 50
L’elaborazione giurisprudenziale della nozione di residenza abituale, compiuta dalla Corte di giustizia
in settori diversi (ad es. in materia di diritto sociale), non è quindi direttamente trasferibile in questo
ambito, come ha precisato la Corte di Giustizia, sent. 2 aprile 2009, c. C-523/07, in Riv. dir. internaz.
priv. proc., 2009, 750, in sede di pronuncia pregiudiziale sulla nozione di residenza abituale del minore -
interpretata nel senso corrispondente al “luogo che denota l’integrazione del minore in un ambiente
sociale e familiare” - quale titolo generale di giurisdizione, nella materia della responsabilità genitoriale,
previsto dall’art. 8 del Regolamento n. 2201/2003: “si deve in particolare tenere conto della durata, della
regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco
della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza
scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto
Stato. Compete al giudice nazionale stabilire la residenza abituale del minore, tenendo conto delle
peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie”. Cfr. FRANZINA, La crisi
matrimoniale con elementi di estraneità, cit., p. 448 s.. 51
Sulla nozione di residenza abituale in materia matrimoniale, la Corte di Cassazione ha già avuto modo
di pronunciarsi in due diverse occasioni:
Cass. sez. un., (ord.) 17 febbraio 2010, n. 3680, in Foro it., 2011, I, 1536, e in Riv. dir. internaz. priv.
proc., 2010, 750, fa riferimento al “concetto di residenza abituale come luogo in cui l’interessato ha
fissato con carattere di stabilità il centro permanente o abituale dei propri interessi, con chiara natura
sostanziale e non meramente formale o anagrafica del concetto di cui sopra in base al diritto comunitario,
essendo rilevante a individuare tale residenza effettiva, ai sensi del regolamento stesso, il luogo del
concreto e continuativo svolgimento della vita personale e eventualmente lavorativa, alla data di
proposizione della domanda” (nella specie, la Corte ha ritenuto che la frequenza universitaria in Italia del
figlio, principale riferimento dei rapporti affettivi ed umani della madre, evidenziasse con certezza che il
centro abituale delle relazioni della ricorrente era sito in Italia, in cui ella conviveva ancora con tale figlio,
potendo quindi presumersi che da molto più di un anno la ricorrente abitasse stabilmente in Italia per
assistere il figlio, nella casa della famiglia d’origine, e dovendo quindi ritenersi che la ricorrente,
residente in Italia abitualmente da oltre un anno prima del suo ricorso di separazione, avesse
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Umberto Giacomelli 18
luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale ed eventualmente
lavorativa del soggetto interessato, nel quale egli abbia effettivamente fissato, con
carattere di stabilità, il centro permanente o abituale dei propri interessi e delle relazioni
sociali ed affettive.
E’ stato tuttavia rilevato come il legislatore comunitario si sia ispirato
all’elaborazione giurisprudenziale della Corte di giustizia che - a proposito della
distinzione fra residenti e non residenti, a fini fiscali (52
) - aveva individuato la
residenza abituale nel luogo in cui l’interessato ha fissato, con “voluto” carattere di
stabilità, il centro permanente o abituale dei propri interessi, ferma restando la necessità
di tener conto di tutti gli elementi di fatto che contribuiscono alla sua costituzione (53
).
Anche nell’ambito del Regolamento n. 2201/2003, la nozione di residenza abituale
dovrebbe quindi risolversi in un criterio che riassume in sé sia un elemento materiale -
la stabilità (cioè la durata) della residenza, intesa come permanenza temporale in un
determinato territorio (54
) - sia un elemento soggettivo, costituito dall’intenzione di
correttamente individuato nel tribunale di Pisa il giudice della sua domanda, con conseguente rigetto del
regolamento di giurisdizione con cui si chiedeva di dichiarare la giurisdizione del giudice belga);
Cass. sez. un., (ord.) 15 giugno 2010, n. 15328, in Nuova giur. civ. comm., 2010, 1098, con nota di C.
CAMPIGLIO, e in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2011, 435, elenca una serie di indici utilizzati per
individuare, nel caso concreto, la residenza abituale dell’attrice in Italia per un periodo superiore ai sei
mesi, al momento della proposizione della domanda: “a) la signora C. è docente di ruolo presso il liceo
scientifico statale (omissis) dal (omissis) e ivi ha prestato servizio salvo i periodi di astensione
obbligatoria e congedo parentale in occasione della nascita della figlia; b) la stessa è stata seguita durante
la gravidanza da un ostetrico di (omissis); c) nella partecipazione di nozze, successiva alla celebrazione
del matrimonio, risultano indicate le due residenze dei coniugi in Francia e in Italia; d) numerosa
corrispondenza, dal (omissis) è stata indirizzata ai coniugi o alla signora C. presso la sua abitazione di
(omissis); e) il marito si è recato insieme alla moglie da un legale italiano nel (omissis) per discutere di
un’ipotesi di separazione consensuale; f) dall’atto di nascita della figlia risulta che nel rendere la
dichiarazione congiunta di nascita presso l’ospedale di (omissis) i genitori hanno indicato le proprie
residenze separate in Francia e in Italia; g) la figlia minore, che, come è pacifico è sempre vissuta con la
madre, è stata seguita da parte di pediatra italiano dal (omissis); che la circostanza che la signora C. non
abbia mai smesso di avere la propria residenza abituale in Italia non è contraddetta dal fatto che
saltuariamente, e anche per un periodo continuativo durante il congedo parentale, abbia trascorso periodi
in Francia presso la residenza del marito, ivi ricevendo anche corrispondenza, e in Francia abbia svolto
attività di studio; che, pertanto, la giurisdizione sulla causa di separazione appartiene al giudice italiano”.
Da ultimo, sulla nozione di residenza del minore, cfr. Cass. sez. un., 13 febbraio 2012, n. 1984.
Nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Belluno, sent. 6 marzo 2009, cit.; Trib. Belluno, sent. 5 novembre
2010, cit.; Trib. Belluno, sent. 30 dicembre 2011, cit.. 52
Cfr. Corte giust., 14 febbraio 1995, c. C-279/93, Finanzamt Köln-Altstadt vs Schumacker, in Raccolta,
1995, I-4225, e Corte giust., 25 febbraio 1999, c. C-90/97, Swaddling, in Raccolta, 1999, I-1075 ss.,
punto 29. 53
C. CAMPIGLIO, La residenza abituale dell’attore come titolo di giurisdizione in materia matrimoniale,
cit., 1102, in riferimento alla Relazione BORRÁS che accompagna la Convenzione di Bruxelles del 1998
(v. punto 32, in Riv. dir. int. priv. proc., 1998, 943). 54
R. CLERICI, Giurisdizione e legge applicabile, cit., 6 s., segnala la difficoltà di quantificare con
esattezza il periodo minimo di durata da prendere in considerazione, avendo riguardo sia all’integrazione
dei coniugi nel tessuto sociale di un Paese comunitario, sia ad un certo animus manendi in quel
determinato Stato membro. Sul punto, C. CAMPIGLIO, Il foro della residenza abituale del coniuge nel
Regolamento (Ce) n. 2201/2003, cit., 247, osserva che “in ordine all’elemento oggettivo-temporale
un’indicazione si potrebbe dedurre dallo stesso art. 3 del Regolamento. Infatti, se per il forum actoris un
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Umberto Giacomelli 19
fissare in tale luogo il centro dei propri interessi, manifestata da circostanze fattuali (55
).
Peraltro, una nozione restrittiva di residenza abituale, comprensiva anche dell’elemento
intenzionale, se appare conforme all’esigenza di radicare la controversia nello Stato ove
è effettivamente stabilita la vita matrimoniale, può tuttavia risultare non funzionale
rispetto al principio del favor divortii, cui si ispira il Regolamento (56
).
Il giudice nazionale è comunque tenuto a verificare gli elementi della fattispecie con
una valutazione di natura sostanziale, che prescinde dalla residenza meramente
anagrafica, non essendo sufficiente la presenza fisica nel territorio di uno Stato membro
quando questa sia temporanea o soltanto occasionale e manchi una minima integrazione
nell’ambiente sociale e familiare (57
).
Infine, l’introduzione del criterio generale della residenza abituale, in luogo di quello
del domicilio, valorizza il carattere non esclusivamente patrimoniale dei rapporti
considerati (58
).
anno (riducibile a sei mesi ove accompagnato dalla cittadinanza) è ritenuto sufficiente a dimostrare la
stabilità, e dunque ad esprimere un nesso significativo con lo Stato, si può ragionevolmente ritenere che
per gli altri fori - il foro del convenuto e il foro comune dei coniugi - possa bastare anche un periodo
più breve. Si tratta a ben vedere di fori rispetto ai quali assai meno forte è l’esigenza di prevedibilità per la
controparte (esigenza che addirittura non esiste nel caso di residenza comune dei coniugi)”. 55
Corte giust., 22 dicembre 2010, C-497/10 PPU, Mercredi c. Chaffe, cit..
In una decisione della Corte di Cassazione francese (v. Cour de Cassation [Francia], 14 dicembre 2005,
in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2006, 853), pronunciata con riferimento al Regolamento n. 1347/2000, si
afferma che “la nozione di residenza abituale (...) è una nozione autonoma di diritto comunitario, da
intendersi come il luogo in cui la persona interessata ha fissato il centro permanente e/o abituale dei suoi
interessi, con l'intenzione di conferirgli un carattere stabile e non temporaneo”.
Cfr. Cass. sez. un., 3 febbraio 2004, n. 1994, in Foro it., 2004, I, c. 1063, e in Giust. civ., 2004, 900, con
riferimento al criterio della residenza previsto dall’art. 18 c.p.c.. 56
C. CAMPIGLIO, La residenza abituale dell’attore come titolo di giurisdizione in materia matrimoniale,
cit., 1102. 57
Non dovrebbero quindi essere qualificate come residenza abituale, ai fini dell’applicazione dei criteri
del Regolamento n. 2201/2003, le ipotesi in cui lo spostamento della residenza in un certo Stato membro
non sia effettivamente voluta, ma avvenga solo formalmente, per finalità simulate o abusive (forum
shopping in senso proprio), all’unico scopo di radicare la giurisdizione in vista dell’applicazione di una
disciplina sostanziale più favorevole (che ammetta, ad es., il divorzio immediato). Tale pratica è ora
destinata ad attenuarsi in conseguenza dell’entrata in vigore, dal 21 giugno 2011, del Regolamento UE n.
1259/2010 del 20 dicembre 2010, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della
legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, c.d. “Roma III”, che ha introdotto (soltanto
negli Stati membri partecipanti alla cooperazione) norme uniformi di conflitto finalizzate ad individuare
la medesima legge sostanziale applicabile qualunque sia lo Stato membro in cui venga proposta la causa
matrimoniale, così neutralizzando gli effetti della scelta operata dall’attore tra più giudici
alternativamente competenti. Sull’argomento v. P. FRANZINA, Regolamento Ue n. 1259/2010 del
Consiglio del 20 Dicembre 2010 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della
legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, in Nuove leggi civ. comm., 2011, 1436 s.;
LOPES PEGNA, Nuove frontiere del forum shopping: effetti in Italia dei divorzi “facili” ottenuti all’estero,
in Aldricus.com.
La fissazione della residenza abituale risulta peraltro compatibile con una contemporanea dimora (non
abituale) situata altrove (v. Corte giust., 17 febbraio 1977, c. C-76/76, Di Paolo, in Raccolta, 1977, p.
315, pt. 17 ss.). 58
G. CAMPEIS - A. DE PAULI, Brevi riflessioni, cit., § 2, rilevano la differenza rispetto al Regolamento n.
44/2001, che assume a foro generale il domicilio, come luogo degli affari (interessi economici). E’ stato
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 20
2.5.- Tra gli obiettivi del Regolamento n. 2201/2003 vi è anche quello di introdurre
specifiche disposizioni volte ad assicurare il coordinamento tra più giudizi riguardanti la
stessa domanda o domande connesse, che siano simultaneamente pendenti davanti ad
autorità giurisdizionali di diversi Stati membri (59
), al fine di prevenire la pronuncia di
provvedimenti contrastanti che potrebbero costituire un ostacolo alla libera circolazione
delle decisioni all’interno dell’Unione europea (60
).
In questo ambito, il Regolamento n. 2201/2003 pone il principio generale secondo
cui il procedimento instaurato per primo, davanti ad un giudice competente, prevale su
quelli proposti successivamente, radicando la giurisdizione dell’autorità
preventivamente adita, con la conseguenza che al fenomeno del forum shopping - reso
possibile dalla previsione di una molteplicità di fori alternativi e pari ordinati - si
aggiunge quello del c.d. forum running (61
), determinato dalla possibilità, per il coniuge
che per primo inizia la causa matrimoniale, di scegliere sia il giudice - e quindi il tipo
di processo (regolato dalla lex fori), con i connessi vantaggi, anche in termini di costi e
tempi del giudizio - sia, indirettamente, la legge applicabile più favorevole (c.d. system
shopping) (62
), precludendo le eventuali iniziative giudiziarie, da parte dell’altro
coniuge, in un diverso Stato membro, anche se maggiormente connesso alla vita
osservato che il carattere di abitualità avvicina la nozione in esame al concetto di residenza del codice
civile italiano, che l’art. 43 c.c. definisce come il luogo in cui la persona ha la dimora abituale: v.
BARATTA, Lo scioglimento del vincolo coniugale nel diritto comunitario, in Lo scioglimento del vincolo
coniugale nel diritto comunitario, a cura di Carbone e Queirolo, Torino, 2008, 169 ss. 59
Come ha precisato la Corte di giustizia, nella sentenza 16 luglio 2009, c. C-168/08, Hadadi c. Mesko in
Hadadi, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2010, 176, punto 56, se è vero che, in forza dell'art. 3, n. 1, lett.
b), del regolamento n. 2201/2003, i giudici di diversi Stati membri possono risultare competenti nel caso
di persone con cittadinanza plurima, tuttavia, qualora, in applicazione di tale disposizione, venissero aditi
giudici di più Stati membri, il conflitto di competenza può essere risolto con l'applicazione della norma
enunciata all'art. 19, n. 1, dello stesso regolamento. 60
Corte giust., 9 novembre 2010, c. C-296/10, Purrucker c. Vallés Pérez (II). Sul tema della litispendenza
nel diritto comunitario, v. M. A. LUPOI, La nuova litispendenza comunitaria: aspetti procedurali, in Riv.
trim. dir. proc. civ., 2004, 1286 ss.; M. C. BARUFFI, Commento agli artt. 8-20 del Regolamento CE n.
2201/2003, in Commentario breve al diritto di famiglia, a cura di A. Zaccaria, Padova, 2011, 3000 ss.. 61
R. CLERICI, Giurisdizione e legge applicabile, cit., 8. 62
Corte giust., sentenza 16 luglio 2009, c. C-168/08, Hadadi c. Mesko in Hadadi, in Riv. dir. internaz.
priv. proc., 2010, 176, osserva che “il regolamento n. 2201/2003, disciplinando unicamente la
competenza giurisdizionale ma non stabilendo norme di conflitto, potrebbe certamente indurre i coniugi
(…) ad adire rapidamente uno dei giudici competenti per assicurarsi i vantaggi del diritto sostanziale in
materia di divorzio applicabile secondo il diritto privato internazionale del foro. Tuttavia (…) una siffatta
circostanza non può di per sé comportare che il fatto di adire un giudice competente in forza dell'art. 3, n.
1, lett. b), dello stesso regolamento, possa essere considerato abusivo. Infatti (…) il ricorso a giudici di
uno Stato membro di cui i due coniugi possiedano la cittadinanza, anche in assenza di qualunque altro
elemento di collegamento con lo Stato membro medesimo, non è contrario agli obiettivi perseguiti da
detta disposizione” (punto 57).
Il quadro è tuttavia mutato con l’entrata in vigore del Regolamento UE n. 1259/2010, la cui disciplina
(applicabile soltanto negli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata), nell’intento di evitare il
forum running finalizzato alla scelta della legge materiale più favorevole, ammette l’optio legis ad opera
dei coniugi, rendendo indifferente, a tale effetto, la scelta del foro: v. supra, nota 57.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 21
matrimoniale.
La litispendenza presuppone la prevenzione tra i diversi procedimenti: il criterio per
determinare la pendenza della lite è individuato in via generale dall’art. 16 del
Regolamento, a norma del quale il giudice si considera adito (a seconda che la forma
dell’atto introduttivo sia quella del ricorso, come nella separazione e nel divorzio, o
della citazione, come nel caso della domanda di annullamento) nel momento in cui
l’atto introduttivo è stato depositato presso il giudice o consegnato all’autorità
competente per la notifica al convenuto, purché successivamente l'attore non abbia
omesso di prendere tutte le misure cui era tenuto affinché fosse effettuata,
rispettivamente, la notificazione al convenuto o il deposito dell’atto presso il giudice
(63
). Il momento della pendenza della lite è quindi rimesso alla volontà dell’attore,
essendo determinato dal suo comportamento (il deposito o la notifica dell’atto
introduttivo del giudizio).
Nella materia matrimoniale, la disciplina della litispendenza è dettata dall’art. 19 del
Regolamento, il quale stabilisce che “qualora dinanzi ad autorità giurisdizionali di Stati
membri diversi e tra le stesse parti siano state proposte domande di divorzio,
separazione personale dei coniugi e annullamento del matrimonio, l'autorità
giurisdizionale successivamente adita sospende d'ufficio il procedimento finché non sia
stata accertata la competenza dall'autorità giurisdizionale preventivamente adita” (par.
1); “quando la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita è stata
accertata, l’autorità giurisdizionale successivamente adita dichiara la propria
incompetenza a favore dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita” (par. 3).
Pertanto, anche quando non venga formalmente sollevata un’eccezione di
litispendenza, il giudice - al quale risulti che un altro giudizio è pendente tra le stesse
parti in un altro Stato membro - deve comunque sospendere d’ufficio il giudizio in
attesa della decisione del giudice preventivamente adito; nell’ipotesi in cui questi
affermi la propria competenza, il secondo giudice dovrà dichiarare d’ufficio il difetto di
giurisdizione in favore del primo giudice (64
).
63 Trib. Firenze, decr. 20 maggio 2003, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2005, 737, con commento di F.
MARONGIU BONAIUTI, Obbligazioni alimentari, rapporti patrimoniali tra coniugi e litispendenza tra i
regolamenti Bruxelles I e Bruxelles II, ibidem, 699 ss.; Trib. Milano, ord. 8 giugno 2004, in Riv. dir.
internaz. priv. proc., 2005, 141. 64
Sul punto, cfr. Cass. sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238, in Dir. Famiglia, 2010, 106, con nota di RUO,
e in Dir. Famiglia, 2010, 1565, con nota di TARRICONE: “Nei casi di litispendenza e di connessione, ai
sensi dell'art. 19 Regolamento Ce 2201/2003, l'autorità giudiziaria adita successivamente deve dichiarare
la propria incompetenza a favore dell'autorità giudiziaria già investita della stessa questione o di questione
connessa, anche se, ai sensi del successivo art. 20, può emettere provvedimenti di urgenza”. Cfr. Cass.
sez. un., 17 maggio 2002, n. 7299, in Riv. dir. int. priv. proc., 2002, 1061, e Cass., 7 maggio 2004, n.
8748, in Giust. civ. Mass., 2004, 5, secondo cui, avverso il provvedimento di sospensione, non è
ammissibile il regolamento di giurisdizione ma quello di competenza ex art. 42 c.p.c.; Cass. sez. un., 12
maggio 2006, n. 11001, in Dir. e giust., 2006, 26, 44, e in Giust. civ. Mass., 2006, 5, ha precisato che,
avverso la pronuncia di accertamento negativo della litispendenza internazionale, non è proponibile né il
regolamento di competenza né il regolamento preventivo di giurisdizione, ma esclusivamente
l’impugnazione dinanzi al giudice processualmente sovraordinato, secondo l’ordinario svolgimento del
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 22
L’ampia nozione di litispendenza accolta dall’art. 19 del Regolamento
(significativamente rubricato “Litispendenza e connessione”) ricomprende sia i casi di
litispendenza in senso proprio, sia quelli di “azioni dipendenti” o c.d. “falsa
litispendenza” (65
), così da estendersi a tutte le controversie matrimoniali elencate
nell’art. 1, lett. a) (divorzio, separazione personale ed annullamento del matrimonio),
con il solo requisito dell’identità delle parti: agli effetti del Regolamento, la
litispendenza non presuppone quindi l’introduzione della medesima domanda già
proposta davanti all’autorità giudiziaria di un altro Stato membro, essendo configurabile
anche tra domande aventi titolo diverso - ad esempio tra quella di separazione
personale e quella di divorzio (66
) - ed anche se l’ordinamento del giudice
successivamente adìto non conosca il tipo di causa matrimoniale preventivamente
proposta (67
).
Alla parte che ha proposto la domanda davanti all'autorità giurisdizionale
successivamente adìta è comunque riconosciuta la facoltà di promuovere l'azione
davanti a quella adìta preventivamente (art. 19, par. 3, seconda parte). In tal modo,
l’attore che ha introdotto la causa successiva può riproporre la domanda (ad es. di
divorzio) al primo giudice (davanti al quale l’altro coniuge abbia formulato, ad es., la
domanda di separazione) (68
).
processo; v. inoltre Cass. sez. un., 19 marzo 2009, n. 6597. 65
L’espressione è contenuta nella Relazione BORRÁS, cit., punto 54, che trova un espresso riferimento
nell’art. 11, par. 1 e 2, del Regolamento n. 1347/2000.
In sostanza, vengono equiparate alla litispendenza le ipotesi di connessione tra cause relative al medesimo
rapporto matrimoniale, rendendo non necessaria una disposizione in tema di connessione in senso proprio
(v. P. DE CESARI, Diritto internazionale privato e processuale comunitario, cit., 155); l’unica ipotesi in
cui la connessione assume un autonomo rilievo resta dunque quella derivante dalla proposizione di una
domanda riconvenzionale (art. 4).
R. CONTI, Il Regolamento CE «Bruxelles II», cit., 661, si chiede se “il passaggio comunitario verso una
nozione di ultra-litispendenza - orientata a garantire in massima misura la trattazione unitaria delle
vicende che ruotano attorno al rapporto matrimoniale - non finirà col condizionare anche l’ordinamento
processuale intero ove si è sempre ritenuto che tra il giudizio di divorzio e quello di separazione personale
non esiste alcun rapporto che giustifichi una pronunzia di litispendenza o di sospensione necessaria del
primo in attesa della decisione sul secondo”. 66
Per un caso di litispendenza tra la domanda di separazione, proposta davanti al giudice italiano, e la
domanda di divorzio (poi convertita in separazione), preventivamente proposta davanti al giudice tedesco,
v. Trib. Belluno, sent. 23 dicembre 2009, cit.; cfr. inoltre Trib. Bari, sent. 9 dicembre 2008, in Giur.
merito, 2010, 659, con nota di M. D’AURIA; App. Perugia, sent. 10 marzo 2011 in Riv. dir. int. priv.
proc., 2012, p. 153; Trib. Milano, sent. 8 aprile 2011, in Riv. dir. int. priv. proc., 2011, 1112; Cass., sez.
un., 12 febbraio 2013, n. 3268. 67
R. CONTI, Il Regolamento CE «Bruxelles II», cit., 660.
Non sussiste litispendenza tra una domanda di merito ed una volta ad ottenere la pronuncia di
provvedimenti provvisori ai sensi dell’art. 20 del Regolamento: v. Corte giust., 9 novembre 2010, c. C-
296/10, Purrucker c. Vallés Pérez (II), pt. 69, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2011, p. 511. 68
M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201, cit., § 8, vi ravvisa una forma di translatio iudicii internazionale,
che comporta un trasferimento di competenza sulla seconda azione al giudice adìto preventivamente, le
cui modalità non sono però disciplinate dal Regolamento (la riunione potrebbe trovare un ostacolo, ad es.,
nel caso in cui la prima causa sia pendente in grado d’appello). Inoltre, come osserva P. DE CESARI,
Diritto internazionale privato e processuale comunitario, cit., 156, il coniuge che ha proposto
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 23
Inoltre, il giudice successivamente adìto non può sindacare la decisione del primo
giudice, con riferimento sia alla competenza sia al merito: l’art. 24 - collocato nella
sezione dedicata al riconoscimento delle decisioni - prevede infatti il divieto di riesame
della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine (69
), e l’art.
26 pone il divieto di riesame del merito (anche quando la legge dello Stato membro cui
appartiene il giudice successivamente adìto non preveda per i medesimi fatti il divorzio,
la separazione personale o l'annullamento del matrimonio: v. art. 25).
Va però sottolineato che le regole sulla litispendenza dettate dall’art. 19 del
Regolamento n. 2201/2003 si applicano soltanto alle domande proposte davanti a
giudici di Stati membri dell’Unione europea, mentre nelle ipotesi in cui il primo
giudizio sia stato instaurato in uno Stato terzo, la disciplina della litispendenza
internazionale è quella generale, prevista dall’art. 7 della legge 31 maggio 1995, n. 218,
a norma del quale - quando sia eccepita la previa pendenza tra le stesse parti, davanti a
un giudice straniero, di una domanda avente il medesimo oggetto ed il medesimo titolo
- il giudice italiano, se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetto per
l’ordinamento italiano, deve sospendere il giudizio e, se il giudice straniero declina la
propria giurisdizione o se il provvedimento straniero non è riconosciuto
nell’ordinamento italiano, il giudizio prosegue, previa riassunzione del giudizio ad
istanza della parte interessata (70
); se il giudice italiano ritiene invece che il
provvedimento che verrà emesso nel processo straniero non possa essere riconosciuto, è
tenuto a non sospendere e a proseguire il giudizio.
Tale disciplina della litispendenza internazionale - che introduce un limite negativo
(sia pur temporaneo) alla giurisdizione del giudice italiano (71
) - si differenzia da
quella stabilita dall’art. 19 del Regolamento, sia perché presuppone l’effettiva identità
delle domande, con riferimento, oltre che alle parti, anche ai risultati pratici perseguiti
successivamente la domanda e non si è avvalso della facoltà prevista dall’art. 19, par. 3, potrà far valere le
sue pretese soltanto una volta che la decisione del primo giudice sia passata in giudicato, al fine di
conseguire - mediante azioni di integrazione e di completamento - quegli effetti ulteriori che non siano
derivati da tale decisione: ad es., dopo la pronuncia di divorzio, i cui effetti si sono prodotti ex nunc, sarà
ancora possibile richiedere una pronuncia di nullità del matrimonio, con efficacia ex tunc anche sui
rapporti personali e patrimoniali; oppure, dopo una pronuncia di separazione, si potrà proporre la
domanda di divorzio che era temporaneamente preclusa dalle disposizioni sulla litispendenza. 69
La decisione con cui il primo giudice afferma la propria giurisdizione potrebbe quindi essere fondata su
un criterio nazionale, e risulta vincolante per il giudice successivamente adìto anche se la competenza sia
stata erroneamente affermata sulla base delle norme interne anziché su quelle del Regolamento (A.
BONOMI, Il Regolamento comunitario, cit., 333).
70 Cfr. Cass. sez. un. ord. 18.6.2016 n. 5420. L’art. 7, 2° comma, precisa inoltre che la pendenza della
causa davanti al giudice straniero si determina secondo la legge dello Stato in cui il processo si svolge (v.
Cass. sez. un., 12 ottobre 1990, n. 10014, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 1992, 956; Cass. sez. un., 27
marzo 2009, n. 7427).
Sull’argomento, in generale, v. F. MARONGIU BONAIUTI, Litispendenza e connessione internazionale.
Strumenti di coordinamento tra giurisdizioni statali in materia civile, Napoli, 2008. 71
Cfr. Cass. sez. un. 28 novembre 2012, n. 21108, la quale ha precisato che le pronunce di sospensione
del processo, emesse dal giudice italiano in ragione della pendenza di antecedente processo davanti al
giudice straniero, danno luogo ad una questione di giurisdizione.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 24
(72
), non avendo qui rilievo la nozione di “falsa litispendenza” (73
), sia perché richiede al
giudice un giudizio prognostico sulla possibilità di riconoscimento della pronuncia
proveniente dallo Stato terzo, mentre all’interno dello spazio giudiziario europeo opera
il principio del riconoscimento automatico delle decisioni (art. 21, par. 1, del
Regolamento n. 2201/2003) anche in riferimento alla disciplina della litispendenza (art.
19, par. 3).
L’astratta possibilità che la futura sentenza straniera produca effetti nell’ordinamento
italiano deve essere valutata in base alle norme generali sul riconoscimento delle
decisioni (artt. 64, 65 e 66 della legge 31 maggio 1995, n. 218), ma - trattandosi di un
provvedimento non ancora emesso - il giudice potrà considerare soltanto quei requisiti
che attengono al processo in corso, con particolare riferimento alla competenza
giurisdizionale, alla regolare costituzione delle parti ed al rispetto del contraddittorio e
dei diritti della difesa (74
), nonché alla possibile incompatibilità della disciplina straniera
con l’ordine pubblico (75
).
Non è richiesta una motivazione specifica in ordine alle ragioni per le quali il giudice
abbia ritenuto di disporre la sospensione del processo, essendo semplicemente
necessario che il provvedimento di sospensione trovi il suo presupposto nella constatata
72 La nozione di litispendenza internazionale presuppone - oltre all’identità delle parti - l’identità dei
risultati pratici perseguiti, e ciò indipendentemente dal petitum immediato delle singole domande e dal
titolo (causa petendi) specificamente fatto valere: v. Cass. sez. un. 28 novembre 2012, n. 21108, cit..
Si riteneva che la formulazione letterale dell’art. 7 della legge 31 maggio 1995, n. 218, richiedesse la
proposizione dell’eccezione di parte (cfr. Cass. sez. un., 17 marzo 2000, n. 61, in Riv. dir. internaz. priv.
proc., 2000, 781, e in Giust. civ., 2000, 1961); tuttavia, la più recente giurisprudenza di legittimità (v.
Cass. sez. un. 28 novembre 2012, n. 21108, cit.) ammette il rilevo d’ufficio della litispendenza
internazionale, che deve essere dichiarata dal giudice quando l’esistenza dei relativi presupposti emerga
dagli elementi offerti dalle parti. 73
Con riferimento a fattispecie anteriori al Regolamento n. 1347/2000, v. Cass. sez. un., 20 luglio 2001,
n. 9884, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2002, 1014, e in Giust. civ., 2002, 84, con nota di G.
GIACALONE: “Poiché non ricorre un'ipotesi di litispendenza internazionale, ai sensi dell'art. 7 l. n. 218 del
1995, tra un giudizio di separazione tra coniugi radicato anteriormente in Italia e un giudizio di divorzio
pendente in Francia, sussiste la giurisdizione italiana per il primo”; Trib. Venezia, 14 novembre 1996, in
Riv. dir. internaz. priv. proc., 1997, 158, e in Giur. merito, 2000, 79, con nota di J. CONENNA, secondo
cui il processo di separazione personale dei coniugi, in Italia, non può essere sospeso per la pendenza in
Francia del processo di divorzio tra le stesse parti, giacché la pronunzia sul divorzio non ha carattere
pregiudiziale rispetto a quella sulla separazione.
Cfr. Cass. sez. un., 6 novembre 1996, n. 9655, in Fam. e dir., 1997, 21, con nota di G. GIACALONE, e in
Giur. it., 1997, I, 1,1570, secondo cui tra la domanda di scioglimento del matrimonio, previamente
proposta ad un giudice straniero, e quella di separazione personale tra i medesimi coniugi, introdotta in
Italia, non sussiste alcun rapporto di litispendenza o di continenza; v. anche Cass. sez. un., 2 agosto 2011,
n. 16862, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2012, 681. 74
Cass. sez. un., 4 maggio 2006, n. 10219, in Giust. civ., 2007, I, 2902 ss.: “In tema di sospensione del
giudizio davanti al giudice italiano adito successivamente al giudice straniero, ex art. 7 l. n. 218 del 1995,
la valutazione prognostica da effettuare, circa la possibilità della sentenza straniera di spiegare effetto in
Italia, concerne il riscontro dell'identità tra i due giudizi delle parti, dell'oggetto e del titolo,
dell'introduzione del giudizio straniero prima di quello italiano, della conoscenza da parte del convenuto
dell'atto introduttivo del giudizio (in base al diritto straniero), del rispetto dei diritti essenziali della difesa
nonché della regolare costituzione delle parti (sempre secondo il diritto straniero)”. 75
Trib. Biella, 7 gennaio 2009, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2009, 684.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 25
esistenza delle condizioni previste per il riconoscimento della decisione straniera, ai
sensi degli artt. 64 ss. della legge 31 maggio 1995, n. 218 (76
).
Quando invece sia stato iniziato per primo il processo italiano, la sentenza
pronunciata in un giudizio straniero non può formare oggetto di riconoscimento in
Italia, secondo quanto stabilisce l’art. 64 lett. f) della legge 31 maggio 1995, n. 218.
A norma dell’art. 2, comma 1, della legge 31 maggio 1995, n. 218, restano salve,
infine, le disposizioni in tema di litispendenza dettate dalle convenzioni internazionali
in vigore per l’Italia (77
).
3.- L’art. 17 del Regolamento n. 2201/2003 impone al giudice adito di verificare
d’ufficio la propria competenza giurisdizionale e di dichiararsi incompetente quando sia
investito di una controversia per la quale il Regolamento preveda la competenza
dell’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro.
La dichiarazione di incompetenza presuppone quindi che il giudice adito ritenga
sussistente, in base al Regolamento, la competenza del giudice di un altro Stato
membro, mentre, nella diversa ipotesi in cui nessuna autorità giurisdizionale di uno
Stato membro sia competente in base al Regolamento, il giudice deve procedere alla
verifica della propria competenza giurisdizionale in base alle norme interne.
L’art. 7, par. 1, del Regolamento n. 2201/2003 riconosce infatti la “competenza
residua” della lex fori, stabilendo che “qualora nessun giudice di uno Stato membro sia
competente ai sensi degli articoli 3, 4 e 5, la competenza, in ciascuno Stato membro, è
determinata dalla legge di tale Stato”.
Pertanto, in questa ipotesi residuale - configurabile nei soli casi che fuoriescono
dalla sfera di operatività degli artt. 3 ss. del Regolamento n. 2201/2003,
nell’interpretazione estensiva accolta dalla Corte di giustizia (78
) - possono ancora
trovare applicazione le norme sulla giurisdizione dettate dalle leggi nazionali degli Stati
membri.
Nell’ordinamento italiano, la disciplina della giurisdizione in materia matrimoniale è
stabilita dall’art. 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218, il quale prevede più titoli di
giurisdizione concorrenti, disponendo che “in materia di nullità e di annullamento del
matrimonio, di separazione personale e di scioglimento del matrimonio, la giurisdizione
76 Così Cass. sez. un. 28 novembre 2012, n. 21108, cit.. Sul tema della litispendenza internazionale, cfr.
Cass. ord. 13.6.2014 n. 13567. 77
Cfr., ad es., Cass., 26 novembre 2004, n. 22335, in Giust. civ. Mass., 2004, 11, e in Giust. civ., 2005, 3,
I, 633: “Ai sensi della convenzione di Lugano del 16 settembre 1988, relativa alla competenza
giurisdizionale e all'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, resa esecutiva con la
legge di autorizzazione alla ratifica 10 febbraio 1992 n. 198, in caso di pendenza in primo grado, tra le
stesse parti, di un giudizio di divorzio e di un procedimento di separazione personale, promossi davanti a
giudici di Stati contraenti differenti, rispettivamente la Svizzera e l'Italia, si verifica una connessione di
cause; in tale evenienza, ove il giudice italiano successivamente adito, accertata la litispendenza
internazionale, sospenda il giudizio di separazione dinanzi ad esso pendente, si verifica un'ipotesi di
sospensione facoltativa del processo, non disciplinata dall'art. 295 c.p.c.”. 78
Cfr. Corte giust., 29 novembre 2007, C-68/07, Sundelind Lopez c. Lopez Lizazo, cit..
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 26
italiana sussiste, oltre che nei casi previsti dall’art. 3, anche quando uno dei coniugi è
cittadino italiano o il matrimonio è stato celebrato in Italia” (79
).
Vengono dunque in considerazione, in primo luogo, i criteri generali di giurisdizione
previsti dal richiamato art. 3 della legge 31 maggio 1995, n. 218:
- il domicilio o residenza in Italia del convenuto (art. 3, comma 1) (80
);
- gli “altri casi” in cui la giurisdizione italiana “è prevista dalla legge” (art. 3, comma
1), “anche in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio” (art. 3, comma 2,
ultima parte): vi rientrano, in materia di divorzio, il domicilio o la residenza dell’attore
(se il convenuto non sia domiciliato né residente in Italia), o qualunque tribunale della
Repubblica nel caso di coniugi residenti all’estero, di cui solo uno sia cittadino italiano
(v. art. 4, comma 1, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come modificato dall’art. 8
della legge 3 marzo 1987, n. 74, e dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella l. 14
maggio 2005, n. 80) (81
); in materia di separazione personale, il luogo dell’ultima
residenza comune dei coniugi, previsto dall’art. 706, comma 1, c.p.c., ed il luogo di
79 Sull’argomento: B. NASCIMBENE, Divorzio, diritto internazionale privato e dell’unione europea, cit.,
71 ss.; C. RICCI, Commento all’art. 32 della legge n. 218/1995, in Commentario breve al diritto di
famiglia, a cura di A. Zaccaria, Padova, 2011, 2898 ss.; B. BAREL - S. ARMELLINI, Manuale breve di
diritto internazionale privato, cit., 156 s.. 80
Le nozioni di domicilio e residenza debbono essere qualificate in base alla lex fori, e quindi a norma
degli artt. 43 - 45 c.c.. I criteri della residenza in Italia del convenuto o dell’attore, richiamati dall’art. 3
della legge 31 maggio 1995, n. 218, non coincidono esattamente con quello della “residenza abituale”
previsto dall’art. 3 lett. a) del Regolamento n. 2201/2003, che presuppone la (voluta) stabilità della
residenza, per la cui configurabilità non sono sufficienti le mere risultanze anagrafiche (cfr. supra § 2.4),
con la conseguenza che, quando non siano concretamente applicabili i criteri indicati dall’art. 3 del
Regolamento n. 2201/2003, può operare, in via residuale, il criterio interno della residenza italiana del
convenuto (o dell’attore), a norma degli artt. 3 e 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218.
Al fine dell’individuazione del luogo di residenza, il principio della corrispondenza tra residenza
anagrafica e residenza effettiva costituisce una presunzione semplice, superabile con ogni mezzo di prova
idoneo ad evidenziare l'abituale e volontaria dimora del soggetto in un luogo diverso (v. Cass., 22 luglio
1995, n. 8049, Cass., 5 agosto 2005, n. 16525); in via generale, la residenza del convenuto viene spesso
identificata con l’ubicazione della casa coniugale (v. Cass., 24 aprile 2001, n. 6012, Cass., 29 settembre
2004, n. 19595, Cass., 28 giugno 2006, n. 15017, Cass., 4 agosto 2011, n. 16957).
Per l’utilizzo dei criteri interni, in controversie tra cittadini non comunitari residenti in Italia (rispetto ai
quali risultava applicabile la disciplina comunitaria dell’art. 3 del Regolamento n. 2201/2003), v. Trib.
Pordenone, sent. 14 settembre 2005, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2005, 181 ss.; Trib. Reggio Emilia,
sent. 3 settembre 2007, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2009, 638; Trib. Reggio Emilia, sent. 3 aprile
2008, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2009, 737; Trib. Modena, sent. 31 luglio 2008, in Riv. dir.
internaz. priv. proc., 2009, 739. 81
L’art. 4, comma 1, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, è stato dichiarato incostituzionale nella parte in
cui individuava la competenza per territorio, nelle cause di divorzio, con riferimento al criterio prioritario
del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi, che è stato ritenuto manifestamente irragionevole,
dato che, nella maggioranza delle ipotesi, la residenza comune è cessata quantomeno dal momento in cui i
coniugi, in occasione della domanda di separazione, sono stati autorizzati a vivere separatamente (v. C.
Cost. 23 maggio 2008, n. 169, in Foro it., 2008, I, c. 2081). Prima dell’intervento della Corte
costituzionale, l’art. 4, comma 1, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, prevedeva i medesimi criteri di
competenza stabiliti dall’art. 706, comma 1, c.p.c..
I criteri della residenza abituale dei coniugi e dell’ultima residenza abituale, se uno di essi vi risiede
ancora, sono comunque operanti anche nelle cause di divorzio quando sia applicabile l’art. 3 lett. a) del
Regolamento n. 2201/2003.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 27
residenza dell’attore, previsto dall’art. 18, comma 2, c.p.c., nel caso in cui il convenuto
non abbia domicilio, residenza o dimora nella Repubblica (82
).
In particolare, quando nessuno dei coniugi sia cittadino italiano ed il matrimonio non
sia stato celebrato in Italia, la domanda è devoluta alla cognizione del giudice italiano -
secondo la disciplina dell’art. 3 della legge 31 maggio 1995, n. 218, in relazione al
successivo art. 32 - non solo se il convenuto sia residente o domiciliato in Italia (primo
comma), ma, in difetto di tale situazione, anche se la parte attrice abbia la residenza
(anche di fatto) in Italia (83
).
L’art. 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218, prevede inoltre due criteri di
giurisdizione speciali e sussidiari (84
):
- la cittadinanza italiana di uno dei coniugi (85
);
82 Cass. sez. un., 27 novembre 1998, n. 12056, in Giust. civ., 1999, 2383, con nota di RAITI, nel senso
della sussistenza della giurisdizione italiana in relazione al giudizio di separazione promosso da un
cittadino straniero domiciliato in Italia nei confronti del coniuge straniero domiciliato all’estero. Cfr. Trib.
Milano, 27 febbraio 2002, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2002, 1040: “Ai sensi del combinato disposto
dell'art. 3, comma 2, l. n. 218 del 1995 e dell'art. 18, comma 2, c.p.c., sussiste la giurisdizione italiana in
una causa di scioglimento di matrimonio nei confronti di un convenuto residente all’estero qualora
l’attore risieda in Italia”. 83
Cass. sez. un., 3 febbraio 2004, n. 1994, in Foro it., 2004, I, 1063, e in Giust. civ., 2004, 900: “La
domanda di separazione personale, quando nessuno dei coniugi sia cittadino italiano ed il matrimonio non
sia stato celebrato in Italia, è devoluta alla cognizione del giudice italiano, nella disciplina dell'art. 3 l. 31
maggio 1995, n. 218, in relazione al successivo art. 32, non solo se il convenuto sia residente o
domiciliato in Italia (comma 1), ma, in difetto di tale situazione, anche se la parte attrice abbia residenza
(anche di fatto) in Italia, tenendosi conto che l'ultima parte del comma 2 di detto art. 3, rendendo operanti
ai fini della giurisdizione pure i criteri stabiliti per la competenza territoriale, con riguardo alle
controversie non soggette alla convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (resa esecutiva con l. 21
giugno 1971, n. 804), comporta l'applicabilità dell'art. 18, comma 2, c.p.c. sul foro della residenza
dell'attore, ove il convenuto non abbia residenza o domicilio in Italia”. 84
Si ritiene che nel procedimento di separazione consensuale, che ha natura camerale non contenziosa,
debba trovare applicazione l’art. 9 della legge 31 maggio 1995, n. 218, dettato in tema di giurisdizione
volontaria, sebbene non richiamato dall’art. 32 l. cit. (B. BAREL - S. ARMELLINI, Manuale breve di diritto
internazionale privato, cit., 157). 85
La cittadinanza italiana di uno dei coniugi costituisce elemento sufficiente a radicare la giurisdizione
nazionale, essendo irrilevante che essa si riferisca al solo attore o al solo convenuto, e che ad essa si
accompagni anche la cittadinanza di un altro Stato, indipendentemente dalla presenza di altri collegamenti
effettivi con l’Italia.
In applicazione di tale criterio v. Trib. Firenze, sent. 15 aprile 2009, in Foro it., 2009, I, 2819 ss.; Trib.
Firenze, sent. 13 maggio 2009, in Fam. e dir., 2009, 811 ss., con nota di A. ZANOBETTI, e in Riv. dir.
internaz. priv. proc., 2011, 145; Trib. Tivoli, sent. 4 agosto 2009, in Riv. dir. int. priv. proc., 2011, 160.
Per una fattispecie anteriore all’entrata in vigore del Regolamento n. 1347/2000, v. Cass. sez. un., 8
febbraio 2001, n. 47, in Giur. it., 2002, 516, in Fam. e dir., 2001, 332, e in Giust. civ., 2001, 1545, con
osservazioni di D’ALESSANDRO: “Sussiste la giurisdizione del giudice italiano ex art. 32 l. n. 218 del
1995, in un giudizio promosso da cittadina italiana al fine di ottenere lo scioglimento del matrimonio
celebrato in Italia con cittadino tedesco, non rilevando in senso contrario né il successivo identico
giudizio, proposto in Germania dal marito, in forza del quale quest'ultimo eccepisce la litispendenza ex
art. 11 della convenzione italo-tedesca del 1936, resa esecutiva con legge n. 106 del 1937, né il fatto che
la moglie richiami, in forza dell'art. 31, comma 1, l. n. 218 del 1995, la legge sostanziale tedesca, la quale
non prevede la previa separazione dei coniugi”.
Cfr. Cass. sez. un., 17 marzo 2000, n. 61, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2000, 781, e in Giust. civ.,
2000, 1961: “Sussiste la giurisdizione del giudice italiano sulla domanda di separazione proposta da una
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 28
- la celebrazione del matrimonio in Italia (86
).
E’ evidente che questi ultimi criteri ampliano notevolmente la sfera della
giurisdizione italiana, dando luogo ad ipotesi di giurisdizione c.d. eccessiva o
esorbitante, in cui la vita matrimoniale non presenta un effettivo ed attuale collegamento
con il nostro Paese (87
), come nel caso del cittadino italiano che abbia contratto
matrimonio all’estero e sia sempre vissuto con il coniuge in uno Stato extraeuropeo,
oppure nel caso in cui i due coniugi, cittadini non comunitari, abbiano scelto una città
italiana soltanto come luogo della celebrazione del matrimonio, ritornando a vivere nel
Paese d’origine senza aver mai stabilito la residenza in Italia dopo le nozze (88
).
Va infine osservato che l’art. 32 pone criteri non derogabili dalla volontà delle parti
- non richiamando l’art. 4 della legge 31 maggio 1995, n. 218, che, nel riconoscere la
facoltà di scelta del foro, ammette la deroga convenzionale della giurisdizione anche
mediante la tacita accettazione da parte del convenuto (89
) - ed in tal modo esclude
l’operatività dell’art. 11 in ordine ai limiti al rilievo del difetto di giurisdizione, che
quindi deve sempre essere effettuato d’ufficio (90
).
cittadina italiana nei confronti del marito cittadino belga ai sensi dell'art. 32 della l. 31 maggio 1995, n.
218, che riconosce tale giurisdizione quando uno dei coniugi è cittadino italiano. In senso contrario non
può operare l'art. 5 della convenzione de L'Aja del 12 giugno 1902 resa esecutiva in Italia con l. 7
settembre 1905, n. 523, che prevedeva la giurisdizione del giudice del domicilio del convenuto poiché la
menzionata convenzione non è più in vigore in Italia a seguito di denuncia del 2 gennaio 1990, con effetto
dall’1 giugno 1994”. 86
La previsione del luogo di celebrazione del matrimonio come criterio di giurisdizione ha effetto anche
in materia di riconoscimento delle sentenze, dato che l’art. 64 lett. a) della legge 31 maggio 1995, n. 218,
prevede come requisito per il riconoscimento l’avvenuta pronuncia della decisione da parte di un giudice
che poteva conoscere della causa secondo principi sulla competenza giurisdizionale corrispondenti a
quelli propri dell’ordinamento italiano.
Cfr. Trib. Catania, sent. 30 novembre 1995, in Dir. famiglia, 1996, 1117, sulla competenza
giurisdizionale del giudice italiano a decidere la controversia di separazione personale dei coniugi che
abbiano contratto matrimonio in Italia. 87
Cass. 28 maggio 2004, n. 10378, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2005, 129. 88
In sostanza, sussiste la competenza giurisdizionale del giudice italiano quando uno dei due coniugi sia
cittadino italiano, o sia residente o domiciliato in Italia, o qui sia stato celebrato il matrimonio, mentre la
giurisdizione italiana resta esclusa soltanto nel caso in cui entrambi i coniugi siano cittadini stranieri, non
abbiano contratto il matrimonio in Italia e non siano qui residenti né domiciliati. 89
Cass. sez. un., (ord.) 24 ottobre 2006, n. 22818; Cass. sez. un., 1 ottobre 2009, n. 21053, in Fam. e dir.,
2010, 821, con nota di G. GRASSO. 90
In sintesi, quando in una controversia matrimoniale sia presente un elemento di estraneità (ad es.
residenza all’estero o cittadinanza straniera di uno o di entrambi i coniugi), il giudice deve innanzitutto
verificare d’ufficio (a norma dell’art. 17 del Regolamento n. 2201/2003) se, per quella controversia, il
Regolamento n. 2201/2003 preveda o meno la sua competenza giurisdizionale, in base ai criteri indicati
negli artt. 3, 4 e 5, e di conseguenza:
a) se il Regolamento prevede la competenza giurisdizionale del giudice adito, e non risulti che sia stata
preventivamente adita l'autorità giurisdizionale di un altro Stato membro (ex art. 16 del Regolamento n.
2201/2003), il giudice potrà affermare la propria giurisdizione e quindi procedere nell’esame delle
ulteriori questioni (processuali e di merito, previa individuazione della legge sostanziale applicabile);
b) se il Regolamento prevede la competenza giurisdizionale del giudice adito, ma risulti che, davanti
all’autorità giurisdizionale di un diverso Stato membro, tra le stesse parti sia già stata proposta altra
domanda (di separazione personale, divorzio o annullamento del matrimonio), il giudice successivamente
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 29
adito deve sospendere d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dall'autorità
giurisdizionale preventivamente adita, e, se la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente
adita sia stata accertata, il giudice successivamente adito deve dichiarare la propria incompetenza a favore
di quello adìto preventivamente (art. 19 del Regolamento n. 2201/2003);
c) se il Regolamento non prevede la competenza giurisdizionale del giudice adito, e prevede invece la
competenza dell’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro, il giudice adito deve dichiarare
d’ufficio la propria incompetenza, a norma dell’art. 17 del Regolamento n. 2201/2003;
d) se il Regolamento non prevede la competenza giurisdizionale del giudice adito e nessun altro giudice
di uno Stato membro sia competente ai sensi degli artt. 3, 4 e 5 del Regolamento n. 2201/2003, la
giurisdizione, in ciascuno Stato membro, è regolata dalla legge nazionale di tale Stato (art. 7 del
Regolamento), e quindi il giudice italiano dovrà:
d1) utilizzare gli eventuali criteri di giurisdizione stabiliti dalle Convenzioni internazionali applicabili alla
controversia (art. 2 della legge 31 maggio 1995, n. 218);
d2) in mancanza di norme convenzionali, applicare le norme interne sulla giurisdizione (art. 32 della
legge 31 maggio 1995, n. 218), e cioè:
- i criteri generali previsti dall’art. 3 della legge 31 maggio 1995, n. 218;
- i criteri speciali e sussidiari previsti dall’art. 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218.
e) se non risulta applicabile alcuno dei criteri previsti dagli artt. 3 e 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218
(o se è stata fondatamente eccepita la litispendenza internazionale in riferimento ad una domanda
preventivamente proposta davanti all’autorità giurisdizionale di uno Stato terzo, ai sensi dell’art. 7 della
stessa legge), il giudice adìto dovrà dichiarare il proprio difetto di giurisdizione anche in base alle norme
interne.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 31
La giurisdizione nelle controversie familiari transfrontaliere
II parte
La giurisdizione nelle controversie in materia di obbligazioni di mantenimento
UMBERTO GIACOMELLI
SOMMARIO: 1. Il Regolamento (CE) n. 4/2009. - 2. I criteri generali di giurisdizione. - 3. La nozione di
residenza abituale. - 4. I criteri di competenza giurisdizionale esclusiva, sussidiaria e residuale. - 5. Litispendenza e connessione.
1.- Il Regolamento (CE) n. 4/2009.
1.1. La nozione di obbligazioni alimentari (maintenance obligations) accolta nel
diritto dell’Unione europea ha un contenuto più ampio del concetto di alimenti proprio
del diritto italiano (art. 433 ss. c.c.) e ricomprende tutte le prestazioni di carattere
patrimoniale derivanti da rapporti di famiglia.
Quando nelle controversie in materia di obbligazioni alimentari è presente un
elemento di estraneità (ad es. la residenza all’estero o la cittadinanza straniera di una
delle parti del rapporto) trovano applicazione le norme sulla giurisdizione, le quali
individuano i giudici dello Stato cui è riconosciuta la competenza a pronunciare sulla
domanda. In questa materia, alle norme sulla giurisdizione stabilite dal diritto nazionale
- dettate, in particolare, dalla legge 31 maggio 1995 n. 218 (91
) - si è sovrapposta la
disciplina comunitaria, introdotta dapprima dal Regolamento (CE) n. 44/2001 del
Consiglio, del 22 dicembre 2000, “concernente la competenza giurisdizionale, il
riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale” (c.d.
Bruxelles I) (92
) e successivamente dal Regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del
18 dicembre 2008, “relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e
all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari”
(93
), entrato in vigore il 30 gennaio 2009 ed applicabile dal 18 giugno 2011 (94
).
91 A livello interno, l’art. 45 (Obbligazioni alimentari nella famiglia) della legge 31 maggio 1995 n. 218,
sostituito dall'art. 1 del d.lgs. 19 gennaio 2017 n. 7, dispone che “Le obbligazioni alimentari nella
famiglia sono regolate dalla legge designata dal regolamento 2009/4/CE del Consiglio del 18 dicembre
2008 relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e
alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, e successive modificazioni”. 92
Il Regolamento (CE) n. 44/2001 è stato sostituito, a decorrere dal 10 gennaio 2015, dal Regolamento
(UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012 (c.d. Bruxelles I bis),
“concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia
civile e commerciale (rifusione)”, che esclude espressamente dal proprio ambito di applicazione la
materia delle obbligazioni alimentari, in quanto disciplinata dal Regolamento (CE) n. 4/2009 (v.
considerando n. 10 e art. 1, par. 2 lett. e, del Regolamento n. 1215/2012). 93
Il Regolamento (CE) n. 4/2009, la cui approvazione è stata preceduta dall’adozione del Libro verde
sulle obbligazioni alimentari COM(2004) def. 254, è stato adottato dal Consiglio il 18 dicembre 2008
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 32
Il Regolamento n. 4/2009 - che prevale, tra gli Stati membri, sulle convenzioni e gli
accordi che riguardano le materie disciplinate dal Regolamento e di cui sono parte gli
Stati membri (95
) - si inserisce nel quadro della disciplina introdotta dall’Unione
europea in materia civile, commerciale e familiare, articolata in una pluralità di atti
normativi riguardanti la competenza giurisdizionale, la legge applicabile, il
riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni (96
).
sulla base degli artt. 61 e 67 del Trattato CE, con l’obiettivo di sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza
e giustizia, perseguendo gli obiettivi fissati dal Consiglio Europeo di Tampere del 15-16 ottobre 1999 e
dal Programma dell’Aja del 2004 (v. considerando n. 4-6). Esso rappresenta il primo atto comunitario
adottato dall’Unione europea a seguito dell’adesione alla Conferenza dell’Aja di diritto internazionale
privato, nell’ambito della quale la Comunità e gli Stati membri hanno partecipato ai negoziati (v.
considerando n. 8) che sono sfociati il 23 novembre 2007 nell’adozione della Convenzione sull’esazione
internazionale di prestazioni alimentari nei confronti di figli e altri membri della famiglia (Convenzione
dell’Aia del 2007) e del Protocollo relativo alla legge applicabile alle obbligazioni alimentari (Protocollo
dell’Aia del 2007).
Sull’argomento: F. POCAR, I. VIARENGO, Il Regolamento (CE) n. 4/2009 in materia di obbligazioni
alimentari, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2009, 805 ss.; M. CASTELLANETA, A. LEANDRO, Il Regolamento
CE n. 4/2009 relativo alle obbligazioni alimentari, in Nuove Leggi Civili Commentate, 2009, 1051 ss.; S.
MARINO, Il nuovo regolamento comunitario sulla cooperazione giudiziaria civile in materia di
obbligazioni alimentari, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2009, II, 599 ss.; R. CRISCUOLI, Regolamento CE n.
4/2009 del Consiglio in materia di obbligazioni alimentari, in Studi e Materiali, 2010, 4, 1125 ss.; A.
PANCALDI, La disciplina processualcivilistica delle obbligazioni alimentari alla luce del nuovo
regolamento Ce n. 4 del 2009, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2010, 1353 ss.; M. VELLETTI, Il Regolamento
(CE) n.4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al
riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari,
relazione per l’incontro di studio sul tema Gli strumenti sovranazionali in materia di famiglia organizzato
dal Consiglio Superiore della Magistratura, 2010; P. FRANZINA, Il Regolamento (CE) n. 4/2009 relativo
alle obbligazioni alimentari, in M. A. LUPOI, Tutele e procedure giudiziarie europee. Principi
fondamentali e applicazioni pratiche, 2011, 149 ss.; P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, in A.
GRAZIOSI (a cura di), I processi di separazione e di divorzio, 2011, 480 ss.; F.C. VILLATA, Obblighi
alimentari e rapporti di famiglia secondo il regolamento 4/2009, in Riv. dir. internaz., 2011, 731 ss.; M.
E. CORRAO, Il diritto internazionale privato e processuale europeo in materia di obbligazioni alimentari,
in Cuadernos de Derecho Transnacional (Marzo 2011), Vol. 3, n. 1, 118 ss.; R. PACIA, Regolamento
(CE) n. 4/2009: competenza, legge applicabile, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia
di obbligazioni alimentari, in Studium Iuris, 2011, 10 ss.; I. VIARENGO, Commento al Regolamento (CE)
n. 4/2009, in Commentario breve al diritto di famiglia, a cura di A. Zaccaria, Padova, 2011, 3081 ss.; B.
BAREL - S. ARMELLINI, Manuale breve di diritto internazionale privato, Milano, 2012, 177 ss.; U.
GIACOMELLI, La competenza giurisdizionale nelle controversie in materia di obbligazioni alimentari -
Regolamento (CE) n. 4/2009, in Obbligazioni alimentari nelle controversie familiari transfrontaliere, a
cura di Sangiovanni, Roma, 2014, 63 ss.. 94
Il Regolamento n. 4/2009 è applicabile a decorrere dal 18 giugno 2011, a seguito della ratifica da parte
dell’Unione Europea, avvenuta in data 8 aprile 2010, del Protocollo dell’Aja del 23 novembre 2007, di
cui è stata disposta l’applicazione in via provvisoria (art. 76); esso si applica solo ai procedimenti avviati,
alle transazioni giudiziarie approvate o concluse e agli atti pubblici redatti successivamente alla data di
applicazione (art. 75, par. 1). 95
Art. 69, par. 2. 96
I principali Regolamenti dell’Unione europea in materia civile, commerciale e familiare sono i
seguenti:
- il Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000 (c.d. Bruxelles I), concernente la
competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e
commerciale, sostituito, a decorrere dal 10 gennaio 2015, dal Regolamento (UE) n. 1215/2012 del
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 33
Il Regolamento n. 4/2009 riunisce in un unico strumento normativo la
regolamentazione organica di tutti i diversi aspetti della materia delle obbligazioni
alimentari, e si caratterizza per l’ampiezza del proprio ambito di applicazione, che si
estende dalla disciplina della competenza giurisdizionale a quella della legge applicabile
e della circolazione (riconoscimento ed esecuzione) delle decisioni, oltre alla
cooperazione tra autorità centrali (97
). Per effetto del Regolamento n. 4/2009 è quindi
esclusa, nelle controversie in materia di obbligazioni alimentari, l’applicazione degli
altri Regolamenti che disciplinano la competenza giurisdizionale (c.d. Bruxelles I e II
bis) e la legge applicabile (c.d. Roma I, II e III).
In particolare, il Regolamento n. 4/2009 ha introdotto norme uniformi sulla
giurisdizione, ispirate ai principi della certezza e della prevedibilità, che trovano
applicazione in tutti gli Stati membri (98
) - operando la ripartizione della competenza
Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012 (c.d. Bruxelles I bis);
- il Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003 (c.d. Bruxelles II bis), relativo
alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia
di responsabilità genitoriale, che ha abrogato il Regolamento (CE) n. 1347/2000 (c.d. Bruxelles II);
- il Regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, sulla
legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (c.d. Roma II);
- il Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla
legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (c.d. Roma I);
- il Regolamento (UE) n. 1259/2010 del Consiglio, del 20 dicembre 2010, relativo all’attuazione di una
cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale (c.d.
Roma III);
- il Regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo
alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e
all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un
certificato successorio europeo;
- il Regolamento (UE) n. 1103/2016 del Consiglio, del 24 giugno 2016, che attua la cooperazione
rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle
decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi (si applica a decorrere dal 29 gennaio 2019);
- il Regolamento (UE) n. 1104/2016 del Consiglio, del 24 giugno 2016 che attua la cooperazione
rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle
decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate (si applica a decorrere dal 29 gennaio
2019). 97
Cfr. considerando n. 10. In particolare, in base al Regolamento n. 1259/2010 (considerando n. 10 e art.
1, par. 2, lett. g) le materie quali gli effetti del divorzio o della separazione personale sulle obbligazioni
alimentari sono regolate dalle norme di conflitto applicabili nello Stato membro partecipante interessato,
e quindi dal Regolamento n. 4/2009. 98
Il Regolamento n. 4/2009 si applica anche al Regno Unito che, seguendo la procedura di cui all’ex art.
11 A Tr. CE, ha notificato la propria intenzione di accettarlo, accolta dalla Commissione con la decisione
2009/451/CE 8.6.2008 (GUUE L 149, 12.6.2009, 73ss.: al Regno Unito tuttavia non si applica il
Protocollo dell’Aja sulla legge applicabile); anche l’Irlanda ha deciso di partecipare all’adozione e
all’applicazione del Regolamento n. 4/2009, esercitando il proprio diritto di opting in. La Danimarca, ai
sensi degli artt. 1 e 2 del Protocollo che regola la posizione di questo Stato rispetto ai Trattati UE e CE,
non è vincolata dal Regolamento n. 4/2009 (v. il considerando n. 48 e l’art. 69 par. 3), né può esercitare,
contrariamente al Regno Unito e all’Irlanda, un diritto di opting in; tuttavia la Danimarca, in virtù
dell’accordo concluso con la CE il 12.6.2009, ha dato attuazione alle modifiche apportate dal
Regolamento n. 4/2009 al Regolamento n. 44/2001 (che si applica ad essa in base all’accordo con la CE
del 19.10.2005, concluso con la decisione 2006/325/CE del Consiglio, GUUE L 120, 5.5.2006, 22 ss.) in
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 34
giurisdizionale nei rispettivi ambiti territoriali e la conseguente predeterminazione del
giudice naturale - con l’obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio comune di
libertà, sicurezza e giustizia, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone,
allo scopo di rendere più efficaci i mezzi di cui dispongono i creditori di alimenti per la
tutela dei loro diritti nelle controversie transfrontaliere, nella misura necessaria al
corretto funzionamento del mercato interno (99
).
Il presupposto implicito dell’operatività del Regolamento è costituito dalla c.d.
europeità (o internazionalità) della fattispecie, che sussiste quando gli elementi
significativi (cittadinanza e residenza delle parti) non sono tutti riconducibili
all’ordinamento di un medesimo Stato membro dell’Unione europea; non è tuttavia
necessario che l’elemento di estraneità si riferisca ad un altro Stato membro, potendo
riguardare uno Stato terzo (ad es. cittadinanza non comunitaria o residenza di una delle
parti in un Paese extraeuropeo) (100
).
1.2. Il Regolamento individua le obbligazioni alimentari come categoria giuridica
autonoma sia rispetto alla “materia civile e commerciale” (disciplinata dai Regolamenti
n. 44/2001, n. 864/2007 e n. 593/2008) sia rispetto alla materia del diritto di famiglia
(disciplinata dai Regolamenti n. 2201/2003 e n. 1259/2010), attribuendo a tale nozione
una specifica rilevanza - agli effetti della determinazione della competenza
giurisdizionale, della legge applicabile, del riconoscimento ed esecuzione delle
decisioni - in ragione della sua duplice natura: di carattere patrimoniale, riguardo al
contenuto dell’obbligazione, e di carattere familiare, per la tipologia dei rapporti che ne
costituiscono il fondamento (101
).
In assenza di una definizione espressa nell’ambito delle disposizioni del
Regolamento (v. art. 2), la nozione di obbligazioni alimentari (maintenance obligations)
va intesa nell’accezione autonoma propria del diritto comunitario, estesa “a tutte le
obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o
tema di competenza giurisdizionale e di riconoscimento delle decisioni, nonché alle disposizioni relative
al capo dedicato all’accesso alla giustizia; non sono quindi vincolanti per la Danimarca le disposizioni del
Regolamento n. 4/2009 sulla legge applicabile e sulla cooperazione amministrativa. 99
Cfr. considerando n. 1, n. 10 e n. 45. A norma dell’art. 68, par. 2, il Regolamento n. 4/2009 sostituisce,
in materia di obbligazioni alimentari, il Regolamento n. 805/2004 istitutivo del titolo esecutivo europeo
per i crediti non contestati, tranne per i titoli esecutivi europei riguardanti obbligazioni alimentari emessi
in uno Stato membro non vincolato dal protocollo dell’Aja del 2007. Le obbligazioni alimentari sono
invece espressamente escluse dall’ambito di applicazione del Regolamento n. 861/2007, che istituisce un
procedimento europeo per le controversie di modesta entità (art. 2, par. 2, lett. b), e implicitamente da
quello del Regolamento n. 1896/2006, che istituisce un procedimento europeo di ingiunzione di
pagamento. 100
Cfr. considerando n. 15: «La circostanza che un convenuto abbia la residenza abituale in uno Stato
terzo non dovrebbe escludere l’applicazione delle norme comunitarie in materia di competenza». 101
M. E. CORRAO, Il diritto internazionale privato e processuale europeo in materia di obbligazioni
alimentari, cit., 121, osserva che il carattere “ibrido” della materia ha condizionato talune scelte
normative, come quella di escludere questa categoria di norme dall’ambito di applicazione della
regolamentazione uniforme in materia di obbligazioni extra-contrattuali.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 35
di affinità” (102
), e quindi comprensiva dei diversi istituti delle obbligazioni di
mantenimento e di quelle di alimenti previste dall’ordinamento italiano (103
).
Nel sistema vigente, il concetto di alimenti, in senso stretto, si riferisce all’istituto
disciplinato dagli artt. 433 ss. c.c., mentre gli obblighi di mantenimento, nell’ambito
delle relazioni familiari, trovano il loro fondamento nel dovere di contribuzione tra
102 Così il considerando n. 11 del Regolamento n. 4/2009; cfr. art. 1, par. 1 del Protocollo dell’Aja 2007.
Sulla nozione di obbligazione alimentare, v. M. CASTELLANETA, A. LEANDRO, Il Regolamento CE n.
4/2009, cit., 1060 ss.
Il Regolamento, pur elencando i rapporti sui quali si fonda l’obbligazione alimentare (“i rapporti di
famiglia, di matrimonio, di parentela e di affinità”), non intende incidere sulla loro regolamentazione,
come risulta dalla disciplina del riconoscimento ed esecuzione delle decisioni (v. considerando n. 25 e art.
22: «Il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione in materia di obbligazioni alimentari a norma del
presente regolamento non implicano in alcun modo il riconoscimento del rapporto di famiglia, di
parentela, di matrimonio o di affinità alla base dell’obbligazione alimentare che ha dato luogo alla
decisione»; cfr. considerando n. 21: «Occorre precisare, nel quadro del presente regolamento, che tali
norme sui conflitti di legge determinano solo la legge applicabile alle obbligazioni alimentari e non
determinano la legge applicabile all’accertamento del rapporto di famiglia sul quale si basano le
obbligazioni alimentari. L’accertamento del rapporto di famiglia continua a essere disciplinato dal diritto
interno degli Stati membri, comprese le loro norme di diritto internazionale privato»).
Il testo definitivo del Regolamento ha una formulazione più riduttiva di quella prospettata nel corso dei
lavori preparatori, ove era stato previsto, ai fini dell’individuazione della nozione di obbligazioni
alimentari, un espresso riferimento anche ai “rapporti assimilabili ai rapporti di famiglia”, con l’intento di
includere nell’ambito di applicazione del Regolamento quelle unioni non riconducibili al concetto
tradizionale di famiglia, quali le unioni di fatto, le unioni registrate ed i matrimoni same sex. La stessa
ampia formulazione è utilizzata, in senso negativo, dall’art. 2, par. 2, lett. b del Regolamento n. 593/2008
e dall’art. 2, lett. a e b, del Regolamento n. 864/2007 per individuare le obbligazioni alimentari quale
categoria esclusa dai relativi ambiti di applicazione ratione materiae.
Una diversa interpretazione, finalizzata ad ampliare la configurazione restrittiva fondata sul testo dell’art.
1 del Regolamento, conforme alla ratio che aveva ispirato i lavori preparatori, dovrebbe essere fondata
sulla ricostruzione più ampia, nell’ordinamento comunitario, del significato attribuibile al termine
matrimonio e all’espressione rapporti di famiglia. Tuttavia, come osserva M. E. CORRAO, Il diritto
internazionale privato e processuale europeo in materia di obbligazioni alimentari, cit., 125, non sembra
che allo stato attuale sia possibile individuare un diverso significato di tali nozioni, nella giurisprudenza
comunitaria o con riferimento ai principi generali rilevabili dagli ordinamenti degli Stati membri, data la
profonda differenziazione esistente al loro interno in ordine alla regolamentazione dei rapporti di
famiglia.
Peraltro, il considerando n. 12 della Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla
legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle
unioni registrate, COM(2011) 127 def., prevede che «Le obbligazioni alimentari tra partner dell’unione
registrata, essendo disciplinate dal regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008,
relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla
cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, devono essere escluse dal campo di applicazione del
presente regolamento». 103
Cass. sez. un., 1 ottobre 2009, n. 21053, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2010, 462 ss., e in Fam. e dir.,
2010, 821 ss., con nota di G. GRASSO; cfr. Cass. sez. un., 24 luglio 2003, n. 11526, in Riv. dir. int. priv. e
proc., 2004, 678 ss..
Come vi sono obbligazioni che, pur non essendo qualificabili come alimentari nell’ordinamento italiano,
ricadono nella sfera di operatività del Regolamento n. 4/2009, così, al contrario, vi sono prestazioni
alimentari (di diritto italiano) alle quali la disciplina del Regolamento non è applicabile, derivando non da
rapporti di famiglia, ma da altro titolo di natura contrattuale o successoria (cfr. artt. 437 e 660 c.c.; ad es.
gli alimenti dovuti dal donatario, se il titolo dell’obbligazione è quello derivante dalla sola donazione e
non dal rapporto di parentela).
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 36
coniugi (art. 143 c.c.) e nei confronti dei figli, anche se nati fuori dal matrimonio (artt.
30 Cost., 147 e 148 c.c.), nonché, in situazioni di crisi matrimoniale, negli obblighi in
favore della prole (artt. 337 bis ss. c.c., applicabili alla separazione, al divorzio ed alle
relazioni con i figli naturali) ed in favore del coniuge separato e dell’ex coniuge (art.
156 c.c. e artt. 5-8 l. div.) (104
). Sotto il profilo processuale, nella materia delle
obbligazioni alimentari sono ricomprese due diverse tipologie di controversie:
- le domande di mantenimento proposte in via principale (ad es. ricorsi ex art. 316 bis
c.c.; ricorsi per modifica delle condizioni di separazione o divorzio, ai sensi degli artt.
710 c.p.c. e 9 l. div.);
- le domande di mantenimento accessorie ad un’azione relativa allo stato delle
persone (es. controversie di separazione e divorzio) o alla responsabilità genitoriale (es.
domanda di affidamento dei figli minori).
In tale quadro di riferimento, l’interpretazione autonoma della nozione di
obbligazioni alimentari - fondata sull’oggetto, lo scopo ed il contesto in cui le
disposizioni sono inserite, nonché sui principi generali desumibili dal complesso degli
ordinamenti giuridici nazionali - è volta a garantire l’uguaglianza e l’uniformità
dell’applicazione del diritto dell’Unione europea negli Stati membri.
Può quindi essere qualificata come alimentare quell’obbligazione che, a prescindere
dalla denominazione utilizzata (105
), ha la propria fonte nella legge o in un
provvedimento giudiziale - cioè in un titolo diverso dalla volontà delle parti (tranne
che questa sia riproduttiva o integrativa di un obbligo già predeterminato giudizialmente
o dalla legge) - e che si connota per le diverse modalità di esecuzione della prestazione
che ne costituisce l’oggetto, essendo irrilevante che questa consista nella corresponsione
di pagamenti periodici o una tantum, nel trasferimento della proprietà di beni dai quali
ricavare un rendita o nella concessione di garanzie reali o personali (106
), dove
l’elemento caratterizzante è individuato dalla funzione che delinea la tipicità della
causa, costituita dalla prevalenza dello scopo di sostentamento del creditore (107
), e che
presiede alla determinazione dell’ammontare della relativa prestazione in base a due
parametri, correlati alle condizioni economiche del debitore ed ai bisogni del creditore.
Restano escluse le prestazioni non riconducibili a tale funzione, come quelle dirette
alla ripartizione dei beni per definire il regime patrimoniale dei coniugi e quelle aventi
finalità risarcitoria o successoria.
104 E’ stato osservato (v. G. OBERTO, Gli obblighi di mantenimento e il recupero dei crediti alimentari in
diritto comunitario: la nozione comunitaria di “alimenti” e i principi in tema di competenza
giurisdizionale, in giacomooberto.com) che la nozione di alimenti potrebbe anche abbracciare l’assegno
periodico previsto in favore delle persone conviventi more uxorio che rimangano prive di mezzi adeguati
a seguito dell’allontanamento del partner disposto dall’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 342 ter c.c.,
introdotto dall’art. 2 della legge n. 154/2001 (Misure contro la violenza nelle relazioni familiari). 105
L’ampiezza della nozione è dimostrata dall’art. 4, par. 1, lett. c), che, richiamando espressamente «le
obbligazioni alimentari tra coniugi o ex coniugi», non può che riferirsi all’assegno divorzile. 106
Corte di giustizia, 6 marzo 1980, C-120/79, de Cavel (II). 107
Corte di giustizia, sez. V, 27 febbraio 1997, C-220/95, van den Boogaard v. Laumen, pt. 22, in Giust.
civ., 1998, I, 308 ss..
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 37
2.- I criteri generali di giurisdizione.
2.1. Nella materia delle obbligazioni alimentari il legislatore europeo ha inteso creare
un sistema unitario ed esaustivo della disciplina della giurisdizione, che tende a
realizzare vari obiettivi: adattare le norme in materia di competenza giurisdizionale,
quali risultano dal Regolamento n. 44/2001, in modo da preservare gli interessi dei
creditori di alimenti; estendere l’applicazione delle norme comunitarie sulla competenza
alle ipotesi in cui il convenuto abbia la residenza abituale in uno Stato terzo; escludere il
rinvio alle norme in materia di competenza contemplate dal diritto nazionale,
determinando i casi in cui un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro può
esercitare una competenza sussidiaria (108
).
Le disposizioni sulla competenza giurisdizionale contenute nel Regolamento n.
4/2009 (capo II, artt. 3-7) individuano una serie di titoli concorrenti di diversa natura,
articolati in ordine gerarchico, nell’ambito dei quali è possibile distinguere i criteri di
competenza generale (art. 3) e quelli di competenza esclusiva (artt. 4 e 5), sussidiaria
(art. 6) e residuale (forum necessitatis, art. 7).
Il sistema attribuisce rilevanza ai criteri generali di competenza giurisdizionale
soltanto nel caso in cui le parti non abbiano esercitato la facoltà di individuare un
determinato foro (electio fori) tra quelli indicati dal Regolamento (art. 4), e purché il
convenuto abbia sollevato l’eccezione di difetto di giurisdizione al momento della sua
costituzione, restando altrimenti radicata la competenza dell’autorità giurisdizionale
dello Stato membro dinanzi alla quale il convenuto è comparso (art. 5). Nel caso di
mancata comparizione del convenuto trova invece applicazione l’art. 10 del
Regolamento che impone al giudice adito di verificare d’ufficio la competenza
giurisdizionale (109
) e di dichiarare la propria incompetenza quando venga investito di
una controversia per la quale non sia competente in base al Regolamento, senza dover
108 Cfr. considerando n. 15. Sul punto, P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 481, osserva che le
norme sulla competenza giurisdizionale introdotte dal Regolamento n. 4/2009 perseguono
fondamentalmente due obiettivi: garantire ampie opportunità d’accesso alla giustizia, specie nell’interesse
dell’alimentando, prevedendo una pluralità di titoli di giurisdizione concorrenti, alcuni dei quali
preordinati a portare la controversia in un foro particolarmente vicino al creditore, e favorire l’unità del
contenzioso sulle pretese alimentari e sul rapporto giuridico ad esse sottostante. 109
Il disposto risultante dal coordinamento degli artt. 5 e 10 del Regolamento n. 4/2009 corrisponde
pertanto all’art. 26, par. 1, del Regolamento n. 44/2001: «Se il convenuto domiciliato nel territorio di uno
Stato membro è citato davanti ad un giudice di un altro Stato membro e non compare, il giudice, se non è
competente in base al presente regolamento, dichiara d’ufficio la propria incompetenza». Cfr. l’art. 28,
par. 1, del Regolamento n. 1215/2012 (c.d. Bruxelles I bis).
L’art. 11 prevede inoltre che, nel caso di mancata comparizione in giudizio del convenuto abitualmente
residente in un altro Stato, il giudice è tenuto a sospendere il procedimento fino a quando non si accerti
che al convenuto sia stata data la possibilità di ricevere la domanda giudiziale, o un atto equivalente, in
tempo utile per poter presentare le proprie difese, ovvero che sia stato fatto tutto il possibile a tal fine
(analogamente a quanto prevedono l’art. 26, par. 2, del Regolamento n. 44/2001 e l’art. 18, par. 1, del
Regolamento n. 2201/2003): v. P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 486.
Sebbene la verifica d’ufficio della giurisdizione debba essere effettuata in via preliminare, il giudice potrà
comunque rilevare il proprio difetto di giurisdizione in ogni stato e grado del processo.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 38
anche verificare se sussista la competenza dell’autorità giurisdizionale di un altro Stato
membro (110
).
In sostanza, è sempre competente il giudice dello Stato membro dinanzi al quale il
convenuto è comparso senza contestare la giurisdizione; se invece il convenuto non
compare o, costituendosi in giudizio, eccepisce il difetto di giurisdizione, il giudice deve
procedere alla verifica della propria competenza giurisdizionale, accertando innanzitutto
se le parti abbiano provveduto all’electio fori e, in mancanza di questa, applicando i
criteri generali o, infine, quelli sussidiari e residuali.
L’ordine di applicazione dei criteri di giurisdizione è dunque il seguente: competenza
fondata sulla comparizione del convenuto (art. 5) (111
); competenza fondata
sull’elezione del foro (art. 4); competenza generale (art. 3); competenza sussidiaria (art.
6) e competenza residuale (art. 7).
2.2. La competenza generale viene stabilita sulla base di più criteri, in concorso
alternativo tra loro; ciò rende teoricamente possibile il fenomeno del forum shopping,
attenuato dalla previsione di norme uniformi sulla legge applicabile (v. art. 15, che
rinvia al Protocollo dell’Aia del 23 novembre 2007).
Sino all’entrata in vigore del Regolamento n. 4/2009, la disciplina della giurisdizione
in materia di obbligazioni alimentari era stabilita dal Regolamento n. 44/2001, che -
oltre a riconoscere il foro generale del domicilio del convenuto (art. 2), quale centro
degli affari e degli interessi economici - prevedeva anche (all’art. 5, n. 2) la
competenza speciale del giudice del luogo in cui il creditore di alimenti ha il domicilio o
la residenza abituale o, per le domande accessorie ad un’azione relativa allo stato delle
persone, del giudice competente a conoscere quest’ultima secondo la legge nazionale
(112
).
110 Diversa è la disciplina stabilita dall’art. 17 del Regolamento n. 2201/2003, che impone al giudice adito
di verificare d’ufficio la propria competenza giurisdizionale indipendentemente dal comportamento
processuale del convenuto, e di dichiararsi incompetente quando sia investito di una controversia per la
quale il Regolamento non prevede la sua competenza e per la quale, in base al Regolamento, sia invece
competente l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro (dato che, laddove il Regolamento non
preveda la competenza dell’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro, il giudice adito dovrebbe
verificare se sussista la propria competenza residua secondo le norme interne, ai sensi dell’art. 7); pur
essendo riconosciuta all’attore la facoltà di scelta tra i diversi fori alternativi indicati dall’art. 3, è quindi
escluso che le parti possano designare consensualmente il giudice cui attribuire la competenza
giurisdizionale (anche in caso di domanda congiunta di separazione o di divorzio, l’unico criterio di
giurisdizione previsto dal Regolamento è quello della residenza abituale di uno dei coniugi nel territorio
dello Stato membro del giudice adito). 111
E’ significativo che nell’art. 5 non siano espressamente richiamati gli articoli precedenti (“Oltre che
nei casi in cui la sua competenza risulta da altre disposizioni del presente regolamento, è competente
l’autorità giurisdizionale dello Stato membro dinanzi alla quale compare il convenuto. Tale norma non è
applicabile se la comparizione è intesa a eccepire l’incompetenza”), diversamente dalla formulazione
degli art. 6 e 7, che ne prevede l’applicazione in via residuale (“Se nessuna autorità giurisdizionale di uno
Stato membro è competente ai sensi degli articoli 3, 4 e 5 …”; “Qualora nessuna autorità giurisdizionale
di uno Stato membro sia competente ai sensi degli articoli 3, 4, 5 e 6 …”). 112
I criteri individuati dall’art. 5, n. 2, del Regolamento n. 44/2001, hanno natura di fori speciali, ma non
esclusivi, in quanto concorrenti con quello generale di cui all’art. 2; tali disposizioni non sono più
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 39
Rispetto a tale disciplina, il Regolamento n. 4/2009 individua innanzitutto come
criteri di competenza generale (art. 3, lett. a e b) la residenza abituale del convenuto e
quella del creditore della prestazione (113
).
Il concorso alternativo tra foro del convenuto e foro del creditore (114
) rende evidente
il favor creditoris - cui si ispira la ratio della disposizione - che attribuisce al
creditore di alimenti, quando agisce in giudizio, la facoltà di instaurare il procedimento
o nello Stato membro della propria residenza o in quello di residenza abituale del
debitore, scegliendo il giudice che sia in grado di valutare più adeguatamente le
condizioni economiche delle parti e la reale consistenza del patrimonio dell’obbligato
(115
); mentre, nell’ipotesi contraria, il debitore-attore (il quale agisca, ad es., per
l’accertamento negativo dell’obbligo alimentare o per la riduzione della prestazione
dovuta) ha a disposizione soltanto il foro del convenuto (coincidente, in tal caso, con il
foro del creditore).
In particolare, il Regolamento n. 4/2009 ha introdotto specifiche innovazioni rispetto
alla disciplina dettata dagli artt. 2 e 5, n. 2, del Regolamento n. 44/2001:
- l’art. 3 lett. a) del Regolamento n. 4/2009 si riferisce al foro della residenza abituale
applicabili alle obbligazioni alimentari, a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento n. 4/2009 (v. art.
68, par. 1, e considerando n. 15 e n. 44).
Il Regolamento n. 2201/2003 esclude espressamente le obbligazioni alimentari dal proprio ambito di
applicazione ratione materiae, tranne nei casi in cui la domanda sia proposta in via accessoria ad
un’azione relativa allo stato delle persone (v. considerando n. 11 e art. 1, par. 3, lett. e, del Regolamento
n. 2201/2003). Anche il nuovo Regolamento n. 1215/2012 (c.d. Bruxelles I bis) non si applicherà alla
materia delle obbligazioni alimentari (v. considerando n. 10 e art. 1, par. 2, lett. e) in quanto disciplinata
dal Regolamento n. 4/2009. 113
A norma dell’art. 3 del Regolamento n. 4/2009, «sono competenti a pronunciarsi in materia di
obbligazioni alimentari negli Stati membri:
a) l’autorità giurisdizionale del luogo in cui il convenuto risiede abitualmente; o
b) l’autorità giurisdizionale del luogo in cui il creditore risiede abitualmente; o
c) l’autorità giurisdizionale competente secondo la legge del foro a conoscere di un’azione relativa allo
stato delle persone qualora la domanda relativa a un’obbligazione alimentare sia accessoria a detta azione,
salvo che tale competenza sia fondata unicamente sulla cittadinanza di una delle parti; o
d) l’autorità giurisdizionale competente secondo la legge del foro a conoscere di un’azione relativa alla
responsabilità genitoriale qualora la domanda relativa a un’obbligazione alimentare sia accessoria a detta
azione, salvo che tale competenza sia fondata unicamente sulla cittadinanza di una delle parti». 114
Secondo l’art. 2, par. 1, n. 10, per “creditore” si intende «qualsiasi persona fisica cui siano dovuti o si
presume siano dovuti gli alimenti»; nella definizione rientra anche la persona che propone per la prima
volta un’azione giudiziale, ed alla quale non sia già stata riconosciuta tale condizione creditoria da una
precedente sentenza (v. Corte di giustizia, sent. 20 marzo 1997, Farrell, C-295/95; Corte di giustizia,
sent. 15 gennaio 2004, Blijdenstein, C-433/01, con riferimento alla nozione di creditore enunciata nell’art.
5, n. 2, del Regolamento n. 44/2001). Ai fini delle domande di riconoscimento ed esecuzione di una
decisione in materia di obbligazioni alimentari, il termine comprende anche gli «enti pubblici che hanno il
diritto di agire per conto di una persona cui siano dovuti gli alimenti o di chiedere il rimborso di
prestazioni erogate al creditore in luogo degli alimenti» (v. considerando n. 14 e art. 64).
Per “debitore” si intende «qualsiasi persona fisica che deve corrispondere alimenti o alla quale sono
richiesti alimenti» (art. 2, par. 1, n. 11). 115
P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 481, osserva come il favor nei confronti del creditore si
esprime in una disciplina “non egalitaria” della competenza, che istituisce in favore dell’alimentando dei
titoli di giurisdizione non disponibili al debitore.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 40
del convenuto, e non più al domicilio, operando così una modifica del criterio di
giurisdizione previsto dall’art. 2 del Regolamento n. 44/2001;
- l’art. 3 lett. b) del Regolamento n. 4/2009 indica il foro della residenza abituale del
creditore, e non anche quello del suo domicilio, operando così una limitazione della
facoltà di scelta dell’attore;
- la competenza sulle domande accessorie è stata espressamente estesa dalle azioni di
stato delle persone (ad es. separazione, divorzio, annullamento del matrimonio) anche a
quelle relative alla responsabilità genitoriale (ad es. affidamento dei figli minori),
attuando il pieno coordinamento con le disposizioni del Regolamento n. 2201/2003; di
conseguenza, le autorità competenti a pronunciare in via principale in materia di stato o
di responsabilità genitoriale, sulla base dei criteri di competenza giurisdizionale del
Regolamento n. 2201/2003, possono conoscere delle domande accessorie in materia di
obbligazioni alimentari (escluse dall’ambito di applicazione ratione materiae del
Regolamento n. 2201/2003, quando la domanda sia proposta in via principale: v.
considerando n. 11 e art. 1, par. 3, lett. e, del Regolamento n. 2201/2003) (116
).
Sebbene le azioni riguardanti la responsabilità genitoriale non siano qualificabili
come “azioni di stato” (ad es. domanda di modifica delle condizioni di affidamento dei
figli minori), tuttavia una sostanziale equiparazione tra le due categorie di azioni, ai fini
dell’attrazione della competenza sulle domande accessorie in materia di obbligazioni
alimentari, era già desumibile dal considerando n. 11 del Regolamento n. 2201/2003, il
cui rinvio all’art. 5, n. 2, del Regolamento n. 44/2001 deve ora intendersi rivolto all’art.
3, lett. c) e d), del Regolamento n. 4/2009 (117
).
Dall’autonomia dei criteri di giurisdizione fondati sulla residenza abituale in uno
Stato membro (art. 3 lett. a e b), rispetto a quello sussidiario fondato sulla cittadinanza
comune (art. 6), consegue che la residenza (del creditore o del convenuto) costituisce
titolo sufficiente a radicare la giurisdizione, indipendentemente dalla cittadinanza delle
parti. I criteri dettati dall’art. 3 lett. a) e b) del Regolamento n. 4/2009 trovano quindi
applicazione in tutti i casi in cui le parti (o almeno una di esse) risiedano abitualmente
nel territorio dell’Unione, a prescindere dalla cittadinanza europea (118
).
116 Cfr. considerando n. 11 del Regolamento n. 2201/2003: «le obbligazioni alimentari sono escluse dal
campo di applicazione del presente regolamento in quanto sono già disciplinate dal Regolamento (CE) n.
44/2001. I giudici competenti ai sensi del presente regolamento saranno in genere competenti a statuire in
materia di obbligazioni alimentari in applicazione dell’articolo 5, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n.
44/2001». 117
Cfr. considerando n. 15 e 44, nonché art. 68, par. 1, del Regolamento n. 4/2009. 118
Con riferimento alle controversie in materia matrimoniale, la Corte di giustizia, nella sentenza 29
novembre 2007, C-68/07, Sundelind Lopez c. Lopez Lizazo, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2008, 570,
ha chiarito che il Regolamento n. 2201/2003 «si applica anche ai cittadini di Stati terzi che hanno vincoli
sufficientemente forti con il territorio di uno degli Stati membri in conformità dei criteri di competenza
previsti dal detto regolamento»; la decisione richiama l’ottavo considerando del Regolamento n.
1347/2000, il cui testo non è stato espressamente riprodotto nelle premesse del Regolamento n.
2201/2003 (v. punto 26).
Nella sentenza citata, la Corte di giustizia ha ritenuto applicabile la disciplina della giurisdizione dettata
dal Regolamento n. 2201/2003 nei confronti di un cittadino cubano, tornato a risiedere nel paese
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 41
Risulta evidente la volontà di ricondurre nell’ambito di applicazione del
Regolamento anche quelle controversie che presentino un collegamento con
ordinamenti di Stati terzi, affinché sia ridotta al minimo la possibilità per gli Stati
membri di applicare nella materia in esame le norme interne sulla competenza
giurisdizionale.
Ne consegue che anche i cittadini di Stati terzi, se residenti abitualmente in uno Stato
membro, sono sottoposti ai criteri di giurisdizione previsti dal Regolamento,
indipendentemente dalle norme sulla giurisdizione stabilite dalla lex fori (119
).
Il Regolamento n. 4/2009 - introducendo il criterio generale della residenza abituale
con riferimento al forum actoris, in alternativa al principio del forum rei - ha dunque
una vocazione tendenzialmente universale, tale da attrarre nella giurisdizione dei Paesi
dell’Unione europea le controversie in cui l’attore non sia cittadino comunitario -
purché egli sia abitualmente residente in uno Stato membro - anche se il convenuto sia
privo della cittadinanza europea e non risieda nel territorio dell’Unione al momento
della proposizione della domanda: a norma del considerando n. 15, «la circostanza che
un convenuto abbia la residenza abituale in uno Stato terzo non dovrebbe escludere
l’applicazione delle norme comunitarie in materia di competenza». Pertanto, i criteri di
collegamento previsti dal Regolamento n. 4/2009 si applicano non solo ai convenuti
fisicamente presenti in uno Stato membro, ma anche - quando viene in considerazione
il forum actoris - ai convenuti residenti negli Stati terzi.
In sostanza, per radicare la giurisdizione in materia di obbligazioni alimentari è
sufficiente la sola residenza abituale di una delle parti (creditore o convenuto) in uno
Stato membro, anche laddove l’altra parte non abbia mai avuto la residenza in alcun
Paese europeo e sebbene nessuno dei due soggetti sia cittadino comunitario.
2.3. Con riferimento alle domande di mantenimento proposte in via accessoria, si
deve infine osservare che il Regolamento n. 2201/2003 «dovrebbe applicarsi solo allo
scioglimento del vincolo matrimoniale e non dovrebbe riguardare questioni quali le
cause di divorzio, gli effetti del matrimonio sui rapporti patrimoniali o altri
provvedimenti accessori ed eventuali» (considerando n. 8). Di conseguenza, le norme
sulla giurisdizione stabilite dal Regolamento n. 2201/2003 riguardano esclusivamente le
d’origine, convenuto in giudizio dalla moglie svedese, con la quale egli aveva risieduto abitualmente in
Francia (Stato in cui la moglie ancora risiedeva), interpretando l’art. 7 nel senso che l’applicazione della
legge nazionale è ammessa solo qualora non operi alcuno dei criteri di giurisdizione stabiliti dagli artt. 3,
4 e 5, anche se il coniuge convenuto si trovi a risiedere, nel momento della proposizione della domanda,
in uno Stato terzo. I criteri stabiliti dal Regolamento sono quindi applicabili anche nei confronti di
convenuti privi di residenza abituale in uno Stato membro all’epoca della proposizione della domanda,
quando i coniugi abbiano avuto la loro ultima residenza abituale in uno Stato membro e uno di essi vi
risieda ancora (o quando l’attore sia abitualmente residente in uno Stato membro da almeno sei mesi o un
anno, a seconda della sua nazionalità). Cfr. Trib. Belluno, sent. 6 marzo 2009, in Giur. merito, 2010, 663,
con nota di M. D’AURIA; in Famiglia e diritto, 2010, 179, con nota di A. FELETTO, e in Riv. dir. internaz.
priv. e proc., 2011, 140. 119
Cfr. considerando n. 15: «non dovrebbe essere più previsto alcun rinvio alle norme in materia di
competenza contemplate dal diritto nazionale».
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 42
azioni di stato relative al vincolo coniugale (separazione, divorzio e annullamento del
matrimonio) e le domande relative alla responsabilità genitoriale (120
), ma non altre
domande, seppur proposte tra le medesime parti, anche se strettamente connesse alle
prime, senza possibilità di estensione ad ulteriori questioni, quali l’addebito della colpa
o responsabilità (le cause) della crisi coniugale (121
), e gli effetti dello scioglimento del
matrimonio sui rapporti patrimoniali tra i coniugi (122
) e nei confronti dei figli (come gli
obblighi di mantenimento e l’assegnazione dell’abitazione familiare), che restano
sottoposte ad autonomi criteri di giurisdizione (123
).
A questa frammentazione dei diversi criteri di giurisdizione astrattamente operanti
nell’ambito della medesima controversia in cui vengano articolate più domande, si
contrappone la tendenza alla concentrazione della competenza giurisdizionale (124
), con
riferimento:
- alle domande relative alla responsabilità genitoriale, proponibili davanti al giudice
competente a provvedere sulle domande di divorzio, separazione personale dei coniugi
o annullamento del matrimonio (in forza della proroga della competenza prevista
dall’art. 12 del Regolamento n. 2201/2003);
- alle domande relative agli obblighi alimentari, proponibili davanti al giudice
competente a conoscere dell’azione relativa allo stato delle persone (art. 3, lett. c, del
Regolamento n. 4/2009 che riproduce la seconda parte dell’art. 5, par. 2, del
Regolamento n. 44/2001, individuando uno speciale titolo di connessione con le cause
matrimoniali) o alla responsabilità genitoriale (art. 3, lett. d, del Regolamento n.
4/2009).
120 Con riferimento alla responsabilità genitoriale (nell’ampia accezione di cui all’art. 1, par. 2, del
Regolamento n. 2201/2003), ed in particolare alle domande relative all’affidamento dei figli minori ed
all’esercizio del diritto di visita, la giurisdizione è attribuita, dall’art. 8 del Regolamento, all’autorità dello
Stato membro nel cui territorio «il minore risiede abitualmente». E’ comunque prevista dall’art. 12, par.
1, una “proroga della competenza” giurisdizionale per connessione con le domande di divorzio,
separazione o annullamento, la cui applicazione presuppone sia l’esercizio della responsabilità genitoriale
sul figlio, da parte di almeno uno dei coniugi (lett. a), sia l’accettazione espressa (o manifestata in modo
univoco) della giurisdizione, da parte dei coniugi e dei titolari della responsabilità genitoriale, alla data in
cui le autorità giurisdizionali sono adite (lett. b). Sul punto, v. Cass. sez. un., 30 dicembre 2011, n. 30646. 121
Cfr. Trib. Belluno, sent. 30 dicembre 2011, in Foro. it., 2012, I, 939; in Riv. dir. internaz. priv. e proc.,
2012, 452. Per l’applicazione dell’art. 5, n. 3, del Regolamento n. 44/2001, con riferimento al luogo in cui
si sono verificate le conseguenze dannose della condotta illecita del coniuge, v. Trib. Tivoli, sent. 6 aprile
2011, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2011, 1097. 122
Cfr. la “Proposta di Regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile, al
riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi”,
COM(2011) 126 def. del 16 marzo 2011. 123
La domanda relativa all’assegnazione dell’abitazione familiare resta sottoposta - nell’assenza, sul
punto, di specifiche norme comunitarie sulla giurisdizione - ai criteri fissati dalla legge nazionale, aventi
carattere residuale ed individuati, nella specie, dall’art. 32 della legge 31 maggio 1995 n. 218, il cui rinvio
all’art. 3, 1° comma, della stessa legge, conduce all’applicazione del criterio della residenza del
convenuto, eventualmente identificabile con il luogo dell’abitazione coniugale (v. Cass., 24 aprile 2001,
n. 6012, Cass., 29 settembre 2004, n. 19595, Cass., 28 giugno 2006, n. 15017). 124
P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 481.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 43
3.- La nozione di residenza abituale.
3.1. I titoli di giurisdizione indicati nell’art. 3 lett. a) e b) si fondano sul criterio della
residenza abituale (del convenuto o del creditore della prestazione).
Il Regolamento n. 4/2009, pur prevedendo una serie di definizioni (art. 2), non
fornisce indicazioni sulla nozione di residenza abituale, che deve essere ricostruita in
modo autonomo nell’ambito dell’ordinamento comunitario (125
), al fine di garantire
l’uniformità di applicazione in tutti gli Stati membri, senza riferimenti a nozioni
utilizzate in altri settori del diritto europeo o nel diritto interno dei singoli Stati (126
).
Essa individua - alla luce dell’interpretazione offerta dalla giurisprudenza (127
) - il
125 La Corte di giustizia, nella sentenza 16 luglio 2009, c. C-168/08, Hadadi c. Mesko in Hadadi, in Riv.
dir. internaz. priv. e proc., 2010, 176, ha precisato che «secondo costante giurisprudenza, tanto
l’applicazione uniforme del diritto comunitario quanto il principio di uguaglianza esigono che una
disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri
per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo,
nell’intera Comunità, ad un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del
contesto della disposizione stessa e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi».
Sull’argomento v. M. MELLONE, La nozione di residenza abituale e la sua interpretazione nelle norme di
conflitto comunitarie, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2010, 685 ss., il quale rileva come la residenza
abituale sia un concetto fattuale, a differenza del domicilio che è invece una nozione giuridica. Con
riferimento alla disciplina introdotta dal Regolamento UE n. 1259/2010, cfr. Z. CRESPI REGHIZZI,
Commento all’art. 8, in Nuove leggi civ. comm., 2011, 1494 ss.. 126
L’elaborazione giurisprudenziale della nozione di residenza abituale, compiuta dalla Corte di giustizia
in settori diversi (ad es. in materia di diritto sociale), non è quindi direttamente trasferibile in questo
ambito, come ha precisato la Corte di giustizia, sent. 2 aprile 2009, c. C-523/07, in Riv. dir. internaz. priv.
e proc., 2009, 750, in sede di pronuncia pregiudiziale sulla nozione di residenza abituale del minore -
interpretata nel senso corrispondente al «luogo che denota l’integrazione del minore in un ambiente
sociale e familiare» - quale titolo generale di giurisdizione nella materia della responsabilità genitoriale,
previsto dall’art. 8 del Regolamento n. 2201/2003: «si deve in particolare tenere conto della durata, della
regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco
della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza
scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto
Stato. Compete al giudice nazionale stabilire la residenza abituale del minore, tenendo conto delle
peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie». Cfr. Corte di giustizia, 22 dicembre
2010, c. C-497/10, Mercredi c. Chaffe, punto 45. 127
Nelle controversie matrimoniali soggette alla disciplina del Regolamento n. 2201/2003, la Corte di
Cassazione ha già avuto modo di pronunciarsi in due diverse occasioni.
Nella prima decisione, Cass. sez. un., (ord.) 17 febbraio 2010, n. 3680, in Foro it., 2011, I, 1536, e in Riv.
dir. internaz. priv. e proc., 2010, 750, fa riferimento al «concetto di residenza abituale come luogo in cui
l’interessato ha fissato con carattere di stabilità il centro permanente o abituale dei propri interessi, con
chiara natura sostanziale e non meramente formale o anagrafica del concetto di cui sopra in base al diritto
comunitario, essendo rilevante a individuare tale residenza effettiva, ai sensi del regolamento stesso, il
luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale e eventualmente lavorativa, alla data di
proposizione della domanda». Nella specie, la Corte ha ritenuto che la frequenza universitaria in Italia del
figlio, principale riferimento dei rapporti affettivi ed umani della madre, evidenziasse con certezza che il
centro abituale delle relazioni della ricorrente era sito in Italia, in cui ella conviveva ancora con tale figlio,
potendo quindi presumersi che da molto più di un anno la ricorrente abitasse stabilmente in Italia per
assistere il figlio, nella casa della famiglia d’origine, e dovendo quindi ritenersi che la ricorrente,
residente in Italia abitualmente da oltre un anno prima del suo ricorso di separazione, avesse
correttamente individuato nel tribunale di Pisa il giudice della sua domanda, con conseguente rigetto del
regolamento di giurisdizione con cui si chiedeva di dichiarare la giurisdizione del giudice belga.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 44
luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale ed eventualmente
lavorativa del soggetto interessato, nel quale egli abbia effettivamente fissato, con
carattere di stabilità, il centro permanente o abituale dei propri interessi e delle relazioni
sociali ed affettive.
E’ stato tuttavia rilevato come il legislatore comunitario si sia ispirato
all’elaborazione giurisprudenziale della Corte di giustizia che - a proposito della
distinzione fra residenti e non residenti, a fini fiscali (128
) - aveva individuato la
residenza abituale nel luogo in cui l’interessato ha fissato, con “voluto” carattere di
stabilità, il centro permanente o abituale dei propri interessi, ferma restando la necessità
di tener conto di tutti gli elementi di fatto che contribuiscono alla sua costituzione (129
).
Anche nell’ambito del Regolamento n. 4/2009, la nozione di residenza abituale
dovrebbe quindi risolversi in un criterio che riassume in sé sia un elemento materiale -
la stabilità (cioè la durata) della residenza, intesa come permanenza temporale in un
determinato territorio (130
) - sia un elemento soggettivo, costituito dall’intenzionalità di
Nella successiva pronuncia, Cass. sez. un., (ord.) 15 giugno 2010, n. 15328, in Nuova giur. civ. comm.,
2010, 1098, con nota di C. CAMPIGLIO, elenca una serie di indici utilizzati per individuare, nel caso
concreto, la residenza abituale dell’attrice in Italia per un periodo superiore ai sei mesi, al momento della
proposizione della domanda: «a) la signora C. è docente di ruolo presso il liceo scientifico statale
(omissis) dal (omissis) e ivi ha prestato servizio salvo i periodi di astensione obbligatoria e congedo
parentale in occasione della nascita della figlia; b) la stessa è stata seguita durante la gravidanza da un
ostetrico di (omissis); c) nella partecipazione di nozze, successiva alla celebrazione del matrimonio,
risultano indicate le due residenze dei coniugi in Francia e in Italia; d) numerosa corrispondenza, dal
(omissis) è stata indirizzata ai coniugi o alla signora C. presso la sua abitazione di (omissis); e) il marito si
è recato insieme alla moglie da un legale italiano nel (omissis) per discutere di un’ipotesi di separazione
consensuale; f) dall’atto di nascita della figlia risulta che nel rendere la dichiarazione congiunta di nascita
presso l’ospedale di (omissis) i genitori hanno indicato le proprie residenze separate in Francia e in Italia;
g) la figlia minore, che, come è pacifico è sempre vissuta con la madre, è stata seguita da parte di pediatra
italiano dal (omissis); che la circostanza che la signora C. non abbia mai smesso di avere la propria
residenza abituale in Italia non è contraddetta dal fatto che saltuariamente, e anche per un periodo
continuativo durante il congedo parentale, abbia trascorso periodi in Francia presso la residenza del
marito, ivi ricevendo anche corrispondenza, e in Francia abbia svolto attività di studio; che, pertanto, la
giurisdizione sulla causa di separazione appartiene al giudice italiano».
Nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Belluno, sent. 6 marzo 2009, in Giur. merito, 2010, 663, con nota
di M. D’AURIA, in Famiglia e diritto, 2010, 179, con nota di A. FELETTO, e in Riv. dir. internaz. priv. e
proc., 2011, 140; Trib. Belluno, sent. 5 novembre 2010, in Foro. it., 2011, I, 917, con nota di G. DE
MARZO, in Fam. minori, 2011, fasc. 1, 45, con nota di A. LEANDRO, e in Riv. dir. int. priv. e proc., 2011,
756; Trib. Belluno, sent. 30 dicembre 2011, in Foro. it., 2012, I, 939, in Riv. dir. internaz. priv. e proc.,
2012, 452. 128
Corte di giustizia, 14 febbraio 1995, c. C-279/93, Finanzamt Köln-Altstadt vs Schumacker, in
Raccolta, 1995, I-4225, e Corte di giustizia, 25 febbraio 1999, c. C-90/97, Swaddling, in Raccolta, 1999,
I-1075 ss., punto 29; cfr. Corte di giustizia, 15 settembre 1994, c. C-452/93, Magdalena Fernandez. 129
C. CAMPIGLIO, La residenza abituale dell’attore come titolo di giurisdizione in materia matrimoniale,
in base al reg. CE n. 2201/2003, nota a Cass. sez. un., (ord.) 15 giugno 2010, n. 15328, in Nuova giur.
civ. comm., 2010, 1102, in riferimento alla Relazione Borrás che accompagna la Convenzione di
Bruxelles del 1998 (v. punto 32, in Riv. dir. int. priv. e proc., 1998, 943). Cfr. Corte di giustizia, sent. 15
settembre 1994, C-452/93, Fernandez, in Raccolta, 1994, p. I-4295 ss. 130
R. CLERICI, Giurisdizione e legge applicabile nelle controversie matrimoniali con cittadini
extracomunitari, in Rivista A.I.A.F., 2009, n. 3, 6 s., segnala la difficoltà di quantificare con esattezza il
periodo minimo di durata da prendere in considerazione, avendo riguardo sia all’integrazione nel tessuto
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 45
fissare in tale luogo il centro dei propri interessi, manifestata da circostanze fattuali
(131
). Peraltro, una nozione restrittiva di residenza abituale, comprensiva anche
dell’elemento intenzionale, se appare conforme all’esigenza di radicare la controversia
nello Stato ove è effettivamente stabilita la vita del soggetto, può risultare non
funzionale rispetto al principio del favor creditoris, cui si ispira il Regolamento.
Il giudice nazionale è comunque tenuto a verificare gli elementi della fattispecie con
una valutazione di natura sostanziale, che prescinde dalla residenza meramente
anagrafica, non essendo sufficiente la presenza fisica nel territorio di uno Stato membro
quando questa sia temporanea o soltanto occasionale e manchi una minima integrazione
nell’ambiente sociale e familiare (132
).
Infine, l’adozione del criterio generale della residenza abituale, in luogo di quello del
domicilio, valorizza il carattere non esclusivamente patrimoniale dei rapporti considerati
(133
).
sociale di un Paese comunitario, sia ad un certo animus manendi in quel determinato Stato membro. Con
riferimento al Regolamento n. 2201/2003, C. CAMPIGLIO, Il foro della residenza abituale del coniuge nel
Regolamento (Ce) n. 2201/2003: note a margine delle prime pronunce italiane, in Cuadernos de Derecho
Transnacional (Octubre 2010), Vol. 2, n. 2, 247, osserva che «in ordine all’elemento oggettivo-temporale
un’indicazione si potrebbe dedurre dallo stesso art. 3 del Regolamento. Infatti, se per il forum actoris un
anno (riducibile a sei mesi ove accompagnato dalla cittadinanza) è ritenuto sufficiente a dimostrare la
stabilità, e dunque ad esprimere un nesso significativo con lo Stato, si può ragionevolmente ritenere che
per gli altri fori - il foro del convenuto e il foro comune dei coniugi - possa bastare anche un periodo
più breve. Si tratta a ben vedere di fori rispetto ai quali assai meno forte è l’esigenza di prevedibilità per la
controparte (esigenza che addirittura non esiste nel caso di residenza comune dei coniugi)». 131
Corte di giustizia, 22 dicembre 2010, Mercredi c. Chaffe, c. C-497/10. In una decisione della Corte di
Cassazione francese, pronunciata con riferimento al Regolamento n. 1347/2000, si afferma che «la
nozione di residenza abituale (...) è una nozione autonoma di diritto comunitario, da intendersi come il
luogo in cui la persona interessata ha fissato il centro permanente e/o abituale dei suoi interessi, con
l’intenzione di conferirgli un carattere stabile e non temporaneo»: v. Cour de Cassation [Francia], 14
dicembre 2005, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2006, 853.
Cfr. Cass. sez. un., 3 febbraio 2004, n. 1994, in Foro it., 2004, 1063, e in Giust. civ., 2004, 900, con
riferimento al criterio della residenza previsto dall’art. 18 c.p.c.. 132
Non dovrebbero quindi essere qualificate come residenza abituale, ai fini dell’applicazione dei criteri
del Regolamento n. 4/2009, le ipotesi in cui lo spostamento della residenza in un certo Stato membro non
sia effettivamente voluta, ma avvenga solo formalmente, per finalità simulate o abusive (forum shopping
in senso proprio), all’unico scopo di radicare la giurisdizione in vista dell’applicazione di una disciplina
sostanziale più favorevole; tale pratica è comunque destinata ad essere limitata dalle disposizioni che
introducono norme uniformi di conflitto volte ad individuare la medesima legge sostanziale applicabile
qualunque sia lo Stato membro in cui venga proposta la causa matrimoniale, così neutralizzando gli effetti
della scelta operata dall’attore tra più giudici alternativamente competenti. Sull’argomento v. P.
FRANZINA, Regolamento Ue n. 1259/2010 del Consiglio del 20 Dicembre 2010 relativo all’attuazione di
una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale,
in Nuove leggi civ. comm., 2011, 1437 s..
La fissazione della residenza abituale risulta peraltro compatibile con una contemporanea dimora (non
abituale) situata altrove (v. Corte di giustizia, 17 febbraio 1977, c. C-76/76, Di Paolo, in Riv. dir.
internaz. priv. e proc., 1978, 790). 133
E’ stato osservato che il carattere di abitualità avvicina la nozione in esame al concetto di residenza del
codice civile italiano, che l’art. 43 c.c. definisce come il luogo in cui la persona ha la dimora abituale: v.
BARATTA, Lo scioglimento del vincolo coniugale nel diritto comunitario, in Lo scioglimento del vincolo
coniugale nel diritto comunitario, a cura di Carbone e Queirolo, Torino, 2008, 169 ss.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 46
3.2. Nel sistema del Regolamento n. 4/2009 la residenza abituale rileva, oltre che
come titolo generale di competenza giurisdizionale, anche come criterio supplementare
di “limitazione dell’azione”, nel senso che, a norma dell’art. 8, qualora sia emessa una
decisione in uno Stato membro (o in uno Stato contraente della convenzione dell’Aia
del 2007) in cui il creditore risiede abitualmente, il debitore non può promuovere
un’azione per modificare la decisione o ottenere una decisione nuova in un altro Stato
membro, fintantoché il creditore continui a risiedere abitualmente nello Stato in cui è
stata emessa la decisione (134
).
In sostanza, il permanere della residenza abituale del convenuto-creditore nel
territorio dello Stato membro in cui è stata emessa la decisione ha effetto preclusivo
sulla proponibilità, da parte dell’attore-debitore, della domanda volta a modificare la
decisione o ad ottenerne una nuova in un altro Stato membro.
Tale limitazione all’azione viene meno sia nell’ipotesi di proroga espressa o tacita
della giurisdizione (art. 8, par. 2, lett. a e b), sia nell’ipotesi in cui lo Stato di origine,
contraente la convenzione dell’Aia, non possa o rifiuti di esercitare la competenza ad
emanare la decisione o ad emanarne una nuova, o nell’ipotesi in cui questa non possa
essere riconosciuta o dichiarata esecutiva nello Stato membro in cui è prevista l’azione
per modificare la decisione o ottenerne una nuova (art. 8, par. 2, lett. c e d).
Con la disposizione dell’art. 8, che si configura come norma negativa sulla
giurisdizione, il Regolamento istituisce una perpetuatio jurisdictionis a favore della
competenza fondata sulla residenza abituale del creditore, a norma dell’art. 3 del
Regolamento n. 4/2009, limitatamente all’azione, proposta dal debitore, diretta alla
modifica delle decisioni in materia di alimenti, sino a quando il creditore continui a
risiedere abitualmente nello Stato in cui è stata emessa la decisione (135
).
Quando invece l’azione sia proposta dal creditore, oppure questi abbia trasferito la
propria residenza in un altro Stato, la competenza per le azioni di modifica degli
obblighi alimentari va determinata secondo i criteri generali del Regolamento n. 4/2009.
4.- I criteri di competenza giurisdizionale esclusiva, sussidiaria e residuale.
4.1. Ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale, il Regolamento n.
4/2009 attribuisce rilievo innanzitutto alla volontà delle parti, manifestata nella forma
della proroga espressa (art. 4) o tacita (art. 5). Tale scelta normativa evidenzia la
derivazione delle disposizioni in esame dalla disciplina della competenza stabilita dagli
artt. 23 e 24 del Regolamento n. 44/2001 per le controversie in materia civile e
commerciale (136
).
A norma dell’art. 4 del Regolamento n. 4/2009 le parti possono stipulare un accordo
134 P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 485.
135 M. E. CORRAO, Il diritto internazionale privato e processuale europeo in materia di obbligazioni
alimentari, cit., 128. 136
Cfr. la nuova disciplina introdotta dagli artt. 25 e 26 del Regolamento n. 1215/2012 (c.d. Bruxelles I
bis).
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 47
di proroga della giurisdizione (electio fori) (137
) - sottoposto a precise limitazioni
riguardanti i soggetti, la forma e l’oggetto - e convenire che siano competenti a
conoscere delle controversie tra di esse in materia di obbligazioni alimentari la o le
autorità giurisdizionali di uno dei seguenti Stati membri (138
):
a) la o le autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui una delle parti risiede
abitualmente (con l’effetto di eliminare le alternative previste dall’art. 3);
b) la o le autorità giurisdizionali dello Stato membro di cittadinanza di una delle
parti;
c) per quanto riguarda le obbligazioni alimentari tra coniugi o ex coniugi:
i) l’autorità giurisdizionale competente a conoscere delle loro controversie in
materia matrimoniale; o
ii) la o le autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui essi hanno avuto
l’ultima residenza abituale comune per un periodo di almeno un anno (139
).
Le condizioni indicate, di cui alle lettere a), b) o c), devono risultare soddisfatte «al
momento della conclusione dell’accordo relativo all’elezione del foro o nel momento in
cui è adita l’autorità giurisdizionale», essendo quindi irrilevante il successivo
mutamento di residenza o di cittadinanza.
La competenza conferita dall’accordo è esclusiva, cioè inderogabile, salvo che le
parti non dispongano diversamente.
E’ stato osservato che - mentre la disposizione relativa all’accettazione tacita della
giurisdizione riproduce sostanzialmente quella contenuta nell’art. 24 del Regolamento
n. 44/2001 - la configurazione della proroga espressa rileva nel Regolamento n. 4/2009
in modo più restrittivo rispetto a quella del precedente strumento normativo (art. 23 del
Regolamento n. 44/2001): infatti, diversamente dal Regolamento n. 44/2001, che
consente la designazione dei giudici di qualsiasi Stato membro (140
), l’art. 4, par. 1, del
Regolamento n. 4/2009 limita il ruolo della volontà delle parti, nell’individuazione del
titolo di competenza, ad una mera facoltà di scelta tra criteri già prestabiliti, quali la
137 P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 482, osserva come l’electio fori, nel consentire alle parti
una razionale programmazione del contenzioso in materia di alimenti, permette di minimizzare il rischio
di contestazioni connesse all’accertamento del titolo di giurisdizione, previene gli inconvenienti legati
all’eventualità che il titolo (ad es. la residenza di una delle parti) si modifichi nel corso del tempo e,
conferendo al giudice designato una competenza esclusiva, risolve le incertezze derivanti dalla
molteplicità dei titoli di giurisdizione invocabili dall’attore. 138
Se le parti hanno convenuto di attribuire competenza esclusiva alla o alle autorità giurisdizionali di uno
Stato parte della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e
l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata il 30 ottobre 2007 a Lugano
(Convenzione di Lugano) che non sia uno Stato membro, detta convenzione si applica tranne per quanto
concerne le controversie di cui al paragrafo 3 dell’art. 4.
La Convenzione di Lugano II è in vigore dal 1° gennaio 2010 tra UE, Norvegia e Danimarca, dal 1°
gennaio 2011 per la Svizzera e dal 1° maggio 2011 anche per l’Islanda. 139
P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 483, sottolinea che il Regolamento, restringendo le
opzioni offerte alle parti, tende ad assicurare l’esistenza di un legame di prossimità tra il giudice e la lite,
così da favorire, specie per l’alimentando, l’accesso alla giustizia. 140
Cfr. l’art. 25 del Regolamento n. 1215/2012 (c.d. Bruxelles I bis).
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 48
residenza abituale o la cittadinanza di una delle parti, mentre nell’ipotesi di obbligazioni
alimentari tra coniugi o ex coniugi, la facoltà di scelta è circoscritta al criterio
dell’ultima residenza abituale comune per un periodo di almeno un anno o alla
competenza delle autorità in materia matrimoniale, individuata implicitamente sulla
base dei criteri previsti dal Regolamento n. 2201/2003 (141
), con la conseguenza che
l’eventuale designazione di un giudice diverso da quelli previsti sarà priva di effetti
(restando applicabili gli artt. 3, 5, 6 e 7).
Tale disciplina sembra tener conto della duplice natura delle obbligazioni alimentari,
le quali - pur avendo contenuto patrimoniale (e, come tali, precedentemente soggette al
Regolamento n. 44/2001, che riconosce ampia libertà nella scelta del foro) - trovano la
propria fonte nei rapporti di famiglia (riconducibili, per questo profilo, alla materia
regolata dal Regolamento n. 2201/2003, ove non è attribuito alcun rilievo alla volontà
delle parti nell'individuazione della competenza giurisdizionale).
Inoltre, l’operatività dell’accordo delle parti è subordinata all’adozione della forma
scritta, ai fini della validità dell’atto, anche se viene accolta un’ampia nozione di forma,
comprensiva di qualsiasi comunicazione elettronica che consenta una registrazione
durevole dell’accordo (art. 4, par. 2).
Infine, la proroga di giurisdizione non è ammessa nelle controversie concernenti
un’obbligazione alimentare nei confronti di un minore di diciotto anni (art. 4, par. 3), in
corrispondenza della medesima limitazione prevista dall’art. 8, par. 3, del Protocollo del
2007 con riferimento alla scelta della legge applicabile (142
). Tuttavia, la volontà delle
parti può ancora svolgere un ruolo indiretto nell’individuazione del giudice competente
anche per le azioni riguardanti i minori, nei casi in cui la competenza sia individuata (a
norma dell’art. 3, lett. d, del Regolamento n. 4/2009) in base alla proroga prevista
dall’art. 12 del Regolamento n. 2201/2003, nel caso di domanda accessoria a quella
relativa alla responsabilità genitoriale.
4.2. L’art. 5 (rubricato “competenza fondata sulla comparizione del convenuto”)
prevede la proroga tacita della competenza in favore dell’autorità giurisdizionale dello
Stato membro dinanzi alla quale compare il convenuto, tranne che la comparizione sia
intesa soltanto ad eccepire l’incompetenza.
141 M. E. CORRAO, Il diritto internazionale privato e processuale europeo in materia di obbligazioni
alimentari, cit., 129; P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 483. 142
F.C. VILLATA, Obblighi alimentari e rapporti di famiglia secondo il regolamento 4/2009, cit., 735, pur
sottolineando «l’intento di proteggere il minore vulnerabile dalle possibili pressioni del debitore-parente,
che discende in qualche modo dall’obbligo posto dall’art. 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui
diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 secondo cui tutte le decisioni relative ai fanciulli debbono
essere adottate valutando l’interesse superiore del minore», si chiede «se una restrizione così rigidamente
formulata sia realmente opportuna e se non sarebbe stata parimenti rispettosa del dettato internazionale
una previsione che si limitasse a subordinare l’efficacia dell’accordo di elezione del foro alla
constatazione di un interesse del minore in questo senso oppure attribuisse solo al minore la possibilità di
avvalersene, sul modello di quanto contemplato dal regolamento n. 44/2001 in materia di contratti
conclusi dai consumatori, di assicurazione e di lavoro subordinato». Cfr. F. POCAR, I. VIARENGO, Il
Regolamento (CE) n. 4/2009 in materia di obbligazioni alimentari, cit., 814.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 49
Diversamente dall’art. 24 del Regolamento n. 44/2001, che afferma la propria
inapplicabilità «se esiste un altro giudice esclusivamente competente» (143
), nel testo
dell’art. 5 non è prevista tale limitazione: ne consegue che la proroga può operare anche
nei confronti dell’autorità giurisdizionale di uno Stato non compreso tra quelli indicati
dall’art. 4 (144
) o di uno Stato diverso rispetto a quello designato come competente in via
esclusiva da un accordo rispondente ai requisiti dell’art. 4.
In assenza di indicazioni normative, la verifica del momento in cui considerare
accettata tacitamente la giurisdizione va effettuata con riferimento alle regole
processuali della lex fori.
Per la sua ampia formulazione, l’art. 5 potrebbe trovare applicazione anche rispetto
alle controversie relative ad obbligazioni alimentari in favore dei minori di diciotto anni
(145
).
4.3. L’art. 6 (“competenza sussidiaria”) dispone che, se nessuna autorità
giurisdizionale di uno Stato membro è competente ai sensi degli artt. 3, 4 e 5 (e nessuna
autorità giurisdizionale di uno Stato parte della Convenzione di Lugano del 2007, che
non sia uno Stato membro, è competente in virtù delle disposizioni di detta
convenzione), sono competenti le autorità giurisdizionali dello Stato membro di
cittadinanza comune delle parti.
Pertanto, nell’ipotesi in cui non sussista la giurisdizione degli Stati membri in base ai
titoli generali di competenza previsti dall’art. 3, ed in assenza di un accordo delle parti -
a favore di uno Stato membro o di uno Stato terzo parte alla Convenzione di Lugano -
il Regolamento individua come foro sussidiario quello dello Stato membro di cui
entrambe le parti hanno la cittadinanza.
L’applicazione dell’art. 6 presuppone che le parti non abbiano attribuito
esplicitamente o implicitamente la competenza alle autorità giurisdizionali di uno Stato
membro (o di un altro Stato parte della Convenzione di Lugano) e che il convenuto ed il
creditore non risiedano abitualmente in uno Stato membro: il criterio della comune
cittadinanza - non previsto come titolo di competenza giurisdizionale generale tra
soggetti residenti negli Stati membri (146
) - opera come criterio di giurisdizione in
favore dei residenti in Paesi terzi, garantendo a tutti i cittadini dell’Unione europea la
possibilità di rivolgersi al giudice dello Stato membro del quale hanno la cittadinanza
(147
).
Secondo i principi enunciati dalla giurisprudenza comunitaria, nel caso di doppia
143 Cfr. l’art. 26, par. 1, del Regolamento n. 1215/2012 (c.d. Bruxelles I bis).
144 Cfr. Corte di giustizia, 20 maggio 2010, C-111/09, Vienna Insurance Group c. Michael Bilas, in Riv.
dir. int. priv. e proc., 2010, 1054 ss., la quale ha stabilito che la proroga tacita può realizzarsi anche nelle
controversie, come quelle in materia di contratto di assicurazione, per le quali il legislatore preveda
restrizioni alla proroga espressa della giurisdizione. 145
F.C. VILLATA, Obblighi alimentari e rapporti di famiglia secondo il regolamento 4/2009, cit., 735. 146
La cittadinanza comune è invece prevista come criterio generale di competenza, nelle controversie in
materia matrimoniale, dall’art. 3 lett. b) del Regolamento n. 2201/2003. 147
F.C. VILLATA, Obblighi alimentari e rapporti di famiglia secondo il regolamento 4/2009, cit., 735 ss..
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 50
cittadinanza deve ritenersi che sussista la giurisdizione alternativa di entrambi gli Stati
interessati, senza che una delle due nazionalità possa prevalere sull’altra (148
).
4.4. In base all’art. 7 «Qualora nessuna autorità giurisdizionale di uno Stato membro
sia competente ai sensi degli articoli 3, 4, 5 e 6, in casi eccezionali le autorità
giurisdizionali di uno Stato membro possono conoscere della controversia se un
procedimento non può ragionevolmente essere intentato o svolto o si rivela impossibile
in uno Stato terzo con il quale la controversia ha uno stretto collegamento.
La controversia deve presentare un collegamento sufficiente con lo Stato membro
dell’autorità giurisdizionale adita».
Il Regolamento prevede quindi la competenza residuale delle autorità dello Stato
membro con cui la controversia abbia “un collegamento sufficiente”, che assume
rilevanza in casi eccezionali (forum necessitatis), nell’ipotesi in cui non sussista la
giurisdizione degli Stati membri sulla base delle altre disposizioni del Regolamento,
quando un procedimento non possa ragionevolmente essere proposto in uno Stato terzo
con il quale la controversia abbia uno stretto collegamento. Se gli Stati terzi che
presentano un collegamento stretto con la controversia sono più di uno,
l’irragionevolezza o l’impossibilità dello svolgimento del processo dovrà sussistere
rispetto a ciascuno di essi.
Il considerando n. 16 precisa che la disposizione è volta a rimediare a situazioni di
diniego di giustizia, che potrebbero presentarsi qualora un procedimento si riveli
impossibile nello Stato terzo interessato (ad es. a causa di una guerra civile), o qualora
non ci si possa aspettare che il richiedente introduca o prosegua un procedimento in tale
Stato (ad es. perché oggetto di persecuzioni razziali), mentre il collegamento sufficiente
con lo Stato membro può consistere, ad es., nella cittadinanza di una delle parti o anche
nella semplice presenza nel territorio dello Stato o nell'effettiva tutela dell’interesse del
creditore (149
).
L’evidente indeterminatezza della disposizione - che non favorisce la prevedibilità e
certezza del diritto - delinea un criterio atipico di attrazione nella competenza degli
Stati membri delle controversie collegate con Stati terzi, configurando un sistema
sostanzialmente chiuso ed esaustivo, dove la pluralità dei titoli di giurisdizione, volti ad
individuare comunque un giudice competente, è preordinata ad escludere l’applicazione
delle norme interne sulla competenza, realizzando non solo la ripartizione delle
148 Corte di giustizia, sent. 16 luglio 2009, C-168/08, Hadadi c. Mesko in Hadadi, in Riv. dir. internaz.
priv. e proc., 2010, 176. 149
F.C. VILLATA, Obblighi alimentari e rapporti di famiglia secondo il regolamento 4/2009, cit., 735 ss.,
osserva che «tra la controversia e lo Stato del foro deve in ogni modo risultare un collegamento di una
qualche intensità, quale quello rappresentato dalla cittadinanza di una delle parti o dalla semplice
presenza nel territorio dello Stato del creditore, non tale da integrare la residenza abituale, in
considerazione dell’interesse dello Stato a che il creditore recuperi il credito alimentare dovutogli,
giacché altrimenti egli potrebbe avere accesso all’assistenza pubblica con conseguente esborso per
l’erario, o ancora dalla presenza di beni del debitore, nella prospettiva dell’effettività del recupero degli
alimenti dovuti». Cfr. P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 484 s..
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 51
competenze giurisdizionali tra gli Stati membri, ma anche un coordinamento con quelle
degli altri Stati (150
).
5.- Litispendenza e connessione.
5.1. Il Regolamento n. 4/2009 introduce specifiche disposizioni volte ad assicurare il
coordinamento tra più procedimenti, riguardanti la stessa domanda o domande
connesse, che siano simultaneamente pendenti davanti ad autorità giurisdizionali di
diversi Stati membri (151
), al fine di prevenire la pronuncia di provvedimenti contrastanti
che potrebbero costituire un ostacolo alla libera circolazione delle decisioni all’interno
dell’Unione europea (152
).
In questo ambito, il Regolamento n. 4/2009 pone il principio inderogabile secondo
cui il procedimento instaurato per primo prevale su quelli proposti successivamente,
radicando la giurisdizione dell’autorità preventivamente adita, con la conseguenza che
al fenomeno del forum shopping - reso possibile dalla previsione di una molteplicità di
fori alternativi e pari ordinati (art. 3) - si aggiunge quello del c.d. forum running (153
),
favorito dalla possibilità, per la parte che per prima inizia la causa, di scegliere sia il
giudice - e quindi il tipo di processo (regolato dalla lex fori), con i conseguenti
vantaggi, anche in termini di costi e tempi del giudizio - sia, indirettamente, la
150 Appare opportuno precisare che - sebbene in materia di obbligazioni alimentari non vi sia una
disposizione analoga all’art. 7, par. 1, del Regolamento n. 2201/2003, che individua la competenza
residuale rinviando alla lex fori di ciascuno Stato membro - l’art. 7 del Regolamento n. 4/2009, in quanto
applicabile soltanto “in casi eccezionali”, non costituisce una vera norma di chiusura, idonea ad escludere
in modo assoluto l’applicabilità delle norme nazionali sulla giurisdizione. Ne consegue che, in assenza di
proroga espressa o tacita della giurisdizione (artt. 4 e 5), se il creditore-attore ed il convenuto non sono
abitualmente residenti in uno Stato membro (art. 3) né hanno cittadinanza comune (art. 6), non sembra
preclusa l’applicazione delle norme nazionali sulla giurisdizione (artt. 3 ss. della legge 31 maggio 1995 n.
218), tranne che si possa eccezionalmente configurare il forum necessitatis, come nell’ipotesi in cui una
delle parti sia cittadina dello Stato membro ove è stata proposta la domanda (cfr. considerando n. 16; ad
es., la moglie italiana potrebbe agire in giudizio in Italia nei confronti del marito extraeuropeo, pur
essendo entrambe le parti abitualmente residenti in un Paese terzo). 151
In materia matrimoniale, v. Corte di giustizia, sentenza 16 luglio 2009, c. C-168/08, Hadadi c. Mesko
in Hadadi, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2010, 176, punto 56, la quale precisa che - se è pur vero
che, in forza dell’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2201/2003, i giudici di diversi Stati membri
possono risultare competenti nel caso di persone con cittadinanza plurima - tuttavia, qualora, in
applicazione di tale disposizione, venissero aditi giudici di più Stati membri, il conflitto di competenza
può essere risolto con l’applicazione della norma enunciata all’art. 19, n. 1, dello stesso regolamento.
Inoltre, la Corte osserva che «il regolamento n. 2201/2003, disciplinando unicamente la competenza
giurisdizionale ma non stabilendo norme di conflitto, potrebbe certamente indurre i coniugi (…) ad adire
rapidamente uno dei giudici competenti per assicurarsi i vantaggi del diritto sostanziale in materia di
divorzio applicabile secondo il diritto privato internazionale del foro. Tuttavia (…) una siffatta
circostanza non può di per sé comportare che il fatto di adire un giudice competente in forza dell’art. 3, n.
1, lett. b), dello stesso regolamento, possa essere considerato abusivo. Infatti (…) il ricorso a giudici di
uno Stato membro di cui i due coniugi possiedano la cittadinanza, anche in assenza di qualunque altro
elemento di collegamento con lo Stato membro medesimo, non è contrario agli obiettivi perseguiti da
detta disposizione» (punto 57). 152
Corte di Giustizia, 9 novembre 2010, c. C-296/10, Purrucker c. Vallés Pérez (II). 153
R. CLERICI, Giurisdizione e legge applicabile, cit., 8.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 52
disciplina materiale più favorevole (c.d. system shopping), precludendo le eventuali
iniziative giudiziarie della controparte in un diverso Stato membro, rischio attenuato
soltanto dalla previsione, nell’ambito del medesimo Regolamento, di norme uniformi
sulla determinazione della legge applicabile (art. 15), con l’intento di realizzare la
coincidenza tra forum e ius.
La litispendenza presuppone la prevenzione tra i diversi procedimenti, da accertare in
base ai criteri dettati dall’art. 9 del Regolamento n. 4/2009 (154
), a norma del quale il
giudice si considera adito (a seconda che la forma dell’atto introduttivo sia quella del
ricorso o della citazione) nel momento in cui l’atto introduttivo è stato depositato presso
il giudice o consegnato all’autorità competente per la notifica al convenuto, purché
successivamente l’attore non abbia omesso di prendere tutte le misure cui era tenuto
affinché fosse effettuata, rispettivamente, la notificazione al convenuto o il deposito
dell’atto presso il giudice. Il momento della pendenza della lite è quindi rimesso alla
volontà dell’attore, essendo determinato dal suo comportamento (il deposito o la
notifica dell’atto introduttivo del giudizio).
La disciplina della litispendenza è dettata dall’art. 12 del Regolamento, il quale
stabilisce che, «qualora davanti ad autorità giurisdizionali di Stati membri differenti e
tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il
medesimo titolo, l’autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d’ufficio il
procedimento finché non sia stata accertata la competenza dall’autorità giurisdizionale
adita in precedenza» (par. 1); «ove sia stata accertata la competenza dell’autorità
giurisdizionale adita per prima, l’autorità giurisdizionale successivamente adita dichiara
la propria incompetenza a favore della prima» (par. 2).
Pertanto, pur in assenza di una formale eccezione di litispendenza, il giudice - al
quale risulti che un altro giudizio è pendente tra le stesse parti in un altro Stato membro
- deve comunque sospendere d’ufficio il giudizio in attesa della decisione del giudice
preventivamente adito (155
); nell’ipotesi in cui questi affermi la propria competenza, il
secondo giudice dovrà dichiarare d’ufficio il difetto di giurisdizione in favore del primo
giudice (156
).
154 Cfr. art. 30 del Regolamento n. 44/2001 e art. 16 del Regolamento n. 2201/2003.
155 Le disposizioni sulla litispendenza trovano applicazione anche se al giudice successivamente adito sia
attribuita competenza esclusiva per effetto di un accordo di proroga della giurisdizione ai sensi dell’art. 4
(v. Corte di giustizia, 9 dicembre 2003, C-116/02, Erich Gasser GmbH c. MISAT Srl, in Raccolta, 2003,
p. I-14693), diversamente da quanto prevede l’art. 31, par. 2, del Regolamento (UE) n. 1215/2012 (c.d.
Bruxelles I bis), che attribuisce al giudice designato dalle parti la possibilità di pronunciarsi sulla propria
competenza, anche se adito successivamente. 156
Sul punto, nelle controversie in materia matrimoniale, v. Cass. sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238, in
Dir. Famiglia, 2010, 106, con nota di RUO, e in Dir. Famiglia, 2010, 1565, con nota di TARRICONE: «Nei
casi di litispendenza e di connessione, ai sensi dell’art. 19 regolamento Ce 2201/2003, l’autorità
giudiziaria adita successivamente deve dichiarare la propria incompetenza a favore dell’autorità
giudiziaria già investita della stessa questione o di questione connessa, anche se, ai sensi del successivo
art. 20, può emettere provvedimenti di urgenza». Cfr. Cass. sez. un., 17 maggio 2002, n. 7299, in Riv. dir.
int. priv. e proc., 2002, 1061, e Cass., 7 maggio 2004, n. 8748, in Giust. civ. Mass., 2004, 5, secondo cui,
avverso il provvedimento di sospensione, non è ammissibile il regolamento di giurisdizione ma quello di
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 53
L’art. 12 del Regolamento n. 4/2009 fa riferimento alla nozione di litispendenza in
senso tecnico (che riguarda le cause pendenti tra le stesse parti ed aventi il medesimo
oggetto e il medesimo titolo), diversamente dall’ampia nozione accolta dall’art. 19 del
Regolamento n. 2201/2003 (significativamente rubricato “Litispendenza e
connessione”), il quale ricomprende sia i casi di litispendenza in senso proprio, sia
quelli di “azioni dipendenti” o c.d. “falsa litispendenza” (157
), così da estendersi a tutte
le controversie matrimoniali elencate nell’art. 1, lett. a (divorzio, separazione personale
ed annullamento del matrimonio), sul solo presupposto dell’identità delle parti, essendo
configurabile anche tra domande aventi titolo diverso - ad esempio tra quella di
separazione personale e quella di divorzio (158
) - ed anche se l’ordinamento del giudice
successivamente adito non conosca il tipo di causa matrimoniale preventivamente
proposta.
Il giudice successivamente adito non può sindacare la decisione del primo giudice:
l’art. 42 - collocato nella sezione dedicata al riconoscimento delle decisioni - prevede
infatti il divieto di riesame del merito della decisione emessa in uno Stato membro.
5.2. Le regole sulla litispendenza dettate dall’art. 12 del Regolamento n. 4/2009 si
applicano soltanto alle domande proposte davanti a giudici di Stati membri dell’Unione
europea, mentre nelle ipotesi in cui il primo giudizio sia stato instaurato in uno Stato
terzo, la disciplina della litispendenza è quella generale, prevista dall’art. 7, 1° comma,
della legge 31 maggio 1995 n. 218, a norma del quale - quando sia eccepita la previa
pendenza tra le stesse parti, davanti a un giudice straniero, di una domanda avente il
medesimo oggetto ed il medesimo titolo - il giudice italiano, se ritiene che il
provvedimento straniero possa produrre effetto per l’ordinamento italiano, sospende il
giudizio e, se il giudice straniero declina la propria giurisdizione o se il provvedimento
straniero non è riconosciuto nell’ordinamento italiano, il giudizio prosegue, previa
riassunzione del giudizio ad istanza della parte interessata (159
); mentre se il giudice
italiano ritiene che il provvedimento che verrà emesso nel processo straniero non possa
essere riconosciuto, è tenuto a non sospendere e a proseguire il giudizio.
competenza ex art. 42 c.p.c.; Cass. sez. un., 12 maggio 2006, n. 11001, in Dir. e giust., 2006, 26, 44, e in
Giust. civ. Mass., 2006, 5, ha precisato che, avverso la pronuncia di accertamento negativo della
litispendenza internazionale, non è proponibile né il regolamento di competenza né il regolamento
preventivo di giurisdizione, ma esclusivamente l’impugnazione dinanzi al giudice processualmente
sovraordinato, secondo l’ordinario svolgimento del processo; v. inoltre Cass. sez. un., 16 marzo 2009, n.
6597. 157
L’espressione è contenuta nella Relazione Borrás, cit., punto 54.
158 Per un caso di litispendenza tra la domanda di separazione, proposta davanti al giudice italiano, e la
domanda di divorzio (poi convertita in separazione), preventivamente proposta davanti al giudice tedesco,
v. Trib. Belluno, sent. 23 dicembre 2009, in Giur. it., 2010, 1889, e in Riv. dir. int. priv. e proc., 2011,
727. Cfr. anche Trib. Bari, sent. 9 dicembre 2008, in Giur. merito, 2010, 659, con nota di M. D’AURIA;
Trib. Perugia, sent. 29 marzo 2010, in Jurisdata Giuffré. 159
L’art. 7, comma 2°, precisa inoltre che la pendenza della causa davanti al giudice straniero si
determina secondo la legge dello Stato in cui il processo si svolge (v. Cass. sez. un., 12 ottobre 1990, n.
10014, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1992 , 956; Cass. sez. un., 27 marzo 2009, n. 7427), in deroga ai
principi in tema di qualificazione.
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 54
La disciplina interna della litispendenza internazionale si differenzia da quella
stabilita dall’art. 12 del Regolamento n. 4/2009 perché richiede al giudice un giudizio
prognostico sulla possibilità di riconoscimento della pronuncia proveniente dallo Stato
terzo (160
), mentre all’interno dello spazio giudiziario europeo opera il principio del
riconoscimento automatico (artt. 17 e 23 del Regolamento n. 4/2009) anche in
riferimento alla disciplina della litispendenza (art. 12, par. 2).
L’astratta possibilità che la futura sentenza straniera produca effetti nell’ordinamento
italiano deve essere valutata in base alle norme generali sul riconoscimento delle
decisioni (artt. 64 e 65 della legge 31 maggio 1995 n. 218), ma - trattandosi di un
provvedimento non ancora pronunciato - il giudice potrà considerare soltanto quei
requisiti che attengono al processo in corso, con particolare riferimento alla competenza
giurisdizionale, alla regolare costituzione delle parti ed al rispetto del contraddittorio e
dei diritti della difesa (161
), nonché alla possibile incompatibilità della disciplina con
l’ordine pubblico (162
).
160 La nozione di litispendenza internazionale presuppone - oltre all’identità delle parti - l’identità dei
risultati pratici perseguiti, e ciò indipendentemente dal petitum immediato delle singole domande e dal
titolo (causa petendi) specificamente fatto valere: v. Cass. sez. un. 28 novembre 2012, n. 21108.
Si riteneva che la formulazione letterale dell’art. 7 della legge 31 maggio 1995, n. 218, richiedesse la
proposizione dell’eccezione di parte (cfr. Cass. sez. un., 17 marzo 2000, n. 61, in Riv. dir. internaz. priv. e
proc., 2000, 781, e in Giust. civ., 2000, 1961); tuttavia, la più recente giurisprudenza di legittimità (v.
Cass. sez. un. 28 novembre 2012, n. 21108, cit.) ammette il rilevo d’ufficio della litispendenza
internazionale, che deve essere dichiarata dal giudice quando l’esistenza dei relativi presupposti emerga
dagli elementi offerti dalle parti. 161
Cass. sez. un., 4 maggio 2006, n. 10219, in Giust. civ. Mass., 2006, 5: «In tema di sospensione del
giudizio davanti al giudice italiano adito successivamente al giudice straniero, ex art. 7 l. n. 218 del 1995,
la valutazione prognostica da effettuare, circa la possibilità della sentenza straniera di spiegare effetto in
Italia, concerne il riscontro dell’identità tra i due giudizi delle parti, dell’oggetto e del titolo,
dell’introduzione del giudizio straniero prima di quello italiano, della conoscenza da parte del convenuto
dell’atto introduttivo del giudizio (in base al diritto straniero), del rispetto dei diritti essenziali della difesa
nonché della regolare costituzione delle parti (sempre secondo il diritto straniero)». 162
In conclusione, nelle controversie in materia di obbligazioni alimentari in cui siano presenti uno o più
elementi di estraneità (ad es. residenza all’estero o cittadinanza straniera di una o di entrambe le parti del
rapporto), i criteri di competenza giurisdizionale previsti dal Regolamento n. 4/2009 operano nel modo
seguente:
a) se il convenuto si è costituito senza eccepire il difetto di giurisdizione, la competenza giurisdizionale
resta definitivamente radicata davanti al giudice adito (art. 5);
b) il giudice deve invece procedere alla verifica della competenza giurisdizionale:
b1) se il convenuto non è comparso: in tal caso il giudice procede d’ufficio alla verifica della propria
competenza giurisdizionale (art. 10);
b2) se il convenuto è comparso ed ha eccepito il difetto di giurisdizione: in tal caso il giudice procede alla
verifica della propria competenza giurisdizionale su eccezione del convenuto (art. 5);
in entrambi i casi si deve verificare se, per quella controversia, il Regolamento n. 4/2009 attribuisca la
competenza giurisdizionale al giudice adito, in base ai criteri indicati negli artt. 3, 4, 6 e 7, e di
conseguenza:
c) preliminarmente, il giudice deve procedere alla verifica dell’eventuale litispendenza:
c1) quando risulti che, davanti all’autorità giurisdizionale di un diverso Stato membro, tra le stesse parti
sia già stata proposta altra domanda (avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo), il giudice
successivamente adito deve sospendere d’ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la
competenza dall’autorità giurisdizionale preventivamente adita (art. 12), e, se la competenza dell’autorità
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 55
A norma dell’art. 2, comma 1, della legge 31 maggio 1995 n. 218, restano salve,
infine, le disposizioni in tema di litispendenza dettate dalle convenzioni internazionali
in vigore per l’Italia (163
).
5.3. L’art. 13 del Regolamento n. 4/2009 disciplina le ipotesi di connessione,
disponendo che «ove più cause connesse siano pendenti dinanzi ad autorità
giurisdizionali di diversi Stati membri, l’autorità giurisdizionale successivamente adita
può sospendere il procedimento» (par. 1); «se tali cause sono pendenti in primo grado,
l’autorità giurisdizionale successivamente adita può parimenti dichiarare la propria
incompetenza su richiesta di una delle parti a condizione che l’autorità giurisdizionale
adita per prima sia competente a conoscere delle domande proposte e la sua legge
giurisdizionale preventivamente adita sia stata accertata (o se è stata fondatamente eccepita la
litispendenza internazionale in riferimento ad una domanda preventivamente proposta davanti all’autorità
giurisdizionale di uno Stato terzo, ai sensi dell’art. 7 della legge 31 maggio 1995 n. 218), il giudice
successivamente adito deve dichiarare la propria incompetenza a favore di quello adito per primo;
c2) quando non risulti che sia stata preventivamente adita l’autorità giurisdizionale di un altro Stato
membro (ex art. 12), il giudice può procedere alla verifica della propria competenza:
d) quando le parti hanno concluso un accordo sulla competenza giurisdizionale, con le forme e nei casi
previsti dall’art. 4 (electio fori):
d1) se le parti hanno convenuto la competenza esclusiva dell’autorità giurisdizionale di un diverso Stato
membro, il giudice adito deve dichiarare il proprio difetto di giurisdizione;
d2) se le parti hanno attribuito la competenza giurisdizionale al giudice adito, il giudice può affermare la
propria giurisdizione e procedere all’esame delle ulteriori questioni (processuali e di merito, previa
individuazione della legge sostanziale applicabile);
d) quando le parti non hanno effettuato l’electio fori (o se l’accordo delle parti non sia valido, a norma
dell’art. 4), il giudice procede alla verifica della propria competenza giurisdizionale sulla base dei criteri
generali indicati dall’art. 3 (residenza abituale del convenuto o del creditore; accessorietà della domanda
di alimenti rispetto all’azione di stato o di responsabilità genitoriale);
d1) se sussiste la competenza giurisdizionale del giudice adito in base all’art. 3, il giudice può affermare
la propria giurisdizione e procedere all’esame delle ulteriori questioni (processuali e di merito, previa
individuazione della legge sostanziale applicabile);
e) se non sussiste la competenza giurisdizionale sulla base dei criteri generali indicati dall’art. 3 (e
nessuna autorità giurisdizionale di uno Stato parte della Convenzione di Lugano del 2007, che non sia uno
Stato membro, è competente in virtù delle disposizioni di detta convenzione), il giudice procede alla
verifica della propria competenza sulla base del criterio di competenza sussidiaria stabilito dall’art. 6
(cittadinanza comune delle parti);
e1) se sussiste la competenza giurisdizionale del giudice adito in base all’art. 6, il giudice può affermare
la propria giurisdizione e quindi procedere nell’esame delle ulteriori questioni (processuali e di merito,
previa individuazione della legge sostanziale applicabile);
f) se non sussiste la competenza giurisdizionale sulla base del criterio sussidiario stabilito dall’art. 6, il
giudice procede alla verifica della propria competenza sulla base del forum necessitatis, nei casi
eccezionali previsti dall’art. 7;
f1) se il giudice non ritiene applicabile il criterio previsto dall’art. 7 e se non è possibile utilizzare gli
eventuali criteri di giurisdizione stabiliti dalle Convenzioni internazionali applicabili alla controversia in
base all’art. 2 della legge 31 maggio 1995 n. 218, il giudice adito deve dichiarare il proprio difetto di
giurisdizione;
f2) se risulta applicabile il criterio previsto dall’art. 7, il giudice può affermare la propria giurisdizione e
procedere all’esame delle ulteriori questioni (processuali e di merito, previa individuazione della legge
sostanziale applicabile). 163
Cfr., ad es., Cass., 26 novembre 2004, n. 22335, in Giust. civ. Mass., 2004, 11, e in Giust. civ., 2005, 3,
I, 633 ss..
LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE
Umberto Giacomelli 56
consenta la riunione dei procedimenti» (par. 2).
L’art. 13, par. 3, precisa che «sono connesse le cause aventi tra di loro un legame
così stretto da rendere opportune una trattazione e una decisione uniche per evitare
soluzioni tra loro incompatibili ove le cause fossero trattate separatamente».
Rispetto alla disciplina della litispendenza, che impone al giudice la sospensione del
processo (art. 12), nel caso di connessione il giudice successivamente adito ha la facoltà,
ma non l’obbligo, di sospendere il procedimento.
Se invece la connessione riguarda un giudizio pendente davanti all’autorità
giurisdizionale di uno Stato terzo, può trovare applicazione l’art. 7, 3° comma, della
legge 31 maggio 1995 n. 218, che si riferisce all’ipotesi di pregiudizialità tra una causa
straniera e quella proposta in Italia.
Infine, l’art. 14 del Regolamento n. 4/2009 dispone che i provvedimenti provvisori o
cautelari, previsti dalla legge di uno Stato membro, possono essere richiesti alle autorità
giudiziarie di tale Stato anche se, in forza del Regolamento, la competenza a conoscere
nel merito è riconosciuta all’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro.