Post on 18-Aug-2015
Università degli Studi di BergamoFacoltà di IngegneriaProf. Tommaso Minola
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMODipartimento di Ingegneria
Corso di Laurea in Ingegneria Gestionale
ECONOMIA DEL CAMBIAMENTO TECNOLOGICOOpen Innovation
anno accademico 2014-2015
Prof. Tommaso Minola
Ing. Davide Gamba
Università degli Studi di BergamoFacoltà di IngegneriaProf. Tommaso Minola
Agenda
• Durante le scorse lezioni :• Pattern industriali e regimi tecnologici• Strategia della tecnologia
• Oggi:• Open Innovation
ECT pagina 2
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Provocazioni iniziali (1/3)
Prendendo spunto da un discorso tenuto da Michael Heiss, responsabile a livello mondialedelle open innovation per conto di SIEMENS, il 29 marzo 2011…
«Signore e signori, quale situazione secondo voi è preferita dalla gente?»
Inside the Firewall Outside the Firewall
ECT pagina 3
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Provocazioni iniziali (2/3)
«Quale delle due situazioni ha maggior potenziale innovativo?»
Innovazione solitaria Innovazione all’aperto
Apriamo la porta?
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Provocazioni iniziali (3/3)
«Come posso iniziare il processo di apertura?»
Innovazione solitaria Innovazione all’aperto
ThinkingOutside the Box!
ECT pagina 5
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Open innovation: cosa NON è (1/10)
INSIDE THE FIREWALL – CLOSED INNOVATIONFarsi da sé…
Fonte: www.eidon-lab.eu
Caratterizzato da innovazioni (internal) technology push!
ECT pagina 6
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Open innovation: cosa NON è (2/10)
INSIDE THE FIREWALL… accettando i rischi della solitudine
L’EFFETTO MEDICI DI FRANS JOHANSSON
«Il nostro cervello genera continuamente e spontaneamente nuove idee partendo dalle nostre
conoscenze, dalla nostra storia e dalle nostre esperienze. Ogni nuova idea è una nuova
“connessione” nella rete delle nostre idee. Con il tempo il nostro cervello traccia dei “percorsi”
che vengono utilizzati in modo preferenziale e che portano alla generazione di idee simili tra
loro. Se vogliamo quindi generare idee veramente innovative, è molto utile cercare nuove
“connessioni” con persone diverse.»Fonte: www.themedicigroup.com/downloads/MediciEffect.pdf
ECT pagina 7
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Open innovation: cosa NON è (3/10)
Quali sono le origini storiche di questa idea?
• Il modello di closed innovation nasce agli inizi del XX secolo e si afferma prepotentemente
dopo la fine della II Guerra Mondiale.
• Al tempo i problemi di ogni azienda non riguardavano certo l’innovazione! Piuttosto le sfide
di ogni giorno riguardavano:
– Economie di scala;
– Coordinamento ed organizzazione di un grande numero di persone;
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Open innovation: cosa NON è (4/10)
Disclaimer: slides per fondamentalisti…
PERCHÉ GIOCARE LA SFIDA DELL’INNOVAZIONE IN CASA? (1/2)
La dottrina del modello di closed innovation afferma come «un’innovazione di successo
richiede il suo totale controllo» (Chesbrough, 2003).
Questa convinzione è radicata nelle seguenti, chiaramente ingigantite, assunzioni
(Chesbrough, 2003):
• L’azienda può assumere le persone migliori e più intelligenti che meglio si adattano allo
specifico progetto d’innovazione;
• Fare veramente profitto e soldi con un’innovazione richiede l’internalizzazione di tutte le
fasi di R&S;
• Per essere i primi a commercializzare un’innovazione è necessario originare quest’ultima
all’interno dell’azienda;
• Essere i primi assicurerà anche la vittoria dell’azienda nel mercato competitivo;
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Open innovation: cosa NON è (5/10)
PERCHÉ GIOCARE LA SFIDA DELL’INNOVAZIONE IN CASA? (2/2)
• Capeggiare gli investimenti in R&S di un’industria porta a generare migliori e più idee che
successivamente possono trasformarsi in fattori strategici per la supremazia del mercato
(Capon, Farley e Hoenig, 1990).
• Una gestione restrittiva della proprietà intellettuale evita che altre aziende facciano profitto
con le idee e le tecnologie generate dall’azienda.
ECT pagina 10
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Open innovation: cosa NON è (6/10)
CLOSED INNOVATION: UNA STRATEGIA VINCENTE?
• Conoscete Apple? La sua cultura aziendale ha supportato enormemente la cultura della
closed innovation, in particolar modo sotto la direzione del suo fondatore, Steve Jobs.
• Apple provò a cambiare lo stile strategico quando John Sculley guidò l’azienda dal 1983 al
1993. Dopo un periodo di crescita iniziale, le vendite crollarono e il prezzo delle azioni
precipitò.
• Dopo l’addio di Sculley, Apple riguadagnò presto valore grazie al ritorno di Jobs. La
filosofia della closed innovation fu adottata dall’azienda: il Macintosh Operating System e
la piattarne è l’esempio.
Comprereste le azione di Apple?E di un’altra azienda che segue la stessa strategia?
Fonte: riadattato da www.openinnovation.eu, «What Steve Jobs did not do for open innovation» (2011)
ECT pagina 11
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Open innovation: cosa NON è (7/10)
CLOSED INNOVATION: UNA STRATEGIA VINCENTE?
• SMI Group è un’azienda localizzata a San Giovanni Bianco, a metà della Val Brembana,
fondata nel 1987 dalla famiglia Nava.
• ll Gruppo SMI è oggi uno dei maggiori costruttori di impianti di imbottigliamento e
macchine di imballaggio a livello mondiale.
• L’azienda, fortemente innovativa nel proprio settore, affonda le proprie radici in una serie
di controllate che si occupano (internamente) della ricerca e dello sviluppo della maggior
parte delle innovazioni.
• Nel 2013 SMI stabilisce il record italiano di incremento di fatturato con un +28% (studio
Mediobanca), con una quota di export del 97%, passando da 91 ad oltre 117 milioni di
Euro.
ECT pagina 12
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Open innovation: cosa NON è (8/10)
CLOSED INNOVATION: UNA STRATEGIA VINCENTE?
E’ una conferma o un caso?Sareste disposti ad investire in questa azienda?
ECT pagina 13
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Open innovation: cosa NON è (9/10)
Chi fa da sé,fa per tre!
• Sembra che il concetto di fondo, in modo molto semplicistico, si possa racchiudere nel
proverbio popolare. Ma quanto è vero ciò?
• Ricordiamo come, in un’ottica chiusa, in cui l’innovazione richiede un controllo
centralizzato, l’azienda deve generare idee proprie, svilupparle, commercializzarle,
finanziarle e sostenerle (Chesbrough, 2003).
• Limiti:
– Spreco di risorse (progetti accantonati, …);
– Integrazione verticale della ricerca nei laboratori di R&S interni;
ECT pagina 14
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Open innovation: cosa NON è (10/10)
INSIDE THE FIREWALL… i rischi di una mela avvelenata
• Time to market decisamente lungo;
• Alti costi fissi;
• Sindrome del «non inventato qui»;
• Talento e creatività con le catene al piede;
ECT pagina 15
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Come sta cambiando il mondo? (1/7)
• E’ evidente come oggigiorno si acquisti più velocemente rispetto al passato, soprattutto
dopo l’avvento delle tecnologie caratteristiche settore ICT.
Fonte: Forbes Magazine
ECT pagina 16
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Come sta cambiando il mondo? (2/7)
• Ma è pure tanto evidente i cicli di vita delle tecnologie si stiano riducendo
drammaticamente…
Numero complessivo di modelli di iPod lanciati sul mercato dal 2001 al 2013.
Numero medio di mesi trascorsi dall’acquisto al rimpiazzo di un telefonocellulare negli USA e nel Regno Unito. (Botsman & Rogers, 2011).
Numero medio di mesi trascorsi dall’acquisto al rimpiazzo di untelefono cellulare in Giappone. (Botsman & Rogers, 2011).
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Come sta cambiando il mondo? (3/7)
• Sui mercati si stanno generando milioni di «GigaPascal» di pressione competitiva dovuta
alla globalizzazione e alla digitalizzazione: le aziende ne non sono immuni …
Fonte: McKinsey.com, The challenges ahead for supply chains (2010)
ECT pagina 18
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Come sta cambiando il mondo? (4/7)
• Probabilmente c’è più di una ragione per guardare outside the firewall...
“The main reason to think outside the box is there is no more oxygen left inside the box!”
ECT pagina 19
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Come sta cambiando il mondo? (5/7)
• … soprattutto in una era di innovazioni distruttive.
• Termine coniato dal professor Clayton Christensen della Harvard Business School nel suo
articolo «Disruptive Technologies: Catching the Wave” (1995), si parla di disruptive
innovations quando si è di fronte ad innovazioni capaci di concepire nuovi mercati e
nuovi valori percepiti dai consumatori, distruggendo in pochi anni i mercati esistenti e
ridisegnando l’intera supply chain, rimpiazzando completamente le tecnologie
precedentemente insidiate stabilmente in un’industria.
ECT pagina 20
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Come sta cambiando il mondo? (6/7)
• Per quali motivi acquisti un libro?
• Come è composta la supply chain di un libro?
• Quale è il prezzo migliore da far pagare all’acquirente per il suo acquisto?
(speedy) It’s your turn!
Proviamo a rispondere a queste domande viaggiando nel
tempo: quando eravamo bambini ed oggi.
Cosa è cambiato per gli editori?
Da soli riuscirebbero a cavalcare l’onda dell’innovazione?
ECT pagina 21
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Come sta cambiando il mondo? (7/7)
“The times they are a-changing!”(Bob Dylan, 1964)
ECT pagina 22
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Open innovation: cosa è? (1/8)
• Il termine nasce nel 2003 e l'autore è Henry
Chesbrough, professore e direttore esecutivo del
Center for Open Innovation all’Università di Berkeley, il
quale scrive il libro dal “Open innovation: the new
imperative for creating and profiting from technology”.
• Egli definsce l’open innovation come “un paradigma che
afferma come le imprese possano e debbano fare
ricorso ad idee esterne, così come a quelle interne, ed
accedere con percorsi interni ed esterni ai mercati, se
vogliono progredire nelle loro competenze tecnologiche”.
ECT 01pagina 23
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Open innovation: cosa è? (2/8)
DA DOVE ARRIVANO LE BUONE IDEE? (PARTE 1)
www.youtube.com/watch?v=EbG9RjFlr4g
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Open innovation: cosa è? (3/8)
• Il paradigma dell’open innovation si basa su un concetto molto semplice…
BUCARE L’IMBUTO DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA!
ECT 01pagina 25
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Open innovation: cosa è? (4/8)
Fonte: www.eidon-lab.eu
ECT pagina 3
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Open innovation: cosa è? (5/8)
• In altre parole il processo di open innovation si basa su un processo molto semplice: da
una parte c’è un’azienda che ha bisogno di innovare, mentre dall’altra parte c’è un’altra
azienda disposta a cedere le proprie innovazioni.
ECT 01pagina 27
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Open innovation: cosa è? (6/8)
Quali sono le origini storiche di questa idea?
• A partire da gli anni Cinquanta, una serie di cambiamenti strutturali hanno coinvolto
l’economia mondiale.
• Uno dei cambiamenti fondamentali avvenuto inizialmente negli Stati Uniti, riguardava la
relazione tra Università e impresa. Il sistema di istruzione superiore statunitense,
adottando un approccio imprenditoriale, iniziò a formare un numero sempre più elevato di
ingegneri e ricercatori qualificati, che le imprese assumevano per creare i propri laboratori
di ricerca.
• Simili tendenze originarono relazioni tra governo, educazione superiore e industria.
• Il paradigma dell’Open Innovation emerge in modo evidente e netto nei primi anni del 2000,
in risposta alle crescenti difficoltà nell’attuare i principi del modello tradizionale di closed
innovation, reso vulnerabile dalle nuove tendenze del contesto socio-economico.
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Open innovation: cosa è? (7/8)
• Quali sono i vantaggi di usufruire di un processo di cambiamento tecnologico basato su
una logica di open innovation?
Cessione dell’innovazione
• Monetizzazione del
portafoglio brevetti;
• Incentivazione dello staff di
ricerca;
• Trasformazione del reparto
di R&S in centro di profitto;
• Condivisione dei rischi;
Acquisto dell’innovazione
• Monetizzazione del
portafoglio brevetti;
• Riduzione dei costi di
ricerca
• Incentivo allo sviluppo di
nuovi prodotti/processi;
• Condivisione dei rischi;
ECT 01pagina 29
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Open innovation: cosa è? (8/8)
«Open innovation is defined as systematically performing knowledge exploration, retention,and exploitation inside and outside an organization’s boundaries throughout the innovationprocess.»
(Lichtenahler, 2011)
Le aziende che operano secondo una logica di innovazione aperta possono quindi procedere secondo:• External knowledge exploration: acquisizione di conoscenze da fonti esterne.
• External knowledge retention: mantenimento di stock di conoscenze al di fuori dei confini dell’impresa mediante portafoglio di alleanze.
• External knowledge exploitation: commercializzazione tecnologia anche in settori non affini a quello in cui è nata.
ECT 01pagina 30
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Open Innovation: nei fatti?
Licensing Spin-out
Joint-venture
Corporate Venture Capital
AcquisizioneCrowdsourcing
Spin-off
ECT pagina 3
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Perché scommettere sull’open innovation? (1/2)
• GlobalizzazioneLa collaborazione nei processi innovativi facilita il raggiungimento di economie di scala e diaffermazione design (dominant design).
• Intensità tecnologicaNecessità di ingenti risorse finanziarie e di know-how per sviluppare innovazione tecnologica.
• Fusione tra i settoriI confini tra i settori si fanno più sfumati (meccatronica, bioinformatica).
ECT pagina 32
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Perché scommettere sull’open innovation? (2/2)
• Nuovi modelli di businessNasce la necessità di integrare risorse complementari. Ad esempio nel settore multimediacollaborano imprese operanti in SW, HW, telecomunicazioni, entertainment, informazione.
• Accesso alla conoscenzaL’uso di Internet e delle tecnologie ICT aumenta la mobilità della conoscenza codificata.
ECT pagina 33
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Forme di partnership tecnologica tra imprese (1/2)
Nella scelta delle forma che debba assumere la partnership tecnologica le questioni principali
sono:
1. E’ opportuno l’acquisto di equity?
2. Se si, la quota deve essere di maggioranza, minoranza o è meglio la formazione di una
Joint Venture?
3. Quali fattori considerare nella scelta delle forme organizzative della partnership?
A B JVA B
ECT pagina 34
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Forme di partnership tecnologica tra imprese (2/2)
ECT pagina 35
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Open Innovation e crowdsourcing (1/2)
• Un’impresa ricorre al crowdsourcing se dà attività in outsourcing non ad una singola
impresa, ma al pubblico. Chiunque sia in grado di risolvere il problema posto può dare il
proprio contributo.
ECT pagina 36
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Open Innovation e crowdsourcing (2/2)
Accesso a competenze eterogenee (differenti culture, educazione, prospettive) e risorse esterne
Trovare soluzioni già esistenti
Si paga solo la soluzione
Forte incentivo per il pubblico
Contatto con il cliente e coinvolgimento lead-users
Vantaggi
Protezione IP
Difficoltà di condivisione di conoscenze tacite
Difficoltà di coordinamento per compiti complessi
Integrazione disoluzioni esternenell’organizzazione (sindrome delnot-invented-here)
Svantaggi
ECT pagina 37
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Open innovation: i clusters tecnologici (1/2)
• La prossimità spaziale è necessaria per lo sviluppo di reti d’innovazione, quando la
conoscenza è tacita. Lo stretto contatto con ricercatori, università, clienti, fornitori e
concorrenti rafforza i processi di knowledge spill-overs per migliorare e integrare
tecnologie.
“Geographical agglomerations of firms, as in industrial districts, located in the same region and
being communities of firms sharing a common socio-economic environment (and thus
conception of what has prominence) can be beneficial to sharing tacit knowledge.”(Lorenzen, 1998)
ECT pagina 38
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Open innovation: i clusters tecnologici (2/2)
• Un cluster tecnologico è la concentrazione geografica di imprese tecnologicamente affini,
spesso attorno a università e centri di ricerca.
• In Italia gran numero di distretti industriali soprattutto in settori tradizionali (abbigliamento,arredamento, alimentare). L’innovazione nelle PMI è spesso un processo pocoformalizzato che avviene mediante lo scambio di conoscenze tra partner.
ECT pagina 39
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Open innovation made in Italy! (1/10)
IL DISTRETTO CALZATURIERO DELLA RIVIERA DEL BRENTA
• Fondato nel 1961, il distretto Calzaturiero della Riviera del Brenta, localizzato tra leprovincie di Padova e Venezia, è un insieme di PMI operanti nel settore calzaturiero dell’altamoda.
• Le 538 PMI del Distretto Calzaturiero, con i loro 10141 addetti totali (fonte: www.acrib.it),sono organizzate nell’A.C.Ri.B: Associazione Calzaturifici della Riviera del Brenta.
Fonte: ispirato e riadattato da Bettiol M., Scienze Politiche, Università degli Studi di Padova (2007)
ECT pagina 40
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Open innovation made in Italy! (2/10)
• I dati statistici del 2013 mostrano una realtà che, seppur sconosciuta ai più, è veramente
solida e profittevole!
Aziende Addetti
Fatturato Produzione (in paia di scarpe)
Fonte: www.acrib.it, dati statistici 2013
ECT pagina 41
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Open innovation made in Italy! (3/10)
• L’A.C.Ri.B. fa parte del più ampio Distretto Calzaturiero Veneto.
• Oltre all’A.C.Ri.B., questo esso comprende i distretti di:
- Montebelluna, specializzato nelle calzature sportive;
- Rovigo, specializzato nelle calzature di fascia medio-alta per la famiglia;
- Verona, composto da grandi aziende posizionate su segmenti medi del mercato;
- Vicenza, realtà produttiva collocata nei mercati internazionali.
ECT pagina 42
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Open innovation made in Italy! (4/10)
• Nel 2003 è stato stilato, con la regione Veneto, il «Patto per lo sviluppo del distretto
calzaturiero veneto» sulla base della legge regionale n°8 “Disciplina dei Distretti
Produttivi e Interventi di Politica Industriale Locale”.
• Esso ha permesso una stretta collaborazione tra Aziende, Politecnico Calzaturiero e
Regione Veneto.
ECT pagina 43
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Open innovation made in Italy! (5/10)
• La specificità di questo distretto deriva dal fatto che la quasi totalità delle calzature
"griffate" presenti sui mercati mondiali sono prodotte, e in gran parte co-ideate, proprio
dai calzaturifici della Riviera del Brenta. Essi realizzano i modelli (idee, know-how) che
vengono poi venduti ai grandi brand che li commercializzano con il proprio nome.
Marchi Italiani Marchi EsteriDiesel Cacharel
Dolce & Gabbana Calvin Klein
Furla Chanel
Gianfranco Ferrè Chloé
Gianni Versace Christian Dior
Giorgio Armani Givenchy
Gucci Guess
Laura Biagiotti Paco Rabanne
Prada Ralph Lauren
Valentino Yves Saint Laurent
… e molti altri!
ECT pagina 44
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Open innovation made in Italy! (6/10)
• Intrattiene relazioni con numerose associazioni ed enti di ricerca:
Politecnico Calzaturiero: realizza studi di settore, sviluppo di nuove tecnologie
produttive, progettazione di sistemi CAD, fiere.
Politecnico di Milano: dipartimento di bioingegneria, dipartimento di industrial
design, delle arti, della comunicazione della moda, dipartimento di ingegneria
nucleare (laboratorio di materiali micro e nano-industriali).
Università Politecnica delle Marche: dipartimento di ingegneria informatica,
gestionale e dell’automazione.
Centri di ricerca: ENEA-UDA ISP, CE.SE.CA. - centro servizi calzaturiero, ICEC -
istituto di certificazione della qualità per l’area pelle e con il Consorzio Italiano
Formici, con il quale studia innovazioni tecnologiche nell’ambito delle forme.
Le iniziative open dell’A.C.Ri.B. (1/4)
ECT pagina 45
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Open innovation made in Italy! (7/10)
Le iniziative open dell’A.C.Ri.B. (2/4)
• Queste relazioni vengono rafforzate da iniziative come:
Partecipazione ad enti fieristici e mostre entra in contatto con realtà straniere.
Attraverso i numerosi studi modellisti con sede in Riviera che, oltre a lavorare per il
distretto, lavorano anche per l’estero (Germania, Spagna, Portogallo e, più
recentemente, per l’Europa dell’est).
Partecipa al salone d’impresa Think Tank.
Nel 2004 assieme alle associazioni industriali di Bari, Cosenza e Lecce ha fondato il
Progetto Nord-Sud Calzature, collaborazione finalizzata alla diffusione
dell’innovazione nel settore calzaturiero, grazie al quale partecipa agli studi svolti da
numerosi enti di ricerca, laboratori di servizio e università.
ECT pagina 46
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Open innovation made in Italy! (8/10)
Le iniziative open dell’A.C.Ri.B. (3/4)
• Durante gli anni A.C.Ri.B., insieme al Distretto Calzaturiero Veneto, si è impegnata per la
promozione di vari progetti, tra i quali:
Ricerca industriale: sviluppo di servizi per i nuovi processi produttivi;
Tecnologie CAD: sviluppo di applicativi software;
Trasferimento tecnologico: ricerca ed innovazione per migliorare la fase di
progettazione ed industrializzazione del prodotto;
Sviluppo tecnologico per la realizzazione di prototipi: innovazione stilistica e
tecnica di prodotto;
Creazione di un laboratorio di prototipazione rapida;
Sviluppo di sistemi gestionali integrati per l'organizzazione dei processi aziendali;
ECT pagina 47
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Open innovation made in Italy! (9/10)
Le iniziative open dell’A.C.Ri.B. (4/4)
• Progetto per lo sviluppo della Città della Moda: A.C.Ri.B, con l’appoggio delle
Amministrazioni Comunali della Riviera del Brenta, ha in progetto la realizzazione della
Città della Moda, un luogo nel quale collocare accanto al Museo della Moda e della
Calzatura, gli show room, le presentazioni dei nuovi prodotti, i locali per accogliere i
compratori, ma anche un luogo che possa attirare nuovi investimenti e possa dare avvio
a nuove collaborazioni.
• L’A.C.Ri.B. promuove il proprio operato attraverso l’organizzazione d’eventi di carattere
culturale atte a divulgare l’attività dell’intero distretto, cercando di coinvolgere la
popolazione della zona e non solo (per i più curiosi: acrib.it/attività culturali).
ECT pagina 48
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Open innovation made in Italy! (10/10)
A.C.Ri.B. e open innovation: una scommessa vinta?
Quali sono benefici che le aziende
• Affiancamento laboratori interni al Distretto a laboratori esterni.
• Le conoscenze ottenute vengono condivise da tutte le PMI data la finalità sistemica di
diffusione della conoscenza all’interno del distretto e delle reti di collaborazione.
• Grazie alla collaborazione tra enti di diversi settori (privato, pubblico e istituzionale), si
sviluppa un sapere multidisciplinare.
• Con investimenti moderati si ottiene un alto livello di know-how.
ECT pagina 49
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Open innovation e «knowledge gap» (1/2)
• DSM, una grande impresa fiamminga con grandi competenze nella biotecnologia e lo
sviluppo di nuovi materiali, aveva iniziato a sviluppare una tecnologia per produrre
isoprenoidi, un tipo di molecola organica usato per profumi e aromi, mediante un processo
di fermentazione. Il progetto fu però abbandonato.
• Nel 2008, dopo aver presentato un BP e aver ottenuto risorse finanziarie, Toine Janssen
ottenne la licenza da DSM per l’uso della tecnologia e fonda Isobionics nel 2008.
• Il primo prodotto commercializzato da Isobionics è valencene, aroma dell’arancia usato
soprattutto in bevande. Il mercato di nicchia ha permesso di generare cash per la
successiva espansione e di perfezionare la tecnologia di DSM.
ECT pagina 50
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Open innovation e «knowledge gap» (2/2)
Il caso mostra il ruolo dell’Open Innovation e dell’imprenditorialità nella commercializzazione ditecnologie sviluppate da incumbents.
• L’incertezza tecnologica e commerciale associata all’innovazione radicale può spingere legrandi aziende a non sfruttare le scoperte.
• Il gap tra conoscenza dal potenziale commerciale e conoscenza applicata ecommercializzata viene chiamato «knowledge gap» (Audretsch, 2007).
• Se un dipendente dell’impresa (o uno chiamato dall’esterno nel caso Isobionics) attribuiscealla nuova tecnologia un valore maggiore rispetto al management dell’impresa genitore,autrice della scoperta, può decidere di fondare una start-up per sfruttare l’innovazione.
• L’imprenditorialità può colmare il «knowledge gap» e sfruttare le opportunità offerte dalla«unused knowledge» degli incumbents.
ECT pagina 51
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Stato dell’arte: trends dell’open innovation
• Maggiore adozione da parte di incumbents in industrie hi-tech.
• Diffusione in settori «tradizionali».
• Adozione dell’open innovation da parte di SME.
• Crescente importanza delle università nel processo innovativo.
• Maggiore formalizzazione del processo di open innovation.
• IP come bene commerciabile sul mercato.
www.youtube.com/watch?v=v19YsWP5xeA&feature=player_embedded
L’UNIONE FA LA FORZA!
ECT pagina 52
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Open innovation: conclusioni (1/2)
DA DOVE ARRIVANO LE BUONE IDEE? (PARTE 2)
www.youtube.com/watch?v=NugRZGDbPFU
ECT pagina 53
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Open innovation: conclusioni (2/2)
• L’Open Innovation rappresenta una sfida sia per i generatori che per gli utilizzatori diconoscenza in quanto ampia e innova il concetto di outsourcing, ora interpretabile comeuna sorta di «innovazione dell’innovazione».
• Le università si muovono (e si dovranno in ogni caso muovere) verso un modello di«entrepreneurial university». La sua nuova missione per il futuro, oltre ad insegnamento ericerca, è rappresentata dalla trasmissione di conoscenze all’esterno verso le aziende.
• Il passaggio da un approccio closed ad uno open implica in ogni caso:– Lo sviluppo di una cultura interna e di una strategia adeguata;– Una gestione della proprietà intellettuale da difensiva a strategica;
• In ogni caso nulla evidenzia in modo evidente quale delle due opzioni sia migliore: ungiusto equilibrio pare la soluzione migliore.
• E il futuro?
ECT pagina 54