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Edito da Communitas – www.communitasbs.it
anno II Mensile gratuito di informazione locale – n° 3 marzo 2006
Editoriale
Un uomo che sapeva ascoltare
In questo numero
pag. 3 VILLACHIARABORGO SAN GIACOMO• La politica come servizio e impegno• Antiche suggestioni
pag. 4 ORZIVECCHI-POMPIANO-BARBARIGA• Il Gruppo Volontari Solidarietà
al servizio degli anziani• Una biblioteca per tutti i gusti• Barbariga: contributo per le tinteggiature
pag. 5 CORZANO – LOGRATO• Il San Martino in terracotta protegge
il paese dall’alto del campanile• Otto marzo e volontari nel mondo
pag. 6 ORZINUOVI• Successo di Riccardo Maffoni
a Sanremo con “il sole negli occhi”• Nuovi volontari per la gestione
all’oratorio di Coniolo
pag. 7 ORZINUOVI• Una presenza per dare voce
a chi non ce l’ha• Emozioni sull’argine dell’Oglio• Scambio culturale al “Cossali”
pagg. 8-9 SPECIALE• Angelo Ballini: una vita per gli altri• Sognare un mondo un pò più colorato• Un italiano del popolo• Ci stanno portando via tutto
pag. 10 COMMUNITAS• Lettera aperta ai soci di Communitas• Questo è stato
Il Progetto “Memoria” al “Cossali”• Il Futuro della sanità
pag. 11 CULTURA• “ALTER EGO”: una storia lunga …
ancora da raccontare• Infanzia
pag. 12 GLOBALE/LOCALE• Prodotti di benessere dal commercio
equo solidale• Aceto brillatutto
pag. 13 AMBIENTE• Ulmus minor Miller• Impianti di recupero energetico da biomasse
pag. 14 QUINZANO- SAN PAOLO• Biblioteca: dopo un 2005 pieno di iniziative,
si riparte…• … e Fausto Coppi regalò un doppio autografo
al giovane tifoso di Bartali
Foto di Valerio Gardoni
Nel mese di marzo 2005 “BassaVoce” iniziava la sua avventura editoriale
assumendosi il compito di proporre con cadenza mensile un momento di
conoscenza e di riflessione su temi e problemi di una parte della Bassa bre-
sciana, identificabile con l’area che fa capo al distretto di Orzinuovi. Il gior-
nale nasceva dall'esigenza dell’Associazione Culturale "Communitas” di
dotarsi di uno strumento per diffondere tra i cittadini della Bassa i suoi prin-
cipi fondati sui valori della democrazia, della libertà, dell'equità sociale, del-
la giustizia, della pace. Stampato in 10.000 – 11.000 copie, "BassaVoce"
è stato recapitato in omaggio – e continuerà ad essere distribuito gratuita-
mente –, mediante il sistema porta a porta oppure presso edicole e nego-
zi, nei comuni di Barbariga, Borgo San Giacomo, Brandico, Corzano, Dello,
Lograto, Longhena, Maclodio, Mairano, Orzinuovi, Orzivecchi, Pompiano,
San Paolo, Quinzano d'Oglio, Villachiara.
Le risorse del giornale, derivanti unicamente dalle inserzioni pubblicitarie,
non hanno finora consentito di stampare le oltre 20.000 copie necessarie
per raggiungere tutte le famiglie dell’ambito orceano e per estendere la di-
stribuzione ad altri comuni che gravitano per lunga tradizione entro l’area.
”Questo periodico si propone di frequentare le piazze dei nostri paesi, là
dove le differenze si incontrano e si confrontano, e di raccogliere le voci
della gente, quelle che esprimono soddisfazione o ansia, che raccontano
progetti o preoccupazioni, riflettendo volentieri sulle varie tematiche in
chiave sovracomunale” scrivevamo nel primo numero di Bassavoce. Ora,
dopo un anno, possiamo constatare che, grazie all’entusiasmo e alla com-
petenza di tante persone che prestano la loro collaborazione senza perce-
pire un centesimo, BassaVoce ha riportato ogni mese brevi cronache o
commenti di fatti relativi ai singoli paesi, ha lasciato spazio ad associazio-
ni che operano sul territorio, ha dedicato servizi alla storia locale, alla mu-
sica, allo sport, a recensioni di libri e di film, a racconti di fantascienza ed
ha accolto le lettere dei lettori.
Con l’intento di ascoltare la voce del territorio, BassaVoce ha cercato di af-
frontare, nelle pagine centrali, alcune problematiche sociali, ambientali, cul-
turali, economiche, amministrative che coinvolgono i cittadini di questa fet-
ta di pianura, proponendo via via riflessioni su: “Giornata della Memoria”,
oratorio, riforma della scuola, futuro del castello di Padernello, ragazzi in
gamba della Bassa, Fiera di Orzinuovi, pensioni, allevamenti intensivi di sui-
ni, Fondazione Civiltà bresciana, economia della Bassa, comuni Terre Bas-
se. Questo numero è invece dedicato ad Angelo Ballini, bracciante, costret-
to, come tanti, dopo la seconda guerra, a scioperare per avere un litro di
latte o un quintale di granoturco in più. Apparteneva al mondo degli ultimi,
eppure è stato un “maestro”, perché era un uomo che sapeva ascoltare.
Scrive la nipote Lara: “Lui ascoltava, anche se / a volte non poteva fisica-
mente sentire. / Ascoltava con tutti i sensi, / e quando parlava, / tutti sen-
tivano”. La Bassa è ricca di persone che in epoche e contesti diversi si so-
no impegnate per il bene della comunità: preti, suore, medici, insegnanti,
imprenditori, lavoratori dipendenti, sindacalisti, amministratori pubblici, po-
litici, artisti… cui BassaVoce, se disporrà di opportune informazioni, come
quelle qui fornite dal comune di Villachiara e dal Sindacato pensionati Spi-
Cgil, potrà in futuro dedicare altri speciali.
Riccardo Caffi
2MARZO 2006
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Villachiara - Borgo San Giacomo | 3MARZO 2006
Angelo Ballini ha sicuramente lasciato un’impronta forte nel solco della
nostra comunità villaclarense. Il suo agire e il suo insegnamento sono de-
stinati a influire sulla formazione e sull’azione di quanti si vogliono impe-
gnare per la collettività. Egli appartiene alla storia di Villachiara, poiché
forte è stato il suo radicamento nella realtà locale e profonda la cono-
scenza dei problemi e delle esigenze delle categorie più deboli e meno
protette.
Nella nostra comunità egli è stato un punto di riferimento e portavoce del
mondo subalterno, dolente e afflitto, di quei lavoratori per i quali ha intra-
preso iniziative per la rivendicazione e l’affermazione dei diritti, per la di-
fesa della dignità umana, per il riscatto sociale.
Nell’attività politica Angelo ha sempre ricercato il contatto con gli uomini,
facendosi interprete delle esigenze delle persone che incontrava, sapen-
do difendere le cause dei deboli e dei vinti.
Con l’impegno politico e sindacale ha scoperto la possibilità di lavorare
per e con i compagni di lavoro e con i propri concittadini, finalizzando la
propria azione alla ricerca del bene comune per il riscatto sociale delle
persone semplici e umili. Il filo conduttore della sua azione politica, sin-
dacale e amministrativa non va ricercato tanto nelle ideologie e nelle dot-
trine politiche – di cui comunque si appassionava e discuteva – ma nel-
la sua attività pratica e reale.
La sua politica era totalmente immersa nelle relazioni con le persone; at-
tingeva continuamente nuova linfa, nuove energie dai sentimenti di colo-
ro di cui sapeva ascoltare, raccogliere, interpretare istanze, problemi, in-
quietudini. Egli in particolare ha saputo interpretare questi bisogni e por-
tarli all’attenzione del sindacato, del partito, dell’amministrazione. Angelo
ha fatto da tramite tra i più semplici e le istituzioni.
Ballini è stato per noi un chiaro esempio di chi ha vissuto la scelta politi-
ca come un momento per rendere centrali i valori dell’emancipazione di
tutti coloro che vivono solo del proprio lavoro. Questo sentimento, questa
istintiva tensione all’emancipazione nasce dal cuore antico del modo
contadino come un moto naturale di ribellione per le condizioni di coloro
che la lotteria della via ha reso meno fortunati.
Le azioni collettive per l’affermazione degli ideali di emancipazione socia-
le, giustizia, solidarietà si possono sviluppare anche grazie all’intelligente
opera di uomini come Angelo. Se il suo esempio sarà raccolto, questi
ideali potranno trovare realizzazione nei contesti e nei loghi in cui vi sia-
no donne e uomini che hanno una vita da condividere.
Elvio Bertoletti
Sindaco di Villachiara
La politica come servizio e impegno
Resistono sul nostro territorio festività, ricorrenze, veri e propri riti che mantengono la loro originalità senza es-
sere stati contraffatti dalla logica dell’uniformità culturale globale, il cui unico scopo è palesemente quello di mas-
sificare e standardizzare le esigenze e quindi i consumi. Queste celebrazioni sono vere e proprie sacche di resi-
stenza culturale che si mantengono nella loro originalità e specificità diverse persino tra paesi confinanti.
Un rito che da tempi remoti ha attraversato i secoli fino a noi è il rogo della vecchia; la manifestazione, carica di
significati allegorici legati alla natura e a cerimonie pre-cristiane, verrà riproposto il 23 marzo dall’oratorio di Bor-
go San Giacomo grazie al solerte gruppo che sempre anima questa manifestazione.
In molte località del bresciano si praticano riti di mezza quaresima.
Nel nostro paese il fantoccio della vecchia viene portato nelle strade, in una grottesca processione, dove l’atten-
zione degli abitanti è richiamata dai bambini che picchiando pentole, coperchi e latte scherniscono ed esorcizza-
no la vecchia, simbolo dei mali dell’anno passato e della stagione invernale che deve terminare. Dopo un seve-
ro processo, in cui si deplorano le colpe, viene condannata al rogo e bruciata. Il rogo rappresenta fin dall’anti-
chità il rito con cui si accoglie l’arrivo della primavera, un dono divino, da ingraziarsi e per cui espiare le colpe
passate. Nei secoli la figura della vecchia ha sempre raffigurato il proprio tempo e da metafora dell’inverno è pas-
sata a ritrarre la tirannia dei potenti e dei padroni, dei problemi e delle difficoltà del lavoro, della terra e della vi-
ta, che in modo arguto e spiritoso venivano arsi e condannati con il fantoccio in un breve e camuffato momento
di riscatto sociale.
La storia ed il territorio sono nei nostri interessi principali. Infatti, durante il periodo quaresimale, la Biblioteca Ci-
vica di Borgo San Giacomo organizza una serie di incontri e conferenze dal titolo “Suggestioni dal Medioevo” che
ci portano a scoprire il passato. Le serate per il terzo anno consecutivo, con temi diversi e numerosi relatori, an-
dranno a sviluppare contenuti ed aspetti della nostra storia antica.
Gli appuntamenti saranno sempre il giovedì sera presso la biblioteca iniziando dal 9 marzo. Il viaggio di que-
st’anno inizia con Valerio Gardoni, moderno pellegrino che ci accompagna, con i suoi reportage foto-giornali-
stici alla scoperta di un mondo dove passato e moderno sono intimamente legati. In questo appuntamento il
suo sguardo ci mostrerà la realtà afghana, un mondo in bilico tra un affascinante passato e un tragico pre-
sente. Gianmario Andrico, attento e sensibile storico del nostro territorio, ci guiderà alla scoperta dei misteri
del castello di Padernello. Questa serata sarà una vera e propria lezione propedeutica per la successiva visi-
ta guidata all’interno del castello stesso che si svolgerà il 19 marzo.
Successivamente ci si soffermerà sull’architettura bresciana rinascimentale; Sandro Guerrini, riconosciuto stori-
co dell’arte e dell’architettura ci accompagnerà tra le costruzioni che hanno caratterizzato il nostro territorio e il
legame con Venezia, Milano ed Urbino. Il ciclo si chiuderà il 6 aprile; la cultura anglosassone ci viene presenta-
ta, anche quest’anno, dall’esperta Simona Ferrari e tratterà degli incantesimi pagani dei popoli germanici e del-
l’influenza che su questa cultura ebbe il cristianesimo.
Pensiamo, in questa serie d’incontri, di avvicinarci facendo luce sul periodo sicuramente più misterioso ed affa-
scinante del nostro passato, ingiustamente definito come “i secoli bui”. Cercheremo insieme di trovare gli ele-
menti di modernità nell’arte, nella letteratura o nella struttura sociale ed urbanistica del nostro territorio, con la
convinzione che la conoscenza del passato rappresenti la chiave per capire e dialogare con il presente.
Gianluca Bono
Villachiara SEGUE LO SPECIALE NELLE PAGINE INTERNE
Editore
Communitas - Associazione Culturale
Sede in Orzinuovi,
via L. Van Beethoven n. 6
sito associazione www.communitasbs.it
e-mail associazione info@communitasbs.it
sito giornale www.communitasbs.it/bassavoce
e-mail giornale bassavoce@communitasbs.it
Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 7/2005 del 28/02/05
Direttore Responsabile Riccardo Caffi
Redazione Carla Baronchelli, Stefania Biatta, Mauro Cinquetti, Fulvio Cominotti,
Giorgio Ferrari, Valerio Gardoni, Angelo Zucchi
Coordinamento editoriale e progetto grafico
San Giorgio Editrice srl Unipersonale – Via Fieschi, 2/14 – 16121 Genova
www.sangiorgioeditrice.it – info@sangiorgioeditrice.it
Stampa
La Stampa s.p.a. – Salita Pino Sottano, 3/C – 16136 Genova
In distribuzione gratuita in 11.000 copie a
Orzinuovi, Villachiara, Orzivecchi, Pompiano, Quinzano, Borgo San Giacomo,
San Paolo, Lograto, Barbariga, Corzano, Dello, Mairano, Maclodio, Longhena,
Brandico
Antiche suggestioni a Borgo San Giacomo
Borgo San Giacomo
4 | Orzivecchi - Pompiano - BarbarigaMARZO 2006
Costituito nell’anno 2001 con l’intento di rispon-
dere alle esigenze degli anziani del paese, il
Gruppo Volontari Solidarietà di Pompiano è or-
mai una realtà consolidata che ogni giorno della
settimana, domenica compresa, opera per ga-
rantire ai bisognosi il servizio gratuito di assi-
stenza e di trasporto alle strutture ambulatoriali
ed ospedaliere. Dal gennaio 2006 l’associazione
è stata iscritta al registro delle Onlus riconosciu-
te e dal mese di febbraio dispone anche di una
sede propria, che il comune le ha messo a di-
sposizione presso Palazzo Maggi, dove è ospita-
to il Centro Diurno Anziani. “Il comune ci ha
sempre sostenuto erogando ogni anno un con-
tributo a fondo perduto e l’assessorato ai servi-
zi sociali si è sempre prodigato nell’aiutare il no-
stro gruppo anche nella gestione delle prenota-
zioni e nella contabilità – dice il presidente Lui-
gi Calzoni –. Ma ora che disponiamo di una se-
de, siamo in grado ogni lunedì, mercoledì e
venerdì, dalle 9 alle 11, di raccogliere diretta-
mente le prenotazioni al centro diurno”. Grazie
all’impegno di 16 volontari, l’associazione di so-
lidarietà – apartitica e senza scopo di lucro – si
prodiga per aiutare gli anziani che, da quando i
reparti dell’ospedale di Orzinuovi sono stati dra-
sticamente soppressi o ridotti, incontrano ogget-
tive difficoltà per raggiungere le altre strutture
ospedaliere o riabilitative del territorio. Manca
infatti un’agevole rete di trasporto pubblico ver-
so l’ospedale di Chiari o quello di Manerbio, che
distano entrambi una ventina di chilometri.
Il servizio dei volontari viene erogato per mezzo
delle due automobili che il gruppo ha in dotazio-
ne. “Si tratta di una Fiat Tempra 1800, acquista-
ta nel 2001 grazie al contributo della BCC di
Pompiano e Franciacorta, e di una Lancia The-
ma 1800, che sempre la banca ci ha donato
nella primavera 2005 – informa Calzoni –. Ma
ormai la vecchia Tempra a benzina comporta
elevati costi di gestione e di manutenzione, per-
tanto i soci si stanno rivolgendo ad enti e istitu-
zioni allo scopo di raccogliere fondi per l’acqui-
sto di una nuova automobile alimentata a
gasolio”. Nel corso dei primi cinque anni di atti-
vità dell’associazione, la domanda da parte dei
potenziali fruitori del servizio è andata costante-
mente crescendo – nel corso del 2005 sono
stati effettuati 383 viaggi, richiesti da un totale
di 57 utenti – ed è accaduto sempre più fre-
quentemente che i volontari, per far fronte alle
richieste, affiancassero ai viaggi compiuti con la
macchina del gruppo quelli svolti con la propria.
Il Gruppo Volontari Solidarietà si propone ora di
incrementare e se possibile migliorare il servizio
di assistenza agli anziani e di svolgere una co-
stante opera di sensibilizzazione in ambito loca-
le per aumentare il numero delle adesioni all’as-
sociazione, così da poter rispondere in modo più
completo alle esigenze degli anziani del paese.
“Nel corso dell’anno intendiamo partecipare a
tutte le manifestazioni pubbliche che non siano
in contrasto con le finalità del gruppo, allo sco-
po di renderci visibili e di far conoscere la nostra
attività – aggiunge il presidente – ed abbiamo in
calendario un corso di formazione dei nuovi as-
sociati sulle tematiche inerenti l’assistenza agli
anziani”.
R.C.
Pompiano
Potrebbe apparire strana l’idea che
attorno al libro nasca e si coltivi la
passione di stare insieme e di orga-
nizzare eventi capaci di animare la
vita di un paese. È raro infatti trova-
re tante persone disponibili a farsi
coinvolgere, progettare momenti di
svago, di riflessione, di condivisione.
È quello che ancora una volta si pre-
figge – dopo oltre vent’anni di storia
alle spalle – il rinnovato gruppo che
gestisce la biblioteca di Orzivecchi,
riunito con l’entusiasmo di sempre
per recuperare la tradizione, cercan-
do di aggiungere elementi di novità
ai consueti appuntamenti culturali.
Accanto al ruolo istituzionale di com-
missione nominata a livello comuna-
le al fine di garantire il servizio di pre-
stito dei libri, la biblioteca ha assunto
nel tempo altre peculiarità, prima fra
tutte quella di divenire un importante
punto di aggregazione di svariati in-
teressi, che spaziano dall’arte alla
musica, dal teatro al cinema. Oltre al-
la proiezione di un film di avventura
per famiglie e di una commedia tea-
trale in dialetto, è già in cantiere la
preparazione della tradizionale festa
degli “Artisti in strada”, in program-
ma per giugno, ormai diventato un
evento festoso per gli abitanti del
paese. Ma avremo occasione di par-
lare più diffusamente di questo avve-
nimento nei prossimi mesi.
Una considerazione di carattere quo-
tidiano: l’impegno e la cura che que-
sto gruppo di volontari pone nella
scelta dei testi nuovi da sottoporre al
Comune per l’acquisto e l’attenzione
agli aspetti organizzativi che riguar-
dano tutte le attività inerenti il pro-
getto biblioteca meritano un ricono-
scimento… a volte l’abitudine di
vedere esposti volantini che ci invita-
no a partecipare a qualche evento, fa
dimenticare quanto tempo e quanta
passione siano invece necessari per
preparare e realizzare ogni attività.
Il mondo della biblioteca ruota però
attorno alla magia dei libri… perché
se è vero che la lettura costituisce
un’attività solitaria, resta il fatto che
andando in biblioteca si trova sem-
pre una persona di fiducia, capace di
consigliare e indirizzare nelle scelte.
E nella sede di via Matteotti, che rac-
coglie circa 6000 libri tra cui una se-
zione specializzata dedicata ai ra-
gazzi, c’è solo l’imbarazzo della
scelta. Si aggiunga che, grazie a un
“sistema” di prestito interbiblioteca-
rio, la biblioteca è in grado di fornire
in tempi rapidissimi titoli non imme-
diatamente disponibili, reperendoli
nei vicini paesi della Bassa Brescia-
na, collegati appunto tra loro grazie
ad un sistema integrato.
Una delle ultime iniziative promosse
per favorire la lettura, aperte a tutti i
paesi che vorranno aderirvi, sarà il
cosiddetto Open Day, in programma
per domenica 26 marzo 2006, gior-
nata in cui la biblioteca resterà aper-
ta al pubblico dalle ore 9 del mattino
sino alle 17. Il gruppo di Orzivecchi
non solo ha accolto favorevolmente
questa iniziativa, ma ha deciso di
“portare i libri in piazza”, allestendo
una bancarella delle ultime novità
appena uscite nelle librerie, in piazza
Milano.
L’appuntamento si preannuncia vi-
vace. Per chi ama leggere sarà l’oc-
casione buona per dare un’occhiata
ai titoli degli autori preferiti, passeg-
giando sotto i portici della nuova
piazzetta.
È bello sfogliare i libri, approfondire le
recensioni pubblicitarie lette sui gior-
nali e curiosare tra le pagine delle ul-
time novità. Potrebbe essere l’inizio
di un percorso di lettura da compiere
approfittando della biblioteca.
Luisa Paccani
Una biblioteca per tutti i gusti
Orzivecchi
Contributo per le tinteggiatureBarbariga. Bilancio dell’iniziativa per valorizzare gli edifici delle pubbliche vie
“LA TUTELA DEI VALORI UNIVERSALI NELLO SPORT”Venerdì 24 marzo 2006 – 20.30 – Auditorium Comunale Pompiano (BS)
Dall’homo faber all’homo ludens:la desiderabilità sociale dello sportProf. Marco BenedettiFacoltà di Medicina e Chirurgia – Università di Brescia
Gli aspetti spirituali, educativi e medici dell’attività sportivaDon Marco MoriPastorale giovanile per lo sport e tempo libero – Curia Vescovile
Dott. Riccardo MayerPsicopedagogista – Esperto in Scienze Sportive
Dott. Armando SandriniFederazione Medico Sportiva Italiana – Ispettore Antidoping
L’adolescente e l’agonismo: cittadini presenti o futuri campioni?Corrado LucchiniDirigente Federazione Italiana Ciclismo – Presidente Team Valtrompia
Marco TorresaniDirigente Federazione Italiana Gioco Calcio – Allenatore A.C Pavia
Diego MorgantiLaureando Università degli Studi di Brescia “La prevenzione del doping”
Dibattito
ConclusioniDon Carlo GipponiParrocchia Sant’Andrea – Pompiano
Il Gruppo Volontari Solidarietà al servizio degli anziani
Lo scorso anno l’Amministrazione comunale ha attivato il “bando per il
contributo delle tinteggiature dei fabbricati sulle pubbliche vie”.
L’intervento è stato in linea con il “Piano del colore”, emanato dalla Re-
gione Lombardia per regolare le operazioni di coloritura e di pulitura del-
le facciate
Si è voluto valorizzare e tutelare il patrimonio edilizio a partire dall’ap-
prezzamento estetico per il colore e per favorire la leggibilità delle stra-
tificazioni.
Comprendere il degrado delle tinteggiature e degli intonaci è un fattore de-
terminante per predisporre sia gli interventi sul nuovo sia sull’esistente.
Nel progetto regionale sono contenuti i piani particolareggiati delle tin-
teggiature ossia i piani coloristici di dettaglio per una porzione di territo-
rio e i progetti del colore, interventi più mirati per l’assetto coloristico di
una sequenza unitaria di fronti di edifici, di infrastrutture stradali o di ele-
menti singolari del tessuto urbano.
Il Piano del Colore indirizza e controlla, mediante relativa autorizzazione,
interventi di pulitura e/o tinteggiatura delle facciate esterne. L’utenza
privata deve presentare domanda presso gli uffici del Comune dove è
ubicato l’edificio che ha stanziato fondi per l’iniziativa.
Il modulo del colore deve essere consegnato almeno 30 giorni prima
dell’inizio delle opere, corredato da fotografie a colori della facciata e de-
gli edifici adiacenti. Nel caso di decorazioni dipinte o ceramiche o musi-
ve, sono richiesti ingrandimenti fotografici con particolari ravvicinati del-
le stesse. Per edifici vincolati in base alla legge 1089/1939 (edifici
storici) e nei casi previsti dal P.R.G. si deve presentare anche il prospet-
to colorato. Si deve aggiungere la presentazione della domanda, quando
occorre, per l’occupazione del suolo pubblico. Il servizio di consulenza
viene completato con il rilascio di un verbale contenente le indicazioni
sulle scelte e con la relativa autorizzazione. In nessun caso le opere di
tinteggiatura o restauro possono essere iniziate senza il contatto o la vi-
sita preventiva dell’Ufficio colore.
Per l’anno 2005 la somma stanziata è stata di 2.000 euro, scaturita dal-
la mancata attivazione delle luminarie per le vie del paese e dalle solu-
zioni alternative all’acquisto degli alberi di Natale.
I cittadini che hanno aderito alla prima edizione dell’iniziativa, interpre-
tando l’intento dell’amministrazione di recuperare le vie del centro sto-
rico e possessori di un’abitazione lungo la via principale, non sono stati
in realtà numerosi.
L’Amministrazione comunale tuttavia intende riproporre anche per il
2006 il bando per un eguale ammontare, di cui 1.000 euro derivanti dal-
l’avanzo del medesimo bando del 2005 con l’aggiunta di uno stanzia-
mento di 1.000 euro per l’anno corrente.
È auspicabile che al contributo possano accedere tutti i possessori del-
le costruzioni comprese nel centro storico, sia i titolari delle case pre-
senti lungo la via principale che i proprietari degli edifici che si affaccia-
no sulla piazza del paese.
Vittorina Ferrari
Un solo comune per tre località. Ognuna con una forte identità e profonde
radici ancorate nella storia: Corzano, Bargnano, Meano. Di primo acchito,
dal suffisso dei loro nomi e con l’avallo di accertati ritrovamenti, si intuisce
come almeno dall’età romana fossero già concrete realtà. Ecco poi, in età
medievale, i monaci cluniacensi dell’abbazia di Pondida stabilirsi da queste
parti con un loro cenobio per intraprendere, su più ampia scala, i loro piani
di bonifica e di riorganizzazione del territorio. I resti del loro monastero pos-
sono essere i ritrovamenti avvenuti presso la cascina Poli. Travolti i monaci
dalle vicende dei nuovi equilibri politici, si affacceranno nuove figure socia-
li che prospereranno sulla dissoluzione delle vaste proprietà monastiche. Da
tale processo si vennero a costituire gran parte delle famiglie feudali della
nobiltà bresciana. Ecco allora qua consolidarsi importanti nomi del patrizia-
to provinciale: i Bargnani, gli Avogadro, i Maggi. Ancora oggi ville, palazzi,
castelli, come pure alcune denominazioni di rogge e seriole (la Provaglia e
la Griffa) riportano i loro nomi. Alcune sono di lungo corso come la Prova-
glia: la si fa nascere presso la cascina Bissi ed esausta dai prelievi irrigui
nella stagione estiva tributa al fiume l’ultima goccia presso Monticelli d’O-
glio (Verolavecchia). Ancora più complessa la vicenda della roggia Strone.
Nasce presso Meano e, mediante vari altri tributi e confluenze, forma il la-
ghetto di Scarpizzolo (San Paolo) da cui prende avvio il fiume Strone, fra i
pochi corsi d’acqua della Pianura lombarda ad aver conservato integral-
mente il suo carattere meandriforme. Sono proprio i corsi d’acqua, qua co-
sì numerosi nel solcare il territorio delle tre località, a caratterizzarne forte-
mente il paesaggio. La visita a queste realtà incastonate nel reticolo mino-
re della viabilità provinciale, offre emozioni quasi irreali per chi vive in am-
biti fortemente urbanizzati.
Iniziamo dal capoluogo: Corzano. In certi ambienti è oggi conosciuto più per
la fama del suo fornaio e dell’azienda agrituristica piuttosto che per le realtà
storico-architettoniche offerte. Varrebbe invece la pena unire i due aspetti.
La parrocchiale è dedicata a San Martino, ovvero al patrono del monache-
simo. Non poteva essere diversamente vista l’importante presenza che i
monaci cluniacensi ebbero in loco. Anche a Cigole, il cui nome sembra de-
rivare da una contrazione del nome latino ceolae (da cellulae, celle mona-
stiche, per la forte presenza che ebbero i monaci di Sant’Eufemia della Fon-
te di Brescia), la parrocchiale è sempre dedicata a San Martino. Pure qua
l’origine delle fortune dei nobili locali (i Cigola ) avverrà a scapito del latifon-
do monastico, avvenuto per regio provvedimento di Luigi XII. Insomma una
riprova di come certe modalità di trasformazione si siano ripetute in luoghi
diversi e come la toponomastica o le specifiche denominazioni riportate dai
luoghi di culto siano utili a ricostruire quanto il presente non offre più. Ritor-
nando a Corzano, la statua del patrono, ben collocata e dominante dall’alto
del campanile, è in terracotta (rarità nell’area bresciana, essendo la pietra il
materiale principe). La composizione architettonica è quella delle chiese po-
st-tridentine, ovvero ad unica navata, con gli altari laterali in sostituzione
delle navatelle dell’antico impianto basilicale ed un rapporto più accentua-
to nell’altezza rispetto alla larghezza. La forma curvilinea del frontone cen-
trale ricorda alcune architetture seicentesche anche se l’attuale sistemazio-
ne è documentata al XVIII secolo Di pregevole fattura il portale principale e
quello laterale, lavorati nel bel marmo bianco del nostro Botticino. Poco di-
scosto si eleva la possente mole di palazzo Maggi, fra le più importanti ar-
chitetture del ’500 bresciano (e non solo). La monumentale opera in lateri-
zio, pur documentata poco prima della metà del ’500, mantiene ancora al-
cuni elementi dell’architettura fortificata, più propria dei secoli travagliati del
passato che dell’affermata stagione rinascimentale. Così è per il cornicione
di gronda che si presenta ancora a forma di beccatelli, seppur ormai meno
pronunciati, e con una vistosa guardiola a sbalzo sopra l’ingresso, sostenu-
ta da due mensoloni binati. Feritoie ai lati e a pavimento garantivano ad ar-
chibugi ed altri strumenti di offesa di operare contro eventuali tentativi d’in-
trusione. L’apporto della componente manieristica, coerente col periodo del-
la sua realizzazione (la torretta sul lato sud-est segnala comunque una
preesistenza), si manifesta invece sul lato meridionale, con l’alto porticato
contrassegnato da slanciate paraste, ma ancor più con gli affreschi attribui-
ti a Lattanzio Gambara. Interessano ben tre sale di cui una purtroppo è or-
mai in grave degrado. Non è da escludersi anche un apporto del cremone-
se Giulio Campi, conoscendo
quanto i due grandi artisti
eseguirono spesso insieme.
A nord del centro abitato,
lungo la strada per Comezza-
no-Cizzago, una bella villa di
fine Seicento-inizio Sette-
cento: Montegiardino, villa
già dei Coccaglio. In aperta
campagna la cascina Sale.
Fino a poco tempo fa era un
bel esempio dell’architettura
rurale minore del periodo di
transizione, almeno per la
torretta sopra l’ingresso. Un
pesante intervento di ristrut-
turazione, da quanto si può
vedere dall’esterno, ha per
sempre cancellato una pre-
senza significativa sul nostro territorio. C’è da dispiacersene assai per noi,
ma direi di più per coloro che ci vivono dentro. Si sono privati di un bene
prezioso che avevano già e che non potranno più consegnare ai loro eredi.
Altra magra sorte per un ulteriore luogo storico del paese: Cassavico. Impo-
nente complesso dell’architettura rurale tradizionale della Bassa, suddiviso
in due parti e sostanzialmente in rovina. Qua almeno non ci si è impegnati
a “ristrutturarlo”, anche se continueremo a convivere con l’abbandono del-
le nostre bellissime architetture tradizionali ed il proliferare degli anonimi vil-
lini. Un bel “defilè” di piante di noci ci accompagna verso il capoluogo. Spe-
riamo che almeno questi si mantengano.
Bargnano e Meano alla prossima puntata.
arch. Dezio Paoletti
Corzano - Lograto | 5MARZO 2006
Il San Martino in terracotta protegge il paese dall’alto del campanileCorzano
Otto marzo e volontari nel mondoLograto
In occasione della Festa della Donna, il Circolo ARCI di Lograto organizza
da anni una serata musicale il cui ricavato viene destinato ad opere di so-
lidarietà nazionale ed internazionale. Anche quest’anno, presso la palestra
della Scuola Media di Lograto, danza, cibo e musica del gruppo “I PEGA-
SO” hanno chiuso in bellezza l’otto marzo. Il ricavato della serata è stato
donato allo SVI, per finanziare la DEMUNA (Defensoria Municipal del Nino
y del Adolescentes) di Zurite. Il Servizio Volontario Internazionale - SVI –
“Volontari nel mondo” è un organismo di volontariato di ispirazione cristia-
na sorto nel 1969 per sostenere l’impegno dei volontari in Africa e in Ame-
rica Latina e per favorire la conoscenza e la solidarietà tra i popoli del sud
e del nord del mondo. Attualmente lo SVI è presente in Uganda, Burundi,
Kenya, Repubblica Democratica del Congo, Senegal, Zambia, Brasile, Ve-
nezuela e Perù. Appunto in Perù, a Zurite, la DEMUNA è un servizio di
ascolto ed assistenza legale e psicologica gratuita per chi subisce violen-
ze fisiche e psicologiche in ambito familiare. Avvocati ed assistenti sociali
volontari, quando è possibile tentano conciliazioni riconosciute dalla legge
e “formano” i padri di famiglia all’educazione dei figli ed al rispetto delle
mogli. Il servizio prevede la preparazione su tematiche particolari quali: la
violenza familiare, l’alcoolismo, l’autostima, i diritti dell’infanzia, l’educa-
zione dei figli.
Lo SVI ha trovato a Lograto una diffusa realtà di solidarietà, sia a livello isti-
tuzionale che delle singole persone. Così domenica 12 marzo, presso il sa-
lone dell’Oratorio, il Gruppo Volontari di Lograto e di Maclodio ha realizza-
to uno “Spiedo Solidale”, destinando poi il ricavato a sostegno del proget-
to SVI di Zurite. Il progetto di Zurite fornisce opportunità di formazione pro-
fessionale in ambito agricolo, zootecnico, agro-industriale ed artigianale ai
giovani contadini e contadine delle comunità del distretto di Zurite, nell’al-
topiano di Cuzco, coinvolgendo circa 6000 persone, al fine di contribuire
ad elevare il livello di vita della popolazione, migliorando la produttività dei
terreni e le condizioni alimentari e socioeconomiche delle comunità coin-
volte. Lo SVI vuole inoltre favorire lo sviluppo nella zona di un semplice si-
stema economico a base agro-zootecnica, che contribuisca a migliorare le
difficili condizioni di vita della popolazione. A tale scopo interviene con
azioni che prevedono il sostegno organizzativo ad una locale scuola agra-
ria (IER – Instituto de Educacion Rural) e cerca di creare una rete di scam-
bio tra le piccole imprese agricole dei campesiños e le altre attività pro-
duttive e distributive presenti nella zona. I volontari SVI lavorano anche per
rendere la scuola agraria autonoma dal punto di vista gestionale ed eco-
nomico, insegnando amministrazione di impresa ai loro collaboratori peru-
viani. Per chi è interessato al Volontariato Internazionale lo SVI propone
corsi di formazione biennali con incontri che si svolgono nei fine settima-
na. Per i giovani e le giovani dai 18 ai 28 anni è possibile inoltre collabo-
rare con lo SVI nell’ambito dell’anno di servizio civile. Lo Stato Italiano ga-
rantisce ai volontari un piccolo stipendio mensile di circa 400 Euro.
Lo SVI e il Progetto San Nicolas de Zurite hanno orizzonti di intervento mol-
to lunghi e quindi necessiteranno di sostegno ancora per molto tempo. Sia
Lograto che altri comuni della Bassa saranno interessati anche quest’an-
no alla campagna nazionale Focsiv - “Abbiamo Riso per una cosa Seria”,
campagna che mira ad aiutare progetti di intervento legati alla denutrizio-
ne o alla malnutrizione. Domenica 7 maggio i volontari di tante associazio-
ni in Italia venderanno pacchi di riso per finanziare alcuni progetti, tra i
quali anche il progetto di Zurite. Le associazioni che volessero partecipa-
re possono chiedere informazioni allo SVI, referente e coordinatore della
campagna per Brescia e provincia.
Giacomo Colossi
Per donazioni
Banca Etica – Filiale di Bresciac/c 000000504030
CAB 11200 – ABI 05018 – CIN L
oppure: Banco di Brescia – Agenzia di C.so Zanardelli
c/c 000000014500CAB 11205 – ABI 3500 – CIN V
Posta: c/c 10236255 intestato a SVI Viale Venezia – n 116 – 25123 Brescia
Per contattare lo SVI: SVI – Viale Venezia 116
Brescia tel. 030-3367919www.svibrescia.it
Ingresso palazzo Maggi.Sullo sfondo, il campanile con la statuadel patrono San Martino
Incontriamo Riccardo Maffoni qualche ora prima della sua partenza per
Sanremo. Lo vedremo presto sul palco musicale più importante d’Italia,
quello del festival appunto, che potrebbe consacrarlo definitivamente co-
me uno dei protagonisti della scena musicale italiana.
Gli abbiamo posto qualche domanda prima dello svolgimento dell’evento
perché le esigenze di stampa ci impongono tempi ristretti.
La tua carriera si può ormai dire lunga. Sei passato dai concerti nei bar orcea-
ni alla vittoria al premio Ciampi e a Castrocaro, ed ora ti appresti a salire sul
palco di Sanremo: com’è cambiato Riiccardo Maffoni dagli esordi ad oggi?
Beh, si può dire che è la vita che complessivamente cambia. L’esperienza
musicale mi ha aiutato molto anche nella vita e i premi, le gioie, i succes-
si, hanno rappresentato dei passaggi attraverso i quali è passato il mio
percorso musicale ma anche la mia crescita umana. Insomma, la mia ma-
turazione è proceduta in maniera parallela allo sviluppo artistico.
Qual è, a proposito, la soddisfazione più grande che fin’ora hai ottenuto
artisticamente?
La convocazione per Sanremo è sicuramente una grossa soddisfazione,
anche perché è giunta inaspettata; è un ambiente piuttosto complesso
che non illude circa l’eventuale avvicinamento alla finale. Per altri
concorsi canori i “passaggi” erano più definiti, magari an-
che annunciati. L’ingresso fra i finalisti mi ha dato una
grossa emozione. Tuttavia anche le delusioni non sono
mai state amare anche perché abitualmente non mi
creo illusioni o eccessive aspettative; anzi ogni “battu-
ta d’arresto” è sempre stata per me motivo per cercare
di migliorare.
Raccontaci le tappe della strada, che immaginiamo impervia, che ti haa
condotto alla finale sanremese.
Questo è stato il quarto tentativo di accesso alla fase finale. Accade che le
case discografiche propongono alla RAI i propri artisti che inizialmente so-
no circa 500.
Dopo una prima grossa scrematura ne vengono selezionati 50 per una au-
dizione a Roma davanti alla commissione giudicante. È in questo momen-
to che vengono decisi i 10 finalisti per il festival. Altri 2 vengono invece
scelti fra gli appartenenti all’Accademia Musicale.
Tu sei un musicista rock, legato alle radici del blues; come ti ssenti a do-
ver affrontare il santuario della canzone “nazional popolare”?
Nessuna particolare difficoltà, anzi mi sento a mio agio anche perché ho
un approccio molto libero alla musica, svincolato dagli standard o dalle eti-
chette imposte. Salirò sul palco imbracciando la mia chitarra, e l’arrangia-
mento, con le elettriche in evidenza, permetterà di avere garantito un im-
patto piuttosto “deciso”.
Hai dovuto sottostare a compromessi, mediazioni con la casa discografi-
ca o con la produzione del festival?
No, nessun tipo di pressione. Le scelte sono state fatte unitamente alla ca-
sa discografica, discutendo ogni aspetto del brano con assoluto spirito co-
struttivo. L’organizzazione del festival fin’ora si è dimostrata efficiente, per
cui nessun problema.
C’è qualche aartista sanremese che stimi particolarmente?
Ce ne sono alcuni che già conoscevo personalmente grazie all’esperienza
di “destinazione Sanremo” come Cristicchi e Dolcenera. Ho molto rispetto
di artisti come Ron o Grignani, ma devo riconoscere che sono molto feli-
ce per la presenza dei Nomadi, con i quali ho condiviso un lungo tour e
con i quali mi sono trovato sempre molto bene.
Dopo il Festival uscirà nuovamente il tuo album “Storiie di chi vince a
metà” con l’aggiunta del brano “Sole negli occhi” e con un altro inedito.
Cambierestti qualcosa del cd dopo due anni di “decantazione”?
Se ne è parlato con la casa discografica: il mio modo di cantare si è mo-
dificato in questi due anni ma ho preferito non cambiare nulla del disco
anche perché ci sono molti brani nei quali credo ancora moltissimo.
Inoltre, per chi non volesse acquistare l’album – che uscirà comunque al
prezzo speciale di 10,50 euro – sarà possibile trovare anche il singolo
“Sole negli occhi” con l’aggiunta di un inedito intitolato “T’aspetterò”.
Sei un autore prolifico: hai altri brani in canntiere o già pronti?
Ho delle idee nuove per ora solo registrate in versione “demo”. Sono mol-
to orgoglioso del brano “T’aspetterò”, che abbiamo finito di registrare e ar-
rangiare poco tempo fa e nel quale compare anche Enrico Mantovani (al-
tro Orceano doc) alla pedal steel guitar.
Sei stato ospite del CET, la scuola/residenza di Mogol: cosa ti ha lasciato
quuesta esperienza?
Il CET è un luogo fantastico a metà tra un agriturismo e una scuola, immer-
so nei paesaggi verdeggianti dell’Umbria. Ho avuto modo di conoscere il team
al completo, dal regista a Panariello che condurrà le serate, e anche di strin-
gere amicizia con gli altri giovani che parteciperanno alla fase finale. Mogol è
stato prodigo di consigli sia sugli aspetti tecnici dell’esibizione sia in relazio-
ne all’approccio da adottare sul palco. Ho conosciuto anche Francesco Ren-
ga vincitore della passata edizione, con cui ho scambiato due battute e si è
rivelato persona molto simpatica e “alla mano”.
Quanto ti senti influenzato dal cantautorato italiano (Ciampi, Gaetano, De An-
drré, eccetera) E quanto dal folk/rock americano (Dylan, Cash, Springsteen)?
Ho sempre ammirato e seguito Dylan e Springesteen vedendoli come “mi-
ti” e rappresentanti ineguagliabili del rock a stelle e strisce. Ora però sto
ascoltando tantissima musica italiana (Battisti, Bennato, Modugno, De An-
drè e altri) nella quale ritrovo un livello di comunicazione eccezionale con
un linguaggio musicale che spesso viene snobbato a causa di “barriere
mentali” precostruite. Molte canzoni italiane, se fossero state scritte da
qualche americano, avrebbero avuto un successo planetario. In Italia sia-
mo un po’ “malati” di esterofilia quando invece abbiamo degli incredibili
tesori musicali spesso sconosciuti al grande pubblico.
Cosa ti aspetti da questta nuova tappa della tua carriera? Non hai mai pen-
sato a cosa faresti in caso di vittoria?
La ribalta che garantisce il Festival è enorme: spero di poter avere un se-
guito, di dare il meglio e di fare un ulteriore passo in avanti rispetto alla
mia crescita artistica. Non ho mai pensato ad una mia affermazione nella
gara canora: per ora sono concentrato sulla mia esibizione.
Sei coonosciuto come una persona riservata e schiva. Non ti spaventa il
“carrozzone mediatico” che accompaggna l’evento? Cosa stai facendo per
stemperare l’attesa?
Per ora sono tranquillo e non ho ancora avvertito la pressione dell’evento
e dei riflettori, anche perché l’organizzazione è estremamente efficiente
ma discreta e il responsabile della casa discografica mi sta seguendo pas-
so a passo. Penso a vivere l’esperienza anche come “vacanza”, e in una
delle sere in cui non sarò impegnato sul palco, mi esibirò in un locale mol-
to carino della zona e mi divertirò sicuramente.
Per aggiornamenti in tempo reale è possibile visitare il bellissimo sito
www.riccardomaffoni.it
Angelo Zucchi
6 | OrzinuoviMARZO 2006
Sucesso a Sanremo
Riccardo Maffoni con “Il sole negli occhi”
Dal febbraio 2006 all’oratorio di Coniolo aumentano i volontari che ge-
stiscono il bar della parrocchia. Eravamo ormai abituati al servizio pre-
ciso e ordinario di una coppia di sposi, Tarcisio e Teresa, che da sei an-
ni gestivano ogni mansione, dagli ordini, alle pulizie, al servizio pratico
dietro al bancone.
Con il primo mese dell’anno, il Parroco richiede un aiuto alla popolazio-
ne, con un avviso in chiesa durante la celebrazione della Messa dome-
nicale, per la gestione del bar in quanto la suddetta coppia si ritirava.
Ed ecco che subito si creano allarmismi. Chi si lamenta del fatto che il
bar dell’oratorio non riaprirà più, chi reputa che nessuno si prenderà
questa responsabilità così grossa e così via.
Ma Coniolo si dimostra sempre disponibile e con una buona cultura del
volontariato che per l’ennesima volta si rivela una carta vincente: alla
prima riunione si contano 8 volontari che riescono ad organizzarsi per
gestire il bar con turni a scadenza settimanale.
Un volontario dà la sua disponibilità ad aiutare le donne con le pulizie,
soprattutto all’esterno del bar, marciapiede, cortile, bidoni della spazza-
tura da vuotare, portico…
Altre donne si mettono a disposizione per le pulizie degli ambienti in-
terni e ad oggi si contano ben 11 persone che con cadenze fisse ruo-
tano per garantire l’apertura del bar dell’oratorio nei pomeriggi di saba-
to e domenica e nelle serate dal martedì alla domenica. Si mantiene,
come del resto lo è sempre stato, il lunedì come giorno di chiusura.
Inoltre una giovane, sempre del paese, si occupa degli ordini e del rior-
dino delle consegne dei fornitori.
L’oratorio è nato e da sempre è concepito come luogo prediletto di ag-
gregazione, condivisione, confronto, crescita.
Ci si augura che queste persone siano sempre disponibili per la conti-
nuità di questo servizio e per il bene della Comunità.
E perché no, che questo gruppo tanto importante cresca sia nel nume-
ro che nell’essere sostenuto da questo spirito.
Nicoletta Zucchi
Coniolo
Nuovi volontari per la gestioneall’oratorio di Coniolo
Migliore epilogo dell’avventura sanremese del cantautore Orceano non poteva esserci. È stato un successo pieno.
Nessuno dubitava delle qualità di Riccardo Maffoni ma la vittoria nella categoria giovani e il 3° posto assoluto sono stati, crediamo, una
sorpresa anche per i sui più accaniti sostenitori anche perché la concorrenza – diciamo così - era artisticamente agguerrita con nomi già
molto conosciuti anche nella categoria giovani come, ad esempio, Simone Cristicchi e L’Aura.
Il brano “Sole negli occhi” ha conquistato il pubblico in virtù di una ariosa melodia, di un testo “importante” accresciuto dal particolare timbro
vocale di Maffoni e, magari, dalla naturale spontaneità con la quale si è presentato davanti ad una platea così prestigiosa.
La canzone recita quasi profetica “… io devo uscire da qui, cercare un mondo fuori da qui…” e il desiderio sembra essersi realizzato: Riccardo
Maffoni ha superato, grazie al suo talento, le secche della gloria locale e ora si lancia con il “sole negli occhi” verso un pubblico ben più vasto
che ha già ampiamente dimostrato di apprezzarlo.
Orzinuovi | 7MARZO 2006
Nel concludere la relazione presentata all’assem-
blea ordinaria dei soci dell’anno passato ebbi mo-
do di dire che era giunto per il Centro Diurno An-
ziani di Orzinuovi il tempo della specializzazione:
rendere cioè i servizi che offriamo volontariamen-
te alla popolazione orceana e ai paesi limitrofi…
più qualificati ed efficienti.
Pur rendendoci conto che la parola in sé può crea-
re qualche perplessità, con il rischio di allontanar-
ci dalla missione che il nostro statuto ci ha affida-
to, abbiamo operato nell’anno concluso (2005) in
questa direzione, cercando di essere sempre più
professionali nelle nostre azioni e avendo l’atten-
zione che i nostri soci, i nostri “utenti”, si sentisse-
ro sempre più circondati da sensibilità che li coin-
volgessero in un ruolo di appartenenza all’organiz-
zazione , il più possibile “attiva” e “partecipata”.
Abbiamo quindi potenziato gli incontri di autofor-
mazione con serate organizzate con l’aiuto qualifi-
cato dello “staff psicosociale”, operativo presso la
Casa famiglia (Don Pierino), con lo scopo di ali-
mentare e tenere sempre vive le motivazioni di un
impegno, di una scelta volontariale dei nostri 106
soci volontari. I nostri Gruppi di lavoro: del tempo
libero e del turismo, della cucinna, i Baristi, il grup-
po di accompagnamento, il Gruppo San Giorgio, le
amiche del cuore, hanno perciò attivato le nume-
rose iniziative consapevoli che la loro generosa
azione deve essere sempre più supportata da un
sentimento di empatia nei confronti di coloro che
quotidianamente si incontrano.
In questa prospettiva hanno operato principalmen-
te tutti i volontari e le volontarie del Gruppo “Ami-
ci in Linea”che nel 2005 hanno percorso 60.709
Km, effettuando 2006 viaggi, trasportando 2.252
persone per un totale di 3.365 ore di servizio gra-
tuito prestato. Una presenza ed una attività che ci
è “invidiata” da molte comunità ed associazioni.
Abbiamo anche inaugurato una “sezione” nella
frazione di Coniolo con l’intento di far nascere an-
che lì un gruppo di volontari che aiuti gli “anziani
portatori di fragilità psico-fisiche” la più popolosa
del nostro Comune.
Abbiamo consegnato una delle nostre vetture a
quattro volontari coniolesi che, con grande entu-
siasmo, si sono buttati nell’“avventura” e ciò mi
conforta nel convincimento che il 2006 vedrà svi-
lupparsi la presenza del Centro Diurno Anziani an-
che in Coniolo.
Numerosi sono comunque i progetti in fase di rea-
lizzazione che nel 2006 si concretizzeranno; cer-
tamente aumenterà il nostro impegno nei confron-
ti della Comunità di Pudiano, che la Cooperativa di
Bessimo dirige, e che riguarda il disagio giovanile.
Insieme a loro vorremmo che questa presenza si
sentisse sempre di meno ai margini della comu-
nità orceana. Il Cine forum del giovedì, presso il
Centro di Via S. Martinelli, intende proprio perse-
guire questa finalità.
Nel concludere non posso non esternare un senti-
mento di gratitudine nei confronti della grande ge-
nerosità dei cittadini orceani che rende possibile la
realizzazione delle nostre proposte e che ci aiuta a
superare i numerosi, piccoli, ma importanti, proble-
mi di una gestione sempre più complessa.
Giampaolo Festa
Una presenza per dare voce a chi non ce l’haOrzinuovi - Centro Diurno Anziani “L. Lolli”
Scambio culturale al “Cossali”
Quando l’inverno è ancora inverno
ma non più così cupo, il cielo lombar-
do gioca strane sfide con chi lo guar-
da, mescola incredibili bianchi a grigi
lievi sfumanti in rosa subito azzurri,
ma di quale colore sia davvero non si
sa, vago, lieve, tenue: sulle rive del
nostro Oglio bugia di cielo si incontra
all’orizzonte con la sagoma di un ar-
gine bianco che ti interroga sinuoso.
Ma lo stupefacente è di qua dell’argi-
ne, nella “morta” dell’Oglio che avvi-
cini dopo passi in un campo di neve
bianca che soffri a violare.
Sagome di alberi e di cavalli liberi in-
cantano la riva in movimenti alterna-
ti e movimentano lievemente lo sfon-
do. Il fondo della “morta” dell’Oglio ri-
flette quel cielo e lo restituisce fluido
di cerchi gocciolanti. I cavalli non so-
no guidati dai cavalieri perché qui so-
no sovrani e portano a spasso a loro
regalità in un paesaggio che final-
mente li merita, a!teri e fraterni con lo
sguardo che accarezza. Umido il fia-
to dalle froge si mescola con il vapo-
re dell’acqua ed aggiunge fiumi di
azzurro più nuovo.
La riva si colora: i sommozzatori
pronti sulla “morta” dell’Oglio rompo-
no il tenue e ribadiscono la signoria
intelligente dell’uomo che vuole en-
trare ma solo per ascoltare e cono-
scere. La nera muta lucida trasforma
gli uomini in guizzi dalle sembianze
essenziali, pronti per l’immersione,
assoluto incontro con il dentro della
“morta” dell’Oglio meandro vivo ali-
mentato da acqua sorgente.
Le bombole gialle che abbracciando-
lo proteggono l’uomo nel suo esplo-
rare, lacerano la superficie e quasi
offendono di colore solare la magia
dei tenui invernali. Un movimento
scompone la superficie e i sommoz-
zatori scendono e comincia il pas-
seggio su un fondo mai visto, scena-
rio incantato, silenzio di voci ignote.
Il primo brivido è dell’uomo che nella
muta segnala al suo corpo la nuova
dimensione ma il secondo brivido è
della luce che dall’alto illumina un
fondo che si schiude e si lascia sco-
prire. C’è musica sottile, musica insi-
nuata e ad ascoltare sono le orec-
chie, ma anche gli occhi e la pelle,
effetto della natura che qui sblocca i
limiti dei sensi e conduce ad una tut-
te le sensazioni. Il fondo è verde e
marrone e ricoperto dall’alga che noi
chiamiamo “zel” e da esso sorgono
sparse canne ed erbe più alte ed in-
trecci di costruzioni bizzarre, che
danno audaci pungoli alla fantasia.
L’uomo ha gettato anche qui i suoi ri-
fiuti, segnali di violento dominio indif-
ferente, ma la natura ne ha rimodel-
lato in fretta le sagome e ne ha fatto
arditi supporti ai filamenti della Oedo-
gonium, alga viscida di verde amaro.
Sulla riva della “morta” dell’Oglio
passano la loro stagione insieme le
alzavole marsaieule, i palitù, le gaine,
i beccaccini, i pivieri, gli aironi e si av-
vicinano alla “morta” per la bontà
dell’ambiente che ospitale li accoglie
ma che temono nello stesso tempo
per la presenza del capanno insidia
di approccio violento.
E sotto, ai neri e lenti sommozzatori
appaiono i segni della morte che pu-
re è parte del bioma di ogni fondale:
oggetti scaricati dalla vita quotidiana.
Persino un riflesso sul metallo di una
cartuccia assassina la fa scoprire
dolcemente legata al filo della ramifi-
cata clodophora , alga schiumosa di
colore innaturalmente grigio, priva
del suo obiettivo di morte e parte del
nuovo impianto naturale.
Le immagini galleggiano soffici e
passano attraverso la muta ai senso-
ri dell’uomo sommerso che li registra
per ancorare questo viaggio “sotto”
alla realtà fuori. L’emozione è la stes-
sa dei fondali più lontani e famosi.
Ma l’intrigo si ripete anche qui, vicino
nel nostro paese, nella “morta” del-
l’Oglio. Avventura nostrana.
Dalla riva i cavalli richiamano.
Emergere è già nostalgia.
g i e m me
Emozioni sull’arginedell’Oglio
Tredici ragazzi dell’istituto Cossali di Orzinuovi,
dall’8 al 15 febbraio, hanno ospitato altrettanti
ragazzi francesi.
All’inizio l’emozione era tanta, ma, superato il
primo momento, tutto è andato bene, anzi, be-
nissimo!
A Linate c’era molta trepidazione, perché i ra-
gazzi non vedevano l’ora di conoscere i france-
si, poi, dopo le presentazioni, e un attimo di co-
noscenze, tanta curiosità nei confronti del pro-
prio corrispondente.
E subito l’idea che quell’esperienza, che sareb-
be durata una settimana, non si sarebbe con-
clusa, ma sarebbe continuata, nel cuore di tut-
ti, e avrebbe lasciato un bellissimo, indelebile
ricordo nella mente dei partecipanti.
Durante le visite organizzate, i ragazzi hanno
potuto conoscersi e confrontarsi. Gli ospiti, si
sono, inoltre, potuti immergere completamente
nell’uso della nostra lingua, che stanno stu-
diando.
Milano, Brescia, Venezia, Mantova e il lago di
Garda sono state le mete scelte, durante le
quali, i ragazzi, hanno avuto l’opportunità di vi-
sitare questi importanti luoghi.
L’esperienza è stata positiva per tutti i parteci-
panti, e si concluderà quando, ad ottobre, i ra-
gazzi italiani verranno ospitati dai loro corri-
spondenti francesi.
L’avventura è finita con malinconia, alla parten-
za dei ragazzi francesi, ripensando alla settima-
na passata insieme, in cui si ha avuto la possi-
bilità si conoscersi meglio e di formare un
gruppo molto affiatato.
Inoltre i ragazzi hanno avuto l’opportunità di
confrontarsi con i loro corrispondenti, e trovare
somiglianze e differenze nelle situazioni e negli
atteggiamenti.
Per questo un ringraziamento va a tutti coloro
che hanno reso possibile la realizzazione di
questa stupenda avventura, che resterà, nella
mente e nel cuore di tutti, come un bellissimo
ricordo.
Michela Sudetti
8 | SPECIALE: ANGELO BALLINI, BRACCIANTEMARZO 2006
Nei suoi quasi 85 anni di vita Angelo Ballini ha attraversato e conosciuto il
fascismo, la guerra con la prigionia, le lotte bracciantili, l’esodo dalle cam-
pagne, l’industrializzazione, il crollo dei muri e delle ideologie.
Angelo nasce a Casaglia il 31 maggio 1916, sesto dei nove figli di Vincenzo
Ballini e Regina Fabuzini. La Grande Guerra langue nelle trincee e nelle case
orfane di uomini validi si fanno i conti con le privazioni e la fame.
Nel 1930 la famiglia si trasferisce alle Martinenghe, cascinale nel comu-
ne di Villachiara ai confini con Barco, da poco acquistato da Daniele Pa-
lazzoli, facoltoso commerciante milanese col pallino degli investimenti fon-
diari e dei cavalli da corsa. Questi vi intraprende subito una radicale tra-
sformazione in moderna azienda agricola dotata di stalle efficienti, casei-
ficio, essiccatoio, dando il via anche all’ultima bonifica ed al livellamento
dei terreni pieni di sassi. Ci resterà 27 anni Angelo Ballini alle Martinen-
ghe. Nella grande cascina trova prima impiego come aiutante nel caseifi-
cio. Il lavoro non lo soddisfa; lui ama i cavalli, quelli muscolosi che schiu-
mano fatica nei campi. Diventa cavallante o carrettiere come il padre.
A vent’anni è chiamato al servizio militare di leva in Valle d’Aosta, al valico
del Piccolo San Bernardo, al confine con la Francia. È di sorveglianza come
guardia di frontiera alla dogana in ausilio ai finanzieri. Finalmente può riem-
pirsi lo stomaco e saziare i morsi della fame. Fosse dipeso da lui, e solo per
il rancio abbondante, ci sarebbe rimasto più a lungo sotto le armi.
Rientrato alle Martinenghe si innamora di Caterina Invernici, di tre anni più
giovane. La va a trovare a Barco e poi la insegue fino a Landriano nel pave-
se, dove ha traslocato con la famiglia. Angelo affretta i tempi. La sposa il 14
gennaio 1939 e la riporta con sé alle Martinenghe. Un matrimonio solidissi-
mo quello tra Angelo e Nina, allietato da sei figli e durato oltre 62 anni.
Neppure il tempo di gioire che lo scoppio della guerra separa la giovane
coppia; Angelo viene richiamato alle armi. Ma sentiamo dalle sue parole
come si svilupparono gli eventi che lo interessarono nel periodo bellico.
“Sono stato richiamato il 3 settembre 1939 a Pinerolo. Nel ’40 sono sta-
to mandato a Bobbio Pellice, ai confini con la Francia. Sono riuscito a tor-
nare a casa nell’ottobre ’40 perché avevo altri quattro fratelli sotto le ar-
mi. Ma nel marzo ’41 sono stato richiamato e mandato in Friuli. L’8 set-
tembre 1943 sono stato catturato dai tedeschi a Gradisca. Ci hanno cari-
cato su un treno dicendoci che ci mandavano a casa. Ma non era vero. A
Trieste le crocerossine ci chiedevano l’indirizzo e avrebbero provveduto ad
avvisare i nostri famigliari. Rimanemmo su quel treno un giorno e due not-
ti. Ci mandarono in Polonia, in un campo di prigionia. Dovevamo lavorare
in una fabbrica che preparava casse da imballaggio per bombe. Quanta
fame ho patito là! Mangiavamo brodo, patate quando ce n’erano e due et-
ti di pane al giorno. Non vi dico cosa si faceva per avere qualcosa da man-
giare. Non c’era bisogno di lavare la scodella; con la lingua la leccavamo
finché era lucida. Dopo un anno ci spostarono in un’altra fabbrica, questa
volta in Cecoslovacchia. Lavoravamo insieme a 600 donne ebree. Nei pri-
mi mesi del ’45 furono trasferite nei campi di concentramento e sostitui-
te da altri prigionieri di guerra”.
Viene liberato dai Russi il 7 maggio 1945 e dopo tante peripezie arriva a
casa dove viene informato della recente scomparsa del padre.
La svolta storica del 1945, si può dire rappresenti lo spartiacque nella vita
di Angelo Ballini. Egli aderisce quasi per istinto al Partito Comunista, rappre-
sentato a Villachiara da Alessandro Magli ed alla Federbraccianti, guidata in
loco dal socialista Vincenzo Zeni. Saranno le sue scelte di vita. Conosce Ita-
lo Nicoletto e Antonio Forini, che battono i paesi della Bassa, il primo in au-
tomobile con alcuni compagni partigiani, il secondo con la sua motocicletta.
Le campagne sono in agitazione fin dal 25 settembre 1945 per reclamare
adeguamenti salariali e posti di lavoro. C’è molto terreno da recuperare do-
po il ventennio in cui sono stati conculcati i più elementari diritti dei lavora-
tori. Le Martinenghe, dove è concentrato un buon numero di salariati, in
maggioranza comunisti, sono uno degli epicentri delle lotte, come lo furono
nel primo decennio del secolo.
Nel frattempo il mondo si spacca in due, costringendo uomini, partiti e sin-
dacati a schierarsi. La resa dei conti arriverà il 18 aprile 1948, con la sto-
rica sconfitta del Fronte Popolare che segnerà l’emarginazione dei partiti
di sinistra dal potere per quasi un cinquantennio.
L’occupazione delle cascine nell’inverno 1949/50 vede Angelo Ballini in pri-
ma linea come membro del consiglio di gestione delle Martinenghe, la prin-
cipale delle aziende autogestite. La connotazione eminentemente politica
assunta dagli avvenimenti, la scarsa incisività del periodo prescelto per il fer-
mo dei lavori agricoli, l’isolamento sostanziale nell’opinione pubblica, non
consentirono agli occupanti di ottenere gli obiettivi prefissati.
L’agrario Palazzoli, come veniva appellato dalla controparte, non perdonò
gli organizzatori per l’affronto subito. Li denunciò tutti per sottrazione e di-
stribuzione di generi di consumo e vendita di bestiame, provvedendo a li-
cenziarli alla prima occasione. È la sorte che accomuna Ballini ed i suoi
compagni. Egli troverà impiego, prima alle Vittorine e poi a Villagana, tra-
slocando alla Seita e, definitivamente, a Villachiara capoluogo nel 1957.
Gli strascichi giudiziari avranno termine con la sentenza del Tribunale di
Brescia del 9 luglio 1957. Grazie alla difesa dell’avv. Leonida Bogarelli ed
alla testimonianza favorevole del brigadiere Osvaldo Caizzi, comandante
della stazione carabinieri di Borgo San Giacomo, le pene irrogate furono
miti: 8 mesi di reclusione con la condizionale. Quando nel 1966 Angelo ri-
cevette l’ultima disdetta, preferì trasformarsi in pendolare giornaliero piut-
tosto che abbandonare il suo paese. Finì nei cantieri edili a Milano come
semplice manovale; partenza alle 5’20 del mattino e rientro alle 18 di se-
ra, per 10 anni, fino alla sospirata pensione.
Per quanto riguarda l’impegno diretto nell’amministrazione comunale, es-
so arriva per Ballini relativamente tardi, a 40 anni, in tandem con Dome-
nico Chiodi. Senza di loro la storia recente di Villachiara sarebbe diversa.
Siamo nel 1956; la lista di sinistra riesce con affanno a vincere le elezio-
ni ed a riconfermare Alessandro Magli nella carica di sindaco. Questi ven-
ne tuttavia subito preso di mira dall’opposizione che lo denunciò alla ma-
gistratura per peculato, accusa rivelatasi al vaglio degli atti processuali
infondata. Ne seguirono le dimissioni il 31 luglio 1957. Lo surrogò per cir-
ca un anno Giovanni Simonini, dimessosi a sua volta il 14 luglio 1958. Si
fecero diversi tentativi per salvare la giunta di sinistra che, oltre ad esse-
re esposta agli attacchi dell’opposizione democristiana, era percorsa al
suo interno da laceranti divisioni. Come ultima spiaggia venne giocata la
carta Ballini, persona integerrima e dal forte spirito unitario.
Il 16 luglio 1958 Angelo Ballini viene eletto sindaco una prima volta, ma su
segnalazione del segretario comunale, il Prefetto annulla la delibera, “perché
viziata nella forma per la mancata proclamazione della nomina del sindaco da
parte del presidente e perciò illegittima”. Una seconda elezione viene nuova-
mente invalidata dal Prefetto “perché non era stato invitato alla seduta un
consigliere”. Così il 16 febbraio 1959 il Consiglio Comunale viene sciolto ed
il comune è commissariato.
Tramontava convulsamente l’esperienza quindicinnale delle giunte demo-
cratiche, tra polemiche e lacerazioni. L’emigrazione falcidiava il consenso
ai partiti di sinistra, che già nelle elezioni politiche del 1958 avevano per-
so la maggioranza a favore della Democrazia Cristiana. In tutta questa fa-
se concitata ha modo di cementarsi l’amicizia di Angelo Ballini con Italo
Nicoletto. L’onorevole, nel precipitare degli eventi, aveva preso a cuore la
situazione di Villachiara. Sarà proprio il parlamentare nel 1960 a capeg-
giare la lista unitaria di sinistra alle elezioni comunali e Ballini e Chiodi co-
loro che arginarono la dispersione del loro elettorato.
La lista “COMUNE AL POPOLO”, ne uscì sconfitta, riuscendo però a rac-
cogliere il 41,6% dei consensi.
Ci vorranno quindici anni di capillare lavoro casa per casa di Angelo Ballini
e Domenico Chiodi per riportare una sinistra rinnovata alla guida del comu-
ne. Ballini resterà nel Consiglio Comunale per 34 anni, fino al 1990, conser-
vando fino alla nascita del PDS anche le cariche di segretario delle sezioni
locali del PCI e della Federbraccianti, assunte alla fine degli anni Cinquanta.
I suoi 85 anni di vita vissuta sono stati straordinariamente pieni e felici, no-
nostante le fatiche e le tribolazioni. Fino alla mattina del 19 aprile 2001 in
cui la morte lo rapì serenamente nel suo letto.
Paolo Zanoni
Angelo Ballini: una vita per gli altri
Che dire di Angelo Ballini se non che era una persona bella. Una perso-
na che non conosceva disimpegno, alienazione, quasi a pensare che
questa vita non sia un’area di parcheggio, un’attesa di chissà quali
eventi. No, lui era un uomo impegnato a costruire ogni giorno una so-
cietà, più giusta, più onesta, più fraterna.
La sua è stata un’esistenza piena di significato che ha sempre fatto spa-
zio con intelligenza ai valori più importanti. Quello della vita innanzi tut-
to. L’ha accolta con una generosità singolare. Non importa se a portar-
ne il peso erano due spalle soltanto. In questa sua generosa apertura
due solidi pilastri lo sostenevano: la stima e il rispetto per la vita da una
parte, la capacità di sognare dall’altra.
Una vita, ogni vita va accolta e vale bene più di qualsiasi sacrificio, pri-
vazione o rinuncia. Il rispetto per l’uomo in quanto uomo, aldilà di ogni
appartenenza politica, etnica o religiosa. Pur essendo fermo nelle sue
convinzioni, non era intransigente e tanto meno fondamentalista.
Quante volte ci siamo detti ridendoci su con Angiolo, Elvio, Arcangelo e
Domenico: “Angelo, visto come la pensiamo tu ed io nonostante le ap-
parenti differenze, chissà quanti piò di patate ci avrebbero condannato
a zappare in Siberia. E questo in nome del popolo e per il bene del par-
tito, naturalmente”. A pensarci bene non mi ricordo di aver mai visto An-
gelo in atteggiamenti da agitprop o da tribuno della plebe.
E forse fu proprio questa sua calma e pacatezza a far breccia in noi gio-
vani studenti universitari del ‘68 sicuramente troppo irruenti ed estremi-
sti, come ogni ragazzo di vent’anni. Amava il dialogo e pur non avendo
titoli di studio, era un uomo assetato di conoscenza; voleva sapere, vo-
leva capire il perché di quell’ansia di giustizia e di promozione umana
che gli parlava dentro.
E paradossalmente l’altro pilastro che ha sostenuto la sua vita è stata la
capacità di sognare, se si considera che saper sognare è la condizione
necessaria per assicurare il progresso ad una società. Se il progresso
nasce dal desiderio di raggiungere risultati non ancor ottenuti, il sogno
rappresenta la spinta vitale desiderante.
Una frase di George Bernard Shaw dice: “Quando un uomo sogna da so-
lo è un sogno, quando si sogna insieme è la realtà che comincia”.
E la realtà per Angelo Ballini è stato il ’68, l’incontro con noi giovani stu-
denti, con la nostra rabbia, con le nostre speranze, con i nostri sogni. La
sua capacità di persona semplice di avvicinarsi ai movimenti studente-
schi, di coglierne le giovanili speranze e la voglia di cambiamento nella
vita, nel costume e nella politica. Ascoltava, dialogava, discuteva e dis-
sentiva da tante nostre posizioni radicali, ma sempre con rispetto, mai
con condanne ideologiche settarie.
Conosceva sulla sua pelle i danni del settarismo, per averli vissuti e su-
biti negli anni ’50 quando era visto e considerato un moderato. Una be-
stemmia per quei tempi di granitiche certezze e conformismo centrali-
stico. Un moderato comunista che dialogava con quei ragazzi frequen-
tanti le università metropolitane così diversi dal suo mondo concreto del-
la terra prima e dei cantieri dopo.
Forse era questa l’utopia: mondi distanti e diversi che si incontrano. In
fondo i desideri essenziali degli uomini, diceva, uniscono e non tendono
a dividere, non possono essere così differenti e antagonisti. Oggi quello
che ci manca è proprio la sua volontà di esporsi, di sostenere una cau-
sa in cui si crede e sognare un mondo un po’ più colorato e aperto, me-
no grigio e meno chiuso.
Che altro non era l’insostenibile leggerezza del “sogno californiano” se
non il mondo reale a cui tendere per ogni soggettività desiderante. Ma
ahimè i sogni, tutti i sogni muoiono all’alba, purtroppo.
Il passato di una illusione è duro a morire, ma alla fine tramonta.
E forse è meglio così.
Giancarlo Bertoletti
Dirigente Istituto Cossali
Sognare un mondo un po’ più colorato
SPECIALE: ANGELO BALLINI, BRACCIANTE | 9MARZO 2006
Angelo Ballini appartiene ad una generazione di persone del movimento co-
munista italiano, di estrazione contadina e bracciantile, caratterizzata non
tanto e non solo dal coraggio, dalla combattività, dalla fedeltà, dalla capa-
cità di incassare i colpi senza piegarsi, dalla passione politica, dallo spirito
di classe: come già annotava lo storico Paolo Spriano il fatto è che questi
uomini hanno avuto una caratteristica inconfondibile, un tratto semplice ed
esemplare: il legame profondo con la loro terra, il loro paese, il loro ambien-
te d’origine. Questi “rivoluzionari” non sono eroi romantici e un po’ lontani,
ma sono italiani del popolo, in mezzo al farsi degli avvenimenti, con una
tensione interna di chi sa di aver fatto una scelta di vita che comporta do-
lori e sacrifici anche per la propria famiglia e per i propri cari.
E Ballini è stato un uomo della nostra terra, del nostro popolo, della nostra
parte, un uomo piccolo eppur dal cuore grande, buono e generoso, sempli-
ce ed onesto, col sorriso stampato sul volto, sempre disponibile ed acco-
gliente, seppur intransigente nelle cose più importanti, pronto al dialogo con
chi non la pensava come lui, ma sempre fiero delle proprie convinzioni.
Egli non ti metteva mai a disagio, amava camminare a lungo e stare in
compagnia con tutti, con un calice di vino davanti, guardando a giocare a
carte, raccontando un episodio della sua lunga vita, con la pratica di pen-
sione in mano, con la tessera di partito o del sindacato da consegnare, con
l’intervento pugnace in consiglio comunale o nella sezione, pendolare sul
pullman verso la metropoli milanese, oppure spettatore assiduo alle parti-
te di calcio per vedere la sua Villaclarense, lui che di calcio non se ne era
mai interessato più di tanto... Ma era la sua Villaclarense, un modo diver-
so, uno dei tanti modi per poter comunque stare insieme alla gente, ai suoi
compagni, ai suoi concittadini.
Nella sua vita tribolata, Angelo Ballini è stato più volte licenziato dalle
aziende agricole per motivi sindacali e politici; dovette anch’egli, assieme
a tanti altri villaclarensi, abbandonare la compagna per andare a cercare
lavoro a Milano come manovale, ma sempre con dignità e non rinuncian-
do ad esercitare i propri diritti sindacali seppur in un nuovo contesto so-
ciale. E fu in questo periodo che venne a contatto anche con movimenti
della sinistra extra-parlamentare e sostenne alcune forme di lotta di auto-
riduzione dei biglietti di abbonamento dei pullman delle Autoguidovie. Per
tanti anni Angelo è stato capo-lega dei braccianti e segretario di sezione
del Partito Comunista a Villachiara, facendo delle scelte di classe e di vita
in favore del movimento contadino ed operaio il suo secondo vero e gran-
de amore, oltre a quello per la sua cara Nina e alla sua famiglia.
Ballini ed il suo inseparabile compagno Domenico Chiodi in questi decen-
ni sono state le figure più rappresentative e significative della Sinistra a Vil-
lachiara: sono stati i leaders naturali che hanno dovuto comunque lottare
per far emergere la loro capacità di guida.
Seppur di parte, egli era assai aperto al dialogo, non solo all’interno della
Sinistra, per la cui unità si è sempre adoperato anche nei momenti più te-
si e critici, ma anche pronto a cogliere anche il segno dei tempi. Anche
senza comprendere in tutto la dinamica e la complessità del nuovo, egli
era consapevole che occorreva cambiare, che era necessario tentare di
esplorare nuove vie.
E dopo l’89, dopo il crollo del muro di Berlino, egli fu uno dei primi all’in-
terno della sezione del PCI a sostenere a livello locale il progetto di colla-
borazione con il nascente Partito Popolare e sostenne con convinzione la
scelta di formare una lista unitario di centro-sinistra con l’apporto decisi-
vo dei democratici cristiani anche a Villachiara, superando decenni di con-
trapposizione e battaglie politiche.
Questa stessa disponibilità, questa apertura al nuovo, Ballini non la ebbe
nel comprendere le trasformazioni a livello nazionale, non capì facilmente
la svolta della Bolognina, come non aveva compreso gli avvenimenti della
primavera di Praga nel 1968 con l’esperimento, interrotto, del “socialismo
dal volto umano”.
Legato al mito, fece molta fatica ad accettare il cambiamento del nome del
simbolo, del cambiar i segretari nazionali, fece fatica a condividere la scel-
te che portarono alla nascita del PDS; così come non riuscì a comprende-
re le decisioni intraprese con coraggio in Unione Sovietica dall’allora se-
gretario generale Gorbaciov e la sua politica internazionale.
Eppure Angelo, con queste sue difficoltà, a volte gridate, a volte nascoste,
fu sempre col gruppo dirigente locale dei DS e dette loro fiducia.
Il suo non era un “non capisco, ma mi adeguo” ma era piuttosto un “ca-
pisco che bisogna cambiare, ma non dimenticatevi dei lavoratori, della po-
vera gente”.
Egli ha subito il fascino del mito, la Russia, quale terra promessa e seppur
con disincanto negli ultimi anni egli si è sempre portato nel cuore questo
suo attaccamento.
Seppur fedele e leale, ciò non gli impedì di essere a suo modo un “non
conformista”, un uomo libero. Nelle riunioni di partito, o nelle sedute del
Consiglio Comunale io lo ricordo che prima ti ascoltava e poi partiva in pic-
chiata, intervenendo su qualsiasi problema con parole sue, pronto a farti
domande impegnative ed a volte assai “impertinenti”, disarmanti, pronto a
dire la sua, con la propria testa, alzando ora anche la voce per rafforzare
le sue ragioni, senza sfuggire al contraddittorio o ritrarsi alle conclusioni
del funzionario di turno, ove non fosse convinto; ma senza spingersi fino
alla rottura, disposto a ricominciare il giorno dopo per ricucire, per man-
dare avanti la sezione, per appianare un malinteso; e sempre col pensie-
ro fisso ai lavoratori, alla povera gente, attaccato al Partito, al suo Sinda-
cato, fino a soffrire quando non ne condivideva le scelte operate.
Come consigliere comunale per 34 anni egli è sempre stato presente, tra
i primi ad arrivare, attivo, sempre pronto a chiedere informazioni e spiega-
zioni, ben vestito in giacca e cravatta, quasi per ricordare che la povertà
va sempre unita a dignità e fierezza delle proprie convinzioni, e non deve
portare a trascuratezza e sporcizia: il suo portamento era il segno esterio-
re della sua nobiltà d’animo, della trasparenza dei suoi ideali. Il suo ram-
marico, sempre ben celato e raramente a noi svelato, fu l’episodio della
sua mancata elezione a sindaco nel 1958, prima per vizi formali e poi per
la rottura della propria maggioranza: il suo sogno recondito fu quella op-
portunità che poi negli anni non si è più ripresentata.
Come amministratore egli non sapeva mai dire di no alle richieste più sva-
riate, specie da parte della sua gente; questo suo atteggiamento a volte ci
metteva in difficoltà, poiché non sempre sapeva rapportare le esigenze da
soddisfare con le risorse finanziarie disponibili: è il mai risolto problema
delle compatibilità e dei bisogni. Secondo lui non bisognava quasi mai
adeguare od aumentare le tariffe e i tributi locali; il problema del bilancio
veniva in secondo piano, quasi che ai lavoratori tutto dovesse essere con-
cesso gratis.
Questo suo atteggiamento mi ricordo, si ripeteva anche quando stavamo
preparando le feste dell’Unità: i prezzi secondo lui dovevano esser sempre
bassi; la gente, diceva, doveva stare bene, i frequentatori della festa do-
vevano venire a Villachiara ed avere la sensazione che qui si stava meglio
che altrove, che qui si pagava di meno, che qui si era di casa.
Era questo, secondo me, un’altra forma per realizzare il mito, il sogno dell’u-
guaglianza, della felicità, la trasposizione del “paradiso”, ora qui, in terra.
E a tal proposito sono andato a rileggermi la lettera di don Lorenzo Milani
a Pipetta, giovane comunista di San Donato nel lontano 1950: “Caro Pi-
petta, tu mi dici che se tutti i preti fossero come me, allora... tu dici che ci
siamo intesi, perché t’ho dato ragione mille volte in mille tue ragioni... Ma
dimmi Pipetta m’hai inteso davvero? Hai ragione si; tra te e i ricchi sarai
sempre te povero ad aver ragione... Ma il giorno che avremo sfondata in-
sieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei pove-
ri, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò; quel giorno io non resterò con
te. lo tornerò nelle tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare...”
E poi conclude don Lorenzo, rinviando alle proprie motivazioni di fede e del-
la trascendenza. Eppure rileggendo questa lettera mi sono più volte chiesto
se don Milani avesse conosciuto veramente comunisti in carne ed ossa co-
me Ballini e tanti altri della sua tempra. Anche per loro il mondo non sareb-
be finito col raggiungimento della soddisfazione de bisogni materiali quali la
casa, la salute, la ricchezza, il benessere, servizi sociali... Anche in queste
persone come Angelo c’era l’utopia, c’era l’attesa quasi messianica del so-
cialismo, c’era il desiderio di qualcosa che va oltre i nostri limiti: la dignità,
la giustizia, l’uguaglianza, la solidarietà, il portare ognuno i pesi dell’altro, la
tolleranza tra i popoli, la pace universale, il reciproco riconoscimento delle
diversità... Valor questi ci possono accomunare in quanto uomini, pur par-
tendo da esperienze di vita e da fedi differenti.
Egli si è meritato il nostro affetto e la nostra stima più profonda; il suo
esempio, la sua testimonianza deve essere raccolta a portata avanti con
coraggio e dignità.
Arcangelo Riccardi
Ci stanno portando via tuttoL’amore di Angelo Ballini per il proprio lavoro e per il pro-
prio paese è un tratto, l’unico, storicamente “riformista”
di tanti compagni del PCI e della CGIL della sua genera-
zione, ma la sua personalità non appare segnata dal
riformismo. L’orizzonte comunista, tolto, non è stato so-
stituito e Ballini non ha mai digerito “la svolta della Bolo-
gnina”. La mancanza di orizzonte è tuttora dimostrata dal
deficit di autonomia, dai continui tentennamenti.
Iscrivere Ballini nel ‘900 non è un banale dato anagra-
fico, ma è inserirlo nella storia dei molti che sono sta-
ti dentro il Partito Comunista Italiano e dentro la sini-
stra sindacale, ricordare che l’origine contadina del
movimento operaio bresciano vi ha portato capacità
pratica e duttilità.
È alla fine della guerra e della prigionia che si svolge la
sua prima esperienza di lotta e di riscatto, alla quale
Ballini partecipa, dentro difficoltà e fatiche. Non voglia-
mo perdere l’eredità lasciataci da compagni che han-
no costruito il sindacato, che non fu fatto da grandi
strateghi, ma da presenza concreta.
Furono lotte fuori tempo? Domanda sempre proposta
attorno ad ogni lotta dura. Noi non abbiamo mai vinto
una volta per tutte, tuttavia è soltanto grazie a tali lot-
te che il contesto sociale e la cultura democratica han-
no progredito.
Vicende come quella di Ballini dicono dei sacrifici per-
sonali che costano gli scontri, ma non esistono altre vie
per uscire dalle situazioni di prepotenza del padrone.
La ribellione, quando non è ribellismo, è dato positivo;
perché senza di essa non si rialza la testa.
Certo c’è il problema delle alleanze, per non avere
troppi nemici, ma anche le vicende più recenti inse-
gnano l’importanza della coerenza, per essa si corrono
rischi, ma se non si rischia mai, si finisce soltanto per
subire, o no? Se si mantiene la propria fisionomia, se
si fanno comprendere gli obiettivi, c’è riferimento per
gli altri e soprattutto per i lavoratori.
In Ballini ritroviamo coraggio e passione, ed anche
grande bontà: di questo era fatta la sua politica. Era
molto aperto: da segretario di sezione apriva al dibat-
tito critico su questioni al tempo intoccabili, come il
“togliattismo”; accoglieva anche domande radicali.
Non era un settario, era per l’unità sindacale e per l’u-
nità a sinistra: non sapeva fare le divisioni, quasi una
somatizzazione del suo pensare.
Ed era molto preso dai cambiamenti, tanto che nella
nostra iniziativa nel ’99 a Fiesse sulle lotte contadine
del secondo dopoguerra, si rivolse ai giovani dicendo
loro: “vi stanno portando via tutto, svegliatevi”. Per noi,
che sostenevamo le misure del governo di centro-sini-
stra, era una dura smentita; ma egli, non più preso dal
quotidiano, aveva la saggezza della visione lunga.
Ballini significa gli scatti improvvisi del movimento conta-
dino, ed anche la pazienza del seminatore di idee; signi-
fica la base sociale della democrazia repubblicana; signi-
fica l’importanza dell’impegno politico di base.
È stato uno degli uomini che hanno vissuto la prigionia,
che hanno organizzato la rivolta contro l’ingiustizia che
durava anche oltre la fine della dittatura, che hanno ri-
solto a modo loro il conflitto tra la militanza comunista
e la fede religiosa dopo la scomunica, che hanno pati-
to l’isolamento dopo la loro lotta (che ha segnato bene
il tempo seguente), che hanno atteso il riscatto (che ha
preso quelle lotte a riferimento), uomini che volevano
liberare le campagne dal dominio del padronato e che
sono stati poi strappati alle campagne dalla trasforma-
zione economica dell’Italia.
Traversie e scelte difficili che il suo sorriso forte ci di-
ce egli sia stato capace di affrontare con mitezza e se-
renità.
Marco Fenaroli
Segretario Provinciale SPI CGIL
Un italiano del popolo
Un grande uomodifficilmente lo noteraitra la folla, si fa piccoloe ascolta, e attende.Cosa rimane dei suoi insegnamentiora che tutti si compromettonosolo per arricchirsi?Lui ascoltava, anche sea volte non poteva fisicamente sentire.Ascoltava con tutti i sensi,e quando parlava,tutti sentivano.E ora rimane un eco di lui,da cui farci dolcemente investire.Un grande uomo, a volte è un uomopiccolo.
di Lara Quaranta
10 | COMMUNITASMARZO 2006
Lettera aperta ai soci di Communitas
Le nuove forme organizzative: fondazioni sanitarie e finanza di progetto. Negli ultimi anni si è aperto il dibat-
tito sulle proposte di modifica delle strutture sanitarie, anche a fronte della necessità di tutelare il diritto al-
la salute, nonostante il limite delle risorse finanziarie.
Salute come diritto fondamentale e valore dell’equilibrio finanziario hanno portato negli ultimi anni a cambia-
menti organizzativi e nuove forme di realizzazione delle strutture.
In questo quadro si inserisce la proposta di modifica della struttura ospedaliera in un soggetto creato con la
sinergia di altre realtà, che istituzionalmente si sentono coinvolte nel garantire un equo ed efficiente sistema
sanitario.
Nel “dialogo sanità pubblica/mondo locale ed imprenditoriale” dovrebbe intervenire il mondo imprenditoria-
le, finanziario e bancario, anche attraverso le fondazioni bancarie che, in base alla normativa in vigore, han-
no uno scopo di “utilità sociale”. La proposta di cambiamento si concretizza nella creazione di una fondazio-
ne, sorta dalla trasformazione dell’Azienda Ospedaliera, costituita da altri soggetti pubblici, tra cui priorita-
riamente il Ministero della Salute, la Regione e gli enti locali.
A questo soggetto si affiancano le società miste a capitale pubblico e privato per l’erogazione di singoli servizi.
La fondazione infatti costituisce società di capitali a cui affidare la gestione di aree di attività dell’ospedale
(in particolare i servizi sul mercato). Queste società di gestione di servizi prevedono la partecipazione di so-
ci privati con competenze e capacità distintive nei singoli settori di intervento: è qui il vero coinvolgimento
della realtà finanziaria locale. Il modello proposto trasforma, per quanto possibile, i vincoli di carattere eco-
nomico e burocratico in nuove opportunità di cura.
La ricchezza e l'utilità della collaborazione tra strutture pubbliche e private rappresenta una delle vie essen-
ziale per creare nuove risorse e nuove cooperazione nel nome della solidarietà, libertà e sussidiarietà.
Deve però essere precisato che anche il nuovo soggetto – fondazione – sarà disciplinato dalle disposizioni
pubbliche in materia di gare, garantendo in tal modo il buon funzionamento del mercato unico, (libera circo-
lazione delle merci, libertà di stabilimento, libera prestazione dei servizi, non discriminazione, parità di trat-
tamento, trasparenza).
Una forma di cooperazione pubblico – privato è realizzata con il project financing: il soggetto che realizza l’o-
pera viene ripagato dalla gestione dell’opera stessa.
L’istituto presenta profili molto delicati, in quanto il piano economico finanziario costituisce l’elemento cen-
trale dell’accordo: proprio perché si verte in un ambito sanitario, determinati servizi non possono essere og-
getto di contrattazione.
Il futuro della sanitàLe nuove forme organizzative: fondazioni sanitarie e finanza di progetto
Idee dal Convegno di “Communitas”
Questo è stato Il Progetto “Memoria” al “Cossali”
Per motivi organizzativi e per la concomitanza di eventi programmati dall'Associazione, l'assemblea ordinaria dei soci
Communitas, inizialmente indetta per il 24 febbraio, è spostata al 26 maggio, sempre ad Orzivecchi.
informiamo inoltre che dal 1° marzo è aperto il tesseramento a Communitas per l'anno 2006.
Passerà un incaricato che contatterà i soci personalmente.
AVVISO AI SOCI COMMUNITAS
In occasione della giornata della
memoria, dedicata al ricordo della
Shoah, l’Istituto Cossali, in collabo-
razione con l’associazione culturale
Communitas, ha organizzato un in-
contro per presentare il diario scrit-
to da Piera Sonnino: “Questo è sta-
to”.
L’autrice è testimone dell’esperien-
za annichilitoria della deportazione
nel campo di concentramento di
Auschwitz e dello sterminio di tutta
la sua famiglia. È, poi, stata l’unica dei suoi cari ad essere liberata il nove
maggio 1945. L’evento si è svolto nell’auditorium della scuola sabato un-
dici febbraio. Ha partecipato la figlia dell’autrice: Bice Parodi.
L’introduzione al contenuto e al contesto storico, in cui il manoscritto si in-
serisce, è stata esposta da due alunne dell’istituto. La signora Parodi ha
poi preferito lasciare spazio alle domande dei ragazzi presenti.
Gli interventi hanno cercato di farla aprire il più possibile riguardo il suo
rapporto con la madre. La signora ha manifestato una ritrosia, quasi una
reticenza nell’esternare momenti tanto personali e toccanti.
Un atteggiamento che ricorda molto quello che la madre aveva mantenu-
to nei confronti dei figli. Bice ha, infatti, descritto Piera come una persona
estremamente chiusa, che preferiva custodire nel suo intimo tutte le espe-
rienze significative, da lei vissute. Tanto è vero che il manoscritto stesso,
scritto dalla madre, è stato pubblicato ben quarantadue anni dopo la sua
stesura. Ciò mette in evidenza il pudore dell’autrice che stentava a raccon-
tare la propria esperienza alle sue stesse figlie. Bice ha, infatti, sottolinea-
to che in famiglia si è sempre preferito evitare quell’argomento e che la
loro stessa conoscenza dell’accaduto è dovuta a racconti del padre e alla
lettura del diario. Nonostante gli orrori, di cui è divenuta testimone, la si-
gnora Parodi ha confessato di avere fiducia negli uomini e ha esortato i ra-
gazzi a manifestare tutta l’aggressività che quotidianamente reprimono,
perché gli errori commessi non vengano mai più ripetuti. Lo stesso Primo
Levi scriveva: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario,
perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamen-
te essere sedotte: anche le nostre”.
Erica Nembrini
Cari Soci, dopo un anno di attività l’associazione Communitas si rivolge a
Voi per illustrare brevemente le iniziative realizzate nel 2005 e richiamare
la Vostra attenzione su alcuni eventi in programma nei prossimi mesi, che
riteniamo essenziali per dare continuità ai progetti e agli obiettivi dell’As-
sociazione Culturale della Bassa Bresciana.
A maggio dello scorso anno si è tenuta l’Assemblea costitutiva, durante la
quale è stato nominato il Consiglio Direttivo in carica che, composto prin-
cipalmente dai soci fondatori, si è impegnato in questi mesi a diffondere
e promuovere una serie di attività, grazie alla collaborazione di molti.
Ci auguriamo che la pubblicazione mensile del giornale “BassaVoce” possa
crescere quale canale di informazione e in tal senso vorremmo ricevere Vo-
stre considerazioni e consigli - che potrete far pervenire in qualsiasi mo-
mento alla redazione o tramite il sito internet di Communitas.
Il giornale viene distribuito regolarmente in 11.000/10.000 copie nei co-
muni di riferimento anche se l’intenzione è quella di migliorare ed esten-
dere la distribuzione coinvolgendo i comuni di Rudiano, Roccafranca e
Trenzano. Se ravvisate ritardi o problemi nella consegna a domicilio, siete
pregati di segnalarcelo; ricordiamo che è possibile comunque ritirare co-
pia del giornale presso l’edicola di ogni paese.
I temi culturali e sociali oggetto del nostro interesse hanno trovato parziale
attuazione mediante alcuni convegni organizzati nei mesi scorsi, tra cui se-
gnaliamo:
- il ciclo di conferenze “Vita e destino”, tre interessanti incontri di filosofia
tenuti a Villachiara, Borgo San Giacomo e Orzinuovi che hanno avuto una
buona partecipazione di persone;
- gli incontri formativi di approfondimento su due referendum: quello ri-
guardante la procreazione medicalmente assistita e (il prossimo) sulla
riforma della Costituzione;
- le conferenze sui temi dell’economia tra cui la serata dedicata alla rifor-
ma del Tfr (in collaborazione con la Cassa Rurale ed Artigiana di Borgo
San Giacomo) e i due partecipati dibattiti sulle prospettive dell’economia
nella Bassa Bresciana che, con la collaborazione della Bcc di Pompiano
e Franciacorta, hanno contribuito ad approfondire la delicata la situazio-
ne delle aziende che operano nel nostro territorio, fonte preziosa di ric-
chezza e sviluppo;
- infine i recenti convegni sulla gestione dei servizi delle Amministrazioni
comunali (tenuto a Lograto) e quello sulle nuove forme di gestione della
sanità pubblica (Orzinuovi, serata del 7 marzo 2006).
Oltre ai summenzionati temi, l’Associazione ha avuto modo di organizza-
re piacevoli appuntamenti sportivi dedicati all’ambiente (come la biciclet-
tata nella campagna alla scoperta di alcuni gioielli della pianura) ma an-
che alla musica, al teatro, alla poesia e soprattutto al cinema.
È stato infatti organizzato un vero e proprio Cineforum itinerante in di-
versi paesi, con la visione di alcune principali pellicole sui temi dell’im-
migrazione, dell’America Latina, della guerra nella ex-Yugoslavia, della
vita di Cristo, focalizzando l’attenzione sul linguaggio del cinema e sui
contenuti.
All’interno del Progetto Memoria 2005, nell’ambito di una serie di iniziati-
ve dedicate al ricordo delle vittime della Shoah, segnaliamo le manifesta-
zioni legate alla giornata della Memoria che si stanno svolgendo presso
l’Istituto Cossali di Orzinuovi e che si concluderanno con un viaggio stu-
dio ad Auschwitz-Birkenau in programma dal 3 al 5 aprile con il patroci-
nio e il contributo generoso della Presidenza del Consiglio della Regione
Lombardia, di alcune cooperative e degli stessi cittadini iscritti al viaggio.
Tutte le iniziative in cantiere Vi saranno illustrate nella prossima Assem-
blea e sul nostro giornale; per ora ci limitiamo a comunicarVi che siamo
interessati a nuove idee e disponibili a ricevere contatti per organizzare al-
tri eventi di interesse culturale.
Ci preme ricordarVi che per problemi logistici e di tempo (si stanno in-
fatti ancora svolgendo molte attività già programmate) l’assemblea an-
nuale segnalata per febbraio è stata rimandata e fissata per il giorno 26
maggio 2006.
La compagna tesseramento è invece già avviata dal mese di marzo: nel-
le prossime settimane sarete infatti contattati da un rappresentante del-
l’associazione del paese di residenza per la richiesta di rinnovo della
tessera (che ricordiamo ha un costo di 10 euro, versati a titolo di con-
tributo per sostenere le attività in programma). Facendo appello alla Vo-
stra generosità e disponibilità, confidiamo che anche quest’anno l’asso-
ciazione possa contare sul Vostro prezioso sostegno, testimonianza del-
la fiducia, della conoscenza reciproca e della voglia di mettere insieme
risorse ed energie.
Vi ringraziamo e salutiamo cordialmente, dandoVi appuntamento alla sera-
ta dell’Assemblea Ordinaria di Communitas, che si svolgerà ad Orzivecchi il
26 maggio, alla quale auspichiamo sarà presente un buon numero dei soci
sostenitori.
il Consiglio Direttivo
Il futuro della sanità firma: Communitas
Spazio Cultura | 11MARZO 2006
Gli Alter Ego, da San Paolo, sono, ci si può scommettere, una delle forma-
zioni più longeve del pop/rock Bresciano.
Nascono nel 1997 (l’anniversario del decimo anno si avvicina a grandi
passi, auguri!) grazie alla volontà del nucleo originario ovvero Gianni Pe-
scini e Andrea Cò, duo che ancora oggi tiene saldo il comando del grup-
po che nel frattempo si è consolidato dopo alcuni cambi di formazione.
La Alter Ego Band è oggi formata dai fratelli Tiziano e Marco Monaco, ri-
spettivamente alla batteria e al basso, Stefano Ferrami alla chitarra e Pao-
la Santoni ai cori.
Durante una bella chiacchierata nell’atmosfera informale di un pub, ab-
biamo tentato di carpire i segreti, gli obiettivi, i progetti di un gruppo di bel-
le speranze ma, ancor più, dalle solide basi artistiche.
Partiamo dalla scrittura: i brani nascono quasi esclusivamente dalla pen-
na di Gianni Pescini, coadiuvato dal gruppo in fase di definizione degli ar-
rangiamenti, aggiunta di cori, parti solistiche, eccetera.
Il repertorio consta di ventidue brani ma, ci informano gli Alter Ego, le can-
zoni scritte dal principale compositore sono diverse decine (le prime risa-
lenti addirittura al 1992!), per cui una selezione si è resa necessaria, an-
che se tutt’altro che facile. Abbiamo parlato espressamente di “canzone”
perché questo è, probabilmente, il sostantivo che meglio definisce le com-
posizioni: canzoni in cui la tradizione melodica italiana si fa sentire, senza
tuttavia scadere nei languori zuccherosi di certi cosiddetti “neomelodici”
(sapete di chi si sta (s)parlando, vero?), mantenendo, anzi, una forte com-
ponente ritmica, a volte richiamo a radici musicali afrocentriche, diciamo
vicine a certe cose soul e funky.
Troppo complicato? Certo che no! Le canzoni hanno una presa immedia-
ta e ispirano, come dire, desideri di movimento fisico. Tanti sono i riferi-
menti del gruppo, come i gusti che ognuno dei componenti snocciola: si
va dai numi tutelari R.E.M della prima stagione (dio li abbia in grazia!), ai
Cranberries, dal Peter Gabriel solista, ai Pink Floyd, fino a Nusrat Fateh
Ali Khan e altri ancora. Gli Alter Ego, come già detto, hanno dalla loro sal-
de fondamenta, ma i frutti più maturi, probabilmente, sono ancora da co-
gliere. Cosa manca, allora, alla definitiva emersione dei nostri dal limbo
dei gruppi eternamente “locali”? “La fortuna” rispondono in coro, ma an-
che un po’ di carattere o scaltrezza che dir si voglia: la capacità di ap-
profittare con più decisione di certi avvenimenti che già si sono presen-
tati al loro cospetto; gli Alter Ego hanno, infatti, partecipato ad eventi co-
me il Gran Galà della Croce Rossa Italiana e al “Note e stelle di Natale”
entrambi trasmessi in diretta su Rai 2, nonché alle selezioni di Sanremo
arrivando fino alla finalissima che decideva i dodici partecipanti della ca-
tegoria giovani della celebre kermesse. Nonostante qualche piccola de-
lusione per non aver “sfondato” ancora alcune porte importanti, il diver-
timento, ci viene detto, oltre ad accrescere continuamente il valore del-
l’impegno musicale, si accompagna ora ad una maggiore consapevolez-
za dei propri mezzi tecnici e artistici, anch’essi incrementati da tanti an-
ni di esperienza e di concerti.
Concerti che sono la dimensione preferita dal gruppo per esprimersi,
nonchè luogo delle maggiori soddisfazioni finora ottenute: impagabile
l’emozione di suonare davanti ad un folto pubblico, che rimanda a me-
moria le canzoni.
La passione, che sicuramente alimenta questa e altre storie musicali, si
completa con il progetto “Concertone di Cremezzano”: formula ormai con-
solidata ed appuntamento imperdibile che tutti gli anni si rinnova nella fra-
zione di San Paolo coinvolgendo cantanti provetti alle prese con le canzo-
ni dei propri idoli, accompagnati, per la parte musicale, proprio dagli Alter
Ego; che, oltretutto, coadiuvano Mara Santoni nell’impegno organizzativo
dell’evento.
Concludendo, auguriamo agli Alter Ego di festeggiare il loro decimo anno
di carriera con tanti concerti e magari con l’uscita del cd che, questa è
una notizia importante, dovrebbe essere preceduto, prima dell’estate, dal
singolo “Lei è fuoco”.
Come sempre, lasciamo l’indirizzo e-mail del gruppo per chi volesse ap-
profondirne la conoscenza o per ulteriori informazioni:giannipescini@libero.it
Angelo Zucchi
MUCCA PAZZA
Ho camminato la mia indolenza sensuale
occhio di castagno e ruggine
al tuo fianco.
Fianco stretto
corda corta
a calpestarmi i passi
nella penombra calda
di un’alcova scheletrica.
Di troppo amore si consuma
l’allegria
al fianco del mio signore.
Al tuo cenno del capo
sono niente i miei muscoli
vertigine rossa
bellezza senza memoria.
Tu mi innamori il ventre
e poi lo spezzi
signore delle teste
e delle carcasse.
Del fuoco e della carestia.
Ottavia Taini
CERCASI
AGENTE PUBBLICITARIO
Tel 339.7301390
BASSA VOCE – Lessico dell’educare – 2 marzo 2006
INFANZIA
Per quanto un ‘grande’ sia diventato duro di cuore, finanche cinico, di fronte ad una madre che stringe
in un caldo abbraccio, allattandolo amorevolmente, il proprio bambino, questo ‘grande’ non può tratte-
nere il suo cuore da un sussulto di commozione o le lacrime dal pianto. In fondo una donna che abbrac-
cia suo figlio è l’immagine più eloquente per descrivere il tempo dell’infanzia e il ‘tesoro’ in esso nasco-
sto. In quell’abbraccio ogni figlio, ogni figlia sperimenta – senza saperlo – la promessa della vita, la sua
bellezza e la sua forza. Come se sentisse dentro di sé queste parole: “Ti basti, figlio mio, la certezza del-
la mia presenza; io sarò per te come una patria assolutamente sicura”.
Crescendo serviranno altre mani per il figlio, per la figlia che accompagnino nei sentieri del proprio cuo-
re, nelle strade incontro all’altro, nella casa della verità. Ci sarà bisogno, in definitiva, di un papà che
aiuti alla disciplina, faccia accettare la fragilità e a vivere le sconfitte della vita. “Ti potrà succedere di
tutto, figlio mio – ripete il padre con la sua presenza – tu abbi la certezza che la vita è abitata da una
verità, da un destino più buono di noi”.
Le braccia della madre e le mani del padre fanno sperimentare al figlio di appartenere ad un mondo abi-
tabile, anche se ‘fuori’ c’è guerra. Papà e mamma costituiscono, dunque, un’immagine indimenticabile
della speranza che dovrà sostenere il figlio e la figlia nella loro vita, diventando ‘uomo’ e ‘donna’.
Guardando i nostri figli, non dobbiamo mai dimenticare di essere stati piccoli con la paura di ‘perdere’
papà e mamma: come genitori ci sarà più leggero accettare la sfida dell’educazione e l’attraversamen-
to della crisi matrimoniale.
“Tutti i grandi sono stati bambini, una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano)”: è questa la dedica del bel-
lissimo libro IL PICCOLO PRINCIPE, parabola originaria del tempo dell’infanzia. L’Autore è un ‘grande’ che si
ricorda di essere stato bambino e vorrebbe preservare anche ciascuno di noi dalle malattie dei grandi: l’a-
vidità e la pazzia di potere del re; il bisogno di ammirazione del vanitoso; la sbadataggine dell’ubriacone; la
bramosia di possedere il mondo dell’uomo d’affari; il vittimismo del dovere del lampionaio; la cultura vana
del geografo. Per fortuna però che il piccolo principe può contare sull’amicizia di una volpe (simbolo del pa-
dre) e di una rosa (simbolo della madre), primi compagni del suo viaggio nella vita.
Antonio Consonni
“ALTER EGO”: una storia lunga...ancora da raccontare
I prodotti sono formulati per valorizzare le proprietà
naturali di ingredienti che caratterizzano le tradizioni
cosmetiche dei popoli del Sud del mondo: oli essen-
ziali, estratti di fiori e frutta, miele, burro di karitè e
cacao, spezie… materie prime naturali, che CTM ac-
quista da organizzazioni di commercio equo.
L’utilizzo di principi vegetali per la cura ddella persona,
da sempre alla base della scienza fito-cosmetica, si
arricchisce così di un nuovo sensso solidale.
Tutti i prodotti sono realizzati con cura artigianale da
piccoli laboratori specializzati in cosmesi naturale.
Al fine di garantire qualità e sicurezza, sono dermato-
logicamente testati e sottoposti a controllo microbio-
logico. Utilizzare un cosmetico equo significa pren-
dersi cura del proprio benessere scegliendo qualità e
naturalità, e allo stesso tempo contribuire alla costru-
zione di un’economia solidale.
Criteri di cosmesi naturale
Una linea completa di cosmesi naturale per ogni tipo
di pelle, gli ingredienti sono in prevalenza del com-
mercio equo e solidale (garanzia indiretta di natura-
lità) non è testatta su animali (né sul prodotto finito,
né sulle materie prime).
Vengono effettuati test dermatologici e microbiologi-
ci nel rispetto delle normative itaaliane ed europee
Criteri etici
Le principali materie prime del commercio equo uti-
lizzate sono oli essenziali e vegetali processati local-
mente in modo artigianale, acquistati da CTM da or-
ganizzazioni di commercio equo.
Per ogni prodotto la percentuale di materie prime del
commercio eqquo è maggiore del 50% (in valore o vo-
lume); le stesse regole e gli stessi criteri degli alimen-
tari trasformati.
Il processo di trasformazione si svolge in Italia e non
nel Sud del mondo per l’elevato livello tecnologico e
di competenze richiesto, nonché dal fatto che le ma-
terie prime provengono da paesi molto diversi.
I prodotti sono stati realizzati facendo molta atteenzione
all’impatto ambientale in termini di confezionamento. Si
è utilizzato il vetro ove possibile, dove necessario utiliz-
zare la plastica (es. prodotti da bagno-doccia) si è scel-
to il PET, materiale facilmente riciclabile. Inoltre si è
scelto di utilizzare un confezionamento secondario
(=scatole) solo per le confezioni in vetro (fragili).
Prezzo trasparente
Il commercio equo riconosce ai contadini e produtto-
ri un compenso equo, in genere più elevato del mer-
cato locale, per le materie prime impiegate in questi
prodotti (olii essenziali, aloe, succhi, estratti di frutta,
miele, zucchero, spezie, tè eccetera); esso viene fis-
sato dai produttori in base ai reali costi di produzione,
a un livello che garantisca loro un reddito dignitoso.
Ad esempio per l’aloe vera proveniente dalla Tailan-
dia, il mercato locale paga per un kg di aloe barda-
densis tra 2 e 4 bat (moneta locale tailandese) (tale
indicazione è variabile a seconda degli andamenti in-
ternazionali del mercato); CTM invece, fissa un prez-
zo per tutto l’anno e paga 6 bat al kg.
Diversamente dal mercato tradizionale dei cosmetici,
l’acquisto delle materie prime da parte di CTM avvie-
ne direttamente dal produttore, eliminando interme-
diari locali ed internazionali.
Ci trovate alla “Bottega dei Popoli”
in via Cavour 31 ad Orzinuovi – tel. 030 943575
nei seguenti orari:
dal martedì al ssabato 16-19
venerdì e sabato anche 9-12.
La Bottega vive grazie all’impegno dei volontari, se
hai qualche disponibilità vieni a trovarci.
I volontari della Bottega dei Popolli
12 | GLOBALE/LOCALEMARZO 2006
Prodotti di benessere dal commercio equo solidalePer avere cura di sé senza dimenticare gli altri
Aceto brillatuttoUn condimento per insalate e altri piatti che funziona benissimo anche come detergente? Sì, è l’aceto.
Le nostre abitazioni contengono un gran numero di prodotti per lavare e disinfettare. E molti di questi, oltre a non
essere necessari, inquinano. Noi tutti subiamo il quotidiano martellamento pubblicitario che ci spinge ad acqui-
stare sgrassanti che inquinano l’ambiente e fanno male alla salute. Ma dovremmo cambiare le nostre abitudini
e utilizzare prodotti naturali ugualmente efficaci.
L’aceto, mescolato con dell’acqua calda, è in effetti un detergente economico e naturale ottimo per tutta la ca-
sa. Generalmente, quello bianco è più adatto per la pulizia, con numerose applicazioni. In cucina, aggiunto al sa-
pone naturale per le stoviglie, da brillantezza a piatti e stoviglie. Un bicchiere d’acqua e mezzo d’aceto passato
sulle poltrone in pelle con un panno, ha un ottimo effetto sgrassante.
I vetri e gli specchi risplendono se si utilizza la stessa soluzione e un foglio di giornale. Nel caso in cui le finestre
rimangano leggermente striate, si può aggiungere metà cucchiaino di sapone naturale, per rimuovere il residuo
ceroso lasciato dai prodotti commerciali per i vetri.
E ancora, le maioliche del bagno e della cucina risultano ben smacchiate se sono pulite con acqua caldissima e
aceto. È un buon prodotto anche per pulire i mobili in legno, ma, in questo caso è meglio miscelarlo con dell’o-
lio d’oliva. L’aceto, inoltre, può sostituire i disincrostanti chimici.
Anche per togliere il calcare dalle tubatture della lavatrice ogni tanto se ne possono versare 4 litri allungati con
dell’acqua e programmare un lavaggio a vuoto a 90 gradi. La stessa operazione si può effettuare con la lavasto-
viglie, utilizzandone però un solo litro.
In bagno, per rimuovere i depositi di calcare nei sanitari, prima di andare a dormire, si versa una bottiglia di ace-
to rosso caldo e si lascia agire tutta la notte. I risultati si noteranno il mattino seguente, dopo aver lasciato scor-
rere l’acqua.
Ma non è finita qui. Il classico condimento da insalata è utile anche per lavare i panni e per stirare. I maglioni e
le coperte di lana, sciacquate con acqua tiepida e aceto, non si infeltriscono e rimangono morbide. E se non fos-
se abbastanza, questo prodotto naturale prende il posto degli smacchiatori chimici.
Immergete i vestiti per un’ora nella solita soluzione, per togliere gli aloni, o versatene qualche cucchiaio nell’ul-
timo risciacquo per non far scolorire i colorati. Infine, se la piastra del ferro da stiro non scorre più, basta strofi-
narla a caldo con uno straccio imbevuto d’aceto. Molti prodotti in vendita nei negozi si definiscono ecologici ma
spesso non lo sono. Allora è meglio ridurre l’uso di detergenti chimici, riscoprendo prodotti naturali ugualmente
efficaci e molto più sicuri.
Rimedi semprevverdi
II vecchio bicarbonato di sodio, buono per lavare le piastrelle e i ripiani in cucina con un panno umido, è utile an-
che per pulire i tappeti e le moquette, su cui va cosparso prima di passare l’aspirapolvere. Il succo di limone, in-
vece, è un candeggiante delicato che mantiene la seta sempre lucente. Dopo averlo lavato con acqua e sapone,
si immerge il bucato in acqua e succo di limone.
Anche il latte può tornare utile. Nel caso in cui compaia della muffa sul fondo della tenda della doccia, per esem-
pio, immerse in un bicchiere di latte caldo per circa due ore tornerà come nuova.
Se invece si presentasse la necessità di eliminare cattivi odori da un armadio, basta lasciare, in una scatola aper-
ta, dei chiodi dì garofano o un cucchiaio di caffè macinato. Nelle stanze, invece, si possono tenere piante come
la kenzia, che purificano l’aria. Il cedro aiuta contro le tarme. I risultati sono ottimi e il risparmio economico è as-
sicurato. Così come i vantaggi per la salute e per l’ambiente.
Info: (www.provincia.fe.it/ecoidea)
Coordinamento Itinerante Ambientalista
Ecoconsigli
Linea bimbi alla camomillaDelicata, senza allergeni, con estratto di camomilla e
olio di argane. Nei primi mesi di vita la pelle dei bam-
bini è particolarmente delicata e vulnerabile. Rispetto
alla pelle di un adulto, lo strato corneo è più sottile e
quindi più permeabile, le cellule di protezione verso gli
agenti esterni e i raggi ultravioletti sono in numero mi-
nore e il ph è leggermente meno acido. La pelle del
neonato è quindi più esposta alle aggressioni di agen-
ti esterni quali vento, freddo, sole, sostanze chimiche
e batteri. Natyr propone una linea di prodotti naturali,
appositamente studiata per le pelli tenere che rispet-
ta con dolcezza la cute, è efficace contro arrossamen-
ti e irritazioni, e regala ai più piccoli un piacevole sen-
so di sollievo e di benessere.
La linea bimbi Natyr basa la sua efficacia sull’estratto
di camomilla (lenitivo e disarrosante) e su preziossi oli
vegetali di argane, sesamo, oliva e cocco (emollienti e
protettivi), ideali per riequilibrare le naturali funzioni
dell’epidermide e ripristinare l’azione difensiva della
barriera idrolipidica cutanea.
Un’attenzione particolare è stata rivolta a garantire
un’azione detergente delicata, basata su saponi e
tensioattivi completamente naturali, ottenuti da oli di
cocco e di oliva, senza addensanti chimici. Delicata-
mente profumata e senza allergeni, la linea bimbi
Natyr presenta un’ottima tollerabilità cutanea (derma-
tologicamente testata) e garantisce ai più piccoli dol-
cezza e benessere nei momenti del cambio, del ba-
gnetto o del massaggio, sempre in piena sicurezza.
Ambiente | 13MARZO 2006
Olmo Campestre
Famiglia Ulmàceae
NOMI LOCALI: ùlem, ulmizì, ormadèl
DESCRIZIONE: l’olmo comune è un grande albero alto
20-28 (40) m con tronco robusto, dritto, slanciato; ne-
gli esemplari più grandi spesso con contrafforti alla ba-
se, molto ramificato, a corteccia grigia o bruno-nera-
stra, fessurata longitudinalmente. Sistema radicale con
fittone perpendicolare e radici laterali molto grosse, for-
ti, ramose, non molto profonde. La corteccia dei rami di
4-10 anni può presentarsi coperta da ali sugherose lon-
gitudinali (simili a quelle prodotte dall’acero campestre).
Chioma larga, formata da rami lunghi, aperti, quasi pen-
denti con l’invecchiamento. Rametti sottili, coperti di fi-
ne peluria, con gemme alterne, bruno-scure, appuntite.
Foglie ruvide, ellittico acuminate (2-3 x 3-5 cm) con pic-
ciolo di 2 mm, margine profondamente dentato, con
sparsi ciuffi di peli alle biforcazioni delle nervature della
pagina inferiore. Fiori antecedenti le foglie (febbraio-
marzo), poco appariscenti, rossicci, piccoli e raccolti in
mazzetti.
I frutti maturano in aprile-maggio e sono samare di 15-
20 x 20-25 mm. Cresce in boschi, siepi, aree ripariali;
spesso coltivato nei giardini e lungo i viali. Predilige i ter-
reni sciolti, sabbioso-limosi, piuttosto profondi e freschi,
tuttavia si adatta anche ai suoli argillosi. È dotato di cre-
scita rapida, raggiunge il massimo sviluppo in 150-200
anni, è longevo e può raggiungere i 4-5 secoli di vita
con tronchi di 6-8 m di circonferenza. Si alleva ad alto
fusto o raramente a ceduo con turni di 15-20 anni.
In passato, come l’acero campestre, veniva coltivato co-
me sostegno vivo delle viti (cosiddette “maritate”), so-
prattutto in Emilia ed in Toscana. La corteccia e i gio-
vani rami, molto elastici e tenaci, si usavano in passa-
to come legacci per gli innesti e per fabbricare stuoie,
sporte, eccetera. Le foglie sono un ottimo foraggio. Le-
gno con alburno piuttosto stretto, roseo-biancastro e
durame bruno intenso, porpora o rosso-violaceo, vena-
to, con anelli visibili, sezioni radiali lucenti, molto duro,
pesante, compatto, forte e resistente, di fenditura diffi-
cile. Di lunga durata se è costantemente impregnato di
acqua, e perciò usato per fare barche, ponti, palafitte,
pavimentazioni, tavolati, banchi, gradini, bare e carpen-
teria grossolana. Ha la particolarità di non venire rovina-
to dall’urina degli animali. Può resistere a notevoli sfor-
zi, ed è perciò impiegato per argani, pulegge, archi, ar-
mature di miniere e di pozzi, costruzioni navali oltre che
nei lavori di carradore. È ottimo per costruzioni e mobi-
li, in particolare sono ricercate le sue belle ràdiche per
impiallacciature, calci di fucile, utensili da cucina, lavori
d’intaglio e al tornio. È un buon combustibile ma lascia
molta cenere. L’olmo è soggetto ad elevata mortalità a
causa di una virulenta malattia fungina, la grafiosi; ap-
parsa nel 1930, fino ad oggi ha distrutto milioni di
esemplari. L’agente specifico, Graphium ulmi, attacca e
compromette i canali di passaggio della linfa causando
un più o meno rapido disseccamento della chioma fino
alla morte del soggetto colpito. Si è cercato di porre ri-
medio a questa situazione attraverso l’impianto di ol-
mi più resistenti come Ulmus pumila e Ulmus wilso-
niana ed oggi si studiano linee resistenti di olmo cam-
pestre. L’infezione è agevolata da attacchi del coleot-
tero Galerucella luteola il quale essendo un terribile
defogliatore, indebolisce le piante rendendole sogget-
te all’aggressione di altri parassiti come i coleotteri
scolìtidi che scavano gallerie sotto la corteccia e tra-
smettono a loro volta l’infezione.
DISTRIBUZIONE: l’areale si espande su gran parte del-
l’Europa centro-meridionale, estendendosi all’Asia mi-
nore e all’Africa settentrionale. In Italia è frequente in
tutte le regioni fino a quote di 400-600 m (raramente
fino a 1200). È presente, con poche lacune, in gran
parte del territorio bresciano, fino nell’alta Val Camoni-
ca, spesso coltivato e governato ad alto fusto o per
farne siepi. E comune nei boschi ripariali che seguono
il corso dell’Oglio in pianura.
Eugenio Zanotti
Impianti di recupero energetico da biomasse: vantaggi e difficoltàGli impianti di recupero energetico
del biogas funzionano realmente, o
sono solo una speranza che spes-
so si trasforma in difficoltà gestio-
nale con conseguente abbandono
della tecnologia? Questo è l’inter-
rogativo più comune che si pone
un imprenditore agricolo o agroali-
mentare che si trova a valutare
l’opportunità di una nuova realiz-
zazione.
Da una verifica fatta con Aziende
del settore si può pensare che la
grande differenza tra gli impianti
che funzionano bene e quelli meno
riusciti sia dovuta, nel primo caso,
a realizzazioni pensate e progetta-
te secondo le specifiche esigenze
dell’azienda e, nel secondo caso,
ad impianti solamente “acquistati”
a scatola chiusa.
Può capitare che chi è deciso ad
utilizzare nella propria azienda
questo tipo di tecnologia, non
avendo a disposizione adeguate
strutture di supporto, ponga molta
attenzione all’aspetto economico e
non approfondisca sufficiente-
mente quello tecnico, limitandosi
ad una personale analisi sul rap-
porto qualità prezzo di quanto pro-
pone il mercato. Ragionamento
che non fa una piega quando si
tratta di un prodotto di serie ga-
rantito dal costruttore, ma lo stes-
so metodo di valutazione risulta
controproducente quando si parla
di un qualsiasi impianto il cui fun-
zionamento è garantito solo dal-
l’insieme di più componenti che
devono tra loro interagire.
Nessuno normalmente, ad esem-
pio, pensa di realizzare un impian-
to di riscaldamento in modo auto-
nomo comprando separatamente
la caldaia, i caloriferi e le condotte,
senza far dimensionare da un pro-
gettista l’intero sistema in funzione
delle dispersioni termiche e delle
condizioni di esercizio desiderate.
Lo stesso tipo di approccio è dove-
roso anche per gli impianti in que-
stione in quanto molti fattori diffe-
renti da azienda ad azienda posso-
no compromettere il funzionamen-
to e la resa dell’impianto.
Il sistema tipico di recupero ener-
getico del biogas da reflui zootec-
nici ed assimilabili è composto es-
senzialmente da: gasometro, mo-
tore di cogenerazione e quadro
elettrico di parallelo rete. Per
ognuno di questi tre elementi prin-
cipali in fase progettuale bisogna
individuare tipologia e condizioni di
esercizio per garantire l’affidabilità
dell’intero impianto. Non vanno di-
menticati altri due fattori spesso
trascurati, ovvero: un adeguato si-
stema di filtrazione con trattamen-
to del biogas, essendo questo alta-
mente corrosivo, e la taglia del
motore commisurata alla reale esi-
genza energetica aziendale e non
in relazione all’energia teorica-
mente producibile.
Quanto sinteticamente esposto
non può certo essere esaustivo
per una corretta scelta dell’im-
pianto. Si può concludere però
questa analisi ricordando come in
generale tutti i componenti sul
mercato siano validi a condizione
che siano correttamente inseriti
nell’impianto, il quale dovrà essere
preventivamente pensato e svilup-
pato per le specifiche esigenze
dell’azienda da un professionista
che si assuma la responsabilità
delle condizioni minime di funzio-
namento. Ponendo attenzione a
queste poche indicazioni fonda-
mentali, gli imprenditori che deci-
deranno di utilizzare questo tipo di
tecnologia, oltre ad evitare spiace-
voli sorprese potranno veramente
essere orgogliosi di aver fatto
qualcosa che è positivo per l’am-
biente e per la collettività, oltre che
per la propria azienda.
Barbara Forlani
Consulente
comunicazione ambientale
lungo le rive dei fossi
Ulmus Minor Miller
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BASSAVoce
14 | Quinzano - San PaoloMARZO 2006
Biblioteca: dopo un 2005 pieno di iniziative, si riparte
Nel corso dell’anno 2005 la Biblioteca comunale di
Quinzano ha cercato di adempiere alle sue funzioni di
Biblioteca Pubblica seguendo le indicazioni della
Provincia, allo scopo di offrire un servizio che rispon-
desse il più possibile alle richieste degli utenti.
Nel corso dell’anno 2005 il patrimonio librario e mul-
timediale ha visto un incremento di 937 unità.
La biblioteca aderisce al Sistema Bassa Bresciana
Centrale versando una quota di partecipazione annua-
le, attuando così la cooperazione tra biblioteche, con
l’obiettivo dell’interscambio bibliotecario.
Sul fronte della promozione alla lettura sono state
organizzate attività rivolte alle scuole del Paese: per i
bambini delle scuole materna, elementare e media
sono stati realizzati una serie di interventi con la pre-
sentazione delle novità editoriali; inoltre per i ragazzi
della scuola media sono stati realizzati un incontro con
l’autore Claudio Comini, un incontro con la Compagnia
del Dragone, un incontro con il giornalista M. Torresini
e con l’autore M. Milani.
In collaborazione con il CTB (Circuito Teatrale
Bresciano) sono stati realizzati 5 spettacoli teatrali
rivolti alle 3 scuole del Paese (La bilancia dei Balek,
Guerra o pace, Aquarium, Che tipo quel topo, Il brutto
anatroccolo).
La biblioteca ha continuato il progetto “Leggi – amo
diversamente”, realizzato in collaborazione con lo SFA
(servizio formazione all’autonomia) della Cooperativa
Oasi di Pontevico. Il progetto è nato a seguito di un
anno di collaborazione tra le due realtà operanti sul
territorio quinzanese con l’idea di promuovere un’atti-
vità di carattere ludico-culturale. L’iniziativa è stata
rivolta a tutte le classi della scuola elementare che con
entusiasmo hanno accolto l’idea di promuovere delle
letture fatte da tre ragazzi diversamente abili dello
SFA. Ciascun incontro della durata di un’ora ha visto
la lettura di alcuni libri con l’utilizzo di svariate tecni-
che: drammatizzazione, recitazione, utilizzo della
musica. La Biblioteca infine, in collaborazione con i
Servizi Sociali, ha dato vita ad un’iniziativa chiamata
“Un libro per nascere…un libro per crescere”, con il
dono di un libro ai giovani sedicenni e alle giovani
mamme.
Sul fronte delle manifestazioni culturali la biblioteca ha
collaborato con le commissioni cultura, biblioteca e
De.C.O. per l’organizzazione di una trentina di iniziati-
ve tra le quali: Libri in concerto, la Sagretta del sala-
me cotto, Artisti in piazza, serate sulla cultura medie-
vale, tre commedie teatrali, cinque concerti.
Non sono mancate le visite culturali e gli spettacolii
fuori sede, tra questi la partecipazione alla stagione di
prosa del teatro Ponchielli di Cremona, la partecipa-
zione alla stagione teatrale dell’Arena di Verona, la
visione di due musical presso il Teatro Diners della
Luna di Assago, la visita guidata alle mostre di Monet
e di Gauguin-Van Gogh presso il museo Santa Giulia
di Brescia.
Sei infine i corsi organizzati per gli utenti: chitarra,
inglese, disegno, informatica, grafoanalisi e alfabetiz-
zazione per ragazzi extracomunitari.
Particolarmente significativo il trend di crescita dei pre-
stiti di materiale bibliografico e multimediale se raffron-
tati con gli ultimi anni: i volumi prestati sono stati 7.577
(contro i 6.829 del 2004, che già rappresentava un
record rispetto agli anni precedenti); 2.154 i prestiti di
videocassette; 374 le connessioni a internet.
Con il nuovo anno l’impegno prosegue. È stata fissata
per sabato 27 maggio 2006 la terza edizione di Libri
in concerto con musica e bancarelle di libri di tutti i
generi. Manifestazioni musicali e teatrali sono in pro-
gramma per l’estate. La tradizionale sagra del salame
cotto è fissata per il 19 ottobre. È già programmata in
autunno la visita guidata alla mostra in Santa Giulia
Turner e gli impressionisti.
Chiara Arcari
Quinzano
… e Fausto Coppi regalò un doppio autografo al giovane tifoso di Bartali29 luglio 1952
Mentre, sotto un sole cocente all’interno di quella fabbrica di sogni e notizie che era la sede della “rosea”,
stavo pensando dove potessi trovare un poco d’ombra per ripararmi dal gran caldo, vidi fermarsi nel cortile
principale una vettura diversa dalle solite: grossa, scoperta, con strane attrezzature al di sopra dei sedili.
La vettura, meglio conosciuta come ammiraglia, aveva appena concluso il Tour de France al seguito della
nazionale di ciclismo, vittoriosa sotto la guida del C.T. Alfredo Binda.
In silenzio guardavo e ispezionavo quel grande veicolo che aveva preso il colore dei sassi e delle strade su-
perate a fatica in terra francese.
Mi trovavo in quel mitico cortile ed attendevo la fine del colloquio fra lo zio Luigi, meglio Padre Crescenzio, ed
il patron del giro d’Italia, dr. Vincenzo Torriani.
Come dimostrare, al mio rientro in paese, che ero stato proprio alla Gazzetta e che avevo visto da vicino quel-
l’officina viaggiante che era l’ammiraglia della nazionale azzurra di ciclismo?
Cercavo particolari probanti da raccontare agli amici nessuno dei quali, in verità, sapeva come fosse fatta
un’ammiraglia: le notizie, infatti, erano percepite solo via radio o nelle sfocate immagini della rivista «Sport Il-
lustrato».
Mentre pensavo di risolvere il problema facendo una fotografia (ma dove trovare una macchina fotografica?),
entrò nel cortile un ciclista, camicia bianca, pantaloncini a righe azzurre, viso disteso e abbronzato dietro ad
un paio di occhiali scuri, alla guida di una bicicletta bianco-celeste con lampi d’acciaio. Non vi erano dubbi:
era il campionissimo in persona, il quale, accortosi della sorpresa che traspariva dal mio sguardo, accennò un
sorriso ed un saluto con le dita della mano sinistra appoggiata al manubrio. Il saluto era rivolto proprio alla
mia personcina (dico personcina perché avevo 13 anni ed ero abbastanza magro).
Neanche il tempo di riprendermi da quanto avevo appena visto, che la voce dello zio mi invitava a salire ne-
gli uffici al piano superiore: “Giuseppino, vieni che è arrivato il Coppi”.
Va da sé che l’invito dovette essermi ripetuto almeno due volte, tanto ero bloccato dall’emozione.
Approdato finalmente nella sala riunioni, vidi seduti ad un tavolo imponente e disordinato, personaggi di cui
fino ad allora avevo solo letto articoli o commenti; c’erano Alfredo Binda, Gianni Brera, Vincenzo Torriani, Al-
do Zambrini, Fausto Coppi e due stenografi.
La riunione si aprì con la suddivisione dei premi vinti al Tour senza che il campione vi partecipasse (in segui-
to scoprii che i premi delle corse a tappe erano equamente suddivisi fra i suoi gregari proprio per suo vole-
re). Terminata la spartizione dei franchi anche Coppi divenne parte attiva della riunione, interessato com’era
alle date in cui si sarebbero svolte le riunioni post Tour, le famose kermesses, allora tanto in voga.
In quegli anni, appassionatomi alle competizioni sportive, avevo iniziato a collezionare fotografie autografe dei
maggiori campioni Italiani e stranieri. Facendo violenza sulla mia naturale ritrosia, colsi l’occasione e ne chie-
si una anche a lui; Coppi, imbarazzato forse
più di me, si scusò di non averne sottomano
perché aveva lasciato la borsa con i docu-
menti in auto alla sede della Bianchi in Viale
degli Abruzzi.
A questo punto intervenne il Dr. Torriani che
estraeva una foto del campionissimo porgen-
dola allo stesso Coppi perché la autografas-
se. Ero, con la foto in mano, al culmine della
gioia. Nel frattempo lo zio si era assentato.
Ricomparve proprio mentre mi dirigevo all’u-
scita e vistomi con la foto, confessò a Coppi
la mia fede bartaliana. Non pensavo di poter
odiare qualcuno in così breve tempo e così
violentemente: proprio lui che era un parente
e per giunta un frate!
Tuttavia, a domanda del campione, non negai
la mia fede sportiva, provando una immensa
vergogna.
Mi sentivo perso e non sapevo come com-
portarmi: rendere la foto o chiedere scusa?
Il campione comprese il mio stato d’animo e
mi sorrise, ma mi tolse dalle mani la fotografia: si sedette al tavolone, riprese la stilografica e vergò la dedi-
ca “al simpatico Gnocchi Giuseppino, 29.07.1952” aggiungendo un secondo autografo. È stato, quello, un in-
contro che mi ha reso – e mi rende tutt’oggi – orgoglioso per due motivi: il primo perché ho conosciuto un
grande campione che si rivelò anche un uomo buono; il secondo perché mi illudo di essere l’unico a posse-
dere una fotografia con due autografi del campionissimo.
Mi piace ricordare quei tempi e sicuramente l’età ha un peso determinante per una tale nostalgia: il pensie-
ro vola riconoscente a questi grandi personaggi che ora pedalano leggeri nei circuiti oltre le nuvole del nostro
vecchio pianeta.
Giuseppe Gnocchi
San Paolo
Orari di apertura:
LUNEDÌ 14.00-18.30
MARTEDÌ 14.00-18.30
MERCOLEDÌ 9.00-12.00 e 14.00-18.30
VENERDÌ 14.00-18.30
SABATO 9.00-12.00
biblioteca@quinzano.it – Tel. 030.99.23.885
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